Generation Three - Transformers Generation 3
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Generation Three - Transformers Generation 3
Transformers Generation Three by mentre83 Volume XX – La Liberazione 00 - Prologo Per la prima volta da milioni di megacicli, Scorponok era sorpreso. In tutto questo tempo infatti, il nemico giurato della sua gente, quello che stava combattendo da tempo immemorabile coi pochi compagni rimasti, non aveva mai deviato dalla sua rotta, persistendo a muoversi di pianeta in pianeta, devastandoli uno dopo l'altro; una volta preso ciò di cui necessitava da uno, iniziava a muoversi verso il successivo, lentamente ma inesorabilmente, e niente di tutto ciò che Scorponok e i suoi avevano tentato finora era servito a cambiare le cose. Oggi invece, mentre avanzava verso il successivo sistema, all'improvviso si era fermato. Scorponok non fece in tempo a chiedersene il motivo che il nemico era già ripartito, ma l'aveva fatto seguendo una rotta completamente diversa dalla precedente. Prima di lanciarsi all'inseguimento, Scorponok decise di sottoporre la nuova traiettoria al potente computer della sua astronave, nel tentativo di capire cosa ci fosse di tanto importante in quella direzione. Di una sola cosa era certo: il pianeta Quintessa non era più a rischio, e certamente i suoi più recenti alleati avrebbero accolto la notizia con sollievo. In quel preciso istante suonò l'avviso di una chiamata in arrivo: la trasmissione proveniva da Cybertron e, una volta instaurata la connessione, sullo schermo comparve il volto scavato di un Quintessenziano, distorto in un'espressione d'ira. “Lord Vashik!” esclamò il Triple Changer, “Stavo giusto per mettermi in contatto con voi.” Il Quintessenziano rispose con un raglio: “Sono Lord Kledji!” Scorponok si scusò: ancora non riusciva a cogliere le differenze tra i vari membri della corte di Alpha Quintesson, finendo quasi sempre per confonderne i membri, con loro grande disappunto; sperava tuttavia che le novità che recava gli valessero il perdono dell'alieno. “Dovete sapere che...” iniziò, ma venne bruscamente interrotto dalle urla dell'altro. “Siamo sotto attacco!” disse Lord Kledji, “Cybertron è stato invaso, Sixshot non riesce a respingere il nemico... inoltre pare che gli Autobots stiano approfittando dell'attacco per liberare i loro compagni imprigionati!” Sugli schermi adiacenti apparvero alcune immagini della battaglia: Horrorcons e Decepticons stavano affrontando degli strani esseri meccanici, dall'aspetto deforme ma dotati di una forza incredibile. In quel momento, una spia sulla postazione davanti a lui avvertì Scorponok che il computer aveva terminato di elaborare le possibili località d'interesse lungo la nuova rotta del nemico. Fingendo di prestare attenzione alle parole del Quintessenziano, il Triple Changer scorse rapidamente i risultati: non appena vide un certo nome sulla lista, Scorponok non ebbe dubbi sulla destinazione finale del suo avversario di sempre. “Sto arrivando.” disse, in modo da poter chiudere la comunicazione con l'alieno; tuttavia Scorponok non aveva la benché minima intenzione di rispondere alla richiesta d'aiuto dei suoi alleati. Per quanto gli dispiacesse abbandonare Apeface e Octane al loro destino, ora non poteva permettersi di perdere tempo a causa dei Quintessenziani. Aveva fornito loro armi e tecnologie, arrivando persino a prestare l'aiuto dei suoi guerrieri affinché potessero riconquistare Cybertron, il tutto in cambio delle informazioni riguardanti la Matrice e del loro aiuto nel recuperarla. Scorponok aveva onorato pienamente la sua parte dell'accordo, mentre i suoi soci in quest'impresa non avevano conseguito ancora nessun risultato: l'unica informazione utile che avevano ottenuto era che la Matrice si trovava sul pianeta chiamato Terra, ed era proprio là che Scorponok si sarebbe diretto adesso. Mentre i motori della sua astronave raggiungevano la piena potenza, Scorponok decise che sarebbe andato fino in fondo: oramai era troppo vicino alla ragione della sua stessa esistenza per gettare via tutto... a prescindere da ciò che avrebbe dovuto fare per conseguire il suo scopo. 01 – Battaglia decisiva Una volta immobilizzato Ghyrik, il drone incontrato nelle prigioni, Prowl e la sua squadra iniziarono ad aprire le celle e a liberare i Cybertroniani che vi erano rinchiusi; ben presto tuttavia Streetwise notò che c'era qualcosa che non andava. “Non vedo Autobots.” disse. Prowl dovette dare ragione al compagno: finora avevano liberato solamente civili che, se veramente avevano intenzione di iniziare una rivolta e riprendersi il pianeta, sarebbero stati di ben poca utilità. “Probabilmente tengono i nostri compagni in un livello più basso.” concluse Prowl. Il Transformer tuttavia si rimproverava di non essersene accorto subito, puntando immediatamente ai piani inferiori; ormai però che avevano iniziato a liberare i prigionieri, non se la sentiva di deludere quelli ancora in gabbia e passare semplicemente oltre, per quanto fosse la cosa più logica da fare. Ordinò così a Sideswipe, Windcharger, Sunstreaker e Tailgate di finire il lavoro, mentre lui e gli altri sarebbero andati oltre, alla ricerca degli Autobots. “Non preoccuparti, capo!” esclamò Sunstreaker sollevando un pollice, “Appena terminato qui vi raggiungeremo.” Poco distante, in una via deserta di Iacon, due robots si affrontavano in un duello violentissimo che, non fosse stato per il frastuono generato dalla battaglia tra i Junkions e i Decepticons, sarebbe stato possibile udire sin dall'altra parte della città. I due contendenti erano Grimlock e Sixshot: il primo era tornato su Cybertron insieme agli Autobots, per aiutarli a liberare i loro compagni e nel contempo chiarire le cose coi vecchi commilitoni; l'altro invece era stato avvisato da Ghyrik dell'infiltrazione degli Autobots nelle carceri, ed era stato bloccato dal suo avversario proprio mentre si recava sul posto per risolvere la situazione. Sixshot non aveva tempo da perdere, così combatteva come una furia, impiegando tutta la sua velocità e le sue sei trasformazioni per liberarsi dell'avversario, la cui possente mole sembrava però in grado di sopportare tutto ciò che tentava. Lo scontro era in una fase di stallo, con Grimlock che incrociava la spada incandescente di Energon con gli artigli di Sixshot, in una vera e propria prova di forza e determinazione. “Tutto questo non essere necessario.” disse Grimlock, “Se i Decepticons arrendere, gli Autobots potere aiutare noi contro...” “Sembra che tu abbia dimenticato qualcosa.” lo interruppe il Six Changer, “Io non servo Scorponok come i tuoi compagni, il mio unico signore è Alpha Quintesson. Da quando abbiamo conquistato Cybertron, la vostra guerra non è più la nostra: a noi non interessa la Matrice, ci basta questo pianeta. Certo, sarà fonte di indicibili sofferenze assistere alla distruzione di Quintessa, tuttavia finché noi Quintessenziani saremo vivi, qui, al sicuro, non ci importa nulla di voi e della vostra crociata.” Grimlock si accorse che il suo avversario era talmente preso dalle sue stesse convinzioni che ormai parlava come un vero Quintessenziano: in quanto tale, non avrebbe mai accettato di arrendersi, perché ciò avrebbe significato abbandonare nuovamente il pianeta da cui erano già stati scacciati una volta. Se Grimlock voleva tentare di porre fine a quella guerra nella maniera meno violenta possibile, avrebbe dovuto parlare con Scorponok e i suoi compagni: tuttavia per farlo avrebbe prima dovuto concludere quel duello. 02 – Sorprese Apeface aveva fatto come chiesto da Sixshot e comunicato a Octane che avrebbe dovuto prendere le redini della battaglia, tuttavia il Triple Changer ancora non si vedeva. Apeface faceva del suo meglio per arginare l'invasione dell'orda di robot deformi – che alcuni dei Decepticons avevano riconosciuto come gli abitanti del pianeta Junk – tuttavia essi parevano inarrestabili. Ne aveva abbattuto uno dall'alto, bersagliandolo coi suoi laser, ma questi si era rialzato, incurante del buco che gli attraversava il torace; allora Apeface si era trasformato in gorilla meccanico ed era sceso a terra, afferrando il Junkion per le braccia e le gambe, separandolo letteralmente in due parti: per quanto incredibile, il nemico si muoveva ancora, trascinandosi con le braccia fino alle sue gambe, iniziando a riattaccarsele come niente fosse. Apeface era al colmo della frustrazione: ruggendo, gliele strappò via mentre non erano ancora ben fissate, scagliandole a centinaia di metri di distanza con la sua forza incredibile. “Ora come la mettiamo?!?” sbuffò, ma il Junkion non sembrava affatto preoccupato: prese semplicemente a camminare nuovamente sulle mani, arrancando in direzione dei suoi arti inferiori come fosse stata la cosa più naturale del mondo. Furibondo, Apeface avrebbe voluto polverizzarlo, ma fu costretto a tornare in aria dall'assalto repentino di altri due Junkions, che si accanirono su di lui tentando di strappargli un braccio. “C'è mancato poco...” esclamò il Triple Changer, ormai in volo, “Fortuna che sembrano non saper...” Ma quelle parole gli morirono in gola. La coppia di Junkions che aveva attaccato Apeface sfoggiava infatti dei grossi reattori sulla schiena, probabilmente frutto della recente demolizione di qualche Rapticon, e immediatamente li utilizzarono per proiettarsi in aria, rischiando di investire Apeface col loro slancio. “Dannazione!!!” esclamò il Triple Changer, scansandosi per un soffio; provò poi a colpirli col laser, ma i due volavano in maniera troppo imprevedibile e finì per mancare il bersaglio. Apeface allora si trasformò in caccia e si mise in coda a uno dei nemici, riuscendo infine ad abbatterlo; purtroppo per lui però, l'altro Junkion gli fu subito addosso, aggrappandosi alla sua fusoliera e tentando di trascinarlo a terra, dove una mezza dozzina di suoi compagni lo attendeva a braccia aperte. Apeface aveva ormai perso il controllo, inoltre la morsa in cui il nemico lo stringeva gli impediva di trasformarsi; la sua mente era alla disperata ricerca di un sistema per uscire da quella brutta situazione, anche se l'istinto gli diceva che non c'era più nulla da fare. All'improvviso, il Junkion che aveva addosso venne sbalzato via da una potente scarica di laser. Apeface riuscì appena in tempo a risollevarsi ed evitare lo schianto, affiancandosi poi al B-2 Spirit nero e viola che lo aveva salvato comparendo letteralmente dal nulla. “Grazie Skywarp.” disse, ma l'altro Decepticon non rispose, limitandosi a virare e a sparire nuovamente nell'aria. Prima che Apeface potesse formulare un solo pensiero al riguardo, gli giunse il segnale di una chiamata in arrivo da Octane. “A tutti i Decepticons,” disse il Triple Changer, “abbandonate immediatamente l'area e ritiratevi verso il centro di Iacon.” Apeface era sul punto di chiamare il compagno e domandargli il motivo di quella richiesta, ma capì tutto dal ruggito improvviso che riecheggiò sulla città, coprendo completamente il fragore dello scontro. “Adesso la vedrete, maledetti rottami ambulanti!” esclamò ritrasformandosi in robot e agitando il pugno all'indirizzo dei Junkions sotto di lui, “Vedremo come ve la caverete quando vi troverete davanti Trypticon!” Frattanto nelle carceri di Cybertron, Prowl, Streetwise, Silverbolt e Powerglide stavano scendendo ai livelli di detenzione inferiori sfruttando le scale di emergenza. Ormai probabilmente il nemico sapeva della loro presenza e avevano perduto il fattore sorpresa, perciò non restava altra scelta che raggiungere il più in fretta possibile il piano più basso, nella speranza che i loro compagni fossero rinchiusi laggiù. Giunti alla porta d'accesso, Prowl chiese al suo Minicon di assumere la configurazione da battaglia, trasformandosi in una sorta di futuristico fucile a pompa, per poi fare irruzione nel locale con l'arma in pugno: fortunatamente non sembravano esserci sentinelle. Prowl passò allora ad analizzare le celle: erano vuote. Solo da una di esse, in fondo al corridoio, proveniva una fioca luce, generata dall'Energon che scorreva attraverso le sbarre. “Vado a controllare.” disse a Silverbolt e Powerglide, indicando in direzione del bagliore, per poi avanzare cautamente verso di esso. Prowl poteva udire solo il rumore metallico dei propri passi, eppure non era affatto tranquillo. Sentiva che qualcuno o qualcosa lo stava osservando, rimanendo in attesa nell'oscurità, pronto a balzargli addosso da un istante all'altro. Si arrestò un momento per assicurarsi che i compagni dietro di lui fossero all'erta: avevano i fucili in pugno ed erano pronti a intervenire al minimo problema. Un po' rassicurato da quella vista, riprese ad avanzare, arrivando finalmente in vista della cella attiva. Al suo interno non si trovava un prigioniero, bensì una grossa capsula nera, un contenitore non dissimile da quello in cui era contenuto Optimus Prime. Subito Prowl realizzò che al suo interno con ogni probabilità poteva trovarsi Ultra Magnus, e la sua Scintilla si accese di speranza: Ratchet e First Aid gli avevano accennato che ritrovare il Transformer disperso avrebbe potuto essere l'unico sistema per comprendere la condizione di Optimus Prime e salvarlo, così si affrettò a disattivare il circuito che pompava Energon nelle sbarre e ad aprire la cella, precipitandosi verso la capsula per aprirla. Era troppo buio perché Prowl potesse scorgere il volto di chi era contenuto all'interno, tuttavia dalla stazza gli pareva un Transformer. Mentre il contenitore si apriva liberando una sottile nebbiolina allo schiudersi dei sigilli, Prowl si sporse in avanti per controllare, trovandosi di fronte un volto che non era affatto quello che si aspettava. “Salve!” esclamò Motormaster, “Dalla tua espressione capisco di non essere chi stavi cercando... peccato!” Così dicendo, il Decepticon fece fuoco col fucile che aveva in pugno, centrando Prowl in pieno torace. 03 – Arrivi Finalmente l'aereo da trasporto A 400 M in cui si era trasformato Sixgun emerse dal portale spaziale più vicino a Cybertron: il Minicon non poteva assolutamente competere con le astronavi di Junk, tuttavia il desiderio di combattere per riconquistare la propria casa gli aveva fornito la determinazione per giungere fin lì. Al suo interno, Hound e la squadra sotto il suo comando cercavano di entrare in contatto con Prowl e i suoi per avere un quadro della situazione e capire come avrebbero potuto fare la differenza nonostante il loro numero esiguo; inoltre a bordo si trovava anche il re dei Junkions Wreck-Gar, impaziente di entrare in azione dopo essersi ricordato di essere stato un Autobot. “Prowl non risponde.” disse infine Hubcap, riponendo la sua trasmittente, “Probabilmente si trova fuori del raggio d'azione del segnale, oppure...” “Forse è semplicemente impegnato.” tagliò corto Gears, “Dato che non ci sono astronavi dei Decepticons in orbita, propongo di fare una ricognizione e buttarci nella mischia dove ci sono le esplosioni più grandi.” In quell'istante, il Minicon rosso e blu venne colpito alla nuca dalla pesante mano del suo compagno Trailbreaker. “Già,” disse il Transformer, “così non dureresti due nanoclick. Lascia che sia Hound a decidere: in fondo ha lui il comando.” Gears borbottò qualcosa, ma nessuno vi fece caso: erano tutti in attesa della decisione di Hound, rimasto in silenzio per la quasi totalità del viaggio. “Direi che il piano di Gears è da scartare,” disse infine, con una punta di ironia, “tuttavia l'idea della ricognizione è buona: Sixgun?” Il colossale Minicon, che aveva seguito la discussione attraverso i microfoni all'interno del suo scafo, rispose iniziando la discesa nell'atmosfera del pianeta, sfruttando appieno la portata dei suoi sensori per fornire ai compagni quante più informazioni poteva. Tutto l'equipaggio, con la sola eccezione di Wreck-Gar, intento a correre in giro mentre Skyfire lo teneva d'occhio, si interfacciò ai sistemi di Sixgun, in modo da scaricare i dati raccolti e capire quel che accadeva su Cybertron. A nessuno passò ovviamente inosservata la scia di distruzione lasciata dai Junkions, ma quello che sconvolse tutti fu la vista del gigantesco Trypticon e del suo compagno Full-Tilt, che facevano piazza pulita dei bizzarri robot alieni, calpestandoli o spazzandoli via con potenti laser. “Dobbiamo aiutarli!” esclamò Smokescreen chiudendo il collegamento. “Silenzio!” lo ammonì Huffer, “Oppure Wreck-Gar ti sentirà e...” Ma era troppo tardi: il re dei Junkions era già di fronte a Hound, con le mani incrociate dietro alla schiena e la testa inclinata, con un'espressione di curiosità sul volto. “C'è qualcosa che non va?” chiese con voce squillante. Secondo il piano originale, i Junkions dovevano essere le classiche pedine sacrificali, da sfruttare per distrarre il nemico e fare il lavoro sporco mentre Prowl organizzava la rivolta dei prigionieri liberati; tuttavia, forse in virtù della vecchia amicizia che li legava, Hound non se la sentì di mentire a Wreck-Gar, così gli disse la verità. “I tuoi sudditi sono in difficoltà.” Wreck-Gar cambiò immediatamente espressione, assumendo un'aria seria e determinata, per poi esclamare: “Devo aiutarli! Sono il loro re, contano su di me!” Brawn cercò di farlo ragionare. “Non possiamo gettarci nella mischia così,” disse, “il nemico è troppo forte: verremmo abbattuti e renderemmo vano il loro sacrificio...” Per tutta il risposta il Junkion lo guardò con aria interrogativa. “E voi cosa centrate?” chiese, “Sono io che devo andare da loro... Fatemi scendere!!!” Frattanto, lo scontro tra Grimlock e Sixshot continuava senza che nessuno dei due cedesse di un millimetro. Il Six Changer provò a confondere il nemico cambiando forma rapidamente e ripetutamente, ma il suo avversario non si fece distrarre e mandò a segno un potente colpo coi cannoni della sua forma di carro armato, sbilanciando il nemico e costringendolo ad atterrare sulle ginocchia. “Meglio se tu arrendere, Sixshot.” disse Grimlock, avanzando lentamente sui cingoli verso l'altro robot, tenendolo sotto tiro. Il Six Changer per tutta risposta emise una breve risata sarcastica, scagliandosi nuovamente contro il nemico nella sua forma di bestia. Grimlock non si fece spaventare e i suoi cannoni tuonarono ancora, tuttavia Sixshot sbatté le ali, bloccandosi in aria per un solo istante, sufficiente comunque a evitare il colpo; anche la reazione del Triple Changer fu rapida e, prima che l'altro gli fosse addosso, riuscì a trasformarsi in Tyrannosaurus Rex, opponendo le proprie zanne a quelle dell'avversario. I due contendenti finirono a terra, rotolando per diversi metri avvinghiati l'uno nella morsa dell'altro, entrambi troppo determinati per lasciare la presa. Sixshot azzannò la gola metallica del nemico come un vero felino, ma i suoi denti trovarono la spessa corazza di Grimlock e il tentativo finì in una pioggia di scintille; Grimlock riuscì a sfruttare la lunga coda per arrestare la loro rotazione e, una volta trovato l'assetto, tentò di investire Sixshot con una vampata di fuoco dalle fauci. Finalmente il Six Changer balzò indietro per evitare il colpo, permettendo a Grimlock di trasformarsi nuovamente in robot e rimettersi in piedi. “Tu non capire che nostra battaglia essere inutile?” urlò Grimlock, all'apice della frustrazione, “Nostra forza essere troppo simile, quindi nostra battaglia non finire mai...” Il muso di Sixshot in forma di bestia si contorse in un sorriso. “Può essere,” rispose, “però io ho qualcosa che tu non hai.” In quell'istante, una miriade di colpi di laser investirono Grimlock da dietro, facendo urlare di dolore il Triple Changer e infine cadere a terra con un pesante tonfo. Grimlock fu così sorpreso da non poter parlare, tuttavia in qualche modo riuscì a girare il collo abbastanza da vedere un nutrito gruppo di Decepticons, tutti con le armi ancora fumanti in mano. “Esatto.” disse Sixshot, torreggiando in forma di robot sul Triple Changer, “A differenza di te, io ho ancora dei compagni.” 04 – Escalation Silverbolt e Powerglide accorsero immediatamente alla vista di Prowl che cadeva all'indietro col torace lacerato dal colpo a bruciapelo, urlando tutta la loro rabbia verso il responsabile e accompagnandola con una raffica di colpi energetici. “Fatevi sotto, maledetti!” esclamò per tutta risposta Motormaster, appena uscito dalla capsula in cui si era nascosto. Streetwise riassunse le sue sembianze normali per prestare soccorso al compagno caduto, verificando immediatamente che la sua Scintilla non avesse subito danni: per fortuna, a parte lo stato di Blocco Statico in cui si trovava, Prowl sembrava stare bene. Sollevato, il Minicon estrasse la pistola e aprì il fuoco contro Motormaster, deciso a vendicare il compagno ferito. “Pensi di cavartela contro di noi?” urlò verso il Decepticon, “Forse nella tua idiozia non sai neppure contare?” Motormaster rise. “In effetti...” disse scherzosamente, “Drag Strip, ti dispiace?” In quell'istante, da una cella buia fuoriuscì qualcosa di enorme, come un grosso blocco di metallo su ruote, che si frappose tra Motormaster e gli attaccanti; sulla sommità, il compagno Minicon del Decepticon faceva fuoco contro gli Autobots impugnando una coppia di pistole a raggi. “E questo cosa sarebbe?” chiese Silverbolt, cessando il fuoco dopo aver visto che il misterioso oggetto davanti a lui non ne veniva neppure scalfito. “Oh, vi piacerà!” esclamò Motormaster da dietro a esso, “Sono sicuro che proverete molta nostalgia, quando lo vedrete in azione... Menasor, attivazione!” In quel momento, l'enorme blocco metallico si spaccò, dividendosi in una moltitudine di pezzi di diverse forme e dimensioni che presero a fluttuare verso Motormaster. Poi, uno dopo l'altro, si saldarono tutti al corpo del Decepticon con un forte clangore metallico, finché gli Autobots non capirono finalmente di cosa si trattava. “Il rimorchio di Optimus Prime!” esclamò Powerglide. “Quasi.” rispose Motormaster, ormai divenuto un gigante davanti ai loro occhi, “L'abbiamo trovato nel vostro quartier generale e Scrapper ci ha fatto qualche modifica... vero Drag Strip?” Il Minicon, balzato via non appena il rimorchio aveva iniziato la trasformazione, si era arrampicato sul dorso del compagno, per poi connettersi a esso ed energizzarlo: gli occhi di Motormaster brillarono mentre tutti i suoi sistemi venivano percorsi dalla carica di energia, e gli Autobots capirono immediatamente che l'equilibrio delle forze in campo si era spostato a loro svantaggio in un solo istante. “Molto bene.” disse il Decepticon, saggiando la risposta ai comandi della chela sul suo braccio destro, “dove eravamo rimasti?” Ai livelli superiori intanto, Sideswipe, Windcharger e Tailgate continuavano a liberare prigionieri, mentre Sunstreaker stava rinchiudendo al loro posto Ghyrik, in modo da impedirgli di interferire ancora con la loro missione. “Là!” esclamò il Transformer giallo, scagliando il drone contro la parete della cella, “Sistemato.” Mentre attivava le sbarre e tornava dai compagni sbattendo le mani come per liberarle dalla polvere, Sunstreaker pensò che, per essere una missione oltre le linee nemiche dalla quale sarebbe dipeso il loro futuro, la faccenda si stava dimostrando piuttosto noiosa. Improvvisamente però ebbe un'idea per rendere il tutto un po' più interessante. “Ehi, Sideswipe!” esclamò rivolto al Transformer cremisi, “Che ne diresti di fare una gara a chi libera più prigionieri?” Visto lo spirito competitivo che c'era fra i due, inutile dire che il compagno accettò senza pensarci su neppure un istante. “D'accordo.” disse, “Ma ormai qui abbiamo quasi finito...” “E allora scendiamo ai livelli inferiori!” replicò Sunstreaker, “Tra l'altro ne ho abbastanza di questi civili piagnucolanti, cerchiamo qualche Autobot!” Sideswipe annuì, poi disse: “Ma come facciamo coi due musoni laggiù?” Alludeva ovviamente ai loro Minicons che, non fossero stati troppo impegnati a liberare prigionieri, li avrebbero sentiti e avrebbero senz'altro cercato di fermarli. “Cerchiamo di raggiungere l'ascensore senza farci notare.” propose Sunstreaker, “Prima che si accorgano della nostra sparizione, avremo svuotato tutte le celle di questa dannata prigione.” Così dicendo, avanzando celati dalla calca di Cybertroniani che avevano appena ritrovato la libertà, i due Transformers inforcarono la porta dell'elevatore senza essere visti. Frattanto sulla Terra, Hot Rodimus, Wheelie, Jazz, Groove, Wheeljack e Bumblebee attendevano di ricevere notizie dal resto dei compagni restando seduti in sala riunioni. All'improvviso Jazz si alzò di scatto, rompendo il silenzio con un grido di pura frustrazione. “Non ce la faccio più!” esclamò, “Non posso stare qui senza far niente!” “Siediti e calmati.” disse Groove, “E se proprio non riesci a stare tranquillo, vai da Ratchet e First Aid e fatti sparare in circolo un po' di liquido refrigerante.” Jazz incassò l'ironia del compagno, inarcando la bocca in un leggero sorriso. “Lo so, lo so...” disse, “Proteggere la Matrice è importante quanto quello che stanno facendo i nostri amici... però loro non devono starsene seduti attorno a un tavolo ad aspettare!” Bumblebee scosse la testa sconsolato. “Invece di ringraziare Primus per non trovarsi in prima linea, almeno per una volta...” mormorò, subito spalleggiato da Wheeljack. “Che vuoi farci?” disse il Transformer nero e oro, “Lui è un robot d'azione!” Tutti risero con la sola eccezione di Hot Rodimus, che restò invece completamente serio. Wheelie lo notò, così attirò la sua attenzione toccandogli un braccio. “Che c'è?” chiese, “Si tratta solamente di ansia... o c'è dell'altro?” Hot Rodimus sospirò. “Non lo so.” rispose, “Da qualche ora ho una strana sensazione, come di una minaccia incombente...” In quel momento gli allarmi della base suonarono all'improvviso, e Bumblebee fu rapidissimo nell'alzarsi e raggiungere il più vicino terminale, controllando cosa fosse accaduto. “Che succede?!?” esclamò Hot Rodimus, alzandosi a sua volta. “Corazzata in ingresso nell'orbita terrestre!” esclamò il Minicon. “Decepticons?” chiese Wheelie arrivandogli alle spalle. “Non lo so.” rispose Bumblebee, “Ma sta trasmettendo un messaggio.” “Sullo schermo!” ordinò Jazz, e sul grande monitor sopra la postazione di Bumblebee comparve un robot nero e viola, con una visiera calata sul viso che ne celava le fattezze. “Il mio nome è Scorponok.” disse, “Questo messaggio è rivolto agli Autobots che si nascondono su questo pianeta: venite fuori e consegnatemi la Matrice.” Gli Autobots si guardarono tra loro, poi Jazz scrollò le spalle. “Che idiota.” disse, “Pensa davvero che faremo come dice?” Quasi avesse udito le parole del Transformer, Scorponok aggiunse: “Se non seguirete le mie istruzioni, distruggerò tutte le metropoli di questo pianeta, cominciando da quelle lungo la mia attuale rotta... avete un'ora terrestre per comunicare la vostra decisione.” Così dicendo, il Triple Changer chiuse la trasmissione. Immediatamente gli sguardi di tutti i presenti si rivolsero verso Hot Rodimus. “Che facciamo?” chiese Wheeljack. Ma Hot Rodimus non rispose, limitandosi invece a mormorare: “Grimlock aveva ragione... aveva ragione su tutto.” 05 – Un passo indietro Qualche giorno prima. Grimlock era appena stato rilasciato, e stava per sparire oltre il portello della sua astronave; Hot Rodimus tuttavia lo trattenne all'ultimo istante, facendogli una proposta. “Se in cambio del tuo aiuto,” gli aveva detto, “ti promettessi tutto il supporto necessario per la tua missione, cosa risponderesti?” Il Triple Changer scosse la testa. “Me Grimlock pensare che tu non dovere fare promesse senza conoscere tutta la storia.” rispose. Hot Rodimus incrociò le braccia. “Ho tutto il tempo.” disse, “Raccontamela.” Sulle prime Grimlock pensò che il Transformer si stesse prendendo gioco di lui, ma cambiò idea non appena incrociò il suo sguardo. “Bene.” rispose, “Ma me Grimlock volere parlare solo con te.” Il Decepticon disertore alludeva a Skyfire e Smokescreen, i due Autobots di scorta a Hot Rodimus, che questi riuscì in qualche modo a convincere a lasciarli soli. “Saremo nei paraggi.” disse infine Skyfire, “Al minimo segnale di pericolo, non esitare a chiamare.” Hot Rodimus e Grimlock si recarono in una piccola stanza vuota, il cui uso ai tempi in cui i Decepticons occupavano la base era ancora ignoto ai nuovi occupanti. Grimlock iniziò a parlare non appena la porta si richiuse alle sue spalle. “Il pianeta di me Grimlock essere stato attaccato molti milioni di megacicli fa.” disse, “La gente di me Grimlock avere combattuto valorosamente e con onore, ma il nemico essere troppo forte: alla fine, noi essere costretti ad abbandonare il pianeta.” “E come si chiamava il vostro pianeta?” lo interruppe Hot Rodimus. “Zarak.” rispose il Triple Changer, riprendendo poi il suo racconto. “Molto tempo dopo,” disse, “me Grimlock e i compagni superstiti scoprire l'unica arma in grado di sconfiggere il nemico, e che questa essere rimasta proprio sul pianeta di me Grimlock e gli altri.” “Dunque?” chiese Hot Rodimus, “Non potevate semplicemente tornare a prenderla? Forse il nemico se n'era impossessato?” Grimlock scosse il capo. “No, anche il nemico avere subito gravi danni e avere abbandonato il pianeta.” disse, “Ma neppure la gente di me Grimlock potere fare ritorno, a causa di... no, questo non importare: la cosa che essere importante è che uno dei compagni di me Grimlock, Scorponok, essere custode dell'arma, ma lui non avere portato essa con sé al momento di lasciare il pianeta. Per questo Scorponok decidere di fare tutto il possibile per combattere il nemico e rimediare al suo errore, e me Grimlock e gli altri decidere di aiutare lui.” Il Triple Changer voltò le spalle a Hot Rodimus, muovendo alcuni passi verso la parete opposta. “Il nemico recuperare presto,” proseguì, “e muovere guerra ad altri pianeti: noi avvertire gli abitanti, organizzare loro e tentare ancora di combattere... ma tutto essere inutile, senza l'arma il nemico vincere sempre, e alla fine noi potere sempre solo scappare e avvertire mondo successivo...” Grimlock si voltò di nuovo, stringendo i pugni mentre ricordava la rabbia provata in quei momenti; poi, una volta calmo proseguì. “Noi infine arrivare a Quintessa.” disse, “Là noi scoprire che esistere un'altra arma come quella che noi cercare, e i Quintessenziani offrire di rivelare la sua ubicazione in cambio di aiuto per riconquistare un pianeta, dove loro si volere trasferire per sfuggire al nostro nemico.” “Un momento.” lo interruppe Hot Rodimus, “Il pianeta... intendi Cybertron?” Grimlock annuì. “Me Grimlock non essere d'accordo con questo.” disse poi, “Me Grimlock tentare di convincere Scorponok a non accettare, ma ormai lui essere disposto a tutto per ottenere vendetta... e me Grimlock non essere più nella posizione di discutere, e troppo stanco di combattere: alla fine, anche me Grimlock dire di sì.” Ci fu un attimo di silenzio, poi Hot Rodimus chiese: “Quindi l'arma che vi serve è..?” Grimlock annuì. “Esatto,” rispose, “essere la Matrice.” Ci volle un istante perché Hot Rodimus realizzasse le vere implicazioni di quanto aveva appena udito: la Matrice, l'artefatto che identificava il leader degli Autobots, l'oggetto che le leggende vogliono essere stato creato dallo stesso Primus e che, secondo i racconti, ha giocato un ruolo chiave in numerosi avvenimenti nella storia del pianeta, non è dunque unica in tutto l'universo? Incurante di ogni precauzione, Hot Rodimus spalancò la piastra toracica per portarla alla luce, inondando Grimlock e la stanza del suo bagliore. “Sul tuo pianeta avevate qualcosa come questo?” chiese il Transformer. Il Triple Changer annuì. “Me Grimlock la ricordare un po' diversa, ma sì, noi avere una Matrice.” rispose. Hot Rodimus chiuse nuovamente il suo torace, rendendosi conto solo in quel momento di aver appena sventagliato davanti a Grimlock l'oggetto che desiderava oltre ogni cosa; per fortuna il Triple Changer sembrava davvero un guerriero d'onore, e non aveva approfittato della sua disattenzione. “E perché vi servirebbe?” chiese il Transformer, “Non è un'arma, è solo... non lo so neppure io. Serve solo per... che so, accendere Scintille e cose così.” Grimlock scrollò le spalle. “Me Grimlock non lo sapere.” rispose, “Me Grimlock sapere solo che essere fondamentale per sconfiggere il nemico.” Hot Rodimus realizzò solo allora che per anni aveva protetto un oggetto senza neppure conoscerne la funzione. La Matrice valeva davvero le Scintille spese per proteggerla, oppure era solo un simbolo, un oggetto dal valore puramente simbolico? In fondo una Scintilla poteva essere accesa in molti altri modi, era proprio così importante salvaguardare la Matrice? In quell'istante prese una decisione. “Se mi aiuterai a liberare Cybertron, ti darò la Matrice.” disse. “Tu essere sicuro?” chiese Grimlock, incredulo, “Ma soprattutto, tu potere promettere a me Grimlock una cosa simile?” Hot Rodimus annuì. “Pochi sanno che non è andata perduta,” disse, “inoltre, in fondo la Matrice è soltanto un simbolo: Cybertron non è nulla, senza i suoi abitanti.” Ciò detto, Hot Rodimus estrasse nuovamente la Matrice dal suo petto, porgendola a Grimlock, che però la spinse indietro. “Tu dare la Matrice a me Grimlock solo a battaglia finita.” disse, e Hot Rodimus apprezzò ancora una volta la sua onestà. Il Triple Changer iniziò a spiegare cosa poteva fornire agli Autobots – codici d'accesso, turni delle ronde e quant'altro – ma Hot Rodimus lo fermò dicendo: “Non mi hai detto ancora una cosa: chi è il misterioso nemico che avete affrontato?” Grimlock si fece scuro in volto. “Me Grimlock te lo dire.” rispose, “Ma me Grimlock essere sicuro che, quando lo sapere, Hot Rodimus si pentire di questo.” 06 – Arrivi e ritorni Octane osservava soddisfatto il campo di battaglia dalla sala di controllo del gigantesco Trypticon. La sua decisione di schierare il colossale dinosauro meccanico e il suo Minicon Full-Tilt per fronteggiare la minaccia dei Junkions si era dimostrata vincente: per quanto forti e resistenti, i nemici non erano assolutamente in grado di competere con la mole e la forza dei nuovi arrivati. “Meraviglioso...” mormorò Road Hauler, a fianco di Octane: l'ingegnere e il suo Minicon avevano fatto pressione sul Triple Changer per salire a bordo di Trypticon non appena saputo della sua attivazione, in modo da potersi allontanare dal campo di battaglia il più presto possibile. Per riuscire nel loro intento, i due non avevano esitato a ricordare a Octane il loro contributo alle indagini per scoprire il reale assassino di Cyclonus, grazie alle quali Octane era riuscito a liberarsi della scomoda presenza di Grimlock. Road Hauler osservava i Junkions fuggire nella più completa disorganizzazione davanti a Trypticon, il quale sembrava apprezzare a sua volta quel confronto impari ed emetteva grugniti di soddisfazione ogni volta che il suo enorme piede calpestava un nemico o il suo raggio lo riduceva a una pozzanghera di metallo fumante; Full-Tilt, dal canto suo, preferiva colpire violentemente il terreno con dei calci e osservare i nemici venire sbalzati via dal contraccolpo. Octane ripensò a quando Apeface l'aveva contattato per comunicargli le istruzioni di Sixshot: l'aveva interrotto proprio mentre assisteva al compiersi della sua vendetta su Inferno, tuttavia lo spettacolo che aveva davanti ai sensori ottici in quel momento lo ripagava ampiamente di ciò a cui aveva dovuto rinunciare. Il Triple Changer si concesse un istante per ripensare all'ex Autobot e alla punizione che aveva deciso per lui in seguito all'ennesimo tentativo fallito di trasformarlo in un Decepticon. Si chiese se la sua volontà era tanto forte da resistere a un terzo trattamento, e soprattutto se sarebbe sopravvissuto: in fondo, con lui lì a coordinare le operazioni dal ponte di comando di Trypticon, non era rimasto più nessuno con Inferno che potesse spegnere la macchina per la riprogrammazione. Fu il suono della voce di Scrapper a impedirgli di trovare una risposta al quesito; il Minicon, seduto alla postazione del radar, improvvisamente si voltò verso i due compagni e urlò: “Nemico in avvicinamento dall'alto!” Immediatamente Octane ordinò a Trypticon di sollevare lo sguardo, in modo da identificare la minaccia: si trattava di un grosso aereo di provenienza terrestre, che Road Hauler identificò immediatamente. “Sixgun!” esclamò, “Gli Autobots sono qui!” Octane sorrise: allora c'erano veramente loro dietro a quell'improvvisa invasione, e con ogni probabilità insieme a essi era giunto sul pianeta anche Grimlock... forse avrebbe avuto modo di chiudere i conti con lui una volta per tutte. Venne strappato ai suoi progetti di vendetta dalle parole di Scrapper. “Qualcosa...” disse, “C'è qualcosa sopra di lui... come un Transformer, ma... per Primus!!!” “Che succede?” chiese Road Hauler, allarmato. “Niente, è...” rispose il Minicon, “È saltato giù!” Ignorando le proteste degli Autobots, Wreck-Gar con la sua incredibile forza aveva aperto il portellone dell'aereo in cui si era tramutato Sixgun, uscendo all'esterno. I suoi sensori tattili percepivano il fortissimo vento che minacciava a ogni istante di sbalzarlo via dalla fusoliera dell'A 400 M, tuttavia era determinato a non cedere e a salvare la sua gente. Si concesse un istante per osservare il paesaggio: pur non serbando quasi più alcun ricordo della sua vita come Wreckage, non poté fare a meno di provare una sorta di nostalgia nell'ammirare le guglie di Iacon, che venne però subito sostituita da una profonda rabbia non appena notò i due colossi nemici che facevano piazza pulita dei suoi sudditi. Senza rifletterci un istante, il re dei Junkions si lanciò da Sixgun, incurante dell'altezza e della velocità, atterrando proprio sulla testa di Trypticon con un sonoro tonfo, ma senza un graffio. “Smetti di attaccare la mia gente!” urlò percuotendo il cranio metallico del Decepticon con i suoi potenti pugni, ma il nemico non si accorse neppure della sua presenza; Wreck-Gar non ci mise molto a realizzare che i suoi colpi non stavano suscitando il minimo effetto, così si sedette a gambe e braccia incrociate lì dove si trovava, in modo da escogitare un piano d'azione. Frattanto Grimlock giaceva ancora supino sotto lo sguardo di Sixshot, il quale stava pregustando la fine dell'avversario. “A lungo sei stato una spina nel fianco, Grimlock.” disse il Six Changer, “Ti tolleravo solo in virtù della tua forza e dell'alta considerazione che Scorponok aveva nei tuoi confronti. Quante volte ti sei opposto alle mie strategie e ho tentato di scendere a patti con te... quante volte hai ignorato i miei tentativi di venirti incontro e hai continuato a mettermi i bastoni fra le ruote, in nome di un superato senso dell'onore...” Sixshot fece una pausa, avvicinando il volto al ricettore audio di Grimlock e sussurrando: “Lascia che ti dica una cosa: l'onore non serve a un guerriero, ciò che importa sono il potere e il rispetto. E tu avevi il mio, almeno finché non hai deciso di tradirci... e ora ne pagherai le conseguenze.” Così dicendo, il leader dei Decepticons si voltò verso i soldati giunti in suo aiuto, tra i quali spiccavano molti membri dell'élite quali Devastator, Scavenger, Onslaught, Blast Off, Dead End e Overkill; questi ultimi in particolare parevano molto eccitati all'idea dell'esecuzione in programma, e non distoglievano lo sguardo da Grimlock neppure per un istante. “Miei guerrieri,” disse Sixshot, allargando le braccia come per abbracciarli tutti, “osservate la fine che spetta ai traditori, ma non temete: se ci sarete fedeli, noi Quintessenziani sapremo ricompensarvi come meritate.” Così dicendo, Sixshot tornò a rivolgere la sua attenzione a Grimlock e sguainò gli artigli. “Addio.” disse, “Hai qualcosa da dire, prima della fine?” Erano tante le cose che Grimlock avrebbe voluto dire a Sixshot: che senza onore non ci si poteva considerare guerrieri, che le sue promesse erano vane e che lui non era, e non sarebbe mai stato, un Quintessenziano. Tuttavia durante il discorso del Six Changer aveva visto qualcosa di estremamente interessante, che lo fece decidere sulle parole da rivolgere al nemico. “Sì.” disse il Triple Changer con voce roca e sofferente, “Me Grimlock... avere... nuovi compagni.” Sixshot non ebbe neppure il tempo di realizzare il significato delle parole di Grimlock che venne investito da una pioggia di raggi laser provenienti da tutto intorno. L'impatto fu violentissimo e lo fece balzare in aria e atterrare malamente tra le fila dei suoi seguaci, che osservarono la scena troppo stupiti per reagire. Poi, da un vicolo male illuminato ai margini della strada fecero la loro comparsa alcuni Cybertroniani, guidati da un Transformer cremisi con un'arma di grosso calibro in pugno. “Già,” confermò Ironhide, “Proprio vero.” 07 – I salvatori La comparsa di Ironhide a fianco di un gruppo di guerriglieri Autobot sfuggiti finora alla cattura capovolse in un istante la situazione disperata in cui si trovava Grimlock. Mentre i nuovi arrivati tenevano a bada i Decepticons, il Triple Changer venne avvicinato da Mirage, giunto sin lì inosservato grazie al suo dispositivo di camuffamento, il quale riuscì – non senza fatica – a rimetterlo in piedi e ad aiutarlo a raggiungere un posto più sicuro. Grimlock venne fatto sdraiare nell'atrio di un edificio ormai abbandonato, dove trovò ad attenderlo anche Kup, Blurr, Bluestreak e Searchlight, gli ultimi due impegnati a difendere l'ingresso dal fuoco nemico. “Sei fortunato che abbiamo sentito il fracasso che stavate facendo tu e quel dannato Sixshot.” disse Kup, “Credo che tu ci debba un favore grosso come... beh, almeno quanto te!” “Ma se non volevi neppure fermarti ad aiutarlo!” intervenne Blurr, “Non fosse stato per Ironhide non...” Il Minicon azzurro venne zittito da un sonoro pugno in testa da parte dell'anziano Cybertroniano. “Te l'ho già detto: parli troppo.” sentenziò Kup, incurante delle lamentele ad altissima velocità del compagno, che si tastava il capo alla ricerca di eventuali ammaccature. La voce stridula di Blurr venne ben presto soffocata da quella di Mirage, che disse: “Anche noi siamo stati fortunati a imbatterci in Ironhide così presto... ancor più considerando che era insieme a quel gruppo di ribelli: dubito l'avremmo rintracciato tanto facilmente, se non fossero usciti allo scoperto per unirsi alla battaglia contro i Decepticons, attratti dal frastuono.” “Tipico di Ironhide,” replicò Kup, “per trovarlo, basta guardare dove c'è più confusione.” Il dialogo venne interrotto dall'improvvisa trasformazione di Grimlock, il quale era tornato in forma di robot e stava tentando di alzarsi in piedi. “Ehi!” esclamò Kup, scostandosi per non essere accidentalmente colpito dall'imponente mole del Triple Changer, “Sei funzionante per miracolo, dove pensi di andare?” Ma Grimlock lo ignorò, alzandosi e dirigendosi verso la porta. “Me Grimlock avere una faccenda in sospeso.” disse semplicemente; la determinazione che gli si leggeva in volto era tale che Bluestreak e Searchlight lo fecero passare senza proferire parola. Prima di uscire e gettarsi nella mischia, il Triple Changer si fermò un istante sulla soglia e disse: “Me Grimlock ringraziare per l'aiuto.” Ciò detto, il colossale guerriero sparì nel mezzo dello scontro. “Prego...” mormorò Kup, ma ormai il Triple Changer non poteva più sentirlo. Frattanto nelle prigioni la situazione stava precipitando. Potenziato dal vecchio rimorchio di Optimus Prime, Motormaster era pressoché inarrestabile. Come se non bastassero la pesante corazza e le numerose armi presenti sul suo corpo, gli Autobots non riuscivano a mettere a segno quasi nessun colpo a causa dell'incredibile velocità conferita al loro avversario dai potenti jet sulla schiena. Inoltre Motormaster non si faceva problemi a giocare sporco, tentando di colpire l'ancora fuori gioco Prowl ogni volta che i suoi compagni lo lasciavano scoperto, anche solo per un istante. “Powerglide!” urlò Silverbolt, “Proviamo a colpirlo col lanciamissili!” Il Minicon cremisi rispose trasformandosi nella sua configurazione di arma, con la quale il compagno fece immediatamente fuoco: il colpo andò a segno, ma tutto ciò che i due Autobots ottennero fu di far infuriare Motormaster ancora di più. “Maledetti rottami!” urlò il Decepticon, “Adesso vedrete!” Con velocità incredibile per la sua mole, Motormaster balzò in avanti, afferrando Silverbolt con la chela del braccio destro e inchiodandolo al suolo; sul braccio sinistro del Decepticon, dove un tempo si trovava il laser ad alta potenza di una Omega Sentinel, c'era invece una trivella che iniziò una velocissima rotazione, per poi affondare nella spalla destra di Silverbolt. L'Autobot urlò mentre i collegamenti del braccio saltavano uno ad uno e le giunture venivano ridotte in briciole, per poi cadere in blocco statico lasciando andare la presa su Powerglide. Il Minicon rosso fu rapido nel riassumere le sue normali fattezze e rimettersi in piedi, per poi saltare sul dorso di Motormaster nel tentativo disperato di separarlo dal compagno. Tuttavia il piccolo Cybertroniano era poco più di una seccatura per il Decepticon, che si liberò di lui accendendo i suoi jet, il cui calore fu tale da liquefare le gambe di Powerglide fino alle ginocchia. Streetwise osservò il compagno cadere a terra mentre Motormaster si ergeva in tutta la sua altezza abbandonando Silverbolt a terra; il Minicon pensò che, a meno di un miracolo, presto avrebbe fatto la fine dei suoi amici, e si stupì molto quando le sue preghiere vennero esaudite in una maniera a dir poco bizzarra, con l'improvvisa apertura delle porte dell'ascensore e la comparsa di due volti familiari. “Che diavolo è successo qui?” chiese Sunstreaker, osservando la scena davanti a lui. Tuttavia nessuno ebbe modo di rispondergli. Sideswipe era infatti già passato all'azione, facendo fuoco con l'arma sulla spalla all'indirizzo di Motormaster che, preso completamente alla sprovvista, sembrò finalmente accusare il colpo; Streetwise intanto si precipitò in avanti per trascinare al sicuro Powerglide, incapace di rialzarsi per i danni subiti, riuscendo per un pelo a evitare che questi venisse calpestato dal cieco barcollare del Decepticon, accecato dal fumo dell'esplosione. Finalmente anche Sunstreaker si gettò nella mischia, compiendo un'elegante evoluzione a mezz'aria e aprendo il fuoco su Motormaster, impedendogli di riacquistare l'equilibrio. Una volta abbandonato Powerglide in una cella vuota, Streetwise ebbe modo di osservare i due Autobots gemelli combattere insieme per la prima volta: le voci erano vere, erano una squadra perfetta. Riuscivano l'uno a intuire istintivamente i tempi dell'altro, sfruttando le aperture che si fornivano reciprocamente senza bisogno di coordinarsi a parole. Non lasciavano al nemico il minimo respiro, il loro lavoro di squadra era veramente da manuale... un vero peccato che normalmente passassero la maggior parte del tempo a competere e litigare fra loro. Tuttavia anche loro difettavano della potenza necessaria ad assestare un colpo decisivo al nemico, il quale, pur mancando di eleganza, aveva dalla sua un arsenale di tutto rispetto. Motormaster fece scattare un piccolo cannone a doppia canna sul suo petto, dal quale fece partire una breve scarica di colpi all'indirizzo di Sunstreaker, che la ricevette in pieno volto: pur non subendo gravi danni, il Transformer perse il suo slancio, permettendo al nemico di afferrarlo. “Adesso andrai a fare compagnia al tuo amico laggiù!” urlò Motormaster, alludendo a Silverbolt: il Decepticon aveva appena sbattuto Sunstreaker contro il muro, mentre la trivella sul braccio sinistro iniziava a girare sempre più forte. “Sunstreaker!!!” urlò disperato Sideswipe, ma il Transformer cremisi era conscio che non avrebbe mai potuto intervenire in tempo. All'improvviso, una feroce scarica di colpi d'arma da fuoco investì Motormaster, che fu costretto a indietreggiare e a lasciar cadere il suo prigioniero; guardando nella direzione da cui proveniva l'attacco, gli Autobots videro Tailgate e Windcharger in piedi davanti alla porta delle scale, con alle spalle un nutrito gruppo di Autobots dall'aria piuttosto seccata, tra i quali spiccavano Roadbuster, Twin Twist, Whirl e Topspin. “Siete sempre i soliti!” esclamò Tailgate, rivolto a Sideswipe e al compagno, “Meno male che mentre voi perdevate tempo, noi ci siamo dati da fare e abbiamo trovato qualche amico.” La frase non era ancora terminata che gli Autobots appena sopraggiunti si lanciarono all'attacco, desiderosi di mostrare al Decepticon quanto avessero apprezzato il lungo periodo di prigionia cui erano stati costretti. 08 – Il ritorno del re Poco distante, Trypticon continuava la sua opera di distruzione, costringendo i Junkions ad arretrare. Il dinosauro meccanico grugniva di piacere alla vista dei nemici in fuga... vista che, a un certo punto, gli venne però improvvisamente negata. Il Decepticon, divenuto tutto a un tratto completamente cieco, lanciò un ruggito di rabbia mista a stupore rivolgendo il muso al cielo; tentò di portare le zampe anteriori all'occhio, ma erano troppo corte e così, ancor più frustrato, iniziò a scalciare e agitare la coda, con la quale finì per investire e atterrare l'ignaro Full-Tilt. Frattanto all'interno di Trypticon, Road Hauler e Scrapper facevano tutto il possibile per scoprire la causa dell'improvvisa interruzione delle immagini sui loro schermi. “Che succede?!?” chiese Octane, “Fate qualcosa!” Ma i due ingegneri non sapevano davvero cosa: per quanto assurdo potesse sembrare, era come se all'improvviso Trypticon non possedesse più un sensore ottico. I Decepticons non erano troppo lontani dalla verità tuttavia, per conoscerla appieno, avrebbero dovuto scorgere la piccola sagoma in piedi sul muso del dinosauro meccanico mentre giocherellava con un grosso oggetto di forma tondeggiante: gli faceva compiere brevi evoluzioni in aria, passandoselo da una mano all'altra e talvolta facendolo rimbalzare sul proprio capo; si trattava ovviamente di Wreck-Gar, e la sfera che aveva in mano era proprio il sensore ottico di Trypticon. “Bene.” disse il Junkion fermandosi un momento, “Adesso ho la tua attenzione?!” Non appena si riprese dal colpo subito dal compagno, Full-Tilt ci mise poco a individuare la causa dei problemi di Trypticon. “Come diavolo è finita lassù una di quelle mostruosità?” si domandò il Minicon rialzandosi. Fece per avvicinarsi al partner per aiutarlo, ma il colossale Transformer continuava ad agitarsi, impedendogli di raggiungerlo. “Trypticon!” urlò allora il Minicon, ma anche così non riuscì a catturare la sua attenzione. Full-Tilt si fece coraggio e si avvicinò ancora un poco, sfuggendo per un pelo a un nuovo colpo di coda del compagno, per poi gridare ancora più forte: “Trypticon!!!” Stavolta il dinosauro meccanico lo udì, voltandosi in direzione della sua voce. “Calmati, Trypticon!” disse ancora Full-Tilt, “Uno di quegli esseri ti è salito sulla testa e ti ha tolto il sensore visivo. Adesso stai fermo: ci penso io a sistemarlo, poi Road Hauler ti rimetterà subito in sesto.” Trypticon fece come gli veniva detto, abbassando il muso per permettere al compagno di arrivarci più facilmente; tuttavia, prima che Full-Tilt potesse allungare la mano e catturare Wreck-Gar, il braccio del Minicon venne afferrato con forza da dietro. “Chi..?” fece per domandare mentre si voltava, ricevendo per tutta risposta un sonoro pugno al volto da Sixgun. Mentre il Decepticon cadeva ancora una volta al suolo, stavolta in Blocco Statico, Trypticon era rimasto immobile, sempre in attesa dell'intervento di Full-Tilt; Sixgun decise di cogliere l'occasione che gli veniva servita su un piatto d'argento e si avvicinò al dinosauro, facendo cenno a Wreck-Gar di salirgli sulla mano e adagiandolo poi al suolo fra i suoi. In seguito il Minicon spiccò il volo, giungendo in breve tempo ai limiti dell'atmosfera, per poi iniziare una velocissima picchiata verso il Decepticon. Il corpo di Sixgun brillava per l'attrito generato dal rientro quando investì le fauci di Trypticon con la violenza di una piccola meteora, letteralmente schiacciando il nemico al suolo nonostante la differenza di stazza. Benché la manovra avesse lasciato Sixgun stordito, gli effetti sull'avversario furono ben peggiori: il suo muso era terribilmente deformato, rendendolo incapace di aprire bocca e usare il suo potente laser; inoltre alcune giunture del collo e della schiena avevano ceduto per la violenza dell'impatto, per cui adesso rialzarsi era per lui un compito estremamente difficoltoso, che ben presto gli sarebbe addirittura divenuto impossibile. Wreck-Gar infatti, dopo aver raggiunto i suoi sudditi, li aveva organizzati e lanciati nuovamente all'attacco. “Nessuno può ignorarmi così!” esclamò, “Miei sudditi, seguitemi!” Sciamando come cavallette, i Junkions si arrampicarono sul corpo supino di Trypticon, infilandosi fra le giunture della sua gamba sinistra. Wreck-Gar invece era nuovamente salito sul muso del mostro metallico, dicendo: “Tutti devono inginocchiarsi davanti a un re: farò in modo che tu non lo possa più dimenticare.” In quel mentre, si udì il tonfo sordo della gamba sinistra di Trypticon che si staccava dal resto del suo corpo, rovinando al suolo. “Ben fatto!” esclamò Wreck-Gar, rivolto ai suoi sudditi, “E adesso l'altra!” Frattanto, all'interno del corpo del dinosauro regnava il panico. “Hanno staccato una gamba!” esclamò Road Hauler, controllando il programma diagnostico su un monitor. “Cosa?” chiese Octane, incredulo, “Com'è possibile?” Gli rispose Scrapper: “Devono aver smontato le giunture pezzo per pezzo, usando le...” “Non ho chiesto una lezione di ingegneria!” sbraitò Octane, “Road Hauler, quali opzioni ci restano?” L'ingegnere si fece scuro in volto. “Se fanno lo stesso all'altra, perderemo tutti i sistemi di propulsione spaziale.” disse, “Il mio consiglio è di andarcene... e in fretta.” Octane strinse i pugni. Non avrebbe voluto fuggire davanti al nemico, ma se fosse rimasto per lui era finita. Gli dispiaceva abbandonare Scorponok e la sua causa, tuttavia nessuna crociata, per quanto nobile, valeva il prezzo della sua Scintilla. “Ordina a Trypticon di decollare.” disse infine, rivolto a Road Hauler, “Portaci lontano da questo maledetto pianeta e da quelle mostruosità.” Nel frattempo, nei cieli della Terra, Scorponok osservò rammaricato il display indicante il conto alla rovescia col tempo concesso agli Autobots per consegnare la Matrice: aveva ormai raggiunto lo zero. Come previsto, non aveva ricevuto alcuna risposta da parte loro, tuttavia Scorponok si disse che doveva almeno provarci: avrebbe preferito non coinvolgere i Terrestri in una questione che non li riguardava, tuttavia a questo punto non aveva altra scelta che tener fede alla parola data e distruggere una delle loro metropoli. Al momento la sua astronave verde e viola stava sorvolando un vasto tratto di mare, che il computer gli comunicò essere chiamato dagli indigeni “Oceano Pacifico”... un nome che ben presto, si disse, non avrebbe più significato molto. Procedendo verso occidente a piena potenza, incontrò una cintura di isole di origine vulcanica, al centro delle quali, sempre stando al computer della nave, si trovava una delle principali metropoli del pianeta. “Mi spiace,” disse Scorponok, “ma per dimostrare che faccio sul serio, Tokyo dev'essere distrutta.” 09 – Rivolta Nelle carceri di Cybertron, lo scontro si era riacceso con una violenza incredibile: una ventina di Autobots attaccò Motormaster all'unisono e, di fronte a un assalto di tale portata, persino il Decepticon potenziato dall'armatura che fu di Optimus Prime dovette indietreggiare. Tuttavia l'attacco, guidato da Roadbuster e Twin Twist, per quanto feroce, non sembrava ancora in grado di danneggiare in maniera decisiva l'avversario. Approfittando della confusione, Whirl e Topspin raggiunsero Streetwise e il gruppo di Autobots feriti vicino a lui, in modo da essere aggiornati sulla situazione. Il Minicon del team terrestre fece in modo da essere il più coinciso possibile nel raccontare gli ultimi avvenimenti agli ammiragli della flotta, tappando i buchi fra le voci che erano giunte loro fin lì nelle celle. Al termine del resoconto, Whirl chiese: “Scamper è morto?” Streetwise annuì: si era completamente dimenticato di menzionare il sacrificio dello stratega nella sua sintesi, e se ne vergognò; in fondo era stato anche grazie a lui se adesso avevano la possibilità di riconquistare il loro pianeta natale, anche se molti, lui per primo, sembravano averlo scordato. “E tutto questo perché?!?” esclamò Topspin, furibondo, “Per la Matrice?!? Davvero vale le Scintille di Scamper e tutti gli altri Autobots caduti per difenderla?” Whirl, con la calma che lo contraddistingueva sempre, disse: “A proposito della Matrice... avete notato?” Tuttavia nessuno degli altri due Cybertroniani capì a cosa si riferisse, così attesero ulteriori spiegazioni. “Il nostro nemico!” esclamò il Transformer, “Indossa l'armatura che i Terrestri hanno creato tempo fa per Optimus Prime... ma come fa ad alimentarla, senza l'energia aggiuntiva della Matrice?” Se Whirl non lo avesse fatto notare, Streetwise non ci avrebbe mai pensato. Eppure era vero, il loro amico terrestre Chip aveva attinto proprio al potente artefatto Cybertroniano per fornire energia all'armatura: anche se Motormaster era la copia di Optimus Prime – potendo quindi interfacciarsi con essa senza problemi – come poteva sfruttarla, dato che la Matrice si trovava sulla Terra? “Guardate,” aggiunse poi Whirl, “anche se molti armamenti sono stati aggiornati, il laser sul braccio sinistro non c'è più: evidentemente il sistema che hanno trovato per alimentare la corazza non era sufficientemente potente per utilizzarlo.” In quell'istante, Streetwise ricordò cos'era successo subito dopo che Motormaster si era assemblato con il rimorchio. “Drag Strip!” esclamò, “Dev'essere la connessione col suo Minicon a fornire la potenza necessaria... ho visto Motormaster fondersi con lui prima dell'attacco!” L'unico occhio di Whirl prese a osservare l'avversario, finché non gli parve di scorgere una piccola massa gialla e viola sul suo dorso, il che sembrava confermare le parole di Streetwise. Senza perdere tempo, Whirl si alzò in piedi e urlò: “Roadbuster! Devi impedirgli di muoversi, anche solo per qualche secondo!” Il generale supremo, che era momentaneamente arretrato per riorganizzare l'assalto, si voltò verso il compagno. “La fai facile tu!” esclamò, “Ma vedrò di fare del mio meglio... Twin Twist?” Il Minicon semplicemente annuì, per poi trasformarsi e fondersi alla schiena del compagno per concedergli la sua energia. Pervaso da un'ondata di incredibile potere, Roadbuster scattò in avanti, eseguendo un violentissimo placcaggio, che contro un avversario convenzionale avrebbe avuto esiti devastanti; tuttavia Motormaster non indietreggiò che di qualche passo, usando poi i suoi reattori per controbilanciare la spinta del nemico. “Ah!” rise il Decepticon, “Saresti dunque tu il potente generale supremo degli Autobots? Neppure tu puoi sconfiggermi in uno scontro a viso aperto!” Con tutti i motori del suo poderoso corpo che spingevano al massimo, Roadbuster rispose con un grugnito: “Lo so benissimo... tuttavia, a proposito di visi, dovevo fare in modo che il tuo brutto muso fosse concentrato solo su di me e non vedesse il mio amico alle tue spalle.” Prima che Motormaster potesse realizzare il significato delle parole di Roadbuster, un potente colpo di fucile lo colpì sul dorso, facendo immediatamente venir meno le sue forze. “Drag Strip!” urlò comprendendo cos'era accaduto, ma per il Minicon era già troppo tardi: il colpo esploso da Whirl utilizzando la configurazione di arma di Streetwise lo aveva centrato in pieno, spezzando in due il suo esile corpo; Drag Strip non fece neppure in tempo a riavviarsi dopo la disconnessione forzata che la sua Scintilla si era già spenta. “Questo è per ciò che avete fatto a Prowl e ai miei compagni.” sentenziò Streetwise, riassumendo la forma di robot; Motormaster tuttavia non lo udì nemmeno. “Drag Striiiip!!!” urlò, in preda alla furia più cieca, tentando di sollevare le braccia per colpire Roadbuster e gli Autobots attorno a lui per eliminarli; tuttavia senza il compagno non disponeva più dell'energia necessaria per sfruttare le armi o muoversi con l'armatura. Il generale Autobot sentì immediatamente la spinta dell'avversario scemare e, provando una sorta di pietà per l'avversario, decise di farla finita in fretta colpendo Motormaster con un potente pugno al volto, mandandolo in Blocco Statico. Il Decepticon si accasciò come una marionetta cui erano stati tagliati i fili, mentre sul campo di battaglia scendeva improvvisamente il silenzio. Quell'istante di quiete assoluta venne rotto dalla voce di Streetwise. “Avete liberato tutti?” chiese, rivolto a Tailgate e Windcharger. “Tutti quelli che abbiamo trovato.” rispose il Minicon rosso, “Ma non c'è traccia di Ultra Magnus.” Nel mentre a Tokyo, sulla Terra, la vita scorreva con la consueta frenesia. Era pomeriggio, le scuole erano appena terminate e le strade stracolme di gente, quando improvvisamente il sole venne oscurato da qualcosa che non era affatto la classica nube passeggera. L'astronave di Scorponok si fermò poche centinaia di metri sopra il centro della grande metropoli, i cui abitanti osservavano increduli l'immenso oggetto metallico sospeso sulle loro teste, il cui scafo rovinato testimoniava le mille e più battaglie cui aveva preso parte. Anche se nelle settimane precedenti erano giunte voci riguardanti lo scontro fra Autobots e Decepticons in Europa, nessuno sembrava intuire la provenienza del vascello, né cosa potesse significare la sua presenza in quel luogo. Fu solo quando partì la prima scarica di proiettili diretti verso il suolo che si scatenò il panico: un intero quartiere del centro città era semplicemente sparito, distrutto da un fascio di luce viola che ne polverizzò gli edifici e ne sventrò le strade. Scorponok osservò rammaricato quella distruzione, tuttavia si disse che non c'era altro modo: gli Autobots dovevano capire che era disposto a tutto. Avrebbero dovuto consegnagli subito la Matrice, e il Triple Changer sperava che quello di Tokyo fosse l'unico sacrificio necessario a convincerli; tuttavia non si sarebbe fermato finché non avesse ottenuto ciò che desiderava. Scorponok si preparò a far partire una nuova salva di colpi verso gli edifici del centro cittadino, quando la sua astronave venne colpita in modo terribilmente violento a un fianco. Controllò subito l'ammontare dei danni: niente di irreparabile, tuttavia uno stabilizzatore era completamente andato. “Chi scoria è stato?” domandò ad alta voce, eseguendo le manovre per l'atterraggio; la risposta giunse sotto forma di una voce possente, che risuonò per tutta Tokyo: “Questa città è sotto la mia protezione, mon ami.” 10 – Battaglia sulla Terra Qualche minuto prima. Nella base terrestre degli Autobots, Hot Rodimus discuteva animatamente con i compagni riguardo il da farsi: mancava pochissimo allo scadere dell'ultimatum dato da Scorponok, e il Transformer non intendeva sacrificare degli innocenti per difendere la Matrice... ma non tutti erano d'accordo con lui. “Hai dimenticato quante Scintille sono andate perdute per difenderla?” esclamò Wheelie, “Non possiamo cedere proprio adesso: una volta che ci saremo ripresi Cybertron, noi...” “Ma quali garanzie abbiamo di riuscirci?” lo interruppe il compagno, “Nessuna delle nostre due squadre ha ancora fatto rapporto: per quel che ne sappiamo, potrebbero anche essere già stati tutti catturati, o peggio; per questo vorrei salvare più vite possibili, avendone la possibilità.” Jazz incrociò le braccia. “Non ti capisco.” disse, “L'hai tenuta nascosta per megacicli – la Matrice intendo – e ora te ne vuoi liberare così facilmente? Neanch'io sono entusiasta di lasciar morire tutte quelle persone, tuttavia chissà cosa farebbe questo Scorponok, una volta entratone in possesso!” “Non è questo il problema.” rispose Hot Rodimus, “Che ce l'abbiamo noi oppure lui, non importa! Lui... noi...” In quel mentre il Transformer si bloccò. Si era reso conto di essere sul punto di rivelare alcune cose che gli aveva raccontato Grimlock, delle quali si era ripromesso di non parlare fino a crisi conclusa. Tuttavia ormai il danno era fatto, e i suoi amici premevano per saperne di più. “C'è qualcosa che non ci hai detto?” chiese Bumblebee. Hot Rodimus osservò in volto i compagni, rassegnandosi a raccontare la verità. “La Matrice è un'arma,” disse, “apparentemente l'unica in grado di sconfiggere il nemico responsabile dello sterminio della razza cui appartengono Grimlock, Scorponok e gli altri Triple Changers. L'hanno cercata per milioni di megacicli prima di trovarla, quindi ora Scorponok non si fermerà davanti a niente pur di ottenerla: secondo Grimlock, ormai per lui il fine giustifica ogni mezzo... per quanto terribile possa essere.” Gli altri Autobots ammutolirono davanti a quelle rivelazioni, restando in attesa del seguito. “Per questo,” proseguì il Transformer, “se possibile vorrei non consegnare la Matrice a Scorponok, anche perché, qualora il nemico della sua gente attaccasse Cybertron, ci priveremmo dell'unica difesa efficace; tuttavia non posso permettere il sacrificio degli abitanti di questo pianeta in virtù di una semplice possibilità... non quando c'è la speranza che Scorponok, ottenuta la Matrice, la utilizzi per debellare definitivamente la minaccia incombente.” “Ma allora,” chiese Wheeljack, “ perché Scorponok non ha semplicemente chiesto il nostro aiuto?” Hot Rodimus scosse la testa. “È una lunga storia,” disse, “ma adesso non abbiamo tempo: contatterò Scorponok, dichiarando la nostra resa.” Mentre Hot Rodimus si avvicinava alla trasmittente, questa si mise in funzione da sola, indicando una chiamata in arrivo. Sorpreso, il caposquadra rispose, vedendo comparire sul monitor sopra la console le fattezze di un Minicon che ben conosceva. “Qui Slammer,” disse lo stratega, “non azzardatevi a contattare quel Decepticon: pensiamo noi a lui.” Adesso. In piedi al centro del ponte di comando di Metroplex, Slammer ringraziò Primus di essere arrivato in tempo per impedire la completa distruzione di Tokyo. Purtroppo la risalita del fiume Sumida si era dimostrata più difficoltosa del previsto a causa della stazza della loro nave, permettendo così al nemico di distruggere un intero quartiere; Slammer promise a se stesso che avrebbe onorato personalmente tutte le vittime dell'attacco, assumendosi la piena responsabilità delle loro morti, tuttavia ora l'importante era impedire a questo misterioso Scorponok di fare ulteriori danni. L'astronave nemica effettuò un atterraggio di fortuna nell'area distrutta dal suo attacco di poco prima: aveva un fianco squarciato, penetrato dalla prua di un'imbarcazione terrestre di media stazza che Metroplex le aveva scagliato addosso poco prima. Il colosso bianco invece era pronto a scattare al minimo segnale da parte di Slammer, il quale attendeva una mossa del nemico per decidere il da farsi. “Andiamo..!” mormorò il Minicon, “Arrenditi, non puoi più volare...” Scorponok però era ben lungi dal ritenersi sconfitto. “Fast Track!” esclamò e, da una delle pareti del ponte di comando, uscì un drone grigio scuro e arancione privo di gambe, che avanzava velocemente su tre paia di ruote. “Comandi?” chiese questi, con voce del tutto inespressiva. “Occupati dei danni allo stabilizzatore,” ordinò Scorponok, “nel mentre io procederò con la fusione.” Il drone annuì, iniziando il suo compito, intanto Scorponok premette un pulsante sulla console antistante la sua postazione e il sedile su cui era seduto sprofondò nel pavimento, percorrendo un lungo tunnel verticale illuminato da neon rossi, terminante in un ampio locale dalla forma di una sfera perfetta. Giunto lì, Scorponok scese dalla sedia, che tornò immediatamente da dove era venuta e chiuse la via dietro di sé; al suo posto comparve dal soffitto un fascio di cavi, che il Triple Changer afferrò con le possenti chele che aveva al posto delle mani per poi collegarli alla sua nuca. Gli occhi di Scorponok brillarono di una luce cremisi da sotto la visiera calata sul volto, poi, mentre la sua coscienza si espandeva, esclamò: “Adesso giocheremo ad armi pari.” Su Cybertron intanto, Hound e la sua squadra attendevano che Cosmos e Hubcap terminassero di calibrare la trasmittente per inviare il loro rapporto ai compagni in attesa sulla Terra. Il caposquadra fremeva d'impazienza mentre ogni fibra del suo essere spingeva per gettarsi in battaglia come aveva fatto Wreck-Gar, tuttavia il suo attuale ruolo e la fiducia accordatagli dai suoi superiori gli imponevano di mantenere la calma, attenendosi agli ordini ricevuti. Tuttavia non si sentiva affatto tranquillo, poiché anche se Sixgun li aveva lasciati in una zona a una certa distanza dall'epicentro del conflitto, c'erano ancora molti Decepticons in giro e, per ottimizzare la ricezione, al momento si trovavano allo scoperto. Ma Hound non era l'unico a essere inquieto: il suo compagno Brawn scrutava i dintorni con fare circospetto, mentre Trailbreaker e Gears avevano tenuto le armi in pugno da quando erano sbarcati. Finalmente la comunicazione venne stabilita. “Qui Bumblebee.” rispose una voce leggermente disturbata da scariche. Hound si avvicinò al trasmettitore e disse: “Qui Hound. Siamo su Cybertron, finora tutto liscio: i Junkions stanno tenendo impegnato il nemico... notizie da Prowl?” “Nessuna.” gli rispose il Minicon all'altro capo della galassia, “Ma anche qui ci sono stati degli sviluppi...” Bumblebee riassunse brevemente gli ultimi avvenimenti, dall'arrivo di Scorponok all'attacco a Tokyo, fino al tempestivo intervento di Slammer e Metroplex. “Sembra che Metroplex abbia tutto sotto controllo,” concluse il Minicon, “adesso sta... No!!!” Allarmato, Hound esclamò: “Bumblebee! Che succede?!?” Il suo interlocutore tacque qualche istante, dando modo al Transformer di udire le voci confuse degli altri Autobots sulla Terra in sottofondo. “Bumblebee!!!” esclamò ancora. “L'astronave...” balbettò infine il Minicon, “L'astronave si è trasformata!” 11 – Scontri A mano a mano che il processo di fusione procedeva, Scorponok aveva la sensazione di non possedere più un solo corpo, bensì due: era da troppo tempo che non la provava più, precisamente dalla feroce battaglia combattuta su Zarak. Dapprima sentì di avere un nuovo paio di braccia, sorte dalla prua della sua astronave, poi fu la volta di un ulteriore paio di gambe, in cui si era appena trasformata la poppa del vascello: era una strana sensazione, come se i suoi piedi fossero lì, all'interno della camera di fusione, e contemporaneamente fuori, appoggiati sul suolo del pianeta Terra. Percepì poi la brezza soffiare contro un nuovo, possente torace, mentre una seconda testa veniva alla luce da un vano nascosto fra le spalle. Fu allora che provò lo shock più forte, quando la sua stessa vista parve sdoppiarsi e si ritrovò a osservare contemporaneamente una parziale oscurità coi suoi veri sensori ottici e un'intensa luce con il visore del suo secondo volto, protetto da un pesante elmo munito di corna. Istintivamente Scorponok mosse una delle sue chele, e il colosso in cui si era trasformata la sua astronave fece immediatamente altrettanto; fu allora che il Triple Changer capì di non essere più abituato alla fusione: non doveva compiere un gesto per comandare l'astronave, bastava solamente pensarlo. Poiché tuttavia era stata progettata per essere sfruttata in battaglia, gli scienziati che avevano ideato la tecnologia Brainmaster avevano deciso di costruire una camera di fusione sufficientemente spaziosa, in modo che, nel caso di un errore durante le fasi più concitate di uno scontro, il pilota non causasse inavvertitamente danni al sistema. Tuttavia non era quello il momento per simili pensieri, così Scorponok si concentrò sulla situazione esterna: attraverso i suoi nuovi sensori, percepiva la presenza di Metroplex a poche centinaia di metri da lui, pronto al combattimento. Il Triple Changer decise di accontentarlo, inviando un impulso alle armi a sua disposizione per attivarle, in modo da fornire un assaggio della sua potenza all'avversario: presto avrebbe capito perché la sua astronave portava il nome del suo pianeta natale, e la potenza della Mega Zarak era temuta persino tra le fila delle armate contro cui combatteva da un'esistenza intera. Slammer aveva commesso un errore, tuttavia sapeva che non c'era tempo per compiangersi. Vedendo l'astronave nemica rimanere a terra, aveva ipotizzato che fosse ormai inoffensiva, così aveva ordinato alle squadre Autobot a bordo di Metroplex di scendere a terra e prestare soccorso ai terrestri; fu proprio mentre stavano terminando le operazioni di sbarco che il vascello nemico iniziò la sua stupefacente trasformazione, ma non poteva fare nulla per impedirla: se Metroplex si fosse mosso, avrebbe finito per calpestare i suoi stessi alleati; inoltre senza Sixgun era praticamente disarmato e incapace di attaccare il nemico da lontano. Quando finalmente il colosso bianco ebbe via libera, era ormai troppo tardi: un robot perfino più imponente di lui gli si stagliava davanti, con un volto imperturbabile che non tradiva la minima emozione. D'improvviso, la coppia di cannoni sulle spalle dell'avversario ruotarono verso Metroplex e aprirono il fuoco: il colpo era potentissimo, tuttavia l'Autobot non avrebbe avuto problemi a scansarlo. Era già a metà della manovra evasiva che tuttavia la voce di Slammer risuonò violenta nel suo cervello elettronico. “No!!!” esclamò il Minicon, “Non muoverti!” Il gigante obbedì, finendo così per farsi colpire di striscio da una delle scariche; immediatamente fece per chiedere il motivo di quell'ordine apparentemente insensato, tuttavia capì non appena udì il rombo alle sue spalle: un'altra porzione di città era appena stata distrutta. Metroplex imprecò: non era quello il luogo adatto a un combattimento di quella scala. Sia lui che Slammer avrebbero voluto ridurre al minimo l'entità dei danni a Tokyo, ma con un simile handicap il colosso bianco non era affatto sicuro di riuscire a vincere la battaglia; in ogni caso, la strategia migliore era quella di ridurre la distanza col nemico, in modo da impedirgli di sparare. Metroplex balzò in avanti, scatenando un vero e proprio terremoto che venne percepito in tutta la città, portandosi faccia a faccia con l'avversario. Questi sollevò le braccia per contrastare la sua spinta, e in breve i due si trovarono impegnati in una vera e propria prova di forza, il cui esito sembrava di parità; tuttavia Scorponok aveva ancora un asso nella manica. “Forse questi Cybertroniani hanno dimenticato con chi hanno a che fare.” disse, inviando un nuovo comando al sistema d'interfaccia. Mentre le chele di Mega Zarak afferravano saldamente gli avambracci di Metroplex, l'astronave di Scorponok iniziò una nuova, stupefacente trasformazione: le gambe si ritrassero, mentre una miriade di piccole zampe sorsero dai fianchi e il volto sparì attraverso una specie di celata; la vera sorpresa tuttavia fu la comparsa di una lunga coda, staccatasi dalla schiena del robot gigante, al termine della quale si trovava un minaccioso aculeo. “Il mio nome è Scorponok,” disse il Triple Changer, assaporando lo stupore del suo avversario, “attento al mio pungiglione.” Mentre proferiva queste parole, la coda del gigantesco scorpione meccanico in cui si era tramutata la sua astronave trafisse Metroplex in pieno torace. Su Cybertron, un'altra battaglia stava giungendo al suo apice. Grimlock, danneggiato e malfunzionante, si era trascinato nel bel mezzo dello scontro tra i ribelli capitanati da Ironhide e i Decepticons, con l'intenzione di trovare Sixshot e porre fine al loro duello; anche il Six Changer era piuttosto malmesso dopo l'attacco a sorpresa degli Autobots, faticando a rimettersi in piedi. “Sixshot!” urlò Grimlock, il cui grido raggiunse in qualche modo il destinatario. Il leader dei Decepticons si voltò verso di lui, lo sguardo acceso d'ira: non vedeva neppure lo scontro che li circondava, ormai c'erano solo lui e Grimlock sul campo di battaglia. Deciso a farla finita, Sixshot si trasformò in auto, prendendo a viaggiare a tutta velocità verso Grimlock, il quale cambiò forma a sua volta, assumendo la configurazione di dinosauro; a pochi metri dal nemico, Sixshot si tramutò in bestia a sua volta, spiccando un balzo e avventandosi sul Triple Changer: ci fu un un urto violentissimo, un cozzare di denti e artigli e, alla fine, solo uno dei due contendenti rimase in piedi. 12 – La speranza si rinnova Da quando Trypticon era decollato, abbandonando la battaglia, i Junkions stavano lentamente riguadagnando il terreno perduto, mentre i Decepticons guardavano ad Apeface per una via d'uscita da quella brutta situazione. Il Triple Changer tuttavia non sapeva che fare: essere stato abbandonato al proprio destino da Octane in quel modo l'aveva privato di ogni iniziativa, per cui si limitava a dare ordini poco convinti e confusi, spingendo molti dei suoi sottoposti a defilarsi e abbandonare la battaglia a loro volta. Nei cieli sopra il centro di Iacon, dove risiedeva la corte Quintessenziana, Thundercracker aveva appena abbattuto un Junkion che aveva spiccato il volo rubando a un avversario un paio d'ali e di reattori; il Decepticon, alla ricerca del suo prossimo bersaglio, venne improvvisamente avvicinato alle spalle da qualcuno. Voltandosi di scatto, i cannoni su entrambe le braccia pronti al fuoco, Thundercracker vide che si trattava dei suoi compagni Skywarp e Buzzsaw, appena usciti allo scoperto disattivando il dispositivo criptante del Transformer. “Tutto ok?” chiese Thundercracker, visto che gli altri due non parlavano. Skywarp fece cenno di no con la testa. “Questa non è la nostra battaglia,” disse, “ce ne andiamo. Tu e Frenzy venite con noi?” L'altro Transformer non poteva credere ai suoi sensori audio. “Vorresti fuggire?!?” esclamò, “Sei pazzo?” Skywarp scosse nuovamente il capo. “È stata una pazzia non accorgersene prima.” rispose, “Sixshot, per quanto potente, non è Megatron: i loro ideali non potrebbero essere più diversi. Prima eravamo liberi, al di sopra di ogni legge, adesso siamo solo gli schiavi dei Quintessenziani... per questo ce ne andiamo, e vorremmo che veniste insieme a noi.” Stavolta fu il Transformer azzurro a scuotere la testa. “Spiacente,” rispose, “ma non fuggo davanti al nemico, a prescindere dalle circostanze. E poi, in tutta questa confusione, non saprei neppure dire dove si trova Frenzy, e senza di lui non partirei mai; comunque non vi fermerò e, se Primus lo vorrà, un giorno ci incontreremo di nuovo.” I tre si strinsero le mani in segno di saluto, poi Skywarp e Buzzsaw si trasformarono, pronti a sfrecciare via; prima di andarsene però, il Minicon volle dare un ultimo suggerimento al compagno. “Abbiamo visto un gruppetto di Autobots dirigersi verso il carcere.” disse, “Probabilmente vogliono organizzare una rivolta insieme ai prigionieri... se fossi in te, farei in modo di bloccarli prima che possano unirsi ai Junkions.” Ciò detto, i due Decepticons sparirono nel nulla, senza lasciare a Thundercracker il tempo di ringraziarli. Tuttavia, se quanto appreso corrispondeva a verità, avrebbe dovuto agire subito: aveva già un piano e, se tutto fosse andato bene e avessero vinto la battaglia, certamente il suo contributo sarebbe stato ricordato. Frattanto nelle prigioni, Roadbuster e Twin Twist stavano organizzando i Cybertroniani ancora in grado di combattere, in modo da marciare alla volta di Iacon e riprendersi il centro della città; Whirl e Topspin invece coordinavano le operazioni di evacuazione dei civili imprigionati, supervisionando anche l'operato di alcuni Autobots con conoscenze mediche di base, i quali stavano prestando il primo soccorso ai feriti nello scontro appena concluso. Streetwise, Sideswipe, Windcharger e Tailgate erano al fianco dei compagni di squadra danneggiati quando improvvisamente la porta dell'ascensore si aprì, e Hound e la sua squadra fecero la loro comparsa sulla scena. “Hound!” esclamò Streetwise, “Che ci fate qui?” Il Transformer verde osservò i numerosi feriti stesi a terra accanto al Minicon, rimanendo in silenzio per un istante, dando così modo a Roadbuster di avvicinarsi per sentire le notizie giunte coi nuovi arrivati. “Sulla Terra sono nei guai.” esordì Hound, “Il leader dei Triple Changers – Scorponok mi pare si chiami – è andato fin là per prendersi la Matrice. Possiede un'astronave trasformabile potentissima... Metroplex la sta affrontando, ma le cose non vanno affatto bene.” L'espressione di Roadbuster si fece più seria che mai. “Whirl!” gridò, rivolto verso l'altra parte del locale, “Meglio che tu venga qui e senta questa cosa!” Hound ripeté il resoconto a beneficio dell'ammiraglio supremo della flotta, il quale al termine di esso si immerse nelle sue riflessioni. “Non possiamo inviare la flotta ad aiutarli?” chiese Roadbuster, ma il Transformer azzurro scosse il capo. “Negativo.” rispose, “Tutte le nostre navi hanno lasciato Cybertron per l'evacuazione iniziale. Presumo che le poche sopravvissute alla caccia spietata dei Decepticons siano state assorbite nella loro flotta... che peraltro mi pare sia stata annientata dall'arrivo dei Junkions, privandoci anche dell'opzione di impadronirci di alcuni loro vascelli.” “Ma allora..?” fece per domandare Roadbuster, il quale venne inaspettatamente interrotto da Hound. “Chiedo scusa,” disse il Transformer verde, “ma se permettete avrei un'idea molto più semplice: dov'è Ultra Magnus?” Gli rispose Streetwise: “Purtroppo pare non sia qui. Speravamo di trovarlo anche noi per salvare Optimus Prime, tuttavia, quando pensavamo di averlo trovato in una capsula di stasi, ad aspettarci al suo interno c'era invece Motormaster.” “Dannazione!” esclamò Hound, “Speravo che, vista la potenza mostrata dalla loro unione durante l'ultima battaglia con Megatron, avere Optimus Prime e Ultra Magnus dalla nostra fosse un deterrente sufficiente a far desistere il nemico... ma se le cose stanno così...” “Ma come contavi di portare Ultra Magnus sulla Terra?” chiese Whirl, “So che c'è la navicella Decepticon con cui è giunto qui il team di Prowl, tuttavia, nel tempo necessario ad arrivare al portale spaziale e alla Terra stessa, la battaglia...” “Avevo un piano al riguardo,” tagliò corto Hound, incurante del grado di colui a cui si stava rivolgendo, “tuttavia a questo punto direi che non importa più.” In quel momento, Huffer si allontanò dal gruppo con fare circospetto, come se avesse visto qualcosa. “Che c'è?” chiese Streetwise. “Guardate laggiù.” rispose l'altro, indicando il luogo dove si trovava la capsula di stasi. Sulle prime nessuno dei presenti capì dove volesse arrivare il Minicon, poi all'improvviso Roadbuster esclamò: “Primus benedetto!” Il generale Autobot corse verso la cella, sollevando senza problemi la capsula; a quel punto, tutti poterono scorgere quel che lui e Huffer avevano visto. Accasciato in un angolo, col corpo gravemente danneggiato, si trovava Ultra Magnus, completamente immobile e apparentemente privo di funzioni; immediatamente tutti i suoi vecchi compagni accorsero da lui per accertarsi delle sue reali condizioni. “La Scintilla è accesa.” disse Brawn, emettendo una sorta di sospiro di sollievo, “Ma le pulsazioni d'onda sono sempre più deboli.” “Dev'essere colpa di Motormaster.” concluse Whirl, “Probabilmente Ultra Magnus era davvero all'interno della capsula, ma l'ha estratto per tendere il suo agguato: senza supporto vitale, temo che il nostro compagno non ce la farà.” “Non possiamo semplicemente rimetterlo dentro?” chiese Streetwise, ma Whirl scosse la testa. “Ormai si trova all'esterno da troppo tempo,” rispose l'ammiraglio, “ha bisogno di cure immediate da parte di un esperto.” Tutti si misero a vagliare le opzioni disponibili: purtroppo nessuno dei presenti aveva le conoscenze necessarie, né le attrezzature; l'unica speranza potevano essere i droni del centro di comando, ma Ultra Magnus non avrebbe resistito abbastanza da attendere la riconquista del centro di Iacon. All'improvviso intervenne Hound. “Se permettete,” disse, “io ne conosco uno bravissimo.” 13 – Piano di fuga Dopo aver lasciato Roadbuster e Twin Twist a terminare i preparativi per l'attacco e badare ai feriti, Hound condusse il resto dei suoi compagni verso la superficie, spiegando nel frattempo il suo piano a Whirl e Topspin. “Possiamo prendere la navicella di Grimlock e raggiungere Junk.” spiegò il Transformer verde, “Là ho chiesto ad alcuni amici di assemblare un Ponte Spaziale, col quale possiamo trasferirci istantaneamente sulla Terra e affidare Ultra Magnus alle cure di Ratchet e First Aid. In realtà avrebbe dovuto servire come via di fuga se le cose fossero andate male, ma date le circostanze...” “Semplicemente geniale.” commentò Topspin, intanto il gruppo era ormai giunto al livello più elevato delle prigioni, a un passo dall'esterno. Appena fuori, Streetwise guidò il gruppo verso il luogo in cui avevano abbandonato la navicella, raggiungendola in pochi istanti. “Eccola là!” esclamò Tailgate indicandola, ma quelle parole gli morirono in gola. Una violenta esplosione squarciò l'aria, mentre l'astronave di Grimlock andava in frantumi davanti ai sensori ottici degli Autobots. Un tremito scosse il terreno, e il responsabile di quell'atto spuntò da dietro gli edifici circostanti emettendo una crudele risata. “Ah!” esclamò Full-Tilt. “E adesso come la mettiamo, cari i miei Autobots?” Thundercracker osservava la scena dall'alto, soddisfatto. Dopo che Skywarp e Buzzsaw l'avevano avvertito della presenza di Autobots liberi nei pressi delle carceri, aveva raggiunto Full-Tilt ed era riuscito a farlo riprendere. Il colossale Minicon non aveva preso bene il fatto di essere stato abbandonato da Trypticon, tuttavia Thundercracker l'aveva convinto a seguirlo e si erano diretti insieme verso le prigioni. Erano arrivati lì da pochi istanti quando videro gli Autobots dirigersi verso l'astronave, che il colossale Minicon abbatté subito senza bisogno di ricevere ordini, e adesso i cosiddetti difensori di Cybertron si stavano organizzando per tentare una reazione: tuttavia stavano solo rimandando l'inevitabile, nessuno di loro sarebbe sopravvissuto. Con questi pensieri in mente, Thundercracker si trasformò in un A-10 Thunderbolt II azzurro e si precipitò in picchiata verso il centro dello scontro. Non appena Full-Tilt comparve davanti agli Autobots, Whirl iniziò immediatamente a urlare ordini. “Topspin!” disse, “Prendi con te Springer, Skyfire e Cosmos e tenta di distrarlo! Trailbreaker e Gears, voi in prima linea: voglio un campo di forza che copra i nostri tiratori! Smokescreen, riporta Ultra Magnus all'interno! Gli altri colpiscano il nemico con tutto ciò che hanno!” Ognuno fece come ordinato, tuttavia Thundercracker comparve dal nulla sulla scena, abbattendo Skyfire al primo passaggio; purtroppo nessuno degli Autobots volanti rimasti era sufficientemente veloce da poter stare dietro al Decepticon, senza contare che Full-Tilt faceva di tutto per disturbare il loro inseguimento agitando le braccia. “Ferraglia!” esclamò Whirl; poi, estraendo il comunicatore, disse: “Roadbuster, abbiamo bisogno di aiuto qua fuori!” L'ammiraglio fece un breve resoconto della situazione all'amico, il quale diede ordine alle sue truppe di uscire per dare manforte ai compagni. Whirl cercò con lo sguardo Hound. “Roadbuster sta arrivando,” gli disse, “vado ad aiutare gli altri in aria, nel frattempo prendi tu il comando!” Così dicendo, il Transformer azzurro si trasformò in un futuristico elicottero e spiccò il volo. Dal canto suo, Hound non sapeva più che fare: aveva visto la loro ultima possibilità di salvare gli amici sulla Terra svanire davanti ai suoi sensori ottici, e adesso era preda dello sconforto. “Ci basterebbe un'astronave!” mormorò tra i denti d'acciaio, “Anche solo una scialuppa!” All'improvviso, sentì una voce familiare chiamarlo nel comunicatore: “Hound, sono Sixgun. Scusate, sono rimasto offline più del dovuto... adesso ci penso io a quel maledetto!” Il Transformer verde sollevò lo sguardo, vedendo in lontananza la sagoma di un aereo da trasporto terrestre dirigersi verso di loro a tutta velocità. Sentendo la speranza riaccendersi, Hound esclamò: “Negativo! Dobbiamo portare Ultra Magnus sulla Terra: questo ha priorità assoluta! Devi trasportarlo fino a Junk e usare il Ponte Spaziale: in questo modo impiegherete pochi click.” Tuttavia il piano non era così semplice come credeva Hound, infatti Sixgun disse: “Non posso atterrare finché Full-Tilt si trova così vicino a voi, inoltre dubito che, anche se ci riuscissi, poi mi lascerebbe decollare...” Hound non sapeva cosa rispondere, tuttavia in quel momento intervenne Sideswipe, che aveva seguito la conversazione via radio. “Lasciate fare a me!” disse, “Posso farcela, davvero! Portate qui Ultra Magnus!” Hound decise di dare fiducia al giovane Autobots, così urlò nel comunicatore: “Smokescreen? Porta qui il tuo grosso posteriore e consegna Ultra Magnus a Sideswipe... e che Primus ci aiuti!” Senza perdere tempo, il grosso Transformer arancione raggiunse Sideswipe affidandogli il compagno inerte, per poi gettarsi nella mischia; in quello stesso istante Windcharger si recò dal partner, intuendo ciò che voleva fare. “Vedi di non strafare come al solito.” disse il Minicon, trasformandosi poi in un jetpack che si fissò alla schiena del Transformer. Sideswipe strinse la presa sul corpo di Ultra Magnus, poi contattò Sixgun via radio. “Esegui un passaggio sopra le mie coordinate tra sedici nanoclick esatti.” disse, “E vedi di aprire il portellone, o diventeremo una macchia sulla tua fiancata!” Così dicendo, il Transformer cremisi accese i reattori, trovandosi catapultato in aria a velocità incredibile; il suo corpo vibrava per lo sforzo dell'accelerazione, tuttavia non poteva fare a meno di provare una sensazione inebriante per ciò che stava facendo. “Se Sunstreaker potesse vedermi adesso...” pensava, mentre superava in altezza la testa di Full-Tilt, procedendo in rotta d'intercettazione con Sixgun. Tuttavia la sua azione non passò inosservata a Thundercracker che, pur non comprendendone lo scopo, era deciso più che mai a mettergli i bastoni fra le ruote. “Te ne vai già, Autobot?” disse, mentre il suo sistema di puntamento inquadrava Sideswipe in rapida ascesa; era ormai pronto al fuoco quando la sua ala destra venne tranciata di netto, facendolo precipitare in avvitamento e poi schiantare violentemente al suolo. Negli ultimi istanti di coscienza prima del Blocco Statico, Thundercracker vide troneggiare su di lui l'imponente figura di Smokescreen, con Huffer trasformato in mortaio fissato al braccio della gru sulla spalla del Transformer. “Questo è quello che succede a chi se la prende coi miei amici.” disse il gigante arancione, mentre il Decepticon finiva finalmente offline. 14 – Contro il tempo L'improvvisa ulteriore trasformazione dell'astronave di Scorponok aveva completamente preso alla sprovvista Metroplex, che non aveva mai affrontato un Triple Changer. Il danno causato dall'aculeo del gigantesco scorpione meccanico era grave, tuttavia il colosso bianco era ancora in grado di combattere. Il gigantesco Autobot sferrò una potente ginocchiata al ventre della bestia, riuscendo in qualche modo a far allentare la presa delle chele sulle sue braccia e a liberarsi; Metroplex sollevò poi la gamba per tentare di calpestare la testa dell'aracnide metallico, tuttavia dovette desistere e schivare invece un nuovo assalto da parte del pungiglione, sbilanciandosi e rischiando di cadere a terra. Quella coda era l'arma più pericolosa del suo avversario, tuttavia sembrava che potesse colpire solo in avanti: Metroplex tentò allora di scattare lateralmente per prendere il nemico su un fianco, ma questi ruotò rapidamente sulle sue piccole zampe, vanificando gli sforzi dell'Autobot. Lo scontro aveva fatto spostare i due contendenti parecchio lontano dal fiume, nei pressi di un piccolo parco, al centro del quale svettava la Tokyo Tower. Metroplex verificò coi suoi sensori che fosse deserta poi, scusandosi mentalmente coi terrestri, l'afferrò e la sradicò dal suolo: gli dispiaceva fare ciò, tuttavia necessitava di un'arma per contrastare il pungiglione del nemico. All'interno della Mega Zarak, Scorponok rise al tentativo di Metroplex di combatterlo con quella specie di stuzzicadenti: inviò un impulso deciso alla coda dell'astronave, che scattò in avanti a tutta velocità; sorprendentemente, Metroplex riuscì a deviare il colpo agitando la torre d'acciaio rossa e bianca che aveva in mano, per poi usarla come una clava nel tentativo di colpire la testa del nemico. Sfortunatamente, neppure il suo attacco andò a segno: la Mega Zarak afferrò la Tokyo Tower con entrambe le chele, facendo forza per strapparla dalle mani dell'Autobot, che però non cedeva. A quel punto, Scorponok decise che era il momento di farla finita: fece sollevare nuovamente la coda, dalla quale stavolta spuntarono quattro bocche da fuoco, con cui intendeva sparare su Metroplex. Il gigante avversario non avrebbe mai fatto in tempo a evitare la scarica, tuttavia all'ultimo istante qualcosa colpì la coda dello scorpione, facendo esplodere il colpo all'interno dell'arma, mandandola così in mille pezzi. “Chi osa?!?” chiese Scorponok furibondo, gli occhi accesi dall'ira; per tutta risposta, uno stormo di caccia Mitsubishi F-2 del Kōkū Jieitai sfrecciò sopra di lui, pronto a eseguire un nuovo passaggio. “Merci.” mormorò Metroplex, lasciando andare la Tokyo Tower e allontanandosi dal nemico; a quanto sembrava, i Terrestri non erano più intenzionati a osservare passivamente lo scontro e avevano deciso di aiutarlo a salvare la loro città. Nel frattempo, Sixgun aveva accolto Sideswipe, Windcharger e Ultra Magnus nella sua stiva, dirigendosi poi al massimo della potenza verso il portale spaziale dei Quintessenziani. In pochissimi minuti il Minicon lo attraversò, riemergendo da un altro identico nei pressi del sistema cui apparteneva Junk. Sixgun eseguì un rapidissimo ingresso nell'atmosfera, del tutto incurante dei rischi dovuti all'attrito, atterrando poi in tutta fretta davanti al bunker degli ultimi Autobots presenti sul pianeta che aveva lasciato solo poco tempo prima. Subito Sideswipe sbarcò portando in spalla l'esanime Ultra Magnus, trovando ad accoglierlo Detritus e Outback, accorsi all'ingresso udendo il rombo dei motori dell'aereo in arrivo. “E voi chi siete?” chiese Detritus che, pur avendo riconosciuto il mezzo di trasporto, preferiva non correre rischi. “Amici di Hound!” esclamò Windcharger, sbarcando a sua volta, “Presto! Portateci al Ponte Spaziale!” Outback fece loro strada e preparò la macchina, mentre Detritus chiedeva notizie dello scontro su Cybertron. “Ora non c'è tempo!” tagliò corto Sideswipe, “Sixgun ha tutti i dettagli, chiedete a lui... noi dobbiamo tornare sulla Terra al più presto!” Outback aveva avvertito Hound che il caotico etere di Junk avrebbe potuto rendere estremamente rischioso un salto col Ponte Spaziale, tuttavia il Minicon ritenne che agli Autobots giunti poc'anzi non sarebbe potuto importare di meno; si limitò a impostare le coordinate sulla console di comando e l'anello metallico che costituiva il cuore dell'apparecchio prese a brillare, mentre il portale si spalancava davanti a loro. Sideswipe vi si gettò subito dentro insieme a Ultra Magnus, senza neppure salutare i due Cybertroniani che li avevano aiutati; Windcharger si scusò per lui e raggiunse poi il compagno, e insieme ricomparvero un istante dopo ad anni luce di distanza, nella base sottomarina degli Autobots. “Un tipo sbrigativo, vero?” scherzò Outback spegnendo l'apparecchio, ma Detritus lo ignorò, dirigendosi verso l'esterno; il Minicon lo raggiunse, incalzandolo con una domanda. “Sei preoccupato per Hound e Brawn?” chiese. “No.” replicò seccamente il Transformer... ma i suoi pensieri dicevano l'esatto opposto delle sue parole. Al loro arrivo, Sideswipe e Windcharger vennero subito raggiunti da Wheeljack e Bumblebee, che li aiutarono a trasportare Ultra Magnus in infermeria. Hot Rodimus, Wheelie, Jazz e Groove erano già lì, intenti a osservare Ratchet e First Aid che preparavano la sala per le riparazioni. Ratchet sottopose Ultra Magnus alle medesime analisi di Optimus Prime, capendo di aver sempre avuto ragione: entrambe le loro Scintille erano state alterate dalla fusione. Mentre i dottori eseguivano i calcoli necessari a correggere le oscillazioni anomale, Hot Rodimus e gli altri interrogavano Sideswipe e Windcharger circa l'andamento delle cose su Cybertron, con in sottofondo il ronzio e lo sferruzzare dei droni infermieri che nel frattempo riparavano i danni alla corazza di Ultra Magnus. I due Autobots giunti da Cybertron terminarono in breve il loro racconto, apprestandosi a chiedere notizie di Scorponok, quando Ratchet e First Aid si alzarono in piedi, pronti a iniziare l'intervento. “Ce la potete fare?” chiese Hot Rodimus. “No.” replicò il Transformer medico, “Ce la dobbiamo fare.” Frattanto su Cybertron, Full-Tilt era finalmente stato sconfitto dal gran numero di Autobots appena evasi dalle prigioni, i quali si stavano ora dirigendo verso il centro di Iacon, pronti a dare manforte alle forze dei Junkions; poco distante, il gruppo di guerriglieri capitanato da Ironhide si stava invece recando all'ex centro di comando degli Autobots, nel tentativo di togliere di mezzo i leader Quintessenziani. L'Ape 50 Cross Piaggio in cui si era trasformato Kup si affiancò al Volkswagen Eurovan T5 cremisi che guidava l'eterogenea carovana di veicoli, chiedendo poi via radio al compagno: “Credi davvero che possiamo farcela con così pochi elementi?” “Non lo so,” rispose Ironhide, “ma non sarei in pace con me stesso se non facessi almeno un tentativo: in fondo, è solo grazie a Grimlock se siamo giunti fin qui.” I pensieri di entrambi andarono al Triple Changer, ma prima che uno dei due potesse aggiungere qualcosa, la marcia del convoglio venne interrotta da un potente colpo d'arma da fuoco che esplose al centro della strada. Ironhide inchiodò di colpo, andando quasi in testacoda, tuttavia non subì alcun danno; dietro di lui, i componenti del suo gruppo di fermarono e si trasformarono un dopo l'altro, pronti a fronteggiare la nuova minaccia. “Maledetto idiota!” tuonò una voce dall'alto, “Hai sparato troppo presto!” “Chiedo scusa, capo.” rispose una figura su uno dei tetti circostanti: si trattava di Breakdown, che reggeva in mano una specie di bazooka, mentre al suo fianco si trovava il Minicon Wildrider con alcune munizioni. “Non importa,” replicò la prima voce, il cui proprietario comparve improvvisamente scendendo dal cielo, atterrando proprio davanti a Ironhide e i suoi. “Apeface!” esclamò il Transformer rosso, trasformandosi in robot. “Proprio io.” rispose il Triple Changer, “Blades, gli Horrorcons!” In quell'istante, uno stormo di Rapticons atterrò sulla sommità degli edifici vicini, insieme a un Bell 407 Helitack che assunse ben presto le fattezze dell'ex Autobot compagno di Inferno. “Come vedete, siete completamente circondati.” disse Apeface, indicando i grifoni meccanici sopra di loro. Tuttavia Ironhide non si fece scoraggiare, anzi: mosse qualche passo verso il Triple Changer, poi disse: “Speravo proprio di incontrarti... in fondo noi due abbiamo ancora un conto in sospeso.” 15 – Dal passato Furono attimi interminabili quelli in cui First Aid fece accomodare fuori Hot Rodimus e il resto dei presenti mentre lui e Ratchet operavano su Optimus Prime e Ultra Magnus: anche in circostanze normali, intervenire su una Scintilla non era cosa da poco, stavolta si trattava anche di un caso mai riscontrato prima di parziale sovrapposizione delle pulsazioni. Per non dover restare con le mani in mano, Wheeljack e Bumblebee decisero di tornare a monitorare la situazione in Giappone, seguiti di lì a poco anche da Sideswipe e Windcharger. Jazz stava per andare in escandescenze a causa della tensione, tuttavia in quel momento la porta dell'infermeria si aprì, e il Transformer si precipitò dentro insieme a Groove, Hot Rodimus e Wheelie, tutti impazienti di conoscere gli esiti dell'operazione. Optimus Prime e Ultra Magnus erano ancora distesi sui rispettivi tavoli operatori, mentre i due dottori osservavano preoccupati gli schermi a fianco a loro. “Allora?” chiese Wheelie. “L'operazione è riuscita.” rispose Ratchet. I quattro Autobots appena arrivati non poterono trattenere un grido di gioia, che però fu subito messo a tacere da First Aid. “Aspettate a festeggiare,” disse infatti il Minicon, “perché c'è altro che dovreste sapere.” Una volta che anche Wheeljack, Bumblebee, Sideswipe e Windcharger furono tornati, Ratchet iniziò a esporre ai compagni i risultati dell'intervento. “Sono riuscito a stabilizzare le loro Scintille,” disse, “che quindi non corrono più il pericolo di estinguersi. Tuttavia manca ancora qualcosa... un'armonica che non sono riuscito a individuare precisamente, ma senza la quale, purtroppo, temo di non essere in grado di risvegliare i nostri compagni.” Ratchet e First Aid si prodigarono poi in dettagli troppo tecnici perché gli altri potessero capire, tuttavia il loro discorso fece ricordare a Hot Rodimus gli ultimi momenti passati con Optimus Prime su Cybertron, prima di affrontare Megatron per l'ultima volta. Tre anni fa. Optimus Prime si era appena risvegliato dopo essere finito in Blocco Statico a causa della sua inaspettata fusione con Ultra Magnus, grazie alla quale Hot Rodimus e tutti gli altri Cybertroniani presenti nel bunker dove si trovavano avevano avuto salva la vita. Il leader degli Autobots aveva chiesto al suo successore alla guida del team terrestre di seguirlo, conducendolo in una piccola stanza deserta dove nessuno avrebbe potuto ascoltarli. “Hai visto cosa è successo?” chiese Optimus Prime al compagno. “Certamente!” esclamò Hot Rodimus, “È stato... incredibile. Ma come..?” “Non lo so,” rispose l'altro, “è successo e basta. Ma prima dell'unione... ho sentito una voce che mi parlava.” Hot Rodimus non capiva. “In che senso?” chiese, “Magari uno di noi ha...” “No.” replicò Optimus Prime scuotendo il capo, “Intendo una voce interiore... e familiare.” L'altro Autobot non sapeva cosa rispondere, così il Transformer rosso e blu continuò dicendo: “Nel momento in cui Ultra Magnus stava per cedere, questa strana voce mi ha suggerito cosa fare, addirittura cosa sentire: è stato quando ho fatto come diceva che la mia piastra pettorale si è spalancata e l'energia...” “Ho capito!” esclamò Hot Rodimus, “Si trattava del potere della Matrice! Per Primus, allora è vero: essa ha davvero illuminato la nostra ora più buia!” L'entusiasmo di Hot Rodimus venne presto frenato dalle parole di Optimus Prime. “Invece no.” disse, “Quell'energia, la forza che ha consentito quell'unione... non saprei spiegarlo, ma ho sentito che proveniva dalla mia Scintilla. Ma visto che hai menzionato la Matrice...” Così dicendo, il leader degli Autobots spalancò nuovamente la sua piastra toracica, portando alla luce il misterioso artefatto e consegnandolo nelle mani di Hot Rodimus. “Tienila al sicuro per me.” disse Optimus Prime, “Non possiamo permettere che vada perduta in questa battaglia: come hai detto tu, essa dovrà portare la speranza nella nostra ora più buia.” La mente di Hot Rodimus tornò al presente, evitando di ricordare gli inutili tentativi di convincere Optimus Prime a tornare sulle sue decisioni. Il Transformer si accorse così che Ratchet stava ancora tentando di spiegare a lui e ai compagni le cause dell'esito negativo del suo intervento, tuttavia in quel momento Hot Rodimus realizzò che c'era come un'altra voce in sottofondo... dapprima debole, ma diveniva sempre più forte. Si guardò intorno, ma nessuno all'infuori di lui sembrava percepirla; poi, all'improvviso, i suoi sensori ottici vennero investiti da una violentissima luce, mentre il suo corpo perdeva energia e cadeva all'indietro come una marionetta cui vengono tagliati i fili. In un istante Ratchet, First Aid e gli altri gli furono sopra per soccorrerlo, tuttavia Hot Rodimus non riusciva più a vederli, udendoli a malapena: davanti a lui infatti scorgeva solo la figura di un Minicon, le cui fattezze, dopo un istante di incertezza, gli risultarono immediatamente familiari. “Alpha Trion?” chiese. “Sì,” rispose la figura evanescente, “sono proprio io.” 16 – Nella Matrice I sensori di Hot Rodimus erano quasi impazziti, nel tentativo di dare un senso al bizzarro spazio nel quale il Transformer si trovava in quel momento: un tunnel cilindrico di energia vorticante dai colori cangianti, oltre il quale si scorgeva un punto luminoso posto a distanza infinita. Il Cybertroniano si trovava come sospeso nell'occhio di uno strano ciclone orizzontale, il suo corpo come privo di peso e sostanza, con davanti l'immagine spettrale di Alpha Trion, il Minicon che per milioni di megacicli aveva guidato gli Autobots... e ucciso da Megatron circa tre anni prima. “Com'è possibile?” chiese Hot Rodimus, “Dove siamo?” Il Minicon gli rivolse un sorriso quasi paterno. “È bello rivederti, Hot Rodimus.” rispose, “So che avrai moltissime domande, tuttavia il nostro tempo è pochissimo: perciò ascolta questo vecchio Cybertroniano con attenzione, perché non avrò il tempo di ripetermi.” Hot Rodimus tacque, segno che aveva capito l'urgenza dell'altro, così Alpha Trion iniziò il suo racconto. “Ho vissuto a lungo,” disse, “tuttavia temo non abbastanza: non lo dico per compiangermi, solamente adesso avrei voluto avere più tempo a mia disposizione, in modo da terminare tutte le faccende che avevo in sospeso. Tra tutte, ce n'era una che mi premeva in modo particolare, così, quando ebbi il presentimento che la mia esistenza stesse per finire, cercai di fare tutto il possibile per tramandare il segreto che mi portavo dentro da tempo immemorabile... Pensai di affidarlo a Ultra Magnus, che stavo cercando disperatamente di completare nei miei ultimi istanti, tuttavia Megatron giunse troppo presto, interrompendo la mia opera prima che fosse completa.” Alpha Trion fece una breve pausa, poi proseguì: “Ero danneggiato in modo terminale, senza possibilità di riprendermi. Avevo una sola possibilità, ma si trattava di un azzardo: se le mie impressioni si fossero rivelate errate, forse avrei semplicemente contribuito a complicare ulteriormente l'esistenza di uno dei miei figli...” Alpha Trion comprese dall'espressione di Hot Rodimus di aver confuso il suo interlocutore, così fece un passo indietro e si spiegò meglio. “Per centinaia di megacicli, la Matrice è stata custodita da Sentinel Prime,” disse, “prima che con la sua tragica morte ne ereditassi il possesso insieme alla leadership degli Autobots. Col tempo, iniziai a provare una strana sensazione... Alcune razze credono che lo spirito – l'equivalente organico della Scintilla – dei loro defunti rimanga per sempre al loro fianco: ebbene, anch'io iniziai a sentire qualcosa di molto simile. In momenti di grave difficoltà, quando la mia posizione richiedeva di compiere scelte particolarmente difficili, sentivo la presenza di Sentinel Prime al mio fianco che mi consigliava e guidava la mia mano; poi un giorno, pochi cicli prima dell'attacco Decepticon in cui persi la mia Scintilla, il mio vecchio compagno mi apparve, esattamente come io sto facendo con te in questo momento, per avvertirmi del pericolo incombente.” Hot Rodimus ascoltava a bocca aperta, ancora incredulo nonostante stesse provando quella medesima esperienza in prima persona. Alpha Trion capì che sarebbe servita un'ulteriore prova per convincerlo, così decise di fornirgliela. “Credo che col passare del tempo, parte della Scintilla del custode della Matrice arrivi a fondersi con essa.” spiegò, “Essendo stato il suo guardiano più a lungo di ogni altro, la mia impronta su di essa è molto forte: per questo sono riuscito a portare la tua coscienza qui, al suo interno, e parlarti in maniera tanto semplice. Ma ora osserva ciò che si trova alle mie spalle: non noti nulla?” Hot Rodimus guardò, ma a parte lo sconfinato vortice e la luce oltre esso, non riusciva a distinguere nulla. Poi però si rese conto che dietro Alpha Trion c'era un'altra sagoma, molto meno definita e consistente della sua. Ne riconobbe infine le fattezze: era senza ombra di dubbio Sentinel Prime, il primo, storico leader degli Autobots. Istintivamente, Hot Rodimus si toccò il torace e chiese: “Questo vuol dire che..?” “Esatto.” rispose Alpha Trion, “Anche tu hai portato la Matrice per qualche tempo, una minuscola parte di te si trova qui... e anche un frammento della coscienza di qualcun altro a noi molto vicino.” Hot Rodimus comprese immediatamente. “Optimus Prime!” esclamò. Alpha Trion annuì compiaciuto. “Vedo che Optimus Prime ha scelto bene, consegnando a te la Matrice.” disse poi, “Anche io presi la giusta decisione, affidandola a lui: si è dimostrato un grande leader, che si è sacrificato senza indugio per il bene della sua gente e di tutte le creature viventi della galassia... ne siamo tutti molto fieri.” Il Minicon fece una breve pausa, poi proseguì: “Devo confessarti che, in circostanze normali, non avrei scelto lui per il ruolo di mio successore: c'erano Autobots molto più esperti, tuttavia farlo entrare in possesso della Matrice poteva essere la mia ultima chance di riferirgli un importantissimo messaggio che lo riguarda.” In quell'istante, la figura di Alpha Trion si fece meno definita, come se fosse attraversata dallo sfarfallio di un monitor; il Minicon se ne accorse, facendosi impaziente e preoccupato. “C'è poco tempo.” disse, “Adesso ti restituirò il tuo corpo: non appena sarai operativo inserisci la Matrice nel corpo di Optimus Prime, al resto penseremo noi tre.” Mentre si sentiva svanire da quella strana dimensione, Hot Rodimus fece in tempo a fare un'ultima domanda: “Tre?” Alpha Trion sorrise, e indicò la luce in fondo al vortice. “Sì, figliolo.” disse, “Sentinel Prime, io... e Primus.” Con l'eco di queste parole in mente, Hot Rodimus sparì. Un istante dopo, Hot Rodimus si ritrovò sul pavimento dell'infermeria della base terrestre, coi compagni chini su di lui nel tentativo di risvegliarlo da quella specie di stasi in cui era caduto all'improvviso. “Tutto a posto?” chiese Ratchet, che lo stava esaminando con uno dei suoi apparecchi di diagnostica, ma il Transformer cremisi non gli rispose, alzandosi in tutta fretta e recandosi al capezzale di Optimus Prime. “Hot Rodimus?” chiese First Aid, confuso dal gesto, ma il caposquadra ignorò anche il Minicon, aprendo il vano sul proprio torace ed esponendo la Matrice. Fu solo quando prese ad armeggiare con il corpo di Optimus Prime, spalancando anche la sua piastra toracica, che entrambi i medici entrarono in azione, scattando in avanti nel tentativo di fermarlo, qualunque cosa stesse facendo. “Fermati!” gli intimò Ratchet, “Lo shock di ricevere la Matrice potrebbe destabilizzare definitivamente la Scintilla e...” Ma era ormai troppo tardi. Hot Rodimus aveva già estratto l'artefatto luminoso dal suo corpo, inserendolo in quello inerte di Optimus Prime. Quando Ratchet riuscì a immobilizzare Hot Rodimus e a costringerlo ad allontanarsi dall'altro Transformer, il torace di Optimus Prime si stava già richiudendo, accogliendo al suo interno la potente fonte di energia; un istante dopo, i sensori ottici di Optimus Prime brillarono d'azzurro, mentre il suo corpo veniva scosso da spasmi simili a convulsioni. “Dobbiamo estrarla!” esclamò First Aid, tentando di immobilizzare Optimus Prime, ma il suo esile corpo venne improvvisamente scagliato all'indietro dal materializzarsi di un accecante bagliore bianco, che lo scaraventò addosso al resto dei suoi compagni, anch'essi incapaci di avvicinarsi. Ratchet afferrò Hot Rodimus per le spalle, facendolo voltare per guardarlo in viso. “Che cos'hai fatto?!?” chiese. Ma il caposquadra sembrava incapace di rispondere. “Alpha Trion...” mormorava, “Ho fatto come ha detto Alpha Trion...” 17 – Risveglio Su Cybertron, il gruppo di Ironhide si trovava in una situazione decisamente pericolosa. Ovunque si voltasse, il Transformer rosso non vedeva altro che Rapticons pronti all'attacco, mentre davanti a lui si trovava Apeface, la cui piastra facciale celava un ghigno di soddisfazione per l'apparentemente facile vittoria che lo aspettava. “Arrendetevi, Autobots!” intimò il Triple Changer, “Vi assicuro che se lo farete avrete un equo processo prima di essere giudicati.” “Ho già provato sulla mia corazza l'idea di giustizia dei Quintessenziani,” rispose Ironhide, “e non mi è affatto piaciuta: preferisco morire che divenire il balocco di quei maledetti alieni pieni di facce.” Apeface scosse il capo. “Mi spiace che la pensi così,” disse, “vuol dire che non mi lasci scelta. Rapticons, attaccate!” Su comando del Triple Changer, le decine di grifoni metallici appollaiate sui tetti circostanti si lanciarono in picchiata sul piccolo gruppo di Autobots, i quali si apprestavano a reagire consci che la loro battaglia era senza speranza. Lo stesso sole di Cybertron venne oscurato mentre gli Horrorcons riempivano l'aria... ma solo in un secondo momento gli Autobots si resero conto che, a privarli della luce, non erano stati loro, bensì un immenso oggetto metallico che stava precipitando in mezzo a loro. “Fate largo a re Wreck-Gar!!!” udirono all'improvviso tutti i presenti, mentre con uno schianto a dir poco spaventoso una delle gambe di Trypticon atterrò nel bel mezzo del campo di battaglia, schiacciando tutti i Rapticons abbastanza sfortunati da trovarsi sotto di essa. “I Junkions?!?” esclamò Kup, più sorpreso degli stessi Decepticons. Evidentemente Wreck-Gar e i suoi avevano in qualche modo rimesso in piedi l'arto staccato a Trypticon poco prima, facendolo procedere un balzo dopo l'altro in direzione del centro di Iacon. La fortuna li fece giungere lì proprio in quel momento, salvando Ironhide e i suoi da una fine certa. Tutti i Junkions a bordo del bizzarro mezzo di trasporto si gettarono immediatamente sugli Horrorcons, ribaltando in un istante la disperata situazione; i Decepticons invece erano in preda al panico, al punto che lo stesso Apeface faticava a capacitarsi dell'accaduto. “Impossibile...” mormorava, osservando la gamba di Trypticon che torreggiava su di lui in equilibrio precario; il Triple Changer venne infine scosso dal suo stato di trance da un grido. “Non dovresti distrarti in mezzo a una battaglia,” urlò Ironhide, “o finirai per farti male!” Così dicendo, il Transformer cremisi mollò un sonoro colpo al volto del Triple Changer col calcio del fucile, facendolo cadere all'indietro. Prima che il Decepticon potesse riprendersi, Ironhide gli fu addosso, inchiodandolo al suolo col proprio peso e vuotandogli un intero caricatore in pieno petto. Al termine del trattamento, Apeface era finito in Blocco Statico, la sua mascherina attraversata da una vistosa ammaccatura e il suo torace fumante e pieno di fori; soddisfatto, Ironhide ricaricò l'arma e si mise alla ricerca del suo prossimo bersaglio. Il suo entusiasmo venne però frenato da Kup. “Lasciamo che ci pensino i Junkions qui,” disse il Minicon, trattenendo il compagno per una gamba, “approfittiamo della confusione per dirigerci verso il centro di comando!” Sebbene a malincuore, Ironhide dovette ammettere che la proposta di Kup era la cosa più sensata da fare. Fece cenno ai compagni più vicini di seguirlo, poi si trasformò e fece rotta a tutta velocità verso il centro di Iacon. Quando la luce cessò, nessuno dei presenti poteva credere ai suoi sensori ottici. In piedi davanti a loro, al centro dell'infermeria, si trovava Optimus Prime, tornato apparentemente nel pieno delle sue funzionalità. E c'era di più: il suo aspetto era radicalmente cambiato, quasi si fosse sottoposto a una riformattazione senza l'ausilio di un apparecchio esterno. I suoi avambracci erano ora completamente blu, dal ventre era scomparso il muso del camion in cui si tramutava, i cristalli sul torace e sulle spalle avevano cambiato forma, assumendone una più irregolare. Anche la testa era diversa, priva delle parti cromate ai lati, con le appendici che la circondavano più appuntite. Inizialmente tutti i suoi compagni erano troppo attoniti per proferire parola, fu così che il primo a dire qualcosa fu lo stesso Optimus Prime, il quale semplicemente esclamò: “Salve a tutti.” Il primo a scuotersi dal torpore fu Jazz. “Prime?” chiese. “Certo,” rispose l'altro, “chi altri dovrei essere?” Fu solo allora che parve accorgersi di quanto fosse cambiato, prendendo a osservare le sue mani e le sue braccia. “In effetti c'è stato qualche cambiamento.” disse; poi, guardando gli altri, aggiunse: “Ma a quanto vedo, non sono stato l'unico.” Il suo sguardo si fermò su Hot Rodimus, al quale poi disse: “Alpha Trion mi ha chiesto di ringraziarti.” L'altro Transformer rimase ancora un momento in silenzio, poi chiese: “L'hai visto anche tu? Cosa ti ha detto?” Optimus Prime si fece serio. “Molte cose.” disse, “Mi ha parlato di un grande pericolo e del motivo per cui ha lasciato a me la Matrice... ma soprattutto mi ha rivelato che né io, né Ultra Magnus, proveniamo da Cybertron. Oh, a questo proposito...” Prima che chiunque potesse approfondire la questione delle origini, Optimus Prime si voltò verso il compagno appena menzionato, ancora inerte alle sue spalle; avvicinandosi, il leader degli Autobots spalancò la sua piastra toracica, portando ancora una volta alla luce la Matrice. “È giunto il momento di risvegliare anche la tua vera natura, amico mio.” disse, e un istante dopo lui e Ultra Magnus vennero avvolti da una sfera di luce intensa. Quando questa si dissipò, anche l'altro Autobot era nuovamente in piedi, anch'egli con un aspetto radicalmente differente dal precedente. Il suo corpo era più scuro, meno azzurro e più blu, inoltre le decorazioni sulle sue gambe, la forma del bacino e del torace erano completamente diverse da prima. Era sparito dalle spalle l'abitacolo del camion della sua precedente forma alternativa, al suo posto si trovava invece il muso di un mezzo molto più avveniristico, benché fossero rimaste le protuberanze dalle quali proiettava i suoi campi di forza. Il volto era lo stesso, tuttavia i suoi sensori ottici avevano assunto un colore giallo, mentre l'elmo, pur conservando le medesime proporzioni, era ora blu con fregi differenti. La piastra toracica di Optimus Prime si richiuse, mentre il leader degli Autobots si scambiava uno sguardo d'intesa col compagno ritrovato. “Dobbiamo andare.” disse poi, precipitandosi fuori dall'infermeria seguito da Ultra Magnus. I due giunsero nel corridoio in un istante, e solo allora Optimus Prime si rese conto di non avere idea di dove si trovasse. “Da questa parte!” esclamò Ultra Magnus, svoltando a destra, “Non so perché, ma a quanto sembra ci troviamo nella vecchia base dei Decepticons... pare che ci siamo persi un bel po' di cose, durante la nostra stasi.” Così dicendo, i due sparirono in direzione dell'elevatore per la superficie. 18 – Una spaventosa potenza A mezzo mondo di distanza, Metroplex era ancora impegnato nella lotta contro la stupefacente e apparentemente inarrestabile astronave di Scorponok. Nonostante l'intervento delle forze militari giapponesi, il Triple Changer sembrava ancora essere in vantaggio, nonostante Slammer prestasse le sue conoscenze tattiche coordinando le azioni del gigante Autobot con quelle dei terrestri. Per Scorponok, l'inconveniente della distruzione del suo pungiglione era poco più di una seccatura: aveva ancora molte armi a sua disposizione, come ben presto i suoi nemici avrebbero imparato a loro spese. Inviò attraverso l'interfaccia il comando di trasformazione, facendo assumere alla Mega Zarak le sue fattezze di robot, per poi portare il braccio destro alla gamba: su di essa si aprì un'enorme paratia, all'interno della quale si trovava un gigantesco fucile. Immediatamente mise Metroplex sotto tiro e aprì il fuoco: il colpo andò a segno, liquefacendo il lato sinistro della testa del colosso bianco e parte della spalla. “Ferraille!” esclamò l'Autobot: i danni subiti in precedenza l'avevano reso lento, impedendogli di evitare completamente il colpo. Deciso a non concedere al nemico un secondo tentativo, Metroplex scattò in avanti, menando un montante col quale intendeva disarmare il nemico. Con sua grande sorpresa, fu lo stesso Scorponok a gettare il fucile: con una mossa fulminea, la chela sinistra di Mega Zarak si serrò attorno alla gola dell'avversario, mentre con la destra cercò qualcosa sulla schiena. Quando la riportò in avanti, essa reggeva una grosso scudo di forma esagonale terminante in una tenaglia, le cui estremità brillavano per l'ingente quantitativo di Energon che le attraversava. “Addio, Autobot!” esclamò Scorponok, e così dicendo si preparò ad assestare il colpo di grazia all'avversario. Frattanto, in pieno Oceano Atlantico, Optimus Prime e Ultra Magnus si trovavano in cima alla torre ascensore dalla quale un tempo i Decepticons decollavano per compiere i loro raid ai danni degli esseri umani. “Sei pronto?” chiese Optimus Prime al compagno, il quale annuì. Un istante dopo, il corpo di Ultra Magnus parve esplodere, dividendosi in una miriade di pezzi che si assemblarono poi su quello di Optimus Prime, in guisa di un'armatura. Gli avambracci di Ultra Magnus divennero una coppia di bracciali, mentre le spalle di Optimus Prime vennero coperte dal torace diviso in due del compagno; le spalle di Ultra Magnus si ricongiunsero per proteggere il petto di Optimus Prime, mentre gambe e bacino divennero rispettivamente gli schinieri e una protezione per il basso ventre. Sulla schiena del leader degli Autobots comparve una coppia di pseudo ali inclinate di quarantacinque gradi verso l'alto, mentre il volto di Ultra Magnus sparì nell'elmo, che si saldò alla testa dell'altro, il cui viso venne coperto da una piastra facciale cremisi. L'unione dei due stavolta era perfetta: non provavano il minimo dolore, inoltre si sentivano in grado di fare qualsiasi cosa. “Andiamo.” dissero le voci dei due Autobots all'unisono, mentre saggiavano il campo magnetico terrestre e imparavano a plasmarlo secondo il loro volere; un istante dopo, il robot in cui si erano fusi si librò in volo sfruttando il fenomeno della repulsione, per poi sparire all'orizzonte verso occidente a tutta velocità. Un istante prima che Scorponok trafiggesse Metroplex, il Triple Changer ricevette l'avviso di un messaggio in arrivo. “Proprio all'ultimo istante, eh Autobots?” pensò, mentre deviava la comunicazione direttamente al proprio cervello elettronico: finalmente i suoi avversari dovevano essersi decisi a consegnargli la Matrice. Quando udì la voce di Hot Rodimus nella propria testa, Scorponok pensò che la sua previsione fosse corretta; tuttavia, non appena sentì cosa aveva da dirgli il caposquadra Autobot, il Triple Changer andò su tutte le furie. “È finita, Scorponok.” disse il Transformer cremisi, “Optimus Prime e Ultra Magnus sono finalmente usciti dalla stasi, stanno venendo lì da te... sai bene cosa significa tutto questo, vero?” Ovviamente il Triple Changer era a conoscenza della straordinaria potenza mostrata dalla loro unione, tuttavia non poteva credere che le parole dell'Autobot corrispondessero a verità: per Zarak, non poteva essere stato tutto inutile, doveva trattarsi solo di un espediente per guadagnare tempo. Scorponok chiuse la comunicazione, tornando a concentrarsi su Metroplex. I patetici tentativi dell'aviazione giapponese di impedire l'esecuzione del gigante bianco lo infastidivano a malapena: strinse la presa sul collo dell'avversario, portando indietro il braccio con cui reggeva l'arma potenziata dall'Energon e infine affondò. Sentì il violento impatto della tenaglia percorrere l'arto con cui aveva vibrato il colpo, eppure gli sembrò che non fosse giunto in profondità come avrebbe dovuto... Fu allora che percepì come una forza invisibile bloccargli il braccio, un tenue bagliore che aveva arrestato la corsa del suo attacco a pochi metri dal bersaglio. In quell'istante, una piccola figura rossa e blu scese elegantemente dal cielo, frapponendosi tra la Mega Zarak e Metroplex, sospesa a mezz'aria tra i due colossi in campo. “Basta così, Scorponok.” disse Omega Prime, come venne poi battezzata l'unione definitiva tra Optimus Prime e Ultra Magnus, “Questa battaglia – anzi, questa guerra – ha fine in questo preciso momento.” La comparsa di Omega Prime fu sufficiente a far perdere a Scorponok parte della sua determinazione: nonostante la differenza di stazza, sapeva che si trattava di un nemico formidabile. Provò ancora una volta ad affondare per infliggere a Metroplex il colpo di grazia, ma invano. Omega Prime invece fece un gesto con la mano destra, rivolgendola verso il braccio con cui la Mega Zarak aveva serrato il collo di Metroplex, e Scorponok sentì la presa scivolargli via, mentre la chela si apriva contro la sua volontà e il Transformer bianco si liberava dalla sua morsa. Scorponok decise di indietreggiare di un passo, non rendendosi conto che anche il suo corpo reale lo stava facendo: tale era lo sgomento che provava di fronte al nuovo avversario che perse la sua concentrazione, indispensabile per utilizzare correttamente l'interfaccia Brainmaster. Il pensiero di essere ormai a un passo dalla Matrice risvegliò tuttavia il suo orgoglio di guerriero: se avesse abbattuto anche quell'ostacolo, nient'altro l'avrebbe diviso dall'oggetto dei suoi desideri. Decise di credere nella propria forza e in quella della sua astronave, che non a caso era stata progettata per il confronto col nemico della sua intera esistenza, ripetendosi che poteva farcela. Scorponok serrò la guardia proteggendosi con lo scudo, pronto all'assalto. Scattò in avanti col suo passo pesante, che scosse le fondamenta stesse della città di Tokyo, mentre il suo pugno scendeva come un gigantesco maglio contro l'esile figura di Omega Prime, del tutto immobile di fronte a lui. Nonostante tutto il colpo nuovamente non andò a segno, bloccato da un potentissimo campo di forza che arrestò la sua corsa, appena pochi centimetri sopra il capo del suo avversario. Lo sguardo di Omega Prime si fece mortalmente serio e deciso. “Ho detto che questa guerra è finita!!!” sentenziò, e così dicendo portò in avanti entrambe le braccia, con le mani aperte e i dorsi di queste ultime uno contro l'altro; quando li separò aprendo lentamente le braccia, il torace stesso della Mega Zarak si lacerò come carta, diviso da un potente campo d'energia a forma di cuneo e in continua espansione. Lo shock fu tale che Scorponok dovette separarsi dall'interfaccia per il feedback. “Maledizione!” esclamò, “Maledizione!!!” Ma il suono del suo urlo venne coperto dal rumore dell'esplosione dell'astronave. 19 – Fine della guerra La colonna di fuoco che si sprigionò alla distruzione della Mega Zarak fu visibile anche dalla periferia di Tokyo. Omega Prime sfruttò il suo controllo sui campi magnetici per far sì che l'onda d'urto si scaricasse verso l'alto senza provocare ulteriori danni alla città, che ne aveva subiti già fin troppi. Le squadre di Slammer comunque erano già al lavoro, prestando il loro aiuto a chi si trovava in difficoltà e sgombrando le strade dai detriti per permettere l'arrivo dei mezzi di soccorso terrestri. Chi non ebbe bisogno di assistenza per liberarsi dalle macerie che l'avevano sepolto invece fu Scorponok. Il Triple Changer era infatti riuscito a utilizzare l'espulsione d'emergenza per sfuggire all'esplosione della sua astronave, precipitando però fra i detriti di un edificio abbattuto durante lo scontro; trasformandosi in un futuristico mezzo escavatore riuscì tuttavia a trarsi infine d'impiccio, tornando in breve a vedere la luce del sole. Ad attenderlo in superficie si trovavano però due figure che, nonostante alcune differenze rispetto a quanto ricordava, riconobbe immediatamente come Optimus Prime e Ultra Magnus. Istintivamente, Scorponok si trasformò in uno scorpione metallico e attaccò, menando un letale fendente verso il torace del leader Autobot con la coda acuminata: ancora una volta fu tutto inutile, poiché Ultra Magnus intercettò l'assalto, rinchiudendo Scorponok in una bolla d'energia dalla quale non aveva speranza di fuggire. Optimus Prime, rimasto immobile fino a quel momento, mosse un passo verso Scorponok. “Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.” disse, “Adesso contatterai i tuoi alleati su Cybertron, ordinando loro di arrendersi.” Scorponok riassunse le sue normali fattezze di robot, gettando un'occhiata di sfida a Prime. “E se mi rifiutassi?” chiese. Il leader degli Autobots si voltò verso Ultra Magnus, il quale rispose con un cenno del capo: immediatamente, la bolla in cui era rinchiuso Scorponok si fece più piccola, al punto che il Triple Changer ne avvertì la pressione sul suo corpo. “Questa non è una richiesta, Scorponok.” sentenziò Optimus Prime, “Farai semplicemente ciò che ti dico.” Su Cybertron, la battaglia era giunta alle porte della residenza della corte Quintessenziana, nell'ex centro di comando Autobot di Iacon. Nonostante la quasi totale insonorizzazione delle sue stanze, Alpha Quintesson percepì le vibrazioni generate dallo scontro durante il suo riposo, affrettandosi a chiamare i suoi attendenti. “Vashik!” esclamò, ma non ottenne risposta. “Kledji! Rexian! Sevax!” ancora una volta nulla. “Ghyrik... qualcuno!” Poiché nessuno sembrava accorrere alla sua chiamata, Alpha Quintesson si scollegò da solo dall'apparecchio che monitorava le sue funzioni vitali attraverso il guscio contenente il suo corpo vecchio e stanco, uscendo dalle sue stanze. Non appena l'alieno fu in corridoio, il boato della battaglia lo investì con tutta la sua violenza. “Per i miei cinque volti!” esclamò con voce tremante, “Che sta succedendo qui?” Così dicendo, si diresse strisciando verso la sala del trono, sobbalzando ogniqualvolta un colpo di mortaio cadeva troppo vicino alla fortezza. Il piccolo gruppo di Ironhide si era ricongiunto col grosso delle forze capitanate da Roadbuster e Twin Twist, mentre Whirl e Topspin si occupavano della retroguardia. Wreck-Gar e un manipolo di Junkions avevano deciso di seguire gli Autobots fino al centro di Iacon, desiderosi di vedere la fine di quella storia. L'ultimo ostacolo per ottenere l'accesso al vecchio centro di comando Autobot era costituito da un manipolo di droni Quintessenziani, le cui fruste elettrificate erano ben poca cosa di fronte alla rabbia troppo a lungo repressa degli assalitori. In breve il portone venne sfondato, gli Autobots sciamarono all'interno dell'edificio, abbattendo tutte le difese automatiche e i droni di sicurezza che incontravano e facendo prigioniero ogni Quintessenziano. Posti di fronte alla sconfitta, i membri della corte di Alpha Quintesson decisero di optare per la ritirata: scortati dalla loro guardia personale, iniziarono a dirigersi il più in fretta e discretamente possibile verso le loro astronavi personali, ancorate nel cortile posteriore dell'edificio; molti altri Quintessenziani, appartenenti però a caste inferiori, li supplicarono di portarli via con loro, offrendo le loro ricchezze in cambio della salvezza, ma ogni volta che uno di essi si avvicinava, un drone della scorta li allontanava, colpendoli ripetutamente e senza pietà con la frusta. Solo per puro caso che la loro fuga non riuscì. Wreck-Gar incappò nel loro gruppo mentre vagava nei meandri del palazzo spinto dalla sua insaziabile curiosità, accompagnato da un Junkion cui aveva donato l'occhio di Trypticon: il malcapitato l'aveva collegato in maniera rudimentale al proprio sensore ottico, trasportandolo date le dimensioni con entrambe le braccia e ruotandolo con esse per guardarsi intorno. Non appena i due vennero individuato dai droni di scorta, questi ultimi attaccarono immediatamente, ma resistettero meno di un minuto di fronte alla spaventosa potenza del re dei Junkions. “Inchinatevi di fronte a Wreck-Gar!” intimò l'ex Autobot ai quattro alieni. Non possedendo ulteriori difese, Lord Rexian decise di tentare di stringere un accordo con il Junkion, nella speranza di convincerlo a lasciarli andare. “Salute a te, nobile Wreck-Gar!” disse, mostrando il volto sormontato da una grossa corona verde scuro. Wreck-Gar lo scrutò interessato. “Sei forse tu Alpha Quintesson?” chiese. Rexian comprese che, malgrado la sua forza, il suo interlocutore pareva possedere una mente semplice, così decise di tentare di raggirarlo. “Purtroppo no,” rispose, “ma se ce lo permetterai, andremo a chiamarlo e lo porteremo qui da te.” Dopo aver pronunciato queste parole, Rexian cambiò volto, passando a quello rubicondo, nella speranza di accattivarsi le simpatie del Junkion. Questi invece si chinò verso di lui e, con sguardo interrogativo, domandò: “E tu chi sei? Forse Alpha Quintesson?” Rexian rimase un momento interdetto, poi disse: “No, ho detto che non sono io. Ma se me lo permetterai...” “E quando l'hai detto?” incalzò Wreck-Gar. Rexian stava per perdere la pazienza, così passò al volto scavato dall'espressione truce. “Poco fa!” esclamò, ma Wreck-Gar invece di capire era sempre più confuso. “Poco fa cosa?” chiese, “E tu chi sei? E dove sono i due di prima?” Rexian all'apice della furia iniziò a urlare una serie di improperi, ma venne ben presto zittito da Lord Sevax che, memore del destino cui erano andati incontro i droni, non desiderava affatto suscitare le ire del Junkion. “Suvvia...” disse, “Adesso smettiamola di litigare e comportiamoci come si conviene: o potente Wreck-Gar, lascerai che andiamo a chiamare Alpha Quintesson per te?” Il re dei Junkions stava per accettare la proposta del Quintessenziano, quando sulla scena comparvero Bluestreak e Searchlight, accompagnati da alcuni altri Autobots. “Eccoli qua!” esclamò il Transformer azzurro, “Ottimo lavoro Wreck-Gar, non fosse stato per te, i membri della corte ci sarebbero sfuggiti!” Pur non comprendendo l'accaduto, Wreck-Gar accettò i complimenti e, mentre gli Autobots scortavano gli alieni nel luogo in cui erano radunati i loro compagni, li seguì ridendo e gongolando. I Quintessenziani vennero così portati nella sala del trono, dove gli Autobots trattenevano sotto stretta sorveglianza molti dei loro simili. Tuttavia con c'era ancora nessuna traccia del loro leader: fu solamente dopo che Vashik, Rexian, Kledji e Sevax furono messi a loro volta agli arresti che Alpha Quintesson fece finalmente il suo ingresso da una delle entrate secondarie. “Che succede qui?” chiese con voce tremante, “Che ci fanno qui tutti questi Cybertroniani?” Alpha Quintesson in realtà capiva benissimo cosa stava accadendo: ancora una volta, lui e la sua razza erano stati sconfitti dai loro stessi figli. Tuttavia non poteva credere ai suoi occhi, così si aggrappò all'ultima speranza che le cose non fossero realmente come sembravano. “Dov'è Sixshot?” chiese, disperato. Per tutta risposta, il corpo in stasi del Six Changer venne lanciato come una bambola di pezza verso di lui, atterrando a poca distanza con un violento tonfo, che per poco non fece finire a terra anche il vecchio Quintessenziano. “Lui non potere più sentire te.” disse Grimlock, avanzando verso il centro della sala; il corpo del Triple Changer presentava un'infinità di danni e ferite, anche gravi, tuttavia non quanto quelle dell'avversario ora ai suoi piedi: non appena Grimlock lo aveva messo fuori gioco, il resto dei Decepticons si era arreso o dato alla fuga, permettendo agli Autobots di avanzare più agevolmente. Alpha Quintesson strisciò più rapidamente che poté verso Sixshot, afferrandone il capo con le quattro braccia nella speranza di farlo ridestare, mormorando il suo nome come un mantra. Roadbuster mosse alcuni passi verso l'alieno, poi disse: “Alpha Quintesson, a nome di tutta Cybertron, chiedo a te e a tutta la tua gente di arrendersi.” Ma il Quintessenziano non rispondeva, incapace nella sua disperazione di comprendere le parole che gli venivano rivolte. Una voce si levò invece dal gruppo di Quintessenziani prigionieri: era Lord Kledji. “Quando Scorponok sarà qui, vedremo chi dovrà arrendersi!” esclamò, usando il volto adorno di spuntoni neri e gialli. Roadbuster lanciò un'occhiata di sfida all'alieno. “Ma davvero?” disse beffardo, “Lo stesso Scorponok che vi ha abbandonato per recarsi sulla Terra?” Lord Kledji tacque: in effetti gli sembrava strano che il loro alleato non fosse ancora lì, tuttavia non volle perdere la speranza e si rifugiò in un dubbioso silenzio; a distruggere le sue aspettative, si fece avanti un Autobot con un comunicatore, segnalando una chiamata proveniente proprio dalla Terra. Roadbuster diede disposizioni affinché la trasmissione venisse deviata sul monitor principale della stanza e, quando finalmente comparì l'immagine, ogni speranza residua dei Quintessenziani venne distrutta: Scorponok era in ginocchio, le braccia legate da ceppi, guardato a vista dai redivivi Optimus Prime e Ultra Magnus. Mentre la disperazione si impadroniva degli alieni, i Cybertroniani esplosero in un boato di grida di gioia e festeggiamenti: la guerra era davvero finita, erano nuovamente liberi e il loro amato leader era tornato. 20 – Una nuova minaccia Scorponok osservò la felicità dei Cybertroniani attraverso il piccolo monitor del dispositivo di comunicazione che gli era stato posto davanti; in teoria avrebbe dovuto servire per fargli chiedere la resa dei Quintessenziani su Cybertron, tuttavia a quanto sembrava gli Autobots erano riusciti a ottenere la vittoria anche senza. Non provava alcun dispiacere per i suoi alleati, tuttavia la bruciante umiliazione subita nell'essere stato sconfitto così facilmente lo spinse a proiettare fuori tutta la sua rabbia, urlando una serie di insulti verso i Cybertroniani a un universo di distanza. “Siete solo dei poveri ammassi di rottami senza cervello!” gridò, “Godetevi questa vittoria, perché sarà per poco: presto andrete incontro alla totale distruzione!” Quasi tutti pensarono ai vaneggiamenti di un pazzo, alle maledizioni di un nemico troppo orgoglioso per ammettere la sconfitta, ma non Alpha Quintesson. Nell'udire quelle parole, abbandonò il capezzale di Sixshot e strisciò verso lo schermo, sollevando il capo protetto dalla celata. “Vuoi dire che sta venendo qui?” chiese, “Che ha già distrutto Quintessa e adesso...” “No,“ lo interruppe Scorponok, “Quintessa è salva. Ma... sì, il nemico ha cambiato rotta per la prima volta dall'inizio della mia guerra contro di esso: ora è Cybertron a essere sulla sua strada.” Pur non comprendendo appieno quella discussione, la maggior parte dei Cybertroniani ammutolì, mentre un fioco ottimismo iniziò a pervadere i Quintessenziani. “Ah!” rise Lord Sevax, adottando il volto rubicondo, “A quanto pare saremo noi gli ultimi a ridere, Autobots... ora è il vostro mondo a essere condannato!” Ironhide, che non poteva sopportare oltre la voce dell'alieno, intervenne dicendo: “Forse ci prenderemo semplicemente il vostro pianeta, lasciandovi qui.” Sevax e il resto dei Quintessenziani ammutolirono, mentre Kup fece cenno a Ironhide di imitarli e di non intromettersi nella questione. Si fece avanti Roadbuster, che esclamò: “Si può sapere chi è questo nemico che temete così tanto? Basta misteri, adesso sono stufo!” Scorponok, a un universo di distanza, iniziò a ridere. “Davvero Grimlock non vi ha detto nulla?” chiese, “Eppure non è da lui avere dei segreti... forse temeva che l'avreste lasciato a combattere da solo?” Il Triple Changer chiamato in causa si fece avanti a sua volta, poi disse rivolto a Scorponok: “Ora noi avere la Matrice. Noi potere vincere, stavolta.” “Ma sai davvero come usarla?” chiese Scorponok, “Buon per te, perché io, che ne ho custodito una su Zarak per tanto tempo, non ne ho davvero idea... potremmo persino aver perso tempo dietro a una leggenda, per quanto ne sappiamo.” Ultra Magnus scosse il Triple Changer prigioniero da dietro. “Abbiamo visto la Matrice compiere un miracolo oggi stesso.” disse, “Quando verrà il momento, sono certo che lo farà nuovamente.” “Inoltre non hai ancora risposto alla mia domanda.” intervenne Roadbuster, “Chi è questo misterioso nemico che minaccia Cybertron?” Scorponok chinò il capo. Il solo pronunciare quel nome generava in lui un profondo disgusto e, se avesse posseduto fluidi corporei come gli esseri organici, avrebbe certamente sputato su quel nome. “Unicron.” disse infine, “Alcuni lo chiamano il Latore di Caos, altri il Divoratore di Mondi... forse ne avrete già sentito parlare in alcune storie che si tramandano i vagabondi dello spazio, coloro che a causa sua non hanno più un pianeta sul quale tornare.” Nell'assordante silenzio che pervase la sala del trono, si levò all'improvviso la voce di Mirage, che con lo sguardo cercò Kup. “Ma come?!?” esclamò, “Credevo che Unicron fosse stato sconfitto megacicli fa, quando Megatron...” Le sue parole vennero interrotte dall'inaspettata risata di Alpha Quintesson. “Siete solo dei poveri sciocchi...” disse, “Il tempo in cui siete stati separati dalla nostra razza non vi ha certo giovato...” Alpha Quintesson emise un suono simile a un colpo di tosse poi, improvvisamente, la celata che copriva il suo volto emise uno sbuffo di vapore, mentre faticosamente e con un sinistro cigolio si sollevava, rivelando per la prima volta le fattezze che si nascondevano sotto di essa. Non è certo se sia stato a causa delle parole che l'alieno pronunciò dopo, oppure dal sentirle provenire da un volto tanto familiare, fatto sta che improvvisamente tutti i presenti provarono un brivido che scosse le loro stesse Scintille. “Poveri pazzi,” disse l'alieno, il cui volto, benché decorato in rosso e nero, era identico a quello di Alpha Trion, “credete davvero che ci saremmo presi la briga di tornare qui, se quello che avete sconfitto tre megacicli fa fosse stato realmente Unicron?” Epilogo Se il resto degli Autobots provò una sensazione sgradevole nell'apprendere le ultime rivelazioni, Optimus Prime era invece preda della più profonda disperazione. Per tutto il tempo aveva ascoltato in silenzio, unico fra tutti i presenti a conoscere un particolare che, se fosse stato reso noto, avrebbe certamente fatto perdere la speranza a tutti i Cybertroniani. Si portò una mano al torace e pensò: “Nessuno deve sapere.” Adesso avrebbe dovuto risolvere la questione coi Quintessenziani, poi avrebbe interrogato Scorponok e i suoi per ottenere più dettagli possibili sulla minaccia incombente, infine avrebbe dovuto preparare le difese del pianeta per tentare di respingerla. Tuttavia temeva che non ci sarebbe stata speranza, che stavolta Cybertron, già provato da quest'ultimo conflitto, non sarebbe scampato alla distruzione. Si chiese se il suo ritorno alla vita fosse valso il prezzo pagato per ottenerlo... Si chiese, senza ottenere risposta, che cosa avrebbero fatto, ora che l'energia della Matrice era completamente esaurita. Fine della seconda stagione
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