IV - GEOLOGIA 2000

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IV - GEOLOGIA 2000
Yusuf Morrone
Geologia Ambientale
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Capitolo 6. Azione del Mare e Difesa delle Coste
Movimenti acque marine. Sono di tre tipi: onde, maree, correnti. Le maree sono periodici innalzamenti e
abbassamenti del livello marino paragonabili in lunghezza alla circonferenza terrestre e di altezza variabile.
Considerando un oceano uniforme ricoprente la Terra, lo spostamento verticale si trova come μ = -Vm/g,
con Vm il potenziale di marea sviluppato matematicamente in funzione del raggio terrestre e latitudine,
mentre g é la gravita. Da Vm si può ricavare la componente orizzontale (che causa i dislivelli della marea) e
verticale delle forza di marea. Il tempo di flusso é uguale a quello di riflusso uguale a 6 ore 12 primi e 37
secondi. Se un bacino presenta un periodo proprio pari a ½ , 2/3, 2/5 rispetto a quello dell’onda di marea si
verifica un fenomeno di risonanza ovvero si ha una oscillazione forzata (coscillazione di marea) come
avviene per le maree adriatiche innescate dalle autonome ioniche. Se maree e coscillazioni hanno un
carattere permanente, le sesse sono sempre di breve periodo ovvero dovute ad una causa occasionale
generica (vento, risucchio a causa della pressione atmosferica, fenomeni sismici).
Le correnti si formano ogni volta che si ha un dislivello tra due punti situati allo stesso potenziale. Tale
dislivello di pochi mm, si genera per anomalie di densità (correnti di gradiente), per venti costanti (correnti di
deriva), per diversa salinità (correnti termoaline). Esistono poi le correnti legate alle maree, sesse, moto
ondoso. Le onde sono movimenti irregolari delle acque derivanti dal movimento di particelle d’acqua
attorno ad un centro di oscillazione lungo una traiettoria chiusa. Il vento é la causa principale del moto
ondoso e le onde gravitazionali assumano la forma definitiva classica quando la velocità eguaglia quella del
vento. La forma matematica viene approssimata a quella di un onda sinusoidale di Airy:
v =  / T = velocità = lunghezza d’onda / periodo.
L’energia connessa con l’onda interessa uno spessore 0,5 , per cui quando lo spessore d’acqua dal fondo é
0,5 , la forma dell’onda inizia ad essere asimmetrica per poi frangersi sulla costa. Molto importanti sono le
correnti legate al moto ondoso dato che sono tra gli agenti più importanti nella morfologia costiera,
(longshore currents o correnti litoranee) che corrono parallele alla costa con andamento a zig-zag.
Tale andamento deriva dalla componente parallela alla riva dell’energia cinetica legata al moto ondoso.
Cliff erosion. La differente erodibilità delle rocce costiere forma promontori e rientranze a baia, ed altre
particolari morfologie associate come grotte, archi, isolotti, scogli. Le coste alte dal punto di vista
geotecnico presentano solo problemi di stabilita dei versanti. Per cui é bene studiare la stratificazione,
fessurazione, e la presenza di faglie recenti. Alcune coste alte sono il risultato di antiche frane, per cui é
necessario evidenziare bene tutto il corpo e la antica superficie di scivolamento.
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Erosione differenziata
Gli interventi che si eseguono sulle placche piu fragili calcarenitiche sono: rete metallica, gunite, ancoraggi,
regimazione delle acque superficiali (interventi su terraferma) e difese aderenti e/o barriere frangiflutti
(interventi a mare).
Coste basse e sedimenti. La spiaggia é la zona litorale costituita da materiale sciolto soggetto a moto
ondoso. Una spiaggia si divide in varie parti: spiaggia sommersa, avanspiaggia, retrospiaggia.
I sedimenti clastici spesso rotolano lungo la retrospiaggia e avanspiaggia a causa del moto ondoso in acque
basse. Le coste sabbiose invece iniziano già con dune fisse a monte a causa del vento e proseguono fin nella
zona sommersa formando anche terrazze. La deposizione di materiale sabbioso avviene dove é presente un
ostacolo e la sedimentazione nel tempo può portare alla formazioni di barre, cordoni litoranei tomboli
(ovvero cordoni litoranei sormontati da dune e famosi quelli di Orbetello e Feniglia che collegano la costa
con il Monte Argentario, in passato un’ isola) e stagni costieri. I depositi fini trasportati in sospensione
tendono a depositarsi fuori dal campo di azione dell’onde frangenti (offshore).
Delta. Risulta da un attivo deposito di sedimenti fluviali e fluvio-marini, tali da far avanzare la linea di costa
verso il mare. Le foci fluviali vi appaiono multiple perché i fiumi in questo ambiente tendono a ramificarsi.
Nel delta di un grande fiume si hanno depositi ricchi di sabbia presso i rami fluviali, e fangosi tra un ramo e
l’altro.
Arretramento della costa. Rappresenta il processo inverso del delta ovvero la linea di costa avanza verso
monte. Avviene per azione regressiva dell’alveo del corso principale vicino alla costa (per diverse ragioni tra
cui anche una mancanza di trasporto solido), per azione demolitrice del moto ondoso sulle coste alte per
scalzamento alla base di una falesia, o per materiale facilmente erodibile.
Difesa. Nelle coste rocciose si eseguono opere aderenti che sono: scogliere di massi, gabbionate, muri di
calcestruzzo oppure si eseguono moli normali al vento e all’onda; altre opere sono i frangiflutti emersi o
sommersi, trasversali o longitudinali. Per le opere di pietra occorrono materiali grossi e resistenti e qualora
non trovandoli si usa calcestruzzo di varie forme adatte (classici i tetraprodi e cubi). Lungo le spiagge si
ricorre a costruzioni analoghe ma avendo qui importanza il movimento dei detriti sia in direzione parallela
che trasversa ai litorali, bisogna considerare l’insieme di spiagge tra due promontori o capi.
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Ogni opera costruita di traverso alla spiaggia, ostacola il trasporto longitudinale dei detriti e questi si
ammassano a ridosso dei moli o pennelli. Quest’ultimi sono costruiti in varia forma e fatti da: sacchi di
sabbia, massi naturali o artificiali, palancole in ferro, palizzate di legno, gabbionate, e possono esser fissi o
modificabili. La lunghezza di un pennello va determinata in base all’allineamento che si vuole attribuire alla
futura spiaggia, tenuto presente che la linea di riva tenderà a disporsi perpendicolarmente alla risultante
annua del moto ondoso. Pennelli singoli vengono utilizzati per fare aumentare localmente la lunghezza della
spiaggia sopraflutto per la difesa di imboccature portuali o lagunari, mentre un sistema di pennelli si adotta
per proteggere una striscia estesa di spiaggia o anche per realizzarla diminuendo il versamento artificiale.
Il ripascimento artificiale (land reclamation) avviene con materiale di riporto per annullare o rendere positivo
il bilancio volumetrico dei sedimenti. La spaziatura tra pennelli é 2 o 3 volte la lunghezza dei pennelli stessi.
Le barriere frangiflutti foranee parallele alla riva sono strutture costruite a una certa distanza dalla battigia
per proteggere una area costiera (figura precedente a sinistra).
Ripascimento artificiale a sinistra e sezione diga foranea a destra.
Geologia delle opere portuali. Si distingue tra porti aperti su mari a grande sviluppo di marea, che di solito
non richiedono opere di difesa essendo situati in estuari fluviali lagune o stagni marini, e porti aperti su mari
a piccolo sviluppo di marea che richiedono la costruzione di una o più dighe. Le dighe possono essere
costruite parallelamente alla costa (foranee) o radicate alla riva. Si distinguono 4 tipi di porti: con una diga
(foranea), con due dighe convergenti o parallele (radicate alla riva in genere), con due dighe convergenti ed
un antemurale (protezione imboccatura del porto), con una diga principale ed una secondaria. Le dighe si
realizzano a gettata o a pareti verticali, ed esistono anche miste con struttura verticale fondata su gettata.
Le opere a gettata si costruiscono sovrapponendo con un certo angolo di scarpa, massi naturali o artificiali
eventualmente con rivestimento esterno. Studi geotecnici dei fondali sono necessari per evitare subsidenze
pericolose. Le dighe, con eventuali moli associati e radicati a terra, riducono l’energia del moto ondoso a
causa di riflessioni e rifrazioni delle onde, ma comunque si può avere sempre del trasporto solido a causa
delle correnti litoranee; in tal caso si eseguono nel tempo dei dragaggi in porto.
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Capitolo 7. Zone Climatiche Estreme
Deserti. Presentano poca pioggia che risulta inferiore all’evaporazione, con processi erosivi legati al vento.
Periodicamente si ha anche un’ erosione legata alle piogge eccetto in zone completamente aride senza
pioggia.
Wadis o arroyos. Sono vallate semiaride normalmente secche ma che si riempiono d’acqua dopo intense
piogge. Le strade sono progettate per essere inondate mentre normalmente si usano gabbioni per prevenire
fenomeni di sottoescavazioni.
Erosione selettiva. Risulta dovuta alla alterazione delle parti deboli delle rocce da parte del vento e acque
piovane che lasciano forme geomorfiche tipiche come: inselberg (monte-isola), mesa e archi naturali.
Wadi presente in un deserto roccioso detto hamada o pietroso detto serir; mesa costituito da strati
orizzontali ed infine un pan di zucchero (Rio) di rocce resistenti granitiche detto inselberg (monte-isola).
Nelle zone semiaride l’azione del vento insieme a quella termoclastica provoca i tafoni e gli archi.
Desertificazione. Risulta dovuta all’aumento di zone aride rispetto alle zone con vegetazione a causa di
cambiamenti climatici, deforestazione, ed aumento di Sali nel terreno per evaporazione dell’acqua di
irrigazione.
Zone
pendenza larghezza processi
sedimenti
drenaggio
rischi
Montagna
> 12 °
erosione
rocce
gole
alluvioni
Pediment
2-12°
1-2 km
conoide
ghiaie
wadis
idrocostipamento
Piana alluvionale < 2°
1 -10 km
conoide
sabbie
wadis superf. erosione eolica
Playa
< 0,5°
bacino
silt, sale
lago tempor. erosione eolica
Profilo trasversale lungo una tipica zona desertica.
Sedimenti desertici. Sono principalmente alluvial fans costituiti da sedimenti alluvionali e colate fangose
che vengono da montagne che terminano con una vallata wadis. Con playas invece s’intende depositi soffici
di silt e argilla con evaporiti come il gesso e sale. Le zone costiere dette a sabkha sono simili. In tali zone per
fenomeni di capillarità il sale presente nella falda, che interessa formazioni siltose, puo risalire per 3 m fino
ad interessare sovrastrutture stradali ed edifici. In tal caso le strutture in calcestruzzo devono essere
impermeabili; i pali di fondazione possono avere le armature rivestite di materiale epossidico anticorrosivo
Tutte le fondazioni superficiali sono bitumate e hanno anche un rivestimento supplementare gommoso. Con
il termine duricrust si intende un deposito di concentrazione di Sali formatesi per evaporazione dell’acqua di
falda ed il piu comune é il calcrete (caliche) formato da calcite di spessore 1m, che sta sopra a sedimenti non
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consolidati. Questo duricrust non deve essere confuso con il rockhead di buona capacita portante.
Dune. Sono forme tipiche dell’accumulazione eolica dei deserti sabbiosi (erg).
Queste si iniziano a formare quando un ostacolo qualsiasi si interpone causando un abbassamento della
velocita del vento. Hanno un profilo con pendenza minore sul lato esposto al vento e struttura incrociata a
stratificazione obliqua. La capacita di trasporto solido del vento é proporzionale al cubo della sua velocita.
Un vento saturo di sabbia può trasportare migliaia di tonnellate per kmq. Una tempesta di sabbia di 500 km
di diametro può mettere in movimento 100 milioni di tonnellate di sabbia. Il movimento si svolge per 95%
nei primi 25 cm dalla superficie, sia in sospensione nell’aria sia per saltazione dei granuli. Gli accumuli
eolici sono rappresentati dalle dune mobili e dai depositi fissi. Le dune mobili possono essere del tipo
trasversale alla direzione del vento (barcane) o del tipo longitudinale (seif o irq).
I depositi eolici fissi traggono origine da ostacoli emergenti dal suolo (cespugli, rocce, pareti rocciose) e si
accrescono finché l’inclinazione delle pareti non raggiunge i 34° pari all’angolo di attrito interno della sabbia
sciolta. Le dune costiere sono per lo piu depositi fissi, paralleli alla fonte di approvvigionamento, che il vento
tende a moltiplicare in più ordini, a mano a mano che la fila precedente si é completata. La velocità di
spostamento delle dune mobili é da qualche metro a qualche decina di metro all’anno. La difesa dal
seppellimento sotto accumuli eolici di strade ed edifici si può realizzare in 4 modi: distruggendo o
stabilizzando le dune mobili (si usano escavatori e trasportatori a nastro per la rimozione del materiale,
oppure si eseguono incisioni o trincee trasversali o longitudinali per alterare la simmetria della duna),
deviando il trasporto eolico (si usano schermi metallici, di legno, e muratura disposti obliquamente o a V,
oppure siepi fatte con materiale permeabile come fronde di palma in vari ordini sopraelevati tra loro),
fissando la sabbia all’origine (la piantagione con piante erbacee, cespugliose e arboree é un metodo valido
lungo le zone costiere e si esegue in filari o secondo reticoli a maglia rettangolare, mentre un metodo in
passato e meno usato adesso, era quello di arrestare le dune mobili con aspersioni di petroli leggeri più
penetranti ), agevolando il trasporto solido (si creano superfici lisce dove la sabbia abbia difficoltà a
fermarsi, cosi in una strada piana la sabbia scorre via e si forma solo un sottile strato lungo il lato sottovento,
mentre se le autostrade hanno la sopra-elevazione da un lato rispetto all’altro non si forma nessuna coltre
sabbiosa).
Captazione d’acqua nelle zone semi-desertiche. In pratica si cercano falde acquifere e in tale ambito tre
sono le principali tecniche:
- drenaggi orizzontali : trincee, gallerie drenanti ;
- mediante pozzi verticali : pozzi semplici, campo pozzi ;
- mediante dighe sepolte.
Le trincee drenanti sono simili a quelle che vengono usate per consolidare i terreni collinari. Trovano uso
spesso nelle zone sub-aride africane e asiatiche costruite parallelamente alla linea di costa per intercettare le
acque di falda che vanno al mare: la debole velocità é compensata dalla lunghezza delle opere. Il materasso
filtrante sviluppato sia verticalmente che in estensione é perpendicolare al movimento dei filetti liquidi della
falda. Le gallerie filtranti di sezione ovale o rettangolari, che sono rivestite se il terreno é franoso, sono
messe ai piedi dei versanti ad una certa distanza dalle pareti. Sono dirette secondo il senso di moto delle
falde anziché trasversalmente come prima. In passato sono state usate, sempre nelle regioni sub-aride con
sviluppi per centinaia di km complessivi. I perfori orizzontali sono comunemente usati per drenare i terreni
instabili con opere disposte in serie o a raggiera da una piattaforma di perforazione. Per la captazione ad uso
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idropotabile trova rara applicazione e di solito é associata alla realizzazione di pozzi verticali di grande
diametro, dal cui fondo si dipartono a raggiera, i sondaggi orizzontali attrezzati con tubi drenanti (pozzi
Ranney). I pozzi verticali isolati semplici in zone rurali non sono altro che grossi scavi circolari verticali
cementati superiormente e rivestiti in mattoni alla base, che funge da protezione delle pareti e da filtro per i
terreni permeabili. Nelle formazioni rocciose compatte, l’acqua dell’acquifero entra direttamente nel foro
non sostenuto in un pozzo tipico verticale. Nelle formazioni sciolte alluvionali, la mancanza del rivestimento
provoca un’ostruzione più o meno veloce. Per evitare questo, nel foro è inserita una colonna di tubi avvitati
tra loro, che, in corrispondenza dei livelli acquiferi è dotata d’aperture per l’entrata dell’acqua. In questo
modo si ottengono i seguenti vantaggi: si stabilizzano le pareti del foro, si riduce l’entrata di sabbia, si
minimizza la resistenza idraulica in fase di pompaggio. Una camera del pozzo completa presenta il motore
elettrico dell’elettropompa sommersa con relativa tubazione di mandata con saracinesca e valvola di ritegno.
Nei sedimenti alluvionali sui quali scorrono fiumi e torrenti si trova sempre una corrente subalvea costituita
da un vero e proprio corso d’acqua sotterraneo che si sposta con velocità dipendente dalla pendenza e dalla
permeabilità delle alluvioni (sono state misurate velocità da 0,3 a 16 metri al giorno). Questo corso
sotterraneo esiste anche quando il corso superficiale è scomparso (uèd sahariani). In pianura le correnti
subalvee sono generalmente in contatto immediato con il corso d’acqua, in montagna o in collina l’alternarsi
di alluvioni e di tratti di letto impermeabili comporta correnti subalvee spesso assai profonde e talvolta in
pressione. La cattura di queste correnti subalvee può avvenire tramite dighe sepolte.
Diga sepolta o di subalveo
Le dighe sepolte si eseguono sbarrando con un diaframma impermeabile (muro sottofondato) la sezione di
una valle ospitante un acquifero alluvionale. La captazione avviene tramite tubi drenanti alla base o tramite
pozzi nella parte antistante. Vengono usate in climi semi-aridi ma possono usarsi ovunque dove vi é un corso
d’acqua a regime variabile (Calabria).
Costanti idrologiche del terreno. La forza matriciale (capillarità + adsorbimento) concorre a formare la
tensione superficiale dell’acqua nel terreno (nei suoli salini bisogna aggiungere anche la pressione
osmotica). Questa tensione (pressione negativa) puo variare molto e generalmente nelle condizioni
compatibili con l’accrescimento delle piante non supera le 25 atm. Si definisce pF dell’acqua nel terreno il
logaritmo in base 10 della tensione espressa in centimetri d’acqua. Cosi una tensione di 1 atm corrispondente
a 1000 cm di acqua e’ pari a pF =3. Le costanti sono:
Capacita massima: rappresenta l’acqua di saturazione che riempe tutti i pori.
Capacita di campo o ritenzione: rappresenta la massima quantità di acqua che un suolo può trattenere quando
si trova nella condizione di poter scolare liberamente. La quantità rispetto a prima e’ diminuita di poco per
terreni argillosi, ovvero di molto per quelli sabbiosi (pF = 2.5).
Punto di appassimento: supponiamo di togliere acqua tramite l’evaporazione ad un terreno a capacita di
campo. La tensione aumenta come notato dal grafico seguente. Ad un certo punto il potere di assorbimento
delle piante diventa uguale, poi inferiore , alla forza con cui l’acqua e’ trattenuta dal suolo. L’acqua che vi
resta e’ inutilizzabile dalle piante Il punto di appassimento per la maggior parte delle piante e’ intorno a 16
atm (pF = 4.2).
Punto di igroscopicita: il suolo può perdere ancora acqua oltre il punto di appassimento e ad un certo punto si
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stabilisce un equilibrio con l’umidità atmosferica. Per una umidità dell’aria pari al 50% , la tensione e’
costante e corrisponde ad un pF = 6.5.
L’acqua disponibile AD per le piante e’ pari alla capacita di campo CC meno il punto di appassimento PA.
Curve di ritenzione. Tra punto appassimento e
ritenzione vi e’ l’acqua disponibile per le piante. Umidità media 5% per sabbia e 25% per l’argilla.
Acqua disponibile AD
in mm come funzione del tipo di terreno e profondità.
Una volta valutata l’evapotraspirazione bisogna considerare il coefficiente colturale Kc per valutare
l’evapotraspirazione della coltura ETc.
Es.: Calcolare ETc di una coltura di mais nella prima decade di giugno (coefficiente colturale Kc = 0.7) e
nella prima decade di agosto (Kc = 1,15), sapendo che nella vasca evaporimetrica di classe A (coefficiente
climatico Kv = 0.75) sono evaporati rispettivamente nelle due decadi 8 e 10 mm /giorno (diminuzione del
livello di acqua nella vasca)
Nella prima decade di giugno la ETc è pari a 42 mm (8 mm/g * 0.75 * 0.7 * 10 gg)
Nella prima decade di agosto la ETc è pari a 86 mm (10 mm/g * 0.75 * 1.15 * 10 gg)
Non e’sempre necessario che l’irrigazione supplisca al deficit ETc - P perché, come detto, esiste l’acqua
disponibile AD ed é per questo che si é considerato precedentemente ETP – ETR. La riserva utilizzabile e’
pari al volume di acqua esplorabile dalle radici tra punto di ritenzione e punto di appassimento.
Ad esempio il contenuto di umidita massima, calcolato come nella geotecnica delle terre, del terreno agrario
detto capacità di campo CC vale 35% mentre l’umidità limite al di sotto della quale le piante subiscono
stress idrico vale 20 %, ed é detto punto di appassimento PA. L’acqua utile o disponibile per le piante sarà
AD = CC – PA = 35 - 20 = 15%. La risorsa facilmente utilizzabile per una coltura si scrive:
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RFU ≈ 0,5 AD = 0,5 * 15 = 7,5%. Conoscendo lo spessore del terreno agrario pari a 60 cm scriviamo il
volume di adacquamento: 10 000 * 0,6 * 7,5 % = 450 m3/ ha.
Tecniche irrigue. In una irrigazione il volume di adacquamento netto (VA n) corrispondente a riempire tutti
i micropori dipende dal punto critico colturale PPC (valore leggermente superiore a PA) e dalla profondità
del terreno. L’efficienza si definisce come:
E = volume utile alla coltura (mm) /volume erogato (mm). Un altro parametro importante della tecnica
irrigua e l’intensità di adacquamento espresso come: IA (mm/h) = portata erogatore (L/h) /area media
dominata dall’erogatore (m2). Dopo un adacquamento, in assenza di piogge, i consumi per
evapotraspirazione della coltura determinano un giornaliero abbassamento dell’umidità del terreno, che
gradualmente ritornerà al punto critico colturale, rendendo necessario un nuovo intervento irriguo.
Il tempo che intercorre fra due adacquamenti successivi si chiama turno irriguo (T) e corrisponde ai giorni
impiegati all’evapotraspirazione della coltura a consumare il volume di adacquamento, immagazzinato nello
strato utile del terreno: Turno T (giorni) = Volume di adacquamento netto VA.n (mm) / Evapotraspirazione
effettiva ETc (mm/giorno) . L’ultimo elemento tecnico della gestione irrigua è infine costituito dall’orario o
durata dell’adacquamento (O), in quanto indica esattamente il tempo necessario per eseguire questa
operazione. Nel calcolare O occorre tenere conto anche delle perdite di acqua che si verificano durante
l’adacquamento; dovremo pertanto erogare un volume di adacquamento lordo (VA.l), così definito:
VA l = Va n / E
A questo si calcola l’orario : O (h) = Volume adacquamento lordo (mm/h) / intensita (mm/h).
Esempio: su un terreno di medio impasto con PCC = 40% AD presenta gli apparati radicali attivi che
raggiungono una profondità di 40 cm. Si pone un impianto stazionario a pioggia,
con gli irrigatori a cerchio disposti a triangolo con L = 20 m e d = 18 m. La portata degli irrigatori vale
Q = 0.5 litri/ sec con E = 0.8 ed infine ETc = Kc ( ETP ) = 5,7 mm /giorno.
Dal diagramma di AD per medio impasto e profondità 40 cm si trova 67 mm, quindi
VA n = 67* ( 1 - 0.4) = 40 mm
T = 40 / 5,7 = 7 giorni
VA l = 40 /0.8 = 50 mm
IA = (0.5 *3600 )/20 *18 = 1800 (litri/ora) / 360 (m2) = 5 mm/ora
O = 50 /5 = 10 ore
Esempio. Nel caso di un irrigatore semovente si deve calcolare la velocità di avanzamento tramite la
seguente relazione:
v (m/ora) = portata (litri/ora) /larghezza fascia di competenza (m) * Va l (mm)
In condizioni massime l’irrigatore semovente eroga 5,2 m 3/ora e la fascia di competenza e’ 32 m per cui
utilizzando come prima VA l = 50 mm.
Velocita avanzamento = 5200 /32 * 50 = 3,25 m/ora
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IA = 5200 / 32 *3,25 = 50 mm/ora
Una intensità di 50 mm/ora e’ molto maggiore del coefficiente di permeabilità Ki di un terreno di medio
impasto (valore massimo del franco 1,25 cm/ora = 12,5 mm/ora) per cui si avranno dei ristagni di acqua con
condizioni asfittiche e quindi il metodo non e’ proponibile.
Esempio. Consideriamo ora una coltura irrigata a goccia ovvero un’ irrigazione localizzata che non bagna
l’intera superficie della coltura.
In questo caso dobbiamo calcolare il diametro bagnato funzione della portata erogata dal punto goccia in
funzione del terreno dal seguente diagramma.
Poniamo la portata 1,3 litri/ora e per un terreno franco abbiamo D = 0.8 m = 80 mm. Tenendo conto della
distanza tra le linee L = 120 cm, la percentuale di area bagnata vale PAB = 80/120 = 0,66. Essendo da prima
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AD = 67 mm (67 litri/ m2 di suolo bagnato) e considerando la percentuale di area bagnata per ogni m 2 della
superficie colturale avremo AD = 67 * 0.66 = 44 mm. Tenendo conto che PPC = 40 % AD possiamo
valutare : VA n = 44 (1- 0.4) = 26,4 mm
T = 26,4 /5.7 = 4.6 giorni
VAl = 26,4 /0.9 = 29.3 mm
IA = Q /d L = 1,3 / 0.4 *1,2 = 2,7 mm/ora
O = 29,3 /2,7 = 10,8 ore
Lo stesso studio visto per un terreno agrario può farsi anche per l’irrigazione del verde urbano.
Le reti irrigue : canalizzazioni e condotte.
I canali d’irrigazione hanno di solito forma trapezia; solo per le canalette rivestite si impiega talvolta la
forma rettangolare o semicircolare e semiellittica. Come è noto, il dimensionamento di un canale si conduce,
per tentativi, sulla base delle formule di Leonardo e Castelli, Chézy e Bazin
Q = A v; v = B (Ri) 0,5 ; B = 87/ 1 + ( y / R 0.5 )
Assegnando il coefficiente di Bazin B e quello di scabrezza y si ricava il raggio idraulico R quindi ponendo
la pendenza i, si valuta la velocità; nota la sezione bagnata A si valuta la conseguente portata Q.
Nel progetto e nella costruzione di un canale in terra bisogna tener conto di una serie di avvertenze:
- nei canali trapezi, ad eccezione talvolta di quelli di piccole dimensioni, non si adottano sezioni di minima
resistenza che condurrebbero a larghezze del fondo troppo ristrette;
- in ogni caso si deve tener conto di un “franco” (Fig.seguente ), da un massimo di 0,5 m per i grossi canali a
un minimo di 0,15 m per i più piccoli.
- la pendenza delle sponde varia da 1:1 per terreni argillosi a 1:3 per terreni sabbiosi; per canali di piccole
dimensioni si tende tuttavia a fare sponde più ripide.
- la velocità media dell’acqua deve essere contenuta, per evitare erosioni, entro 0,5 m/s, per i terreni sabbiosi
ed 1 m/s per i terreni argillosi; in caso di pendenze elevate bisogna pertanto interporre dei salti; d’altra parte
la velocità non deve neppure essere troppo bassa per evitare depositi eccessivi in presenza di acque
torbide (orientativamente, se si vuole evitare i depositi dei limi e, a maggior ragione, delle argille, la velocità
deve superare gli 0,3 - 0,5 m/s passando da canali piccoli a canali grandi).
- la banchina deve essere abbastanza larga da consentire il passaggio delle macchine per la manutenzione; è
opportuno però che il traffico normale sia indirizzato su una viabilità lungo i canali di drenaggio dove vi
sono minori possibilità di danni.
- la superficie delle banchine deve essere inclinata verso l’esterno per l’evacuazione delle acque di pioggia.
Per le condotte invece si ricerca il diametro. L’equazione del moto uniforme nei canali secondo Chezy può
anche scriversi: R i / v2 = 1 / B2 da cui i = v2 / R B2
Con misure sperimentali sulle condotte circolari il Darcy, partendo da quella di Chezy, ha considerato la
cadente piezometrica: i = Y/L = ( 0,00164 + 0,000042 / D) Q 2 / D5
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Esempio 1: si consideri un acquedotto (in alto a sinistra) a solo servizio di estremità avente lunghezza
L = 5 km, carico idraulico ∆ (delta) = 120 m e carico residuo R = 20 m; portata Q = 60 litri/min.
Risoluzione: Perdita di carico : Y = ∆ - R = 120 - 20 = 100 m; fissiamo un tentativo di diametro
D* = 40 mm = 0.04 m. K1 = (0.00164 + 0,000042 / D* ) = 538 10 – 5
Per tubi vecchi in genere si raddoppia il valore di K 1. La portata viene espressa
Q = 60 litri/min = 0.06 m3/ 360 sec = 0,001 m3/ sec
D ** = (K1 * Q 2 L / Y ) 0.2 = ( 538* 10 – 5 0,001 2 * 5000 / 100 ) = 0,048 m .
Essendo in commercio tubi da 40 mm e 50 mm, utilizzeremo questi ultimi.
Esempio 2: progettiamo una condotta con sollevamento (in alto a destra). Per l’acquedotto sono assegnati
L = 500 m, H = 50 m e Q = 0.005 m3/sec si determini il diametro della condotta, nonché la prevalenza
della pompa e potenza. Usiamo tubi metallici e applicando la formula semplificata di Bresse:
D = 1,15 (Q ) 0.5 = 1,15 ( 0,005)0.2 = 0,0805 m = 80,5 mm.
Assumiamo il diametro commerciale 80 mm. La perdita di carico vale :
Y = K1 L ( Q2 / D 5) = 16, 5 m
La prevalenza della pompa: P = H + Y = 50 + 16,5 = 66,5 m
La potenza della pompa si scrive: Q = 1000 Q P / n = 1000 *0,005 * 66,5 / 0,6 = 550 Watt
Il valore n = 0.6 é il rendimento operativo della pompa.
Abbiamo gia visto che irrigare troppo può portare al ristagno e specialmente nei terreni argillosi. Per ovviare
a questo problema si usano alcune tecniche agronomiche: l’affossatura, la baulatura e il drenaggio. La prima
consiste nel realizzare piccole canalette e convogliarle in un pozzetto disperdente. La baulatura consiste nel
mettere il terreno superficiale a dorso di mulo per facilitare lo sgrondo nelle canalette. Infine il drenaggio si
realizza con trincee rettangolari a breve profondita costituite da un tubo fenestrato con ghiaino attorno e poi
sopra il materiale di scavo costipato. La distanza tra i tubi varia tra 5 - 6 metri.
Permafrost in zone periglaciali. Rappresenta il terreno sempre gelato e lo spessore varia da regione a
regione, per esempio in Siberia e Alaska con temperatura media annua dell’aria tra – 7 e – 16 °C, la base
del permafrost si é trovata a 300-600 m di profondità. Nelle regioni continentali subartiche si puo ritrovare
un permafrost inferiore ai 50 m che può essere continuo o discontinuo (dove quà e là si ritrovano tratti non
gelati) o sporadico (plaghe limitate di ghiaccio dentro suoli e roccia).
Strato attivo. Lo spessore superficiale del permafrost é detto strato attivo (fino a 6 m ) dove l’acqua può
passare dallo stato liquido a solido e viceversa con il cambio delle stagioni. Le piante possono crescere
quando vi é acqua ma le radici si sviluppano in orizzontale quando al di sotto vi é il ghiaccio permanente.
Tipiche forme sono pingo e palsa ovvero collinette a cupola di non grandi dimensioni. I pingo sono alti al
massimo 50 m si ritrovano in terreni sabbiosi o siltosi e sono costituiti al nucleo da una massa lenticolare di
ghiaccio che ha sollevato il materiale superficiale. I palsa sono alti sui 10 m e presentano varie lenti di più
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piccole dimensioni in materiale torboso.
Ice heave. Sono dislocazioni verticali dovuti al ghiaccio nello strato attivo. I cunei di ghiaccio (ice edge),
sono costituiti da lamine verticali e quelli fossili (eta glaciale wurm) si ritrovano riempiti da detriti. Nello
strato attivo si hanno fenomeni di crioturbazione ovvero in autunno il congelamento inizia dall’alto e via via
procede fino a raggiungere il basso dove il terreno é sempre gelato; durante questo processo le pressioni
deformano il terreno molle superficiale provocando piegamenti in varie direzioni.
Talus. Accumulo di frammenti di detriti (falda di detrito) per alterazione meccanica delle rocce (gelodisgelo), con angolo di riposo sui 37°. Molte falde di detrito fossili del Pleistocene sono inattive nei climi
attuali, e spesso coperte da vegetazione.
Argilla con selce. Causata da soliflusso di una miscela di suoli residuali e ciottoli terziari di selce o pietra
focaia (varietà di silice a frattura concoide) come avviene spesso in Gran Bretagna.
Soliflusso. Può essere anche lungo 1000 m, e si muove su un pendio di 2° spesso comunemente 2-4 m.
Si verifica su rocce sedimentarie come argilliti e chalk in Gran Bretagna.
Permafrost Engineering. Subsidenza, scorrimenti e ice heave si hanno per terreni argillosi quando il
ghiaccio si scioglie mentre le sabbie sono generalmente stabili al disgelo.
Pali. Nel ghiaccio stabile generalmente raggiungono i 10 m di profondità.
Gravel pad. Le strade vengono sopraelevate con rilevati granulari di alcuni metri con trucioli di legno come
isolanti per il ghiaccio.
Interventi in zone periglaciali
La Glaciazione quaternaria. Il quaternario viene definito in due periodi: Pleistocene e Olocene che segna la
fine della glaciazione wurmiana (10000 anni) e l’inizio del post-glaciale.
10000 Anni fa
17000
27000
250000
1.000.00
1800000
Serie continentale
Post glaciale
Wurm
riss
mindel
gunz
donau
villafranchiano inf.
Marina
flandriano
Olocene
tirenniano
milazziano
siciliano
calabriano
Pleistocene
piacenziano
Pliocene
Secondo Milankovitck per cause astronomiche e precisamente per variazione dell’inclinazione dell’asse di
rotazione terrestre passante da 21° a 24° si é avuto un abbassamento della temperatura media terrestre di 46°C. Al tempo furono circa 60 milioni di Km3 i ghiacci contro gli attuali 20 milioni. Il terziario finisce con il
pliocene e precisamente con la facies a molassa continentale del villafranchiano inferiore (serie marina del
piacenziano) essendo il superiore corrispondente alla fase glaciale Donau. Durante i periodi glaciali si è
avuta una regressione marina mentre nelle fasi interglaciali (riss-wurm, mindel-riss, gunz-mindel, donau-
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gunz) delle ingressioni marine. A causa di ciò abbiamo dei terrazzi marini (sopra e sotto l’attuale livello
marino). Qualora si rinvengono terrazzi più alti dell’interglaciale riss-wurm vuol dire che si sono avuti
movimenti epirogenetici (equilibrio verticale idrostatico della crosta terrestre).
Erosione glaciale. Un ghiacciaio di densità 0,84 gr/cm3, si distingue in una parte superiore di accumulo, ove
la neve persiste sempre ed alimenta il ghiacciaio, ed una inferiore detta di ablazione ove il ghiaccio subisce
perdite per fusione ed erosione. Il movimento é uno scorrimento plastico laminare facendo assimilare il
ghiacciaio ad una massa viscosa che si deforma in movimento paragonabile al ferro portato
all’incandescenza. Oltre a questo movimento che interessa la massa, il ghiacciaio scivola in blocco sul
substrato roccioso per la presenza di un velo di acqua tra ghiaccio e roccia. L’erosione é legata all’esarazione
ovvero all’attrito durante il movimento, alla divaricazione di fessure di roccia, alla frantumazione per azione
del gelo-disgelo. Le forme tipiche di erosione glaciale sono: valli ad U, fiordi, circhi o nicchie, gradini, rocce
montonate.
Forme tipiche: Ci = circo, Vs = valle
sospesa, G = gradino di confluenza, VG = valle glaciale ad U.
Depositi glaciali. Il trasporto del materiale eroso puo avvenire lungo il fondo (morene di fondo), lungo i
fianchi della massa glaciale (morene laterali), o in sospensione (morene mediane). Le morene sono un
miscuglio eterogeneo di materiali e quelle terminali tendono ad assumere una configurazione ad arco e
costituiscono nel loro insieme un fascio di collinette. Durante la fase di ritiro il ghiacciaio non scompariva
subito ma la sua fronte sostava per un dato tempo formando delle fasce (morene di ritiro) simili alle morene
terminali ma meno spesse e discontinue. Il drumlin o sheet moraine é una collinetta ovale, tipica nel nord
America, dolcemente arrotondata con asse longitudinale parallelo alla direzione del movimento antico
glaciale. I drumlins in gruppi si ritrovano in posizione arretrata rispetto alle morene terminali. Altri
importanti depositi sono quelli fluvioglaciali che consistono di strati di argilla, limo sabbia selezionati e
abbandonati dai torrenti d’acqua di fusione dalle masse d’acqua adiacenti o sotto il ghiacciaio. Infine depositi
sabbiosi-ghiaiosi di fronte sono detti outwash. Grossi torrenti scavano tunnel nel ghiacciaio stagnante ed il
loro depositi formano corpi allungati detti esker.
Depositi di un ghiacciaio visti in pianta
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Glacial till. Termine generico di un deposito morenico non stratificato; eseguendo un taglio si ritrova
inizialmente in alto una zona detta morena di ablazione non consolidata con 10 % al massimo di argilla,
quindi un deposito di acque correnti ed infine alla base la morena di fondo con 10-40% di argilla e con
blocchi di roccia erosa dal movimento (trovanti di roccia e se di grandi dimensioni definiti massi erratici).
Tale struttura presenta grandi problemi nella ricerca di acqua che deve concentrarsi nella zona mediana dei
depositi di acque correnti fortemente inclinati, con meno argilla. I paleoalvei (antichi alvei fluviali) sono per
lo più riempiti di sedimenti glaciali o di altro tipo (alluvioni o conoidi di apporto laterale, materiale di frana)
e da essi nascosti. La fenomenologia per cui si originano le valli epigenetiche deriva dal fatto che il corso
d’ acqua é obbligato a spostarsi e a scavare un nuovo letto, di solito in valli strette descrivendo una brusca
ansa.
Valle epigenetica con morene a sinistra e diverse tipi di valli per confronto a destra.
I pericoli derivanti da sbarrare con dighe valli epigenetiche sono rappresentati da: spinta idrostatica sui
materiali sciolti dell’alveo sepolto con possibilità di sfondamento, erosione dei medesimi ove bagnati
dall’invaso, sifonamento degli stessi per progressione asportazione di particelle ad opera delle acque filtranti
dal serbatoio, instabilità del setto roccioso che separa la vecchia valle dalla nuova, specie se é sollecitato
lateralmente da una diga ad arco. Questi materiali quindi devono essere impermeabilizzati. I provvedimenti
da fare sono di solito realizzati con l’esecuzione di una paratia continua (rigida in calcestruzzo o deformabile
in cemento-bentonite) o dalla costruzione di schermi (o veli) di iniezioni cementizie attraverso fori di sonda.
Non di rado si é obbligati anche a consolidare il setto roccioso con iniezioni di cemento e ancoraggi
profondi. Se si volesse costruire direttamente su depositi glaciali, normalmente si considera una pressione di
sicurezza SBP = 400 KPa per morene di fondo consolidate e meno di 100 KPa per morene di ablazione
superficiali. La presenza di massi erratici non consente la battitura di pali e palancole. Infine bisogna
considerare che zone stagnanti vicino ai drumlins possono presentare depositi lacustri argillosi-limosi con
torba di forte subsidenza. Questi sedimenti in Norvegia e Canada sono molto sensitivi e definiti quick clays.
Scoscedimenti a uncino.
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Le lame (creep) superficiali dette ad uncino provocano una inversione dell’immersione degli strati e possono
indurre in errore quando gli strati sono a reggipoggio (figura sopra a sinistra) o a franapoggio più inclinati
del pendio (destra), specie per alternanze di arenarie, argilloscisti e marne. Sono molto pericolosi per le
spalle di ponti e dighe e si ritrovano in una valle quando da una parte si hanno strati a franapoggio e dall’altra
a reggipoggio. Secondo G.Dal Piaz tali scoscendimenti si ritrovano spesso in zone attualmente temperate
nelle valli glaciali quaternarie dato che le cause sono da ricercarsi nel mancato appoggio dei ghiacciai sulle
rocce. Per K.Terzaghi si possono anche ritrovare in zone tropicali a causa delle forti piogge che inducono
lame di scorrimento superficiale che per induzione uncinano gli strati. Quando si é in campagna si pensa
subito ad una sinclinale, (pero facendo misure con bussola da geologo lungo il corso del fiume si vede che
quello che potrebbe essere l’asse della sinclinale segue fedelmente la sinuosità della valle, il che indica che
non si tratta di un asse) o alla presenza di una faglia. Inoltre gli strati non presentano alterazioni chimiche ma
si presentano intatti il che potrebbe far pensare che le condizioni della roccia sono ottime. Dato che il
fenomeno degli scoscendimenti ad uncino non é visibile facilmente, é necessario studiare le valli laterali
trattandosi di motivi monoclinali.
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Capitolo 8. Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile
L’importanza delle problematiche ambientali
I Decreti principali relativi all’attuazione di alcune direttive CEE in materia di ambiente sono:
- DPR 203/88 in materia di qualità dell’aria
- DPR 236/88 in materia di qualità dell’acqua
- Studi sulla Valutazione di impatto ambientale (VIA) prima con la Legge 146/94 e poi con il DPR
12.04.96
- Legge 183/89 sulla formazione dei Piani di bacino e di assetto idrogeologico
- Legge 10/91 relativa al risparmio energetico
- Legge n. 447/95 Legge quadro sull’inquinamento acustico, che prevede la creazione di veri e propri
piani di azzonamento acustico
- Decreto del Ministro dell’ambiente n° 381/98 sull’inquinamento elettromagnetico
DPR 203/1988: qualità dell’aria.
A seguito delle direttive CEE 80/779 e 82/884 riguardo a certi inquinanti prodotti da impianti industriali.
I valori limiti di qualità dell’aria sono stati imposti come: biossido di zolfo S0 2 pari a 80 microgrammi/m3
(mediana annuale delle concentrazioni in 24 ore), biossido di sodio NO 2 a 200 microgrammi/m3.
Inquinamento atmosferico di fondo. Risulta quello non localizzato presso la sorgente o nel pennacchio
trasportato dal vento ma diffuso su vasta scala e presente con basse concentrazioni di inquinanti a carattere
cronico. Ha le seguenti origini:
- industrie, che lo diffondono nella troposfera mediante le ciminiere (che negli ultimi anni hanno triplicato la
loro altezza per diminuire gli effetti nocivi a livello piu locale);
- aree metropolitane, che con il traffico pendolare produce le cappe di smog;
- autostrade, sempre piu trafficate e quelle nelle valli sono a maggiore rischio di ristagno e concentrazioni di
inquinanti;
- linee aeree, che diffondono inquinanti nell’alta troposfera e tropopausa, quindi direttamente nelle o sopra le
nuvole.
L’inquinamento di fondo ha le seguenti manifestazioni: deposizione secca di polveri, pioggia acida,
acidificazioni del suolo al piede dell’albero, aumento della nuvolosità e foschia dato che il particolato funge
da nuclei di condensazione, ed infine formazione di nebbie acide.
Principali inquinanti. Alla fine degli anni 1980 in ordine decrescente di emissione si aveva: S0 2 (industria,
traffico veicolare ed aereo), N0x (industria e centrali termoelettriche), O 3 e composti fotochimici (si formano
nella bassa atmosfera per interazione fra raggi UV e inquinanti detti radicali liberi e molto tossici per la
vegetazione), metalli pesanti e soprattutto Pb e Cd (industria, traffico, inceneritori), HCl (inceneritori e
vetrerie), HF (industria ceramica), diossine (industria plastica), tensioattivi (fogne nei fiumi e poi in mare),
fitofarmaci (agricoltura).
Se una pioggia normale naturale presenta (per la CO 2 disciolta) un PH = 5,5, una pioggia acida puo scendere
comunemente a 4,5 -3,5 e le nebbie acide a 2,5. Piogge rosse con vento di scirocco contengono polveri che
tamponano l’acidità. Le piogge acide al suolo producono una diminuzione di nutrienti di metalli leggeri quali
K e Mg e riduzione della resistenza al freddo per la micoflora e deficit nella traspirazione delle piante e
quindi nell’assorbimento radicale.
DPR 236/1988: qualità dell’acqua.
Nella direttiva CEE 80/778 si definiscono le zone di rispetto (200 m) per i pozzi, prese di sorgenti, in cui é
vietato l’insediamento di fognature e pozzi perdenti, e le zone di protezione che si riferiscono ai bacini
imbriferi e al ricarico delle falde. Bisogna eseguire controlli regolari per le acque e i requisiti di qualita sono:
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torbidita: espressa come SiO2 max ammessa = 10 milligr/litro
temperatura
°C
= 25
cloruri
Cl= 25 milligr/litro
solfati
SO4 -= 250 milligr/litro
durezza totale °Francesi
= 15-50
Ammoniaca
NH4
= 0,5 milligr/litro
Nitrati
NO3
= 50 milligr/litro
Cromo
Cr
= 50 milligr/litro
Cadmio
Cd
= 5 milligrammi/litro
Tali valori si riferiscono anche alle acque di scarico che vengono inviate ai fiumi e quindi alle zone di
protezione.
Inquinamento e biologia dell’acqua. L’inquinamento delle acque é di origine: naturale, domestica,
agricola, industriale. La naturale é dovuta alle piene che trasportano a valle detriti, carcasse di animali,
legname, residui della vegetazione; quello domestico dovuto alle fogne ai detergenti ai grassi; quello agricolo
ai fitofarmaci ed infine quello industriale é dovuto all’eliminazione di prodotti chimici e di scarti delle
lavorazioni o anche per raffreddare con acqua i macchinari legati alla produzione di energia elettrica (centrali
termoelettriche). L’inquinamento idrico si ha per: assenza di ossigeno, presenza di sostanza chimiche,
temperatura troppo elevata.
L’olio galleggia sull’acqua e disturba la penetrazione dei raggi del sole ed anche i detersivi rientrano in quei
prodotti che inibiscono l’autodepurazione delle acque. I metalli pesanti sono tossici per la flora e fauna
acquatica cosi come valori di PH lontani dalla neutralità; infine l’aumento della temperatura dell’acqua fa
diminuirà la solubilità dell’ossigeno disciolto. L’alta temperatura favorisce la crescita dei batteri con il
conseguente consumo di ossigeno.
I fenomeni aerobici si hanno quando i microrganismi attaccano la sostanza organica con un processo detto
catabolismo che consiste nell’ossidazione delle molecole complesse trasformate in CO2, acqua, nitrati,
solfati con sviluppo di energia. Questa permette ai microrganismi di moltiplicarsi per quel processo detto
anabolismo. L’insieme dei due processi é detto metabolismo. I fenomeni anaerobici, avvengono in assenza di
ossigeno e sono prodotti da batteri anaerobici che trasformano le molecole complesse in molecole più
semplici senza ossigeno come metano, acido solfidrico e fosfine. Riescono anche a formare anidride
carbonica con l’utilizzo dell’ossigeno contenuto nei nitrati solfati e fosfati.
Le acque sotterranee sono preziose perché forniscono acque agli acquedotti. Quando il terreno sovrastante é
impermeabile le acque di falda sono ben protette perché non si hanno infiltrazioni dall’alto in basso; ma
anche nel caso di terreni permeabili soprastanti si ha una protezione fisica (effetto filtro dello strato sabbioso
soprastante) una protezione chimica (scambio di ioni) e biologica (i batteri aerobi attaccano le sostanze
organiche trasformandole in prodotti non inquinanti). Nel caso dei metalli pesanti (specialmente cromo
esavalente) la protezione naturale non avviene e si ha un pericolo grave per le acque di falda.
Parlando delle acque di scarico spesso si sente parlare di BOD e COD. Questi sono due indici di
inquinamento legati al fabbisogno di ossigeno che ha l’acqua per depurarsi. Il BOD = biological oxygen
demand, é la quantita di ossigeno (ppm) utilizzata per una ossidazione totale delle sostanze contenute nel
campione che possono essere depurate per via biologica. Il COD = chemical oxygen demand, é la quantita di
ossigeno (ppm) utilizzata per l’ossidazione totale delle sostanze contenute nel campione e comprende la
parte di inquinamento depurabile per via biologica (BOD test che dura 5 giorni ed é per questo che si parla di
BOD5 ) e quella che si puo annullare solo chimicamente. Oltre alle valutazioni con analisi chimiche del
BOD5 e COD la valutazione dell’inquinamento si esegue con test ittici (si diluisce il campione inquinato con
acqua pura e si introducono specie ittiche selezionate per verificare il comportamento), e test microbiologici
(valutazione dei batteri coliformi presenti, espresso come numero /cm 3 di acqua.
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Trattamento reflui. Le acque di scarico inquinate devono essere sottoposte, prima del trattamento vero e
proprio, ad un pretrattamento.
Il pretrattamento consiste in una o più operazioni fisiche o meccaniche. Scopo del pretrattamento è quello di
separare elementi che per natura o dimensione renderebbero difficoltoso il buon funzionamento
dell’impianto di depurazione. Le operazioni di pretrattamento più note sono :
- Grigliatura
- Dissabbiatura
- Disoleazione
Si distingue tra griglie :
- fisse o mobili
- diritte o curve
- verticali o inclinate
- a pulizia manuale o motorizzata.
Distinzione in grigliatura : luce libera fra le sbarre delle griglie
- 3 - 10 mm grigliatura fine
- 10 - 25 mm grigliatura media
- 30 – 100 mm grigliatura grossolana o pre-grigliatura
La velocità media dell’acqua attraverso le griglie è compresa tra 0,60 ed 1 m/s. Vmax = 1,2 – 1,50 m/s.
La disabbiatura si esegue usando vasche a sezione rettangolare nelle quali la velocità dell'acqua diminuisce e
resta costante per l'intera lunghezza. In genere, gli oli liberi (cioè non emulsionati) ed i grassi che si trovano
nelle acque reflue sono più leggeri dell'acqua e quindi tendono a galleggiare: pertanto, riducendo la velocità
di efflusso delle acque, si favoriste la separazione degli oli e dei grassi. L'American Petroleum Institute
(A.P.I.) ha elaborato apposite norme per il dimensionamento delle vasche utilizzate, oltre che per
un'eventuale sedimentazione, per separare gli oli ed i grassi. Le vasche, se sono dimensionate secondo le
indicazioni precisate - consentono di separare particelle oleose aventi un diametro almeno uguale a 100
micron.
I trattamenti veri e propri si distinguono:
Trattamenti primari : decantazione (o sedimentazione), coagulazione, flottazione; hanno per scopo
l’eliminazione di elevate percentuali di sostanze sedimentabili e parte delle sostanze in sospensione.
Trattamenti secondari: depurazione biologica, precipitazione chimica.
Trattamenti terziari : adsorbimento, filtrazione, defosfatazione, denitrificazione, sterilizzazione.
La vasca di sedimentazione primaria sfrutta la formula di Stokes, che esprime la velocità di
sedimentazione: v = g * (Y1 - Y2) * d 2 / 18 n
g = 9,81, Y1 = massa volumica della particella (kg/m3), Y2 = massa volumica della torbida (kg/m3),
d = diametro della particella sedimentata (m), n = viscosità del fluido (kg/m *sec)
Le particelle sono considerate sferiche ed il liquido in quiete, per cui non si può utilizzare direttamente nel
dimensionamento degli impianti ma risulta utile per estrapolare le prove di laboratorio da impianti pilota.
Considerando A la sezione del fondo vasca la portata specifica risulta v = Q/A espressa in m3 /m2 * ora
indipendente dall’altezza h dell’acqua nella vasca. Ponendo v = 0,2 - 0,4 mm/sec, si trova
Q/A = 0,9 – 1,8 m3/ m2 * ora e quindi il tempo di ritenzione: t = A h/Q = 2 – 6 ore.
In genere il diametro o larghezza del fondo: b = 2 - 10 m, mentre l’altezza di acqua h = 2 - 4 m.
Quando l’acqua ha in sospensione particelle molto fini (diametro meno di 10 micron) o colloidi che non
sedimentano facilmente si ricorre alla coagulazione/flocculazione.
Il processo di coagulazione (detto anche flocculazione) consiste nello sciogliere nell’acqua da trattare sali di
ferro o di alluminio, i quali idrolizzandosi danno luogo ad idrati fioccosi insolubili ed attenuano le forze
elettrostatiche repulsive. Tali idrati sedimentano facilmente, trascinando le particelle in sospensione. Questi
fiocchi possono essere ingranditi variando la temperatura e il PH o eseguire una agitazione (agitatori ad
elica).
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Per flottazione si intende la separazione e la raccolta sulla superficie libera, dei materiali in sospensione in
un liquido: tale separazione si ottiene mediante bolle d’aria o di gas molto piccole che inglobano le particelle
da eliminare e le portano in superficie eliminate poi con raschiatori a catene.
La depurazione biologica si divide in: anaerobica ed arerobica (letti batterici o filtri percolatori, fanghi
attivi). Serve per ridurre azoto, fosforo e rimozione sostanze organiche (COD, BOD) con stabilizzazione dei
fanghi. La tipica depurazione anaerobica é quella eseguita dalla fossa settica o fossa Imhoff (questa consiste
in una camera di sedimentazione superiore ed una camera sottostante di raccolta fanghi).
fossa Imhoff
Il liquame grezzo civile (case, villini, alberghi, ecc.) ha mediamente un valore di BOD 5 = 400 mg/litro.
Una fossa Imhoff può abbattere solo il 30% del carico organico e arriverebbero nella rete fognaria
280 mg/litro, quindi a monte della fossa deve porsi un filtro anaerobico idoneo per ridurre il carico organico.
L’asporto dei fanghi da una fossa Imhoff deve essere fatta ogni 6 mesi. La fossa é costituita da una parte
superiore che rappresenta la vasca di sedimentazione primaria e una parte inferiore destinata alla digestione
di fanghi. Il liquame entrando incontra un paraschiume che lo costringe a passare sotto di esso ed a entrare
nella vasca di sedimentazione; qui incontra un secondo paraschiume che intercetta le particelle rimaste in
sospensione; in seguito il liquame risale e imbocca il canale di scarico.
Il letto percolatore in maniera semplice é un vasca cilindrica dell’altezza di alcuni metri dove all’interno del
quale vi é del pietrisco. Il liquame proveniente dalla sedimentazione primaria e quindi gia chiarificato, viene
distribuito a spruzzo sulla superficie del pietrisco per mezzo di alcuni bracci rotanti. L’ambiente con
ossigeno favorisce l’adsorbimento della sostanza organica sulle superfici del pietrisco. La pellicola biologica
che ricopre il pietrisco é una mucillagine bruna spessa 1- 3 mm di microorganismi anaerobici. Alla base
canalette filtranti convogliano il liquame depurato verso un sedimentatore finale.
Il processo dei fanghi attivi viene eseguito utilizzando reattori. In questi avviene una fermentazione per la
presenza di batteri riduttori con rilascio di gas NH4 + CO2 (reattore SBR) o produzione di gas metano
(gasometro a 3 membrane). Gli impianti realizzati con tecnologia SBR (reattori Batch), sono particolarmente
adatti per il trattamento dei reflui domestici di piccole e medie comunità ed in modo particolare degli scarichi
industriali, in quanto poco sensibili alle variazioni di carico idraulico ed organico.
In un sistema SBR il ciclo di trattamento è suddiviso generalmente in 4 distinti periodi temporali, cui
corrispondono diverse fasi del processo: Alimentazione, Reazione, Sedimentazione e Scarico.
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Il BOD (biological oxigen demand) é la quantità di ossigeno utilizzata per una ossidazione totale delle
sostanze che possono essere depurate per via biologica. Si misura quanto ossigeno consuma un campione in
ppm per i giorni di prova ( in genere 5 giorni e da qui BOD5) Il COD (chemical oxygen demand) é lo stesso
di prima utilizzando un ossidante formato da acido solforico e bicromato di potassio. Si scalda il tutto e si
misura la quantità di bicromato utilizzato. Il COD comprende il BOD ed é la parte che può essere depurata
solo chimicamente.
Il Decreto legge 152 del 11/05/1999 considera:
- scarichi nel suolo : acque depurate con BOD5 max 20 mg/L;
- scariche nelle acque superficiali : acque depurate con BOD5 max 40 mg/L;
- scarichi nelle reti fognarie: acque parzialmente depurate con BOD5 max 250 mg/L ;
- scarichi nelle falde: non sono ammessi scarichi nemmeno se depurate.
Il dimensionamento dell’impianto di trattamento dei reflui deve essere fatto in base al numero degli AE
(abitanti equivalenti). Il D.lgs 152/2006 definisce che: 1 A.E. corrisponde ad un carico organico giornaliero
pari a 60 gr di BOD5 / giorno.
Per scarichi da insediamenti essenzialmente residenziali:
• 1 AE ogni mq. 35 di superficie utile lorda (o frazione) negli edifici di civile abitazione (oppure 1 AE per
100 m3 di volume abitativo).
Qualora i nutrienti (fosforo, azoto) sono ancora eccessivi si esegue il trattamento terziario ovvero la
denitrificazione e defosforazione. La disenfezione é essenziale per l’abbattimento della carica microbica in
uscita dall’impianto. L’abbattimento dei batteri avviene tramite la clorazione (ipoclorito di sodio) o tramite
ozonizzazione (ozono O3) che impiega scariche elettriche per formare ozono dall’aria. Infine il processo
involve il trattamento e smaltimento dei fanghi. Il trattamento coinvolge la diminuzione del contenuto
d’acqua: essiccamento, centrifugazione, filtro - pressa. Le modalità di smaltimento riguarda: smaltimento in
discarica, riutilizzo in agricoltura tal quale o previo compostaggio (scarti vegetali + deiezioni di animali +
litotamnio nei reattori insieme ai fanghi), riutilizzo nella produzione di laterizi e asfalti, incenerimento.
In Italia prevale lo smaltimento in discarica.
VIA. La Valutazione di Impatto Ambientale nazionale viene introdotta in Italia in base alle disposizioni
della direttiva del Consiglio della Comunità Europea n° 85/337 del 1985 modificata ed integrata dalla
direttiva CEE 97/11. Secondo la normativa comunitaria i progetti (pubblici e privati) che possono avere un
effetto rilevante sull'ambiente, inteso come ambiente naturale e ambiente antropizzato, devono essere
sottoposti a valutazione di impatto ambientale. Il recepimento in Italia prevede una divisione delle
competenze: le opere elencate nell’Allegato 1 sono di competenza del Ministero dell’Ambiente (raffinerie,
centrali termiche, acciaierie integrate, impianti chimici, autostrade, porti commerciali, ecc.), quelle
dell’Allegato 2 (progetti rurali, recupero terre al mare, estrazione carbon fossile, ecc.) sono di competenza
regionale e le regioni, a loro volta, delineano le competenze provinciali e comunali. Un progetto sottoposto a
VIA si applica nella fase di ingegneria preliminare (D.lgs 152/06) che definitiva (D.Lgs 04/08). La VIA è
una procedura tecnico-amministrativa composta da uno studio tecnico (SIA), da una procedura
amministrativa e infine, da un esito.
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Gli studi di impatto ambientale (SIA) non devono ridursi alla sola descrizione, ma devono fornire all’autorità
competente gli elementi di valutazione sui quali decidere, e comprendono:
* un quadro programmatico (dove si rimanda all’analisi e agli esiti dello studio di prefattibilità ambientale);
* un quadro progettuale dove si evidenziano:
- la fase di descrizione del progetto, con cicli produttivi e residui previsti nell’ambiente globale (atmosfera,
idrosfera, biosfera, antroposfera);
- la fase di individuazione e stima degli impatti del progetto sull’ambiente (dovuti all’esistenza del progetto
stesso,alla utilizzazione delle risorse, alle interferenze sull’ambiente e ai metodi di previsione per valutare
queste sui componenti ambientali) e una descrizione delle misure per attenuare gli effetti negativi;
- la fase di valutazione generale da parte del proponente dell’opera o intervento da realizzare previa la
definizione dei metodi e criteri di scelta. Tempi e realizzazione dei costi e un riassunto non tecnico di sintesi
di cui sopra;
* un quadro ambientale: monitoraggio e controlli, settori ambientali e quadro complessivo degli impatti.
Una VIA in quanto processo di decisione, cioè di scelta, esplica le sue maggiori potenzialità in presenza di
una pluralità di alternative, fra le quali scegliere; ciò pone il problema di definire le alternative di progetto,
ivi compresa ovviamente l’alternativa zero (l’alternativa di non far nulla). Metodici matematici di ricerca
operativa come l’analisi multi-criteri oppure l’indice di valore permettono di stabilire quale e’ la scelta
migliore.
Una VIA in quanto processo di decisione, cioè di scelta, esplica le sue maggiori potenzialità in presenza di
una pluralità di alternative, fra le quali scegliere; ciò pone il problema di definire le alternative di progetto,
ivi compresa ovviamente l’alternativa zero (l’alternativa di non far nulla).
Esempio di studio di VIA: analisi multicriteriale
Progetto di costruzione: variante stradale al centro abitato di Castel Nuovo, Val di Cecina.
Il tracciato dovra essere scelto tra 7 alternative: A1 = alternativa zero (ovvero non si fa nulla); A2 = progetto
ANAS che involve notevoli movimenti terra con rilevati alti 10 m in zona con vincolo idrogeologico;
A3 = tracciato che si sviluppa ad una quota piu elevata rispetto a tutti gli altri, ma piu di metà attraversa zone
boscate sotto vincolo paesaggistico;A4 = tracciato per lo piu su rilevati alti 4 m dove per un tratto di 380 m
si ha uno scavo che interessa una zona in erosione in atto; A5 = tracciato simile a prima ma con spessori dei
rilevati minori ma lunghezza maggiore che attraversano zone in erosione con maggiori interventi
consolidanti; A6 = tracciato piu corto per la vicinanza dall’abitato, ma che attraversa zone a pericolosita
geomorfologica 4 (carta stabilita dei terreni = franosa) e quindi non conforme al Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale; A7 = tracciato che deriva dall’unione del tracciato A3 e A4 che é buono dal
punto di vista geologico e interferisce poco con le aree boscate ma si hanno però piu curve.
Matrice dei criteri e attributi
Criteri
attributi
ambientali
flora
fauna
movimenti terra
impatto paesaggistico
inquinamento idrico
inquinamento acustico
inquinamento atmosferico
pericolosita geomorfologica
aree di interesse naturalistico
economici
costi costruzione
costi manutenzione
influenza su attivita agricole
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A1
5
5
5
3
5
1
2
1
5
5
3
5
A2
2
2
1
1
1
4
4
2
3
2
2
1
A3
1
1
1
1
2
3
3
3
1
2
2
2
A4
3
3
1
3
3
3
3
3
4
1
1
2
A5
3
3
1
2
3
3
3
1
2
1
2
2
A6
4
4
3
3
3
2
3
1
4
3
2
3
A7
4
4
4
3
3
3
3
4
5
4
3
3
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Criteri
sociali
-
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attributi
benessere e salute
accettabilita
A1
1
1
A2
4
2
A3
3
2
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A4
3
3
A5
3
3
A6
2
2
A7
3
4
Come si puo notare per A1 (non fare niente) si hanno valori bassi degli indici per il sociale ma valori alti per
l’ambiente soprattutto per fauna e flora. Cosi per elevati movimenti di terra in A2 si ha 1 per movimenti terra
mentre per A5 e A6 che passano in zone instabili si ha 1 per la pericolosità geomorfologica.
A questo punto si fa il confronto a coppie:
Matrice delle priorita
ambiente economico sociale sistema
somma
peso
ambiente
-1
0,5
1
2,5
2,5/6 = 0,417
economico
0
-0
1
1
0,167
sociale
0,5
1
-2,5
0,417
Tot: 6
1
Ora bisogna assegnare ai vari attributi i pesi in modo che la somma dia di nuovo 1.
Si rifa lo stesso metodo delle matrice delle priorità e ad esempio per il sociale:
Benessere
Accettabilita
-
benessere accettabilita
-0,5
0,5
--
sistema
1
1
somma
1,5
1,5
Tot: 3
peso
0,5
0,5
1
Quindi si valuta il peso finale che per il sociale : W fin = 0,417 x 0,5 = 0,208
che va moltiplicato per i valori della tabella iniziale in modo da avere i valori della matrice di valutazione
finale. L’alternativa A7 é quella con punteggio più alto, quindi la migliore, come mostra la seguente tabella
completa.
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Energie rinnovabili e risparmio energetico.
Energia solare. Il sole irradia nello spazio una potenza di 3,86. 10 23 KW ed arrivano al limite
dell’atmosfera 173000. 1012 Watt; a causa della riflessione dell’atmosfera (30% di albedo) entra solo il 70%
ed una parte di questa si perde poi per assorbimento arrivando al suolo 90000. 10 12 Watt. Questa può essere
captata e trasformata in calore o energia elettrica. I sistemi solari termici sono capaci di trasformare la
radiazione solare in calore mentre i sistemi fotovoltaici trasformano direttamente la radiazione in energia
elettrica. Nel primo caso si hanno i pannelli solari (lastra di vetro con piastra assorbente di alluminio ed un
sistema di tubi di rame in cui vi é il termovettore e quindi lo strato isolante di base) per il riscaldamento,
mentre nel secondo i moduli fotovoltaici costituiti da celle fotovoltaiche (una cella é costituita da 2 strati di
materiali silicei drogati in cui si genera un campo elettrico che orienta il flusso degli elettroni eccitati dalla
luce del sole). L’analisi di una utenza, per quanto riguarda i benefici ambientali ed economici, si fa
valutando: il tempo di ritorno economico e la riduzione annua di CO 2.
Esempio: per riscaldare 1 litro di acqua da 13° a 43°C si necessita una energia di 0,0348 KWh;
una doccia giornaliera é costituita da 60 litri ovvero per una abitazione monofamiliare di 4 persone il
consumo annuale diventa: 4 x 60 x 365 gg x 0,0348 = 3328 KWh /anno
Un pannello solare di 1 m2 produce 750 KWh /m2 anno per cui 4 m2 x 750 = 3000 KWh/ anno
Per valutare il ritorno economico, consideriamo che si sostituisce uno scaldabagno (0,18 eur / KWh).
Quindi costo impianto solare 2450 eur, aggiungendo 20 % IVA si ha 2940 eur. Il risparmio per il non utilizzo
di scaldabagno 3000 KWh x 0,18 = 540 eur, per cui il ritorno economico vale: 2940 / 540 = 5,4 anni.
Se si considera la detrazione irpef del 36 % si riduce a 3,5 anni. Le emissioni evitate di CO 2 si valutano in
385 kg/anno e considerando 20 anni di vita per l’impianto, in totale si hanno 7700 kg.
Per i sistemi fotovoltaici é importante l’orientamento (verso sud) per massimizzare l’energia solare raccolta.
Più difficile é trovare l’inclinazione dei moduli ed in genere si segue la regola empirica : latitudine del luogo
meno dieci gradi. Il sistema é costituito dai moduli e da un BOS (balance of system) ovvero il resto del
circuito a cui i moduli sono collegati e che presenta una efficienza di 75-85%. La quantità di energia solare
incidente al limite dell’atmosfera nell’unita di tempo é detta costante solare ed in media E0 = 1367 Watt/m 2
(potenza di irraggiamento su una superficie mentre KWh é una quantità di calore dato che 1KWh = 860
Kcal). L’unita di misura impiegata é il watt di picco Wp in ben determinate condizioni standard :
1000 W/m2 e temperatura 25°C.
Una cella fotovoltaica da 100 cm2 produce sotto soleggiamento di 1 KW/m2 e 25°C una corrente di 3 ampere
ed una tensione elettrica di 0,5 volt ovvero una potenza di 1,5 Wp.
Consideriamo moduli per 20 m2 ovvero 2000 celle e quindi 2000 x 1,5 = 3000 KWp che consentono di
ricoprire il fabbisogno annuo di una casa monofamiliare di 3000 KWh/anno.
Consideriamo un impianto fotovoltaico da 2600 KWp ed il proprietario vende l’energia a 0,445 eur a KWp
prodotto, ovvero guadagna 1157 euro. Il costo evitato dell’energia consumata é 2600 x 0,18 = 468 eur
all’anno. Quindi verranno pagati alla società elettrica 400 x 0,18 = 72 eur piu 31 eur di spese fisse.
Il vantaggio economico totale annuo: 1157 + 468 – 72 – 31 = 1522 eur.
Il costo dell’impianto con IVA 20% é 16 600 eur.
Tempo di ritorno dell’investimento: 16600/ 1522 = 10,9 anni
La vita dell’impianto é sui 30 anni per cui si hanno vantaggi economici per 20 anni.
L’energia eolica. Deriva dallo sfruttamento dell’energia cinetica del vento. In passato usata per produrre
energia meccanica per far muovere i mulini oggi é utilizzata per produrre energia elettrica.
La potenza in Watt degli aerogeneratori é funzione del cubo della velocità del vento e per v = 5 m/s
si ha P = 100 KW , mentre oltre 15 m/sec la potenza diviene costante.
Gli aerogeneratori possono essere ad asse orizzontale (asse del rotore é parallelo alla direzione del vento con
le pale che ruotano come quelle del mulino) o ad asse verticale (asse rotore perpendicolare alla direzione del
vento e meno frequenti). Il tipo più diffuso é quello ad asse orizzontale con tre pale lunghe 20 metri che in
presenza di una velocità media del vento di 25 km/h, produce 300 KW ovvero 300 x 24 h x 365 gg =
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2628000 KWh/anno. Moltiplichiamo per il rendimento di potenza della macchina 0,3 x 2628000 = 788400
che diviso per 3000 (consumo di una casa monofamiliare) si hanno 263 famiglie. Una fattoria del vento con
30 aerogeneratori da 300 KW l’uno coprono le esigenze di più di 7000 famiglie. Per ubicare le centrali
eoliche é preferibile trovare zone con venti costanti come cime di montagne, passi montani, zone costiere.
I lavori prevedono: viabilità di accesso, piazzole per gli aerogeneratori, fondazioni, cavidotti interrati inclusi
quelli di messa a terra, montaggio della torre tramite conci prefabbricati alta sui 50-60 m, montaggio
navicella che contiene il rotore-generatore, montaggio eliche.
La lista dei permessi e dei nulla osta é lunga ed a volte si sono costruite centrali avviate ma non
completamente approvate. Il problema maggiore é l’emergenza visiva e l’impatto acustico dovuto al
movimento del rotore. L’analisi dell’impatto visivo va fatto ricorrendo al supporto del piano regionale o
provinciale paesistico che permette di stabilire un indice numerico all’impatto paesaggistico dovuto al
progetto.
Le biomasse. Sono costituite da sostanza organica non fossile disponibile e reperibile in forma solida e
liquida. Le principali biomasse sono: residui zootecnici, rifiuti organici urbani, scarti agroindustriali, specie
vegetali coltivate per lo scopo.
Si ricorda che la fotosintesi clorofilliana: n (CO 2 ) + n (H2O) + luce  (CH2 O) n + n (O2)
e un processo che permette alle piante la produzione di carboidrati sfruttando la luce del sole.
Durante la combustione la reazione vista avviene al contrario con produzione di calore.
Quindi bruciando legna e residui legno-cellulosi agro-forestali si forma calore con produzione di energia
termica e /o elettrica, invece con la digestione anerobica di sottoprodotti agricoli putrescibili o reflui
zootecnici si forma biogas con produzione di energia termica e /o elettrica ed infine con piante zuccherine
per fermentazione alcolica si produce etanolo e di conseguenza miscele con benzine.
La legge finanziaria n° 449/1997 permette di detrarre nella dichiarazione dell’Irpef, il costo dell’intera spesa
sostenuta per il recupero del patrimonio edilizio e risparmio energetico e quindi anche per l’installazione di
stufe alimentate a biomassa con efficienza almeno del 70% come la calorina /F pellet che é una caldaia per
l’acqua calda alimentata da pellets, gusci di nocciole e di mandorle, ecc.
Attualmente le centrali elettriche a più alto rendimento sono quelle a ciclo combinato. Questo consite nel
bruciare il combustibile con aria in pressione e nell’immettere i prodotti in una turbina a gas; uscendo dalla
turbina i gas sono ancora caldi ed inviati ad uno scambiatore di calore dove riscaldano l’acqua e producono
vapor acqueo pressurizzato che viene immesso in una turbina a vapore dalla quale poi esce vapore freddo
convogliato alle torri di raffreddamento. Con questo metodo si raggiungono rendimenti di impianto del 60%
ovvero il 40% dell’energia viene buttata via alla temperatura ambiente. Si puo ovviare a cio con la
cogenerazione prelevando questa energia termica degradata e portarla a 90°C tramite combustione di
biomasse e quindi riscaldare acqua.
Un inceneritore (combustione di rifiuti solidi urbani) produce dei gas che vengono inviati ad un motore
endotermico a biogas collegato ad un alternatore per la produzione di energia elettrica e nello stesso
momento intorno al motore vi é un sistema dove l’acqua viene riscaldata ed inviata in un circuito che va alle
abitazioni (teleriscaldamento).
Esempio: dato un motore endotermico che consuma 8 m3 di biogas all’ora, calcolare la potenza elettrica del
generatore accoppiato, sapendo che il rendimento meccanico del motore é 33%
Il potere calorifico effettivo del biogas é 5500 Kcal /m 3 per cui il calore sviluppato all’ora:
E = 8 m3 . 5500 = 44000 Kcal
Il lavoro prodotto in un ora: W = 0,33. 44000 . 4,185 KJ / kcal = 60766 KJ
La potenza meccanica del motore: P = W/t = 60766 KJ /3600 secondi = 16,88 KJ /s = 16880 W
La potenza del generatore accoppiato al motore vale: Pel = 0,9 .16,88 = 15,192 KW
Se si vuole calcolare il calore disponibile per il riscaldamento dell’acqua dobbiamo considerare un fattore di
recupero di 0,6 ovvero E = 44000. 0,6 = 26400 Kcal
Il volume di acqua che puo essere riscaldato, da 10°C a 70°C, in un ora risulta: V = E / dT
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V = 26400 / 70 - 10 = 440 dm3
L’energia idraulica. Sfrutta l’energia potenziale dell’acqua in quota o comunque da un dislivello.
Si ricorda che il sole scalda l’acqua del mare e fa salire il vapor acqueo che acquista energia potenziale.
Il vapore si condensa e cade al suolo sotto forma di piogge e neve. L’acqua che cade in montagna viene
trattenuta dalle dighe per cui si conserva energia potenziale. Scendendo nelle condotte forzate l’acqua perde
energia potenziale ed acquista energia cinetica in grado di far ruotare le turbine che azionano un alternatore
(generatore di corrente alternata) che non é altro che un grosso magnete che viene fatto ruotare di fronte a
delle spire di rame (il fenomeno dell’induzione elettromagnetica produce corrente elettrica in una spira di
rame quando varia il flusso magnetico dentro la spira a causa di un movimento di un magnete) e svolge in
pratica l’azione inversa di un motore sincrono presentando la stessa struttura di base. Il motore sincrono
Rowan é sincronizzato con la frequenza (in Italia 50 herz) della tensione di alimentazione, solitamente trifase
e puo essere utilizzato come alternatore. La potenza di un impianto vale: P = 9,81 μ QH (Watt)
Con Q portata litri /sec e H salto disponibile in metri e mu = 0,6 - 0,8 rendimento dell’impianto.
Gli impianti si classificano in base a Q (media portata 10 - 100 m 3/sec) in base al salto H ovvero dislivello tra
livello idrico a monte e livello turbina (media caduta tra 50 - 250 m) ed in base all’efflusso idrico. In
quest’ ultimo caso si hanno:
- impianto a bacino: si ha un bacino di accumulo a monte ovvero si utilizza una diga a gravita con le
classiche condotte di derivazione e forzate;
- impianto ad acqua fluente: la portata dell’acqua turbinata dipende dal flusso disponibile e lo sbarramento ha
solo la funzione di provocare un salto idraulico quindi si possono utilizzare anche traverse lungo un fiume
ovvero dighe di piccole dimensioni. La centrale può essere sul lato del fiume o ricavata dentro la diga, ed é
divisa in due piani dove al primo piano ci sono le turbine e al piano superiore gli alternatori.
I certificati verdi sono stati introdotti con il decreto di liberalizzazione D.lgs 79/1999 del settore elettrico
come attuazione della direttiva europea 96/1992 CE e sono una forma di incentivazione di energia elettrica
da fonti rinnovabili e si tratta di titoli negoziabili che corrispondono alla CO 2 non prodotta. I grandi
produttori di energia non rinnovabile (carbone, petrolio), sono obbligati ad acquistarli dato che devono
immettere in rete una certa quantità di energia rinnovabile (era 2 % nel 2001, e tendente ad aumentare fino al
7%). I Certificati Verdi possono essere richiesti in due modi: a consuntivo, in base all'energia netta
effettivamente prodotta dall'impianto nell'anno precedente rispetto a quello di emissione; a preventivo, in
base alla producibilità dell’impianto netta attesa.
Esempio: P = 0,8. 9,8. 120 litri /sec. 20 m = 188352 W = 18,8 KW
Assumiamo 13 KW di potenza riproducibile per cui 13 x 8760 h si hanno 113880 KW h /anno
Un certificato verde vale 112 eur/ MWh ovvero 0,112 eur / KWh e quindi il ricavo dai certificati verdi a
preventivo: 113880 x 0,112 = 12754 eur/anno. L’emissione dei Certificati Verdi a preventivo è subordinata
alla presentazione di una garanzia a favore del GSE (gestore servizi energetici), sotto forma di fideiussione
bancaria.
L’energia geotermica. Deriva da un sistema geotermico che può essere definito come un sistema formato da
tre elementi: sorgente di calore, serbatoio, fluido La sorgente può essere una intrusione magmatica a
temperatura superiore ai 600°C oppure é il normale calore terrestre dato che é noto che il gradiente
geotermico in media vale 2,5- 3° / 100 m. Il serbatoio é il complesso di rocce calde permeabili ricoperto da
rocce impermeabili nei quali i fluidi possono circolare ed é connesso con zone di ricarica di acqua piovana.
Si usa spesso la classificazione di White (1973) :
- sistemi geotermici ad acqua dominante: sono i piu diffusi ed il fluido é acqua a 125°- 225 °C;
- sistemi a vapore dominante: dove il fluido é per lo piu vapore ad alta temperatura come The Geysers dove
fuoriesce vapore secco surriscaldato (a 100 °C e pressione atmosferica l’acqua coesiste con il vapore in
equilibrio ed il vapore è umido mentre se continuiamo a riscaldare si ha un surriscaldamento, la fase liquida
scompare e si avrà al termine solo vapore secco).
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Metodi geofisici di superficie permettono di individuare potenziali serbatoi quindi tramite perforazioni si
misurano le temperature in foro, in modo da calcolare in seguito se il serbatoio é produttivo ovvero se
contiene una sufficiente quantità di fluidi. Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con temperatura di
150 °C e sono disponibili nel tipo a contropressione e a condensazione.
Nel primo tipo il fluido del pozzo é inviato ad un separatore acqua/vapore in modo che quest’ultimo é inviato
alla turbina a vapore, mentre il secondo tipo é più complesso, dato che presenta una impiantistica ausiliaria,
ovvero dopo il separatore il vapore entra in un turbo-alternatore e quando esce va ad un condensatore ed in
seguito alla torre di raffreddamento.
La geotermia in passato si é utilizzata per la balneologia e il riscaldamento urbano, per usi agricoli e
acquacoltura. Le pompe di calore sono motori, come i frigoriferi, e possono sfruttare la temperatura costante
del terreno al di sotto di 15 m di profondità. Più la differenza tra temperatura esterna e temperatura costante
del suolo è alta, migliore sarà il rendimento della pompa di calore. Infatti questa tecnologia è particolarmente
diffusa nel nord dell’Europa dove, a causa dei climi estremamente rigidi, le tecnologie convenzionali
avrebbero difficoltà di esercizio e costi di funzionamento più alti. Per trasferire il calore dal terreno agli
edifici da riscaldare si utilizzano particolari scambiatori di calore detti sonde geotermiche: tubi ad U costituiti
da materiali con alta trasmittanza termica nei quali passa un liquido (generalmente una soluzione acquaglicole, per evitare il congelamento in presenza di basse temperature superficiali) che assorbe il calore e lo
porta in superficie. Le sonde possono essere di tre tipi: verticali, orizzontali, pali energetici. Nel primo caso
si fanno perforazioni profonde (100-130 m) nel secondo si deve avere un terreno pianeggiante e le
profondità sono modeste (fino a 5 m), ed infine il terzo caso, poco usato, si mettono le sonde nei pali di
fondazione di un edificio.
Sonde verticali costituite da un tubo ad U verticale; quelle orizzontali a serpentina sono disposte nel
terreno come sotto il pavimento e possono essere usate per fornire l’acqua calda. A rigore solo le sonde
verticali sono geotermiche mentre le serpentine orizzontali sfruttano il calore del sole nel terreno
superficiale.
Le prestazioni delle pompe di calore sono individuate dal: coefficiente relativo al solo compressore E e
coefficiente relativo al compressore e mezzi ausiliari COP. Significa che se COP = 4, vuol dire che con
l’energia elettrica spesa é possibile spostare (dalla sorgente fredda a quella calda) 4 KW di calore.
Esempio: si vuole determinare la superficie richiesta interessata da sonde orizzontali (tubi in plastica nel
terreno con disposizione orizzontale a serpentini con interasse 40 cm) atti a servire una pompa di calore di
Q = 9000 watt nell’edificio. Si ha COP = 4 mentre il rendimento specifico del terreno é stato valutato in
q = 20 W /m2 (terreno sabbioso secco 10-15, sabbioso umido 15-20, argilloso secco 20-25, argilloso umido
25-30). La potenza elettrica assorbita dalla pompa di calore: Pel = 9000 /4 = 2250 W; essendo tale potenza
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ceduta dalla pompa al fluido vettore dell’impianto, la potenza da scambiare con il terreno risulta
Q ter = 9000 – 2250 = 6750 W.
Per la messa in opera degli scambiatori é pertanto richiesta una superficie:
S = Qter / q = 6750/20 = 337,5 m2
Sviluppo sostenibile. Il rapporto Bruntland “Our Common Future” (1987) fornisce la prima definizione di
sviluppo sostenibile “ lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza
compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni “
Agenda 21. Nel 1992 si tenne l’Agenda 21 (21 riferito al secolo XXI) o summit di Rio “programma d’azione
per lo sviluppo sostenibile” in cui si affrontavano varie tematiche: demografia, commercio, tecnologie,
sviluppo rurale, istituzioni internazionali, ecc. Il summit propose linee guide applicabili a livello globale
nazionale e locale utili per amministrazioni e ONG per ogni area in cui vi é un processo antropico.
I temi più importanti :
- costruzione di un mondo più giusto (vita sostenibile per tutti che implica di ridurre la povertà nelle zone
depresse e assicurare una vita equa e sana per tutti) ;
- promozione di un mondo fertile e pulito (utilizzazione efficiente dell’energia, mantenendo le risorse
naturali e una oculata gestione dei prodotti chimici e rifiuti tossici);
- costruzione di un mondo prospero (crescita economica sostenibile).
Il primo tema coinvolge un problema ambientale molto importante: l’aumento della popolazione.
A causa dell’aumento della popolazione e della diminuzione della fertilità dei suoli la produzione di cibo é
diminuita per abitante del 2% tra il 1980 e 1990. Se si dovesse avere questo trend alcuni studiosi pensano che
il limite di popolazione sulla terra sia sui 12 miliardi. Per quanto riguarda il metabolismo degli umani nella
citta, l'approvvigionamento e il flusso di cibo possono essere espressi con la relazione: Nt – Sd = Nc - Sp
Con Nt, nutrienti totali necessari all’area urbana, Sd scarti nella distribuzione, Nc quantità nutrienti
consumata ed Sp scarti nella preparazione di cibo. Per il primo scarto si verificano gli scarti dei mattatoi e
mercati, mentre per il secondo il contenuto dei nutrienti nelle acque nere. Le grandi citta hanno scarti
frequenti intorno al 17% gia solo nella distribuzione; ad esempio a New York la frutta si avariava gia al 50%
prima di giungere ai consumatori. Man mano che le citta diminuiscono di abitanti, gli scarti si riducono.
Evidentemente se si consuma troppo in una parte del mondo si muore di fame dall’altra, e quindi con vita
sostenibile significa redistribuire meglio le demografie ed i consumi.
Il secondo tema riguarda i mutamenti indotti dalle azioni dell’uomo sui sistemi naturali, in pratica per il
bilancio tra le entrate e le uscite si possono avere 3 casi:
- entrate = uscite es. estrazione di sale da una salina
- entrate < uscite ; es. estrazione di minerali
- entrate > uscite ; es inquinanti in un corpo d’ acqua
Lo sfruttamento incondizionato di giacimenti minerari può provocare problemi per le generazioni future ed a
questo aspetto é relazionato anche l’aspetto energetico. Infatti in natura, perché si ricostruisca un deposito
geologico deve passare molto tempo, quindi per sostenibilità energetica significa sfruttare e incentivare le
fonti energetiche rinnovabili e pulite (energia solare, eolica, idraulica, geotermica e biomasse) nonché il
risparmio energetico che induce un abbattimento dell’inquinamento.
Le fonti rinnovabili permettono di ridurre l’aumento della C0 2 in atmosfera e il conseguente effetto serra che
ha provocato: aumento delle temperature, aridità e diminuzione acqua potabile.
Per valutare il mondo “fertile e pulito” é stata introdotta l’impronta ecologica che é un indicatore
dell’impatto ambientale dell’azione dell’uomo. Puo essere definita come la superficie totale di ecosistemi
terrestri e acquatici produttivi richiesta sia per produrre le risorse che la popolazione umana consuma sia per
assimilare i rifiuti che produce. Confrontando l’impronta ecologica procapite con la disponibilità di
biocapacità procapite (quella quantità di terra che effettivamente puo fornire risorse e ricevere rifiuti ad
individuo) si puo calcolare il deficit ecologico procapite e capire se il livello dei consumi e sostenibile o
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meno. Ad esempio l’impronta ecologia media mondiale procapite é di 2,8 ettari, mentre la biocapacita
mondiale procapite é di 2,2 ettari, quindi il deficit risulta di - 0,6 ettari; questo significa che stiamo
depauperando le risorse terrestri e che dovremmo avere a disposizione già adesso ¼ di Terra in più.
L’impronta ecologica suddivide il territorio ecologicamente produttivo in 6 aree: terreno per l’energia (scarti
come CO2 emessa), terreno agrario (superfici arabile e di zone utilizzate non per alimentari come cotone,
iuta, tabacco), pascoli (superfici dedicata all’allevamento, e di tutti i derivati come uova latte, lana), foreste
(area per produzione di legname), superfici degradata (terreno ecologicamente improduttivo dedicato alle
infrastrutture, abitazioni, aree servizi , ecc.), mare ( superficie marina necessaria alla crescita delle risorse
ittiche consumate). In genere ad ogni territorio viene assegnato un’unica categoria anche se questo non é
rigorosamente esatto si tratta di una approssimazione accettabile. Per rendere comparabili tra loro gli usi dei
diversi tipi di terreno si usa l’ettaro equivalente che é pari a 0,3 ha di terreno arabile, 0,6 ha di foreste, 2,7 ha
di pascoli, 16,3 ha di superficie marina. Il calcolo procede in questo modo :
Si calcolano i consumi medi Cn (espressi in Kg/anno) per ogni bene o prodotto n consumato dalla
popolazione residente. Si calcola la superficie Sn ( in ha ) necessaria per la produzione dello specifico bene n
ottenuta con la : S n = Cn / Pn ; dove Pn = produttività media annua (kg / ha anno). Nel caso dei territori per
l’energia la produttività media Pn deve essere intesa come la quantità in Kg di sostanze inquinanti. Infine
l’impronta ecologica si trova come sommatoria delle varie Sn ( beni consumati).
Per il terzo tema invece sono stati considerati indicatori prettamente di tipo economico come :
- PIL = prodotto interno lordo che in inglese é definto GPD (gross domestic product), che é il valore
complessivo dei beni e servizi prodotti all’interno del Paese in un certo intervallo di tempo ( in genere in un
anno) e destinati ad usi finali (consumi finali, investimenti, esportazioni nette).
Matematicamente si scrive: PIL = C + I + G + (X - N).
Dove C sono i consumi finali o le spese delle famiglie (la farina é un bene finale se venduta come farina
mentre è un bene intermedio se venduta al panettiere per fare il pane, quindi il valore della farina in questo
caso é incorporato nel valore finale del pane), I sono le spese per gli investimenti privati in beni durevoli
(nuovi macchinari per le imprese, automobili per i privati), G le spese della pubblica amministrazione, X le
esportazioni, ed M le importazioni.
Se la crescita del PIL avviene a un tasso superiore a quello della popolazione, il tenore di vita del paese
registra un miglioramento, e viceversa. In base a dati relativi al 1996 il PIL pro capite italiano (PIL diviso
popolazione residente) è di quasi 20000 dollari statunitensi, quello del Giappone di quasi 35000, quello
statunitense di circa 25000.
- GPI = Genuin progress indicator : misura l'aumento della qualità della vita di una nazione, evidenziando
l'incremento della produzione di merci e l'espansione dei servizi che hanno provocato realmente sul
miglioramento del benessere della gente del paese. I fautori di GPI sostengono che misura più
attendibilmente il progresso economico, poiché distingue fra sviluppo utile e sviluppo poco economico.
Il confronto tra il PIL e il GPI é analogo alla differenza che c’è tra il Ricavo Totale di un'azienda e l'Utile
essendo come noto: Utile = Ricavo - Spesa
Di conseguenza, il GPI sarà zero se i costi finanziari del crimine, della riduzione delle risorse e terreni
coltivabili e dell'inquinamento uguagliano i benefici finanziari nella produzione di beni e di servizi.
Economia classica e ambientale. Gli individui assegnano alle risorse valori d’uso e concordano attraverso
la produzione di leggi, di regole e attraverso le consuetudini, l’attribuzione ai soggetti (individui,
associazioni di individui e la collettività) i diritti di uso dei beni. Da questi presupposti deriva la natura
economica delle discipline che si occupano della valutazione di beni economici, tra le quali si colloca
l’Estimo. Perchè un bene possa essere definito economico deve essere scarso, deve cioè essere limitata la sua
accessibilità e la sua possibilità di uso in funzione della domanda si uso del bene stesso, e su di esso deve
essere possibile definire un diritto d’uso di uno o più individui, o di tutta la collettività. Per rarità si intende la
scarsità del bene, in rapporto alla sua utilità. Se una popolazione di n individui beneficia di una utilità
esplicata da un bene x, l’impossibilità di soddisfare la domanda di uso o di possesso di tutti gli n individui è
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misura della scarsità del bene. Il tema della scarsità delle risorse trova ampia accoglienza nelle idee e nelle
teorie dei padri della economia classica. Secondo Adam Smith (1723-1790) la ricchezza delle nazioni si
fonda sulla costruzione di un equilibrio tra produzione e domanda, nel quale ciascun individuo è in grado di
trovare il proprio benessere. Ma questo equilibrio è basato sulla disponibilità di risorse da trasformare in beni
economici. D. Ricardo 1770-1823 individua i seguenti elementi fondamentali, su cui si fonda la
microeconomia, della produzione:
· Terra (risorse naturali)
· Lavoro (tecnologia e risorse umane)
· Capitale
Il diritto di uso di un bene può coincidere con la proprietà, l’usufrutto, l’affitto, una servitù e così via.
In funzione della natura individuale o collettiva di chi esercita il diritto di proprietà i beni possono essere
distinti in :
- beni privati, liberi o di mercato. La loro proprietà è divisibile tra un numero discreto di soggetti, che
possono trasmettere attraverso una espressione di volonta o un contratto.
– beni pubblici o comuni. Un bene pubblico è di proprietà di un insieme di soggetti, che hanno tutti
contemporaneamente diritti su di esso, ma non possono trasmetterli secondo la loro volontà. Non vale il
principio di esclusività. La costa ad esempio è un bene demaniale, utilizzabile da una parte della collettività
(i bagnanti, i pescatori, ecc) secondo regole imposte dalla legge. Un bene comune, un “common”, è un bene
di uso della collettività la cui proprietà non è attribuibile in maniera certa.
Una classificazione ulteriore riguarda i beni materiali, in funzione della loro modalità d’uso:
- Beni diretti o di consumo
- Beni strumentali o capitali
I primi soddisfano un bisogno diretto, esplicabile attraverso la loro acquisizione (cibo, abbigliamento,
alloggi, etc) mentre i secondi legati alla produzione di beni diretti (ad esempio, i materiali da costruzione.
Il punto P, dove si incontrano curva di domanda e di offerta è il punto di equilibrio di mercato.Il fatto che vi
siano più consumatori ad esprimere la domanda per uno stesso bene quindi induce ad un’abbassamento del
punto di incrocio tra domanda e offerta. Il “risparmio” rappresentato dal fatto che all’aumentare della
domanda si acquista ad un prezzo più basso viene detto surplus.
I mercati possono essere, in una rappresentazione teorica:
- di perfetta concorrenza: la domanda è rappresentata da un numero infinito di consumatori, e l’offerta da un
numero infinito di produttori;
- di monopolio: la domanda è rappresentata da un numero infinito di consumatori, e l’offerta da un solo
produttore
- di monopsonio: la domanda è rappresentata da un consumatore, e l’offerta da infiniti produttori.
Esiste infine l’oligopolio, nel quale la domanda è rappresentata da un numero infinito di consumatori, e
l’offerta da un numero limitato di produttori.
Il modello di domanda e offerta rappresentato è stato ampiamente criticato. Il cosiddetto fallimento del
mercato, è imputabile principalmente :
- alla assenza di disponibilità immediata di informazione, alla impossibilità di adeguare istantaneamente
l’offerta alla domanda;
- alla limitata razionalità del consumatore (definizione dovuta al premio Nobel Simon, 1965).
I mercati sono generalmente oligopolistici, quindi controllati da pochi produttori, e in tali modelli il prezzo è
deciso più da politiche derivanti dalle competizioni interne agli organi direttivi dei soggetti produttori (le
grandi società) che da questioni di equilibrio di mercato.
Alle tradizionali critiche del modello economico neoclassico incentrate sul rapporto tra produzione,
domanda, forma di mercato e informazione, con la nascita della cultura ambientale si sono aggiunte ulteriori
considerazioni derivante dalla esistenza di un rapporto tra gli aspetti tipici dell’economia del mercato e il
“mondo esterno”, inteso come portatore di risorse, come quelle ambientali, la cui esistenza è sicuramente
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influenzata, e spesso compromessa, dallo sviluppo del mercato stesso. Le prime critiche da questo punto di
vista precedono addirittura la nascita dell’economia ambientale.
T.Malthus mette a punto agli inizi dell’Ottocento la cosidetta teoria delle catastrofi denunciando per primo il
problema della esauribilità delle risorse. Sulla base delle teorie di Malthus e Ricardo si elabora una
concezione dinamica dell’economia basata su due assunti principali:
- l’inevitabilità del conflitto tra crescita della popolazione e limitatezza delle risorse;
- l’incapacità sostanziale del progresso tecnologico di compensare le perdite di produttività dovute
all ‘esaurimento delle risorse.
Da questo punto di vista i modelli dell’economia neoclassica e classica fondano la loro visione di sviluppo
sul rapporto tra mercato produzione e domanda, sono risultati drammaticamente limitati alla luce della storia
recente del nostro pianeta. Le risorse ambientali non sono sostituibili. Il benessere individuale è garantito dai
processi produttivi che trasformano le risorse naturali in beni strumentali all’uomo. L’ideologia della crescita
illimitata si è trasferita nel processo di crescita urbana e territoriale producendo megalopoli e immense
periferie. Questo processo non può prescindere dall’uso e dal consumo di risorse naturali. L’economia
neoclassica considera le risorse naturali disponibili in quantità costante nel tempo. A questo proposito va
fatta una precisazione: le risorse naturali sono esauribili, nel momento in cui il loro tasso di trasformazione
supera la loro eventuale possibilità di rigenerazione come visto. Una trasformazione è sostenibile se
incrementa almeno una forma di capitale (economico finanziario, sociale, naturale) senza decrementare gli
altri. La stima del valore conservato o prodotto da una trasformazione per le generazioni future ci riconduce
dalla sostenibilità al valore sociale complesso tipico dell’economia ambientale.
I metodi di stima (beni che pur se sprovvisti di mercato, erogano un servizio per la collettività come litorali
balneabili, servizi ricreativi nelle aree protette, aree di valore paesaggistico etc.) più frequenti si basano su:
- prezzi edonici e individuazione di mercati surrogati;
- individuazione del costo erogato dagli utenti per accedere al bene (costo del trasporto o metodo di
Clawson)
- individuazione della “disponibilità a pagare” (valutazione di contingenza) ;
- metodi basati sulla disponibilità a rinunciare ad altri beni o servizi (monetizzabili) in favore del bene
ambientale stimato (costo - opportunità).
Il metodo dei “ prezzi edonici “ é una tecnica utilizzata spesso per il settore immobiliare. Essa parte dalla
constatazione che la diversità dei valori ambientali fa variare i prezzi degli immobili e cerca di stabilire
quindi la parte da attribuirsi all'ambiente nelle differenze di prezzo degli immobili. Di solito si usa la tecnica
della regressione multipla su una serie di valori immobiliari situati in località aventi caratteristiche
ambientali differenziate. La “ valutazione di contingenza” si basa sulla determinazione della disponibilità a
pagare (Willingness to Pay o WtP) con la quale si costruisce una curva di domanda rispetto al prezzo.
Il principio cardine è quello dell’interrogazione diretta basata sulla richiesta di una disponibilità a pagare
individualmente una somma in denaro per la conservazione di un bene ambientale o culturale.
L’interrogazione avviene in varie forme. Ciascuna di esse presenta vantaggi e svantaggi.
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