Tutela - Grotte - Speleologia isontina
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Tutela - Grotte - Speleologia isontina
speleologia isontina NOTIZIARIO UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - via Diaz, 13 - 34170 GORIZIA - e-mail: [email protected] CENTRO RICERCHE CARSICHE «C. SEPPENHOFER» - via Diaz, 13 - 34170 GORIZIA www.seppenhofer.it - e-mail: [email protected] GRUPPO SPELEOLOGICO CARSICO - via Bosco Cappuccio, 6 - 34078 SAN MARTINO DEL CARSO (GO) - e-mail: [email protected] GRUPPO SPELEOLOGICO «TALPE DEL CARSO» - via Brigata Gradnik, 3 - 34070 DOBERDÒ DEL LAGO (GO) - e-mail: [email protected] G.RUPPO SPELEOLOGICO MONFALCONESE «G. SPANGAR» - Sezione C.A.I. di Monfalcone - via Marco Polo, 7 - C.P. 204 - 34070 MONFALCONE (GO) GRUPPO SPELEOLOGIA "FLONDAR" - c/o Roberto Grassi - Villaggio del Pescatore, 102 - DUINO AURISINA (TS) - e-mail: [email protected] MUSEO CARSICO GEOLOGICO E PALEONTOLOGICO - MONFALCONE - c/o F. Zimolo - via Bidischini, 4 - 34072 GRADISCA D'ISONZO (GO) - http://web.tiscali.it/museo_carsico/index.htm - e-mail: [email protected] SPELEO CLUB MONFALCONE - via Palladio, 8 - 34074 MONFALCONE (GO) - e-mail: [email protected] SOCIETÀ DI STUDI CARSICI «A. F. LINDNER» - via Madonnina, 4 - 34070 FOGLIANO REDIPUGLIA (GO) - e-mail:[email protected] ANNO XII - N. 11 GIUGNO 2004 EDITO DALLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - REDAZIONE: GRASSI ROBERTO, TAVAGNUTTI MAURIZIO, ZIMOLO FERDINANDO STAMPA: TIPOGRAFIA BUDIN - GORIZIA 8° SIMPOSIO INTERNAZIONALE SULLO PSEUDOCARSISMO Trasferta slovacca per il gruppo speleologico “Seppenhofer” di Gorizia, che, fra il 26 ed il 30 maggio scorsi, ha preso parte all’8° simposio internazionale sullo pseudocarsismo, organizzato dall’Ente per le Grotte Slovacco e dalla Società Speleologica Slovacca sotto l’egida dell’Unione Internazionale di Speleologia. Argomento spesso poco approfondito anche da parte degli stessi speleologi, lo pseudocarsismo riguarda sia fenomeni di erosione superficiale (epigei) che di formazione di grotte (ipogei) che non avvengono nelle rocce calcaree, (come ad esempio sul Carso goriziano, triestino e sloveno), ma in rocce di altro tipo, come le rocce vulcaniche, le quarziti, le arenarie, e non sempre per l’azione erosiva dell’acqua. Classici esempi sono le grotte generate dall’eruzione della lava o dal successivo cedimento delle rocce basaltiche, con la formazione di fessure verticali, o generate da crolli di rocce di vario tipo e da disgregazione fisica delle stesse. Il Simposio internazionale sullo pseudocarsismo è stato organizzato a partire dal 1982 in diversi Paesi dell’Europa orientale. L’ultima edizione si è tenuta nel 1999 a Moneasa (Arad - Romania), ma il numero dei partecipanti e delle nazioni rappresentate è in continua espansione. Gli speleo del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia, sono stati in assoluto i primi italiani a prendervi parte: ciò ha suscitato particolare interesse e simpatia da parte dei convenuti. L’importanza di rafforzare la partecipazione italiana a questi convegni è stata fortemente ribadita nel corso della riunione della Commissione per lo Pseudocarsismo dell’Unione Internazionale di Speleologia, presieduta dall’Ungherese Istvàn Eszterhàs, e svoltasi a margine del congresso. Notevole soddisfazione per i goriziani quando i membri della commissione hanno demandato al C.R.C. “Seppenhofer” l’incarico di organizzare il simposio del 2008 subito dopo quello del 2006 che sarà affidato ai polacchi. L’edizione di quest’anno del Simposio sullo Pseudocarsismo, tenutasi presso il centro di educazione ambientale di Teply’ Vrch, nella Slovacchia meridionale, ha visto una numerosa presenza di studiosi ed appassionati di questa particolare branca della speleologia. Fra le personalità presenti all’apertura dei lavori, il direttore della sezione legislativa del Ministero dell’Ambiente, Jozef Klinda, il Presidente della Soc. Speleologica Slovacca Bohuslav Kortman, rappresentanti delle autorità locali e degli enti organizzatori. Una ventina le relazioni presentate, incentrate sull’origine delle cavità pseudocarsiche e sulla loro catalogazione, con la presentazione delle liste delle cavità non carsiche presenti in Slovacchia ed in Ungheria, nonché sullo studio delle fenomenologie superficiali e profonde in varie parti del mondo, ove risultano oltremodo diffuse: dalla Slovacchia alla Polonia Meridionale, dall’ Ungheria alla Boemia settentrionale, al massiccio di Roraima in Venezuela, famoso per le sue grotte nelle quarziti, alle forme superficiali della regione delle Meteore in Grecia. Di particolare rilievo un intervento sullo pseudocarsismo in Finlandia, illustrato da A. Kejonen, Paese scarsamente conosciuto dal punto di vista speleologico. Toccate anche la biospeleologia, l’archeologia e la storia delle esplorazioni in grotte pseudocarsiche, mentre una finestra di discussione totalmente nuova è stata aperta degli studiosi austriaci Karl Mais e Rudolf Pavuza del Museo di Storia Naturale di Vienna, che propende a far rientrare nello pseudocarsismo alcuni fenomeni naturali indotti da attività umane, come la formazione di cavità di crollo e di concrezioni all’interno di miniere. La relazione di Maurizio Tavagnutti del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia, l’unica presentata da speleologi italiani, riguardava “Le morfologie pseudocarsiche nel flysch della Valle dello Judrio (Friuli Venezia Giulia - Italia)”. I fenomeni erosivi superficiali e le grotte che hanno luogo nel flysch, infatti (una formazione rocciosa ampiamente diffusa nella parte centro orientale del Friuli Venezia Giulia, dal Collio alle Prealpi giulie, costituita dalla se(continuna a pag. 2) CRISTALLI DI QUARZO SUL CARSO ISONTINO In un affioramento situato nel paese di Marcottini, sul Carso goriziano, costituito da calcari fossiliferi attribuiti al Turoniano, sono stati ritrovati alcuni cristalli di quarzo di dimensioni centimetriche. Sebbene questo minerale compaia spesso all’interno dei calcari cretacici del Carso, la presenza di cristalli di queste dimensioni, all’interno della matrice, costituisce un fatto estremamente raro. Lo studio effettuato sui campioni ha permesso di capire come la formazione dei cristalli sia stata legata alla presenza di condizioni particolari, dal punto di vista climatico ed ambientale. Ha perciò reso possibile ottenere informazioni di carattere paleoambientale sui calcari turoniani dell’affioramento. L’affioramento fossilifero del Cretacico Superiore (Turoniano) ubicato nei pressi del Lago di Doberdò, in località Marcottini (GO), presenta un notevole interesse per il contenuto macrofaunistico, ricco in Gasteropodi, alcuni dei quali conservati in condizioni eccezionali. Segnalato per la prima volta dal Sig. Bottari Orlando, l’affioramento è stato oggetto di un primo studio da parte di ZUCCHI-STOLFA e PLENICAR (1986), e successivamente da GALVANI (1990, 1997). La successione stratigrafica dell’affioramento è costituita da calcari (grainstones e rudstones), di colore da grigio a grigio-scuro, con bioclasti di dimensione variabile, costituiti principalmente da frammenti di Rudiste (Radiolitidi), e parzialmente da Gasteropodi; i bioclasti presentano una certa elaborazione, dovuta a correnti e moto ondoso. All’interno della matrice sono presenti alcuni cristalli di quarzo, di dimensioni da millimetriche a centimetriche (fig. 4). La malacofauna è caratterizzata da poche specie (oligotipia) (ZUCCHI-STOLFA & PLENICAR, 1986). Le Rudiste rappresentano il gruppo principale: si presentano decorticate e ricristallizzate, in modo tale da renderne difficile il riconoscimento. Tra i numerosi esemplari è stato possibile riconoscere (ipoteticamente) solo il genere Distefanella. Sono stati rinvenuti inoltre bivalvi, Fimbria alpaghina (MENEGHINI), e coralli massivi (la cui classificazione è in corso di studio). Tra gli abbondanti Gasteropodi, appartenenti principalmente alle famiglie ACTAEONELLIDAE e NERINEIDAE, ed occasionalmente alle famiglie TROCHIDAE e NERITIDAE, sono stati segnalati inoltre individui di Trochactaeon matensis (FITTIPALDI) e Acteonella syriaca CONRAD. In particolare, per Trochactaeon matensis (FITTIPALDI), sono stati scoperti alcuni esemplari che hanno conservato nei processi di fossilizzazione tracce delle ornamentazioni grafiche, di colore bruno rossiccio (ZUCCHI-STOLFA & PLENICAR, 1986). Grazie ai ritrovamenti fossili, in particolare di Trochactaeon matensis, ZUCCHI-STOLFA e PLENICAR (1986) attribuiscono questo affioramento al Turoniano. I cristalli di quarzo ricavati dall’affioramento di Marcottini presentano un habitus a prisma esagonale, terminante con due romboedri che simulano una bipiramide esagonale. Le facce appaiono ben definite, integrate in una struttura regolare. Il colore è bruno-grigio, reso opaco dalla massiccia presenza di impurità. Le dimensioni variano dal millimetro a circa 2 cm. La matrice ospitante è costituita da un calcare (grainstones) ricco di apporti bioclastici, di colore da grigio a grigio scuro. E’ stata preparata una sezione sottile di un cristallo, tagliato perpendicolarmente all’asse del prisma esagonale, per effettuare l’analisi al microscopio da mineralogia. Dall’osservazione al microscopio è emerso che i cristalli sono costituiti al bordo da quarzo, mentre l’inCristalli di quarzo su matrice terno (del cristallo) è costituito prevalentemente da granuli di calcite, di forma da subarrotondata a subangolosa, che costituiscono lo scheletro principale del cristallo stesso. Il quarzo si dispone anche in microcristalli negli interstizi della calcite, senza costituire cristalli di dimensione sensibile. Sono osservabili all’interno del cristallo delle tracce di forma esagonale, identificabili con le successive fasi di accrescimento del prisma. In letteratura (KNAUTH, 1994) è riportato come, in tempi anteriori ai 50 milioni di anni, la silice fosse presente in maniera sensibile all’interno delle piattaforme carbonatiche, sotto forma di spicole di spugna costituite di opaleA. Queste potevano essere accumulate, in depositi di tempesta e di marea, all’interno dei depositi carbonatici. La maggiore resistenza all’usura della silice rispetto ai carbonati favorisce ulteriormente l’arricchimento di silice nei depositi di spiaggia durante le fasi di emersione di “isole” all’interno della piattaforma. In fase di prima diagenesi, i sedimenti marini seppelliti sotto queste isole possono entrare in contatto con lenti di acque dolci meteoriche, che modificano il pH e la concentrazione di CO2 delle acque interstiziali. Il carbonato includente, originariamente precipitato come aragonite, calcite magnesiaca e calcite, tende durante la diagenesi a dissolversi e riprecipitare sotto forma di carbonato stabile. Un apporto di acque dolci, relativamente sottosature rispetto alla calcite, ne aumenta la solubilità, favorendo nel contempo la precipitazione dell‘opale-A disciolto, meno sensibile rispetto ad una diminuzione del pH (KNAUTH, 1979). Gli studi stratigrafici condotti nelle grotte poste nelle vicinanze dell’affioramento (AA.VV., 2000), indicano la presenza, nei calcari turoniani, di numerosi livelli a spicole monoassoni, come previsto dalle ipotesi. Le condizioni si adattano a definire un’interpretazione della precipitazione della silice: la presenza di acque relativamente calde su bassi fondali, unita all’apporto di acque meteoriche, permette la formazione di microquarzi già nei primi processi diagenetici, saltando i passaggi attraverso le varie fasi dell’opale. La struttura, evidenziata dal cristallo analizzato, riflette questa interpretazione: la presenza di numerosi granuli di carbonato, circondati o bordati da microcristalli di quarzo, si adatta bene alla possibilità che sia intervenuta una sostituzione di parte della calcite con la silice. E’ possibile osservare le successive fasi di accrescimento all’interno del cristallo, indicate dalle forme esagonali concentriche visibili in più punti. La regolarità della struttura cristallina è in accordo con l’ipotesi di una formazione in fase pre-diagenetica, in una matrice non ancora compattata. Risulta ancora in accordo con l’idea della forza di cristallizzazione, sostenuta da RAMBERG (1952) e riproposta da MALIVA & SIEVER (1988b): un cristallo di quarzo in crescita possiede una “forza di cristallizzazione” termodinamica maggiore rispetto calcari e dolomie, che favorisce la sostituzione del carbonato con il quarzo stesso. KNAUTH (1994) dimostra che le due ipotesi (mescolamento con acque meteoriche e forza di cristallizzazione) possono coesistere, agendo contemporaneamente sulla crescita del cristallo. La presenza di questo tipo di cristalli può dare quindi delle indicazioni di carattere paleoambientale. E’ ipotizzabile affermare che nelle vicinanze dell’affioramento di Marcottini, nel Turoniano superiore-Senoniano, vi siano stati episodi di affioramento di piccole parti della piattaforma carbonatica: questi episodi hanno favorito l’ingressione di lenti di acque dolci, come acque interstiziali, all’interno dei sedimenti in via di diagenizzazione. particolare ingrandito (dim. orig. 12 mm) 2 (segue da pag. 1) quenza stratigrafica di arenarie e di marne), sono da considerarsi pseudocarsici, in quanto si generano in rocce che non sono calcaree, seguendo dinamiche differenti da quelle classiche. Lo sviluppo delle grotte in questo tipo di rocce può essere notevole: basti pensare alla Grotta Nuova di Villanova presso Lusevera (UD), con uno sviluppo che supera i sette chilometri. L’intervento di Tavagnutti ha costituito un’importante occasione di confronto con il collega polacco Grzegorsz Klassek che si è occupato dello studio del medesimo fenomeno nei Monti Carpazi e Beskidy, nella Polonia meridionale, dove sono presenti quasi 800 cavità di questo tipo. Le escursioni organizzate nel contesto del simposio sono state delle vere e proprie uscite didattiche finalizzate alla conoscenza dei fenomeni pseudocarsici illustrati nel corso dei lavori. Guidati dagli esperti L’udovit Gaal e Pavel Bella, rispettivamente responsabile del dipartimento di protezione e vicedirettore dell’Ente Slovacco per le Grotte (SSJ), nonché dinamici organizzatori del simposio, i partecipanti hanno potuto toccare con mano le aree di maggiore interesse, come il vulcano spento del Pohansky’ hrad, con le sue grotte generate dalle fessure di dilatazione nel basalto o fra i cumuli di blocchi di crollo, e, nell’altopiano presso la località di Krupina, le interessanti cavità lasciate dagli alberi imprigionati nelle colate laviche, che, una volta dissolti, formano dei cunicoli lunghi fino a diverse decine di metri (grotta Vonacka e grotta del Nano). La zona vulcanica che si estende fra la Slovacchia meridionale e l’Ungheria si presta particolarmente alla formazione di questi fenomeni: i due Paesi, hanno in comune anche una vasta zona carsica classica, con rocce calcaree SPELEOLOGIA ISONTINA che custodiscono cavità di rara bellezza. E’ stata questa la meta dell’escursione conclusiva del simposio, con la visita alle grotte turistiche Ochtinska, formatasi nel marmo e famosa per i suoi stupendi cristalli di aragonite, e Domica, posta non lontano dal confine magiaro, con i suoi maestosi ambienti interni stupendamente concrezionati e ricchi di testimonianze dell’epoca preistorica. Entrambe le cavità sono state dichiarate patrimonio mondiale dell’umanità protetto dall’UNESCO, assieme ad altre tre delle dodici grotte della Slovacchia aperte al pubblico. Gli aspetti naturalistici dell’intera regione costituiscono un’importante attrattiva del turismo nel Paese, che risulta in costante sviluppo; numerose sono le aree protette, comprendenti siti di interesse storico ed archeologico. L’ottima organizzazione e l’amicizia instaurata sia con i gli speleologi Slovacchi che con gli altri colleghi che si occupano di pseudocarsismo, costituisce un invito alla prossima edizione del Simposio, che si svolgerà in Polonia nel 2006: inutile dire che una cospicua presenza italiana sarà particolarmente gradita. Marco Meneghini ANCHE UNO SPELEOLOGO AL SEGUITO DI ARARAD KHATCHIKIAN Alla partenza dell’Ultima Grande Gara sulla Terra, “The Last Great Race on Earth”, come la chiamano gli americani, quest’anno c’era anche un socio del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” al seguito di Ararad Khatchikian. Stiamo parlando dell’Iditarod, ossia di una corsa di slitte trainate dai cani che dal 1983 parte ogni anno il primo sabato di marzo da Anchorage, sulla costa sudorientale dell’Alaska, per raggiungere Nome, cittadina sullo Stretto di Bering un centinaio di chilometri a Sud del Circolo Polare Artico. Un percorso di 1800 chilometri che s’inerpica sull’Alaskan Range dove spicca il monte Mc Kinley, scollina, ridiscende nella tundra desolata dell’interno del Paese, corre in parte lungo il fiume Yukon e termina sulla costa del Mar Artico. Lo stesso percorso che, a ritroso, percorrevano alla fine dell’800 gli avventurieri arrivati a Nome via mare per lanciarsi nella corsa all’oro che a quei tempi si era scatenata in molte regioni dell’America settentrionale. Lapo Dressino, questo il nome dello speleologo del “Seppenhofer”, che per l’occasione si è trasformato in un perfetto “mushers” (un guidatore di slitte), per seguire lo staff del forte Ararad, era partito alla volta dell’Alaska già ai primi di febbraio, il suo compito era quello di far fronte a tutte le necessità della muta di cani che saranno impegnati in questa estenuante gara. Da anni, la seconda passione di Lapo Dressino, oltre alla speleologia, è stata quella IL CORRIDOIO 5 E L’IMPATTO SULL’AMBIENTE SOTTERRANEO CARSICO 5 KORIDOR IN RAZDIRALNI UCINEK NA KRASKO PODZEMLJE La realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità e capacità (Corridoio 5) sembra ormai vicina. Il Carso sta per essere colpito al cuore: habitat naturale e unico nel suo genere peraltro già duramente provato; molte delle sue zone sono state considerate oasi protette e altre potrebbero e dovrebbero diventarlo. Nei precedenti notiziari di Speleologia Isontina il geologo M. Comar fa una esauriene analisi sulla complessità e delicatezza dell’ambiente sotterraneo carsico, nonché alcune sue considerazioni sull’utilità di quest’opera. Il progetto prevede che la ferrovia attraversi la parte meridionale del Carso goriziano con una prima galleria (290 m) sotto il Zochet, poi, lungo l’abitato di Selz entra di nuovo in galleria presso i laghetti delle Mucille. Esce nelle vicinanze del lago di Pietrarossa e rientra nel tunnel (8.429 m) per poi sbucare a Jamiano e continuare la sua corsa intervallando lunghe gallerie e viadotti nella provincia di Trieste. Primo punto importante ed estremamente delicato è che questa struttura poggiandosi sulla parte meridionale del Carso goriziano va ad intervenire sul sistema di sorgenti e laghi. Lo scavo del corridoio infatti potrebbe portare mutazioni circa la quantità e la qualità dell’acqua che alimenta alcune prese dell’acquedotto: ACEGAS e quello di Klarici (Carso sloveno). Altro punto cruciale è l’attraversamento del Carso triestino. In questo percorso sono state individuate lungo il tracciato e nelle immediate vicinanze, più di 80 cavità di diverse dimensioni. Osservando la loro densità si può presuppore che attraverso i lavori di scavo si potranno intercettare nuove e grandi grotte, o addirittura il misterioso percorso del fiume Timavo; in seguito a forti piene le acque risalgono anche per 60 metri i grandi spazi delle sue caverne. Nella cartina si vede il passaggio del Corridoio 5 sul Carso triestino con le posizioni delle cavità che verrebbero per sempre cancellate; ne ricordiamo alcune, protette anche dal vincolo paesaggistico: Grotta Tom, Abisso del Maestro, Grotta delle Margherite e sul Carso goriziano la Grotta Nevio. Il mio pensiero comunque non va solo al territorio sotterraneo tanto caro a tutti gli speleologi, ma anche all’impatto ambientale e al disagio per l’uomo (case di proprietà che verranno abbattute, rumore, allontanamento forzato dai propri ricordi ecc.) Zdi se, da je uresni~itev hitre `elezniške proge z veliko propustnostjo (5 Koridor) tik pred zdajci. Kras je na tem, da dobi mo~an udarec v samo osr~je: gre za naravno in zaradi svojih zna~ilnosti edistveno okolje, ki je sicer `e marsikaj utrpelo. Mnogo njegovih podro~ij je bilo potrebno zaš~ititi in druge bi bilo še umestno ali celo obvezno zavarovati. V prejšnjih sporo~ilih ~asopisa Speleologia Isontina je geolog M. Comar podrobno raz~lenil zapletenost in ob~utljivost kraškega podzemlja in tudi posredoval nekaj razmislekov o vprašljivi koristnosti navedenega posega. Na~rt predvideva, da bo `eleznica pre~kala ju`ni predel Doberdobskega Krasa s prvim predorom (290 m) pod ^oketom, nato bi ob hišah v Selcah vstopila zopet v podzemlje v bli`ini jezerc v Mo~ilah. Izhod naj bi bil v bli`ini Prelosnega jezera, potem pa naj bi se tiri zopet zarili v naslednji predor (8.429 m) in prišli na svetlo v Jamljah. Trasa bi se nadaljevala skozi predore in viadukte na ozemlju Tr`aške pokrajine. Prvi pomemben in izjemno ob~utljiv vidik vsebuje skrb, da se bo ta struktura naslanjala na ju`ni predel Doberdobskega Krasa, zato pa hkrati na mre`o tamkajšnjih izvirov in jezer. Kopanje `elezniške trase bi namre~ lahko vplivalo na spremembe glede kakovosti in koli~ine vode, ki napaja nekatere vodovodne zbiralnike: ACEGAS v Italiji in Klari~i v Sloveniji. Drugi vprašljiv vidik je pre~kanje Tr`aškega Krasa. Na na~rtovani smeri in v njeni neposredni bli`ini je zabele`enih ve~ kot 80 jam in brezen razli~nih velikosti. ^e upoštevamo njihovo gostoto, smemo predvidevati, da bodo med kopanjem naleteli na nove velike jame ali celo na skrivnosten tok reke Timave. Po obse`nih padavinah se njena gladina dvigne tudi za 60 m znotraj podzemnih votlin. Na zemljepisni karti vidimo potek 5 Koridorja na Tr`aškem Krasu z ozna~enimi votlinami, ki bi za vselej izginile. Naj opozorimo na nekatere, ki so celo zavarovane v okviru krajinske zaš~ite: Tomova Jama, Brezno del Maestro, Jama Marjetice in na Doberdobskem Krasu Jama Nevio. Moja skrb ni usmerjena le v podzemni svet, ki ga vsi jamarji tako ljubijo, temve~ tudi v razdiralni u~inek na okolje in ljudi (doma~ije, ki jih bodo porušili, hrup, prisilna lo~itev od osebnih spominov itd.). Il risultato di tutte le nostre scoperte e del nostro progresso sembra essere che le forze materiali vengano dotate di vita spirituale e l’esistenza umana avvilita a forza materiale. K. Marx, Die revolution von 1848 und das proletariat, 1849, pag 42. E. Gergolet Zdi se, da je rezultat vseh naših odkritij in našega napredka osredoto~en v spoznanju, da se materialne sile opremljajo z duhovnostjo, medtem ko se ~loveško bivanje omejuje na materialno mo~. (K. Marx, Die revolution von 1848 und das proletariat, 1849, str. 42.) dello sleddog tanto da passare tutti gli inverni a Tarvisio dove l’amico Ararad gestisce una scuola di questa disciplina sportiva. La sua partecipazione all’Iditarod, anche se solo marginale, ha costituito pur sempre il raggiungimento di un sogno a lungo inseguito. La gara dell’Iditarod in parte rifà lo stesso cammino che nel 1925 fu fondamentale per evitare la scomparsa di Nome dalle cartine geografiche. Fu un inverno terribile, quello del ’25, in Alaska. E terribile, da quelle parti, significa con temperature sempre attorno ai -40°C, bufere di neve continue che oscurano la debole luce diurna rendendo indistinguibile la terra dal cielo, venti fortissimi che raggelano ancor più l’atmosfera. Nome, isolata lassù, venne colpita da un’epidemia di difterite: per salvare la sua gente era indispensabile un carico di siero anti-morbo. C’erano già gli aerei, ma non potevano alzarsi in volo. C’era un solo mezzo, quindi, per portare medicine: le slitte trainate dai cani. Ne partì una staffetta da Nenana, ultima stazione della ferrovia, allora come adesso, che da Anchorage va a nord verso l’interno. In poco più di cinque giorni, Nome fu raggiunta e salvata dalla scomparsa. Balto, il cane guida della muta di 20 huskies che trainava la slitta nel tratto finale, diventò un eroe nazionale. E una statua ora ricorda la sua impresa a New York, in Central Park. Maurizio Tavagnutti DER KORRIDOR 5 UND SEINE AUSWIRKUNGEN AUF DAS HÖHLENSYSTEM UND DIE UMWELT DES KARST Der Bau der Schnellbahnstrecke (Eisenbahnkorridor 5) scheint nun unmittelbar bevorzustehen. Damit ist der einzigartige Lebensraum Karst, der sowieso schon stark in Mitleidenschaft gezogen ist, in Gefahr. Viele Bereiche des Karst stehen nämlich unter Naturschutz und andere könnten und sollten es bald werden. In vergangenen Berichterstattungen des Vereins Speleologia Isontina legt der Geologe M. Comar umfassend die Komplexität und Verwundbarkeit dieses Lebensraums unter der Erdoberfläche dar und stellt auch einige Überlegungen über den Nutzen der Schnellbahnstrecke an. Geplant ist, dass die Strecke den südlichen Teil des Görzer Karst durchquert mit einem ersten Tunnel (290) unter dem Zochet. Dann ist ein weiterer Tunnel entlang dem Ort Selz in der Nähe der Seen von Mucille geplant. Beim See von Pietrarossa endet der Tunnel und kurz danach kommt ein weiterer Tunnel (8429), der bis zur Ortschaft Jamiano reicht. Danach verläuft die Strecke über die Provinz Triest, wo ebenfalls mehrere lange Tunnel und Brücken vorgesehen sind. Der erste äußerst kritische Punkt ist, dass die Strecke über den südlichen Teil des Görzer Karst führt und damit in die Grundwasserversorgung und in die Lebensräume verschiedener Seen eingreift. Der Bau der Strecke könnte in der Tat die Qualität und Quantität des Grundwassers, mit dem die Wasserversorgung in einigen Gebieten sichergestellt wird (Wasserversorgungswerke ACEGAS sowie Klarici auf dem slowenischen Karst) beeinträchtigen. Ein weiterer delikater Punkt ist auch die Streckenführung über den Triester Karst. Hier sind nämlich entlang der geplanten Strecke und in unmittelbarer Nähe mehr als 80 Höhlen unterschiedlicher Größe entdeckt worden. Angesichts dieser Dichte ist anzunehmen, dass bei den Bauarbeiten weitere und noch größere Höhlen zum Vorschein kommen werden, oder vielleicht sogar Abschnitte des zum größten Teil unterirdisch verlaufenden Flusses Timavo, dessen genauer Verlauf bis heute unbekannt ist. Bei Hochwasser steigt das Wasser um bis zu 60 m in seinen Höhlen. Auf der Karte kann man den Verlauf der Bahnstrecke über den Triester Karst sowie die Lage der Höhlen, die für immer zerstört würden, sehen: Grotta Tom, Abisso del Maestro, Grotta delle Margherite und auf dem Görzer Karst di Grotta Nevio. Doch ich sorge mich nicht nur um die Höhlensysteme, die allen Höhlenforschern so lieb sind, sondern auch um die Folgen für Umwelt und Menschen (Häuser, die abgerissen werden müssen, Lärmbelastung, Verlust von Erinnerungen etc.) Nach Meinung von Marx scheint das Ergebnis unserer Entdeckungen und unseres Fortschritts zu sein, dass dem Materiellen spirituelles Leben eingehaucht wird, die menschliche Existenz dagegen zu einer rein materiellen Größe degradiert wird (sinngemäß nach K. Marx, Die Revolution von 1848 und das Proletariat, 1849, Seite 42). ^ ^ SPELEOLOGIA ISONTINA 3 4 SPELEOLOGIA ISONTINA POZZO DOPPIO DELL’IMMACOLATA (AURISINA) L’ esplorazione di questa nuova cavità - morfologicamente simile a tante altre - non ha incrementato in nessun modo le conoscenze sui fenomeni carsici ipogei, rappresentando tuttavia un ulteriore caso da annoverare tra quelli che cinquant’anni fa hanno portato il dimenticato Walter Maucci ad elaborare la teoria dell’erosione inversa, alla quale si può muovere il solo appunto di esser stata presentata come un processo speleogenetico di validità universale, mentre la casistica induce a credere che esso sia limitato a certe aree del Carso Classico aventi caratteristiche geostrutturali oramai ben definite, con particolare frequenza nel settore italiano, dove questa tipologia di cavità è numericamente rilevante. L’ingresso della grotta si è aperto spontaneamente in un pascolo abbandonato dove fino a qualche decennio fa non si poteva notare alcun indizio della sua presenza, affermazione fatta con cognizione di causa da chi a suo tempo ha “battuto” minuziosamente questa zona alla ricerca di una cavità visitata nei primi anni ’50 dal gruppo della CGEB che scavava alla Grotta Pocala. Appena nel 1968 si riuscì a ritrovarla e solo grazie alla precisa indicazione del contadino che l’aveva ostruita in modo da non lasciar traccia dell’imbocco. Ora esso è protetto da una grata, mentre al posto del nome datole dai pionieri di fine Ottocento - Abisso presso il Viadotto ferroviario di Nabresina, n° 258 VG - è in uso da poco quello di una donna, iniziativa deplorevole e purtroppo non unica. Posto che nella nuova cavità non vi è la possibilità di trovare vie di proseguimento e che la mancanza di qualsiasi pregio estetico non rende meritevoli altre visite, la sua descrizione risulterebbe banale ed affatto inutile. Non è questa la sede per farlo, ma assai più interessante sarebbe un discorso sul territorio dove essa si trova, senza dubbio il più ricco tra quelli del Carso triestino di vestigia risalenti ad epoche indatabili, non intendendo con questo quelle delle note stazioni preistoriche (grotte Pocala, del Pettirosso, Rusa Spilja e Castelliere Marchesetti), ma piuttosto le numerose incisioni in roccia (petroglifi) individuate qui di recente. Proprio durante la ricerca di quello che era stato segnalato come un ipotetico simbolo solare ci si è imbattuti nello sbocco in superficie dell’ignota formazione puteale, la quale non ha offerto un’eccessiva resistenza al nostro desiderio di penetrarla. Resta in noi il ricordo di una ventosa mattina trascorsa nel segno dell’amicizia e della comune passione per i misteri del Carso, gratificazione non commisurata al risultato metrico, in questo caso comunque superiore alla media conseguita da quanti stanno raschiando il fondo del barile delle risorse speleologiche. Dario Marini EROI O MALFATTORI? Incerta presenza nella diafanità d’immoti specchi nei quali si riflette la magia delle concrezioni calcitiche, l’acqua può diventare onda assassina in certe condotte senza scampo, ma è pur sempre lei ad aver decorato gli scenari da fiaba tra i quali ci rimoviamo estatici con passo esitante, consci del privilegio d’esser i primi a vedere forme che nessuna mano d’artista saprebbe riprodurre. Incapaci di percepire la sacralità che aleggia tra le navate avvolte nella notte eterna, più d’uno viene quaggiù a fare come al circo il solito ballo sulla corda, avendo magari come solo desiderio una gratificazione metrica bastante per finire su qualche locale gazzetta. Nelle cavernosità del nostro decrepito Carso l’eco della voce dell’acqua si è spento da milioni d’anni e delle sonanti gallerie di pietra levigata è rimasto solo qualche breve troncone intasato da depositi di riempimento che ne hanno dimezzato la sezione, chiudendo per sempre la via verso chissà quali meraviglie. Quanto siano insuperabili queste ostruzioni ebbe a constatarlo cent’anni fa a sue spese (in fiorini) l’ingegner Polley di Sesana mandando a scavare i suoi operai alla Grotta Noè e alla Nemez, mentre sarebbe bastata ancora qualche giornata di lavoro per arrivare sul fiume raggiunto mesi fa sotto la Dolina di Konjeduce, ulteriore rimescolamento delle carte sull’idrologia ipogea e tracollo dell’identità Reka - Timavo statuita nell’antichità classica, quando l’uomo vedeva la divinità dei fiumi e non badava al divario tra le loro portate. Sempre l’acqua dunque in queste nostre escursioni sotterranee, meglio se sublimata negli sfaccettati cristalli che rivestivano colate e pavimenti, presto insozzati da migliaia di stivali fangosi, mentre nei peristili umbratili si cammina sui frantumi delle cortine prese a martellate per scrutare in qualche scura postierla. Chi nel 1991 ha creduto di vivere nel sogno inoltrandosi nella galleria iniziale della Grotta Oniria di Val Rosandra farà bene a non tornarvi e conservare piuttosto nella mente il ricordo di un paesaggio incantato, scomparso ben prima dell’apposizione di tardivi chiavistelli. I pionieri di fine Ottocento che entrarono nella Grotta di Ternovizza ed in altre classiche cavità del Carso triestino hanno descritto bellezze a cui si stenta a credere, ma già allora si cominciò ad asportare le concrezioni da esporre nelle bacheche sociali, stupende fioriture minerali che portate fuori dall’ambiente dove vivevano diventano spenti simulacri destinati a finire in pezzi o chissà dove, come quelli della ricca collezione della CGEB, della quale dopo tre traslochi non resta più nulla. Sulle volte di certe nostre grotte si possono notare le tracce del tiro a segno alle stalattiti, esercizio per i vandali più determinati, superati in tecnologia da quelli che hanno segato con la flex le stalagmiti della Grotta Tom a Santa Croce dopo averne divelto la botola, impresa non del grottismo brado ed anarcoide di una volta ma di qualche gruppo federato con partita IVA e sito web. Molti dei danni arrecati al patrimonio ipogeo derivano dalla stolta mentalità secondo la quale esso è res nullius, concezione aberrante che associata alla certezza dell’assoluta impunità induce ancor oggi certi soggetti negativi a far là sotto ciò che non oserebbero fare alla luce del sole. Chi per ignoranza etimologica s’illude di essere speleologo preferisce imputare questi misfatti a persone d’altra estrazione, mentre invece è vero che ognuno di noi - sia pur nell’incoscienza della gioventù - si è portato a casa qualche concrezione da mostrare quale rarità ad amici e conoscenti. Come è vietato camminare sui mosaici di Aquileia o toccare affreschi rinascimentali, così nessuno dovrebbe accedere ad una grotta di particolare pregio estetico, nella quale è impossibile procedere senza danno all’arredo concrezionale, ma quanti di noi sono disposti ad accettare una preclusione che negherebbe alla speleologia la stessa ragione d’esistere? In Francia - dove vi è un generale ed autentico amore per la natura ed una seria formazione ecologica - la speleologia è considerata una disciplina benemerita, le cui scoperte vengono registrate da parte dei Comuni dei territori carsici, i quali provvedono a disciplinarne l’accesso quando se ne ravvisa la necessità. Visitando qualcuna delle famose cavità esplorate dal Martel un secolo fa - come ad esempio l’Aven Armand o quello di Marzal - ci si rende conto che nulla vi è stato rovinato prima che esse venissero attrezzate turisticamente, sconfortante raffronto con l’at- tuale aspetto di certe nostre grotte dove sono scampate ad una sistematica devastazione solo le formazioni troppo massicce per esser rotte. Si ricorda a tale proposito che il più grave incidente dell’epoca moderna è avvenuto il 19/9/1966 alla Grotta Noè, con la morte di tre speleologi (?) veneti a causa della rottura della scala, gravata del loro peso e di quello di una stalagmite di oltre un quintale che stavano portando in superficie, ignari che la cavità aveva fatto in precedenza altre tre vittime. Sembra tuttavia che ora qualcosa stia cambiando nel comportamento dei frequentatori del Carso sotterraneo, meno numerosi ma più acculturati e sensibili alle problematiche ambientali, merito anche dei corsi di speleologia che non si limitano più ad insegnare solo le tecniche esplorative. Purtroppo gli speleologi di Trieste hanno dato un pessimo esempio scegliendo certe caverne di facile accesso per quei rustici convivi notturni detti “likof”, usanza poi imitata da gente amante dei bagordi che ha ridotto gli atri delle più note stazioni preistoriche della zona di Aurisina a veri immondezzai, in spregio all’ordinanza ostativa a questa forma di degrado. Tra i ragazzi delle gite scolastiche che arrivano qui c’è sempre qualche elemento portato alla trasgressione, il quale scopre che le grotte sono una sorta di terra di nessuno dove è lecito fare qualsiasi obbrobrio. In chiusura di questo discorso d’autocritica non è fuor di luogo affermare che siamo proprio noi i peggiori nemici di quel mondo esclusivo riservatoci dal Creatore, conclusione amara, ma valida almeno per il nostro Carso - già massacrato in superficie -, dove attorno al 1850 Adolf Schmidl diede avvio alla Höhlenkunde, che poi il geologo francese Emile Rivière avrebbe chiamato Spéléologie. La Slovenia - che assieme alla Croazia ha la parte più succulenta del Carso Classico - sta per introdurre una specie di patente per chi vuol svolgere questa attività e sembra che nel nostro Bel Paese si stia pensando di far altrettanto. Avremo cosi la figura del guardiagrotte ed una detrazione di punti per ogni infrazione ipogea, mentre i delitti del passato saranno cancellati dalla solita amnistìa. Soluzione perfetta, all’italiana, naturalmente. Dario Marini