TERAMANI n. 44 - teramani.info
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n. 44 • aprile 2008 mensile di informazione in distribuzione gratuita Un tranquillo “we can” di paura pag. 7 Per davvero?! pag. 10 Maria Antonietta Adorante pag. 14 sommario aprile 2008 3 4 5 6 7 7 8 8 9 10 11 12 13 14 15 18 19 21 22 23 24 25 25 26 28 30 Amore infinito Modi & Mode Aldo Di Francesco Elezioni Politiche Marx in Soffitta Ogni Mondo è Paese I Pantaloni li porta lei Dog People I Travisati Per Davvero? L’Oggetto del Desiderio Doriano Di Benedetto Dale, Marcozzi, Machì Maria Antonietta Adorante I Grampasso Una Famiglia chiamata Associazione Teramo a Fumetti Tanto Bit, ma nessuno Apr Lettere dai Caraibi La Salute viene mangiando Dura Lex sed Lex L’Apocalisse è già cominciata Note Linguistiche Tortoreto Cinema Basket scrivete a dimmitutto @teramani.info Direttore Responsabile: Biagio Trimarelli Redattore Capo: Maurizio Di Biagio Coordinatore: Maria Grazia Frattaruolo Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Ercole D’Annunzio, Maurizio Di Biagio, Marisa Di Marco, Ivan Di Nino, Nicola Facciolini, Bruna Fagotti, Floriana Ferrari, Filippo Flocco, Elvio Fortuna, Carmine Goderecci, Marina Grossi, Amilcare Lauria, Bebè Martorelli, Nick Molise, Luigi Pardo, Francesco Pellecchia, Tino Pellegrini, Leonardo Persia, Sergio Scacchia, PeppinoScarselli, Yuri Tomassini. Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche solo parziale, sia degli articoli che delle foto. Ideazione grafica ed impaginazione: Antonio Campanella Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di Marco Viale Crucioli n.9 - 64100 Teramo Tel. 0861.243107 - Fax 0861.244126 per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele Organo Ufficiale di informazione dell’Associazione Culturale Project S. Gabriele viale Crucioli n.9 - Teramo - Tel. 0861.243107 Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004 Stampa Bieffe - Recanati Per la pubblicità: Tel. 0861 243107 347.4338004 - 333.8298738 - 320.0455180 Teramani è distribuito da: Pegaso Distribuzioni di Roberto Cerasi - 389.7822574 pag società Amore infinito Q 03 di Biagio Trimarelli uando si parla di Riabilitazione di solito ci si riferisce al recupero di questa o quella funzione menomata o distorta, che rende la persona incapace di assolvere un compito specifico. Da qui sono stati coniati i termini di “disabilità” (riferito alla restrizione o carenza funzionale di un organo) e di “disabile”. Con il tempo l’evoluzione dei termini ed un’affannosa ricerca contro il pietismo imperante, hanno portato all’odierna connotazione di “diversamente abile”. In questa sede, più che su questioni di carattere generale, vorrei invitare a riflettere brevemente su alcuni obiettivi che caratterizzano (o dovrebbero) il lavoro quotidiano dell’educatore, talora svolto anche un po’ inconsapevolmente, mirante alla crescita della persona nella sua globalità e sul piano relazionale. Non è sempre chiaro che in presenza di un ragazzo portatore di handicap si debba puntare ad obiettivi a lungo termine per ottenere dei riscontri concreti e significativi. Una volta rilevate le potenzialità residue, la nostra attenzione (delle famiglie e degli educatori in genere) deve mirare ad indurre e promuovere nel ragazzo l’acquisizione di elementi che ne favoriscano la crescita, la maturità e l’accesso (laddove possibile) all’avviamento ad un’attività protetta. Questo comporta, parallelamente, un lavoro di recupero e consolidamento della sua struttura affettivoemozionale, di indirizzo verso una crescita delle abilità relazionali. Il ragazzo va aiutato a mettere in atto tutti quei meccanismi indispensabili per acquisire o conservare le abilità necessarie per una maggiore autonomia personale, sicurezza e senso di autostima. Dallo scambio continuo con l’altro (la famiglia, l’educatore, il coetaneo), nonché dalla restituzione al ragazzo di contenuti validi, egli trarrà a poco a poco anche un senso di autoefficacia ed altri strumenti: solo allora sarà pronto ad abbandonare in maniera non-traumatica quel suo essere ancora un po’ “bambino” e ad entrare nella società. Conseguire tali obiettivi non è altro che mettere ordine nella sua vita esteriore ed interiore; perché ciò avvenga dobbiamo imparare a riconoscere e rispettare il suo “spazio vitale”, ad indurre il lui una risposta “spontanea”, a suscitare quel bisogno individuale di esprimere i propri interessi e quindi di perseguirli, lasciandogli l’opportunità di scelta, riconoscendogli appunto un proprio spazio. E’ difficile per un educatore capire fino a che punto coinvolgersi e spingersi e quando lasciare invece che il ragazzo decida autonomamente. Ciò comporta dei rischi, ma è inevitabile ogni volta mettersi in gioco. Chi altro può farlo? La famiglia di solito è troppo coinvolta per riuscire nel compito, è disorientata, straziata dal dolore, dal senso di fallimento e sconfitta, frustrata; così finisce per sostituirsi a lui, soffocandone inconsapevolmente le aspirazioni e le capacità. Quale prospettiva? Quale consiglio? Difficile orientarsi. Potremmo iniziare intanto col riconoscere al ragazzo un minimo di dignità e di rispetto come persona, per poi intraprendere percorsi via via più complessi, con l’ausilio di energie “inesauribili”: amore infinito o dedizione totale? u pag 04 modi & mode Il sampietrino assassino, il pizzetto malandrino e il fantasma formaggino... C’ è una punta di nascosto sadismo o una leggera brezza d’invidia nel decidere che le strade del centro storico dovessero essere tutto un sampietrino e una pietra di fiume a far da cornice? Una volta si diceva, ”mettiti nei miei panni”, in questo caso meglio mettiti nelle mie scarpe…Un bel giro su un tacco dodici fatto da chi ha deciso per il lavoro di recupero storico dell’identità stradale teramana, metterebbe, forse, tutto in un’altra prospettiva. O, forse, una strana ondata di mortificazione della femminilità cittadina sta prendendo piede nel cuore dell’assessore, che pur, è tanto amato dal gentil sesso in genere, se non altro dalle giunoniche redattrici delle riviste che lo mettono sempre tra gli uomini più desiderati del Comune, nelle classifiche da loro stesse fatte e da loro stesse votate… Oppure il progetto del rilancio dell’artigianato e degli antichi mestieri, parte anche dalle botteghe dei calzolai, che esultano, in anticipo per le aumentate riparazioni. Si uniscono ai cori da stadio anche gli ortopedici e le associazioni di pronto soccorso… Tutto aiuta a rimettere in moto l’economia ed evidentemente i percorsi che possono sembrare impervi e pericolosi sono, forse, geniali ed efficaci. Buon proseguimento. fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff Può darsi che sia solo una mia sensazione, ma mi sembra che molti uomini calvi si facciano crescere la barba. Come se fosse una legge di compensazione, una rassicurante bugia che amano raccontarsi: non sono pelato, è che i capelli mi crescono nel posto sbagliato. Magari con le dovute attenzioni e un po’ di tempo si potrebbe sempre pettinarli all’insù e rimediare uno straccio di frangetta da fare a riporto sulla fronte vuota… La barba tutti i giorni è davvero una rottura di palle, altro che l’appuntamento mensile delle femminucce che di solito dura una settimana. Inoltre la crescita del pelo e inarrestabile e non conosce temine di pensionamento, ossia non va in menopausa, anche se qui è più preciso parlare d’andropausa. Eppure, come nelle forme più pure di masochismo, ci danniamo, io compreso alla cultura del pizzetto disegnato. aprile 2008 di Filippo Flocco Ci vuole più tempo a dare forma ai pelucci che a preparare le VIRTU’ (complicato minestrone di tradizione cittadina, per i forestieri che non le conoscono) per l’intero quartiere… L’operazione, lo sanno tutti i maschietti, è fattibile solo al risveglio mattutino, anche se avete ancora la vista annebbiata, sempre meglio di sembrare un sopravvissuto all’attentato dinamitardo della metropolitana londinese, facendola il pomeriggio. Tra allume di rocca e pezzi di carta igienica che tentano di tamponare le fuoriuscite ematiche, ci sono buone probabilità di arrivare al lavoro come i mascheroni del Carnevale Elettrico di Rio De Janeiro e di essere accolti dai colleghi con lanci di graffette , e tagliatelle di documenti trinciati, a mo’ di coriandoli e stelle filanti. Toda Joiaaaaaaaa, toda beeeleza. fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff Me ne frega relativamente poco dei risultati elettorali, sono più curioso di vedere l’efficacia delle azioni. Questo non è il derby del cuore, la partita da giocare tra tifoserie avverse, è una nazione intera che vive un periodo estremamente difficile e che chiede soluzioni, non chiacchiere. Anche l’Abruzzo, ha avuto le sue belle soddisfazioni in quanto a politici eletti…Auguri a loro, ma Noi, auguriamoci che non si dimentichino del territorio d’appartenenza e soprattutto non si trasformino in ectoplasmi, invisibili ed inefficaci come già successo in precedenza. fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff Tra poco resterò vedovo delle mie serate preferite, quelle che fanno arricciare il naso agli intellettuali come Stefano Zecchi, che, però ci scrive i libri sopra. I miei appuntamenti con i reality show. Hanno il potere terapeutico di mettere il mio cervello in stand-by, farmi rimanere come un vegetale davanti al monitor, dimenticandomi il desiderio della pace nel mondo e di tutte le problematiche quotidiane che anche un posticino piccolo come Teramo non riesce ad evitarti. Adoro vedere le zuffe, forse perché mi sforzo di controllarmi e mi comprimo durante il giorno, mentre alcune volte desidererei essere il papino di SHINING, che sfonda le porte con l’accetta. Queste trasmissioni sono l’equivalente di Topolino Almanacco, portato in bagno, quando fate quello che solo voi potete fare. Stimolano le naturali funzioni del vostro pancino, tenendovi libera la mente. Provate a fare lo stesso vedendo Report o leggendo il”Discorso sopra ai massimi sistemi”. Ciao, ciao F.F P.S. ..e il fantasma Formaggino del titolo che c’entrava, Vi starete chiedendo? La rima amorini, la rima… Perché farne a meno? u www.filippofloccoatelier.it potete scrivere in Atelier in via N. Sauro, 39 - Teramo [email protected] l’intervista aprile 2008 Aldo Di Francesco dalla Prinz alla Jeep, ecce Aldo …datemi un immobile vi spiegherò il mondo L o studio di Corso de Michetti è sontuoso. La sala riunioni rapisce: pare più quella di un board della City che di una cittadina ai margini del mondo. Nel corridoio ci sono due Stampone, quadri che però fanno gridare alla teramanità, a quella pretesa di auscultare sempre il territorio e a quella sorta di mecenatismo che giunge quando qualcuno serba gratitudine verso i propri concittadini. Aldo Di Francesco è partito dal nulla, da una Nsu Prinz di color beige e dal bighellonare buttando in avanti le lunghe gambe dinanzi al Caffè Silvia, per giungere ad un più confortevole fuoristrada, fino a divenire immobiliarista di grido, con le mani nella squadra di calcio locale e nell’emittente televisiva Teleponte. Compra e vende immobili “sempre facendo gruppo”, dice, “tanto che così ho avuto qualche marcia in più”. Irriverentemente, Di Francesco può essere paragonato, per essenza mentale, ad una cipolla: prima di giungere al suo nocciolo bisogna sfoltire mille tuniche. È per questo motivo che l’immobiliarista teramano rimane insondabile ma - mettiamola così - facciamo che spunti il bulbo. Mio Padre. “L’ho perso all’età di 13 anni, gli ero stato molto vicino, come lui aveva fatto con me. Era maestro a Valle Castellana, a Torricella, ma mai in città. Ricordo una grande protezione che quando a quell’età viene a mancare cade il mondo. Mi raccontava che il divertimento, che il gioco, era importante nella crescita di ciascun ragazzo; lui gli dava molto spazio e mi curava molto dal punto di vista didattico. Ha fatto sì che la fantasia in me prevalesse, tanto che i risultati raggiunti li considero provenire appunto dalla fantasia: quella che è servita ad esempio per progettare operazioni come quelle del Teramo calcio o di Teleponte. È venuta a mancare una persona che oggi avrei voluto al mio fianco”. La Madre. “Era capo ragioniera alla Villeroy&Boch, quando la fabbrica, proprio la settimana dopo la morte di mio padre, chiuse: rimanemmo in tremende difficoltà economiche; avevo 13 anni, ma come si dice “meno di niente non c’è niente”, abbiamo ricominciato da capo”. L’Adolescenza e oltre. “Nonostante tutto, ricordo una giovinezza serena, spensierata. A quel tempo frequentai il Liceo linguistico, un’esperienza bellissima”. I primi lavori. “Già a 15 anni lavoravo con una assicurazione, poi più tardi con alcune imprese nel settore della pulizia, tanto per mantenermi a Giurisprudenza a Teramo. Dopodiché sono entrato nella Banca Popolare, coprendo tutti i settori: dallo sportello ai crediti speciali. Poi, nel ‘95, con la fusione mi misi in proprio. Ho lavorato sempre nel settore immobiliare, che mi è sempre piaciuto, ho operato anche nel settore del commercio e dell’ ingrosso, ma il mattone è tutto”. La figlia. “Ha 17 anni ma è un amazzone: le piace andare a cavallo. È amante degli animali, della natura, a lei dico di sfruttare al massimo le proprie doti”. La moglie. “Chiara è una dottoressa ricercatrice all’Università di Teramo e appassionata di sport subacquei. Tutto è iniziato circa 18 anni fa in una discoteca, luogo peraltro inviso a tutti e due. Siamo d’accordo su tutto”. Teleponte. “L’idea Tp è nata da una curiosità. Per iniziare la considerai solo sotto l’aspetto prettamente immobiliare, poi però mi è venuto l’appetito. Teleponte ha tutt’altro fascino e, certo, la difficoltà di Maurizio Di Biagio nell’acquisirla mi ha infervorato. Nei primi tempi, io ed il caro amico Walter Cori abbiamo avuto diversi scontri, esisteva un’incompatibilità di carattere, la difficoltà era nelle trattative, perché il venditore, Malavolta, all’inizio era titubante. La televisione continuerà, anzi cercheremo di irrobustirla con investimenti sostanziosi, edificando una costruzione in loco per il network, con studi molto più tecnologici. Puntiamo ad essere una tv con obiettivi regionali”. Malavolta. “Ha subito un intervento importante, ci auspichiamo che risolva il suo problema immediatamente. È un ragazzo che nonostante il suo carattere spigoloso ha tanta forza. Quando io ho avuto bisogno mi è stato sempre vicino. È lui che non sa chiedere anche se sa dare, senza strombazzare mai gli aiuti che porta: è difficile aiutarlo”. Walter Cori. “fin quando ci sarò io, sarà sempre direttore: ora ho capito il suo carattere. Non ama i controsensi, di conseguenza è una persona determinata ma molto umana. È legato ancora a certi sentimenti, è una persona da cui non mi aspetterei nessun tipo di tradimento”. Teramo Calcio. “Sono pronto a subentrare assieme a Paoloni, quando firmerà. Non sarò presidente ma un aiuto lo darò, tranne l’aspetto tecnico che non saprei curare. Sono intervenuto perché il Teramo calcio è un patrimonio della città, ho cercato di dare una mano; il mio compito era quello di garantire ai Paoloni la serietà dei Malavolta per pagare i debiti che avevano. Ora la somma dovuta è stata versata alla Banca di Teramo”. Sport. “Amo in genere gli sport automobilisti, ho fatto anche un po’ di paracadutismo, mi sono appassionato al calcio perché era seguito dai miei amici imprenditori”. Poteri forti. “Non ho mai avuto screzi particolare con esso e cerco di non andare oltre i limiti o chiedere tanto”. Fama. “Come tutte le persone possiamo essere amati o odiati, comunque a chiunque mi fermi do spazio. Evito quella spocchia che ho sempre detestato, anche se è un atteggiamento che può derivare da mille pensieri”. Sogni. “Riuscire a costruire insieme ad altri imprenditori aziende che possano dare forza al nostro territorio”. u pag 05 pag 06 elezioni politiche aprile 2008 Le domande impertinenti P rima delle Elezioni del 13 e 14 aprile abbiamo posto alcune domande ai candidati politici, domande di diverso genere a seconda se il comune sentire li vedeva eletti o destinati a puro atto di presenza. Queste le domande e le loro risposte di coloro che venivano dati per sicuramente eletti 1. Si dice che una volta che si prenda posto in Senato o alla Camera ci si dimentichi dei reali problemi della gente? È davvero così? Paolo Tancredi, Popolo delle Libertà: no. L’ho dimostrato già in Consiglio regionale. Carla Castellani, Popolo delle Libertà: no. cerco sempre di tramutare le istanze del territorio in atti concreti. Tommaso Ginoble, Partito Democratico: chi mi conosce sa che questo non succede. Ho un rapporto ottimo con la gente. 2. Ma veramente una volta a Roma esiste il reale rischio di restare peones per tutta la legislatura? Tancredi: dipende dalle capacità di ciascuno Castellani: mi auguro di no. Ginoble: dipende dal ruolo che gli Italiani attribuiranno al Pd. 3. Sempre in caso di elezione, quanti consulenti si porterà con lei? Tancredi: non so. Castellani: ho la mia brava collaboratrice regolarmente assunta. Ginoble: non so, dipende dagli incarichi che assumerò. Sicuramente non saranno né parenti e neanche persone pagate in nero, ma sicuramente giovani a cui sarà data la possibilità di svolgere un lavoro interessante. 4. Dagli scranni penserà ancora al Lotto zero e affini? Tancredi: certo. Come ad ognuno dei problemi della viabilità. Castellani: non solo al Lotto zero… Ginoble: non mi sono mai potuto interessare di questo problema, il sindaco Chiodi ha avocato a sé tutte le responsabilità. Queste le domande e le relative risposte di coloro che si sono sacrificati in nome dei Partiti 1. In tutta sincerità, chi gliel’ha fatto fare a schierarsi ad onor di firma? 2. Che vita sarà dopo il 13, “passata la festa, gabbato il santo”, o cosa? O avrà almeno un tipo di contropartita? 3. Ma non le pare davvero – come ha riferito Gianfranco Fini – che con tutti questi candidati premier siamo davvero al Carnevale di Viareggio? Vincenzo Cipolletti, Partito Socialista 1 Ancora me lo sto chiedendo. Spero solo che alla fine possa ritenermi soddisfatto. 2 Continuerò a fare campagna elettorale, perché da quanto si vede ci saranno grosse difficoltà a governare. 3 Sì, ne sono convinto. È stato sincero. Lui ha dato un grosso contributo. di Maurizio Di Biagio Lino Silvino, Unione Democratica di Centro 1 Ci credo, come ho fatto per tutte le cose in cui ho creduto. Credo in Casini 2 Per me non cambia niente. Ho sempre lavorato in vita mia. 3 Fini si dovrebbe ricordare quando disse a Berlusconi che si era alla comiche finali. Noi rappresentiamo i reali valori della Dc: sono sempre quelli. Concetta Barnabei, la Destra 1 La passione. 2 Temo di sì. 3 Fini fa bene a parlare di queste cose perché lui è tra le persone più ridicole di questo mondo. Michela Puritani, Sinistra Critica 1 La politica rimane una causa nobile. 2 Noi continueremo. L’elezione è un passaggio utile e basta. 3 È colpa loro se stiamo a questo punto, destra e sinistra sono uguali e il carnevale lo fanno loro. Ennio Pirocchi, Partito Socialista 1 Una vita di impegni con i socialisti. Perché è un’idea forte. 2 La situazione attuale è drammatica e le ricette sono quelle che conosciamo… da 15 anni. 3 Fini è stato anche lui il capo-carnavalaio. Augusto Di Stanislao, Italia dei Valori 1 La passione per la politica. 2 Dopo il 13 inizia un nuovo impegno per la provincia di Teramo. 3 Ci sono esagerazioni, ma con questo voto finiranno i giochi di prestigio. Benigno D’orazio, la Destra 1 Lo vedremo dopo ma penso di sì. 2 Da 20 anni che sto in politica; continuo a fare quello che ho fatto. 3 La sua più grande carnevalata è stata quella di togliere la bandiera e mettersi sotto le insegne del comico finale. Filippo Benucci, Partito Democratico 1 Mai come questa volta sono convinto. Per me è questione di testimonianza e servizio. 2 Se vince la destra sarà un film già visto, ma se il Pd ce la farà ci sarà spazio per la speranza. 3 Di candidati ce ne sono tanti ma alla fine ne saranno solo due. Silvano Toscani, Partito Comunista dei Lavoratori 1 Sono convinto delle mie azioni. 2 Un giorno uguale all’11. 3 È un segnale forte come Fini non sappia leggere la politica, e anche D’Alema. Questa è la risposta di 4 anni di Bicamerale. Siamo per il no al bipolarismo, speriamo in un proporzionale. Emanuela Loretone, Partito Democratico 1 Ci sono da 10 anni. Per me è solo passione politica e basta. 2 Mi ritengo più militante che dirigente 3 Si sarebbe dovuto fare una legge elettorale migliore Marina Danese, Movimento per le Autonomie 1 Io sono a disposizione degli altri. 2 Ora inizia il lavoro. 3 Non esiste un solo leader. u Marx in soffitta Un tranquillo “we can” di paura from Marx to market L a Sinistra cespugliosa di casa nostra è arrivata ad auto castrarsi nel nome dei partiti unici e del we can di un Veltroni scelleratamente geniale. Scellerato perché - è ovvio - ha voluto perdere le elezioni, geniale perché tra un po’ di decenni lo si ricorderà come colui che al bivio ha indicato la strada più plausibile: quella del bi-tri-partitismo, annunciata tra l’altro dal profeta Isaia Pannella circa 15 anni fa e chiaramente inascoltato. Tranne che da qualche frangia di massoneria deviata. Ma questa è un’altra storia. Chi invece non ci sta, per dirla alla Scalfaro, sono ovviamente i comunisti duri e puri, quelli che plaudono a Diliberto, quando sul cadavere ancora caldo con l’indice bianco indica in diretta tv il segno da dove ricominciare: una falce e martello alle sue spalle. E dalle fabbriche per di più. Alla faccia di un sindacato imbolsito in perdita di consensi e di feticci lunghi più di un secolo che di esser riposti in soffitta non ne vogliono sapere. Solo lo smarrimento che ha attanagliato gli animi di sinistra ha potuto rinserrare gli stereotipi e le idee forti che scavalcano muri e sberleffi, quindi la falce ed il martello tanto per ricominciare. Da lì è tutto un altro mondo ora, dicono. Nella nostra città il comunista storico Sandro Melarangelo addossa le colpe della disfatta ad un Bertinotti inetto che “ha deciso di far scomparire l’emblema” per un logo etereo senza forza e storia. Una cascata di colori sbiadita tipo sistema Pal dei primi anni ’70, quando dalle vetrine del Corso si trasmettevano le piscine olimpioniche. “E’ impossibile riconoscercisi”. Montezemolo, che frattanto ha lasciato una rossa che vince, affonda il coltello: i lavoratori sono più vicini a Confindustria, spiega alla platea. From Marx to market, infila nel suo fondo Alberto Statera. Anche per Sandro Santacroce di Rifondazione Comunista solo in hoc signo vinces, nella falce e martello si sarebbe potuto arginare la disfatta: “L’arcobaleno è un’esperienza fallita”. E racconta pure come nelle amministrative le dinamiche siano state differenti (dal 3 al 6%); e spara a zero su Del Turco che con l’attuale rimpasto di giunta intende limitare Rifondazione “ora noi ci comporteremo di conseguenza”, assicurando la vendetta. Da Palazzo di Città il rifondarolo è fuori dall’opposizione, “tanto in quell’assise, sia dall’una che dall’altra parte, vengono esaltati i poteri forti, edilizi, e di altra natura, e questo pure trasversalmente, vedi Piazza Dante”. L’unica cosa che rimane da fare è giungere inerzialmente, con l’abbrivio mesto della sconfitta, a quel congresso di luglio della restaurazione del simbolo. Il consigliere comunale recita un mea culpa quando analizza il successo della Lega tra il coacervo pag di Maurizio Di Biagio aprile 2008 07 dei comunisti duri e puri a Sesto San Giovanni e si fa violenza fino ad accusare la sinistra di un buonismo esacerbato quando c’è di mezzo il pianeta sicurezza: “Anche mia figlia che studia a Bologna vorrebbe tornare a Teramo”. Melarangelo invece torna sui flussi dei voti, l’hobby del momento in Italia, più delle palline clic-clac negli anni ‘70: “Margherita e Ds non hanno ottenuto più voti, semplicemente l’elettore comunista non ha visto più il suo simbolo”, si sgola. E la classe operaia cade in ginocchio con il reale pericolo che anche il sindacato possa essere irreggimentato dalla destra. Senza dubbio “il momento più brutto della mia vita”, strepita col viso all’insù nasalmente. Silvano Toscani del Partito Comunista dei lavoratori, ad un tiro di schioppo, è a dir poco imbufalito: “Il nostro elettorato non ha subito una disfatta, è ancora vivo”. Però dappertutto i musi sono lunghi, anzi peggio, la voce grossa delle ragioni vorrebbe piegare l’ingiustizia subita. Il solito conflitto gramsciano tra l’ottimismo della volontà (la destra) ed il pessimismo della ragione (la sinistra): in pratica il ghe pens mi contro il no tav, solo per dirne una. Chiude il consigliere provinciale Raimondo Sfrattoni di Rc: “Il voto utile ci ha massacrati; tuttavia il Comitato politico ci ha indicato una via: si parte da Rifondazione; c’è una base per ritornare quello che eravamo”. Frattanto Giordano piange quando Vendola si propone. Spira un vento diverso ora tra i comunisti post editto di Veltroni. Sarà ancora utile un voto a sinistra del Pd? Questa è la questione. Perché altrimenti sarà un gioco da ragazzi per il mago di Arcore far vivere ancora ai suoi avversari un tragico we can di paura. u Teramo mon amour Ogni Mondo è paese ma… di Marisa Di Marco Teramo è un po’ più paese degli altri D icevamo: ogni Mondo è Paese, ma la nostra Teramo (forse perché “inquinata” da non si capisce bene che cosa, o forse lo si sa benissimo ma si preferisce tacere), lo è un po’ più degli altri. Dopo tutto quello che in questi anni è stato ordito contro di noi, ora qualcuno ne ha studiata un’altra. Ci è capitato di verificare che per screditarci, qualche idiota ha prelevato il nostro periodico dalle cassette postali e dopo aver raggranellato un po’ di copie del numero di febbraio e di marzo, le ha abbandonate sulla strada, cercando di darne una immagine dequalificante. La prova che sono stati sottratte dalle cassette postali? Con le copie del nostro giornale hanno prelevato, senza accorgersene, anche alcuni volantini di pubblicità elettorale distribuiti anch’essi nelle cassette postali durante le ultime elezioni e che sono finiti a terra insieme al nostro periodico. Ma che bella gente si aggira tra di noi a Teramo! Cos’altro possiamo aggiungere se non il vecchio detto contadino che recitava cosi: “Lu porc, chiù strille e chiù fa lu sangue”. Traduzione: “Il maiale più strilla più fa sangue e… prima muore!” u pag 08 la riflessione di Bruna Fagotti I pantaloni li porta lei M a che cosa sta succedendo alle donne del terzo millennio? Niente di grave, si stanno trasformando in …uomini. Messa così potrebbe sembrare una battuta, ma non lo è. Naturalmente non stiamo parlando dell’emancipazione economica o delle conquiste sociali, ma proprio della biologia che sta lentamente trasformando il corpo femminile. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: giovani donne sempre più attrezzate fisicamente ma anche la mente non sfugge ai cambiamenti. E infatti le nuove abitudini (complici le diverse alchimie ormonali) stanno costruendo una nuova “sensibilità femminile” che rischia di far saltare i vecchi modelli. Addio clessidra: un ricordo le mitiche misure 90-60-90; il girovita delle ragazze è cresciuto rispetto a quello delle zie maggiorate, i fianchi sono più stretti (non è chiaro se siano una conseguenza o una causa della minore fertilità delle donne occidentali), il seno piccolo e piedi più grandi. I lineamenti più androgini e la peluria abbondante di molte adolescenti, potrebbero avere una spiegazione chimica: l’ambiente è pieno di ormoni che prima o poi ci finiscono nel piatto. E nessuno sa che cosa possano combinare incontrando gli enzimi latenti nel nostro organismo. Non solo il corpo della donna è lo specchio della società, ma riflette anche i nuovi vizi femminili (imparati da lui). Risultato? Ormai il sesso non fa più rima con amore, hanno scoperto le delizie dell’incontro di una notte, il brivido dell’avventura a pagamento, il turismo sessuale. E vivono senza sensi di colpa il tradimento. Distanti anni luce dai tormenti dell’eroine romantiche, molte signore confessano di avere un amante solo “per giocare”. Insomma, più Casanova che Anna Karenina. Le donne hanno sempre privilegiato la relazione, tralasciando la parte più “tec- Dog People piccolo manuale di sopravvivenza urbana per cani e proprietari Sai Comunicane? nica” del sesso fine a se stesso. Invece, oggi non è difficile trovare caratteristiche come il “cinismo sentimentale”, un tempo esclusiva maschile. Niente da dire contro la liberazione sessuale, ma la vera libertà non è imitare gli uomini, ricordando come i comportamenti abbiano sempre un contraccolpo biologico. Limitare la sessualità al solo divertimento potrebbe diventare un pericolo per la specie: rischia di andare perduto l’istinto della procreazione, tipicamente femminile e a questo punto cosa se ne fa la specie di due sessi dalle pulsioni identiche. Con effetti meno devastanti, la trasformazione delle donne negli “uomini di casa” ha già fatto traballare un’istituzione di lungo corso come il matrimonio. Donne sempre più forti e autonome e uomini sempre più spaesati; per la prima volta molte mogli sono più anziane del marito, in futuro ci saranno meno figli, forse si trasformerà addirittura la struttura della famiglia e anche il corpo della donna potrebbe mutare se non partorirà più. Dai fatti drammatici della cronaca recente viene anche il sospetto più grave: stanno lentamente crollando i tabù fondamentali della femminilità. “Le Kamikaze sono una terribile novità della storia, per le donne è sempre stato “contronatura” uccidere (specialmente i bambini), ma anche questo tabù è stato violato. Perché una cosa è il singolo infanticidio, magari dettato da una malattia mentale, ben altra è la scelta di andare in guerra come guerriere che uccidono, non come crocerossine che curano. E se c’è una cosa al mondo totalmente maschile è proprio la guerra. Un fatto dimostrato, paradossalmente, anche dal mito delle Amazzoni: le donne guerriere si mutilavano i seni, segno evidente della rinuncia alla femminilità. “La donna che diventa uomo è un suicidio per l’umanità, perché chi dà la vita non può dare la morte. u P roprio ieri ero a passeggio per il corso vecchio con Marley e Rossella quando mi sono trovata davanti ad una scena che mi capita di osservare spesso: una signora terrorizzata da un cagnone randagio ha preso in braccio il suo piccolo amico ed ha iniziato a gridare per scacciarlo. Vorrei darvi piccoli consigli sul come comportarsi al meglio in queste situazioni. Cercate di. mantenere la calma, sappiate che il vostro animale è sintonizzato su di voi e percepisce perfettamente un guinzaglio che improvvisamente diviene teso, un tono di voce più nervoso e questo è davvero controproducente. Se il cane si avvicina per annusare il nostro? Se lo fa senza dare segni di aggressività o di sfida, lasciateli fare, i cani hanno un naturale istinto sociale. E se,invece, il cane ci abbaia contro? Non correre, non urlate, tutti questi atteggiamenti non fanno altro che eccitare il naturale istinto predatorio dell’animale. Non cedete alla tentazione di prendere in braccio il vostro cane, questo solitamente è il punto di inizio di una serie di problemi, il vostro Fido diventa un leone e comincia a fare la voce grossa al nuovo arrivato. Il nuovo arrivato vi si arrampica addosso per capire cosa accade e voi non avrete fatto altro che interrompere una comunicazione posturale sottilissima che solo i cani sanno avere. u Marina Grossi Istruttore Csen Educatore Apnec [email protected] Scuola cinofila Dog People: www.dogpeople.it www.myspace.com/ dogpeopleteramo negare, negare, negare, I Travisati A tutto vantaggio di una serena comprensione del mondo in cui viviamo, proviamo a spiegare un fenomeno. Oltre a dire saltuariamente quello che pensano, non hanno mai detto quello che hanno detto: “E’ un vecchio vizio dei miei nemici attribuirmi dichiarazioni mai rilasciate”, “Hanno estrapolato una frase dal contesto per costruire un teorema menzognero”, “Non ho mai concesso un’intervista a quel settimanale e ho dato disposizioni per tutelarmi nelle sedi appropriate” e via inorridendo. Nessun istituto sanitario l’ha certificato ma in lungo e in largo per lo Stivale scalcagnato nove cittadini su dieci sarebbero afflitti da uno stato allucinatorio uditivo. Ciò che abbiamo testimoniato con i nostri occhi e udito ad orecchie spalancate è il sintomo di una patologia, nel caso meno allarmante la conseguenza di una vulnerabilità di carattere. Toccherà al nuovo governo pianificare una azione di profilassi prima che la situazione precipiti. I bastiancontrari rifiutano la diagnosi invocando la prova audio-visiva, è tutto registrato, basta premere il tasto “play” e riascoltare daccapo..! aprile 2008 di Yury Tomassini A scherzi fatti, tra il peggio a cui ci siamo abituati c’è l’utilizzo sistematico della bugia da parte dei poco casti appartenenti alla castaccia (una “cosca” secondo Marco Travaglio): negare, negare, negare, soprattutto l’evidenza. La pedagogia, comunque, in qualche modo assolve la loro natura allergica alla verità. Raccontare bugie, qualunque ne sia la causa, rappresenterebbe il riappropriarsi innocente di una condizione infantile, vivere secondo il “come se fosse”, “fingendo di essere con grande coinvolgimento una cosa o una persona differente da ciò che è, o crede di essere”. Questo inizia ad accadere intorno ai due anni di vita e permette di collocare la bugia in una nuova luce, un comportamento del tutto naturale dell’individuo sulla via della maturazione. E’ l’inizio dello sviluppo della fantasia, della creatività del bambino che sogna mondi e vite immaginari dove realtà e fantasia si intrecciano magicamente etc, etc.. E’ un avvertimento per i tutori della legge, disturbare i bambini mentre sognano e giocano è pericoloso, potrebbe violare il sacrosanto diritto ad identificare le loro gesta con quelle dei loro eroi. Il commento di un lettore dopo aver letto “La Casta” di Rizzo e Stella: ‘E’ quello che ci meritiamo... ci tornerà tutto indietro come un boomerang... purtroppo nel dna degli italiani non esiste la parola ribellione... e credo che i nostri figli e nipoti ci malediranno per il nostro lurido immobilismo... u pag 09 pag 10 accade in città Per davvero?! N o peccà è fijeme, ma ‘llà ‘nmezze ere lu cchiù belle: della serie, date a Cesare quel che è di Cesare… come disse quel tale quando, qualche anno fa, separò i poteri terreni da quelli spirituali. Ma, per davvero, hanno messo in un parco giochi, dopo quarant’anni di ginocchia scorticate, sabbia e terriccio sotto le altalene? Sì, pare proprio di sì. E, guarda caso, proprio dopo l’uscita di un articolo di Teramani, pubblicato nel n° 20 del dicembre 2005. Sarà un caso, per davvero. Come quello, per esempio – e questo sì, per davvero curioso – delle piazze per parcheggi abusivi senza sanzione, che si sono ritrovate, dalla mattina alla sera, ingabbiate nei varchi elettronici d’ultima generazione. Per davvero?! Sì, per davvero; e il periodico Teramani era lì che denunciava lo scempio delle soste selvagge già nel n° 26 del luglio 2006. Per davvero? Credimi, è per davvero! Ora, butta gli occhi un attimo sui fatti della Te.Am. Guarda, è dal n° 29 del novembre 2006 che Teramani si occupa per davvero dell’abbandono dei rifiuti lungo il parco fluviale; ribattezzato per l’occasione: il Porco Fluviale… e da allora, fino all’ultimo numero d’aprile 2008, editoriali ed articoli si sono moltiplicati (Oggi mordo, Mafalda docet), senza mai per davvero mollare l’osso sull’operato dell’Azienda per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani nella nostra città. Ad onor del vero, non bisogna dimenticarsi di quelle rassegne stampa bulgare, che tacciono su alcuni argomenti, presentando soltanto il rovescio lucido della medaglia. Ma per davvero? Eh, sì! Alla fine, anche quel tappo di ferro sulla fontana di Piazza Garibaldi è rotolato via. Il gigante buono, personaggio di una vecchia pubblicità Kinder Ferrero degli anni 70, invocato assieme a Jo Condor, ha per davvero realizzato il desiderio di molti; anche grazie a quelle due righe scritte su Teramani n° 32 del febbraio 2007. Ma per davvero è successo questo? Figurati, hanno pure dato un recinto dignitoso all’unico dolmen di tutto il Centritalia, che fa sorridere per davvero tutti quelli che fanno il girotondo dalle parti del Piazzale San Francesco o che sbucano dall’arco del manicomio. Poi, se fai capoccetta sulle colline di Mimmo Attanasii aprile 2008 della Cona scorgerai quello che Teramani, sul n° 35 del giugno 2007, ha ribattezzato e(Cona)mostro: una villa costruita sul dorso collinare, con le proprie fortificazioni di cemento in bella mostra. Questa volta, però, il Comune gliela ha fatta pagare per davvero, con una bella multa, per l’obbrobrio territoriale ambientale e paesaggistico. A questo punto, bisognerebbe per davvero ricordare lo splendido steccato ecumenico di un ovile incompiuto per pecorelle smarrite, mandato di traverso sulla scalinata del Duomo in Piazza Martiri, accanto alle cabine dell’Enel, appese al muro come se fossero per davvero l’icona di Elettra sulla tomba di Agamennone (William Blake). Un déjà vu. Già visto o, per meglio dire, un déjà écouté; già sentito su Teramani n° 37 del settembre 2007: la maledizione dell’eterno secondo colpisce ancora per davvero! Un’ultima cosa: ma per davvero hanno tolto di mezzo quei fanali attorno al monumento, giù ai tigli? Per davvero. I lampioni, che tu chiami fanali, sono l’opera del design di Massimiliano & Doriana Fuksas. Il Sistema Lavinia di Fuksas. Così lo chiamano. E lo potrai trovare sul catalogo de “i Guzzini”, che prontamente Teramani ha scaricato dalla rete, nel febbraio 2008, e pubblicato un articolo sull’argomento nel n° 42, intitolato: i tigli di Teramo Est. D’altronde, così avrebbe fatto qualunque contemporaneo, senza investire di compiti onerosi Studi Professionali Milanesi. I lampioni non ci sono più. E il merito se l’è preso un’associazione; una delle tante che gravitano attorno a quegli ambienti politici, che fanno finta di alzare polveroni per vendere poi, a caro prezzo, i propri aspirapolvere. E, ai Teramani, al solito, tanti “Pecorini & Porchette”. Non te la prendere e, soprattutto, …non scriverlo sui muri. Dillo a Teramani, il mensile che ti ascolta! (http://www.teramani.info/) Per davvero? Sì, per davvero. E pure stavolta ci hanno imitato alla grande: FAI – Fondo per l’Ambiente italiano… Non scriverlo sui Muri - Contest Writer. Fai Writing Contest – Sabato 5 e Domenica 6 aprile 2008, Piazza Martiri della Libertà a Teramo. Prima Edizione. Linkare per credere: http: //www.faiteramo.org/ E vuoi vedere che adesso il merito se lo prende pure per davvero?! Scì, però fine a lu 14 d’aprile: peccà mo, se Die vo, se n’arparle fra cingu’anne …e ve lu dice une che manghe se ce caleve Jase Criste da la croce ha stato maje de ‘ssa parrocchie o de che ‘lladdre che cummanne. u l’oggetto del desiderio I La Coperta di Pinus l nostro viaggio prosegue oggi alla ricerca di un minerale organico fra i più conosciuti al mondo. Lo faremo navigando lungo le suggestive coste del mar Baltico L’oggetto del desiderio di questo nostro incontro è l’Ambra. L’Ambra è una resina fossile, ossia un minerale organico costituito in gran parte di acido succinico: la resina proviene da una conifera, Pinus Succinifera, che era molto diffusa 50-70 milioni di anni fa nell’Europa settentrionale, lungo le costre del Mar Baltico. In seguito agli spostamenti e alle sedimentazioni dell’era glaciale l’ambra è stata depositata principalmente nella penisola di Samland, nella Prussi Orientale. Qui si trovano i giacimenti più importanti d’ambra, in particolare a Palmnicken: l’ambra si trova depositata in uno strato d’argilla del terziario superiore, la cosiddetta terra blu che si estende fino al mare Baltico. aprile 2008 di Carmine Goderecci di Oro e Argento Viale Crucioli, 31/33 - Teramo Giacimenti di ambra si trovano anche nella corta occidentale della Danimarca, in Olanda, in Romania, in Sicilia, lungo il fiune Simieto, da cui si estrae la Simetite, minerale di colore rosso violaceo, e in Birmania (Birmite). Viene trovata anche negli Stati Uniti e in Messico. Il colore dell’ambra va dalla tonalità giallo chiaro al giallo oro, al giallo scuro, ma vi sono anche esemplari rorossi e rosso marrone, talora molto scuri. Le varietà che racchiudono resti di vegetali e di animali fossilizzati, che vissero milioni di anni fa nelle foreste di abete, hanno particolare valore. L’ambra viene lavorata a cabochon o a sfere e adoperata per anelli e collane. Sono stati trovati gioielli d’ambra di migliaia di anni fa: già nell’età della pietra essa veniva dalle coste del Baltico, lungo le vie del commercio allora percorse, fino ai paesi più lontani, cosicché ornamenti d’ambra sono stati trovati nelle tombe antiche dell’Asia minore, dell’Italia, e della Grecia. L’ambra brucia se viene esposta al calore di 300-350° C. L’ambra viene anche chiamata succinte dal latino succinum = succo degli alberi. I greci invece la chiamavano elektron e il termine elettricità deriva dalla caratteristica che ha l’ambra di “caricarsi” e attirare piccoli oggetti leggeri in seguito a sfregamento. u pag 11 pag 12 la montagna Doriano aprile 2008 Di Benedetto Tra Speranze e Proposte C ome in una scena di Apocalypse now, giungeranno al tramonto, dentro un’enorme palla di fuoco grande come un’arancia sullo sfondo, gli elicotteri che dovranno montare la nuova cabinovia a Prati di Tivo sul Gran Sasso. Un’operazione quasi chirurgica per non scalfire la preziosa flora del Parco, supportata da creature quasi fantascientifiche chiamate ragni, per via delle lunghe leve e di una certa somiglianza con gli insetti che senza cingoli permetteranno un’azione poco invasiva sul terreno. Se tutto andrà bene, il prossimo giugno inizieranno i lavori che poi termineranno il 15 dicembre. Dunque, per la prossima stagione invernale, la località montana potrà contare su di una cabinovia nuova di zecca, “un impianto misto”, accessibile anche a disabili, con sedie da 4 persone e da cabine da otto, con una portata oraria di 1680 persone/ora. Tutto ciò “per sviluppare il turismo della zona”, dichiara Doriano Di Benedetto. “Stiamo cercando di rialzare le sorti della zona – ricorda l’amministratore delegato della Gran Sasso Teramano – gli alberghi stanno tornando a lavorare, si è creato un interessante movimento turistico, di riflesso l’occupazione ha raggiunto buoni numeri.”. Fano Adriano e Prato Selva, secondo una ricerca della Cgil e secondo gli studi dell’ente provinciale per il turismo, sono capofila di una movimentazione che potrebbe far sperare per il prossimo futuro. Anche se c’è il risvolto della medaglia. Con il rinnovo degli impianti di risalita, la società retta dal presidente Fernando Marsili conclude la sua mission, con la quale si contemplava anche il miglioramento ambientale attraverso il sistema di trasporto a fune. Ora è la volta dei collegamenti viari: “Manca una strada che unisca Prati di Tivo alla Vallata del Vomano oppure a quella del Mavone, non c’è collegamento con l’A 24; si sta pensando ad un trenino a cremagliera che dovrebbe interessare i comuni di Fano Adriano, Pietracamela e Crognaleto, con l’intenzione, durante il periodo invernale, di intercettare il flusso turistico di Maurizio Di Biagio che si registra a S. Gabriele”. Mentre, per captare il fenomeno turistico lungo la nostra costa, “bisogna fare come in Romagna”, travasando frotte di visitatori dagli ombrelloni e dalle sdraio fino ai centri più rappresentativi dell’entroterra e della montagna, “come Campli, Civitella ed Atri, solo per fare qualche esempio. Con il Comune di Teramo che dovrebbe avere – e questa è una mezza tirata d’orecchie – un ruolo più forte, propositivo e aggregante, perché senza operatori turistici importanti, le sinergie con gli enti pubblici diventano a questo punto vitali”. Per Di Benedetto tutto dovrà essere messo a rete; i comuni si dovranno organizzare meglio all’interno di un percorso naturalistico-ambientaleenogastronomico condiviso: “Non si può predisporre la strada dell’olio o dei vini se non esiste un minimo di coordinamento”. Il rapporto dell’ex senatore per due legislature con la montagna è ancestrale, anzi lui lo definisce “viscerale”. Padre sottoufficiale della Guardia di Finanza di Fano Adriano, madre di Cesacastina, Di Benedetto si è diviso in gioventù tra Lucca e Milano, tra studi ed impegni di imprenditoria commerciale dei suoi genitori. Tornato a casa nel 1968, ha cercato in tutti i modi di risollevare le sorti della nostra montagna “penalizzata dalla politica industriale espressa dai vari governi italiani che si sono succeduti” ammette con disappunto. Rimanere tra i monti ora è impensabile, si farebbe la fine del combattente giapponese nella giungla, “non ci sono più medici condotti, i giovani continuano ad andarsene, è difficile fare vita sociale, e si ha più probabilità di morire d’infarto a Fano Adriano che a Teramo”. Per di più i trasporti pubblici sono insufficienti, “ma non è un attacco alle agenzie regionali, è che in montagna ci sono ad esempio tre comuni che sommando arrivano a malapena a contare duemila abitanti, di cui 500 sono residenti, allora perché non consorziarsi per esprimere meglio le proprie energie? Pensare che ci sono sindaci ed assessori per un comune di 500 persone è aberrante, non abbiamo più bisogno di campanilismi che sarebbero tra l’altro fuori luogo in questa fase storica”. Non ci sono nemmeno i vigili urbani, e questo non si sa se un bene o una iattura, però Doriano Di Benedetto rimarca queste differenze con lancinante prostrazione. C’è il tentativo della Provincia di Teramo di “benedire” il trasporto a chiamata ma non è abbastanza per un territorio che dal 1970 vive ininterrottamente il fenomeno irreversibile dello spopolamento. La montagna di Doriano presenta problemi insormontabili. “Cerco di fare qualcosa” ammette a denti stretti, ma purtroppo la lotta è improba. u glorie teramane Dale, Marcozzi, Machì A diversi mesi dalla scomparsa di Nino Dale, maestro di blues e di jazz, settori nei quali si è distinto ed è ricordato, mi è capitato, scorrendo le pagine del libro “Un canestro di Storia“, di leggere che è stato negli 1939-1940, campione di marcia. Ha primeggiato non solo nelle corse locali ma ha conseguito vittorie e classifiche onorevoli in gare nazionali, vedi Saronno e Napoli, classifi- candosi onorevolmente al settimo e al secondo posto. La guerra interruppe la sua promettente carriera di marciatore; ferito ad una gamba e ricoverato nell’ospedale di Teramo fu costretto a dare l’addio allo sport. Si dedicò allora alla musica, sua passione principale; formò dei complessi e per anni con successo si è fatto apprezzare in ogni parte d’Italia. Ha avviato alla carriera musicale giovani promettenti come Ivan Graziani, Marco Renzi ed altri. Ho voluto curiosare nelle pagine del prof. Carlo Eugeni, “Atletica leggera, protagonisti e risultati” per avere un quadro dei marciatori teramani. Nel tempo si sono succeduti a rappresentare la marcia moltissimi atleti in gare locali, regionali e nazionali. Il più prestigioso di questi atleti è stato certamente Marcozzi Pasquale, il quale nel 1959 ha conseguito il primato regionale con 48 minuti sulla distanza di 10 Km. Primato che è rimasto imbattuto per diversi anni. Per questo primato Marcozzi Pasquale fu convocato alla preselezione olimpica del 1960, in vista delle olimpiadi di Renato Tino aprile 2008 dì Roma. Mi sono allora rivolto ai dirigenti del Coni locale per saperne di più. Il prof. Canaletti Italo, attuale presidente del Coni, mi ha messo in contatto telefonico con Marcozzi Pasquale e dalla sua viva voce ho appreso che suo allenatore, negli anni in cui conseguì il primato, fu Nino Dale. Con le novità apportate dal suo nuovo allenatore che modificò la sua tecnica di preparazione, Marcozzi è passato dal tempo di 54’8” › Pasquale Marcozzi (a sinistra) e E. Imbastaro che gli valse il Pellegrini terzo posto nel 1955, al tempo di 48’ nel 1959 con cui conquistò il titolo abruzzese. Onore quindi a Marcozzi Pasquale ma onore anche a Nino Dale suo allenatore. Il duo Marcozzi - Dale ha permesso l’aggancio alla gloriosa tradizione della marcia teramana, inaugurata da Oreste Machì che fu campione abruzzese nel 1933 sulla distanza di 25 Km. e che partecipò alla Stramilano, gara sui 100 Km › Oreste Machì negli 1934-35-36 conquistandovi rispettivamente il dodicesimo, l’ottavo e il sesto posto. L’undici marzo del 2008 Oreste Machì ha compiuto 98 anni ed è in buona salute. A lui vadano i nostri auguri di buon compleanno. u pag 13 pag l’intervista 14 Maria Antonietta Adorante vincitrice nel 2004 e nel 2007 del premio Antiqua Architectura N ell’isola di Manhattan, precisamente a West Side (New York City), si respira l’aria pura, vivificatrice e innovativa del genio italiano in quell’atmosfera di transizione in cui convivono il vecchio e il nuovo magistralmente interpretati da ottimismo e qualità. Ambienti fluidi e continui come gli spazi del celebre film “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick. Qui il mondo esterno irrompe improvviso dalle finestre che inquadrano squarci di edifici, tetti, grattacieli e ambienti fluviali. Un motivo in più per visitare New York sia per l’apertura del complesso residenziale più chic di Manhattan grazie al lavoro dell’architetto e fisico nucleare Maria Antonietta Adorante di Teramo, sia per l’inaugurazione nel 2012 dell’avveniristica “Freedom Tower” (1.776 piedi), una delle sei torri (www. earthcam.com/usa/newyork/ groundzero/) del nuovo Skyline della Grande Mela. Arch. Maria Antonietta Adorante, ci descriva la sua attività a New York. “Negli Stati Uniti ho avuto modo di conoscere alcuni tra i più importanti costruttori americani: a seguito della mia attività di ricerca nel campo della storia dell’architettura religiosa e conventuale, ho stabilito relazioni con prestigiose università e importanti enti privati come la Fondazione Kaufman. Che nel 2004 e nel 2007 mi ha attribuito il premio Antiqua Architectura per il miglior lavoro di ricerca. Ho conosciuto importanti studi di architettura americani: uno per tutti, lo studio di F.O. Gehry. Con una serie di collaborazioni che mai avrei immaginato di poter avere a Cleveland, Pittsburgh e Los Angeles. Il mio lavoro a New York è frutto e conseguenza di un rapporto professionale mio personale, senza mediazioni o collaborazioni con altri studi d’architettura”. Ce ne parli, di che cosa si tratta? “Si tratta di una serie di vecchi magazzini portuali in West Side sulla riva del fiume Hudson che un costruttore ha rile› Lavori a West Side (NY) aprile 2008 di Nicola Facciolini vato per trasformarli in “loft” di lusso. West Side diventerà uno dei quartieri più chic di Manhattan: si stanno investendo molte risorse in questa zona bellissima. La richiesta era di progettare loft, servizi e spazi di aggregazione estremamente rifiniti. E tanto per smentire il solito luogo comune per cui le lauree italiane sono meno qualificate di quelle prese nelle università straniere, voglio ricordare che il committente del lavoro voleva a tutti i costi un architetto con laurea italiana. Come ha progettato questi spazi? “Ho cercato di interpretare al meglio le aspettative e le richieste della committenza ma ho voluto conservare, pur nel cambiamento di funzioni e nell’inevitabile mutamento distributivo, il carattere originario degli edifici. Ho mantenuto i mattoni rossi delle facciate riproponendoli all’interno, gli infissi metallici e le ampie aperture. Ho voluto mantenere il rapporto immediato con l’ambiente fluviale lasciando quasi intatte le ampie vetrate. I loft sono suddivisi in 8 tipologie diverse. Per tutti sono stati utilizzati materiali italiani: marmi, cotto e, per gli arredi, design italiano. Gli edifici comprendono oltre ai loft ad uso abitativo o studio, anche una sala per conferenze, concerti o mostre, un ristorante, un bar ed una boutique. L’atrio comune ai loft ha un’intera parete a vetri decorati, per i quali il committente mi ha chiesto di rivolgermi ad artigiani italiani, magari abruzzesi. Ha collaborato con un gruppo di colleghi americani per il concorso su “Ground Zero”? “Si, con il gruppo U.A., ed è stata un’esperienza assai coinvolgente. Mettersi dinanzi a quel drammatico squarcio urbano dell’11 settembre, ancora annerito dal fumo, e chiedersi: cosa fare? E’ stata per tutti l’occasione di confrontarsi con una realtà inquietante e, credo, forse anche per i più grandi (c’erano Meier e Foster) l’occasione per sentirsi inadeguati. La partecipazione era soprattutto nel segno della memoria e del ricordo, un tentativo doveroso di confrontarsi con quel luogo in modo da consegnarlo alla Storia nel modo più degno. Nel 2012 ci saremo con una nutrita rappresentanza teramana”. Come fa a dividersi tra Teramo e New York? “Viaggio spesso: non mi pesa affatto. E poi con internet, le mail, le videoconferenze le distanze non esistono davvero più. L’architettura italiana celebra la rinascita di New York, metropoli del terzo millennio che non avrà nulla da invidiare alle altrettanto magiche megalopoli dell’Oriente. A West Side tutto si ispira al quartiere, metabolizzandolo con eleganza in spazi totalmente trasparenti, sensibili ai segnali del contemporaneo, capaci di intercettarli, interpretarli e restituirli sotto forma di nuovi stimoli”. Qui tutto è pronto, grazie anche al genio italiano, a raccontare un mondo frastagliato e affascinante. Buon lavoro! u musica aprile 2008 I Grampasso P arlare di una cover band (per i meno avvezzi, uno di quei gruppi che suona pezzi di altri musicisti) non è mai facile. Vuoi per l’inevitabile confronto con gli originali, vuoi per una sorta di immancabile timore nel gettare nella mischia un tocco di personalità che può rendere ancor più appetibile un pezzo già famoso. I Grampasso si sottraggono alle (eventuali) critiche scegliendo un repertorio non proprio facile ma decisamente stimolante. Cinque pezzi per cominciare che spaziano dai Kinks (eh, alla beata gioventù incosciente si può perdonare la svista... benedetti ragazzi... “You Really Got Me”...) a Santo Jimi, da Gary Moore a Stevie Ray Vaughan per arrivare a Mr. Big (addirittura!). Come detto, “You Really Got Me” dei Kinks apre le danze e l’inconfondibile riff da “British Invasion” di fratello Davies alza immediata- di Nick Molise mente la temperatura con il quartetto che parte subito in quarta mentre la hendrixiana “Fire”, a seguire, tiene sulla corda. Posso permettermi una tiratina di orecchie? Levigate qualche spigolatura un po’ troppo heavy e fatemi sapere! Ma la sorpresa non tarda ad arrivare... La uno-due “My Baby” (Gary Moore)-“Tell Me” (il mai troppo rimpianto Stevie Ray) ci mostra il lato migliore dei Grampasso. È come se i Double Trouble si materializzassero improvvisamente nella stanza. Torrido blues, sporco e intossicato da una robusta sezione ritmica che sostiene la chitarra di Fabio Iachini. Chiude “The Whole World Is Gonna Know” dei Mr. Big, per raffreddare gli animi dopo tanto sudore. Fossi nei ragazzi, mi concentrerei sul lato A delle loro cover, perchè quando suonano blues i Grampasso convincono e non disdegnerei nemmeno l’audacia di provare qualcosa di personale. Anche se... Ma volete mettere Aragorn che balla sui tavoli di una locanda della Contea sulle note di Stevie Ray Vaughan? u pag 15 pag 16 redazionale AgriService 2 007: esistiamo Oggi abbiamo la conferma che i consumatori ci hanno capito ed accettato. In migliaia hanno riscoperto il piacere di mangiare solo cibi freschi di giornata e quindi prodotti provenienti dal nostro territorio. Idea Agri Service: “noi siamo quello che mangiamo” Agri Service non è un supermercato, non è un centro commerciale né un ingrosso. Agri Service è una vera e propria Fattoria: il luogo di incontro tra Consumatore e Mondo Agricolo. Da Agri Service si fa una spesa che riporta alla tradizione contadina, una spesa che difende la nostra agricoltura e soprattutto è fatta da consumatori che vogliono essere informati sulla qualità di ciò che mangiano e la provenienza di pasta, carne, formaggi, salumi… Bisogna arrivare al diritto di visionare una “carta dell’alimentazione”, grazie alla quale si sia in grado di scegliere tra ciò che ci viene offerto. Con Agri Service non avrai mai dubbi! I nostri prodotti Ciò che accomuna noi agricoltori è l’amore per la terra in cui siamo nati e in cui vogliamo continuare a vivere. La natura ha tempi che vanno rispettati: esiste l’alternanza di frutta e verdura, il tempo delle fragole e quello delle ciliegie, dei cocomeri e dei meloni e lo stesso discorso vale per le verdure. I prodotti della Fattoria Agri Service, coltivati per la maggior parte in regime biologico, provengono dalle nostre aziende agricole, tutte vicine alla Fattoria. Garantiamo ogni giorno la freschezza di frutta e verdura appena raccolte, il gusto del latte munto appena qualche ora prima e sempre disponibile nei nostri numerosi distributori dislocati nella provincia, e poi trasformato in yogurt, formaggi e latticini vari. La nostra pasta è artigianale, fatta con la trafila ruvida circolare in bronzo ed essiccata lentamente e a bassa temperatura. La nostra carne proviene da animali sani, nati e cresciuti nelle nostre aziende e alimentati con granaglie coltivate nelle nostre colline. E ancora salumi, olio e vino, uova, farine, miele, confetture, ventricina e salsicce sott’olio e sotto strutto e tanti altri aprile 2008 prodotti provenienti dalle aziende associate, tutte in provincia di Teramo. La Tracciabilità: nome e cognome del produttore. L’unicità dei nostri prodotti sta nel fatto che il consumatore conosce nome e cognome dell’agricoltore o dell’allevatore, ma c’è di più… Tutti possono visitare le nostre aziende agricole e vivere le varie fasi produttive. La nostra aula didattica All’interno della Fattoria Agri Service, esiste l’aula didattica nella quale si svolgono incontri con le scolaresche, con i ristoratori e con chiunque voglia conoscerci. Il latte appena munto “Ma voi siete quelli della mucca?”, è la domanda che ci rivolgono quando entrano per la prima volta nella nostra Fattoria. La certificazione di “latte di alta qualità” rilasciata dalle autorità sanitarie ci permette di portare sulla tavola dei teramani, ogni giorno, questo alimento crudo: appena munto! Il freddo è il solo sistema di conservazione della latte Agri Service, sistema che lascia inalterate le sue proprietà organolettiche e nutrizionali. Il nostro desiderio Noi teniamo molto alla fiducia di chi ci conosce e ottenere quella di chi viene a trovarci per la prima volta. Scegliere Agri Service vuol dire mangiare in modo sano e corretto ed evitare la scomparsa del nostro prodotto locale. Ciò ci permetterà di non essere costretti a mangiare in futuro prodotti provenienti da migliaia e migliaia di chilometri. u pag 18 handicap e società aprile 2008 Una Famiglia Chiamata Associazione “A iutaci ad aiutare” è da sempre lo slogan che contraddistingue le iniziative di raccolta fondi della Fondazione Anffas Onlus Teramo. A pronunciarlo è un’associazione di famiglie che, 50 anni fa, hanno deciso di unire le proprie forze per colmare quei vuoti tipici del sentiero di una vita, soprattutto quando la strada battuta è proprio quella percorsa da un disabile. Una famiglia è sempre una famiglia: spalla e punto di riferimento di ognuno di noi, che prima di essere uomo e genitore è stato figlio a sua volta, con tutte le difficoltà e le “montagne” tipiche di chi, per sua natura, non ha ancora costruito lo scudo dell’esperienza. Per ciò che siamo e per ciò che siamo stati, ecco dunque che una mamma e un papà vedono nascere in essi quell’istinto chiamato amore, che si riversa sul proprio figlio in cure e protezione. Il XXI secolo non è soltanto l’epoca nella quale tradizioni antiche entrano in crisi: il XXI secolo è anche l’epoca nella quale ogni famiglia in cui è presente un diversamente abile è chiamata a sopperire alla fine dello stato assistenziale e a rimboccarsi le maniche per aiutare, naturalmente e con amore, chi fa parte della nostra vita e di noi stessi. Questo aiuto si traduce in una famiglia più grande chiamata “associazione”, che lavora in nome di ragazzi speciali e che si pone a disposizione di tutti coloro che, per motivazioni più grandi della nostra umana comprensione, possono d’improvviso trovarsi a un bivio difficile della propria esperienza di genitore. Questo aiuto si dipana in numerose strade che prendono quotidianamente il nome di “servizi alla disabilità”. Convinti che il bisogno espresso da chi affronta in prima persona una difficoltà non sia mai una richiesta secondaria, proprio alle famiglie dei diversamente abili è perciò lasciato il margine decisionale riferito alla creazione di strutture che sostengano loro stessi e i propri figli e alle modalità di reperimento di quei fondi essenziali per poterle gestire nel modo migliore possibile. La bomboniera solidale è soltanto uno dei modi con i quali la società può essere, a suo modo, di aiuto a questa realtà, a volte lontana eppure, allo stesso tempo, così vicina a noi. Ognuna di queste iniziative vuole, però, porsi agli occhi dei più come libera di Ercole D’Annunzio Pres. Fondazione Anffas Onlus Teramo scelta o atto di “rinuncia”: che si decida di destinare il proprio 5xmille ad un’associazione, che si scelga di spendere il proprio tempo libero nel volontariato o che si utilizzi il proprio denaro per acquistare delle bomboniere solidali, si tratta di una libera volontà che non vuole sostituirsi o ancor peggio imporsi a tutto ciò che quello che gli economisti chiamano “libero mercato” offre. La “gioia di donare” ha mille sfaccettature, esattamente come accade per la personalità umana che esprime la propria solidarietà e, soprattutto, le proprie preferenze in mille modi diversi e in modo del tutto personale. Come sosteneva anche Pierre Corneille, “la maniera di dare val di più di ciò che si dà”. Riteniamo inoltre doveroso sottolineare che il motore alla base delle attività commerciali è, secondo la nostra opinione, profondamente differente rispetto a ciò che è l’obiettivo di una associazione onlus. Al di là dei benefici o dei problemi economici che delle scelte individuali possono comportare, le iniziative di raccolta fondi sono innanzitutto volte a sensibilizzare la società civile per portarla a conoscenza dell’esistenza di vite completamente estranee, tanto per fare un esempio, a quell’aspetto così fondamentale com’è l’inserimento lavorativo. Una bomboniera solidale muta in questo modo la propria veste. Essa non si sostituisce sul mercato alla bomboniera tradizionale, poiché è solo nella mente degli individui che assume forma secondo la propria libera e intoccabile opinione. In secondo luogo, la bomboniera solidale non mira a porsi come ostacolo ma a offrire anche ad altri, come ogni famiglia farebbe con i propri figli, le possibilità che ognuno di noi ha il diritto di anelare. Il significato della vera rinuncia è custodito dentro noi stessi. Che si tratti del gratuito 5xmille o dell’acquisto di una bomboniera con cui condividere un atto di solidarietà con i propri cari. L’importante è che la vera rinuncia si traduca in un gesto d’amore. il fumetto di Teramani soggetto, testo e disegni di Mimmo Polovineo 8 9 il seguito al prossimo numero turismo di casa nostra aprile 2008 Tanto Bit, ma… nessuno apr! G rande risalto è stato dato dai media locali alla partecipazione della nostra cara e bella regione Abruzzo alla BIT, la borsa internazionale del turismo. Così, con grandi squilli di tromba, a spese del malcapitato contribuente, il quale rivedrà con gl’interessi - e col binocolo - i suoi soldi investiti in questa grande fiera milanese, una folta delegazione si è spostata in massa presso il capoluogo lombardo. A tanta superba enfasi non corrispondono però altrettanti supremi risultati; a chi volesse giustamente affermare che i nostri mari e monti sono meta di turismo, qualcuno potrebbe obiettare - non a torto - che tale flusso non è altro, per almeno l’80%, che un ritorno di gente originaria del posto. Tuttavia, con la trasferta milanese, abbiamo messo in mostra il nostro mare non troppo limpido, le nostre montagne montanare e poco altro, visto che TG e stampa nazionali hanno parlato sì della BIT riguardo Capri, Piemonte, Lombardia, la nostra vicina Puglia “sponsorizzata” dal grande Renzo Arbore…ma di Abruzzo nemmeno l’ombra. Non c’è da stupirsi ed il tema è fritto e rifritto: non siamo conosciuti, non riusciamo a conquistare fette di mercato e nemmeno offriamo di più sul piano dei servizi. A Rimini, sulla spiaggia, ci sono tantissimi giochi per bambini altro che due altalene sgangherate… - e spesso si trova anche una nursery senza pagare (una ragazza a mo’ di baby-sitter che sorveglia i pargoli), le docce calde sono gratuite e via dicendo. Stessa cosa a Viareggio, dove ho visto noleggi di bici a bassissimo costo, lettini con annesso spruzzo di crema solare e pedalò di ultima invenzione che qui arriveranno chissà quando, seppure arriveranno. Nella costosissima Roma, in un bar semi-centrale, ho pagato un cornetto ed un thè caldo 1.80 euro, a Giulianova 2,20! Premettendo che i prezzi degli alberghi italiani sono i più elevati d’Europa, i costi dei pernottamenti e ristoranti abruzzesi sono mediamente più alti che nel resto d’Italia : davvero un bel di Ivan Di Nino biglietto da visita. Cosa dire poi del cosiddetto “turismo culturale” : qualcuno fuori regione conosce Castelli e le sue ceramiche? Oltre il celebratissimo D’Annunzio, chi ricorda l’immenso ed argutissimo Ennio Flaiano, che solo negli ultimi anni si sta tentando goffamente di recuperare? Non parliamo poi della pigra e deterrente accoglienza che viene riservata ai testardi che – chissà per quale strano gioco del destino – hanno l’infelice idea di soggiornare nella nostra terra, forse un tempo forte, non più tanto gentile. Tutto questo - lo dico da terramà… - è davvero un immenso peccato: in buona parte della nostra regione, sia nel teramano che nel pescarese - e nel chietino c’è la Maiella - si vede verso ovest il “gigante che dorme”, poi basta girarsi ad est e vedere il mare! In altri posti hanno il mare e basta, le dolomiti sono sì splendide, ma quando dico ai miei amici trentini da dove vengo mi rispondono tutti : “ Ah, beato te, il mare e la montagna a venti minuti da casa…”. Già… E’ pur vero che il turismo, vista la crisi, fa registrare nettissimi cali di presenze dovunque; tuttavia ragionare col metodo “mal comune, mezzo gaudio” sembra un po’ come il generale William Westmoreland ai tempi del Vietnam, che sbandierava le perdite del nemico mentre gli USA erano incapaci di contrastare la guerriglia che si combatteva – e perdeva – nella fitta boscaglia. Qualcuno l’anno scorso ha tuonato dicendo: “E’ giunta l’ora di sprovincializzare il turismo in Abruzzo!”. Ovviamente, in molti non sono d’accordo: andava fatto trent’anni fa. Però un grande passo avanti è stato compiuto: quest’anno i nostri, per lo meno in televisione, hanno evitato di farci vedere il solito quadretto delle finte campagnole con le conche in testa! u pag 21 pag lettere dai Caraibi 22 Lu Magnà I n effetti bisogna dire che mai sono stato un super intenditore della buona cucina, non sono un critico dei sapori raffinati, uno da …retrogusto, uno che distingue perfettamente quali spezie danno il sapore ad un condimento. Quando sono in Italia mi chiedo sempre chi sarà colui che si sintonizza sul canale satellitare Rai Gambero rosso. Però mangio. E mi piace mangiare bene secondo i miei canoni, bere no (sono uno dei pochi astemi a calcare la terra cubana), ma se mi trovo in una tavola con le pietanze che preferisco spazzolo il più possibile. C’è da sottolineare poi che poche cucine al mondo possono competere con quella teramana e quindi se non sono obeso lo devo esclusivamente al fatto che cerco di fare molto movimento. A Cuba mi sono da sempre trovato bene a tavola. Hanno una cucina semplice sia nei piatti principali che nei condimenti ma sicuramente gradevole. Forse un po’ ripetitiva ma migliore di altri posti, anche europei. Imperatori assoluti della tavola cubana sono le carni del maiale e del pollo. Quasi ovunque per strada ci sono carretti che vendono “pan con lechon” una sorta di panino con la porchetta (forse distante anni luce dalla versione camplese). Qui la carne del maiale la cucinano in vari modi visto che non la possono insaccare, per via del caldo presumo, come facciamo noi con le lonze, le salsicce ed i salamini. Quindi il maiale lo ammazzano e lo fanno arrosto!!! Il pollo è un altro mostro sacro della tavola cubana, fritto o arrosto che sia. Le crocchette si vendono in strada nei chioschetti chiamati “Pollo Di Tu” ma il pollo più famoso di Cuba è quello arrosto cucinato in un famoso locale della capitale: El Aljibe. Questo ristorante ha come specialità della casa un arrosto con una salsa molto saporita ed altrettanto segreta. I vari cuochi che si sono succeduti nella conduzione delle cucine si guardano bene dal rivelare non tanto il metodo di cottura quanto la salsa di pollo che viene utilizzata anche nel riso e fagioli neri che accompagna il piatto principale. Chi viene all’Avana non può non assaporare la specialità della casa di El Aljibe. Tra le carni più consumate non figura sicuramente la carne di manzo che può essere venduta solo dallo Stato e che ha prezzi troppo alti per un cubano medio… L’ambìto bovino a Cuba è di proprietà statale e non può essere abbattuto senza l’autorizzazione delle autorità competenti. Chi viene colto a uccidere i ruminanti statali rischia fino a 10 anni di carcere (fino a poco tempo fa’ gli anni di reclusione erano oltre 20). Esistono milioni aprile 2008 di Francesco Pellecchia [email protected] di aneddoti che si raccontano a Cuba sull’importanza delle vacche, alcuni anche divertenti anche se in queste storie più di qualcosa lascia spazio ad ampie riflessioni…. Tornando alla tavola direi che la “comida” cubana è formata dal piatto forte: carne, pesce (in realtà non molto comune considerando che siamo su un’isola), accompagnato dall’onnipresente riso fatto in mille modi e da insalate. Il riso è il cereale di gran lunga più consumato dai cubani e spesso è mischiato con i fagioli neri o colorati. Il congrì è un mix di riso e fagioli cucinati con spezie varie e cotenna di maiale (i famosi chicharrones) oppure altra variante specie nella capitale è il riso bianco con una zuppa di fagioli neri: io ci vado pazzo… in mancanza del tartufo di Alba. Nei ristoranti statali (in quelli privati è vietatissimo) si possono mangiare anche aragoste e gamberoni che personalmente non apprezzo molto ma che molti turisti preferiscono al classico pesce. Questi piatti, come pure la succitata carne di manzo o il pesce più pregiato (come il pargo) sono irraggiungibili per le tasche quasi vuote dei cubani la cui alimentazione è dettata in gran parte dal cibo che lo Stato assegna loro attraverso la famosa “libreta”, altro mito di queste terre. Hasta la proxima u convegni La Salute Viene I Mangiando l giorno 10 maggio 2008, dalle ore 9,30 alle ore 13,30, presso la Sala Polifunzionale della Provincia di Teramo, organizzato dal Comitato Salute e Ambiente in collaborazione con Provincia e Comune di Teramo, si terrà un convegno “La Salute viene mangiando”, sulle tematiche nutritive. Nel Convegno di Studi si svilupperanno argomenti sulla prevenzione dei tumori, sulle corrette abitudini alimentari e sulla qualità dei nutrienti. L’iniziativa prenderà l’avvio con la proiezione di un documentario della Regione denominato “I Protagonisti” che ha coinvolto nella città di Teramo il Centro Giochi Atelier, la Scuola dell’Infanzia Comunale “V.Emanuele II” e le Scuole cittadine: Scuola primaria “Risorgimento”, Istituto Comprensivo D’Alessandro, Scuola secondaria di 1° “Zippilli” insieme agli alunni, ai genitori, ai cittadini e al Comitato Salute e Ambiente di Teramo e di Roma. Il documentario realizzato dalla regista Dott.ssa Maria Grazia Liguori in collaborazione con la Direttrice Scolastica e Psicopedagogista Dott.ssa Floriana Ferrari è stato incentrato sul Progetto Pedagogico “ Nutrilandia”, promosso dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione ed in aprile 2008 di Floriana Ferrari particolare dal Dott. Furio Cugnini Dirigente del VI Settore del Comune di Teramo. Tutti “I Protagonisti” si sono impegnati a sensibilizzare famiglie e cittadini alla conoscenza dei principi di una corretta alimentazione e alla rivalutazione della nostra dieta mediterranea, fonte ed energia per la vita. Quest’anno gli alunni delle scuole stanno continuando i percorsi didattici su queste tematiche, apprendendo l’importanza delle sostanze nutritive fondamentali per la nostra salute: acqua, sali minerali, proteine, vitamine, carboidrati e grassi. Nutrienti da ingerire in dosi equilibrate, in quanto è necessario mangiare un po’ di tutto per mantenersi sani, ma soprattutto valorizzare nella dieta la presenza di frutta e verdura. Nel programma del Convegno ci sarà la relazione della Dott. ssa Narcisa De Vincentiis, Specialista in medicina nucleare ed endocrinologia, Dirigente medico dell’Unità Operativa di Medicina Nucleare, che parlerà di Obesità: una malattia del benessere e consiglierà alunni e cittadini a ben alimentarsi. La Dott.ssa Elisabetta Di Giannatale, Microbiologo, Responsabile del Reparto di Batteriologia e Igiene delle produzioni Lattiero-Casearie dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e Molise “G. Caporale”, relazionerà sulla Sicurezza degli alimenti e illustrerà la responsabilità di chi è demandato all’effettuazione dei controlli. La manifestazione si concluderà con la Presentazione dei Prodotti Alimentari: Olio-Formaggio-Miele del Caseificio Fratelli De Remigis e dell’Azienda Agricola Di Marco Ivan - Produzione Olio. u pag 23 pag 24 dura lex sed lex a cura di aprile 2008 Dove vai in vacanza? L a prossima estate vorrei recarmi su un isola caraibica. In quale misura il turista è tutelato per eventuali inadempienze riscontrate durante la vacanza rispetto al pacchetto turistico. Esiste la possibilità di ottenere un rimborso, laddove la promessa vacanza da sogno si riveli invece un incubo?” Il quesito proposto dal lettore apre due interessanti temi: il primo concernente i diritti per il consumatore - turista, e dunque i correlativi obblighi dell’organizzatore e del venditore; il secondo il risarcimento danni da vacanza rovinata. Va detto, innanzitutto, che la materia dei viaggi e vacanze è stata regolamentata in ambito europeo dalla Direttiva comunitaria del 13 giugno 1990 n. 314, recepita dall’Italia con il d.l.vo 17 marzo 1995 n.111. Tale decreto è stato poi successivamente abrogato dal d.l.vo 6 settembre 2005 n. 206 (cosiddetto codice del consumo) che ha sostituito le norme previste dal d.l.vo 111/ 1995. Ciò premesso, va ricordato che l’art. 14 d.l.vo 111 / 1995, trasfuso nell’attuale art. 93 d.l.vo 206/ 2005 prevede, per il mancato o inesatto inadempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, la responsabilità dell’organizzatore e del venditore, che sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispetdi Luigi Pardo tive responsabilità, se non provano che il mancato Il vero guaio di quella “certa età” o inesatto adempimento si chiama “legge della gravità”. è stato determinato da La pelle divien pendula dovunque sia per i magri che per chi è più pingue. impossibilità della prestazione derivante da causa E nascono così i chirurghi estetici a loro non imputabile. Nel dai quali vanno, ahimé, pure i politici, decreto 206 / 2005, che nella speranza di sembrare giovani l’aspirante turista farebbe davanti a telecamere e microfoni. meglio a visionare, sono espressamente indicate S’aiutano con creme e con ceroni, trapiantano i capelli e i padiglioni le norme sul diritto di dei grandi orecchi tirano all’insù informazione del viaggio, e le palpebre ritagliano più giù! il diritto di recesso, le responsabilità del vendiPer loro soluzione ve n’è una: tore e del tour operator, andassero a…migrare…sulla luna i termini per sollevare dove la forza gravitazionale è molto lieve: potranno anche volare! Le Leggi della Fisica Amilcare Laurìa ed Elvio Fortuna avvocati associati contestazioni e reclami. Sull’eventuale danno da vacanza rovinata, concetto ancora non univoco in giurisprudenza, osserviamo quanto segue. Tale pregiudizio andrebbe ricollegato a quel disagio o afflizione subiti dal turista per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago o riposo. Questo è, peraltro, il principio espresso dalla Corte di Giustizia europea, con la decisione 12 marzo 2002 n. 168, e che, anche per ragioni di equa concorrenza tra le imprese turistiche europee, potrebbe essere recepito dai giudici italiani. Va detto che la casistica è sterminata: si va dal cliente deluso che ha chiesto un risarcimento, negato dal giudice (Giudice di pace di Polla 16 settembre 2005), per non aver incontrato l’anima gemella, al turista che, beffato dal fenomeno della bassa marea è stato risarcito (Pretura di Roma 11 dicembre 1996) per non aver potuto svolgere sport acquatici. In ogni caso, possiamo affermare che in giurisprudenza il disagio va ancorato a circostanze oggettive e, pertanto, non può dipendere da una scarsa capacità di adattamento del turista. Trova, perciò, decisiva importanza, quale elemento costitutivo del diritto al risarcimento, la mancata rispondenza nei termini essenziali della qualità degli elementi fondamentali della vacanza rispetto a quella promessa. Per non incorrere in decadenze dal diritto di risarcimento è di fondamentale importanza inviare la richiesta (con lettera raccomandata a.r.) al tour operator e al venditore entro dieci giorni dal rientro dalla “vacanza” . Per concludere si deve accennare al problema, piuttosto frequente nei nostri aeroporti e non solo, dello smarrimento del bagaglio. L’art. 2 della L. 22 agosto 1985 n. 450, che disciplina il risarcimento del bagaglio che viaggia a seguito della persona per responsabilità del vettore, non può essere superiore a quanto stabilito per il trasposto marittimo ed aereo dalla legge 16 aprile 1954 n. 202, cioè a € 6,20 per ogni chilogrammo, a prescindere dall’oggettivo valore commerciale contenuto, o della maggior cifra risultante dalla dichiarazione del viaggiatore per il bagaglio registrato. Dunque, consigliamo di non portare capi costosi oppure di seguire i consigli dell’indimenticabile Fantozzi rag. Ugo che, dovendo accompagnare il duca conte Semenzara a giocare alla “ roulotte”, preferiva indossare su di sé tutti i ricambi. u l’opinione aprile 2008 “Si” L’Apocalisse è già cominciata “S i” mi rispose un accreditato tecnico di smaltimento dei rifiuti, quando gli chiesi se dunque, alla fine, il destino di tutta l’umanità era quello di camminare, prima o poi, su di uno sconfinato tappeto di discariche, senza soluzione di continuità. «Si» fu la risposta appunto, sintetica ed inequivocabile. Ma le discariche malauguratamente si esauriscono (sempre troppo presto). Ma “si coprono, si bonificano”, diceva lui, “si possono piantumare e possono diventare ambienti più belli di prima”. Ed in fondo a lui non sembrava un dramma. Ma a me sì. Perché questo dissennato consumismo, questa cultura delle soluzioni a gettone, questo falso mito delle produzioni a catena di qualsiasi cosa, comprese le “bonifiche”, ha portato un po’ tutti, ma sicuramente una grossa maggioranza, a dimenticare, nella bellezza del vivere, il ruolo del “caso” (per chi non crede nella “personalizzazione” delle entità extraumane, ma sarebbe già meglio dire “il ruolo della natura”, o addirittura, come faccio io, “il ruolo di un «Padreterno» pensato e creduto come più vi piace”). E’ falsa ed assurda la tesi che, una volta trovato il modello accettabile, non ci vuole niente a produrlo in milioni di copie, tutte belle e… sostitutive dell’originale. E’ stato così che qualcuno si è messo a sostenere che si poteva scavare il Pincio a Roma, la Fortezza da Basso a Firenze, Sant’Ambrogio a Milano; e, perché no, piazza Dante e colle Viola (l’Ospedale per intendersi) a Teramo. Tanto una bella scenografia hollywoodiana (se di cartone o di plastica non conta; ma speriamo almeno che sia di vivaio!) è più che sufficiente per accontentare l’occhio di quei rompipalle degli ambientalisti. E si ragiona così, per esempio, ormai da decenni per le querce; “ce ne piantiamo un’altra!” è per loro la soluzione. Senza minima- Note linguistiche I verbi fraseologici C di Maria Gabriella Di Flaviano ari lettori, torno a soffermarmi sui verbi e in modo particolare su quelli “fraseologici”. I verbi fraseologici consentono a chi parla o a chi scrive a dare una coloritura particolare all’espressione; essi, cioè, cooperano non poco a personalizzare la lingua che usiamo! Ad esempio, se diciamo: “Stasera non mi sento di andare al cinema”, anzi- di Peppino Scarselli mente riflettere che quella abbattuta era opera di un misterioso Michelangelo che in silenzio ha lavorato per secoli o addirittura per millenni, per farla bella quanto nemmeno Buonaroti avrebbe saputo fare, e soprattutto viva, come lui non avrebbe potuto fare mai. Manco a pensare che quella quercia era quasi persona, testimone muto, ma autorevole delle storie, delle passioni (amori ed odii) dei nostri avi più antichi. Era storia essa stessa, non scritta ma viva. Così cadde, nonostante gli sforzi di Mimì D’Antonio assessore, e miei, cittadino semplice, quella che ancora chiamo “la quercia dellOspedale” e stava più o meno al posto dell’attuale (bruttina) statua di Padre Pio. E si salvò invece, per merito di Gianni Pirocchi, quella “dei semafori” su via De Gasperi, già aggredita dalle rombanti motoseghe. Tutto questo per fare posto alle automobili (fino a sette/ottocento ogni mille abitanti!), ferme per lo più, con le quali pretendiamo di andare al gabinetto, a prendere un caffé o addirittura a spasso; e che in cambio ci ubriacano (di colesterolo intanto per accontentare la nostra pigrizia, e soprattutto) di biossido di carbonio; fino al rush finale che ci vedrà distesi in orizzontale, ma senza esserci stancati. E, come era inevitabile, siamo arrivati ad una città che non finisce di essere fiera dell’erba di plastica che decora il suo stadio, in margine a quel capannone industriale che fa da tribuna, vicino a quella centrale commerciale, campione mondiale del kisch, che cerca disperatamente di sembrare il paradiso di tutti i consumatori più folli, di ogni età. E intanto nel cielo sfrecciano gli aerei che ci portano i pomodori fuori stagione che pagheremo dieci volte tanto, conditi col cherosene che ci bruciano sulla testa, e che prima o poi distruggeranno il Calderone e l’Antartico. Dandoci magari la speranza di nuotare a Bellante, nel mare forse, piuttosto che nell’immondizia, senza la necessità di scendere a Giulianova. E che finiranno per sostituire, alle tenere fantasiose nuvole barocche di una volta, le loro perfettissime scie; che ci ritroveremo sulla testa, ben disegnate a riga e squadra, come quelle della fotografia ancora accettabile, che ravviva un po’ questa mia catastrofica (ma non tanto) litania. u ché più semplicemente: “Stasera non vado al cinema” intendiamo sottolineare un mio particolare stato d’animo un po’ triste che mi suggerisce di rimanere a casa! Ancora una espressione come: “non mi lascio convincere tanto facilmente da te” mette in risalto l’atteggiamento di difesa, poco remissivo, che chi parla assume nei confronti del suo interlocutore. Così, i fraseologici “tendere” e “cercare” conferiscono al verbo espresso all’infinito una sfumatura di significato indicante lo “sforzo” di chi compie l’azione. Infatti l’espressione “Carlo cerca (tenta) di vincere non equivale a “Carlo vince”; il verbo “incominciare” indica che l’azione espressa all’infinito è vista nel suo risultato complessivo dopo il superamento di alcune difficoltà (“i Greci alla fine riuscirono a vincere” anziché “I Greci alla fine vinsero”. u pag 25 pag 26 in giro Tortoreto La Storia è di casa L e insegne della riviera promettono svago e benessere sui tre chilometri di litorale e la splendida passeggiata alberata. Annunciano divertimenti per nottambuli e famiglie, menù turistici tutto compreso. Nessun cartello avverte che a cinque minuti di auto, sui rilievi collinari che si affacciano sul mare, tra vigneti e oliveti, esiste il gioiello storico di Tortoreto Alto. A dire il vero, molti di questi campi non sono più coltivati, aggrediti dal cemento che sta colonizzando il territorio ovunque, senza posa. Il vecchio borgo medioevale è un’autentica alternativa culturale all’affollamento estivo della costa. Mi inerpico a piedi lungo la salita che porta ai 227 metri di altezza del paese. Gli orizzonti sono dolcemente mossi come lenzuola gonfiate dal vento. Morbide ondulazioni gialle e rosse di una primavera magistralmente colorata, sembrano rincorrersi fin quasi a morire sulla spiaggia sottostante. Ho davanti agli occhi l’azzurro cupo del mare che si unisce a quello più delicato del cielo che sembra inabissarsi nelle acque dell’Adriatico. Il flusso continuo delle vetture sfreccianti sull’autostrada ricorda, bruscamente, che il Paradiso non è di questa terra. Colpisce il silenzio della campagna pur così vicina alla trafficata A 24. Il borgo, costruito intorno ad una piccola rocca, fu un punto di passaggio importante per le truppe romane che scendevano all’Adriatico. Oggi naturalmente i percorsi sassosi del passato non esistono più e si arriva al paese, attraverso colline in molti casi aprile 2008 di Sergio Scacchia www.pensieriteramani.splinder.com deturpate da una insensata edificazione che stravolge ambiente e storia. La natura si è vendicata inondando di acqua, lo scorso ottobre, tutto il territorio sconvolgendo la vita dei cittadini. Ancora oggi a distanza di tempo, tra ulivi stentati , cantieri edili interrotti, case incompiute e con troppo cemento, le ferite dell’alluvione tardano a scomparire. “E ci vorrà ancora molto tempo” dice sconsolato l’avvocato Paolo Priore che, anziché arringare in un aula del Tribunale di Teramo se ne sta a curare un pezzo di natura protetta da vent’anni tra aironi cenerini, cigni neri, caprioli. L’oasi naturalistica a detta sua viene ignorata dai teramani e gran parte dei visitatori arriva dalla Marche. Neanche le scuole portano i ragazzi per una salutare lezione ambientale. L’uomo è intento a trascinare via grossi rami secchi trasportati dalle acque defluite in quella maledetta notte in cui il finimondo sembrò abbattersi sul piccolo comune. Racconta che, grazie alla diga eretta sullo specchio d’acqua dove ignari sguazzano una miriade di specie animali, si è evitato che qualcosa come 45 metri cubi di terra si riversassero sul lido e l’autostrada A24. La frana che ha investito l’oasi l’ha trasformata in una distesa informe di fango e melma. Tre quarti del lago di Priore è scomparso e con esso, recinti, stradine, impianti elettrici, essenze vegetali e specie animali. Danni calcolabili in 800 mila euro. Si attendono, invano, contributi. A fatica e con molte spese l’irriducibile naturalista sta cercando di far tornare alla normalità la preziosa riserva. Se volete aiutarlo andate a visitare questo pezzo di natura. Il vecchio contadino, intento a zappare l’orto, con argomentazioni pittoresche mi fa capire che sulle colline da anni si stanno costruendo nuovi complessi residenziali. Le terre di scavo e i relativi lavori di costruzione delle palazzine hanno lasciato delle aree dove il terreno non è mai stato messo in sicurezza, e questo avrebbe facilitato gli smottamenti. Tortoreto Alto doveva sembrare nell’antichità un fiore selvatico sbocciato tra le rocce e i boschi. Il luogo era adatto alla nidificazione delle tortore, da qui l’etimologia del nome “Turturitus”. In cima, dal belvedere della Fortellezza, la vista spazia attraverso un grande tratto di costa, tutta la catena del Gran Sasso e la pag sua vita attraverso gli occhi di Giacomo Bonfini, seguace di Cola D’Amatrice, Piero Della Francesca e il Perugino. La chiesa fu edificata intorno alla fine del Trecento come ringraziamento alla Madonna che avrebbe liberato il paese dalla terribile peste del 1348 di cui parla Maiella. Il centro urbano si riconosce nei quartieri di Terravecchia, il più antico con il convento di Sant’Agostino, Terranova, sorto intorno al 1100 con la chiesa del patrono San Nicola e Borgo Antico. Il paese ha l’animo discreto, arroccato intorno alla torre dell’Orologio che di notte scambi per luna sorgente. L’antico manufatto svetta possente mentre resistono monconi di muro dell’antica fortificazione. La piazza della torre è quasi un salotto, ultimo spazio aperto prima del presepio del centro storico. Il paese nel pomeriggio di domenica è immerso in un silenzio irreale. Le case addossate l’una all’altra, i piccolo loggiati, sono un evidente retaggio del passato. I caratteristici archi a blocchetti di pietra, colpiscono l’immaginario del visitatore. La cappella della Misericordia, mirabilmente affrescata, si integra perfettamente nella omogeneità del panorama architettonico. Esterni semplici ma armoniosi, interni sobri, quasi austeri con un’unica sala divisa in due campate con il soffitto dalle volte a crociera. In fondo un abside anonima ma sui muri uno tra i più preziosi cicli di affreschi a raccontare la Passione del Cristo e i momenti salienti della anche il Boccaccio in un passo del suo Decamerone. Pochi metri più avanti, la chiesa di San Nicola, del XVI secolo, ospita la statua d’argento della Madonna della Neve, del 1925, e un pregevole organo dell’800. Ritmi tranquilli, lontani dal caos della vicina riviera a ribadire le due anime contrapposte di una identica comunità. Il paese alto è per pochi. Non è un centro di negozi di massa, non è meta per predatori di souvenir. Ha la sonnolenza dei luoghi in cui si lavora in segreto. Le recenti scoperte archeologiche del Colle Badette e della località Case Pecci, in grado di eguagliare i ritrovamenti avvenuti anni fa in contrada Ripoli nella Vibrata, 27 attestano la presenza dell’uomo fin dalla preistoria e aprono interessanti prospettive future per il turismo e la cultura. Ossa in grado di far capire la struttura morfologica degli individui di quel tempo, cinturoni in pelle di animali, fibule bronzee, vasi per contenere unguenti, anfore. Reperti che dovevano, secondo gli esperti, appartenere a nuclei familiari di condizioni economiche agiate, scoperte che si sommano alle tante testimonianze preistoriche rinvenute negli scorsi anni, come quella di un mammuth dell’epoca neozoica (circa 1 milione di anni fa) e di un bue primitivo di circa 150.000-200.000 anni fa. Tortoreto è una bellezza naturale e storica, aggredita dal cemento ma sostanzialmente inattaccabile. u pag 28 cinema le joli ’68 - 1 A partire da questo numero una rievocazione, a 40 anni di distanza, dell’anno più caldo del ‘900, attraverso i film dell’epoca Uccidero’ Una Donna “Les biches”: il bestiario sardonico di Claude Chabrol È un film sexy ma politico. D’altronde la politica attira e frulla le vittime mettendo in start le immagini mentali, i feticci indotti, quello che ci si ostina a chiamare natura e sex appeal. E invece. A 40 anni dalla sua uscita, Les biches si rivela un sorprendente trattato del/sul ’68, una macchina di pulsioni che ci fa a capire come e perché la sinistra e quelli che una volta si chiamavano proletari portino al potere Berlusconi. Innocenza del peccato. Forse. Les biches, cioè le cerbiatte, sono due donne forse lesbiches tra cui si inserisce un uomo. Anche se di sesso opposto, è una situazione alla Hawks, visto pure che, a un certo punto, come Laureen Bacall diventava Humphrey Bogart, qui Jacqueline Sassard si trasforma, corpo anima e pelliccia, in Stéphane Audran. Il tono è però quello di un noir sessuale, alla Hitch meno inibito, alla Lynch più narrativo, con in mezzo, hard, la politica. Ossia gli slogan, i quesiti esistenziali che non approdano a nulla, il fascino indiscreto della borghesia, Saint Tropez d’inverno, l’altalena tra le classi, prologo ed epilogo parigini, sesso & psiche (psicanalisi), una protagonista il cui nome è un interrogativo (Why) oltre che, con surreale assonanza, un esclamativo e un assenso (Ouais). Why (Sassard), che sul selciato non dipinge «altro», cioè cerbiatte, «da secoli», viene abbordata con 50.000 franchi da Frédérique (Audran) che trova «molto buona la sua piccola scena campestre». Già da questo primo dialogo faccia a faccia, estremamente allusivo sul piano politico, oltre che su quello sessuale e cinefilo, la metafora è chiara come lo script, cali- aprile 2008 di Leonardo Persia bratissimo e non snob, di Chabrol e Paul Geugeuff. La seconda è una borghese decadente paternalistica (oltre che ignorante: non conosce differenza tra un’incisione originale del ‘600 e una copia di due secoli dopo), dispensatrice di doppia zolletta di zucchero (quando l’ospite ne chiede una e mezzo), inevitabilmente attratta, prima che disgustata, da uno spirito libero e proletario a suo avviso «esigente nella sua situazione». Ma, risponde l’altra, «proprio per questo bisogna reagire!». Comunque, per essere un animaletto scafato senza tetto né legge, una biche (indifferenziata, non definita in un senso/ sesso, un’epifania di saggezza immatura, anche un po’ bitch), la ragazza ha qualcosa che non và. Ha paura dell’acqua (il flusso mobile e libero per eccellenza), è paradossalmente vergine («del resto, con la vita che ho fatto!»: cioè promiscuità, vita errabonda, miseria…?!), soffre di vertigo. E’ la donna (rivoluzionaria) che visse un’infinità di volte o il James Stewart innamorato della morte. Destinata, ancora, a fallire nella vittoria. Nell’inclusione (reclusione), cioè, del mondo del nemico. Combattere dall’interno per restare all’interno. A Saint-Tropez, la location dello scontro e del devoir de vacances (vacanti), il Joyeux Noel di un’insegna luminosa e poi di un “parto” immacolato (ribadito, sopra il letto di Why, dal disegno di cerva incinta, di cerva nella cerva, di serpe al seno), sono ironici e perfidi segni di trasformazione. Come quell’acqua che, per effetto del fuoricampo, in più di scena, sembra essere camminata, mentre si è invece solidamente piantati sulla terraferma, sebben che precaria. I galleggianti, le passerelle, i ponti, i cantieri rimandano alla provvisorietà sessual-sociale delle due, ribadita ulteriormente da Robégue e Riais, i lacché fool di Frédérique, prolungamenti narrativi istintivi e primitivi (suonano anarchicamente gli strumenti africani), molto anali («tutto è merda»), infantili, satiri, lubrichi oltremodo, eppure «sai che per noi il sesso… preferiamo la pappa». La cerva è l’animale consacrato a Diana, vergine cacciatrice. La cerva è la donna senza l’ Animus, bisognosa di un rito d’iniziazione/integrazione. Difatti, come nelle fiabe, c’è un bosco dove ci si consegna al lupo, e una casa/focolare da cui si esce trasformati. Davanti al caminetto, immagine ricorrente, i due bambinoni alludono a un bestiario sin troppo evidentemente simbolico. Oltre al lupo e all’agnello, parlano di cane (compagno di caccia), serpente (nemico dei cervi), coccodrillo (pentimento tardivo), maiale (il potere, in quegli anni, dai cerdos over 30 di Bioy Casares ai pigs poliziotti del Black Panther Party) e iena (l’equivalente pag afro di cervo). Nella villa di Frédérique ci sono infatti i segni sacrificali del passato imperialista. Trofei coloniali, addomestica(men)ti africani, scene di caccia in Mozambico (ogni riferimento al Portogallo di Salazar…). I due Bouvard e Pécuchet non si peritano di riandare ai colori di libertà, certo tradita, della bandiera francese, insieme a battute enigmatiche ma non troppo del tipo «Se hai la testa di burro non fare il fornaio» oppure «Il diavolo non aveva capre eppure vendeva formaggio». All’inizio, c’è la famosa citazione di Mao sulla rivoluzione non pranzo di gala; per concludere, una trasparente morale della favola («Meglio stare in una casa riscaldata che fuori al fresco, a chiedere una crosta di pane»). Quanti cervi sacrificati! Qui il completamento razionale e sessuale, la maturità, arrivano, non a caso, per tramite di un architetto. Il terzo incomodo pragmatico. Un piccolo Tommaso, Paul Thomas, eppure anche lui un po’ Why (la scena in cui, sbronzo, s’interroga, senza risposta, sulla saggezza e il senso della vita, con il contrappunto ripetitivo e irridente di un disco incantato). Seduce la piccola ed è, per rivalsa, sedotto da Frédérique. Giochi di sguardi dove l’intelligenza femminile non desidera altro che clonare la stolidità maschile. Ma non c’è traccia di gioia, liberazione, libido. Dietro la porta chiusa della camera da letto dei due borghesi, ormai accoppiati, la sventurata ex proletaria esclusa (inclusa) sembra il questurino di Un chant d’amour condannato neppure alla masturbazione. Eppure, qualche fotogramma prima, sebbene a tratti, sembrava aver saputo gioire del sole, dell’orizzonte marino, di un paesaggio non artificiale. Eppure lo sguardo dell’ex amica sembra adesso persa nel pensiero di lei (anche se poi prevale lo spirito girardiano di invidia e vendetta) dove lo sguardo dell’ex amico ne evoca la mancanza. Lei li amava entrambi, Dio e Mammona. Con il loro sesso ambiguo, problematico e ombelicale, mai abbandonato, pure i due idoli “amanti” sono prigionieri. E, a forza di passare tra finestre, porte e porte finestre che sembrano sbarre, Why, nella villa sadiana, impara la 29 lezione perfettamente. Matura per prendere un’arma avvelenata dalla collezione coloniale dell’amica. Ma non al punto da farne buon uso. Gli allievi sono migliori (peggiori) dei maestri, si diceva in quegli anni. Così, in diretta, assistiamo a un altro sogno perso. All’infelice escalation di un’altra padroncina. u pag basket 30 Il Punto I n questo periodo delicato del campionato e, dall’11ª giornata di ritorno del 22 marzo alla 16ª e penultima giornata, possiamo dire che il cammino del Siviglia Teramo è stato senz’altro positivo: aver raggiunto l’obiettivo che la società si era prefissato all’inizio del campionato ”salvarsi dalla retrocessione” quanto prima e poi, con serenità, vedere se si poteva raggiungere un altro obiettivo. Al di là delle prestazioni della squadra, il primo traguardo è stato raggiunto prima di quanto si potesse sperare, per il secondo i biancorossi hanno provato in quest’ultimo scorcio di torneo, un inserimento tra le otto finaliste alla conquista dello scudetto ma, diciamocelo francamente, non era facile. L’importante è che rimanga, e non è poco, la consapevolezza che Teramo ha già vinto il suo mini scudetto e che, il prossimo anno e per la sesta volta consecutiva, possa riproporsi tra le grandi della pallacanestro italiana. Questo dev’essere motivo di orgoglio di tutto l’ambiente sportivo e non. Non a caso avevamo puntualizzato, in quel di Biella, l’inizio della partita inusuale del Siviglia Teramo che poi la portò a vincere un incontro importante. Quest’anno, oramai, questa squadra ci ha abituato al pronti via con il freno a mano tirato e ad inseguimenti affannosi e concitati. È accaduto anche all’antivigilia della Santa Pasqua al PalaScapriano contro l’Air Avellino. La partenza folgorante degli irpini, che riescono ad imprimere un 32 a 18 nel primo quarto ai teramani, ha complicato e resa vana al Siviglia Teramo la rimonta di Powel e compagni. La squadra dell’ex Boniciolli, d’altronde, ha confermato il suo stato di forma e la sua eccezionale posizione di classifica. Da segnalare che Devin Green non è stato schierato, in questa partita, per scelta tecnica. I risultati delle altre squadre in questa giornata di campionato hanno rispettato le previsioni, tranne la partita di Scafati dove la Legea è riuscita a vincere il suo ottavo incontro imprimendo un 18 punti all’Angelico Biella facendogli perdere, per il momento, il treno dei play-off scudetto. La trasferta di Udine è stata favorevole ai nostri colori e, questo è un dato importante per il prosieguo del campionato, abbiamo gustato un incontro difficile per la posta in palio. Il Siviglia Teramo l’ha condotto con abilità, producendo anche numeri di alta scuola (vedi il duo Poeta-Adams). Va menzionata un’altra favolosa prestazione di Powell e quella del nostro play Poeta in grande spolvero. Forse la felicità per la convocazione al raduno azzurro di Ferentino l’ha ulteriormente caricato. La Snaidero ha perso l’incontro, nonostante un ottimo Antonutti e un eccellente ex Sales, ai punti. Ho avuto l’impressione che la tenuta atletica di alcuni suoi big, non ha retto la corsa dei biancorossi. In questo turno di campionato sono stati emessi due verdetti: nel primo, accompagnato dal nostro grande dispiacere è che questa categoria perde la società più gloriosa della pallacanestro italiana (10 scudetti, 5 coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 4 Coppe aprile 2008 di Bebè Martorelli Italia, 1 Supercoppa e tre Coppe Intercontinentali, con il record ineguagliabile di partecipazione a dieci finali di Coppa dei Campioni tra il 1970 e il 1979) dando ufficialmente ieri l’addio. La matematica condanna Varese alla retrocessione a cinque giornate dalla fine del torneo. Il secondo verdetto riguarda Scafati che dopo tre anni di permanenza nella massima serie, accompagnerà Varese in Lega Due. Per il Siviglia Wear Teramo Basket la certezza di restare nel ”Basket che conta” si è concretizzata nell’anticipo di sabato sera del 5 aprile contro la Scavolini Spar Pesaro. Una partita di pallacanestro può dare tante ma quella provocata in questo incontro dal duo Poeta-Brown è stata stupenda. PalaScapriano in delirio, Brown e compagni sono stati letteralmente sommersi dai tifosi teramani, in un unico abbraccio per la gioia incontenibile di un successo raggiunto nei secondi finali. Note: il campione della Scavolini Myers Carlton in panchina, per onor di firma, causa forti dolori alla schiena, tra i teramani turn-over ancora per Tskitishvili. In questo lungo week-end cestistico da evidenziare la gara interessante di Roma, tra la Lottomatica e il Montepaschi, dove Siena ha dimostrato, per l’ennesima volta, la sua forza. E la conferma, quale miglior cecchino del campionato, dell’ex Holland che si ripete, dopo i 50 punti segnati in un precedente incontro, realizzandone 47 e rendendosi artefice della vittoria della sua squadra Varese, già retrocessa, su una forte Premiata Montegranaro già destinata a disputare i play-off scudetto. La trasferta di Siena del Siviglia Teramo, viene presa come il niente da perdere, nella partita che la vede contrastare lo strapotere della capolista. Infatti i biancorossi sono scesi in campo con l’impegno di ben figurare. Ma il Montepaschi di quest’anno ha concesso pochi sconti ed infatti, con sette triple nei primi cinque minuti della partita, archivia il suo 29° risultato utile su 31 giornate disputate in questo campionato. La Fortezza Bologna con il duo AndersonBlizzard rende la vita difficile al Siviglia Teramo, che con il solito inizio di partita lento ed impacciato non riesce a superare le V nere, nonostante una prestazione tutta cuore e grinta, ma a tratti poco lucida e confusionaria, identica ci è sembrata la conduzione dalla panchina (vedi rotazioni nei cambi-titolari dimenticati e tenuti troppo a lungo in panchina). La vittoria sulla Virtus avrebbe fatto ancora sognare i teramani al raggiungimento del secondo obiettivo i play-off. In questa giornata fanno eco due risultati la Cimberio Varese che con un colpo di coda infligge la terza sconfitta in questo campionato alla capolista Siena e la favolosa partita della Premiata Montegranaro che sbanca il PalaEur di Roma infliggendo una dura lezione alla Lottomatica. Nell’ultimo turno casalingo non poteva esserci commiato migliore dal proprio pubblico al Palascapriano; il Siviglia Teramo dà un caloroso arrivederci al prossimo anno, battendo una forte Premiata Montegranaro. Il bravo Brandon Brown si ripete, come contro la Scavolini Pesaro inchiodando la vittoria all’ultimo secondo dell’incontro con un tiro dalla lunga distanza. Ai play-off vanno: Siena, Roma, Avellino, Montegranaro, Milano, Capo d’Orlando, Pesaro e l’ottava da decidersi all’ultima giornata di campionato tra Cantù e la Fortitudo Bologna. u "CCJBNPEBWWFSP EBWWFSP MBTPMV[JPOFQFSPHOJ WPTUSBFTJHFO[B EVhhVVaXdcidXdggZciZ YVkkZgdCONVENIENTE YVkkZgdTRASPARENTE ILTUOPARTNERINAFFARI MBCBODBDIFDSFTDF
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