KTM 690 DUKE 2016
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KTM 690 DUKE 2016
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 213 22 Settembre 2015 109 Pagine SBK Jerez Jonathan Rea è campione del mondo! Articoli, commenti e pagelle Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Novità 2016 Prove Yamaha, YZF-R1 ed R1M 2016 Husqvarna FS 450 2016, la SM è servita Kawasaki J300 by Polini vs J300 standard | PROVA SU STRADA | KTM 690 DUKE 2016 da Pag. 2 a Pag. 13 All’Interno NEWS: Le 15 Moto dal design controverso | M. Clarke Dan Gurney e il suo geniale motore | N. Cereghini Quell’esultanza per la caduta di Lorenzo | MOTOGP: DopoGP Il GP di San Marino | MXGP: Febvre domina anche l’ultimo GP KTM 690 Duke 2016 PROVA SU STRADA KTM 690 DUKE 2016: TEST ESCLUSIVO Mai paga di successi, sportivi e commerciali, KTM ha riprogettato il monocilindrico più potente sul mercato che debutta sulla Duke a EICMA 2015. L’abbiamo provata in esclusiva: poche vibrazioni, elettronica evoluta e tantissimi cavalli. Scopritela con noi di Andrea Perfetti Foto Heiko Mandl 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove Media O ra ve lo possiamo dire: la grande, vera novità della Duke per il 2016 si chiama 690 e debutterà a Milano durante EICMA 2015. Partiamo da questa premessa fondamentale, perché in queste settimane si sono sprecati i rumor oltre oceano riguardanti una ipotetica Duke 800 spinta dal motore bicilindrico parallelo. Nulla di più sbagliato, almeno per il momento. Ce lo conferma lo stesso Thomas Kuttruf, responsabile della comunicazione della Casa austriaca: “Come ha dichiarato di recente anche il nostro CEO, Mr. Stefan Pierer, stiamo lavorando allo sviluppo di una nuova famiglia di motori (bicilindrici paralleli fronte marcia, nda). Ma questo sviluppo è solo agli inizi e sicuramente – così rispondo alla tua domanda – non vedremo una moto con questo motore al Salone di 4 Milano. Nella gamma Duke la nostra novità si chiama 690 ed è per noi molto importante. Ha infatti un motore nuovo, ancora più potente, e una elettronica che nessuna moto concorrente può vantare nel segmento delle moto nude di media cilindrata”. Ed è per lei che siamo corsi a Mattighofen in un’assolata giornata di fine agosto. KTM ha infatti invitato Moto.it per una prova anteprima in esclusiva della 690 Duke 2016, che sarà poi svelata al pubblico a EICMA e venduta nei concessionari dalla fine del 2015. Provare per una intera giornata una moto in versione prototipale è un privilegio di cui siamo onorati, ma è anche un’emozione incredibile per qualsiasi giornalista che faccia questo mestiere. Si ha la possibilità di toccare con mano il lavoro degli ingegneri e dei collaudatori di una industria motociclistica, si comprendono così immediatamente gli obiettivi che hanno guidato il lavoro dei progettisti per lunghi mesi. I responsabili austriaci ci tengono a sottolineare l’impegno dedicato alla 690. Di fatto era già lo stato dell’arte tra i grandi monocilindrici in produzione. Nel 2014 eravamo volati in Spagna per raccontarvi proprio gli ultimi aggiornamenti riservati alla gamma LC4, forte dell’acceleratore Ride by wire esteso dalla Duke alla SMC e alla Enduro. Dopo un anno siamo qui a parlarvi della 690 Duke, spinta da un motore nuovo. Perché rivedere una moto che già oggi è un punto di riferimento per tutti? La risposta di Thomas alla nostra domanda è per certi versi sorprendente. “La 690 Duke è un progetto recente, ha solo tre anni. Non aveva certo bisogno di un upgrade. Ma i nostri ingegneri sono mossi da una passione per la moto incredibile e in questi tre anni hanno continuato a lavorare sul motore a porte chiuse, col desiderio di migliorare ulteriormente qualcosa che era già eccellente. Sono riusciti così a ridurre drasticamente le vibrazioni, ma anche a aumentare la potenza e la coppia. Tutto rispettando la normativa Euro4. Trovo che abbiano fatto un lavoro semplicemente eccezionale”. La proposta KTM nel segmento naked di media cilindrata La vitalità in questa fascia di mercato è altissima e unisce prodotti di qualità a prezzi di listino molto aggressivi (basti pensare alle Yamaha MT-07 o XSR 700, persino alla Ducati Scrambler). La KTM intende restare attrice in questo scenario con un prodotto dalle caratteristiche uniche. La 690 Duke unisce infatti la leggerezza del monocilindrico con le prestazioni tipiche di una moto bicilindrica. Il nuovo motore ha per questo ricevuto un secondo controalbero (posizionato nella testa monoalbero SOHC, l’altro è sempre nel 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine contralbero studiato per azzerare le vibrazioni. È presente come prima il Ride by wire per la gestione dell’acceleratore, che consente di selezionare tre mappe (sport, street, rain). In più troviamo il controllo di trazione (disattivato sul prototipo che abbiamo guidato, ma presente sulle moto in produzione) e, optional, l’MSR che aiuta a gestire il freno motore in scalata (in pratica aumenta leggermente i giri del motore per evitare il bloccaggio della ruota). La 690 conferma l’ABS 9M+ di ultima generazione, a due canali e con la possibilità di escluderne l’intervento. Dentro il 690 cambia parecchio. Aumenta infatti l’alesaggio (da 102 a 105 mm) e si riduce la corsa (da 84,5 a 80 mm), la cilindrata effettiva passa così da 690 e 693 cc. In questo modo il motore raggiunge regimi più elevati. Il mono LC4 gira a oltre 9.000 giri (il limitatore interviene a 9.500 giri circa) e ha la potenza massima di 73 cavalli (54 kW) a 8.500 giri/min. Il pistone più grande basamento), che abbatte le vibrazioni. Gli studi fatti sulla nuova LC8 hanno poi consentito di migliorare la termica per aumentare ancora (!) il regime di rotazione, che ora arriva fino a 9.500 giri (1.000 più di prima). Ci sono poi tre mappe del motore, selezionabili attraverso lo stesso blocchetto sul manubrio che già abbiamo imparato a conoscere sulla gamma Adventure. Di serie troviamo poi l’ABS, il controllo di trazione (entrambi disinseribili) e una nuova strumentazione TFT. La Duke è già in versione Euro 4 e non dovrebbe aumentare di prezzo (oggi costa 8.300 euro f.c.). Ci sono sulla carta tutti gli ingredienti per confermare la 690 Duke regina tra le monocilindriche stradali. Con 73 cavalli a 8.500 giri e un peso di circa 150 kg le credenziali sono ottime. D’altra parte di qualità il motore LC4 ha sempre dimostrato di possederne tante: dal 1994 (anno di debutto della Duke) a Mattighofen hanno 6 Prove ospita sul suo cielo valvole di aspirazione da 42 mm (2 in più rispetto a prima), mentre quelle di scarico misurano sempre 34 mm. Il sistema di iniezione non cambia e resta fedele all’iniettore singolo fornito da Keihin. Il motore a corsa corta non danneggia la coppia, che anzi cresce del 6% e raggiunge un picco di 74 Nm a 6.500 giri. Anche lo scarico è stato riprogettato e fa della Duke la prima KTM conforme alla normativa Euro 4. Ciclistica più stabile e più confort La 690 Duke resta fedele all’ottima ciclistica che già ci ha fatto divertire lo scorso anno. Ritroviamo quindi il telaio a traliccio in acciaio, il robusto forcellone in lega e le sospensioni WP. La Casa ha modificato l’avantreno, che ha ora un diverso offset (da 32 a 28 mm) in virtù della sostituzione delle piastre di sterzo. In questo modo aumenta l’avancorsa e migliora la stabilità della moto sul veloce. Non cambiano invece le sospensioni. Alla costruito oltre 70.000 moto monocilindriche che hanno conquistato altrettanti motociclisti, fedelissimi al motto che “single è meglio”. Più avanti arriverà anche la versione R, dotata di pinza anteriore Brembo monoblocco, sospensioni WP regolabili, silenziatore Akrapovic , pedane e manubrio diversi (per una guida più sportiva e caricata sul davanti), e qualche cavallo in più (circa due, ma attendiamo le specifiche tecniche definitive). Motore a corsa corta. Raddoppiano gli alberi anti-vibrazioni Vediamo ora nel dettaglio come cambia il mono. Il mono LC4 conferma i suoi tratti salienti. È un monoalbero in testa con distribuzione a 4 valvole comandate da una catena, con doppia accensione e raffreddamento a liquido. Il dimensionamento è molto compatto, ma si nota subito una testa più voluminosa per ospitare il secondo 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito forcella con steli da 43 mm e 135 mm di escursione (priva di regolazioni) fa da contraltare il mono dotato della stessa escursione, che lavora mediante il leveraggio progressivo Pro-lever. I freni sono Brembo; davanti c’è un disco da 320 mm con pinza ad attacco radiale e quattro pistoncini; dietro troviamo il classico disco da 240 mm con pinza dotata di un solo pistoncino. I cerchi sono da 17 pollici e calzano i nuovi pneumatici Metzeler M7RR nelle misure 120/70-17 davanti e 160/60-17 dietro. Le due selle restano separate e hanno una conformazione leggermente diversa, più ampia e volta a migliorare il confort in viaggio. L’estetica della moto non cambia sostanzialmente; si nota immediatamente il telaio verniciato in nero (prima era arancione), mentre le grafiche definitive saranno due e saranno svelate a EICMA 2015 nel mese di novembre. 8 Periodico elettronico di informazione motociclistica La nostra prova Saltare in sella a un prototipo non capita tutti i giorni e ha l’effetto di amplificare le nostre capacità sensoriali. Proviamo tante moto bellissime nel corso della stagione, ma la 690 Duke - nella sua misteriosa livrea nera - ci regala una scarica di adranalina ancor prima di accenderla. Da una parte c’è Thomas Kuttruf, convinto che la sua Duke sia una alternativa vincente rispetto alle tante moto nude arrivate sul mercato negli ultimi due anni. Dall’altra ci siamo noi: siamo i primi ad avere l’onore di provare il nuovo motore 690 e non sappiamo bene cosa ci aspetta; era già una gran bella moto prima, cosa diavolo avranno tirato fuori dal cilindro ora? Non facciamo in tempo a scendere dall’auto, che la Duke è già lì che ci aspetta col suo look total black appena fuori dai cancelli della fabbrica. Notiamo subito la nuova Scarica l’APP del Magazine strumentazione e il motore con una testa insolitamente grande, d’istinto vorremmo estrarre lo smartphone e fare un bello scoop da condivedere coi nostri lettori. Ma la KTM oggi ha in mente ben altro. La moto è qui solamente per noi, non ci resta che accenderla e partire lungo le fantastiche strade collinari che circondano Mattighofen. L’ergonomia non ci riserva alcuna sorpresa. E’ cambiata la sella, ma francamente siamo troppo presi dal nuovo mono per cogliere la differenza. La strumentazione TFT è una bella novità in questo segmento, si legge con chiarezza anche col sole ed è molto completa. Il nuovo offset, volto a migliorare la stabilità della 690, non ha per nulla inficiato la sconvolgente maneggevolezza della Duke. Questa moto ha una cilindrata di tutto rispetto (693 cc), ma tra le gambe si muove come una piccola 125. Pesa pochissimo (circa 160 Prove chili col pieno) e ha una maneggevolezza che le fa divorare i tornanti più stretti con una semplicità che non teme rivali nel panorama delle moto nude di media cilindrata. Ma questo lo sapevamo già, la Duke è sempre stata così. Ora si dimostra più precisa anche nella guida sul veloce e ha un avantreno molto comunicativo. Il merito è imputabile alla nuova geometria dell’avantreno, ma anche alle eccellenti gomme montate sul nostro prototipo (le Metzeler M7RR). Nella sostanza il grande equilibrio della 690 Duke non cambia ed è confermato sulla nuova versione, che frena bene e vanta un’ottima risposta da parte delle sospensioni, rigide al punto giusto per assecondare anche la guida sportiva sui passi di montagna. Passiamo ora al piatto forte della nuova Duke, il monocilindrico più osannato dai motociclisti negli ultimi anni. Il motore si stabilizza al 9 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa minimo a meno di 1.500 giri e già in folle risponde alle nostre sgasate con una prontezza esagerata. Rispetta la normativa Euro 4, ma non appare per nulla soffocato nelle prestazioni o nella tonalità di scarico, che anzi sembra più sportiva rispetto a prima. Già questo ci fa ben sperare sui motori puliti che verranno, non è infatti detto che le prestazioni pagheranno pegno sull’altare delle basse emissioni. Anzi, la nuova KTM dimostra che, lavorando correttamente sulla testata e con l’elettronica, il gusto alla guida non cala certamente. Il big single manifesta un’erogazione fluida e regolare a partire dai 3.000 giri; sotto sono ancora evidenti gli strappi alla trasmissione legati a questo tipo di configurazione. Da qui in poi ci sono però un sacco di belle sorprese. A partire dai 4.000 giri il 690 spinge con una grinta entusiasmante e sfodera un allungo sconosciuto alla Duke che cono10 scevamo. Si arriva in un attimo a oltre 9.000 giri. Non temiamo smentite nello scrivere che la Duke vanta un range di utilizzo unico tra i monocilindridici, pari a oltre 5.000 giri “buoni”. Non ci sono complessi di inferiorità nemmeno con le migliori bicilindriche di pari cilindrata. L’allungo notevole si sposa con un tasso di vibrazioni che ha subito un drastico taglio. Il secondo contralbero fa il suo lavoro e riduce a zero le risonanze del motore sia sul manubrio che sulle pedane. E’ stato eliminato il tallone d’Achille storico della Duke, presente sin dal primo modello lanciato nel 1994. I benefici si sentono sia nella guida sportiva che in quella turistica, perché l’assenza di vibrazioni modifica lo stile di guida del pilota. Nel primo caso la Duke accetta una guida nuova, più vicina a quella di una bicilindrica sportiva. Tra le curve si può insistere con la marcia inserita, senza l’obbligo di passare al rapporto superio- re a cui si era costretti dalle vibrazioni presenti sul manubrio oltre gli 8.000 giri. Agli alti regimi il timbro dello scarico è un rock che ricorda i mono da competizione costruiti in Austria. C’è poi la guida turistica, dove oggettivamente non si soffrono più i lunghi trasferimenti a velocità costante. Già la 690 Duke del 2011 aveva fatto un bel salto in avanti, ma con la nuova in KTM hanno trovato la quadratura del cerchio. Il single ora convince in ogni frangente. L’ha dimostrato durante la nostra speciale giornata a Mattighofen. Thomas ci ha fatto da apripista, veloce come sempre, in sella alla 1190 Adventure. La Duke in incognito ha tenuto testa all’ammiraglia da 150 cavalli sia sui percorsi più lenti, sia nel misto veloce. Segno che 73 cavalli e un peso welter possono fare grandi cose. Le altre nude sono avvisate. ABBIGLIAMENTO bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Casco Nolan Giacca Dainese Jeans OJ Guanti OJ Scarpe Dainese 11 12 13 Kawasaki J300 by Polini vs J300 CONFRONTO KIT CONTRO SERIE KAWASAKI J300 BY POLINI VS J300 Si deve a Kawasaki Italia, e al noto preparatore bergamasco, lo speciale allestimento dello scooter J300 di Kawasaki. Sottolineate da una colorazione Polini Racing, ci sono alcune novità su variatore e scarico per aggiungere pepe alle prestazioni di Cristina Bacchetti Foto Thomas Bressani 14 15 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove Kawasaki J300 Polini: variatore Hi Speed e scarico dedicato Media “ Polini trasforma il meglio in massimo!”. E’ questo lo slogan che da sempre accompagna la Casa bergamasca, produttrice di moto, ricambi e parti speciali racing per scooter e non solo. Anche in questo caso la Polini Motori non si è voluta smentire e ci ha messo tra le mani un mezzo che proprio non ci aspettavamo: un Kawasaki J300, primo scooterone della Casa di Akashi, sapientemente kittato in versione GP. Rileggendo le impressioni di guida del nostro Licciardello per quanto riguarda il modello di serie, traspare quanto i tecnici Kawasaki abbiano lavorato sulla sostanza, tant’è che il motore viene definito brillante tanto in città quanto fuori, caratteristica non indifferente su mezzi di questo genere. E’ agile e divertente nel 16 Ebbene sì, ha vinto lui, ma... gli piace vincere facile: il variatore Polini Hi Speed mantiene le promesse e migliora le prestazioni in ripresa e allungo, grazie alle avanzate caratteristiche tecniche che lo contraddistinguono. Prima tra tutte la boccola in acciaio speciale nickel cromo cementato, temprato, rettificato. Si distingue per la capiente sacca interna con funzione di serbatoio del grasso all’interno della quale è posizionata una speciale molla che consente una costante distribuzione del lubrificante sullo spinotto anche nelle condizioni di utilizzo più gravose. Grazie a tutto ciò le prestazioni rimangono costanti, evitando anche la continua ricerca della perfetta taratura dei rulli per trovare una resa migliore. Rulli da 16 grammi, su questa versione, ricoperti di nuova mescola in nylon / fibre aramidiche, e che hanno subito al loro interno un trattamento di brillantatura per migliorare lo scorrimento e ritardare l’usura. Il variatore è fornito completo di misto e stabile a tutte le velocità. Ed ecco che allora, in questo neonato scooter, l’azienda bergamasca ritrova quel “meglio che ama trasformare in massimo”, e non esita un secondo a metterci le mani, per creare questa appariscente versione biancoazzurra, portabandiera dei colori Polini. Molto bella, a nostro avviso, questa livrea bianca con loghi Polini e sportivissimo il tocco di bianco dato ai contorni della strumentazione. Qualche dettaglio carbon-look sapientemente piazzato e il gioco è fatto. Messi vicini non sembrano nemmeno lo stesso prodotto. Nel video qui sotto i nostri tester (Cristina Bacchetti sulla versione di serie e Maurizio Vettor sul kittatissimo Polini) si sono divertiti a suon di accelerate, derapate e sfide coi caschi in carena. Chi ha avuto la meglio? Scopriamolo insieme! 17 18 19 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito molla di contrasto con una durezza maggiore del 30% rispetto al gruppo originale, innalzando così anche il regime di rotazione del motore in partenza. Altro elemento chiave di questa elaborazione e conseguente vittoria nella nostra piccola sfida è senza dubbio lo scarico Polini in acciaio inox con collettore “racing”. Ha un design moderno ed è curata nelle finiture, oltre che affidabile e soprattutto omologata per la circolazione su strada. Sia in partenza che in ripresa la presenza del marmittone si fa sentire eccome, non solo per il bel sound cupo e grintoso, ma anche per quello sprint in più che regala al J300 in tutte le situazioni. I soventi scoppiettii in rilascio gaseranno non poco i più invasati pistaioli! Buona parte della progettazione del J300 è stata portata a termine in Italia e completamente Made in Italy sono tutti i particolari Polini utilizzati per renderlo più brioso e performante. Ci è piaciuto? Sì, senza dubbio un lavoro ben fatto e ben riuscito, su una già ottima base, come ci aspettavamo da due Case quali Polini e Kawasaki. Una sola scocca, due anime completamente diverse: grazie ad un paio di accorgimenti mirati il pacioso scooterone tira fuori vocione e grinta e regala non poco divertimento alla guida. Cara Kawasaki, ora lo vogliamo a listino! 20 Prove Kawasaki J 300 ABS 5.090 euro Cilindrata 299 cc Tempi 4 Cilindri 1 Raffreddamento a liquido Avviamento elettrico Alimentazione iniezione Frizione multidisco Potenza 28 cv - 20 kw - 7.750 rpm Coppia 3 kgm - 29 nm - 6.250 rpm Emissioni Euro 3 Capacità serbatoio carburante 13 lt ABS Sì Pneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W) Pneumatico posteriore 160/60ZR17M/C (69W) Peso a secco 191 Kg 21 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Media YAMAHA YZF-R1 ED R1M 2016 News L’edizione 2016, che comprenderà anche conferenze e workshop, offrirà la possibilità di effettuare turni in sella alla propria YZF-R1M e chiedere consigli professionali sull’assetto da gara ad istruttori qualificati e piloti tre diapason internazionali, in maniera da imparare da persone di grande esperienza e tecnici Yamaha il modo migliore di mettere a punto la propria moto per trarne il meglio in pista. Per festeggiare inoltre il sessantesimo anniversario di Yamaha, ricorrenza celebrata al Goodwood Festival of Speed, la Casa di Iwata ha pensato di creare una versione speciale di YZF-R1 in edizione limitata con livrea speedblock giallo/nera, che rende omaggio alle imprese di Kenny Roberts e della filiale americana, e silenziatore Akrapovic. Il modello viene presentato oggi al Bol d’Or (che prenderà il via domani sul tracciato del Paul Ricard a Le Castellet) dai piloti dei team Yamaha GMT94 e YART-Monster Energy impegnati nell’ultima gara del Mondiale Endurance. Confermate, naturalmente, le colorazioni già in gamma Race Blu (con nuove grafiche) e Racing Red. Nuove colorazioni anche per gli altri modelli della gamma Supersport YZFR6, YZF-R3 e YZF-R125. Nuove affascinanti livree per l’R1, nuova produzione per la R1M prenotabile solo online dall’1 ottobre F orse nemmeno in Yamaha si aspettavano tanto successo per la versione super-sofisticata della YZF-R1 2015, battezzata R1M per sottolineare l’ispirazione alla YZR-M1 MotoGP che abbiamo provato tanto all’epoca del lancio australiano che nella nostra comparativa delle supersportive 2015. Un successo tale da mandare esaurita la prima produzione della YZF-R1M già nei primi mesi dell’anno, ma naturalmente sufficiente a convincere Yamaha a realizzare una nuova “ti22 ratura”, sempre in serie limitata e nella sola colorazione Silver Blu Carbon, e come lo scorso anno ordinabile unicamente online dal prossimo primo ottobre, con consegne previste a gennaio 2016. I fortunati possessori potranno accedere alla Yamaha Racing Experience, manifestazione che avrà luogo la prossima primavera nei principali circuiti europei. L’edizione 2015 è stata un grande successo, con la possibilità per i proprietari di YZF-R1M di girare in pista – qui in Italia al Mugello – nientemeno che con Colin Edwards. 23 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica News Media HUSQVARNA FS 450 2016 LA SM È SERVITA Attesa nelle concessionarie entro la fine di settembre, la nuova supermotard FS 450 di casa Husqvarna si segnala per la nuova ciclistica, a partire dal telaio d’acciaio. Alleggerito e rimpicciolito anche il potente mono 450 cc da 63 cavalli. Pesa 105 kg S ono tanti i cambiamenti di sostanza per la nuova versione della supermotard professionale FS 450. Sono molte le novità che riguardano il modello 2016 che arriverà in vendita entro il mese di settembre. La R&D Husqvarna ha progettato un nuovo telaio in acciaio al cromo-molibdeno 24 che ridefinisce la parte strutturale del veicolo; i materiali di alta qualità e i processi produttivi hanno portato a un risparmio di peso di 380 grammi rispetto alla FS 450 del 2015 Il nuovo telaietto posteriore, realizzato in un materiale composito costituito per il 30% da fibra di carbonio, e ora in tre pezzi ed è 1 kg più leggero del precedente. Pesa ora solo 1,4 kg ed è più corto e più compatto, con un’ergonomia migliorata. Il nuovo forcellone fuso in alluminio è stato riprogettato in funzione della rigidezza ottimale, per migliorare la trazione e il feeling. È anche di 250 grammi più leggero, pur conservando la sua integrità e affidabilità. Il motore monocilindrico monoalbero 450 cc, con i suoi 63 cavalli, è il più potente motore Husqvarna 450 da supermoto mai realizzato. È più piccolo, più leggero ed è stato riconfigurato nella disposizione degli elementi per raggiungere la centralizzazione ottimale delle masse all’interno del nuovo telaio in acciaio CrMo. In sintesi, rappresenta il perfetto complemento del telaio di nuova generazione. Il nuovo motore è ora più corto di 23 mm, più stretto di 23 mm e più basso di 9 mm. Ogni componente interno è stato riposizionato e rivisto per ridurre il peso di 1,8 kg (il peso complessivo è di 27,8 kg). La riprogettata testata monoalbero pesa 350 g in meno ed ha condotti e camera di combustione ottimizzati. L’albero motore ha il 10% di inerzia in più ed è stato spostato 9 mm più indietro e 7 mm più in alto. I nuovi carter motore sono più compatti e leggeri. La FS 450 ha un cambio a 5 rapporti più compatto e leggero, che è 8 mm più stretto e 350 grammi più leggero rispetto alla precedente generazione. La frizione antisaltellamento APTC (Adler Power Torque Clutch) a comando idraulico evita il saltellamento della ruota posteriore quando si imposta una curva con una frenata al limite. La nuova centralina Keihin (EMS) è più piccola, leggera e veloce nel processare i dati, per una più efficace gestione del motore. La FS 450 dispone di un selettore mappe al manubrio che attiva anche il “launch control”. 25 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Questa funzione limita la coppia trasmessa alla ruota posteriore per circa due secondi, aumentando la trazione e scongiurando la perdita di controllo in fase di massima accelerazione. Il riposizionamento dell’iniettore all’interno del nuovo corpo farfallato da 44 mm ottimizza il flusso verso la camera di combustione. L’impianto di scarico è stato riprogettato per migliorare la centralizzazione delle masse e ridurre la rumorosità. La camera di risonanza integrata nel collettore di scarico ricorda ora l’espansione di un 2 tempi. Il silenziatore è più corto rispetto alla versione 2015. La FS 450 ha freni Brembo al top di gamma, con pompa e pinza anteriori a montaggio radiale, con 4 pistoncini e disco da 310 mm. Al posteriore una pinza a pistoncino singolo è abbinata a un disco da 220 mm. Le ruote a raggi Alpina, sono da 16,5” e 17” e calzano pneumatici slick Bridgestone 125/80 R420 e 165/65 R420. 26 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News Le sospensioni WP vedono la forcella da 48 mm a cartuccia chiusa (corsa 280 mm) e l’ammortizzatore singolo WP. Le piastre lavorate CNC anodizzate nere, in virtù della rigidezza calcolata con precisione, trasmettono un accurato feedback e distribuiscono omogeneamente la forza di serraggio sugli steli forcella. Il monoamortizzatore WP è stato realizzato specificamente per la supermoto e offre 266 mm di escursione alla ruota posteriore. È completamente regolabile in estensione e in compressione alle alte e basse velocità, garantisce eccellente stabilità e smorzamento. Anche l’airbox è stato riprogettato, e si accompagna a un nuovo condotto di aspirazione a bassa deformabilità, che assicura il massimo flusso all’aria e la massima protezione al filtro. Il filtro dell’aria può essere raggiunto senza attrezzi, semplicemente rimuovendo il fianchetto sinistro. 27 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine corta con relativo telaietto in fibra di carbonio, materiale usto per altri particolari La Silver Edition è praticamente nuova a livello di componentistica (dall’impianto di scarico fino alla viteria) e finiture, e il cambiamento sottopelle è stato molto visto che sulla bilancia la VR6 ha perso la bellezza di 28 kg, con il peso sceso a 221 kg. Non ci sono invece cambiamenti significativi nel particolare motore sei cilindri a V stretta (di soli 15°) che è facile confondere con un sei in linea con fosse per l’ingombro frontale ridotto. Ha tre assi a camme (quello centrale comanda le due bancate) e tre valvole per cilindro. La potenza del News 1.218 cc è di 170 cavalli e la coppia è di 138 Nm. Nessuna novità anche per il telaio in fusione di lega d’alluminio, mentre sono da citare le ruote a raggi Kineo, le sospensioni Öhlins (forcella rovesciata da 43 e mono posteriore TTX 36GP) e i freni con pinze Brembo CCN P4. I fari sono a Led e la strumentazione è digitale. La Silver Edition sarà costruita in 33 esemplari (ovvero lo stesso numero delle Café Racer previste l’anno scorso ma non consegnate se non in minima parte). Il prezzo non è stato comunicato ma è prevedibile che supererà i 22.500 euro richiesti per il modello precedente. HOREX VR6 SILVER EDITION 2016 di Maurizio Gissi | La risorta Horex, l’ultima volta nel febbraio scorso, riparte con questa sei cilindri VR6 Silver Edition dal sapore modern-classic. E’ stata presentata al Salone di Francoforte. Curata nei dettagli, pesa 28 kg meno della precedente edizione U n nuovo capitolo Horex è iniziato ieri al Salone dell’Auto di Francoforte con la presentazione della sei cilindri VR6 Silver Edition. La 3C-Carbon, azienda tedesca che ha rilevato la marca a febbraio dopo la sfiorata bancarotta dello scorso dicembre, ha scelto la platea di Francoforte un po’ per anticipare la rassegna milanese di fine anno ma soprattutto per avere un’importante 28 vetrina nazionale. La VR6 riproposta dalla gestione 3C-Carbon riprende la base della nota sei cilindri a V di 15° lanciata nel 2010, dopo che erano passati 50 anni dall’ultima Horex, nel primo tentativo di rilancio di una casa che in passato ha conosciuto una certa importanti. Le novità più evidenti sono di ordine estetico, determinate da una impostazione quasi da stradale classica. Quindi manubrio più rialzato e nuova sella più 29 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica CLAUDIO DOMENICALI “NOVE NOVITÀ DUCATI PER IL 2016. INVENTARE IL FUTURO È IL BELLO DEL NOSTRO LAVORO” Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di Ippolito Fassati | Una lunga intervista con l’Amministratore Delegato di Ducati, Claudio Domenicali per parlare di presente e futuro del marchio bolognese A All’IAA di Francoforte abbiamo potuto incontrare in una lunga intervista l’Amministratore Delegato di Ducati, Claudio Domenicali. Analizziamo con lui le novità più attese, la vision futura e le sinergie con l’R&D Audi in termini di sicurezza e tecnologie che ci aspettano. «Abbiamo inaugurato IAA» esordisce Domenicali «presentando la nuova Monster 1200R. Una moto molto importante per noi, perché si tratta della Monster più potente mai creata. Abbiamo sviluppato il modello attuale per portarlo a 160 cavalli. E’ una vera moto ad alte prestazioni che si può utilizzare tutti i giorni, perché ha la solita ergonomia di una Monster con una potenza mostruosa. Si tratta di una parte di un’offensiva di 30 prodotto importantissima, che lanceremo per il 2016: da qui alla fine dell’anno presenteremo nove nuovi prodotti, uno sforzo senza precedenti nella storia di Ducati. Questo è il primo, altri sette verranno presentati durante la Ducati World Premiere, che avrà luogo il 16 novembre, il giorno prima di EICMA (con tanto di streaming live) in cui sveleremo al pubblico e alla stampa la grande maggioranza delle nostre novità 2016. A questo proposito voglio anticiparvi che grazie a questo sforzo produttivo e alla nostra espansione internazionale per la prima volta passeremo il traguardo delle 50.000 unità vendute. Un obiettivo importantissimo perché Ducati non punta a fare volumi. I volumi di vendita, la crescita, non sono che il risultato del plauso del pubblico, del successo dei nuovi prodotti lanciati sul mercato. Non abbiamo obiettivi precisi in termini di volumi, non puntiamo a vendere 70.000 o 100.000 moto, ma sicuramente il nostro venduto continuerà a crescere perché continuiamo ad investire su nuovi mercati e segmenti. Siamo da poco in Brasile, India e ora Cina, dove dall’inizio dell’anno le Ducati verranno importate attraverso Audi China, un altro segno della crescita della nostra partnership. Vi ricordo che nei primi sei mesi del 2015 siamo cresciuti in termini di vendite del 22%, raggiungendo quota 32.600 moto vendute – naturalmente il nostro miglior risultato di sempre ottenuto soprattutto grazie al successo del nuovo brand Scrambler, moto accessibile, divertente e meno esasperata tecnologicamente. Nei prossimi mesi riusciremo ad immatricolare e consegnare più di 9.000 unità». Avete citato nove modelli. Quanti sono modelli completamente nuovi e quanti rinnovamenti? «Due sono quasi del tutto nuovi, uno è del tutto nuovo ed un altro è costituito da parti per la stragrande maggioranza nuove. Infine abbiamo un certo numero di nuovi modelli che, per esempio, sono moto attualmente in produzione ma cambiano di cilindrata, o moto di cui viene prodotta una versione differente per un uso diverso. Inoltre abbiamo una clientela che ama molto le versioni in serie limitata, per esempio, e quindi continueremo a produrre edizioni speciali realizzate con materiali speciali oppure in serie limitatissime. Ci piace lavorare per i nostri fan, ascoltare quello che ci chiedono e sviluppare i prodotti che desiderano». Un mix di prodotti che si identifica abbastanza con le nostre previsioni. A parte la Diavel già “spiata”, noi possiamo ipotizzare una Multistrada in allestimento più fuoristradistico che punti dritta alle varie Adventure ed Adventure R della concorrenza tedesca ed austriaca, ma anche novità importanti nella serie Hyper. Ma c’è altro? «Sulle vostre ipotesi non posso confermare nulla, vi posso però preannunciare che in un momento preciso del prossimo anno entreremo in un segmento specifico in cui attualmente non siamo presenti. Vogliamo offrire lo spirito Ducati anche a clienti che, per qualsivoglia motivo, amano moto che al momento non produciamo. Oggi costruiamo moto supersportive come la Panigale, naked come la Monster in tante versioni, modelli on-off come la Multistrada o la Scrambler. Restano segmenti scoperti, in cui l’anno prossimo troverete prodotti dai tipici valori Ducati – prestazioni, design, sofisticatezza che contribuiranno alla crescita della Casa». 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Possiamo attenderci una Scrambler dalla cilindrata dimezzata rispetto all’attuale, ancora più accessibile ed appetibile? «Credo proprio di sì. Scrambler al momento per noi è una piattaforma basata su un motore 800 a due valvole, raffreddata ad aria. Tecnicamente parlando si tratta di un modello che non punta sulle prestazioni come selling point principale. Resta una moto molto piacevole da guidare, valida anche nella guida sportiva in montagna: se la confrontate con le concorrenti è la più leggera e performante nel segmento heritage». 32 Credete che sia comunque possibile inventare un nuovo tipo di moto, come ha fatto per esempio Honda con Integra, incrociando uno scooter e una moto? «Credo che il bello del nostro lavoro stia proprio nell’inventare il futuro. E’ una cosa che ci stimola moltissimo. Crediamo che al momento il futuro abbia trend molto precisi, con città che crescono in continuazione e un continuo spostamento delle popolazioni dalle aree rurali verso i centri urbani in tutto il mondo. Le città si fanno sempre più affollate, rendendo la vita delle auto sempre più difficile. D’altra parte, chi passa tanto tempo in auto vuole qualcosa per divertirsi – ecco perché le moto restano un prodotto interessante anche nel futuro, anche in paesi in cui l’ambiente non è facile come la Cina: la gente sta scoprendo l’uso delle moto per divertirsi nel fine settimana. Fra questi due segmenti ci sono tantissime possibilità da esplorare, e negli ultimi cinque anni si sono viste moltissime proposte: moto a tre o quattro ruote, prodotti di ogni tipo fra cui però nessuno ha ancora attecchito realmente. Resta comunque un ambito molto interessante». Ma per Ducati continueremo a parlare di moto, vero? «Continueremo a produrre moto» sorride Domenicali. «Nel futuro non escludiamo divagazioni in altri segmenti, ma per i prossimi anni non abbiamo nessun prodotto diverso dalle moto tradizionali. Insomma, per favore, lasciamo perdere titoli relativi a scooter o tre ruote…» Tornando a parlare di Scrambler, quanto pensate che durerà il successo di questo trend? «Siamo fiduciosi del fatto che si tratti di un trend a lungo termine. Per noi Scrambler non è una moto ma una vera e propria gamma di prodotti. Stiamo sviluppando diversi altri modelli, di cui vedrete una parte il prossimo anno e ne arriveranno altri nelle stagioni successive. Crediamo che Scrambler sia un modo eccellente di entrare nel mondo delle due ruote. Alcune persone trovano un po’ troppo impegnative ed intimidatorie le Ducati; con Scrambler abbiamo risolto il problema, perché è una moto estremamente accessibile in termini di prestazioni, tecnologia ma anche prezzo. E’ un modello premium, costruito molto bene, ma accessibile – piace a molte persone giovani che non sono motociclisti o sono motociclisti di ritorno». In passato avete parlato di una crescita del 15% come obiettivo, un target che avete già superato con il 22% del primo semestre che avete appena citato, grazie anche al brand Scrambler. Una sorpresa? «No, è stata una crescita pianificata. Prova ne sia il fatto che siamo cresciuti del 22% perché abbiamo prodotto il 22% in più. Il volume che abbiamo venduto è stato quello prodotto». 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito La cosa vi porterà ad un ripensamento in termini di nuovi stabilimenti, di ristrutturazioni o altre decisioni di questo tipo? «Assolutamente no – avremmo potuto produrre ancora di più. Ci siamo in qualche modo autolimitati, un po’ perché prevedere il futuro è sempre molto difficile, un po’ perché è sempre meglio avere un po’ meno disponibilità di prodotto che non dover piazzare moto che non trovano clienti dai concessionari. Quando le moto sono un po’ meno rispetto alla richiesta si alimenta il desiderio; non ci interessa arrivare a sfruttare l’ultima vendita, preferiamo essere sicuri che le moto siano tutte sane, che non 34 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ci sia necessità di promozioni particolari. E’ per questo che in fase di definizione del volume di budget cerchiamo di restare sempre un pelo sotto le nostre stime». Quindi nessun cambiamento a livello industriale. «No, anche perché se la richiesta dovesse restare alta com’è, risponderemmo comunque progressivamente, sempre con la strategia di restare un filo più prudenti rispetto alle previsioni di domanda. La cosa ci consente di mantenere alto il valore dell’usato, di aiutare il concessionario, abbiamo più pulizia nei listini e negli stock, che quest’anno abbiamo ridotto. I rivenditori sono più sani, pos- sono gestire meglio l’usato del cliente – ci sono solo vantaggi». E’ vero che state sviluppando una quattro cilindri per il Mondiale Superbike? «La risposta è no, non stiamo lavorando ad una quattro cilindri per la Superbike. Crediamo che la nostra gamma attuale di bicilindriche sia perfettamente adeguata per competere nel Mondiale Superbike, e continueremo a farlo. Anche per uso stradale posso confermarvi che non ci sono progetti approvati in questo senso». Le tendenze attuali nel mondo dell’auto vanno verso un sempre più intenso impiego della propulsione elettrica. Possiamo quindi attenderci una Panigale e-Tron, o comunque soluzioni del genere nel futuro? «Credo che prima o poi queste soluzioni arriveranno anche sulle due ruote. Il problema oggi è che il costo per ottenere potenze ed autonomie che rendano appetibile una soluzione del genere è elevatissimo e le previsioni per i prossimi tre/ cinque anni non prospettano miglioramenti in questo senso. Quindi diciamo che potrebbe essere una soluzione praticabile per un prodotto di nicchia, dal prezzo elevatissimo, ma non certo per un mezzo realmente di serie». «Naturalmente questa è la nostra opinione, altri costruttori potrebbero pensarla diversamente, e già spostando a sette anni l’orizzonte diventa praticamente impossibile prevedere gli sviluppi. Pensiamo ad esempio alla potenza di un costruttore come Tesla: già solo il suo impegno potrebbe spostare in maniera sensibile gli equilibri fra prezzo e prestazioni. Il problema è che con un orizzonte così lontano le possibilità sono infinite, le certezze davvero poche». Cosa ne pensate dell’uso di propulsori Ducati in concept automobilistici? «Prodotti come la Volkswagen XL1 ci sono stati chiesti dalla Casa madre, direttamente dal professor Piech, che voleva dimostrare come un concept del genere potesse essere non soltanto una soluzione nata per ridurre i consumi, ma anche per aumentare le prestazioni. Resta comunque un prototipo, ma lavoriamo con i colleghi di Audi con uno scambio bidirezionale, con informazioni molto interessanti per entrambi». Intervista Ultimamente si parla molto di guida autonoma o semi autonoma per le auto. Le moto spesso sono vittime di errori di guida o peggio distrazioni di automobilisti. Il fatto di vivere gomito a gomito con Audi aiuta a sviluppare questi sistemi di sicurezza anche nell’interesse dei motociclisti? Siete stati coinvolti in sviluppi di questo tipo come è avvenuto ad esempio con Dainese? «Sicuramente il problema degli incidenti è importantissimo, e ci interessa direttamente perché coinvolge praticamente sempre il mondo dell’auto. Abbiamo svolto dei crash-test specifici lavorando con Audi, e si tratta di una delle sinergie da cui potremo beneficiare tanto noi quanto l’industria in generale». Nelle auto c’è una ricerca continua sui sistemi di 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb più appetibile nel mondo della moto. Non produrremo modelli di grande serie – restiamo un marchio per appassionati che amano comprare moto di altissima qualità, specializzati in prestazioni e design». C’erano voci che volevano Ducati un semplice capriccio di Piech, sconfessate prontamente alla sua uscita che non ha avuto conseguenze strategiche. «Piech è un ducatista appas- infotainment. Sulle moto il cruscotto può rivelarsi molto utile per navigare, informare, rendere più sicura la guida. «E’ un tema su cui stiamo sviluppando prototipi interessanti, è uno dei campi su cui vedremo – e vedrete – progressi molto importanti». Se dovesse descrivere il rapporto fra Ducati e Audi? «E’ molto interessante. Audi è la nostra shareholder, quindi il nostro rapporto è quello tipico fra due case in quel tipo di relazione. Audi controlla il Board of 36 Directors, approvando o meno attraverso i suoi supervisori le decisioni strategiche della compagnia, come accade in tutte le grandi case. Nel quotidiano invece ci sono legami molto forti fra le diverse unità delle due Case – l’ufficio acquisti Audi è legatissimo alla sua controparte Ducati, creando sinergie molto vantaggiose. Un conto è proporsi come una casa di 1.500 persone, farlo con la forza di un marchio da 600.000 dipendenti è ovviamente tutta un’altra cosa. Già solo acquistare computer o materiale da Intervista sionato, cosa che aveva certamente influito al momento della decisione di acquistare la Casa, ma il marchio è ormai perfettamente integrato nel gruppo con tanti tifosi ed appassionati al suo interno. C’è una grande simpatia per le moto e per Ducati – gli appassionati di auto sono anche appassionati di moto, e per i tedeschi Ducati è un marchio molto appassionante. E’ italiano, sportivo, rappresenta valori con cui è facile identificarsi». ufficio è diverso, si entra in contratti quadro molto vantaggiosi già negoziati. La cosa ci aiuta non poco. La parte interessante sta nel fatto che quando Audi ha acquistato Ducati ci sono state analisi e discussioni molto approfondite sulle strategie. La strategia che Ducati stava perseguendo all’epoca, ovvero il mantenere il marchio su un livello molto alto senza diluirlo con proposte di piccola cilindrata è stata confermata. La missione che abbiamo ora, restando parte del gruppo, è di rendere il nostro brand ancora 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ANDREA BUZZONI “IN DUCATI VI SORPRENDEREMO CON NUOVI SEGMENTI” Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di Ippolito Fassati | Parliamo di strategie e futuro con il direttore vendite Ducati in occasione del Salone di Francoforte I Il Salone di Francoforte - l’IAA 2015, per gli addetti ai lavori - è diventata una vetrina importantissima anche per Ducati, almeno da quando è confluita nella grande famiglia Audi. Il palcoscenico tedesco del resto non è stato scelto a caso per la presentazione della nuova Monster 1200R, l’ormai tradizionale novità che Ducati svela in anticipo sui saloni autunnali Di fatto quella di Francoforte costituisce la prima uscita pubblica per Andrea Buzzoni, nuovo Sales and Marketing Director della Casa di Borgo Panigale, con il quale abbiamo potuto fare un’interessante chiacchierata a tutto tondo sul presente e sul futuro di Ducati. Iniziamo con le prime impressioni nel passaggio da BMW a Ducati e sulle tue priorità. «Sicuramente la cosa che mi 38 ha colpito di più entrando in Ducati è il talento delle persone nelle varie funzioni e il suo legame con la passione. Mai come in Ducati si nota come la passione delle persone sia capace di produrre talento, da cui nascono delle belle cose a partire dai prodotti. Mi ha impressionato molto anche il piano di produzione in pipeline, davvero importante, e la qualità di questi prodotti, di questa gamma che sarà protagonista di un’accelerazione nella crescita – ad EICMA vedrete una vetrina davvero importante. Stiamo entrando nel 2016 con un numero incredibile di novità di prodotto fra nuove versioni e modelli completamente inediti, che vanno ad aggredire segmenti di mercato ancora non coperti. Un vero e proprio big bang ed un segnale della nostra determinazione a crescere. Il nuovo brand lanciato quest’anno è stato un successo planetario – abbiamo dovuto aumentare in corso d’anno la produzione più che potevamo e nonostante questo non siamo riusciti a soddisfare la domanda per il naturale collo di bottiglia che si verifica nella produzione di un prodotto nuovo. Scrambler è un prodotto strategico, perché apre a Ducati una clientela nuova, che forse prima non riuscivamo a cogliere completamente. Un tipo di clientela che magari predilige l’aspetto lifestyle, la praticità, la facilità, una moto molto accessibile rispetto a tecnologia e performance, e questo dal punto di vista strategico ci aiuta moltissimo». Un discorso che anticipa la nostra prossima domanda: su quali segmenti vi espanderete? Magari pensate anche alla mobilità urbana? «La crescita per il futuro è basata fondamentalmente su due pilastri: quello del brand Ducati, con i suoi valori di tecnologia, performance, sportività e stile declinato nei segmenti in cui siamo già presenti ma anche in segmenti nuovi, in cui a breve entreremo. L’altro pilastro è evidentemente quello dello Scrambler, che in un futuro dovrà diventare non solo una moto ma una vera e propria gamma, che si svilupperà in varie direzioni. Credo che non esistano progetti da non prendere in considerazione, però penso di poter dire che ad oggi non stiamo prendendo in considerazione la mobilità urbana o lo scooter, almeno a livello di progetti deliberati. Il che non significa che Ducati non possa pensarci, ma solo che al momento questo progetto nei nostri cassetti non c’è». Un allargamento dei segmenti può significare anche un allargamento della tipologia di motori, che magari non siano rigorosamente bicilindrici? «Secondo noi la strategia di allargamento della gamma e degli utenti non deve passare necessariamente da un ampliamento della gamma motoristica» dice lasciandosi però andare ad una risata Buzzoni. «Riteniamo che con il bicilindrico, su cui abbiamo investito tanto, ci sia ampio spazio per l’interpretazione di segmenti nuovi, e in questo senso non c’è un progetto specifico con propulsori di diversa tipologia. Il bicilindrico offre tantissimi vantaggi e offre grandi possibilità di impiego in segmenti diversissimi». Si vocifera però di un ritorno in Superbike con configurazioni diverse dal bicilindrico. E parlando di sport, Andrea 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Buzzoni di esperienza ne ha da vendere visto il passato in BMW con il team schierato dalla filiale italiana. «No comment» risponde Buzzoni, lasciandosi andare ad un’altra risata. «Seriamente: il quattro cilindri ce l’abbiamo già e lo abbiamo sviluppato per partecipare dove serviva, in MotoGP. I piani della Superbike sono confermati, nei prossimi giorni probabilmente arriveranno ulteriori conferme su piloti e programmi sportivi». Lo diciamo noi, non Buzzoni: se parliamo di conferma, 40 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica l’ipotesi più plausibile è una conferma di tutti e quattro i piloti. «Il team sarà supportato dallo sponsor per altri due anni, e i piloti hanno fatto tutto quello che ci si aspettava da loro se non di più. Il povero Davide Giugliano è stato molto sfortunato, mentre Chaz è andato ben oltre le aspettative, con quattro vittorie e un secondo posto nel Mondiale…» Torniamo all’allargamento della gamma in vista di EICMA. Lasciando da parte Scrambler (su cui, ma anche questo lo diciamo noi, ci aspettiamo una 400 bicilindrica…) puoi darci altre novità? «I piani non sono ancora definiti» ride nuovamente Buzzoni. «Seriamente, posso dirvi che entreremo in nuovi segmenti in modo secondo me molto convincente, e anche un po’ sorprendente. Sono convinto – ma sarà il mercato a darci ragione o a smentirci – che entriamo in nuovi segmenti con un ottimo bilanciamento di valori fra i nostri, tradizionali, e quelli del segmento stesso. Un po’ come nei segmenti in cui siamo entrati nel passato con Multistrada, o Diavel: mi piace sottolineare che Ducati quando entra in un nuovo segmento tende a reinterpretarlo secondo i propri valori. Quello che faremo vedere a breve sarà un ulteriore esempio di questa coerenza». Il fatto di avere sia in BMW che in Audi un gruppo automobilistico alle spalle permette di sfruttare tante sinergie tecnologiche. Ci interessano però anche quelle relative al valore del brand, che Audi e Ducati offrono molto forte. Puoi parlarcene a livello globale, senza limitarci alla sola Italia? «Sicuramente il fatto di avere uno shareholder come Audi, al di là dei numerosi benefici tecnici e tecnologici ci offre potenzialità enormi in termini di vendite e marketing. Dove siamo oggi (all’IAA di Francoforte, NdR) ne è un esempio, anche se forse il meno rilevante. Il più valorizzante dal punto di vista comunicativo ma forse anche il meno significativo. Da un punto di vista globale abbiamo una rete di vendita che offre grandissime opportunità, perché comunque dobbiamo pensare Intervista che l’imprenditore auto, l’investitore auto offre normalmente una solidità e una competenza interessanti per un costruttore moto, a patto che ci sia una chiara interpretazione del mondo delle moto, dei suoi valori, dei suoi clienti, del reason why di acquisto, tutti completamente diversi da quelli del mondo auto. In questo caso ci possono essere ottime sinergie, cosa che naturalmente avevo già potuto sperimentare nella mia esperienza precedente. E’ recente, per esempio, la notizia che per quanto riguarda il mercato cinese 41 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Il modello cinese è replicabile anche altrove? «Non vogliamo considerarlo una legge ma un’opportunità. Qui c’era l’opportunità e un percorso di partnership con l’importatore giunto a maturazione. Non è detto che questo si verifichi anche su altri mercati, ma in caso si tratta di un’opzione molto strategica, che possiamo sfruttare quando ci è utile». A livello personale, girando molto in questi mesi: come hai trovato il percepito Ducati nel mondo? «E’ impressionante. Paradossalmente, più ti allontani da Bologna, dall’Italia, più il percepito, la passione, l’interesse verso il brand aumenta. E’ una Ducati entra in partnership con Audi. All’interno di Audi Cina è stata costituita una business unit moto, denominata Ducati Cina. In questo caso possiamo sfruttare una sinergia non solo di vendita ma anche di brand image, di posizionamento, di conoscenza del mercato. Ci mettiamo sulle spalle… del papà e godiamo di un vantaggio competitivo nell’ingresso su un mercato come quello cinese, evidentemente importante e strategico ma contraddistinto 42 da meccanismi diversi da quelli del mercato tradizionale, spesso difficili da interpretare. Avere un’Audi, presente da tempo e con successo, ci offre grandi vantaggi e allo stesso tempo è conferma della fiducia della Casa madre nei nostri confronti. Ho visto nel top management di Ingolstadt una motivazione, una passione nei confronti del marchio Ducati veramente notevole. La dimensione finanziaria ed economica delle moto, ovviamente non paragonabile a quella del mondo auto, non influenza affatto determinazione e motivazione della dirigenza Audi a valorizzarci il più possibile, sia nell’interesse di Ducati ma anche in quello di Audi perché comunque il nostro marchio offre un posizionamento molto sportivo e sexy anche a loro. Tenuta ferma la differenza di valori e di brand, ci possono essere valori aggiunti anche per Audi che in questo momento è interessatissima a sviluppare la parte sportiva». Intervista cosa che mi ha veramente sorpreso, in particolare negli Stati Uniti e in Asia, due contesti completamente diversi fra di loro ma in cui l’immagine del brand Ducati è un vero sogno, senza retorica. In Europa è un marchio premium, che appassiona, ma in USA e Asia è incredibile – lì è un vero e proprio luxury. Il potenziale è fortissimo. In Thailandia, pur non essendo un produttore di massa, siamo market leader con quote del 25% del mercato nei segmenti rilevanti. Anche in Brasile, pur con un mercato in difficoltà per motivi macroeconomici, l’interesse attorno al brand Ducati è incredibile. La forza del brand mi ha davvero colpito». PARADOSSALMENTE, PIÙ TI ALLONTANI DA BOLOGNA, DALL’ITALIA, PIÙ IL PERCEPITO, LA PASSIONE, L’INTERESSE VERSO IL BRAND DUCATI AUMENTA! 43 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine mercato di riferimento di un modello e si finisce per non piacere altrove. Fra alcuni dei modelli che vi segnaliamo qui sotto ve ne sono alcuni che sono stati disegnati da ottimi professionisti, esperti in altri ambiti ma che non così profondi conoscitori della storia, delle pulsioni e del mondo della moto in genere. Ecco una selezione di 15 modelli che, secondo noi, di sicuro non hanno convinto la maggioranza degli appassionati e hanno sollevato critiche solitamente più all’estetica che alla sostanza. Sebbene a distanza di anni alcune di queste siano state rivalutate, e sebbene ve ne siano altre che sono state difese a spada tratta da chi le ha apprezzate allora come oggi. Anche in questa nostra selezione la scelta è stata ovviamente soggettiva e immaginiamo che ciascun motociclista abbia una classifica personale a riguardo. Media LE 15 MOTO DAL DESIGN CONTROVERSO Rassegne Munch 4TTS “Mammuth”, 1967 Friedl Muth costruì la prima Mammuth attorno al motore automobilistico di una NSU quattro cilindri di 996 cc. Nel 1968 la cilindrata salì a 1200 (1177 cc). La mole meccanica complicò la linea della moto, per la quale vennero usati anche i fari automobilistici. Molto criticata ai suoi tempi, quest’anno è stata votata Best in Show al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este. Suzuki RE 5, 1974 La RE5 montava un motore Wankel 500 e tanta singolarità richiedeva un designer speciale. Per questo venne coinvolto Giorgetto Giugiaro, che giocò con la forma cilindrica – a richiamare il motore a pistone rotante - in alcuni dettagli come la custodia della strumentazione. Come a volte accade, la sua estetica è stata rivalutata a distanza di tempo. Di questa moto ne sono stati costruiti oltre 5.500 esemplari. di Maurizio Gissi | Il concetto di bello è soggettivo. Tuttavia, è innegabile, ci sono moto esteticamente più riuscite di altre. Una nostra - soggettiva - selezione di modelli che negli ultimi anni hanno fatto discutere, oppure che non sono proprio piaciuti N on diciamo nulla di nuovo ricordando che anche quando si discute della bellezza di una nuova moto il giudizio è estremamente soggettivo. Tuttavia ci sono moto esteticamente più riuscite di altre, che sanno interpretare meglio le tendenze, hanno una loro armonia stilistica, oppure che sanno essere innovative nel design oltre che nei contenuti. Ce ne sono invece molte che fanno discutere, vengono anche criticate duramente pur avendo un pubblico di estimatori. Per questo siamo convinti che non abbia senso parlare di moto “brutte” in assoluto, sarebbe 44 arbitrario e ingeneroso, ma sappiamo bene che ci sono - e che ci sono state - molto moto dalle forme sbilanciate, fuoritempo, dalle linee scombinate e dai colori male assortiti. Senza contare che magari erano contemporanee a modelli concorrenti di ben altro livello stilistico, una condizione che in alcuni casi ha contribuito a tarpare le ali a moto altrimenti interessanti. Diverso il caso di alcune moto dall’indubbio fascino estetico, ma che hanno diviso nettamente i giudizi, A volte è il desiderio di essere originali a tutti i costi, o la necessità di farsi notare dalla massa, che porta ad eccedere. In altre occasioni si considera il 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Rassegne aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Yamaha XJ 650 Turbo, 1982 E’ stata la seconda con il motore Turbo ad arrivare in vendita, dopo la Honda CX 500, e con la sua turbina Mitsubishi arrivava a 90 cavalli. Il quattro cilindri 650 derivava dalla XJ 650, moto dalla linea più convenzionale e morbida. La Turbo era invece massiccia, sgraziata, troppo spigolosa e non dava l’impressione della velocità. E’ stata prodotta tre anni in circa 8.000 esemplari. Moto Guzzi Le Mans 1000, 1984 Arrivata dopo le fortunate prime tre serie Le Mans 850 (la prima è del 1976), la Le Mans 1000 non riusci a ripeterne il successo, vuoi anche per la poco convincente ruota anteriore da 16 pollici, vuoi per il cresciuto livello prestazionale e qualitativo delle concorrenti (nel 1984 arrivava la 46 Kawasaki GPZ 900R per esempio), e vuoi per una estetica certamente infelice. Buell RR 1000 Battle Twin, 1986 Una delle prime moto di serie (anche se ne vennero costruiti soltanto 50 esemplari) con la carenatura a copertura totale è la replica della Harley-Davidson da corsa dei primi anni Ottanta. Si deve al geniale Erik Buell che costruisce questa versione dopo essere uscito dalla H-D. La sua RR vincerà poi il campionato BoTT americano AMA, quello riservato alle bicilindriche. Originale ma, giusto per fare un esempio contemporaneo, meno efficace della DB1 Bimota. BMW K1, 1988 Con la K 100 RS del 1984 la BMW aprì il nuovo corso dei quattro cilindri a sogliola e seppe farsi luce anche nel design. Sull’evoluzione tecnica di quel modello, a Monaco realizzarono la prima sport touring d’alta prestazioni della casa. Sigla K1, il primo motore 16 valvole, carenatura totale, parafango carenato, ma impossibilità di montare le borse rigide... Anche la linea non contribuì al successo sperato, tanto che rimase in produzione solo cinque anni per un totale di circa 6.900 esemplari. Andò meglio alla successiva, e più tradizionale, RS. Moto Guzzi NTX 750, 1988 Arrivare nelle concessionarie e farsi notare dopo le varie Africa Twin, Super Ténéré, BMW GS e compagnia bella, nel pieno della moda delle moto dakariane, non era semplice per nessuno. Ma certo la Moto Guzzi fece meno di quando avrebbe potuto con la NTX 750, e non solo per la potenza contenuta in soli 52 cavalli. Laverda Navarro 125, 1990 Giunta nell’epoca d’oro delle 125 stradali, la Laverda Navarro non seppe continuare la trazione che la vide apripista con la LZ nel lontano 1977. Dopo che la Lesmo non aveva incontrato molto successo, a Breganze con la Nuova Moto Laverda (sorta dopo la chiusura di quella storica) realizzarono la Navarro. Il motore è della Cagiva, i colori ricordano un po’ troppo le Aprilia, le forme faticano a piacere e inoltre il prezzo è anche alto in rapporto al resto della concorrenza italiana. Peraltro più moderna. 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Rassegne aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Aprilia Motò 6.5, 1995 Aprilia attraversa un periodo di grande successo commerciale, siamo agli inizi degli anni Novanta, quando decide di affidare al designer francese Philippe Stark la sua monocilindrica stradale che affianca la Pegaso. Stark è appassionato di moto e questa è la sua prima esperienza nel settore. Sfrutta le linee curve e le tonalità del grigio per le componenti tecniche. Resta in produzione cinque anni e ne vengono prodotte circa 3.500 unità. C’è chi l’ha sempre apprezzata per lo stile - ci mettiamo anche noi - ma la verità è che la Motò 6.5 è andata molto peggio del previsto nelle vendite. E un po’ anche per alcuni limiti dinamicofunzionali causati proprio da scelte stilistiche. Bimota DB3 Mantra, 1995 Per quella che era la prima Bimota per così dire turistica, rispetto a quanto fatto in precedenza, a 48 Rimini affidarono il design al francese Sacha Lakic. Un giovane talento che, fermandosi in campo moto, aveva già collaborato con MBK e poi avrebbe disegnato alcune Voxan. La DB3 Mantra venne realizzata in due versioni, la seconda nel 1997, per un totale di circa 450 esemplari. Qualcuno ha anche azzardato alcuni richiami alla Mantra nella Diavel Ducati... Suzuki TL 1000 R, 1998 Suzuki era ai vertici nella produzione delle super sportive a quattro cilindri in linea, ma volle anch’essa cimentarsi con una bicilindrica (come fece Honda nel 2000 con la SP-01) per entrare in concorrenza con Ducati e avere una mille (996 cc per l’esattezza...) nel mondiale SBK. La TL 1000R aveva un gran motore, ma anche un peso importante per la categoria e un’estetica che non l’aiutava. Restò in produzione sino al 2003, mentre la TL 1000S ci restò appena quattro anni pur vendendo bene negli USA soprattutto. BMW F650 C Scarver, 2001 Disegnata dall’americano David Robb, a capo del centro stile di Monaco e già autore fra le altre di R 1100 RT, R 1200 C e R 1100 S, la Scarver nasceva dalla piattaforma F 650. Il nome giocava con le parole street e carver, mentre la sigla CS stava appunto per city-street. Molti elementi decorativo-funzionali erano in plastica traslucida (secondo i dettami Swatch), mentre il serbatoio sotto la sella lasciava spazio a un vano portaoggetti modulare al posto del tradizionale contenitore della benzina. Aveva anche la trasmissione a cinghia dentata e il forcellone monobraccio. Nella sua ricerca di motociclisti nuovi la Scarver puntava anche a ringiovanire il marchio, tuttavia i risultati di vendita furono complessivamente inferiori alle attese e la moto uscì di produzione dopo quattro anni. Nel frattempo la rivista americana Motorcyclist l’aveva valutata come “un flop senza attenuanti”. Bimota Tesi 2D, 2005 La prima, rivoluzionaria, Bimota Tesi 1D va in vendita nel 1990 prendendo le mosse dalla precedente versione da corsa. Nel 2005 arriva la nuova versione Tesi 2D, aggiornata e soprattutto rivista nello stile grazie all’intervento del Ascanio Rodrigo, già alla Bimota e divenuto noto grazie alla sua Vyrus. La moto resterà in produzione un paio anni. A indiscutibile difesa del sua design, la personalità forte che può permettersi una moto di nicchia. Honda DN-01, 2008 Presentata al Salone di Tokyo del 2005, la DN-01 49 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito entrò in produzione nel 2008 – quando arrivò in Europa – e ne uscì già nel 2010. Fra gli obiettivi dei tecnici c’erano anche la semplicità di guida (vedi il cambio automatico), il comfort, la sicurezza e i bassi consumi. Esteticamente c’era la volontà di creare una cruiser originale rispetto alla moda custom, non gradita a tutti, utile a dirottare verso la moto alcuni scooteristi. La linea, anch’essa di rottura, divise da subito i giudizi. Ma certi concetti non sono stati abbandonati da Honda, vedi la recentissima Vultus. 50 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Rassegne Kawasaki Versys 1000, 2011 Un’ottima moto penalizzata dalla sua estetica. E’ questo il giudizio largamente diffuso, almeno in Italia, nei confronti dello styling della prima edizione della Versys 1000; soprattutto nei confronti del suo frontale, tanto originale quanto poco convincente. Un’interessante crossover, arrivata dopo la vendutissima e apprezzata versione 650, che è stata aggiornata quest’anno in maniera importante proprio nella linea e poco nella tecnica. Guarda caso. 51 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Tecnica e storia Media Eddie Lawson sulla prima Alligator con motore Honda Il prototipo della Gator con il V2 S&S DAN GURNEY E IL SUO GENIALE MOTORE di Massimo Clarke | Dagli USA e da un vecchio protagonista della scena motoristica, Dan Gurney, una proposta fuori dagli schemi per un bicilindrico ad alberi controrotanti. Con radici nelle Velocette e nelle Kawasaki da corsa G li appassionati non più tanto giovani si ricorderanno sicuramente di Dan Gurney, coraggioso e veloce pilota di auto da corsa degli anni Sessanta. Questo grande protagonista della scena sportiva, con al suo attivo tra l’altro una 24 ore di Le Mans e quattro gran premi di Formula Uno, è anche un valido tecnico, tanto è vero che 52 esiste una appendice aerodinamica che porta il suo nome (Gurney flap). Fondatore della famosa scuderia All American Racers (AAR), nella seconda metà degli anni Sessanta è stato l’anima di una iniziativa che ha portato alla realizzazione di un moderno V12 da Gran Premio di 3000 cm3 disegnato da Aubrey Woods e con fluidodinamica curata da Harry Weslake. Questo motore con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro, che ha fatto la sua apparizione nel 1966, ha consentito allo stesso Gurney di imporsi l’anno successivo nel GP del Belgio. Tra le sue caratteristiche spiccava un angolo tra le valvole nettamente minore di quelli che si usavano all’epoca: soli 30° (un valore leggermente inferiore, rispetto a quello impiegato nel V8 Cosworth comparso poco dopo). Sotto questo aspetto quindi mostrava la strada. Dalla F1 alle moto feet forward Una volta ritiratosi dalla attività agonistica Gurney ha continuato a interessarsi al motorismo. Negli anni Ottanta ha iniziato a pensare anche al settore motociclistico. Dopo una serie di prototipi e una lunga serie di prove, all’inizio degli anni Duemila ha cominciato a produrre, in numeri limitati, delle moto caratterizzate da un assetto di guida anticonvenzionale: il pilota è infatti seduto con i piedi che vengono a trovarsi davanti al corpo. Una posizione che ricorda quella tipica di alcuni maxiscooter; qui però si tratta di vere moto, con pneumatici di grande diametro e motore collocato in posizione convenzionale, ossia subito dietro la ruota anteriore. Per le sue moto, denominate Alligator e tutte dotate di questa architettura (FF, ovvero feet forward), Gurney ha utilizzato inizialmente un monocilindrico Honda e successivamente alcune versioni del noto bicilindrico ad aste e bilancieri S & S, con cilindrate di 1,8 e di 2,0 litri. Con l’obiettivo di ottenere prestazioni più elevate, senza rinunciare però a una erogazione corposa a tutti i regimi, ha poi sviluppato un bicilindrico a V di 45° che utilizza il basamento e l’imbiellaggio del motore S & S, opportunamente modificati, ma impiega teste bialbero a quattro valvole ed è raffreddato ad acqua; 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Nel bicilindrico in tandem di 1800 cm3 ideato da Gurney e Palmgren c’è un albero a gomito per ogni cilindro. Il cambio è piazzato posteriormente la potenza è nettamente superiore ai 200 cavalli. Non contenti, Gurney e il progettista Palmgren di recente hanno ideato un bicilindrico parallelo raffreddato ad acqua che abbina il meglio di quanto offerto dalla attuale tecnica motoristica (ridotto angolo tra le valvole, che ovviamente sono quattro per cilindro, comando dei due alberi a camme affidato a una cascata di ingranaggi, etc…) con una architettura molto inconsueta, anche se non del tutto inedita. Il motore infatti è dotato di due alberi a gomito controrotanti, in presa tra loro mediante una coppia di ruote dentate. Si tratta quindi di un bicilindrico “in tandem”. La soluzione consente di eliminare le vibrazioni. Basta infatti contrappesare al 100% ciascuno dei due manovellismi e fasarli correttamente (con i due pistoni che vanno assieme al punto morto superiore e, 180° dopo, al punto morto inferiore). 54 Inoltre, permette anche di annullare l’effetto giroscopico in quanto i due alberi girano in sensi opposti. Da MZ a Kawasaki L’architettura in tandem per i motori bicilindrici è stata adottata dalla MZ per una sua 125 da Gran Premio comparsa nel 1969 e un paio di anni dopo anche per una 250, entrambe rimaste allo stadio di prototipo in quanto la casa tedesca stava abbandonando le gare di velocità. Era stata scelta dall’ing. Walter Kaaden perché, mantenendo l’ammissione a disco rotante, consentiva di ridurre drasticamente la larghezza rispetto ai bicilindrici paralleli frontemarcia; aumentava però la lunghezza del motore. I due alberi a gomito non erano in presa tra loro, ma con una corona dentata direttamente collegata alla Scarica l’APP del Magazine Tecnica e storia La sezione longitudinale mostra chiaramente i due ingranaggi che collegano gli alberi a gomito controrotanti e assicurano una perfetta equilibratura. La lubrificazione è a carter secco frizione. Di conseguenza, giravano nello stesso verso. Sotto questo aspetto la strada scelta dagli altri costruttori che in seguito hanno adottato una architettura in tandem per i loro bicilindrici (sempre a due tempi da competizione con ammissione a disco rotante) è stata diversa. Tanto nei Kawasaki KR 250 e 350, vincitori di otto titoli mondiali, quanto nel Rotax tipo 256, grande protagonista dei GP degli anni Ottanta, i due alberi erano infatti controrotanti e in presa tra loro. È interessante osservare che i motori con quattro cilindri in quadrato possono essere considerati dei bicilindrici in tandem “accoppiati”. Occorre anche ricordare che alla fine degli anni Trenta la Velocette ha realizzato un motore da competizione di 500 cm3 con due cilindri paralleli e due alberi a gomito (in presa tra loro tramite coppia di ingranaggi) con asse di rotazione longitudinale. Passato alla storia come “Roarer”, questo interessante bicilindrico progettato da Harold Willis aveva la distribuzione monoalbero ed era dotato di un compressore volumetrico Centric. Lo scoppio della seconda guerra mondiale ha impedito che venisse sviluppato come avrebbe indubbiamente meritato. Meno noto è il prototipo di 700 cm3 con eguale architettura, ma con distribuzione ad aste e bilancieri, sul quale la casa inglese stava lavorando nello stesso periodo. I cosiddetti motori a “U” erano dotati di due file parallele di cilindri, con alberi a gomiti collegati mediante ingranaggi a uno stesso albero di uscita. Ne hanno realizzati costruttori automobilistici come la Fiat (tipo 406 da GP, nel 1927) e la Bugatti. Pure la Miller e la Maserati hanno adottato una soluzione di questo genere per un paio di loro realizzazioni, con le file di cilindri che però non erano 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Il Velocette 500 da GP del 1939, noto come Roarer, aveva due cilindri paralleli disposti trasversalmente e due alberi a gomito controrotanti. Era sovralimentato e aveva la distribuzione monoalbero perfettamente verticali ma leggermente a V. Vanno anche ricordati i motori a U per impiego ferroviario della Sulzer (serie LD), costruiti per lungo tempo in numeri considerevoli, in versioni con 6, 8 e 12 cilindri. Il compatto bicilindrico sul quale Gurney e Palmgren stanno lavorando alacremente (è prevista la costruzione di cinque prototipi) ha una cilindrata di 1800 cm3, ottenuta abbinando un alesaggio di ben 127 mm con una corsa di 71 mm, ed è dotato di variatori di fase. La potenza prevista una potenza dell’ordine di 280 cavalli, con una coppia mostruosa ai bassi regimi. L’architettura costruttiva è stata brevettata, benché come visto non sia del tutto inedita. Le prove al banco dovrebbero iniziare nel giro di due o tre mesi. 56 57 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine che il mio fotografo in tutto il primo periodo della mia carriera da giornalista, quando ancora nemmeno possedevo una macchina fotografica! Cicli e ricicli della storia… eccoci qui, dopo 26 anni, ancora immersi nella sabbia ed avvolti dal profumo della miscela e deliziati dallo “scrocchio” delle mezzolitro a due tempi. Ovviamente ci siamo divertiti come matti, Roberto in pista sulla sua CR500 ibrida (telaio in alluminio derivato dalla CRF a 4T) e io a bordo rettilineo con una reflex digitale di fortuna e l’iPhone come videocamera. Il “perché e percome” ve lo faccio invece spiegare dall’altro mio coetaneo (’68, classe di ferro….) Stefano Braga: bergamasco trapiantato a Lecco, FreddieFix19 (questo il suo nick) è l’ideatore e il promotore del sito CR500.forumfree.it e ha molte cose interessanti da raccontare… Quando nasce e perché nasce il forum? «Nasce dalla passione che condividiamo noi “ragazzi” prossimi ai 50 anni… Io con queste moto ci ho corso diversi anni, quindi mi sono rimaste On the road sempre nel cuore. Il 500 in particolare, anche se ci ho corso per una sola stagione… Però da pischelli sono quelle cose uno non si dimentica più, ti lasciano il segno, per così dire… Così per scherzo, una decina di anni fa un mio amico ne ha comprata una ma non riusciva ad avviarla. Io gli ho detto “se non riesci ad accenderla e vuoi venderla devi darla a me” e da li è partito tutto. Adesso ne ho 30…». Trenta cinquecento a due tempi? «Sì, in particolare ne ho 8 che sono solo dell’85. Ho le quattro europee, Cagiva, Husqvarna, KTM e Maico, e le 4 giapponesi Honda, Yamaha, Kawasaki e Suzuki, l’ultimo anno in cui l’hanno prodotta». Perché proprio il 1985, scusa? «Un po’ perché in quegli anni li ci ho corso, ma anche perché il 1985 è stato un po’ lo spartiacque con l’introduzione per quasi tutte del raffreddamento ad acqua, tranne Yamaha e Suzuki, e RIDE IN THE USA EDIZIONE SPECIALE AL 3° SIL DAY DI CREMONA di Pietro Ambrosioni | La nostra rubrica dagli Stati Uniti devia per questa volta nell’esotica Cremona per raccontarvi di un week end di passione per il motocross d’epoca Q uesta settimana vi faccio fare un tuffo nel passato, non solo nella storia del motocross ma anche nella mia storia. Come vi dicevo l’altra volta, mi trovo in Italia e domenica ho avuto l’opportunità di andare a vedere un evento dedicato alle vecchie moto a due tempi, 58 in particolare le cinquecento, che sono legate a doppia mandata con la mia storia professionale. Non solo le mie prime gare che ho seguito come fotografo e giornalista sono state quelle del Mondiale di Motocross classe 500 (il mio “debutto” a Namur nel 1989), ma Roberto, l’amico che mi ha convinto ad andare con lui a Cremona, è stato an59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Scarica l’APP del Magazine Oggi invece? «Oggi non è riservato unicamente ai 500, come succede per il raduno del forum. Il Sil Day è infatti dedicato a Silvano, uno dei nostri amici, grande appassionato di due tempi e che viveva in Mozambico. Purtroppo è mancato tre anni fa e il raduno è dedicato a lui ed è aperto a tutti i due tempi». Ancora non riesco a immaginarmi le 30 moto… ma sei sposato? «Sì». E cosa dice tua moglie? Sa di tutto questo? «Eheheh… mia moglie non lo sa, semplice!». E quindi le moto dove le tieni? «Le moto le tengo disseminate ovunque… a casa dove abito non ne ho neanche una… Occhio non vede cuore non duole!». l’adozione del freno a disco anteriore, un cambiamento decisamente epocale. Negli anni a venire sono poi cambiate ancora ma non in modo così radicale». E tu le usi tutte? «No, uso solo questa che vedi, le altre non le posso toccare! Sono restauri che ci lavoro dietro a sei anni, e comunque non sono mai finite perché trovo sempre qualcosa da perfezionare per riportarle esattamente alle condizioni di serie». Wow, sei anni! «Sì… già solo reperire la documentazione fotografica è un problema. Devi trovare le foto sui giornali originali dell’epoca. che spesso sono di bassa qualità o mancano del dettaglio necessario. Quindi già solo la ricerca per trovare il materiale e capire come effettivamente fosse la moto 60 è già un lavoro infinito ed inestimabile». Il forum raccoglie anche gente dall’estero? «C’è anche qualcuno che scrive dall’estero ma essendo il forum in italiano diventa più difficile per chi non parla la lingua. Gli stranieri arrivano invece al raduno annuale, a quello di quest’anno a Faenza a giugno sono arrivati un pilota svizzero, due finlandesi…». E qualche vecchia gloria si inizia a vedere o non ancora? «No, anche se quest’anno a Faenza è venuto Andrea Bartolini e ha girato una buona mezz’ora sulla 500». Quanti raduni fate all’anno? «Uno all’anno. Quest’anno eravamo più di 75 iscritti quindi è stato un successone». 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito NICO CEREGHINI QUELL’ESULTANZA PER LA CADUTA DI LORENZO E’ stata brutta da vedere, però credo che vada inquadrata nella prospettiva giusta: cose così capitano in tutti gli sport e da noi, nel motociclismo, già cinquant’anni fa con Agostini… Media C iao a tutti! L’esultanza per la caduta di Lorenzo, domenica a Misano, è piaciuta a pochi e non è piaciuta neanche a me. Brutta pagina di sport, viene da dire, e naturalmente penso anch’io, come qualche lettore ha scritto, che un vero appassionato di moto non esulterebbe mai per una episodio simile perché sa bene quanto fa male l’asfalto e quali danni può provocare. Però, anche se la cosa mi ha dato fastidio -e ho trovato 62 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica detestabili i fischi sotto il podio della premiazione- neppure mi scandalizzo. Siete sicuri che questo tipo di tifo sia soltanto del calcio e non di tutti gli sport? Venerdì scorso Roberta Vinci ha battuto Serena Williams nella semifinale degli U.S. Open. Ebbene, il tifo del pubblico deve essere stato rumoroso e a senso unico se, dopo il colpo decisivo, la tennista italiana è arrivata ad urlare: “Adesso applaudite anche me, cazzo!”. Non era una partitella di calcio alla periferia di una città degradata, ma una semifinale di uno sport blasonato come il tennis, nel centro di New York; eppure il pubblico era quello: applausi solo per la Williams, fischi per la Vinci. Non è bello, ma esultare allo stadio perché l’avversario ha sbagliato un rigore, o perché la Vinci ha mandato in rete una risposta, è una reazione che si può umanamente capire. E voi direte sì va bene, ma nessun calciatore e nessun tennista rischia la vita come fanno i nostri piloti in gara. Insomma, Jorge Lorenzo è volato via ad alta velocità, poteva ferirsi, poteva fratturarsi una spalla o anche peggio, e quei tifosi esultavano ancora prima di sapere quali conseguenze aveva provocato la caduta. E avete ragione, naturalmente, ma sono convinto che nessuno degli esultanti, in quel momento, valutava razionalmente la situazione; nessuno voleva Lorenzo all’ospedale e sono pronto a scommettere che tutti, passata l’euforia del momento, di quell’esultanza si sarebbero vergognati se Jorge si fosse fatto male. Ero in tribuna alla Parabolica di Monza nel settembre del ’68, quando Hailwood volò via sul bagnato. Quella volta Mike, pur di correre, era in sella alla Benelli 500 che non valeva la MV; era partito male, aveva recuperato e insidiava Agostini da vicino. Nel momento in cui pinzò il freno ad alta velocità e volò via, tutta la tribuna si alzò in piedi urlando entusiasta. Ago era il beniamino del pubblico italiano, si andava al circuito per vederlo vincere, la folla lo inseguiva dappertutto e lui per star tranquillo doveva letteralmente scappare in albergo. Di questo tipo di calore Mino avrebbe fatto volentieri a meno, e oggi tutto questo capita per Valentino Rossi. Sono forme di tifo che danno fastidio sì, ma scandalizzarsi mi pare eccessivo. Certamente mi fanno orrore gli insulti pesanti e volgari lanciati da qualcuno (credo pochi) contro Lorenzo, questo sì; ma l’esultanza per la caduta del 99 credo che sia umana e probabilmente inevitabile. Editoriale SONO FORME DI TIFO CHE DANNO FASTIDIO SÌ, MA SCANDALIZZARSI MI PARE ECCESSIVO. CERTAMENTE MI FANNO ORRORE GLI INSULTI PESANTI E VOLGARI LANCIATI DA QUALCUNO (CREDO POCHI) CONTRO LORENZO 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine in versione hawaiana, così come lo erano anche tuta e casco, riproponendo su tutta la livrea della moto quel motivo floreale che associamo inevitabilmente alle isole Hawai e al loro mare azzurro, richiamato in questo caso dalla colorazione. Sfortunatamente quell’anno il sole al Mugello non splendette. La gara delle 500 fu interrotta dalla pioggia, per poi ripartire con la pista completamente allagata. Nel giro di ricognizione Valentino Rossi, in versione hawaiana, perde il controllo della sua Honda NSR 500 e finisce a terra. Riportato ai box riparte prudentemente con la seconda moto, per poi scatenarsi nel finale con una serie di sorpassi da applausi riuscendo a riportarsi in scia ad Alex Barros, ma nell’ultimo giro cade nuovamente. Da quel momento il Campione di Tavullia non corse più, per superstizione, con una moto che avesse dei colori diversi in occasione del round di casa, ma preferì dedicarsi invece alla personalizzazione dei suoi caschi, insieme all’amico e designer Aldo Drudi. LE 5 LIVREE PIÙ STRAVAGANTI DELLA MOTOGP MotoGP 2. Yamaha M1 Fiat 500 di Jorge Lorenzo e Valentino Rossi Nel 2010, a Laguna Seca, per festeggiare il lancio della Fiat 500 negli Stati Uniti il Team Fiat Yamaha sfoggiò una originale livrea raffigurante 500 volti di alcuni fortunati tifosi che si aggiudicarono un posto sulla carenatura della M1 di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. Un concorso indetto da Yamaha, tramite un sito dedicato, dove tutti i fans hanno potuto mandare le foto dei loro volti e far parte così della colorazione originale della Yamaha M1. I 500 volti sono stati rielaborati graficamente dal designer Aldo Drudi, che ha poi realizzato la speciale livrea creando anche un particolare logo Fiat 500 in versione americana stelle e strisce, riprodotto su entrambi i lati delle carene e sulle tute dei due piloti. 3. Aprilia RSW 250 Spiderman di Marco Melandri Dopo Rossi anche il giovane Marco Melandri, nel 2002, seguì le orme di The Doctor. Per di Thomas Bressani | Vi proponiamo una piccola selezione delle livree che hanno catturato maggiormente l’attenzione e hanno fatto discutere, durante gli anni del Motomondiale. Più altre due che non potevamo tralasciare S ono anni ormai che, in occasione dei Gran Premi di casa della MotoGP, vediamo schierarsi sulla griglia di partenza qualche pilota con la propria moto graficamente rivista nella livrea. Vuoi che sia stata realizzata per celebrare qualche avvenimento, pilota, concorso o semplicemente per regalare al pubblico qualcosa di speciale, in MotoGP per la maggior parte dei casi se ne sono viste, in questo caso possiamo dirlo, di tutte i co64 lori. Ecco quindi che vi rinfreschiamo la memoria proponendovi quelle che secondo noi sono le 5 livree, più due, che sono riuscite a catturare la nostra attenzione e a rimanerci maggiormente impresse. 1. Honda NSR 500 Dirty Diversity di Valentino Rossi In occasione del GP del 2001 al Mugello, Rossi si presentò ai box con la sua Honda NSR 500 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine dotati di forza straordinaria e grandi poteri. Quello che ne è uscito è stata una grafica caratterizzata dall’imponenza di una singola stella che si fonde con il logo Repsol e dal colore dominante arancione su tutta la moto. Un risultato forse non troppo entusiasmante e ben riuscito, a nostro parere, ma che ha saputo comunque attirare l’atenzione di molti. 5. Ducati Desmosedici total white di Casey Stoner Era il 2009 quando Casey Stoner si presentò in occasione del Gran Premio di Phillip Island con una Ducati Desmosedici GP9 del tutto particolare. Abbandonato il classico rosso di Borgo Panigale, Stoner si è presentato davanti al pubblico di casa ripulito dei colori istituzionali, sfoggiando una moto total white, in abbinamento alla tuta, che ha permesso di far risaltare in quella occasione la bandiera australiana aerografata sul lato delle carene. Quell’anno Stoner tornò alla vittoria in Australia dominando a Phillip Island. Il pilota australiano in sella alla Ducati total white riuscì festeggiare i 40 anni dell’Uomo Ragno, il grande eroe dei fumetti della Marvel nato dalla matita di Stan Lee, e l’uscita nelle sale cinematografiche del primo film, Machomax si presentò in pista a Misano con l’Aprilia RSW 250 con le grafiche rosse e blu del famoso supereroe di New York City. Casco, tuta e guanti ovviamente in abbinamento alla moto, come se Melandri indossasse veramente la famosa tutina di Peter Parker. In ben due occasioni Marco indossò i panni di Spiderman, l’altra fu nel 2004 durante il GP del Portogallo a Estoril, in occasione di una stretta collaborazione con l’organizzazione umanitaria Emergency e dell’imminente uscita del secondo capitolo della saga, questa volta in sella alla Yamaha M1. Il merito di questa trasformazione ovviamente non va ad una puntura di un 66 MotoGP a tenere sempre dietro il suo grande rivale Valentino Rossi, che tagliò il traguardo in seconda posizione. Più altre due Non potevamo tralasciare queste due livree, del tutto particolari, fuori dalla nostra classifica. Anche se ce ne sarebbero molte altre da aggiungere, ma questo lo lasciamo fare a voi commentatori. Ducati Desmosedici GP9 di Nicky Hayden Tra le livree più patriottiche di tutte forse quella dell’americano è sicuramente la grafica che rispecchia meglio lo spirito e l’attaccamento al proprio stato tra le tante. Nel 2009, durante i test a Valencia, Hayden ha debuttato con la Ducati Desmosedici GP9 con una livrea raffigurante la bandiera americana a stelle e strisce su tutta la carena. Forse voluta per farsi riconoscere e far vedere il cambio moto, dopo i sei anni trascorsi in sella alla Honda HRC in MotoGP. piccolo ragno sulla mano di Melandri ma casco, tuta e guanti sono stati dipinti a mano e areografati anche questa volta dalla creatività di Aldo Drudi. 4. Honda Repsol Aragon di Stoner, Pedrosa e Dovizioso Nel 2011 i tre piloti ufficiali del Team Repsol Honda, Stoner, Pedrosa e Dovizioso (prima volta in cui si videro tre campioni nello stesso box) si presentarono ad Aragon con una livrea che andava a stravolgere completamente i colori ufficiali Repsol. Realizzata dall’artista David Delfin, la nuova livrea esaltava la forza del team Honda e la sua presenza ormai costante nel Motomondiale. L’ispirazione è nata anche qui dal mondo dei supereroi, immaginando i tre piloti Honda 67 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Suzuki Rizla Barry Sheene di Chris Vermeulen Durante il GP di Australia, nel 2007, l’australiano Chris Vermeulen sul circuito di casa ha deciso di scendere in pista con la Suzuki GSV-R800 raffigurante i colori con cui correva il grande Barry Sheen. Gli stessi colori con cui il pilota, ormai scomparso, gareggiava con la sua XR-14 nelle stagioni 1976 e 1977. Vermeulen fu infatti scoperto dallo stesso Sheen, verso la fine del 1998, dandogli l’occasione di poter gareggiare in Gran Bretagna nel 1999. «Correre in sella a una Suzuki è un grande onore, Barry mi ha aiutato a correre in Gran Bretagna, e oggi mi manca molto. Lo scorso anno ho avuto la possibilità di guidare una della Suzuki XR-14 con le quali correva, in occasione del Festival di Gooodwood; correre con i suoi colori in MotoGP è anche meglio». Queste le parole di Chris nel 2007, quando oltre alla moto con la livrea dedicata al suo scopritore scese in pista con tuta e casco degli stessi colori indossati allora dal pilota britannico. 68 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine DOPOGP CON NICO E ZAM IL GP DI SAN MARINO di Giovanni Zamagni | Uno dei GP più strani delle ultime stagioni dove tattica e sfortuna sono salite sul podio. L’analisi con Nico Cereghini, Zamagni e Bernardelle U n Gran Premio deciso dal meteo. Una vittoria contesa tra la strategia e la fortuna. Nella puntata di DopoGP dedicata al GP di San Marino analizziamo le varie fasi della gara, gli errori e le decisioni dei protagonisti. Iniziamo da Marquez che ha vinto grazie un coordinamento perfetto con i box, ma anche alla leggerezza che il non aver nulla da perdere gli concesso. Al contrario la tanto criticata tattica di Rossi - che ha ritardato il secondo cambio gomme - è stata davvero così insensata? E Lorenzo ha sbagliato a marcare 70 Valentino o doveva osare per tentare di recuperare punti in classifica? Disastro Ducati che nelle qualifiche va forte con il collaudatore Pirro e in gara va nel pallone con gli ufficiali. Tanta tecnica con l’Ing. Bernardelle che in questa puntata ci parla ovviamente di pneumatici, ma anche delle “alette” spuntate da tempo sulle Ducati e, da Misano, anche sulle Yamaha di Rossi e Lorenzo. Come sempre tanta tecnica con l’Ing. Bernardelle che, insieme a Nico Cereghini e Giovanni Zamagni, risponderà alle domande e ai commenti dei lettori. 71 GLI SCATTI PIÙ BELLI DEL GP DI SAN MARINO Una gara strana, nella quale il successo era conteso tra strategia e fortuna. Ecco gli scatti più spettacolari 72 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 74 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP 75 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MotoGP Media 76 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 78 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP 79 SPECIALE SUPERBIKE GP DI SPAGNA 80 81 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine suo ritmo, anche perché la sua Panigale funziona meglio con le gomme usurate. VdMark si ricorda di essere uno dei giovani più talentuosi della Superbike e porta sul terzo gradino del podio la tanto vituperata CBR che però evidentemente nelle mani giuste può ancora dire la sua. La sua partenza non è stata delle migliori, ma anche lui come Davies ha dato il meglio quando è uscito dal gruppo degli inseguitori. Con le prime tre posizioni ormai consolidate, la gara è vissuta sul duello tra Rea ed Haslam per la quarta posizione. Il neo campione del mondo ha commesso molti errori, ma alla fine ha avuto la meglio su Leon che non sembrava tanto a posto con la ciclistica. E’ andata peggio al suo compagno di squadra Torres che alla prima curva ha avvertito un problema ai freni che lo ha costretto ad arrivare lungo, perdendo moltissime posizioni. Jordi è riuscito comunque a terminare la gara al dodicesimo Superbike posto. Gara compromessa e conclusa con un misero dodicesimo posto. Chiudiamo con le delusioni di giornata parlando di Canepa, che dopo essere partito molto bene dalla prima fila ed essere transitato per due giri in quarta posizione, è scivolato al terzo giro. Risalito prontamente sulla sua Panigale, Niccolò ha chiuso al diciassettesimo posto. Anche se in posizioni diverse, Michele Pirro ha ripetuto la gara di Davies e da metà gara circa in pii si è avvicinato alla coppia Rea Haslam, sino a raggiungerla nei giri finali. Con le gomme ormai usurate e senza conoscerne perfettamente il limite, Michele ha preferito accontentarsi della sesta piazza. Lowes ha chiuso settimo davanti ad un bravissimo Baiocco che è risalito dalla tredicesima all’ottava posizione finale. Raccoglie solo un punticino Badovini, ancora alla ricerca di un bun set up per la sua BMW su questa pista. REA CAMPIONE DEL MONDO SBK GARA 1 A SYKES di Carlo Baldi | Con un quarto posto Rea si laurea campione del mondo. Sykes domina la gara. Sul podio anche Davies e un sorprendete VdMark. Deludono Canepa e Torres (problema ai freni).. N on è stata certamente la sua miglior gara della stagione, costellata di errori e chiusa al quarto posto (peggior risultato stagionale) ma è stata la gara che Johnny Rea ricorderà per tutta, la vita perché è quella che lo ha laureato campione del mondo. Un titolo meritatissimo a conclusione di un campionato dominato dal nordirlandese e 82 dalla Kawasaki. Nel giorno del trionfo di Rea, festeggia anche Sykes che parte in testa e non da scampo ai suoi avversari con un ritmo insostenibile per tutti. In pochi giri Tom ha accumulato un buon vantaggio, che ha poi gestito sino alla fine. Il coriaceo Davies lotta sino a metà corsa nel gruppo degli inseguitori, ma quando riesce a vedere la pista libera davanti a se aumenta il 83 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine dalla prima fila, non aveva tenuto conto del fatto che l’asfalto per gare due era di 15 gradi più caldo rispetto alla gara del mattino ed ha stressato troppo le sue Pirelli che lo hanno abbandonato proprio mentre Davies stava rinvenendo su di lui. Ennesima delusione per Sykes che vede allontanarsi il secondo posto in classifica. Se parlando di Baiocco si può ancora utilizzare il termine “sorpresa”, allora il sesto posto del pilota di Osimo è un risultato inatteso, ma sarebbe invece più corretto dire che questa eccezionale prestazione del pilota del team Althea si inquadra in una stagione condotta da Matteo ben oltre le previsioni. Ci aspettavamo di più da Pirro, ma il tester della Ducati ha svolto molto bene il compito al quale è stato chiamato e porta a casa un Superbike settimo posto positivo, considerando che questa era solo la sua terza gara con la Panigale SBK. Grande prova di Camier che porta all’ottavo posto la vetusta e pesante MV F4 e precede Guintoli e Mercado. Nonostante partisse dalla prima fila, Canepa non centra la top ten e chiude mestamente due gare dalla quali si aspettava molto di più. Delusione anche per VdMark, caduto nel corso del sedicesimo giro, quando era in quarta posizione. Risalito in sella l’olandesino... volante ha chiuso tredicesimo. Due punti per Badovini sempre alle prese con problemi di assetto alla sua S 1000 RR. Chiude la zona punti Ponsson con la Kawasaki del team Grillini. Non hanno tagliato il traguardo de Puniet e Ramos, entrambi per problemi tecnici. DAVIES SI IMPONE IN GARA DUE A JEREZ di Carlo Baldi | Chaz Davies si aggiudica gara due a Jerez davanti alle Aprilia di Torres e Haslam. Quarto Rea davanti a Sykes. Ottimo sesto posto di Baiocco che nel finale supera Pirro D opo la prima manche Davies ci aveva confermato che la sua Panigale funziona meglio da metà gara in poi e su questo ha impostato la sua tattica in gara due. Dopo aver resistito alle spalle di Sykes, nel corso dell’undicesimo giro il pilota della Ducati ha sferrato il suo attacco a Tom, che nel frattempo era entrato in crisi con le gomme. Da li in poi la gara no ha avuto storia. Chaz ha imposto il suo ritmo, mentre al contrario Sykes precipitava al quinto posto. Alle spalle del gallese 84 si sono piazzate le due Aprilia, con Torres (ascolta la sua intervista) che, risolti i problemi ai freni che lo avevano rallentato in gara uno, ha fatto un’ottima gara, resistendo all’attacco del suo compagno di squadra. Haslam ci ha provato senza successo all’ultimo giro, nell’ultima curva, ma è andato largo lasciando via libera allo spagnolo. Interrompendo i festeggiamenti, Rea è tornato in pista abbastanza concentrato da cogliere ancora la quarta posizione finale, davanti al suo compagno di squadra. Sykes, partito a missile 85 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica LE PAGELLE DEL GP DI SPAGNA di Carlo Baldi | Solo 9 al campione del mondo; 10 a Davies e 8 a Sykes. 7,5 a Baiocco e 7 a Pirro e Camier C ronaca di un trionfo annunciato. Non capita spesso che la superiorità di un pilota e di una moto sia tale che tutti, avversari ed addetti ai lavori, ne riconoscano l’evidenza. Jonathan Rea ha dominato questo campionato Superbike 2015 in modo sorprendente. Basti pensare che i suoi peggiori risultati stagionali sono quelli che ha ottenuto qui a Jerez, vale a dire due quarti posti, il secondo dei quali ottenuto a titolo ormai 86 conquistato. Infatti quando gli abbiamo chiesto quale fosse stato il momento più difficile della sua travolgente stagione Johnny ci ha risposto : «La prima gara di oggi. Ero teso perché sapevo che potevo vincere il titolo ed ho guidato cercando di non commettere errori, ma non è stato per niente facile mantenere la concentrazione». Campionato dominato da Rea, ma anche dalla Kawasaki. La ZX-10R ed il nordirlandese hanno creato un binomio invincibile ed inavvicinabile Scarica l’APP del Magazine per tutti i loro avversari, compreso Sykes. L’inglese, pur disponendo della stessa moto, ha impiegato molte gare prima di riuscire ad adattarsi alla Ninja in versione 2015 e questo gli è stato fatale nella corsa al titolo. Visti i risultati di Davies nelle ultime sei manche (quattro vittorie e due secondi posti) in casa Ducati si mangiano le mani pensando a quale campionato avrebbe potuto essere quello di Chaz senza i due tremendi passi falsi di Buriram (Thailandia) e Imola, dove il gallese raccolse un totale di soli sei punti in quattro manche. Ma ormai è inutile guardare al passato. Meglio programmare il futuro. Un futuro incerto quello di Torres ed Haslam, arrivati sulla RSV4 nell’anno sbagliato, ora che la quattro cilindri di Noale non è più il missile che aveva permesso a Guintoli di vincere il titolo mondiale. Il prossimo anno sarà difficile rivedere in pista le Aprilia e quindi i due sono in cerca di una sistemazione, Superbike così come le RSV4 ufficiali che rischiano di finire nel museo Aprilia. La Honda ritrova il suo bambino prodigio VdMark, che ci dimostra come la tanto vituperata CBR possa ancora salire sul podio. La Suzuki prende una boccata d’ossigeno in gara uno con il solito Lowes, che però nella seconda naufraga assieme al fantasma De Puniet. La nuova GSX è ormai in cantiere, ma forse la vedremo in Superbike solo nel 2017. La MV si aggrappa ad un bravissimo Camier, per portare a casa due buoni risultati con la pensionabile F4 (ma quando arriva la moto nuova?) mentre il team BMW vive uno dei suoi weekend più difficili, su di un tracciato che mette in difficoltà Badovini e la sua S 1000 RR. Il team Ducati Althea stupisce in prova con Canepa, ma poi a portare a casa il risultato deve pensare come sempre il soldatino Baiocco, che in gara due precede anche la Panigale ufficiale di Pirro. Mercado va meglio in gara 87 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Superbike aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb che non in prova, ma nel team Barni non fanno salti di gioia. Si merita il secondo posto in classifica e la riconferma della Ducati. in gara due, ma con la CBR si deve rischiare (capitava anche ad un certo Rea). classifica, ma da un pilota ufficiale è lecito attendersi molto di più. 9 8 8 7 Jonathan Rea Per lui in palio non c’era tanto il podio, quanto il titolo mondiale e Johnny ha una gara 1 nervosa e piena di errori, del tutto giustificabili. Nella seconda ha corso deconcentrato dai festeggiamenti, ma ha portato a casa ancora un quarto posto. Un 6 alle sue gare di Jerez ed un 12 al suo campionato danno una media del 9. 10 Chaz Davies Ormai conosce la Panigale come le sue tasche e la sa sfruttare al 100%. In gara uno si avvicina a Sykes quando è troppo tardi, ma nella seconda gestisce al meglio le gomme e va a vincere la sua quarta gara nelle ultime sei manche. 88 Tom Sykes Imbattibile in Superpole, nella prima gara corre come piace a lui, spingendo al massimo dal primo all’ultimo giro e staccando tutti. Nella seconda come spesso gli capita, non considera che sull’asfalto ci sono 15 gradi in più e a metà gara le sue Pirelli lo mollano facendolo precipitare al quinto posto. Alti e bassi che rispecchiano la sua stagione. 7 Michael VdMark Chi si rivede! Ci siamo chiesti spesso come mai il suo talento si fosse appannato, ma a Jerez abbiamo rivisto il VdMark di inizio stagione, aggressivo e spettacolare. Peccato la scivolata Jordi Torres Una sfollata alla prima curva ed un problema ai freni gli rovinano la festa in gara uno, ma gli iniettano una sana rabbia agonistica che lo porta a fare una bellissima seconda manche. Nella sua prima stagione in Superbike Jordi è cresciuto tantissimo e sarebbe davvero un peccato perderlo. 6,5 Leon Haslam Non morde. Nella prima manche commette qualche errore di troppo ed è solo quinto, mentre nella seconda sale sul podio, ma perde nettamente il duello con il suo compagno di squadra. E’ costante e per questo è quarto in Michele Pirro Rispetto a Misano ha un poco più di tempo per conoscere la Panigale R e le Pirelli. In gara uno arriva alle spalle di Rea ed Haslam, ma non conoscendo ancora quale sia il limite delle gomme preferisce non rischiare. Nella seconda i suoi pneumatici calano nel finale e non può rispondere all’attacco di Baiocco, ma nel complesso fa quello che ci si aspettava da lui. 7,5 Matteo Baiocco Il soldatino di Osimo si porta a casa un sesto posto, come aveva già fatto in Tailandia, a Imola e a Portimao. In prova conquista la terza fila, in gara uno parte male e rimonta, mentre 89 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb SBK Jerez Classifica Gara 1 nella seconda si mette dietro un po di ufficiali. Cosa altro deve fare per meritarsi una riconferma nel team Althea? 6 Niccolò Canepa Arriva a Roma ma non vede il Papa. Dopo il terzo posto in Superpole ci si aspettava che Niccolò potesse fare due belle gare. Invece butta tutto alle ortiche con una scivolata in gara uno, mentre nella seconda è frenato da un problema tecnico. Occasione sprecata. 7 Leon Camier La MV gli sta stretta, ma lui sfrutta al massimo quello che gli passa il convento. Quando non era ancora maturo guidava una RSV4 ora che potrebbe stare con i primi si ritrova sulla poco competitiva F4. Scherzi del destino. E’ un grande professionista e speriamo che la nuova MV arrivi presto. 90 6,5 Alex Lowes Con la Suzuki si possono fare solo alcuni giri veloci e lui li fa. Non si fa deconcentrare dalle voci di mercato (più che voci ormai il suo passaggio alla Yamaha è cosa certa) e si impegna sia in prova che in gara. Bene nella prima manche, è limitato da problemi tecnici nella seconda. 9 Jules Cluzel Anche se corre in Superport vogliamo inserirlo tra i protagonisti di Jerez. Una stagione iniziata male e finita peggio per il talento francese della MV. Nelle prime gare del campionato la sua moto lo tradisce e lo lascia a piedi, ma lui non demorde e risale la classifica sino a tornare alle spalle di Sofuoglu. Quando si apprestava all’attacco finale la fortuna gli ha girato le spalle. Un grave infortunio che ci auguriamo si risolva nel migliore dei modi. Forza Jules! Superbike Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Classifica Gara 2 Pos. Pilota Punti Pos. Pilota Punti 1 T Sykes 25 1 C Davies 25 2 C Davies 20 2 J Torres 20 3 M Vd Mark 16 3 L Haslam 16 4 J Rea 13 4 J Rea 13 5 L Haslam 11 5 T Sykes 11 6 M Pirro 10 6 M Baiocco 10 7 A Lowes 9 7 M Pirro 9 8 M Baiocco 8 8 L Camier 8 9 L Camier 7 9 S Guintoli 7 10 S Guintoli 6 10 L Mercado 6 Classifica Generale Pos. Pilota Punti 1 J. REA 478 2 C Davies 353 3 T Sykes 331 4 L. HASLAM 286 5 J Torres 210 6 S Guintoli 175 7 M Vd Mark 144 8 M Baiocco 125 9 A Lowes 121 10 D Giugliano 119 91 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb I CASCHI DI JOHNNY di Carlo Baldi | Con i tre caschi indossati dopo la gara di Jerez, Rea ha celebrato il suo titolo ed ha reso omaggio ai due campioni del mondo nordirlandesi del passato Brian Reid e Joey Dunlop D i tempo per organizzare i festeggiamenti per la conquista del suo primo titolo mondiale Jonathan Rea ne ha avuto e per questo oltre alla solita maglietta celebrativa, nel giro di saluto, al termine della prima gara di Jerez , il neo campione del mondo Superbike ha indossato tre caschi diversi. Il primo riportava la grafica di Brian Reid pilota nordirlandese come Rea, che negli anni 80 è stato campione del mondo della classe F2 e amico 92 di famiglia del padre di Johnny, a sua volta pilota road race. Il secondo era quello con la ben nota grafica giallo nera di Joey Dunlop, indimenticato pluricampione del mondo della classe F1, idolo di tutti i piloti anglosassoni e non solo. Il terzo era ovviamente quello che celebrava il suo titolo mondiale. In un solo giro Rea ha voluto quindi celebrare i tre piloti nordirlandesi che si sono fregiati del titolo di campioni del mondo. 93 SPECIALE MOTOCROSS GP DEGLI STATI UNITI 94 95 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica FEBVRE DOMINA ANCHE L’ULTIMO GP Scarica l’APP del Magazine dietro a Grant al termine di un consistente recupero dalla decima piazza. Niente da fare quindi per i suoi due avversari che si sono dovuto accontentare del secondo e terzo posto, andato rispettivamente a Grant e Webb, i quali hanno preceduto lo scozzese ufficiale KTM USA Dean Wilson, Glenn Coldenhoff e Evgeny Bobryshev. Solo 7° Gautier Paulin, che dopo il Nazioni si sottoporrà ad un esame approfondito al ginocchio per verificare se sarà necessario un intervento chirurgico. E Tony Cairoli? In verità visto che era risalito in moto solo una settimana prima pensavamo fosse partito in scioltezza usando l’ultimo GP della stagione come banco di prova per i pezzi ufficiali che equipaggeranno la sua KTM 2016. In realtà avevamo trascurato il fatto che quando un campione come Tony sale in sella non lo fa tanto per fare, e lo si è visto nella seconda manche quando è partito in testa. Pur avendo un’autonomia limitatissima a causa delle lunghe settimane trascorse a riposo, ha corso come un dannato rimanendo al comando tre giri e compiendone un altro in seconda posizione, poi però ha iniziato a perdere colpi ed ha preferito ritirarsi Motocross per non prendere rischi inutili, potendo vantare un ottimo 5° posto in Gara 1 dopo essere rimasto nelle prime posizioni per tutta la gara. Finale in 15ª piazza invece per Davide Guarneri, che ha chiuso la stagione dopo aver saltato cinque GP per l’infortunio nel GP della Gran Bretagna. La lotta al vertice della MX2 si è invece conclusa in favore di Tim Gajser che forte dei 18 punti di vantaggio su Pauls Jonass ha mantenuto la concentrazione e grazie al 4° posto assoluto si è aggiudicato il suo primo titolo iridato. Il rivale lettone non è riuscito a fare meglio di 9° assoluto, e già dopo la prima manche in cui aveva perso la sfida nel testa a testo con il pilota della Honda le possibilità di far suo il titolo si erano ridotte ad un lumicino. La gara è stata dominata dai piloti della KTM Troy Lee Jessy Nelson, che ha vinto entrambe le manche, e Shane McElrath il quale ha prevalso su Valentin Guillod il quale ha dimostrato di essere uscito dal tunnel in cui era finito recentemente. 5ª posizione per Max Anstie, che ha così chiuso la stagione al 3° posto assoluto; 12° Ivo Monticelli e 18° Samuele Bernardini. Guarda la classifica di Massimo Zanzani | Nonostante la migliore predisposizione dei piloti di casa per il veloce tracciato californiano l’ufficiale Yamaha conferma le sue credenziali di campione del mondo e vince davanti a Grant e Webb; a Gajser il titolo MX2 L’ ufficiale Kawasaki Josh Grant si era preparato a dovere sul fondo che conosce come le proprie tasche, anche perché l’eventuale vittoria del GP gli avrebbe aperto più facilmente la porta in una squadra di buon livello visto che attualmente non ha ancora nessun contratto per il prossimo anno, ma la sua dedizione e la sua pur buona competitività non sono bastate a pie96 gare Romain Febvre. Che tanto per ribadire che il titolo iridato conquistato con ben due prove in anticipo non è arrivato a caso, ha fatto suo anche la 18ª ed ultima prova iridata con cui ha fatto vedere al pubblico statunitense di che pasta è fatto. E che passo c’è nel Mondiale cross. Il francese ha vinto di prepotenza la prima manche dopo aver avuto la meglio su Cooper Webb e Josh Grant, affiancando un secondo posto in quella finale 97 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross TONY CAIROLI “SONO ANCORA VELOCE” di Massimo Zanzani | Rientro in punta di piedi per Cairoli a Glen Helen: “Sono contento della velocità, manca l’allenamento” « Sapevo di non essere in forma per il GP e di non poter puntare al podio, però sono contento di com’era la velocità e di come ha risposto il mio corpo dopo l’infortunio e anche delle novità che abbiamo testato che sicuramente mi hanno aiutato. Ho visto che la velocità c’era e che per 15-20 minuti siamo rimasti lì (nelle posizioni di testa, NDR). Abbiamo fatto una buona prima manche, con un quinto posto e poi la seconda ho fatto un po’ di errori dopo 20 minuti di gara e ho preferito 98 non rischiare e portare a casa la pelle, perché la pista era veramente difficile e veloce e con la mia preparazione fisica non ho voluto rischiare. Ci prepareremo per la stagione prossima». Cosa hai testato in particolare sulla moto? «Abbiamo testato un po’ di tutto a livello motoristico, di ciclistica, nuove cose che sicuramente per l’anno prossimo ci aiuteranno». Chi pensava che fossi venuto qui in vacanza si è dovuto ricredere. «Sì, il passo c’è e adesso è importante sapere quali sono le nostre potenzialità. C’è la possibilità di fare bene, dobbiamo solo stare tranquilli e puntare alla stagione prossima». La prossima settimana non sarai in Francia al MXON, hai qualcosa da dire ai ragazzi che ti sostituiscono? «In bocca al lupo all’Italia al Trofeo delle Nazioni e che facciano una buona esperienza. Spero riescano a portare a casa dei buoni risultati» 99 MXGP, MESSICO 2015. LE FOTO PIÙ SPETTACOLARI Spettacolare battagli sulla pista messicana tra fango e cactus.Ecco gli scatti più belli del GP del Messico di Massimo Zanzani 100 101 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 102 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 103 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Motocross Media 104 105 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 106 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 107 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 RESPONSABILE EDITORIALE Ippolito Fassati RESPONSABILE SVILUPPO EDITORIALE Andrea Perfetti CAPO REDATTORE Edoardo Licciardello REDAZIONE Maurizio Gissi Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Thomas Bressani Aimone Dal Pozzo Francesco Paolillo COLLABORATORI Nico Cereghini Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Antonio Gola Enrico De Vita Ottorino Piccinato Antonio Privitera Antonio Gola Alfonso Rago Marco Agosti Massimo Clarke Marco Delmastro Max Morri Federico Iozzi GRAFICA Thomas Bressani COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. MOTO.IT Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: [email protected] 108 109
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