26 MARZO 2014 Filobus, anche il ministero vuole chiarezza su costi
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26 MARZO 2014 Filobus, anche il ministero vuole chiarezza su costi
26 MARZO 2014 Filobus, anche il ministero vuole chiarezza su costi e tempi Oggi il presidente di Amt a Roma, in serata vertice con Tosi VERONA — Da un lato l'ottimismo dell'amministrazione comunale e le assicurazioni di avvio imminente dei cantieri da parte dell'assessore Enrico Corsi. Dall'altro le prese di distanza e i distinguo della Provincia e di Atv (attraverso il dg Stefano Zaninelli) sul piano economico-finanziario. In attesa del vertice «resa dei conti» fissata per lunedì prossimo, 31 marzo, che vedrà i vari contendenti allo stesso tavolo, il sindaco Flavio Tosi vuole vederci chiaro e ha convocato un incontro ristretto e informale per il tardo pomeriggio di oggi, proprio per discutere della lettera alla Provincia in cui Zaninelli avanzava dubbi sulla effettiva tenuta del piano economico finanziario e paventava un rischio di un buco di 4,5 milioni di euro l'anno nei conti aziendali. Ci sarà anche il presidente di Amt Germano Zanella, che in giornata sarà invece a Roma per una riunione al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Tra i vari attori di questa complessa partita che chiedono chiarezza al Comune sul progetto (e soprattutto sui suoi costi) c'è infatti anche il dicastero di Maurizio Lupi. L'opera viene infatti finanziata per il 60 per cento da un contributo statale a fondo perduto e, prima di staccare l'assegno, a Roma vogliono tutte le rassicurazioni del caso. In una lettera dello scorso 23 gennaio, firmata dal direttore della direzione generale per il Trasporto pubblico Elena Molinato, viene chiesta al Comune una corposa integrazione di documenti rispetto a quella inviata, evidentemente ritenuta insuficiente, dopo le recenti modifiche apportate al percorso e al piano finanziario (che ha portato un aumento di costi di circa 11 milioni di euro). In particolare, si richiede: una «verifica della compatibilità del nuovo tracciato con le caratteristiche del sistema»; il nuovo Quadro Economico generale del filobus «e tutta la documentazione economica di riferimento giustificativa della provenienza dei prezzi»; una relazione del responsabile unico del progetto (Rup), ovvero del direttore generale di Amt Carlo Alberto Voi, «di correlazione tecnicoeconomica» tra le varianti introdotte e il precedente progetto approvato dallo stesso Ministero. C'è poi la questione della lievitazione dei costi: 11 milioni in più dovuti a variazioni di percorso, allargamento di spazi deposito, nuove banchine di sosta e altre cose. Il tecnico ministeriale ricorda che i 23,4 milioni di euro «risparmiati» in sede di gara dall'ammontare complessivo del contributo statale (85,8 milioni) possono essere utilizzati «per particolari situazioni nelle quali si manifestino maggiori oneri per opere indispensabili al completamento dell'intervento», ma che occorre chiaramente il via libera del Comitato interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe). Infine, un'altra stoccata: si sollecita «l'invio di informazioni certe sulla tempistica necessaria all'attivazione dell'intervento». La giunta comunale ha dato incarico ad Amt, lo scorso 12 marzo, di farsi carico di tutte queste incombenze necessarie a convincere il Ministero della bontà del progetto. Di cui la missione affidata al presidente di Amt Zanella per la giornata di oggi. A.C. GRANDI OPERE. Dopo l'allarme lanciato da Atv, il sindaco Tosi convoca assessori e aziende Filobus, vertice sui costi a Palazzo Barbieri Corsi: «Il piano economico sarà rivisto dopo l'esame del ministero» Bettarello: «Zaninelli ha fatto un'analisi rilevando dati già superati» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 La sostenibilità del progetto del filobus, dopo i pesanti rilievi sollevati da Stefano Zaninelli, direttore generale dell'Atv - l'azienda di trasporto pubblico che dovrà gestire anche il nuovo sistema di trasporto di massa - continua ad essere al centro di discussioni e polemiche. Tanto da spingere il sindaco Flavio Tosi a convocare per oggi un incontro chiarificatore cui parteciperanno, oltre agli assessori alla mobilità Enrico Corsi e alle aziende partecipate Enrico Toffali, l'assessore provinciale ai trasporti Gualtiero Mazzi che di fatto ha già escluso dal progetto i Palazzi Scaligeri, i tecnici comunali e i responsabili di Atv e Amt, stazione appaltante del progetto e incaricata anche della progettazione. L'assessore Corsi, intanto, conferma che «si dovrà procedere a un aggiornamento del Piano economico e finanziario dopo il via libera al progetto definitivo da parte del ministero dei Trasporti, che attualmente lo sta passando al vaglio». Sul problema della variazione dei costi, precisa però Corsi, «il progetto tiene conto da sempre poiché il sistema tecnologico e i costi di gestione di un filobus sono superiori a quelli del classico trasporto pubblico. Ma questo», aggiunge, «è un discorso che vale per tutte le città in cui questo servizio è stato realizzato». Tuttavia, ribadisce Corsi, «a fronte di maggiori costi ci saranno anche razionalizzazioni, con la dismissione degli autobus più vecchi e la centralizzazione dei depositi e ciò comporterà notevoli risparmi». E secondo l'assessore «il piano economico finanziario andrà rivisto anche alla luce del ribasso d'asta del 17 per cento, che quindi ha comportato un abbattimento considerevole dei costi». Corsi taglia corto anche sulle critiche piovute addosso all'amministrazione in questi giorni. «Siamo abituati a chi continua a contestare, ma Verona è rimasta ferma per troppi anni e ora finalmente abbiamo un'amministrazione comunale che porta avanti con coraggio iniziative e progetti che chi ci ha preceduto non ha saputo portare avanti». Sui rilievi del direttore generale dell'Atv interviene anche il presidente dell'Atv Massimo Bettarello. «Attualmente», dice, «siamo in una fase di studio, per dare un giudizio definitivo aspettiamo che l'Amt faccia il nuovo Pef». E rispondendo alle perplessità di chi, dall'opposizione, sostiene che al posto del costoso filobus si potevano potenziare i normali mezzi di linea, sosiene: «Il trasporto di massa in città serve, a noi viene chiesto di gestirlo, quando sarà il momento diremo la nostra a livello tecnico e gestionale». E sui rilievi di Zaninelli minimizza: «Il direttore ha semplicemente sollevato una serie di dubbi, segnalando aspetti non sufficientemente specificati nel vecchio Pef e nel capitolato di gara. Il direttore ha fatto un'analisi tecnicogestionale partendo dai vecchi dati a nostra disposizione. Bisogna infatti tener conto che la nascita del progetto risale al periodo 2007-2009 e nel frattempo sono cambiate quasi tutte le condizioni di partenza». E conclude: «Sono sicuro che i nostri suggerimenti saranno presi in considerazione quando sarà redatto il nuovo Pef».E.S. CA' DI DAVID Corsi: «Stop ai tir? Forse si può fare» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 «Può essere una soluzione tampone e ci lavoreremo. In ogni caso, io propenderei per un blocco parziale». L'assessore alla Viabilità, Enrico Corsi, commenta così la proposta del comitato di Ca' di David per alleviare i disagi causati al quartiere dal continuo e massiccio passaggio di camion istituendo una sorta di «Ztl per camion». Bruno Arzenton e gli altri membri dell'associazione civica hanno suggerito l'istituzione del divieto di uscita, solo per mezzi pesanti, all'uscita della tangenziale del Golino, alle porte di Ca' di David. Attualmente quello svincolo è usato come porta preferenziale per migliaia di Tir che, diretti verso la Bassa, si immettono ogni giorno sulla Statale 12. E così facendo, scorrono nel bel mezzo del quartiere. La lungamente attesa variante alla strada, dopo decenni di discussioni e proteste, è ancora solo un progetto sulla carta. Sul divieto ai tir, Corsi da un lato si dice d'accordo, ma dall'altro frena gli entusiasmi: «Rendiamoci conto che non è cosa da poco vietare ai camion l'uscita a un casello. Prima, va analizzata la fattibilità della misura e, soprattutto, studiato un valido percorso alternativo che i mezzi possano utilizzare per raggiungere in modo agevole la loro meta».L.CO. Agec, battaglia sulle parti civili E Tartaglia «debutta» in aula Pm-difese, ore di scontro serrato. I giudici congelano la decisione VERONA - Scintille dovevano essere e tali, effettivamente, si sono rivelate. Si è protratta per ore, ieri, la serrata battaglia in aula che ha caratterizzato la prima udienza ufficiale al processo sul clamoroso scandalo Agec. Dopo la falsa partenza di qualche settimana fa di fronte al Tribunale collegiale poi ricusato dagli imputati, il dibattito è finalmente entrato nel vivo in un'aula dell'ex Mastino affollata come nelle grandi occasioni. Tema-chiave dell'accesissimo confronto tra accusa (rappresentata dal pm Gennaro Ottaviano) e nutrito pool difensivo, come lasciavano intendere le previsioni della vigilia, è stata la triplice istanza di costituzione a parte civile: a dirsi intenzionati a chiedere i danni, sono stati oltre alla stessa Agec anche Vivenda spa e, soprattutto, il capogruppo consiliare del Pd Michele Bertucco, in surroga rispetto al Comune di Verona. E proprio sulla richiesta del politico, in aula, è andato in scena uno tra i botta e risposta più vivaci dell'intera udienza. Un muro contro muro a tutti gli effetti, cui hanno voluto assistere in presa diretta anche i quattro imputati: si tratta, nello specifico, dell'ex direttore Sandro Tartaglia, che ieri è comparso per la prima volta in aula affiancato dal proprio avvocato Mario De Marzi, dei due dirigenti Francesca Tagliaferro, difesa da Fabio Zambelli, e Stefano Campedelli, tutelato da Federico Lugoboni e Antonio Alajmo, e dell'imprenditore bolzanino Martin Klapfer, rappresentato da Fabrizio Francia e Carlo Bertacchi. Tuttora costretti alla misura cautelare degli arresti domiciliari dal 24 ottobre scorso, si trovano contestati a vario titolo reati che spaziano dalla corruzione al falso in atto pubblico, dalla rivelazione di segreto d'ufficio alla turbativa d'asta. «Non c'è proprio stata gara», ha ribadito ieri in aula il pm Ottaviano, come dire: l'esito di quegli appalti era già stato «segnato» in partenza. Contestazioni di fronte a cui, per l'appunto, hanno chiesto di costituirsi parte civile Bertucco (con l'avvocato Luca Tirapelle), la stessa Agec, con il legale Massimo Leva, e Vivenda spa, società esclusa dall'aggiudicazione dell'appalto per le mense scolastiche nel 2013, con l'avvocato Francesco Rotunno. Una triplice sollecitazione che, ieri, ha indotto le difese degli imputati ad avanzare al Tribunale una raffica di eccezioni preliminari finalizzate proprio ad escludere i tre soggetti dal ruolo di parte civile: contro Bertucco, in particolare, si è levata la voce di un legale secondo cui si tratterebbe di un «politico che fa solo chiacchiere». Immediata la reazione dell'avvocato Tirapelle, che ha parlato di frase «oltraggiosa, visti gli esposti del consigliere e i risultati conseguiti» (con riferimento alla scottante inchiesta che ha fatto finire in cella l'ex vicesindaco Vito Giacino). In più, le difese hanno eccepito che «a carico del Comune non c'è stato danno d'immagine per effetto dell'inchiesta Agec»: affermazione a cui lo stesso legale di Bertucco ha replicato che «a esserne uscito con le ossa rotte è stato proprio Palazzo Barbieri». Contestata dagli imputati anche la legittimazione di Agec e Vivenda spa, ma lo stesso pm Ottaviano ha replicato che «starà al processo stabilire se c'è stato danno a carico dell'Azienda e della spa: è proprio questo lo scopo a cui mira questo procedimento e non lo si può escludere in partenza». Un vero e proprio scontro frontale, dunque, su cui il Tribunale collegiale prenderà posizione alla ripresa dei «giochi» in aula, tra due settimane esatte. E anche allora, c'è già da scommetterci, non mancheranno scaramucce e colpi di scena. Laura Tedesco APPALTI E MAZZETTE. Prosegue il processo a carico dei vertici della partecipata del Comune Agec, per la prima volta Tartaglia in tribunale Giampaolo Chavan Si è parlato sulle costituzioni di parte civile. L'ex direttore è uscito dall'aula senza rilasciare dichiarazioni. E' sempre ai domiciliari mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 14 È uscito dall'aula del tribunale dopo quasi due ore di udienza senza rilasciare dichiarazioni. «Non posso parlare», ha detto a chi voleva strappargli una dichiarazione. L'ex direttore dell'Agec, Sandro Tartaglia ha fatto la sua prima apparizione dal giorno dell'arresto in pubblico. La sua presenza in aula è avvenuta in un'udienza ancora una volta interlocutoria. Tartaglia, agli arresti domiciliari dopo l'arresto del 24 ottobre, è rimasto seduto accanto al suo avvocato Mario De Marzi e al suo ex braccio destro e ora imputato Stefano Campedelli. Si è alzato solo alla fine dell'udienza e si è allontanato dal tribunale con il suo legale. Non si è, quindi, ancora entrati nel cuore delle accuse, formulate dal pm Gennaro Ottaviano dopo le indagini della Guardia di finanza, di corruzione (solo per Klapfer e Tartaglia) e di turbativa d'asta, falso in atto pubblico e rivelazione di segreti d'ufficio (per l'ex direttore e Francesca Tagliaferro e Campedelli). Nel mirino della procura, sono finiti la gara per l'alienazione del 70% di Fondo Frugose, aggiudicata alla Seeste bau Veneto srl di Klapfer in cambio dello sconto di 83mila euro di un appartamento acquistato da Tartaglia a Bressanone per la figlia. Gli altri appalti, finiti nel mirino della Finanza, riguardano il servizio mensa nelle scuole del Veronese negli anni 2010 e 2013, vinti dalla Serenissima spa ed Euroristorazione. Come di consueto nei processi, si è partiti con una raffica di eccezioni dei difensori (De Marzi, Lugoboni, Maccarrone, Francia, Bertacchi, Zambelli e Alaimo). Ieri si è parlato solo delle costituzioni di parte civile di Agec, Vivenda spa, giunta seconda nella gara per il servizio mensa e di Michele Bertucco, in sostituzione del Comune con gli avvocati Luca Tirapelle, Massimo Leva, Francesco Rotunno e Chiara Nascimbeni. I difensori degli imputati hanno contestato il richiamo al danno d'immagine operato dagli imputati sia all'ente di via Noris che al Comune come riportato nelle istanze di parti civili. Sono stati poi i legali delle «vittime» del reato a insistere per le loro richieste, richiamandosi anche a pronunce della Cassazione. L'8 aprile si saprà se il collegio, presieduto da Paola Vacca con i colleghi Monica Sarti e Raffaello Ferraro, aprirà le porte del processo anche alle parti civili. In quell'occasione, si continuerà, comunque, a discutere di eccezioni preliminari. L'avvocato Lugoboni ha annunciato in aula che con i colleghi Alaimo e Maccarrone contesterà anche la nullità del decreto di giudizio immediato. Ieri era presente in tribunale anche il consigliere del Movimento 5 stelle, Gianni Benciolini. «Nei prossimi giorni», ha annunciato, «presenteremo un esposto sulla refezione scolastica per le irregolarità riscontrate. Abbiamo raccolto oltre 300 segnalazioni di Agec e Ulss 20 oltre a quelle di molti genitori di alunni». E sulla denuncia di procurato allarme, annunciata dal presidente dell'Agec, Benciolini riferisce che negli uffici all'ex Mastino non risultano denunce o indagini a suo carico. Delibere nel mirino, non ci sarà la commissione d'indagine VERONA — Nessuna commissione consiliare indagherà sulle delibere amministrative «messe nel mirino», in questi mesi, dalla magistratura. Dopo una battaglia infuocata, sedute roventi del consiglio comunale (tra urla, insulti e lanci di manette) e dopo che le commissioni proposte erano state addirittura due, adesso cala il sipario: e di commissioni non se ne farà neppure una. Nel corso della riunione dei capigruppo, infatti, la maggioranza ha ritirato la propria proposta di delibera, che stabiliva di affidare proprio ai capigruppo le indagini sulle delibere urbanistiche della gestione Giacino. La minoranza aveva proposto invece di creare un'apposita commissione. Quale la differenza? Una sola: la presidenza. Che nella commissione proposta dalle minoranze sarebbe toccata alle opposizioni, mentre in quella dei capigruppo sarebbe andata al presidente del consiglio comunale, Luca Zanotto, della Lega Nord. Al termine della seduta della scorsa settimana, eravamo stati facili profeti scrivendo che «visto che le minoranze hanno annunciato che non parteciperanno ai lavori, è possibile che la proposta della maggioranza non venga neppure ripresentata». Ed è andata esattamente così. «Un'occasione perduta – commenta il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Luca Mantovani – anche per chi appoggia la giunta: prima bocciando la richiesta di una commissione di indagine prevista dal regolamento e poi ritirando anche la proposta della sorella del sindaco, che puntava ad attribuire l'incarico ai capigruppo. Il M5S comunque non avrebbe partecipato ai lavori di una commissione autoreferenziale, voluta dalla sorella di quel sindaco che ha scelto gli uomini attualmente oggetto di indagine». Lo stipendio d'oro del dg? Per la giunta «se lo merita» VERONA — Qualche dettaglio in più su Solori, la società di riscossione che entro pochi mesi comincerà a sostituire Equitalia (ed altri) nell'esazione dei tributi locali dei veronesi. La Commissione comunale sul Bilancio, presieduta da Cristiano Maccagnani, ha varato la delibera che autorizza la giunta comunale a vendere quote della società, fino ad un massimo del 49 per cento. A comprare (ogni azione costa mille euro, in totale ce ne sono 500, in possibile vendita 249) sono stati finora ufficialmente Cortina d'Ampezzo (che ha comprato due azioni) e il Comune di Carceri, nel Padovano. Prossimamente arriveranno Rivoli, Negrar e Tombolo, mentre il grosso dei possibili soci attende di ricevere il Contratto di Servizio, che la giunta varerà forse già questa mattina. L'aggio sulle riscossioni coattive versato a Solori sarà del 7,65% più le spese (Equitalia prende l'otto più le spese). Per la riscossione delle multe, Solori bandirà un'apposita gara. Lo stipendio del direttore Alessandro Tatini (10mila euro al mese, contro gli 8mila che riceveva a Torino)? Per la giunta «è tra i migliori dirigenti d'Italia e ha diretto bene l'unica società comunale che esisteva: giusto retribuirlo adeguatamente». Ma per il Pd (astenuto sulla delibera) è già stato sforato il budget previsto inizialmente per la nuova società. L.A. SOCIETÀ DI RISCOSSIONE. La commissione Politiche finanziarie ha approvato la vendita di alcune azioni a due Comuni Solori, Verona punta sulla provincia Giorgia Cozzolino Toffali: «Intanto Cortina e Carceri, poi arriveranno le amministrazioni di Tombolo, Negrar e Rivoli» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 La società di riscossione comunale, Solori, prende forma. Ieri è stata approvata in commissione Politiche finanziarie (presieduta da Cristiano Maccagnani) l'autorizzazione alla vendita delle quote di partecipazione della neonata società ad altre amministrazioni pubbliche. Nello specifico il Comune di Cortina d'Ampezzo ha deciso di acquistare due quote, mentre quello di Carceri (in provincia di Padova) ne acquista una. Li seguirà un'altra amministrazione patavina, quella di Tombolo oltre ai due Comuni scaligeri di Negrar e Rivoli. La deliber passerà domani anche al vaglio del Consiglio comunale. Ad annunciare l'ingresso nella società di riscossione dei primi Comuni, è l'assessore alle Partecipate Enrico Toffali. «Il capitale sociale di Solori è di 500mila euro, si è deciso che il Comune di Verona terrà il 51 per cento mentre metterà in vendita il restante 49 per cento. Ora deliberiamo la vendita di tre delle mille azioni della Solori dal valore nominale di 500 euro l'una», spiega Toffali sostenendo che «già diverse amministrazioni hanno manifestato interesse di acquisire quote della società alla quale manca però ancora le definizione del contratto di servizio che sarà nelle prossime settimane». Il capogruppo del Pd Michele Bertucco, prima di far mettere a verbale l'astensione del suo partito, ammonisce: «Se qualcuno pensa di fare soldi con questa società. è fuori dal mondo. Si tratta di importi mimini, meglio fare una riflessione su cosa si intende fare di Solori». E, insieme al collega di partito, Fabio Segattini, solleva dubbi sulla sostenibilità del Piano finanziario «visto che lo stipendio del direttore Alessandro Tatini è di 10mila euro netti al mese» e annuncia di aver depositato la richiesta per una nuova commissione su Solori per discutere della gestione economica. Seduta che il presidente Maccagnani assicura di aver già messo in programma senza sapere della richiesta della minoranza. Perplessità anche da parte di Luca Mantovani (M5S), a favore della delibera, chiedendo però all'assessore quali sono gli «scenari attesi» per il futuro di Solori. Toffali risponde rassicurando: «La società dovrà autofinanziarsi, se arriverà di più sarà tutto "grasso che cola"». E precisa che il personale di Amia inizierà presto ad operare per Solori e che «non è previsto al momento il distaccamento di altre risorse comunali». Parcelle dagli enti al suo studio Bufera sull'assessore-avvocato Il Pd: «Tosi gli tolga le deleghe». Toffali: «Solo fango» VERONA — Parcelle, per almeno 575 mila euro, dal 2007 (anno in cui si insediò la prima giunta Tosi) ad oggi: a tanto ammontano, secondo i conti del Partito democratico di Verona, le consulenze commissionate da diverse aziende pubbliche veronesi allo studio legale dell'assessore agli Enti partecipati, Enrico Toffali (Toffali & Capuzzo Associati). «C'è un evidente confilitto di interessi, il sindaco Tosi dovrebbe come minimo togliere le deleghe al suo assessore», secondo il capogruppo Pd Michele Bertucco. Della questione, sarà investita anche la Regione, con un'interrogazione dei consiglieri Franco Bonfante e Roberto Fasoli in cui si chiede di intervenire nelle partecipate veronesi di cui ha quote o assegna contributi, anche per verificare se quegli incarichi non potessero essere svolti dagli uffici legali interni alle aziende. «Solo fango gratuito», ribatte Toffali che assicura di non aver svolto dal 2007 ad oggi alcuna attività professionale per il Comune o per sue aziende e di non conoscere nemmeno il contenuto delle pratiche affidate ai suoi colleghi di studio. La somma individuata dal Pd si basa sui dati forniti dalle stesse aziende. Si va da un contratto di consulenza continuativa con Atv da 36mila euro l'anno ad un incarico di 35.756 euro all'Amia nel biennio 2010-2011 (Toffali ha presieduto l'azienda dal 2007 al 2010). Ci sono poi consulenze a VeronaMercato per 48.234 euro (2007-2013), Amt (10mila euro dal 2008 adoggi), ad Agsm Distribuzione per 31.239 euro (2010-2011), ad Acque Veronesi per 29.250 euro, ad Agsm spa per 1.687 euro (2013), anche se al Pd ne risulta un'altra da 10.561 euro del 2011. E poi c'è l'aeroporto Catullo, che la fa da padrone: due consulenze continuative con lo studio Toffali, la prima da 40mila euro l'anno a partire dal 2012 e l'altra da 30mila euro l'anno dal 2013 (ridotti a 18mila da quest'anno), per un totale di 168mila euro dal 2012 ad oggi. Questi i dati ufficiali: ma circola anche un documento interno del Catullo, i cui contenuti ha pubblicato per primo sul suo blog Michele Croce di Verona Pulita, che fa salire la stima a 213mila euro per lo stesso periodo. «Speriamo che il nuovo presidente della Camera di Commercio, primo socio dell'aeroporto, si attivi al più presto per sanare questo scandalo», commenta l'ex presidente Agec. Tornando al Pd, i suoi esponenti lamentano poi «l'ostinazione con cui Veronafiere continua a negare l'accesso agli atti», alimentando il sospetto «che dietro a tutto questo ci sia una scomoda verità». Il Pd cita anche una consulenza «di cui risulta essere stata affidataria la figlia dell'assessore». Toffali ha passato la giornata a raccogliere e verificare informazioni nel suo studio, per poi affidare la sua replica ad un comunicato in cui viene puntualizzato che, con la sola eccezione del Catullo, i rapporti professionali con le aziende comunali in questione risalgono agli anni '90 e non si sono interrotti nemmeno ai tempi dell'amministrazione Zanotto. In ogni caso, spalmata su un arco temporale di 8 anni, divisa tra sette professionisti («tra i quali non c'è il sottoscritto», sottolinea Toffali), la somma quantificata dal Pd farebbe emergere «l'assoluta ordinarietà dei rapporti economici» con le nove aziende menzionate. E non c'è nessun conflitto d'interesse nel far parte di uno studio legale che assiste le aziende partecipate ed essere assessore alle Partecipate: lo studio è solo il «soggetto che recupera il denaro, si trattiene le spese e riversa al professionista il frutto della sua attività». Infine, Toffali spiega di aver una percentuale di minoranza e non ha quindi «la possibilità giuridica di intervenire sulle scelte che fa l'associazione». Alessio Corazza LA GIUNTA NEL MIRINO. Un'interpellanza in Regione dei consiglieri Bonfante e Fasoli dà seguito all'azione politica già portata avanti dai consiglieri comunali Consulenze, il Pd risolleva il caso Toffali Enrico Giardini «Assiste come legale enti di cui il Comune è socio: deve dimettersi dalla Giunta. O Tosi lo allontani». «Perché ricorrere ad altri professionisti quando ci sono uffici interni?» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 È scontro frontale fra Pd e Amministrazione comunale sulle consulenze commissionate dalle aziende pubbliche veronesi allo studio legale dell'assessore alle aziende e agli enti partecipati, Enrico Toffali (Lega), cioè lo studio Toffali Capuzzo e Associati. Dopo l'interrogazione dei consiglieri comunali del Pd Michele Bertucco e Fabio Segattini del dicembre scorso, i consiglieri regionali Franco Bonfante e Roberto Fasoli hanno depositato un'interpellanza chiedendo che, in virtù delle quote detenute anche dalla Regione in alcune società, come l'aeroporto e la Fiera, la Giunta Zaia faccia chiarezza sulla questione. E al sindaco Tosi dicono: «Revochi le deleghe a Toffali per il venire meno del rapporto fiduciario, a meno che non lo condivida e se ne assuma la responsabilità. Ma Toffali stesso dovrebbe dimettersi». Bonfante, nelle sede del Pd, con Fasoli, Bertucco, Segattini e i consiglieri Orietta Salemi e Damiano Fermo, presenta i contenuti dell'interpellanza. Dalla nuova documentazione acquisita dal Pd «emerge una situazione di fortissima anomalia e di grave inopportunità politica, a cominciare dall'assoluta rilevanza delle cifre: la somma dei valori delle consulenze dichiarati dalle singole aziende a seguito di domanda di accesso agli atti presentata da Bertucco ammonta, ufficialmente, a circa 575mila euro dal 2007 a oggi», dice Bonfante, alludendo quindi all'anno in cui è partita la prima Amministrazione Tosi. «Noi chiediamo inoltre se la Regione ne è al corrente e se condivide questo modo di amministrare gli enti pubblici, in aperta contraddizione con i principi di revisione della spesa che dovrebbero limitare proprio i costi per consulenze esterne in favore delle professionalità già esistenti negli uffici legali delle aziende». Secondo la ricostruzione del Pd a guidare la classifica delle consulenze è l'Aeroporto Catullo: «Pur in conclamato dissesto finanziario esso mantiene con lo studio dell'assessore due consulenze continuative di 40mila euro l'anno dall'1 gennaio 2012 e da 30mila a partire dall'1 gennaio 2013, poi ridotti a 18mila con l'inizio del 2014, per un esborso totale di 168mila euro da inizio 2012 a fine 2014. Ma un libro mastro pervenuto autonomamente indicherebbe tuttavia ulteriori affidamenti per 213mila euro nel 2012-2013». Nel mirino anche Atv, che secondo i dati forniti dal Pd dal 2008 a oggi ha in essere un contratto di consulenza continuativa dal 36mila euro l'anno: totali 252mila euro in sette anni. «Dove è disponibile, il confronto con altre amministrazioni rivela un'impennata degli incarichi a partire dal 2007. Amia ad esempio ha dichiarato consulenze per 35.756,28 euro nel 2010-2011, con vistoso aumento rispetto al 2004-2006 quando lo stesso studio ricevette incarichi per soli 2.935,38 euro». Altre consulenze per Veronamercato, per 48.234 dal 2007 al 2013, per Amt per 10mila euro circa dal 2008 a oggi, ad Agsm Distribuzione per 31.239 euro nel 2010-2011. Anche Acque Veronesi ha attivato una consulenza da 29.250 euro. «Risulta un'altra discrepanza poi», aggiunge il Pd, «per gli incarichi affidati allo studio dell'assessore da Agsm: l'azienda dichiara un'unica consulenza da 1.687,5 euro del 2013, ma risulta essercene un'altra da 10.561,84 del 2011. E l'ostinazione con cui Veronafiere continua a negare l'accesso agli atti impedisce di completare il quadro e alimenta il sospetto che dietro a tutto questo ci sia una scomoda verità. La trasparenza dell'ente fieristico consentirebbe fra l'altro di verificare la congruità della consulenza di cui risulta essere affidataria la stessa figlia dell'assessore. Questo sistema ha superato ogni convenienza politica e morale». Il Pd non è convinto dalle spiegazioni di Toffali date in gennaio in Consiglio. «Anche ammesso che non esista alcun nesso economico fra l'assessore e gli associati del suo studio legale che materialmente svolgono le consulenze per le aziende», dice, «è del tutto inopportuno che il nome di colui che siede nell'assemblea dei soci delle società in rappresentanza del Comune compaia anche come consulente e fornitore delle medesime». LA REPLICA. L'assessore ribatte ai rilievi mossi dall'opposizione «È soltanto fango gratuito gli incarichi svolti da altri» «Dal 2007 a oggi nessuna attività professionale a favore del Comune o di enti partecipati» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 Dai consiglieri comunali e regionali del Pd «solo fango gratuito, in particolar modo dal consigliere Bertucco che, evidentemente, si è affezionato ai metodi del corvo al punto da ricorrere a presunte informative anonime. I rapporti professionali con le aziende menzionate, come ho già chiarito in Consiglio comunale, risalgono tutti a far data dagli anni '90, con la sola eccezione della società Valerio Catullo». È la replica al Pd dell'assessore alle aziende e agli enti partecipati, Enrico Toffali. «Anche l'importo complessivo da loro indicato, di 575mila euro, oltretutto incoerente con i dati forniti, è da loro stessi riferito a un arco di otto anni, compreso con strumentalità maliziosa, il compenso non ancora percepito del 2014, pur se appena iniziato», aggiunge. «In ogni caso si tratta di una serie di prestazioni professionali rese da sette professionisti, tra i quali non io, nel corso di tale lungo periodo, a favore delle nove aziende menzionate, fatto da cui emerge l'assoluta ordinarietà dei rapporti economici intercorsi e saremo lieti di fornire al Pd, non appena rintracciati nei nostri archivi, i proventi delle consulenze affidateci dalle Aziende partecipate nel quinquennio della Giunta Zanotto». Toffali precisa: «Esercito la professione di avvocato dal 1976 e non ho mai svolto dal 2007 a oggi alcuna forma né diretta né indiretta di attività in favore del Comune di Verona o di Enti partecipati; l'ho svolta nel passato sotto l'amministrazione Zanotto e il nostro studio e io personalmente siamo stati incaricati del lodo Todini; ho assistito Amt in tutte le problematiche di diritto del lavoro individuali e collettive e anche nell'ambito del conferimento in Atv; Amt con il presidente Ferrari, la VeronaMercato con la presidenza di Gianni Dal Moro. Non sono neppure al corrente del contenuto delle pratiche che i miei colleghi svolgono». I consiglieri del Pd, spiega Toffali, «evidentemente non sanno cosa sia e quale sia la natura di un'associazione professionale tra avvocati e, in particolare, non conoscono la differenza tra la prestazione professionale resa dall'associazione e la prestazione professionale resa dal singolo professionista. Nell'ambito dello Studio il professionista che svolge un'attività vede l'associazione esclusivamente come soggetto che recupera il denaro, si trattiene le spese, e riversa sul professionista il frutto della sua attività. Io della mia attività ricevo il compenso, mi viene trattenuto il costo della mia attività e riversato quello che io percepisco da essa». Conclude Toffali: «Dal 2007 non faccio attività giudiziaria e mi occupo esclusivamente di attività di revisore contabile, come componente di numerosi collegi sindacali e consigli di amministrazione. È l'unica fonte di attività professionale che alimenta il mio lavoro. Infine nello Studio o associazione professionale io ho una percentuale di minoranza e non ho la possibilità giuridica di intervenire sulle scelte che fa l'associazione».E.G. «Caso Report, la Rai tuteli la libertà di informare» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 È stata depositata alla Commissione di Vigilanza Rai un'interrogazione al presidente Anna Maria Tarantola e al direttore generale Luigi Gubitosi a firma dei deputati Pd Alessia Rotta e Vinicio Peluffo per chiedere se siano pienamente garantiti i diritti alla libertà di informazione del giornalista Sigfrido Ranucci e della trasmissione Report, in seguito alla querela per diffamazione presentata a suo carico dal sindaco Tosi. «Si tratterebbe», scrivono i deputati Pd, «dell'ennesima querela preventiva del sindaco di Verona che finora ha diramato tramite giunta circa 69 proposizioni di querela, con il relativo notevole esborso finanziario a carico del comune di Verona, delle quali soltanto una si sarebbe risolta in un giudizio di condanna ai danni del querelato». «Siamo intervenuti a tutela di un principio garantito dall'articolo 21 della Costituzione: la libertà di informare», aggiunge la deputata veronese Alessia Rotta. «La verità è trasparenza e se la politica è trasparente, nulla ha da temere dall'informazione». Secondo i due parlamentari, nel caso di Report, che andrà in onda il 7 aprile, «non vi può essere diffamazione a mezzo stampa, ma neppure diffamazione semplice poiché la volontà del giornalista era la ricerca della verità dei fatti, non la diffamazione e quindi è assente il dolo specifico». «A Verona, lo strumento della querela per diffamazione sembra assumere i contorni della querela temeraria», continua la Rotta. «Un'azione reiterata da parte dell'Amministrazione, che scarica le spese su tutti i cittadini. Diversamente, i giornalisti e cittadini querelati, soprattutto se non hanno alle spalle un editore che li appoggia economicamente, sostengono le spese di difesa solo a carico proprio. È una grave forma di abuso, a cui la riforma sulla diffamazione, ora in Senato, sta cercando di opporre deterrenti. Questo tipo di querele punta a scoraggiare i giovani giornalisti precari, impegnati in alcuni casi a fare del buon giornalismo di inchiesta». Arsenale, via libera al park sotterraneo Sarà gestito da Saba VERONA — Via libera alla ripresa dei lavori per il parcheggio all'ex Arsenale di Borgo Trento. Una riunione straordinaria, convocata dal sindaco Flavio Tosi in mattinata, ha infatti autorizzato a ripartire l'impresa Fedrigoli, che sta costruendo la struttura sotterranea che sarà poi gestita da Saba. I lavori si erano interrotti in dicembre per la mancanza di un parere relativo al project financing. Il parere era poi arrivato, ma tra una cosa e l'altra il via libera ufficiale è arrivato solo ieri mattina. Il parcheggio all'ex Arsenale prevede 348 posti auto, parte destinati ai residenti e parte per chi deve sostare in zona. «Una struttura essenziale – ha commentato l'assessore Enrico Corsi – sia per chi abita nella zona sia per chi deve venire in centro per lavoro, per turismo o per fare acquisti». Quello all'Arsenale è uno dei progetti storici, risalenti addirittura all'amministrazione Sboarina, quando Verona firmò con Italinpa un contratto per realizzare 5 grandi garage alle porte della città antica: uno in piazza Isolo (realizzato), uno in via De Lellis (terminato poche settimane fa), uno sotto ai giardini Lombroso (mai neppure iniziato, per le proteste e le polemiche subito esplose da parte degli ambientalisti) uno a San Giorgio (mai fatto) e uno in piazzale Cadorna. Anche quest'ultimo fu travolto dalle polemiche, e venne sostituito appunto da quello in corso di realizzazione, all'ex Arsenale. Con un iter peraltro decisamente… travagliato. Italinpa cedette il passo molti anni fa a Saba Italia. L'impresa cui furono affidati i lavori era in un primo temo la Alissa, che però dovette cedere il contratto di assegnazione alla Fedrigoli. Iniziati i lavori, scoppiò una piccola guerra da parte degli ambientalisti per l'abbattimento di alcuni alberi. Superata questa fase, subito un altro intoppo, con la Sovrintendenza che bloccava ruspe e operai per l'assenza di un documento relativo al diritto di superficie. Come è noto, all'ex Arsenale c'era già un parcheggio a raso, in superficie: adesso sarà sostituito da una grande struttura sotterranea. Un anno fa, il 7 febbraio 2013, il consiglio comunale aveva approvato con 22 voti favorevoli e 11 astenuti la delibera relativa alla concessione alla società Saba Italia Spa di aree comunali per la realizzazione del parcheggio sotterraneo (che come abbiamo detto era previsto precedentemente in piazzale Cadorna). L'assessore Toffali aveva spiegato allora che il provvedimento prevedeva «l'attribuzione della tipologia aree per la sosta, categoria 95, modificando la tipologia e la categoria del servizio riportato nel quadro del Piano degli interventi». Avevano votato contro Pd e M5S. I democratici denunciarono allora il fatto che «manca da parte dell'Amministrazione un piano per i parcheggi e la mobilità a Verona, mentre si continua a promuovere parcheggi pertinenziali anziché parcheggi scambiatori come invece fanno le altre città, senza migliorare la qualità del trasporto pubblico, che oggi è pessimo». Il Movimento 5 Stelle tuonò invece che «Verona è la città più inquinata d'Italia e i parcheggi realizzati nelle immediate vicinanze del centro storico sono spesso vuoti perché troppo costosi, ma l'Amministrazione continua a concedere aree per la realizzazione di nuove strutture». Lillo Aldegheri VIOLENZA. Accolta l'eccezione del difensore. Gli indagati sono sei Assalto ai bar di Veronetta Il processo è tutto da rifare Sono stati rispediti gli atti alla Procura. Ora l'accusa dovrà procedere con il rito ordinario mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 14 Tutto da rifare nel processo per l'assalto a due bar di Veronetta a carico di quattro giovani di Casapound, avvenuti mella notte tra il 22 e il 23 marzo di un anno fa. Il tribunale ha rispedito gli atti in procura e ha disposto di procedersi con il rito ordinario nel processo a carico di Marcello Ruffo. Patrik Stecher, Andrea Bonazza e Gabriele Poli. Ha così accolto l'eccezione, presentata dal difensore dei quattro l'avvocato Roberto Bussinello che aveva alzato il dito contro il rito alternativo, instaurato dalla procura con la richiesta di un giudizio direttissimo. Il processo, quindi, dovrà ripartire da zero Il pm Marco Zenatelli ora dovrà chiedere il rinvio a giudizio dei quattro imputati, accusati a seconda della posizione di tentata violenza privata e tentata minaccia per l'aggressione al circolo Malacarne mentre per l'assalto all'osteria dei Preti spunta anche l'aggravante della legge Mancino per i reati di rissa e lesioni aggravate. Si prevede che il processo potrà riprendere solo tra una decina di mesi. Dovranno attendere anche le cinque parti civili, costituitesi ieri con gli avvocati Stefano Zanini, Federica Panizzo e Mauro Ferrari. Si tratta del barista del Malacarne, dell'ex titolare dell'Osteria dei preti e di altri tre giovani, gli unici presenti ieri in aula, vittima delle aggressioni subite nel locale dell'Interrato dell'Acqua morta ad opera dei quattro imputati. Toccherà poi al giudice accogliere nella sentenza la richiesta di danni presentata ieri dai tre legali delle vittime delle lesioni riportate durante l'assalto al bar. Tra gli indagati, ci sono anche Tommaso Bellavite e Matteo Bovo, limitatamente all'episodio al Malacarne dove le accuse parlano di tentata violenza privata e minacce. Saranno giudicati con un altro procedimento. In realtà, le posizioni tra i protagonisti degli episodi di quella sera sono molto distanti. Lo stesso Marcello Ruffo, consigliere in terza circoscrizione per la lista Tosi, e gli altri giovani, vicini a Casapound, hanno presentato una denuncia contro ignoti per le presunte lesioni subite durante la rissa all'Osteria ai preti. Fino a ieri, però, il pm Marco Zenatelli non ha dato alcun corso alle «rimostranze» presentate da Ruffo e amici, allegando solo i verbali delle querele al fascicolo processuale con le informative di agenti e dirigenti della Digos che hanno ascoltato diversi testimoni, appartenenti alle due diverse fazioni politiche. La procura, evidentemente, non ritiene fondate le «osservazioni» di imputati e loro amici. L'ultima parola spetta ai magistrati giudicanti che dovranno delineare le responsabilità nell'assalto ai due locali di Veronetta operato dai quattro imputati in occasione della festa di laurea dell'ex dirigente del movimento di estrema destra, Casapound.G.CH. Autostrade, traffico in crescita «Segnali di ripresa dell'economia» Nel 2014 più 2,6% sulla rete veneta, più 5,6 dei grandi camion merci VENEZIA — Il dato è timido, anche un po' tendenziale e non ancora consolidato. Ma è certo che il traffico lungo le autostrade del Veneto è in leggero e costante aumento. Lo si vede dai camion in seconda corsia che ingessano il traffico lungo la A4, dai sorpassi dei furgoni con targa dell'Est Europa che attraversano il Passante e dai veicoli commerciali che percorrono l'asse tra Venezia e Trieste. E non solo. Tra gennaio e marzo (il dato è ancora incompleto) il traffico sulle strade a pagamento del Veneto tra Est e Ovest e viceversa è aumentato del 2,6%. «È un dato che conforta e che suggerisce un aumento degli scambi commerciali perché ormai in autostrada si va soltanto per lavoro», spiega il presidente della A4 Holding Attilio Schneck ricordando che sono in continuo aumento anche i dati dell'export. In effetti, l'aumento del traffico non si traduce in una ripresa interna dei consumi come prova anche il dato fornito da Cav che registra un aumento dei passaggi soltanto sul Passante e una diminuzione sensibile sulla VeneziaPadova, l'autostrada dei pendolari per eccellenza. A febbraio infatti i caselli della concessionaria regionale hanno visto una diminuzione secca dei passaggi del 2,5% nonostante un aumento del traffico sul Passante che ha superato il 4%. «Se questi dati si confermano c'è un segnale di ripresa, ma purtroppo non vediamo un aumento del traffico e dei consumi interni», sottolinea il presidente di Cav Tiziano Bembo a cui fa eco il presidente di Autovie (Venezia Trieste) Emilio Terpin spiegando che «il dato confortante riguarda l'aumento di veicoli commerciali e mezzi pesanti che si attesta sul 5,6%». Un'analisi più approfondita rivela che la parte del leone la fanno proprio i veicoli a 5 assi, cioé i camion con rimorchio che di solito vengono utilizzati per i trasporti internazionali. L'aumento dei passaggi sulle strade venete dunque è un segnale che intorno alla nostra regione (nei Paesi dell'Est, in Austria, in Francia e in Germania) si sta muovendo qualcosa e che la crisi potrebbe iniziare a diradarsi per lasciare spazio a una ripresa economica. Di certo questi dati mettono un po' di distanza con gli ultimi sei anni che hanno registrato un calo costante e senza variazioni di tendenza dei passaggi autostradali culminati con il 2013, definito da Terpin «l'annus horribis di Autovie». «Questi sono i primi dati positivi dal 2008 a questa parte - continua il presidente di Autovie -. Per la prima volta i chilometri percorsi sono aumentati». La crescita dei passaggi dei mezzi pesanti nei primi tre mesi del 2014 comunque non riporta nemmeno da lontano ai numeri precedenti alla crisi che hanno visto cali drammatici con punte del 10%. I gestori delle concessionarie autostradali però sono ottimisti: a partire da aprile si aspettano un consistente aumento del traffico leggero grazie a una serie di ponti (Pasqua, 25 aprile e primo maggio) che tradizionalmente si traducono in partenze e ritorni per le vacanze. Per la prima volta nella storia del traffico autostradale dunque le eventuali code che si dovessero formare ai caselli dovranno essere accolte come un segnale positivo e non con il consueto mantra (irriferibile) dell'automobilista. Per quanto riguarda i dati tecnici, i chilometri percorsi in gennaio e febbraio lungo la tratta di Autovie (che dà la misura degli ingressi e delle uscite in Veneto) sono passati da 301 milioni a 306 con un incremento complessivo dell'1,67%. Suddividendo i dati tra traffico leggero e pesante, l'incremento riguarda entrambi i settori con un + 1,33% per il leggero (da 202 milioni a 205 milioni di chilometri percorsi) e un 2,37% per il pesante (da 98 a 101 milioni di chilometri). Il dato - per tutte le tratte autostradali - è ancora più evidente nel mese di febbraio (dato che però si consoliderà ad aprile) rispetto a quello di gennaio: in febbraio i chilometri percorsi dai mezzi pesanti sono passati da 27 milioni a 29 milioni con un aumento secco del 8%. In flessione invece i mezzi di classe B (cioé i furgoni e i camioncini legati soprattutto al commercio al dettaglio e all'edilizia) e i pendolari (sono appena tremila in tutto il Veneto quelli che hanno chiesto lo sconto), segno questo che l'economia regionale interna è ancora in affanno e che ci vorrà ancora del tempo prima di agganciare una ripresa consistente. Al.A. BONIFICHE. Due mesi fa sono scaduti i termini per la raccolta delle informazioni. Un tecnico dell'Arpav: «Ci aspettavamo un maggior impegno da parte degli enti locali» Amianto, un Comune su 2 non ha fornito i dati Lorenza Costantino Per Palazzo Barbieri gli edifici «a rischio» sono 10 comprese tre scuole. La Provincia è nella lista «Mappatura in corso» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 17 L'amianto nel Veronese è ancora molto, e potenzialmente pericoloso. Ma, ancora peggio, in tanti casi non si sa nemmeno dove si nasconda. Solo un Comune scaligero su due, infatti, ha risposto alla mappatura voluta dalla Regione per tutto il territorio veneto. Ora i dati - che serviranno a stilare una «classifica» dei casi più gravi, da bonificare al più presto - sono al vaglio dell'Arpav, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale. Però risultano, appunto, incompleti e lacunosi. Nel Veronese, sono stati segnalati 58 edifici di proprietà di Comuni e Provincia contenenti amianto. È la punta di un iceberg. Verona ne conta 10 entro i suoi confini. VENT'ANNI DOPO. Ma cominciamo dall'inizio. Sono passati 20 anni esatti da quando l'Eternit e gli altri materiali contenenti amianto, il minerale altamente nocivo per la salute, sono stati definitivamente tolti dal commercio. Si è scoperto, purtroppo sulla pelle di chi lavorava negli impianti di produzione o ci viveva vicino, che l'inalazione prolungata di quelle microscopiche fibre può causare, anche a distanza di decenni, patologie molto serie: l'asbestosi, i tumori alla pleura e il carcinoma polmonare. Ma l'impiego dell'amianto fu talmente massiccio, dal secondo dopoguerra in poi, che ancora oggi se ne trova in grande quantità sotto forma di coperture, tettoie, tubi e pavimentazioni. MAPPATURA. Il problema, insomma, è tutt'altro che risolto. Perciò, per cominciare, da Venezia è partito l'ordine a Comuni e Province di mappare gli edifici pubblici che ancora contengono amianto: scuole (incluse le paritarie), impianti sportivi e sedi di enti. Si tratta della prima fase. In un secondo momento, si stenderà la lista anche di altre costruzioni pubbliche e private. Due mesi fa sono scaduti i termini, prorogati già una volta, per l'invio dei dati. E l'Arpav, su incarico della Regione, ha compilato un dossier, che adesso è on-line sul suo sito. I responsabili della mappatura non nascondono la delusione: «Ci aspettavamo un maggior impegno dagli enti locali». UNO SU DUE. Risultato sconfortante. Soprattutto perché poco più di un Comune veronese su due ha aderito alla mappatura: 54 su 99 (Provincia compresa). Di questi, tra l'altro, 10 hanno risposto che, sì, sul loro territorio insistono siti con amianto, però non riescono a fornire ulteriori informazioni. Ciò significa che la maggior parte delle amministrazioni locali - quelle che non hanno inviato i dati o che lo hanno fatto in modo incompleto - non sa dove si trovi il materiale nocivo. Oppure, ancora peggio, snobba l'importanza della questione. Risultato, però, sostanzialmente in linea con la media regionale. Sui 588 enti pubblici veneti, 309 hanno risposto all'appello, pari al 52 per cento. Fra loro, 159 hanno ammesso la presenza di amianto sul proprio territorio. Gli altri 150, invece, hanno escluso con sicurezza che gli edifici di propria competenza abbiano questo problema. IN CITTÀ. Secondo quanto comunicato da Palazzo Barbieri, gli edifici pubblici cittadini contenenti amianto sono 10. La quantità del materiale varia dai 12 metri quadrati di una tettoia nel campo sportivo di via Turazza, a Ca' di David, ai 580 metri quadrati del tetto della sesta circoscrizione, in Borgo Venezia. Sono coinvolte anche tre scuole. La materna di Avesa, l'elementare Fraccaroli di Borgo Trento e le medie di Parona: su di esse, il Comune non ha fornito ulteriori dettagli. Nella lista anche l'impianto sportivo di via Lussemburgo, in Zai; l'ex scuola Scuderlando di via Marchi, in Borgo Roma; il circolo Castiglione di via Sasse, a San Michele; e lo stadio Bentegodi, dove permangono alcune lastre. Ma l'elenco, fanno sapere dal Comune, «è stato compilato lo scorso dicembre, ed è in fase di aggiornamento. Può essere che, nel frattempo, siano già stati avviati o programmati lavori di rimozione». ENTE PROVINCIA. La Provincia è fra gli enti che, nell'elenco dell'Arpav, appare inserita nella colonna «Mappatura in corso». Però, contattato l'assessore all'edilizia scolastica, Marco Luciani, si viene a sapere che «gli uffici non stanno lavorando alla compilazione di questa lista». In merito alla presenza di amianto negli edifici di competenza provinciale, tra cui le scuole superiori, Luciani risponde senza l'evidenza dei numeri: «Non dovrebbe essercene. Sappiamo che piccoli residui si trovano ai Palazzi Scaligeri, in qualche manicotto o scarico». «La lista serve a stanziare i fondi per i luoghi a rischio» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 17 Gli enti locali hanno avuto un anno di tempo, dal febbraio 2013 allo scorso gennaio, per segnalare all'Arpav le proprie strutture con amianto. Oggi, a mappatura chiusa nonostante le tante lacune, Claudio Martinelli, responsabile dell'Unità operativa amianto dell'Arpav, si lascia sfuggire: «Pensavamo, in effetti, di ricevere un numero molto superiore di risposte». Ma tant'è, si parte a lavorare dai dati che si hanno in mano. «Il monitoraggio non ha solo uno scopo conoscitivo, ma anche pratico», spiega infatti Martinelli. Che sottolinea: «Il primo passo è realizzare una graduatoria dei siti più a rischio, attraverso un algoritmo che tiene conto della quantità e dello stato di conservazione dei materiali. La lista serve alla Regione per sapere dove destinare, in prima battuta, i fondi per le bonifiche stanziati attraverso il Decreto del fare dell'ultima estate». Non solo. «Si è voluto incitare gli enti locali, in questo modo, a localizzare i siti con amianto di loro competenza. Premesso che la minaccia per salute si ha solo quando questi prodotti si deteriorano e si sgretolano, diffondendo le fibre, è importante sia controllare periodicamente la compattezza delle lastre sia evitare di perforarle durante le manutenzioni, o di spezzarle accidentalmente. Cerchiamo, cioè, di far capire che è molto pericoloso non sapere dove si trova l'amianto». La scheda che Comuni e Provincia dovevano (o avrebbero dovuto) compilare comprendeva, infatti, l'estensione e la tipologia dei materiali con amianto. E si chiedeva inoltre di specificare se fossero o meno friabili, e quanto distanti dall'abitato. Secondo la normativa, ricorda infine Martinelli, «la bonifica va fatta entro un anno nei casi prioritari, e al massimo entro tre per gli altri. Rimozione e smaltimento vanno eseguiti da specialisti per evitare rischi».L.CO. I siti elencati sono 58, maglia nera a Grezzana mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 17 Come è stato facile utilizzarlo in abbondanza a suo tempo, così oggi è difficile rintracciarlo e smantellarlo. L'amianto è ancora ampiamente diffuso, e chissà quant'altro tempo passerà prima che resti solo un triste ricordo. Sul totale dei 98 Comuni veronesi, solo 16 compresa la città hanno saputo indicare la presenza di edifici pubblici contenenti amianto sul proprio territorio, rispondendo all'appello di Venezia. I siti elencati sono in totale 58. Sarà la Regione a renderli noti, mettendoli on-line quando, a ottobre, l'Arpav avrà ultimato l'analisi di tutte le schede ricevute. Per adesso si può sapere solo che le località ad averne in maggior numero sono Grezzana, 11, Legnago, 10, e Verona, 10. Ci sono poi Sommacampagna, 4; Albaredo d'Adige, Arcole, Bussolengo e Gazzo Veronese, 3. E poi, due edifici pubblici con amianto a Garda, San Giovanni Lupatoto e San Martino Buon Albergo. Uno, infine, ad Angiari, Nogara, Soave, Terrazzo e Villa Bartolomea. Solo 28 Comuni si sono dichiarati con certezza «amianto-free», almeno per quanto riguarda le strutture di loro proprietà: Badia Calavena, Belfiore, Bosco Chiesanuova, Bovolone, Buttapietra, Casaleone, Castel d'Azzano, Castelnuovo, Cavaion, Cologna Veneta, Colognola ai Colli, Costermano, Dolcè, Lavagno, Lazise, Malcesine, Marano, Mezzane, Mozzecane, Nogarole Rocca, Pescantina, Peschiera, Roverè, San Giovanni Ilarione, San Pietro di Morubio, Sant'Ambrogio, Sant'Anna d'Alfaedo e Vigasio. Viceversa, buona parte degli enti interpellati, il 46 per cento, non ha fornito alcun dato: percentuale di reticenza in linea con la media regionale. Ma se a questi si sommano i Comuni che ammettono di avere siti con amianto, senza però essere in grado di specificare null'altro, nemmeno il numero, la quota sale al 56 per cento. Fra i «silenti» ci sono molte località piccole o di montagna, però compaiono anche i Comuni più grandi della provincia. Non hanno risposto, per esempio, Villafranca, San Bonifacio, Negrar, Valeggio sul Mincio, Isola della Scala… Ad oggi, quindi, non c'è modo di sapere quanto amianto vi sia entro i loro confini e in quale stato, ignorando potenziali situazioni di rischio per la popolazione.L.CO. EDILIZIA. L'azienda veneziana Ccc (Cantieri, costruzioni, cemento) ha proposto 1,5 milioni Un'offerta per rilevare la Mazzi e i suoi cantieri Manuela Trevisani Si allontana per ora il fallimento ma l'operazione è subordinata al buon esito del concordato e al giudizio dei creditori sul piano mercoledì 26 marzo 2014 ECONOMIA, pagina 41 Si apre qualche spiraglio per la storica impresa edile Mazzi spa, ammessa al concordato preventivo in ottobre: nei giorni scorsi, infatti, l'azienda Ccc - Cantieri Costruzioni Cemento di Musile di Piave, in provincia di Venezia, ha ufficializzato la propria offerta per l'acquisizione dei cantieri della Mazzi. Offerta che ammonterebbe a 1,5 milioni di euro, subordinata però al buon esito del concordato, oltre che alla rinuncia da parte dei lavoratori all'assunzione nella nuova azienda (attraverso la sottoscrizione dell'articolo 411 del codice di procedura civile). I LAVORATORI RIMASTI. I dipendenti rimasti in forza alla Mazzi sono ad oggi 49, di cui una trentina veronesi: molti, infatti, avevano contratti a tempo determinato, ormai scaduti, o sono fuoriusciti dall'azienda, riuscendo a trovare un'altra occupazione. Chi invece è tuttora alle dipendenze della Mazzi potrà godere della cassa integrazione straordinaria fino al prossimo ottobre: in questi giorni i lavoratori si sono riuniti in assemblea con i rappresentanti sindacali di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil e si sono dichiarati disponibili a firmare la liberatoria, ottenendo un indennizzo di 2 mila euro netti. Ciò allontana, almeno per il momento, l'ombra del fallimento, che difficilmente consentirebbe ai dipendenti di ottenere tutte le mensilità arretrate e altri compensi spettanti: il concordato, invece, tutela i creditori privilegiati, tra cui figurano in particolar modo proprio i lavoratori. A metà aprile è prevista l'assemblea in cui i creditori si dovranno esprimere sul piano di concordato: poi la parola passerà al Tribunale civile, che dovrà decidere se concedere l'omologa o, in caso negativo, andare nella direzione del fallimento. L'AZIENDA VENEZIANA. La Ccc - Cantieri Costruzioni Cemento è un'impresa edile con oltre sessant'anni di storia, fondata nel 1946 a Musile di Piave per partecipare all'esecuzione dei lavori di bonifica e di sistemazione idraulica nel Veneto Orientale del Dopoguerra. Negli anni l'attività si è poi indirizzata verso la produzione e la posa in opera di manufatti in cemento armato e la realizzazione di progetti integrati nei settori dell'irrigazione, degli acquedotti e delle fognature, in Veneto ma anche in altre regioni. Di recente si è concentrata soprattutto su commesse nell'ambito degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna e per il risanamento ambientale di Porto Marghera. I CANTIERI ANCORA APERTI. L'offerta che la Ccc - Cantieri Costruzioni Cemento ha avanzato prevede l'acquisizione dei cantieri che la Mazzi spa era riuscita ad aggiudicarsi prima di entrare in crisi alla fine del 2012: tra questi, la realizzazione di edifici e altre opere di ricostruzione post terremoto de L'Aquila, alcuni lavori relativi all'impianto di termovalorizzazione di Ca' del Bue e altri cantieri privati. Molti di questi cantieri, però, al momento non sono ancora operativi: perciò si è resa indispensabile la rinuncia all'assunzione dei lavoratori in Ccc, che potranno godere della cassa integrazione fino a ottobre, nella speranza che allora le opere siano finalmente state avviate. Plebiscito, contestati i numeri «Non più di 100 mila votanti» Celebrazioni Lo studio del venetista Palmerini, ingegnere informatico: «I conti non tornano» I dati di 3 società di controllo dei flussi web confermano. Busato: «Vi smentirò» VENEZIA — Due milioni e mezzo di voti in una settimana sono tanti. Anche in una regione che dell'indipendenza ha fatto la sua bandiera e che ogni giorno si scatena su internet e sui social media contro uno stato «usurpatore ed oppressore». E infatti proprio su internet e sui profili Facebook di alcuni venetisti si stanno moltiplicando i dubbi sul risultato ottenuto da Gianluca Busato e dai novelli web-secessionisti. I critici sottolineano che le persone che hanno votato sul sito web plebiscito.eu non arriverebbero a centomila, una cifra decisamente distante da quella comunicata venerdì in piazza dei Signori a Treviso dai promotori del referendum secessionista. A supporto di questa tesi sono state allegate le statistiche e i calcoli di Alexa, Calcustat e Trafficestimate, tre contatori che monitorano gratuitamente il traffico in entrata e in uscita di qualunque sito web per stimarne il valore economico per conto delle concessionarie di pubblicità. Sia chiaro che questi numeri non hanno alcun valore scientifico e si tratta solo di stime basate su algoritmi di calcolo e per questo vanno considerate indicative, tanto che lo stesso fondatore di Trafficestimate ricorda che «è difficile riportare l'esatto flusso di traffico di un sito internet e si può solo fornire un dato compreso in una forbice del 20%». Ci si aspetterebbe dunque che il traffico riscontrato sul sito di Busato - esperto informatico e fondatore della web company Digitnut - riporti tra i due milioni e i tre milioni di utenti, cioé rispettivamente il 20% in meno e in più dei voti riportati dagli indipendentisti. Non è così. Andando su Trafficestimate si scopre che le pagine di plebiscito.eu visitate nel mese di marzo sono state circa 135 mila. Ponendo che il sito non sia mai stato nemmeno sfiorato durante tutto il mese tranne la settimana dal 16 al 21 marzo (in cui è stato ampiamente pubblicizzato il referendum) si possono concentrare i dati in quei sei giorni arrivando a una media quotidiana di 22.500 pagine visitate che è già un risultato più che ragguardevole e che corrisponde anche alle statistiche di Facebook. Sui social media che riportano le statistiche in chiaro infatti la pagina di plebiscito.eu è stato visitata da 22.572 persone al giorno che corrisponde grossomodo alle visite ricevute dal sito. Il dato incrociato di Trafficestimate e Facebook è confermato anche da Calcustat che stima una media di 4500 visitatori al giorno per tutto il mese di marzo. Anche qui, se concentriamo i dati nei sei giorni del referendum (moltiplichiamo 4500 per 30 giorni e lo dividiamo per 6) il risultato è di nuovo 22.500. «Negli ultimi vent'anni ho smascherato diverse truffe elettorali e credo sia urgente fare chiarezza», scrive nel suo blog il venetista Loris Palmerini a cui fanno eco i blogger di Rischiocalcolato e De.straba.us. Anche ponendo che tutti i visitatori abbiano votato dunque il risultato non potrebbe superare i centomila elettori come suggerisce anche il sito Alexa.com che monitora il traffico internet per conto del colosso Amazon. Visto che i numeri di Alexa non sono espressi in valore assoluto ma in percentuale rispetto ad altri siti abbiamo inserito come elemento di paragone le visite uniche del sito del Corriere del Veneto (dei cui dati siamo certi) e fatto girare il counter. Il sito corrispondente all'indirizzo 54.83.13.17 registrato da Gianluca Busato a Klapparstigur 101 Reykjavik (Islanda) e con webserver ad Ashburn in Virginia, presso la società Amazon Technologies registra nella settimana del referendum tra le 25 e le 30 mila visite al giorno, dato che supera di poco le centomila visite totali riferite dagli altri due contatori. «Fate pure tutti i calcoli che volete e presto sarete smentiti», ribatte il diretto interessato contattato in serata perché per alcune ore nel pomeriggio di ieri il sito plebiscito.eu era diventato inaccessibile. «Abbiamo fatto una migrazione perché non avevamo più bisogno di server potenti quanto quelli che hanno dovuto sostenere due milioni e passa di elettori, adesso basta meno», spiega Busato che promette: «La verità sui voti la leggerete nei prossimi giorni in una rivista americana specializzata, non sulla stampa italiana». Alessio Antonini FISCO. Da uno studio: rincari di oltre mille euro Allarme della Cna: in arrivo maxi-Tasi su imprese venete Verona, caro-tasse su laboratori artigiani: fino a +225 euro mercoledì 26 marzo 2014 REGIONE, pagina 7 «È sempre più concreto il rischio per le imprese venete di subire una "maxi Tasi", che farebbe lievitare quest'anno l'Imu 2013 di una somma compresa tra i 67 e i 197 euro, per un laboratorio, e tra i 378 e i 1.102 euro, per un opificio». Lo afferma la Cna del Veneto che con il suo Osservatorio Fiscalità e in collaborazione con lo Studio Sintesi di Mestre, ha analizzato la tassazione locale dei comuni veneti, a cavallo tra Ici, Imu e Iuc (Tasi+Tari). L'allarme si basa sui numeri e sulla prassi che ha visto le amministrazioni locali preferire far leva sulle imprese e le attività produttive piuttosto che sulle residenze (prima casa, ma anche seconda) nella scelta delle aliquote da applicare alle diverse tipologie di immobili. Il rischio è strettamente legato alla probabilità che la Tasi, che sostituisce l'Imu, non prevedendo l'applicazione delle detrazioni fisse (200 euro di base e ulteriori 50 euro per ciascun figlio) sulle abitazioni principali, finirà per essere più onerosa dell'Imu 2012. Per un laboratorio artigiano in Veneto, l'Imu nel 2013 era in media di 570 euro (738 euro a Verona). Con il debutto della Tasi il carico fiscale potrebbe salire dai +67 euro ai +143 euro (a Verona dai +84 euro ai 158 euro). Inoltre, nell'ipotesi di applicazione dello 0,8 per mille oltre il livello massimo (aliquota dell'11,4‰), l'imposizione complessiva nel 2014 sarebbe superiore di 196 euro rispetto all'Imu del 2013. E a Verona si arriva a +225 euro. Per un opificio in Veneto, invece l'Imu media nel 2013 era di 3.202 euro (2.933 euro a Verona). Nel 2014, a seguito dell'introduzione della Tasi, l'imposizione potrebbe crescere di un importo che si collocherebbe tra i +378 euro e i +800 euro. Nel Comune scaligero si va da +336 euro a +626 euro. Inoltre, ipotizzando l'applicazione dello 0,8 per mille oltre il livello massimo (aliquota dell'11,4‰), Imu+Tasi nel 2014 supererebbe di 1.102 euro l'Imu del 2013. A Verona invece è inferiore: +896 euro. PARLIAMO ANCHE DEGLI EVASORI di SANDRO MANGIATERRA B asta con le tasse versate a Roma ladrona. Gira e rigira, sempre lì si finisce. A unire i due milioni (o quanti siano, ma pare molti meno secondo i retroscena che racconta oggi il Corriere del Veneto) di votanti al «plebiscito» per l'indipendenza del Veneto, è soprattutto il radicato, inscalfibile, rabbioso sentimento antifisco. Un sentimento ormai di lunga data, che attraversa le categorie, rimane per un pò sottotraccia ma poi riemerge minaccioso. Non a caso Gianluca Busato, il promotore del referendum online, ha tuonato: «Fin da oggi le imprese e i cittadini veneti sono legittimati a non pagare più le tasse immorali dello Stato italiano». E giusto per rincarare la dose: «Il Consiglio dei dieci varerà subito un decreto per l'esenzione fiscale totale». Sarà. Peccato che Busato, e con lui gli indipendentisti della prima e dell'ultima ora, dimentichino un piccolo particolare. Il vero problema, in Italia e anche a Nordest, è esattamente opposto: farle pagare le tasse, stroncare i furbetti dello scontrino, in sostanza combattere quell'enorme mole di evasione che in Europa ci vede al pari della Grecia e di Cipro. A giochi fatti, sulla scia dell'interesse da parte dei media stranieri, gli osservatori di ogni razza e colore hanno rizzato le antenne. Tutti a dire che la consultazione non va affatto snobbata, che è la spia di un malessere reale, che la «questione veneta» rappresenta per Matteo Renzi un autentico banco di prova, eccetera eccetera. Meglio tardi che mai. Sono decenni che il Veneto lamenta la carenza di infrastrutture, assiste al dirottamento degli investimenti verso altre aree, lancia grida di dolore contro il peso della burocrazia. E giustamente pretende una più equa redistribuzione delle risorse: potere impiegare sul territorio i venti e passa miliardi di residuo fiscale, quattrini prelevati sull'asse della Serenissima e puntualmente lasciati a Roma, significherebbe mettere le ali a una regione dove il pil dall'inizio della crisi ha fatto un balzo indietro di 13 anni. Tutto vero, tutto giusto. C'è da augurarsi che il governo, come promesso da Maria Carmela Lanzetta, ministro per gli Affari regionali, dia risposte forti, sotto forma di riforme concrete. Guai però dimenticare la madre di tutte le battaglie: la lotta all'evasione. Perché senza dubbio non è accettabile una pressione fiscale al 44,3 per cento, con punte che secondo la Cgia di Mestre arrivano al 63 per cento nei confronti delle microimprese. Ma è altrettanto inaccettabile che un quinto della ricchezza del Paese sfugga completamente all'erario. In concreto, stando alle stime della Corte dei conti, sono 130 miliardi annui sottratti alle casse dello Stato. Per giunta, è sconcertante scoprire che gli uffici delle Entrate, dal 2000 al 2012, su 807,7 miliardi di cartelle esattoriali emesse a ruolo sono riusciti a recuperare appena 69,1 miliardi. Per cominciare, le associazioni di categoria, commercianti, artigiani, industriali, potrebbero dare il buon esempio, inasprendo i propri codici etici. Tradotto, gli evasori vanno espulsi senza se e senza ma, esattamente come avviene (o dovrebbe avvenire) per chi è in odore di mafia. Qualunque (legittima) richiesta di maggiore autonomia, autogoverno, federalismo fiscale, non può che partire da qui: chi evade avvelena anche te, digli di smettere. Venezia e Mestre riprovano a separarsi Depositate 9mila firme per il referendum VENEZIA - Separazione, Venezia e Mestre ci riprovano per la quinta volta dopo le quattro consultazioni che nel 1979, 1989, 1993 e 2003 hanno scandito la convivenza imposta nel Ventennio per risparmiare sui costi dei municipi e della rappresentanza, tema per altro attualissimo. Ieri in consiglio regionale i promotori del coordinamento dei Comitati per l'autonomia, gli avvocati Marco Sitran per Venezia e Stefano Chiaromanni per Mestre, hanno depositato 8.965 firme a sostegno della consultazione e la proposta di iniziativa popolare per suddividere il comune. C'è il controllo di regolarità delle firme da superare, poi il vaglio di ammissibilità del Consiglio col viaggio di andata e ritorno in commissione Affari Istituzionali, ci sono i dubbi sulla tempistica sollevati dal sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e dallo storico separatista Mario D'Elia. Ma la voglia di autonomia è tornata sulla cresta dell'onda e il governatore Luca Zaia è in sintonia con lo spirito del tempo: «Rispetto la volontà popolare – dice - a qualunque livello essa si esprima: comunale, regionale o nazionale. Ben venga il referendum tra Venezia e Mestre anche se ormai si tratta di un dibattito annoso che puntualmente culmina in una fase acuta. Siamo al quinto tentativo e finora nessuno ha dato esito positivo. Comunque, se sono state rispettate tutte le formalità del caso, non ho nulla da eccepire, anzi, è bene che gli abitanti di Mestre e Venezia dicano la loro sul tema». Almeno per Venezia, secondo l'assessore regionale (mestrino) di Forza Italia Renato Chisso, c'è una spiegazione a questo eterno ritorno: «Quando le cose non vanno bene, c'è questo riproporsi del referendum osserva -. Questa città è mal governata e, come sempre, nei momenti di evidente malgoverno, i cittadini chiedono certezze. E' una prospettiva interessante ma io non sono per il sì». Perché il punto è amministrare a dovere Venezia e Mestre e ragionare bene sulle conseguenze nell'incerta fase di passaggio tra Provincia e Città metropolitana. È quello il passaggio cruciale secondo il deputato del Pd Andrea Martella: «Nel momento in cui 86 Province stanno per essere messe definitivamente in archivio e ci si avvia alla nascita della Città metropolitana di Venezia, le idee a sostegno del quinto referendum separatista sono ancor più miopi e antistoriche: un progetto animato da una visione piccola, che ignora la necessità di costruire aree urbane più forti». La Città metropolitana era l'orizzonte del fronte del No anche nel 2003, a proposito di corsi e ricorsi. Oggi, il primo scoglio da superare è l'ammissibilità, perché le firme potrebbero essere state raccolte troppo presto, prima dello scadere dei dieci anni tra una consultazione e l'altra, come va dicendo D'Elia da mesi. «Quest'anno termina la moratoria ma le firme sono state raccolte prima, sono quindi inefficaci», concorda Orsoni. L'ufficio legale della Regione ha studiato la questione sei mesi fa ma è passato del tempo e insomma l'istruttoria sarà da rifare. «Abbiamo avuto rassicurazioni anche oggi: tutto valido – ribatte Chiaromanni – Queste sono obiezioni di chi ha paura del voto popolare. Stavolta le città si schiereranno con noi ma a Zaia chiederemo se c'è proprio bisogno del quorum, non necessario in un referendum consultivo». Monica Zicchiero LA PROPOSTA. Movimento per la decrescita felice e Terra viva lanciano l'idea ai candidati Valpolicella patrimonio protetto dall'Unesco Gianfranco Riolfi L'adesione di associazioni e liste non è tardata ad arrivare «Il riconoscimento bloccherebbe i deturpatori di questo territorio» mercoledì 26 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 27 La Valpolicella Patrimonio dell'Unesco piace alle associazioni e alle liste civiche. La proposta di mettere la terra del vino e dell'arte sotto la tutela dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, è stata lanciata qualche settimana fa dal «Movimento per la decrescita felice», l'Mdf, di Verona, e dall'associazione per l'agricoltura biologica «Terra Viva». Tale proposta è stata accolta favorevolmente dal territorio, come opportunità per fermare il degrado e la cementificazione della Valpolicella. Fino ad oggi sono sei le liste civiche che hanno scelto di inserire la proposta nei loro programmi elettorali per le amministrative di maggio e sono una quindicina, sulle 20 invitate, le associazioni che hanno sottoscritto e dato la propria adesione al progetto, tra cui «VeronaGreen, Valpolicella 2000», «Fumane Futura», «Musa Antiqua», «Slow Food» e «Salvalpolicella». Il Movimento per la decrescita e «Terra Viva» hanno deciso di rivolgersi all'Unesco, come dicevamo, soprattutto per opporsi alla «cementificazione selvaggia e alla continua costruzione di nuove abitazioni, infrastrutture ed edifici industriali che deturpano la bellezza di questa vallata mettendo a rischio la salute dei suoi abitanti», dicono. Attualmente, Montalcino e la Val d'Orcia in Toscana sono le uniche zone a vocazione vitivinicola in Italia ad aver ottenuto, nel 2004, il riconoscimento di «Patrimonio dell'Umanità» ma altri territori vitivinicoli italiani si stanno muovendo e hanno già avanzato la richiesta del prestigioso riconoscimento Unesco, come il Chianti, le Langhe-Monferrato (Barbera-Barolo) e la zona del Prosecco di Valdobbiadene. «E perchè non la Valpolicella?», sottolineano i promotori, «questo riconoscimento potrebbe avere un enorme ritorno in termini economici, di immagine, notorietà, promozione del territorio e accesso a finanziamenti ma, soprattutto, consentirebbe di porre dei vincoli ai deturpatori del territorio, che non potranno più agire indisturbati». Per richiedere la candidatura dovrà essere organizzato un convegno di ampio respiro, con la partecipazione di tutto il territorio, patrocinato dalla Commissione nazionale italiana per l'Unesco a Roma, che si incaricherà di presentare la proposta alla sede internazionale di Parigi. Per iniziare, Mdf e «Terra Viva» hanno in programma un pre-convegno, che dovrebbe svolgersi ai primi di maggio, prima delle elezioni amministrative, con il titolo «Il futuro della Valpolicella: biodistretto e patrimonio dell'umanità?». «Lo scopo di questo primo evento», spiegano, «sarà di presentare l'idea alla cittadinanza e alle forze politiche che si candideranno, per chiedere il loro impegno in caso di elezione». La Valpolicella si unisce attorno ad un obiettivo importante. «Il progetto del Biodistretto, la progressiva e graduale conversione al biologico del territorio, percorso culturale fortemente sostenuto e promosso da Terra Viva, potrebbe rappresentare un ulteriore valore aggiunto a rafforzamento della candidatura». Europee, la Lega spinge Tosi in campo E pensa anche a Zaia I due leader per superare lo scoglio del 4% VERONA — Flavio Tosi potrebbe essere il capolista della Lega Nord alle prossime elezioni europee. L'ipotesi circola da alcuni giorni a Palazzo Barbieri, ma nelle ultime ore sembra aver preso sempre più consistenza. A «premere» sul sindaco affinchè si candidi sono molti tra i suoi seguaci, sulla base di un ragionamento politico che possiamo riassumere così: Tosi attraversa un momento difficile, forse il più delicato della sua vita politica. E le elezioni del 25 maggio, in cui contano assai le preferenze personali, sono l'unico modo di dimostrare ad aficionados e avversari che, nonostante tutte le traversie di questi mesi, Tosi è ancora Tosi, ha ancora un appeal forte, è ancora in grado di calamitare migliaia di preferenze in tutto il Triveneto: perdere questa occasione – è la conclusione - vorrebbe dire continuare a farsi rosolare a fuoco lento dagli avversari sia esterni che interni. Il sindaco, secondo fonti certe, «sta valutando questa possibilità». E la decisione potrebbe arrivare entro pochi giorni. Un sindaco, lo ricordiamo, è eleggibile ma poi sarebbe incompatibile con l'Europarlamento, e se fosse eletto dovrebbe poi dimettersi da uno dei due incarichi. Ma il problema, come abbiamo detto, sembra essere quello di dare una «prova di forza» assai più che quello di restare poi a Strasburgo. Se questa è l'ipotesi sul tavolo, ce n'è poi anche un'altra, ancora più «interessante» politicamente, anche se per ora meno concreta: quella che la Lega, per fare il pieno di consensi (c'è da superare la soglia del 4% nazionale…) chieda anche a Luca Zaia di mettersi in lista. Il che trasformerebbe le elezioni europee in una sorta di «primarie interne» per le elezioni regionali dell'anno prossimo. Ipotesi decisamente «divertente», ma al momento ancora abbastanza remota. Per ora. Gli alfaniani Intanto l'aria frizzante del pre-elezioni sta agitando le acque in tutti i partiti. Clamorosa la novità nel Nuovo Centro Destra: il partito di Alfano sta per accogliere tra le sue braccia il consigliere regionale di Futuro Popolare, Stefano Valdegamberi. Il «patto d'ingresso» si baserebbe sull'adesione di Ncd al referendum indipendentista (da tempo battaglia principale di Valdegamberi in Regione) ma anche su di un accordo che vedrebbe Valdegamberi riconfermato in Regione, nel 2015, in cambio di un suo appoggio alla candidatura a parlamentare di Giancarlo Conta (oggicapogruppo di Ncd in Regione) alle prossime elezioni politiche. Tornando alle elezioni europee, le acque sono agitate nei due partiti maggiori. I berlusconiani In Forza Italia, molti saranno i chiamati ma inevitabilmente pochi gli eletti (furono 5 la volta scorsa, ma allora gli azzurri avevano il 30% dei consensi, obiettivo che in questo momento pare assai difficilmente raggiungibile, secondo tutti i sondaggi). In corsa, in Veneto, ci saranno un capolista deciso a livello nazionale (che quasi certamente sarà l'ex ministro Renato Brunetta), le uscenti Elisabetta Gardini e Lia Sartori, l'assessore regionale Remo Sernagiotto e per l'ala ex An l'altro europarlamentare uscente Sergio Berlato. Poco spazio quindi per eventuali new entry, anche se la senatrice Cinzia Bonfrisco sta tenendo i suoi fan sul chi vive, nell'incertezza su di una sua possibile candidatura. Per l'ala ex An veronese, rientrata l'ipotesi Massimo Giorgetti, potrebbe invece mettersi in lista il presidente della Provincia, Giovanni Miozzi. Sempre per quanto riguarda la rinata Forza Italia, da registrare anche la battaglia in corso per conquistare la segreteria cittadina, cui guarda il capogruppo in Comune, Daniele Polato, ma che i seguaci dei Giorgetti chiedono per uno di loro: se la spuntassero, il nome più gettonato è quello dell'ex consigliera comunale Elena Traverso. I democratici Passando infine al Pd, molti i nomi di chi vuol correre, rispetto ai posti disponibili. In Veneto sarà capolista Paolo De Castro, ma sarà candidata anche l'ex ministro Cecile Kyenge, correrà poi Alessandra Moretti, e potrebbe esserci Laura Puppato. Dopo di che sono intenzionati a mettersi in corsa l'uscente Franco Frigo e l'ex ministro Flavio Zanonato. Con pressioni su questi ultimi due affinchè uno di loro rinunci, per non rischiare di restar fuori entrambi, tenendo conto che i candidati emiliani (nello stesso collegio dei veneti) avranno parecchi voti in più da giostrare tra loro. Per un veronese, comunque, spazio non ce ne sarà. Lillo Aldegheri «Al Catullo un grande futuro Obiettivo 8 milioni di passeggeri» Arena: l'accordo con Save significa crescita, vogliamo recuperare tutti i cassintegrati. Il dg Bassetti? Può restare Presidente Arena, Save metterà sul piatto per il Catullo oltre 30 milioni di euro ed otterrà in cambio, da subito, l'amministratore delegato. Enrico Marchi parla di «modello Treviso» dove, da anni, possiede un'ampia maggioranza di controllo e comanda da solo. «Parla da imprenditore che investe una cifra importante e, giustamente, immagina uno sviluppo secondo le sue strategie. Ma dagli auspici ai fatti ce ne passa. Come lui stesso ha detto, l'accordo è costruito per conoscersi, cominciare a lavorare insieme, integrarsi. Superando eventuali diffidenze reciproche e avendo ben presente che questa è un'opportunità formidabile per tutti, per noi a Verona come per Venezia». In che senso? «Pensate a quanto potenziale ha, dal punto di vista del turismo e dello sviluppo dei territori, potersi presentare sui mercati esteri con un "portafoglio" di 4 scali da gestire. Una cosa assolutamente inedita in Italia, dove gli altri due poli aeroportuali non sono di tipo regionale ma metropolitano. Pensate cosa significa poter coordinare e commercializzare un'offerta che riguarda una macroregione così carica di attrattività per i visitatori stranieri e per il business. Non è un caso se la valutazione della Catullo spa è arrivata a quasi 100 milioni dai 70 milioni iniziali». Ecco, come mai? «È il risultato del lavoro degli advisor, che intanto hanno riconosciuto il risanamento ottenuto: oggi il Catullo è in equilibrio, anche se Montichiari non lo è. E poi, appunto, la valutazione incorpora l'enorme potenziale di crescita del nascente polo del Nordest» Ci sono già obiettivi fissati? «Partiamo dal nostro piano industriale in essere, e dal fatto che il Catullo ha tutte le carte in regola per poter crescere fino a 7-8 milioni di passeggeri l'anno. Questa è la dimensione che in futuro potremo raggiungere, diciamo la soglia massima entro i limiti di una certa sostenibilità ambientale». È immaginabile però che l'ingresso di Save comporterà un nuovo - e diverso - business plan. «Ci saranno sicuramente delle riflessioni e degli aggiornamenti. Oggi è molto complesso pianificare il futuro degli aeroporti: parli di specializzazione nelle attività charter di Verona e magari scopri improvvisamente che si bloccano o si riducono fortemente i voli turistici verso il Nordafrica, come è successo lo scorso anno. Che fai? Ripartiremo dalle potenzialità dei nostri territori e da una certezza: lo sviluppo. Che significa, tra l'altro, occupazione». Quali prospettive si possono dare ai lavoratori cassintegrati del Catullo? «Se cresciamo, aumenterà il fabbisogno di manodopera. Il recupero al lavoro di tutti i dipendenti del Catullo cassintegrati è senz'altro un obiettivo. Ma lo sviluppo comporterà anche la ricerca di figure qualificate, per le quali tra l'altro sarà possibile immaginare un futuro di carriera nell'ambito di un sistema con quattro aeroporti». Uno di questi è lo scalo di Montichiari. Marchi ha parlato di possibili intese con i lombardi. Cosa intendeva esattamente? «Dovreste chiederlo a lui. Immagino che si riferisca, per esempio, ad intese commerciali con Bergamo. Un'ipotesi alla quale non ci siamo mai opposti. Il problema è che finora hanno parlato di altro in Lombardia. Di cause al Tar e prima ancora di concessioni da cedere. Cosa che, ribadisco, non si può fare su Montichiari». A Brescia lo scalo continua ad essere, di fatto, paralizzato. Neanche la chiusura totale di Orio per tre settimane porterà benefici. E intanto, al Catullo, nei primi due mesi dell'anno il traffico è diminuito di un altro 10%. «A Verona stiamo pagando la perdurante crisi di Meridiana, che è il nostro principale vettore. Ma ricordiamoci che gli accordi con Germanwings ed Air One dispiegheranno i loro effetti in estate con tutti i nuovi collegamenti, quindi mi aspetto un recupero di traffico. E attendiamo gli sviluppi della trattativa Etihad-Alitalia, che potrebbero essere molto interessanti per noi». Tornando agli equilibri societari. Save raggiungerà il 35% post aumento di capitale, gli enti pubblici avranno circa il 40%. Il termsheet agreement ha fissato ulteriori opzioni a salire nel capitale a favore del gruppo veneziano? «Assolutamente no. L'accordo sul Catullo significa che costruiremo qualcosa insieme. Punto. E ci sarà bisogno di una squadra forte: di un nuovo ad come del direttore generale. Intende dire che Carmine Bassetti resterà? È un'affermazione impegnativa. «Io dico che ci sarà un lavoro molto complesso da gestire, di due scali da rilanciare e con mille problematiche. Finora qui sono bastati un presidente e un dg, ma solo perché il presidente faceva anche un po' l'amministratore delegato. Ma ora le cose cambieranno, e ognuno farà il suo mestiere. Per questo dico che il direttore generale può restare. Il lavoro da fare è immenso». Claudio Trabona Nazionale al Bentegodi? In Comune non risulta mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 La Nazionale di calcio torna al Bentegodi 25 anni dopo l'incontro con l'Uruguay? A Palazzo Barbieri, proprietario dello stadio, cascano dalle nuvole. E nessuna comunicazione dalla Federazione calcio è finora arrivata alle società Hellas Verona e Chievo. Inoltre, il sito della Figc, pur calendarizzando il 4 giugno l'amichevole con il Lussemburgo, alla vigilia della partenza degli azzurri per il Mondiale in Brasile, precisa che il luogo è ancora «da destinarsi». L'unico «palleggio» cui i veronesi probabilmente si dovranno rassegnare ad assistere, quindi, è quello fra l'assessore allo Sport Marco Giorlo e l'amico, di comuni origini calabresi, Vladimiro De Marco. A caldeggiare Verona come sede della partita, nell'ufficio del presidente della Figc Luigi Abete, infatti, risulta, al momento, solo una richiesta. Portata a Roma, a nome del Comune, dicono, da De Marco. E a dispetto dell'assessore, che ha perfino negato di avergli dato l'incarico, il commerciante veronese si è pure attribuito il merito dell'evento. Un caso, quello della paternità della richiesta, alimentato quindi dal botta e risposta tra i due ormai ex amici. Quel che sembra ormai certo, a questo punto, è che difficilmente l'incontro di calcio, di cui, secondo De Marco, a Giorlo «non frega niente», si disputerà in riva all'Adige. E lo stesso Giorlo, tra l'altro, ha già precisato che il Comune «non ha ancora avuto comunicazione ufficiale» aggiungendo che, se l'Italia verrà, «De Marco potrà sempre fare l'accompagnatore». Targhe straniere, task force per smascherare i «furbetti» Centinaia le infrazioni. Altamura: «Spesso sono recidive» VERONA — Fino a qualche tempo fa erano un'assicurazione d'impunità, almeno per quanto riguarda le contravvenzioni «automatiche»: divieti di sosta, eccessi di velocità, transito su corsie preferenziali. Adesso, la vita si farà certamente più dura per i «furbetti» delle targhe straniere. L'etichetta, spesso abusata, stavolta è d'obbligo: se Verona è infatti interessata, soprattutto d'estate, da un traffico consistente di turisti, la categoria che usa sistematicamente le auto registrate all'estero per evitare sanzioni è di tutt'altra origine: autoctona. Difficile, del resto, spiegare altrimenti le decine, in certi casi centinaia, di multe collezionate da auto con targhe straniere nell'arco di un solo anno.La musica, però, sta per cambiare, grazie a una delibera europea datata 2011 e recepita in questi giorni dall'Italia, con tanto di pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale venerdì scorso. Il provvedimento consentirà di condividere, con gli altri Paesi europei che l'hanno già sottoscritta (tutti i membri Ue, tranne, al momento, Danimarca, Irlanda e Regno Unito) i dati relativi a un'automobile a partire dalla targa. Il tutto tramite comunicazioni, via web, tra la motorizzazione civile e le relative controparti degli altri Paesi. Lo strumento è già nelle mani delle polizie municipali che possono richiedere, compilando semplicemente un campo e premendo invio, informazioni sui veicoli con targa olandese. Nelle prossime settimane saranno via via implementate anche le modalità di richiesta automatica per quanto riguarda gli altri Paesi. «Per la città di Verona si tratta di una novità di rilievo, visto il fenomeno, certificato da tempo dalle nostre pattuglie delle infrazioni “recidive” da parte di auto con targhe straniere», è il commento del comandante Luigi Altamura. Si parla di un numero che viaggia sull'ordine di diverse migliaia al mese, non solo «in alta stagione». E questo perché spesso a violare le regole sistematicamente non sono gli stranieri. Ne è un esempio l'auto con targa tedesca che in un anno ha totalizzato il numero record di 150 contravvenzioni, la maggior parte per transito su corsie riservate agli autobus. C'è voluto diverso tempo, per i vigili, per poter risalire al proprietario, italiano, nato e residente in città. Per frenare questo stratagemma, diffusosi in particolare negli ultimi due anni, la municipale di Verona ha messo in piedi un'apposita task force, mettendo a punto una «lista nera» della auto più recidive. Agli agenti in servizio basta digitare la targa sul palmare in dotazione per vedere apparire tutta la «fedina». Per le auto «ricercate speciali», inoltre, è stato messo in piedi un servizio di segnalazione automatica: se queste superano un varco Ztl, il transito viene comunicato nel giro di pochi secondi. Lo scopo? Beccare l'auto con l'autista alla guida. Misure «eccezionali» che saranno, con tutta probabilità, sempre meno necessarie. Secondo la normativa, infatti, la richiesta di informazioni potrà essere inoltrata in caso di eccesso di velocità, passaggio con il semaforo rosso, circolazione su corsie preferenziali (incluse quelle di emergenza), guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, cinture non allacciate e, per le moto, guida senza casco. «Una scelta non casuale - sottolinea Altamura - sono tutte infrazioni che mettono a rischio la sicurezza di chi guida e altrui». Davide Orsato Torri, il capo dei vigili rischia tre anni e 2 mesi VERONA - Penultima udienza, ieri pomeriggio, per il processo che ruota attorno a un presunto giro di «favori» illeciti a Torri del Benaco. Per rispondere di una corposa rassegna di ipotesi di reato che, a vario titolo, spaziano dalla corruzione al falso, dall'omissione in atti d'ufficio sino alla truffa, al banco degli imputati erano finiti il sindaco Pdl di Torri Giorgio Passionelli; il comandante dei vigili Domenico Tenca; Luca De Massari (responsabile area contabile); i vigili Andrea Perbellini; Alessandro Bertera; Paolo Loncrini; Gabriele Gaioni; oltre a Diomira Guerrato, vincitrice di uno dei concorsi contestati nel capo d'imputazione e a un privato, Ruggero Scalet. Proprio nei confronti degli ultimi due, ieri, a coronamento della propria requisitoria il pubblico ministero Valeria Ardito ha chiesto la condanna, rispettivamente alle pene di due anni (Guerrato) e un anno e sei mesi (Scalet). A rischiare la punizione più pesante, tuttavia, è il numero uno dei vigili Tenca, per cui l'accusa ha sollecitato ieri tre anni e due mesi di pena. Per tutti gli altri, a cominciare dal sindaco Passionelli, invece, il pm Ardito ha chiesto l'assoluzione, «per non aver commesso il fatto» (nel caso del primo cittadino e di De Massari) e «perché il fatto non costituisce reato» (per i quattro vigili imputati). A seguire, di fronte al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Paola Vacca, la parola è passata ieri alle arringhe difensive, affidate agli avvocati Luigi Sancassani, Paolo Pellicini, Nicola Avanzi, Simona Buda, Claudio Fiorini. Fulcro dell'intero processo, un presunto giro di concorsi «truccati» e multe «sparite» che ha fatto finire nei guai i nove imputati. Fatti che risalirebbero al novembre 2008: a distanza di sei anni, ai primi di maggio, i giudici scaligeri pronunceranno la sentenza di primo grado. INIZIATIVE. Inaugurazione il 2 aprile in occasione della Giornata mondiale voluta dall'Onu Euritmie, l'arte per l'autismo mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 18 Il 2 aprile sarà la Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo voluta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. In quell'occasione Verona inaugura una serie di eventi, sotto il nome di Euritmie, che dureranno fino al 14 aprile, tra mostre, convegni e video. Per l'occasione l'ingresso di Castelvecchio e l'Arco dei Gavi saranno illuminati di luce blu. L'iniziativa è stata presentata a Palazzo Barbieri dalla consigliera con delega alla cultura Antonia Pavesi, che ha sottolineato il valore dell'arte nel dare espressione ai talenti di chiunque. Fulcro delle iniziative sarà Sala Boggian al museo di Castelvecchio dove esporranno le loro opere tre artisti con autismo. Euritmie vuol riunire le diverse realtà, associazioni di famiglie, volontariato e le istituzioni interessate al tema dell'autismo, una patologia che colpisce un bambino ogni 150 nati. Basti pensare che nelle scuole statali veronesi i bimbi e i ragazzi autistici sono circa 200 e un'altra ventina nelle scuole paritarie. L'iniziativa, che ha il sostegno di Fondazione Cattolica, serve anche a far conoscere meglio questa malattia e tutte le conseguenze che comporta, a livello familiare e sociale. L'inaugurazione sarà mercoledì 2 aprile, alle 18 con la visione del video «Vivere il quotidiano». Sabato 5 aprile si terrà il convegno «Verona per l'autismo», con i professori Bernardo Dalla Bernardina, Lorenzo Burti e Maurizio Brighenti e i dottori Marco Vesentini e Leonardo Zoccante. Altri due convegni sono in programma il 10 e il 12 aprile. «Abbiamo voluto evidenziare di più l'aspetto espressivo, pre creare un ponte tra noi e il mondo dell'autismo», ha spiegato il dottor Zoccante ricrodando che Sala Boggian sarà a disposizione delle scuole, con video e laboratori, nel periodo in cui si svolge la manifestazione. E.CARD. ARTISTI DI STRADA. Melodie d'autore accanto a monumenti e palazzi storici. Ora gli artisti sono nel mirino dei vigili «Musica nelle vie del centro con i giovani del Conservatorio» L'assessore Corsi annuncia l'esistenza di una bozza d'intesa con il Dall'Abaco. E fantastica: «Sarà un po' come a Parigi...» mercoledì 26 marzo 2014 CRONACA, pagina 19 Come sarebbe bello incontrare, negli angoli più suggestivi del centro storico, musicisti di pregio in grado di regalare una piacevole colonna sonora alla passeggiata del turista come alla camminata del veronese. Già, come sarebbe bello. Ma ciò che finora è stato solo un sogno, o tutt'al più l'inascoltata proposta di qualche mente illuminata, potrebbe presto divenire realtà. L'assessore al turismo Enrico Corsi, facendo sua un'idea suggerita un anno fa dal creativo Lamberto Bottaro, annuncia a sorpresa l'esistenza di una bozza d'accordo fra il Comune e il conservatorio Dall'Abaco. Scopo: far esibire i giovani allievi dell'istituto musicale in alcuni punti predefiniti della città antica. Forse già quest'estate, all'arrivo in massa dei turisti. Melodie «en plein air», insomma, all'aperto, accanto a monumenti e palazzi storici, ma non per mano di strimpellatori occasionali, magari più molesti che gradevoli. I futuri musicisti di Verona potrebbero garantire, sotto la supervisione del conservatorio e previo benestare del Comune, un repertorio di classe. Così che la bella Verona resti impressa nelle orecchie oltre che negli occhi dei visitatori. «Un po' come a Parigi…», fantastica Corsi, che però al contempo non vuole rinunciare alla piena regolamentazione delle esibizioni di strada. Sì, dunque, agli allievi del conservatorio. «Ho preparato un primo elenco di postazioni da sottoporre al giudizio dell'istituto». No agli spiriti liberi e alle menti troppo estrose: «Tutti gli spettacoli, specialmente quelli di strada, vanno concordati», sottolinea l'assessore. «Non può il signor Tal dei Tali mettersi a suonare in centro, dove, quando e come gli pare. Il Comune deve sapere chi è, da dove viene, e cosa ha intenzione di fare». A tal proposito Corsi annuncia pure che, dopo il regolamento per mimi e figuranti appena approvato, già causa di multe a carico di centurioni romani e mummie umane, si metterà allo studio anche quello nuovo per i musicanti di strada: «Da una parte lo vogliamo rendere più flessibile in favore degli artisti, dall'altra più garantista per il Comune. Io sono un sostenitore della musica in strada», rimarca Corsi, «però entro chiare regole». Ma questo improvviso fermento di idee arriva in seguito a diversi casi di repressione degli artisti di strada. Talvolta fra piazza Erbe e piazza Bra qualche suonatore prova a dar voce al proprio estro artistico. Ma come è successo al chitarrista della scorsa settimana, o al più celebre pianista Paolo Zanarella l'ultima estate, i vigili arrivano subito a soffocare le note illecite. Spesso, fra i disappunto degli spettatori. Certo, i vigili fanno il loro mestiere, talvolta con sforzo: «È gratificante catturare un ladro ed essere guardato come un eroe dai cittadini. Molto meno piacevole, invece, far rispettare normative impopolari e venir presi a male parole dalla gente», confida un anonimo agente. L'attuale regolamento comunale per l'occupazione del suolo pubblico da parte di artisti di strada, cui sono sottoposti musicisti ma anche pittori, scultori e giocolieri, prevede che la domanda debba essere presentata nel mese precedente all'esibizione. Con una bella marca da bollo da 16 euro, 0,52 centesimi per i diritti di segreteria, e i documenti di identità. Ma non ci si può sistemare a proprio gradimento. Le postazioni concesse sono quattro: in piazza Pradaval nel giardino; in via Roma, fronte Castelvecchio; in via Leoni agli scavi archeologici; e sul Liston, lato via Roma. Niente musica prima delle 11, nel primo pomeriggio, e la sera dopo le 20. Vietato l'uso di amplificatori e l'accompagnamento con la voce. Altro che Ramblas barcellonese o Montmartre parigina. L.CO.