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Lo Sri Lanka. Tra vecchie ferite e nuovi interessi ISSN: 2281-8553 © Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 18 October 2013 Abstract In May 2009, after 27 years of inter-ethnic strife, Sri Lankan civil war came to an end. This paper, initially analyzing different aspects of conflict between Tamils and Sinhalese, focuses on the development of relations between Colombo and India, traditional and influent partner of the island. Linked to India’s strategic interests, recent trends of Chinese approach to Sri Lanka are then analyzed, Author: Francesco Bellomia considering the fundamental geographical position of the country. In this sense, since regions of Asia-Pacific and Indian Ocean are increasing their strategic role, interests of global actors as United Language: Italiano States and Russia are taken into consideration. The current transition phase of Sri Lanka, with problems related to twenty years internal conflict still alive, will be fundamental in Keywords: Sri Lanka Sri Lankan Civil War order to understand the future of the island especially in a moment that puts Colombo at the center of an international competition. Francesco Bellomia, MA, is Associate Researcher for the Sout Asia Programme of the Institute of Advanced Studies in Geopolitics and Auxiliary Sciences (IsAG), Rome. Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 2 LO SRI LANKA. TRA VECCHIE FERITE E NUOVI INTERESSI Una convivenza difficile: guerra civile e questione tamil Gli ultimi decenni dello Sri Lanka sono stati segnati dalla violenza di una guerra civile che, seppur recentemente terminata con la sconfitta di uno dei contendenti, porta con sé numerosi strascichi, oltre che una serie di incognite circa il futuro del paese. Tra cifre ufficiali ed ufficiose è difficile ricostruire il numero preciso delle vittime di un conflitto, che ha visto colpiti in particolare i civili, sia da parte singalese che tamil. Le cifre ufficiali parlano di circa 70.000 morti e di centinaia di migliaia tra dispersi, feriti e rifugiati, ma i numeri potrebbero essere anche più elevati. Un’indagine condotta dalle Nazioni Unite nel 2011, ha rivelato come 40.000 civili sarebbero stati uccisi dalle forze governative solamente durante gli ultimi mesi del conflitto, terminato con la resa delle Tigri Tamil nel maggio 2009i. Alla base dello scontro vi sono delle dispute connesse alle differenze tra singalesi e tamil, ma le vere cause del guerra civile risalgono al periodo di dominazione coloniale britannica, che ha contribuito a formare ed alimentare una competizione di natura etnico-religiosa ii. La maggioranza singalese, di religione buddista e origine indoeuropea, sostiene di essere l’unica ed originaria popolazione dello Sri Lanka. A loro dire, la minoranza tamil, di religione soprattutto induista e gruppo linguistico dravidico, migrò nel corso dei secoli dall’India meridionale, stanziandosi nella parte settentrionale dell’isola. Da parte loro invece, i tamil rivendicano di essere autoctoni dello Sri Lanka, citando come base storica il Regno tamil di Jaffna, esistito nel nord dell’isola tra XI e XVI secolo d.C.iii Come detto però, le radici del conflitto odierno sono più un’eredità del periodo coloniale britannico. Nella gestione del proprio impero, infatti, gli inglesi adoperavano il principio del divide et impera, come in altre aree dello stesso Raj britannico, sfruttando ed accentuando le divisioni all’interno delle popolazioni assoggettate, in modo da prevenire che queste si potessero unire nella lotta al potere coloniale. In Sri Lanka, gli inglesi optarono per privilegiare la minoranza tamil, una parte dei quali venne infatti affluire appositamente dall’India, per essere impiegati nelle piantagioni di tè e caffè. Sia i posti di funzionari dell’amministrazione locale coloniale che le migliori professione nel settore pubblico, come ad esempio in ambito medico ed educativo, vennero riservati ai tamil. A questi ultimi, inoltre, veniva garantita un’istruzione di tipo britannica, attraverso scuole ed università, costruite nella zona settentrionale dell’isola. Dopo che lo Sri Lanka ottenne l’indipendenza nel 1948, la maggioranza singalese tentò di modificare la condizione che li aveva posti in una posizione di svantaggio, estromettendo gradualmente i tamil da tutti i settori di primo piano. Con un primo provvedimento, nello stesso 1948, venne tolto il diritto di cittadinanza ai tamil di origine indiana. Nel 1956 poi, attraverso l’Official Language Act, il singalese venne dichiarato lingua ufficiale del paese. Ciò comportò la perdita del lavoro per i tamil con impieghi pubblici. Con la riforma universitaria del 1970, inoltre, venne imposto un livello di sbarramento più alto per i test d’ingresso agli studenti tamil rispetto a quelli di origine singalese. Il nuovo assetto discriminatorio trovò compimento infine nella nuova Costituzione del 1972 che, oltre a rimpiazzare il nome Ceylon con Sri Lanka, abolì il vecchio articolo 29, garante dei diritti delle minoranze, assegnando al buddismo una posizione privilegiata. Ben presto, frustrazione e marginalizzazione, portarono le masse tamil a maturare una sempre maggiore consapevolezza dei propri diritti, fino alla rivendicazione dell’indipendenza delle loro regioni. La creazione di uno Stato separato, il Tamil Eelam, venne formalizzata per la prima volta nel 1976 dal Fronte unito di liberazione tamil (Tamil United Liberation Front – TULF), durante il www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 3 suo primo convegno nazionale. La nuova entità statale avrebbe dovuto includere le parti nord e nord-orientale dello Sri Lanka, abbracciando circa un terzo del territorio dell’isola e due terzi delle rispettive acque territoriali. Le origini della lotta armata tamil vanno ricercate nell’attivismo studentesco, in particolare nello Tamil Students League (TSL) nato nel 1970 e divenuto successivamente Tamil New Tigers (TNT). Nel 1976, l’ala militare del TNT divenne, sotto la guida di Velupillai Prabhakaran, l’LTTE (Liberation Tigers of Tamil Eelam), affermandosi come l’organizzazione guida della lotta armata tamil contro il governo singaleseiv. Designata come organizzazione terroristica da diversi paesi, tra i quali Stati Uniti, Unione Europea e India, l’LTTE è emersa tra i più organizzati gruppi terroristici. Le Tigri Tamil hanno perfezionato l’uso degli attentatori suicidi, inventato le cinture esplosive, utilizzato per primi le donne negli attacchi suicidi. Sono stati inoltre il primo gruppo militante a poter disporre di una, seppur limitata, aeronautica militare. Sono conosciuti inoltre, per l’utilizzo estensivo e forzato di soldati bambini, oltre che per l’uccisione di importanti uomini di Stato (il premier indiano Rajiv Gandhi e il presidente dello Sri Lanka Premadasa). Nel corso degli anni l’LTTE, grazie anche ai finanziamenti della diaspora tamil, ha assunto il pieno controllo delle regioni settentrionali e orientali, instaurando un’amministrazione parallela, con tanto di governo, Parlamento, moneta, banche, poste, ospedali e scuole. Bisogna sottolineare però, come una parte della violenza delle Tigri, che intendevano affermarsi come la sola organizzazione rappresentativa dei tamil, si è riversata proprio contro gli stessi tamil dissidenti o meno oltranzisti nei confronti del potere centrale singalese. Il massacro dei civili da ambo le parti è stata una costante di una guerra, iniziata ufficialmente nel 1983 e protrattasi per oltre due decadi. Nel 2002 sembrò aprirsi uno spiraglio per la fine delle ostilità, quando, grazie alla mediazione internazionale, venne firmato un cessate il fuoco tra l’LTTE e governo centrale. Ma l’elezione di Mahinda Rajapaksa a presidente dello Sri Lanka nel 2005, insieme all’opposizione delle Tigri Tamil a qualsiasi alternativa al separatismo, posero fine ad una già precaria convivenza. La massiccia offensiva governativa nel 2006, costrinse dapprima i ribelli ad abbandonare le provincie orientali e successivamente, ad asserragliarsi in un fazzoletto di terra nel nord dell’isola. La sconfitta e la resa dell’LTTE sopraggiunse il 18 maggio 2009, quando venne ucciso in un conflitto a fuoco lo stesso leader e fondatore delle Tigri, Velupillai Prabhakaran. Dopo la fine della guerra, il governo dello Sri Lanka dichiarò di essere l’unico paese al mondo, ad essere riuscito a sradicare il terrorismo all’interno del suo territorio. In ogni caso l’attenzione della comunità internazionale si è concentrata negli ultimi anni sopratutto sulla fase finale del conflitto, quando le forze governative, scorgendo la possibilità di una vittoria totale, avrebbero compiuto abusi e violenze di ogni tipo nei confronti di prigionieri e civili tamil. Non sono mancati coloro i quali hanno accusato il governo dello Sri Lanka di genocidio. I tamil tra India e Sri Lanka e le relazioni Nuova Delhi-Colombo Le stesse Nazioni Unite hanno voluto far chiarezza sugli anni della guerra civile, dapprima con la citata indagine del 2011, dove si accusava lo Sri Lanka dell’uccisione di decine di migliaia di civili, in particolare durante la fase finale del conflitto; successivamente attraverso due risoluzioni, approvate dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (United Nations Human Rights Council – UNHRC), rispettivamente nel 2012 e nel 2013. Nei due provvedimenti si invitava sostanzialmente il governo del presidente Mahinda Rajapaksa a condurre indagini «indipendenti e credibili» sui presunti crimini di guerra commessi dalle forze armate durante gli ultimi mesi della guerra civile, oltre che di attuare le raccomandazioni della Commissione di Indagine sulle Lezioni www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 4 Imparate e la Riconciliazione (Lessons Learnt and Reconciliation Commission – LLCR)v. La LLRC è un organismo speciale voluto da Rajapaksa per indagare sui fatti avvenuti durante le ultime fasi del conflitto. Malgrado le due risoluzioni abbiano il merito di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sulle violenze della guerra civile in Sri Lanka, è facile intuire il limite rappresentato dall’affidamento all’esecutivo del compito di far luce sugli abusi commessi dalle stesse forze governative. È interessante notare, inoltre, come anche l’India abbia votato favorevolmente ad entrambe le risoluzioni di sostanziale condanna nei confronti dello Sri Lanka. Bisogna sottolineare però, il fatto che Nuova Delhi ha adottato un atteggiamento ambiguo nei confronti di Colombo, frutto di un compromesso tra questioni interne e aspetti internazionali. Il voto indiano è il risultato delle forti pressioni all’interno dello Stato del Tamil Nadu, da sempre vicino alle istanze dei tamil dello Sri Lanka. Al contempo però, con riferimento all’ultima risoluzione, l’India ha lavorato per ammorbidirne il contenuto, escludendo ogni riferimento ad autorità di indagine esterne, che potessero minare la sovranità di Colombo. Alla base di questa decisione vi è anche la volontà di non creare un precedente, che potesse poi essere applicato alla stessa India, impegnata con il movimento separatista dello Jammu e Kashmir. Nello stesso tempo, a livello politico, i due maggiori partiti espressione delle istanze tamil nel Tamil Nadu, lo All India Anna Dravidian Munnetra Kazhagam (AIADMK) e il Dravida Munnetra Kazhagam (DMK), per nulla soddisfatti dalle risoluzioni ONU, hanno spinto affinché l’India adotti un atteggiamento più fermo contro il regime singalese. Il DMK in particolare, ha recentemente deciso di ritirarsi dalla coalizione di governo al potere a Nuova Delhi, l’Alleanza Progressista Unita (United Progressive Alliance – UPA), accusandola, tra le altre cose, di non essersi impegnata abbastanza nel favorire l’inserimento dell’espressione “genocidio” nel testo della risoluzione ONU contro lo Sri Lanka. La prudenza dell’India nei confronti della politica da adottare nei confronti di Colombo è animata anche da aspetti di carattere internazionale e da calcoli strategici. È evidente la differenza di prospettiva del governo centrale rispetto ai tamil indiani nell’intera vicenda della guerra civile. Nella prospettiva di Nuova Delhi, invece, assumono un peso rilevante gli aspetti che garantiscono la stabilità dell’isola, oltre che la necessità di contrastare intrusioni da parte di attori esterni. L’India considera infatti lo Sri Lanka come una parte fondamentale della sua naturale sfera d’influenza geostrategica, e guarda con crescente apprensione ed irritazione al graduale consolidarsi della penetrazione cinese nell’ex Ceylon. La posizione strategica di quest’ultima, protesa verso l’Oceano Indiano, ne fa un ulteriore tassello della competizione asiatica tra Stati Uniti, Cina e altri attori regionali. Tra questi l’India, la quale, considerando i legami geografici, storici, economici, religiosi, etno-linguistici e culturali con lo Sri Lanka, non intende che venga minata la sua posizione di forza nell’area. L’establishment indiano è consapevole, infatti, che isolando Colombo sulla questione dei diritti umani rischia d’indirizzare l’isola sempre più verso Pechino (la Cina ha votato contro entrambe le risoluzioni). I rapporti tra India e Sri Lanka restano comunque importanti. L’India è il primo partner commerciale di Colombo e, da quando i due paesi hanno siglato nel 2000 un accordo di libero scambiovi, il volume d’affari è cresciuto notevolmente. L’interscambio bilaterale, infatti, è balzato dai 655 milioni di dollari del 2000 fino ad un ammontare complessivo di 4 miliardi di dollari per il 2012vii. L’India è poi coinvolta in diversi progetti di sviluppo all’interno del territorio dello Sri Lanka: dal rinnovamento dell’aeroporto di Palali, fondamentale polo per i collegamenti tra la penisola di Jaffna e il resto del paese, alla riqualificazione del porto di Kankesanthurai, che, chiuso durante la guerra, rappresenta un’importante infrastruttura per il transito delle merci da e per India, Myanmar e Bangladesh; infine è da ricordare la costruzione di un centro culturale a Jaffna. India e Sri Lanka, www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 5 inoltre, hanno in cantiere la costruzione di una centrale elettrica a carbone a Sampur, nella parte nord-orientale dell’isola. Il progetto è attualmente in fase di realizzazione ed è frutto di una joint venture tra l’indiana National Thermal Power Corporation (NTPC) e la singalese Ceylon Electricity Board (CEB)viii. L’India è coinvolta anche in un altro progetto strategico di fondamentale importanza, il Sethusamudram Shipping Canal Project. Si tratta del progetto di collegare il Golfo di Mannar con Palk Bay, tra India e Sri Lanka. La costa sud dell’India non dispone di una via continua di navigazione, in questo modo per raggiungere il Golfo del Bengala da ovest è necessario circumnavigare lo Sri Lanka. Il progetto consentirebbe di ovviare a tale inconveniente, riducendo distanze di viaggio e costi. Inoltre, potrebbe comportare ripercussioni favorevoli anche dal punto di vista dello sviluppo economico delle regioni coinvolte, sia dalla parte indiana che singalese. Non sono mancate critiche al piano, relative soprattutto ai danni ambientali derivati dalla realizzazione del progetto e ai conseguenti danni economici sull’attività dei pescatori dell’area. Sebbene l’India, nel gestire i rapporti con lo Sri Lanka, può contare sulla prossimità geografica, oltre che su importanti legami storici, economici e culturali, è comunque tenuta a bilanciare aspetti strategici e le questioni domestiche derivanti dal problema della situazione dei tamil nello Sri Lanka. La sconfitta dell’LTTE, annoverata tra le organizzazioni terroristiche da Nuova Delhi stessa, potrebbe configurare un maggiore coinvolgimento indiano a sostegno dei tamil, ma molto dipenderà da come il presidente Rajapaksa deciderà di gestire la riconciliazione nazionale. Problematiche queste, con cui invece non deve confrontarsi la Cina nei suoi tentativi di accrescere sempre più la propria influenza su Colombo. Il grande gioco fa tappa in Sri Lanka L’attivismo del soft power cinese in Asia meridionale è motivato, tra le altre cose, dall’obiettivo da parte di Pechino di garantirsi un accesso all’Oceano Indiano. Lo Sri Lanka rappresenta in questo senso, assieme a Pakistan, Bangladesh e Myanmar, un ulteriore tassello in tale strategia. È sufficiente osservare una mappa per rendersi conto di come l’aumento dell’influenza cinese in questi paesi possa preoccupare Nuova Delhi, poiché lo percepisce come una sorta di accerchiamento. È facile intuire quindi, le inquietudini di Nuova Delhi nel vedere crescere progressivamente la presenza cinese in tutto il proprio vicinato. Riguardo lo Sri Lanka, i rapporti con la Cina si sono intensificati soprattutto sotto la presidenza Rajapaksa. Le accuse di violazione dei diritti umani provenienti dall’Occidente, hanno infatti spinto il presidente singalese ad orientare la propria politica estera maggiormente verso Pechino. Il giro d’affari Cina-Sri Lanka ha raggiunto la cifra di 2,6 miliardi di dollari nel 2012, con una crescita del 19,5% solmente rispetto all’anno precedenteix. Notevole poi l’incremento se si analizzano i dati del 2005 (primo anno della presidenza Rajapaksa), quando l’interscambio tra i due paesi si attestava intorno ai 660 milioni di dollari. I capitali cinesi sono poi presenti in diversi progetti di sviluppo all’interno del territorio singalese, alcuni dalla grande valenza strategica. Ci si può riferire, in particolare, al progetto del porto di Hambantota, nel sud dell’isola. La costruzione del porto, dai costi stimati superiori al miliardo di dollari, è attualmente entrata nella fase finale ed è finanziata in buona parte grazie ad un investimento cinese. Il porto rappresenta solamente una parte di un più vasto piano di sviluppo, incentrato nel distretto di Hambantota, il Greater Hambantota Development Project (GHDP). Il progetto prevede un aeroporto internazionale, la cui costruzione è affidata alla China Harbour Engineering Company e dai costi stimati intorno ai 200 milioni di dollari, una raffineria petrolifera, una centrale elettrica a carbone, www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 6 l’estensione della strada e della ferrovia verso Kataragama, un centro conferenze internazionale e uno stadio di cricketx. Si è già sottolineata l’importanza strategica e ovviamente economica che il progetto del porto di Hambantota riveste per Pechino, dal punto di vista dell’accesso all’Oceano Indiano e del controllo delle fondamentali linee di comunicazione marittima est-ovest. Da parte singalese invece, il piano è indicativo della volontà da parte del governo di spostare il centro delle attività economiche da Colombo ad un’area maggiormente dominata dalla componente singalese. Oltre ad Hambantota, il coinvolgimento cinese riguarda anche altri progetti. Si va dalla costruzione dell’aeroporto internazionale di Mattala, allo sviluppo del terminal container di Colombo, fino alla costruzione della centrale elettrica a carbone di Puttalam. Capitali e lavoratori cinesi sono poi impiegati in una serie di progetti più piccoli, che riguardano l’ammodernamento ed ampliamento della rete stradale e ferroviaria, le telecomunicazioni, la costruzione di ospedali, scuole, stadi, hotel. Di una certa importanza è poi la cooperazione militare tra Cina e Sri Lanka. Diversi analisti hanno sottolineato il ruolo chiave rivestito dagli aiuti militari e finanziari cinesi, soprattutto nella fase finale della lotta contro le Tigri tamil. In particolare, dal 2005, la Cina ha fornito un supporto aggiuntivo di 1 miliardo di dollari annui in aiuti militari e finanziari, rendendo possibile la crescita del budget militare singalese del 40% tra il 2005 e il 2008. Il supporto cinese ha consentito al governo dello Sri Lanka di compensare agli aiuti provenienti da Occidente, spesso condizionati dalla questione dei diritti umanixi. La grande efficacia della diplomazia cinese è un dato di fatto degli ultimi anni, quando capitali ed interessi cinesi si sono espansi in tutto il mondo. L’India non è il solo paese impegnato a contrastare e contenere la penetrazione cinese in Asia meridionale. La strategia statunitense del reengagement, sintetizzata dal discorso di Obama al Parlamento australiano nel novembre 2011, apre la strada ad un maggior coinvolgimento da parte di Washington in tutta l’area Asia-Pacifico. Si è parlato al riguardo di “ritorno” in Asia per sottolineare la volontà di scostarsi rispetto al periodo dell’amministrazione Bush, maggiormente focalizzata sul Vicino Oriente. Un ritorno che presuppone un innalzamento del confronto con la Cina e, relativamente all’Asia Meridionale, il contrasto di quella che è stata definita la strategia cinese del “filo di perle”. Si tratta dell’obiettivo da parte di Pechino d’incrementare la propria influenza negli Stati dell’Asia Meridionale mediante la costruzione di una serie di porti in tutti quei paesi che godono di un accesso all’Oceano Indiano. Le “perle” in questo senso, sarebbero rappresentate dal porto pakistano di Gwadar, quello bengalese di Chittagong, quello birmano di Kyaukphyu e appunto Hambantota nello Sri Lanka. Per quanto concerne Colombo, le relazioni con gli Stati Uniti sono state segnate, soprattutto nell’ultima fase della guerra civile, dalla questione dei diritti umani. Negli ultimi mesi del conflitto si sono moltiplicati gli appelli, da parte statunitense, per un cessate il fuoco, oltre che le pressioni nei confronti del governo singalese affinché consentisse agli osservatori internazionali di accedere alle zone di guerra. Tali pressioni si sono anche concretizzate nella sospensione degli aiuti; tutto ciò permette di capire quanto sia stato fondamentale per Colombo poter contare sul sostegno cinese durante l’offensiva finale contro le Tigri tamilxii. Tuttavia, tra Stati Uniti e Sri Lanka permangono tuttora importanti punti di convergenza. Washington si è sempre espressa a favore dell’integrità territoriale dell’isola, inserendo, tra le altre cose, l’LTTE nella lista delle organizzazioni considerate terroristiche. Inoltre, le relazioni economiche sono di un certo spessore. Dal 1948 Washington ha riversato in Sri Lanka più di 2 miliardi di dollari in aiuti, attraverso il programma dello U.S. Agency for International Development (USAID). Nel 2011 il giro d’affari Stati Uniti-Sri Lanka si è attestato intorno ai 2,4 miliardi di dollari, con il 20% del totale delle esportazioni singalesi dirette proprio negli Stati www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 7 Unitixiii. L’importanza di non perdere la propria influenza nell’isola è evidenziata anche da un rapporto del dicembre 2009, condiviso dall’allora senatore democratico e attuale Segretario di Stato John Kerry e dal senatore repubblicano Richard Lugar. Nel rapporto si sottolineava la necessità per gli Stati Uniti di rivedere le relazioni con lo Sri Lanka, andando oltre le problematiche inerenti i diritti umani. Si sosteneva poi, come Washington abbia sottostimato nel corso degli anni l’importanza geostrategica dello Sri Lanka per gli interessi statunitensi. La posizione geografica dell’isola, infatti, ne fa un ponte tra Vicino Oriente, sud-est asiatico, Cina e resto dell’Asia, dunque uno snodo fondamentale per il controllo e la sicurezza delle rotte commerciali. La relazione Kerry-Lugar richiamava pertanto ad un approccio “multidimensionale” allo Sri Lanka, non guidato solamente da questioni umanitarie, ma che integrasse aspetti strategici, politici, economici e commerciali. Alla base vi era la consapevolezza che le pressioni inerenti i diritti umani avevano spinto il governo singalese a orientare la propria politica estera verso oriente, in funzione contraria agli interessi di Washington. Il richiamo, in definitiva, era ad un maggiore pragmatismo nel gestire i rapporti con Colombo, tutto cià perché «the United States cannot afford to lose Sri Lanka», come si legge esplicitamente nella relazione. Un paese che condivide l’irritazione del governo singalese nei confronti delle intromissioni occidentali sui diritti umani, è sicuramente la Russia. Le relazioni diplomatiche tra Sri Lanka e l’allora URSS vennero stabilite per la prima volta nel febbraio del 1957. Negli anni successivi i legami vennero rafforzati, grazie ad una serie di accordi di cooperazione nei campi economico, tecnologico e culturale. L’Unione Sovietica ha assistito lo Sri Lanka nella costruzione dello stabilimento metallurgico di Oruwella e della fabbrica per la produzione di pneumatici di Kelaniya. Inoltre, a partire dagli anni ‘70, esperti sovietici hanno iniziato a prestare il loro supporto tecnico per l’estrazione di petrolio nell’isolaxiv. Recentemente la compagnia di stato russa Gazprom ha ottenuto dal governo singalese importanti concessioni per le esplorazioni petrolifere e di gas naturale nel Golfo di Mannar. Lo scorso gennaio 2013, inoltre, un team di tecnici nucleari russi ha visitato lo Sri Lanka, con l’obiettivo di valutare i possibili sviluppi futuri nel settore. L’interscambio bilaterale Russia-Sri Lanka è attualmente notevolmente inferiore rispetto ad altri paesi come India, Cina o Stati Uniti (si attesta intorno ai 360 milioni di dollari). Centrale nei rapporti commerciali tra i due paesi è il Ceylon Tea, di cui la Russia ne è il più importante acquirente (circa l’89% delle esportazioni singalesi in Russia riguardano proprio il Ceylon Tea). I margini di crescita e differenziazione restano comunque alti, e il giro d’affari tra Mosca e Colombo è cresciuto di circa il 34% tra 2010 e 2011xv. Il supporto russo al governo Rajapaksa durante la guerra civile e contro le intrusioni esterne relative ai temi umanitari, infatti, ha fatto crescere l’influenza di Mosca nell’isola. Non a caso, nel febbraio 2010, il presidente Rajapaksa si è recato in Russia, 36 anni dopo l’ultima visita di un capo di Stato singalese (il primo ministro Sirimavo Bandaranaike, nel 1974). Durante la visita, il presidente singalese ha ringraziato Medvedev per il sostegno russo nella lotta al terrorismo. In conclusione, con la fine della guerra civile anche l’economia singalese è ripartita, facendo registrare crescite del 7,8% e dell’8,2%, rispettivamente per gli anni 2010 e 2011 (dopo una crescita del 3,5% del 2009), prima di subire essa stessa gli effetti della crisi globale. Per il 2013 le stime di crescita del FMI si attestano intorno al 6,3%. Enormi progressi sono stati compiuti anche dal punto di vista della riduzione degli indici legati alla popolazione al di sotto della soglia di povertà, 8,9% per il 2010, dopo percentuali anche superiori al 20% per tutti i primi anni 2000. Lo Sri Lanka, inoltre, può contare su un reddito pro capite tra i più alti nella regione (quasi il doppio di quello www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 8 dell’India), e su elevati tassi di alfabetizzazione (superiori al 90%)xvi. Ulteriori margini di crescita, nuove opportunità economiche, oltre che l’importanza strategica dell’isola, portano a considerare che l’interesse degli attori esterni per lo Sri Lanka sia destinato ad aumentare. Un ruolo non secondario, da questo punto di vista, lo rivestono anche le riserve petrolifere nell’area del Golfo di Mannar e dello Stretto di Palk. La fine del conflitto interno offre al governo Rajapaksa un maggiore potere nel gestire la competizione per l’influenza nell’isola, con la possibilità di sfruttarla per orientare a proprio vantaggio la politica estera del paese. Bisogna sottolineare però, come la sconfitta dell’LTTE non risolva la questione tamil, dal momento che recentemente sono stati registrati nuovi episodi di violenza interetnica ed interreligiosa. D’altronde, 27 anni di guerra civile non si cancellano con un colpo di spugna, diverse ferite rimangono tutt’ora aperte e non è da escludere che in futuro il livello dello scontro possa tornare a crescere. Molto dipenderà da come Colombo intenderà gestire la riconciliazione nazionale e da quale ruolo verrà riservato per la minoranza tamil nel nuovo ordine “pacificato”. Un aspetto rilevante in questo senso, sarà certamente rappresentato dal modo in cui la Comunità Internazionale, India in testa, deciderà di muoversi sul tema della violazione dei diritti umani. www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org i Report of the Secretary-General’s Panel of Experts on Accountability in Sri Lanka, UN, 31 marzo, 2011, http://www.un.org/News/dh/infocus/Sri_Lanka/POE_Report_Full.pdf. ii Per una ricostruzione delle origini e dell’evoluzione della guerra civile in Sri Lanka: Asoka Bandarage, The Separatist Conflict in Sri Lanka, Routledge, London - New York, 2009. iii I singalesi costituiscono il 74,9% della popolazione totale e sono concentrati nella parte centrale e sud-occidentale dell’isola. I tamil sono l’11,2% del totale, a cui vanno aggiunti i tamil di origine indiana, che rappresentano invece, il 4,16% del totale. La popolazione tamil risiede soprattutto nella parte settentrionale e orientale dello Sri Lanka, con un’elevata concentrazione nel distretto di Jaffna. Department of Census and Statistics – Sri Lanka, Sri Lanka Census of Population and Housing Data 2012 (Population by ethnic group according to districts, 2012), http://www.statistics.gov.lk/PopHouSat/CPH2011/index.php?fileName=pop42&gp=Activities&tpl=3. iv Asoka Bandarage, cit., p. 66. Bisogna sottolineare, inoltre, come nella guerra civile finì per confluire anche la rabbia e la frustrazione dei giovani tamil nei confronti del rigido sistema castale in vigore tra i tamil induisti. v Nella sua relazione la commissione indicava le seguenti raccomandazioni: indagini approfondite sulle presunte esecuzioni extragiudiziarie e le sparizioni forzate; demilitarizzazione del nord del paese; migliorare i meccanismi di risoluzione sulle dispute territoriali; favorire il trasferimento dei poteri alle province; rafforzare le istituzioni civili indipendenti; promuovere e proteggere il diritto alla libertà di espressione. Melani Manel Perera, Approvata la risoluzione Onu sui crimini di guerra in Sri Lanka, “Asia News”, 22 marzo, 2012, http://www.asianews.it/notizieit/Approvata-la-risoluzione-Onu-sui-crimini-di-guerra-in-Sri-Lanka-24312.html. vi Si tratta dello Indo-Sri Lanka Free Trade Agreement (ISFTA), http://eicindia.gov.in/eic/ISFTA.pdf. vii Indo-Lanka Relations, Consulate General of Sri Lanka, http://www.mumbai.mission.gov.lk/index.php/trade/indolanka-trade-relations. viii India-Sri Lanka Bilateral Relations, High Commission of India – Colombo, http://www.hcicolombo.org/index.php? option=com_pages&id=24. ix Bilateral trade between SL – China tops US$ 2.6Bn, “Daily Mirror”, 28 marzo, 2013, http://www.dailymirror.lk/business/economy/27332-bilateral-trade-between-sl-china-tops-us-26bn-.html. x Sergei DeSilva-Ranasinghe, Another Bead in the “String of Pearls”?, “China Security”, Issue 19, pp. 57-67. xi Peter Lee, Clouds on Sri Lankan horizon for China, “Asia Times”, 31 marzo, 2012, http://www.atimes.com/atimes/China/NC31Ad02.html. xii A riguardo, sembrerebbe anche che gli Stati Uniti abbiano tentato di ritardare un prestito di 1,9 miliardi di dollari da parte del FMI allo Sri Lanka per mettere pressione al governo di Colombo affinché incrementasse i suoi sforzi per salvaguardare i civili “intrappolati” nel conflitto. A. Kronstadt, B. Vaughn, Sri Lanka: Background and U.S. Relations, “Congressional Research Service”, 4 giugno, 2009, http://fpc.state.gov/documents/organization/125940.pdf. xiii U.S. Relations With Sri Lanka, U.S. Department of State, http://www.state.gov/r/pa/ei/bgn/5249.htm. xiv Russian – Sri Lanka relations, The Embassy of Russian Federation in the Democratic Socialist Republic of Sri Lanka and to the Republic of Maldives, http://www.sri-lanka.mid.ru/russia-lanka-e.html. xv Russian nuclear power team to arrive in Sri Lanka this month, “ColomboPage”, 1° gennaio, 2013, http://www.colombopage.com/archive_12B/Jan01_1357062898CH.php. xvi Fonti: FMI, World Economic Outlook (WEO), Banca Mondiale. L’importanza dei recenti progressi compiuti dall’economia singalese deriva anche dal fatto che, nell’analizzare la cause della guerra civile, non si può prescindere dalle questioni economiche. Povertà e mancanza di opportunità per molti giovani hanno finito per alimentare rabbia e frustrazione, confluiti poi nel conflitto etnico.
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