Sise Newsletter n. 34
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Sise Newsletter n. 34
NUMERO 34 - GIUGNO 2006 SISE r e t t e l s w e n SOCIETÀ ITALIANA DEGLI STORICI DELL’ ECONOMIA CONVEGNO DI STUDI SISE “Archivi d’impresa: stato dell’arte e controversie” Spoleto, 11 novembre 2006 Si svolgerà l’11 novembre 2006 a Spoleto, presso il Chiostro di San Nicolò, il Convegno di Studi su Archivi d’impresa: stato dell’arte e controversie, organizzato dalla SISE in collaborazione con l’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano” (ICSIM) di Terni. Il programma prevede, nella mattinata, le relazioni di TOMMASO FANFANI (Università di Pisa), Gli Archivi d’impresa: lo stato dell’arte; FRANCESCA PINO (Direttrice Archivio Storico Banca Intesa, Milano), L’Archivio della Banca Commerciale Italiana; MARCO DORIA (Università di Genova), Gli Archivi dell’Ansaldo; GIORGIO BRACCO e CLAUDIO BERMOND (Università di Torino), Gli Archivi tecnici: le Officine Nazionali di Savigliano di Torino; FRANCO AMATORI (Università “L. Bocconi”, Milano), Gli Archivi dell’IRI; GIOVANNI LUIGI FONTANA (Università di Padova), Esperienze di Archivi territoriali. Nel pomeriggio, i lavori riprenderanno con le relazioni di PAOLA CARUCCI (direttrice Archivio Storico della Presidenza della Repubblica), Il costituirsi di un Archivio: il punto di vista dell’Archivista; LUCIANO SEGRETO (Università di Firenze), Il costituirsi di un Archivio: il punto di vista dello Storico; GIAMPIERO NIGRO (Università di Firenze), L’Archivio d’impresa come valore civile e culturale: l’Archivio “Datini”; AMEDEO LEPORE (Università di Bari), Fonti elettroniche per gli archivi d’impresa. Concluderà il Convegno una tavola rotonda animata da CESARE ANNIBALDI (già responsabile relazioni esterne FIAT), Confindustria e Archivi d’Impresa; TOMMASO FANFANI (Università di Pisa), La Fondazione Piaggio; RENATO COVINO (direttore ICSIM), Gli Archivi d’impresa nell’Italia Centrale; GIULIANO MUZZIOLI (Università di Modena e Reggio Emilia), Le Municipalizzate; LUIGI DE MATTEO (Università “L’Orientale”, Napoli), Gli Archivi d’impresa nell’Italia Meridionale. PAG. 1 Attività SISE PAG. 1 Conferenze e convegni CONFERENZE E CONVEGNI Convegno Internazionale: Dal fatalismo allo sfruttamento del rischio. Il rischio e le economie del Mediterraneo dal Medioevo ai giorni nostri, Roma, 11-13 maggio 2006. Si è svolto a Roma, dall’11 al 13 maggio, il quarto incontro del programma di ricerca su Les sociétés méditerranéennes devant le risque. Il Convegno, patrocinato, tra le altre istituzioni, anche dalla SISE e organizzato dal Centro di Ateneo per lo Studio di Roma, dal Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi Roma Tre e dall’École Française de Rome, si è svolto presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università Roma Tre. Vi hanno partecipato studiosi di varie sedi universitarie italiane e straniere, garantendo un ampio confronto sulle varie forme di rischio che dal Medioevo ai giorni nostri hanno caratterizzato le economie del Mediterraneo. Dopo il colloquio del Cairo (Institut Français d’Archéologie Orientale) su Empires et états nationaux en Méditerranée: la frontière entre risque et protection (6-8 giugno 2004) e quello di Atene su Les risques alimentaires (28 settembre - 1 ottobre 2005), l’analisi delle forme di gestione e di percezione dei rischi economici si è posto come obiettivo di contribuire a una migliore comprensione delle società mediterranee. L’ultimo incontro del programma, sulla rappresentazione dei rischi, si terrà PAG. 5 Visto? PAG. 13 Eventi PAG. 18 Call for papers ter t e SISE l news a Aix-en-Provence, presso la Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, dal 22 al 24 marzo 2007 (per il call for papers si veda, qui, la relativa sezione). Il rischio in sé è un fenomeno immateriale e la sua comprensione si basa sulla capacità di capire gli eventi e le esperienze del passato e di proiettare le lezioni apprese in un quadro di riflessione sul futuro. Esiste una pluralità di forme di rischio che presentano caratteristiche assai diverse. In generale, i rischi derivano da due fattori fondamentali: quelli imputabili all’azione dell’uomo e altri, invece, imputabili alla natura. Per questo il rischio non è sempre riconducibile a una minaccia oggettiva ma, a volte, anche ad un pericolo potenziale. La comprensione dei rischi “reali” o “possibili” richiede un processo estremamente complesso, il cui livello di problematicità è attenuato dalle tecniche di analisi del rischio basate sulla statistica e sulla teoria delle probabilità. Per quanto riguarda le esperienze del passato, l’obiettivo è quello di riuscire a far emergere un quadro ragionevolmente chiaro dei rischi e di come fosse possibile fronteggiarli. Il Convegno, avviato con i saluti del prorettore dell’Università Roma Tre, RENATO MORO, e del direttore dell’École Française de Rome, MICHEL GRAS, si è articolato in quattro sessioni, ognuna delle quali ha affrontato importanti aspetti del rischio di alcune realtà economiche dell’area mediterranea. La prima sessione, presieduta da CARLO MARIA TRAVAGLINI (Università Roma Tre), con una breve introduzione di OLIVIER RAVEUX (Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, Aix-en-Provence, Unité Mixte de Recherche Temps, Espaces, Langages, Europe MéridionaleMéditerranée – TELEMME), è stata dedicata a Rischi mercantili. I tre interventi che hanno caratterizzato questa prima parte del Convegno si sono occupati di alcuni importanti aspetti dei rischi legati alle principali attività mercantili del Mediterraneo. In particolare, CLAIRE JUDDE DE LARIVIÈRE (University of London, Birkbeck College), nella sua relazione Marchands et armateurs vénitiens face aux risques: perception, discours et réactions (XVe-XVIe siècles), dopo aver illustrato i principali pericoli a cui erano esposti i mercanti e gli armatori veneziani, ha analizzato gli aspetti legati alla percezione, comunicazione e gestione del rischio. PAOLA LANARO (Università Ca’ Foscari, Venezia), invece, nel suo intervento su Manifattura, commercio e proprietà fondiaria: il rischio negli investimenti del patriziato veneziano e di terraferma nella prima età moderna, ha focalizzato la sua analisi sui rischi negli investimenti del patriziato veneziano. Il terzo ed ultimo intervento ha analizzato un particolare aspetto dell’attività assicurativa delle compagnie di assicurazioni operanti sulla piazza di Cadice. La relazione di ARNAUD BARTOLOMEI (Casa de Velázquez, Madrid) su Les compagnies d’assurance par actions à Cadix: les limites d’un calcul rationnel du risque maritime (1780-1805) ha, infatti, posto l’attenzione sui limiti legati ad una valutazione del rischio marittimo fondata esclusivamente sul calcolo delle probabilità e sulla statistica. 2 La seconda sessione, presieduta da XAVIER HUETZ DE LEMPS (Casa de Velázquez, Madrid), è stata dedicata a La pericolosità del quotidiano: rischi individuali e collettivi. L’ampio quadro che è emerso dalle relazioni di DANIELA CICCOLELLA (CNR-ISSM, Napoli) e ALBERTO GUENZI (Università di Parma), Scambi e gestione del rischio sui mercati locali e regionali: il caso del contratto alla voce nel Mezzogiorno in età moderna; CARLOS ÁLVAREZ NOGAL (Universidad “Carlos III”, Madrid), Estrategias para reducir los riesgos vinculados con la reputación en el siglo XVIII: la red interpersonal; XAVIER DAUMALIN e OLIVIER RAVEUX (Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, UMR TELEMME), Risque et travail minier: l’exemple provençal (1744-2003); AGUSTÍN FLETA, FRANCISCO RAMÍREZ, EDUARDO DE LOS REYES e ARÓN COHEN (Universidad de Granada), Les pratiques d’une gestion d’entreprise du risque au travail: Peñarroya (première moitié du XXe siècle); RITA D’ERRICO (Università Roma Tre), A costo della vita. Episodi di bonifica nell’Agro romano prima del ’900; ROSANNA SCATAMACCHIA (Università di Bologna), Scale di rischio. Appunti su esperienze e regole di una banca di emissione: la Banca d’Italia (1894-1936), ha offerto un interessante confronto sulle diverse attività e istituzioni produttrici di rischi che investivano il singolo individuo, ovvero una determinata collettività di persone. La terza sessione, presieduta da ANNE COUDERC (École Française d’Athènes) e dedicata a Speculazioni finanziarie e produttive, ha privilegiato l’analisi dei rischi legati alle attività di produzione e al mercato dei capitali. Dalle relazioni di MARINA ROMANI (Università Bocconi, Milano), Reti relazionali e reti di credito ebraiche in Italia centro settentrionale tra XIV e XVI secolo. Alcune evidenze empiriche; GÉRARD CHASTAGNARET (Casa de Velázquez, Madrid), Les logiques économiques du risque dans l’exploitation d’une matière première: le cas des fièvres minières espagnoles du milieu du XIX e siècle; Á NGEL P ASCUAL M ARTÍNEZ S OTO (Universidad de Murcia), La préférence pour le crédit informel, une manière de réduire le risque? Le cas du sudest espagnol, 1850-1930; S YLVIE D AVIET (Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, UMR TELEMME), Paris industriels et risques pour le territoire: l’exemple de la Méditerranée et des nouvelles technologies; ALAIN D’IRIBARNE (Maison des Sciences de l’Homme, Paris), Risque sur l’emploi lié à la mobilité des capitaux; GIOVANNI FAVERO (Università Ca’ Foscari, Venezia), L’impresa a rete come strumento di contenimento del rischio: il caso Benetton, è emerso un ampio quadro del sistema dei rischi relativi alle attività finanziarie e produttive, nonché degli strumenti o strategie che potevano svolgere un’azione di contenimento del rischio. La quarta e ultima sessione, presieduta da ANTONIO DI VITTORIO (Università di Bari), è stata dedicata a L’economia e la socializzazione del rischio. Le relazioni di GIOVANNI CECCARELLI (Università di Parma), I mediatori del rischio: sensali e broker assicurativi tra tardo Medioevo e prima Età moderna; POTITO MICHELE QUERCIA (Università di Bari), Un 3 caso di socializzazione del rischio nel Mediterraneo del XVI secolo: Maiorca; LAURENCE AMERICI (Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, UMR TELEMME), Prévoyance et mutualité face au risque social: un modèle italien pour la France méridionale?; KOSTAS KOSTIS (École des Hautes Études en Sciences Sociales, Paris), Les risques du métier ou la vision du monopole. Le développement du crédit agricole par la Banque Nationale de Grèce, 1914-1927; OLIVIER FEIERTAG (Université de Rouen), Les sociétés méditerranéennes face au risque monétaire au XXe siècle; FILIPPO SBRANA (Sanpaolo IMI), L’assicurazione ed il finanziamento delle esportazioni: una scommessa del “sistema paese” italiano (1953-1984), hanno evidenziato, a seconda delle diverse epoche e dei casi analizzati, forme diverse di socializzazione del rischio realizzate da istituzioni, ovvero da specifiche comunità. Nelle conclusioni di GÉRARD CHASTAGNARET sono stati evidenziati alcuni importanti aspetti legati alla problematica del rischio. Partendo dalla considerazione che il rischio pone in essere una successione di operazioni e una serie di strategie per limitarne la portata, è stato sottolineato come esso non rappresenti solo un elemento negativo nello svolgimento di attività economiche, ma spesso costituisce, per coloro che lo assumono, una opportunità. Nella relazione tra rischio e società economiche vi è chi soffre e chi ne approfitta. Resta dunque l’interrogativo: il rischio è precarietà o opportunità? Convegno Internazionale di Studi: Il turismo e le città tra XVIII e XXI secolo. Italia e Spagna, Roma, 910 giugno 2006. Il 9 e il 10 giugno, presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, si è svolto il Convegno internazionale Il turismo e le città tra XVIII e XXI secolo. Italia e Spagna, il cui principale obiettivo è stato quello di avviare un’articolata ricerca sul turismo e le sue diverse tipologie nel lungo periodo, mettendo a confronto due realtà importanti come quella spagnola, emergente e vincente, e quella matura, ormai consolidata dell’Italia. Tale confronto, come era nelle intenzioni del responsabile dell’organizzazione, DONATELLA STRANGIO (Università “La Sapienza”, Roma), si è sviluppato attraverso lo studio dell’evoluzione dell’immagine dei due Paesi, l’analisi della formazione dell’imprenditoria del settore, nonché la capacità competitiva sistemica del turismo nei due diversi Paesi. I sistemi locali e le città sono stati l’oggetto principale di questo incontro. Le città oggi rappresentano un punto di riferimento importante e svolgono compiti notevoli assieme ai governi locali, completando e non sostituendo le politiche estere nazionali e l’azione degli organismi internazionali. Diversi sono i protocolli d’intesa per intensificare la cooperazione in materia turistica stipulati fra alcune città, tra le quali Roma. Essi prevedono l’attivazione di iniziative culturali, sportive economiche utili a promuovere la conoscenza reciproca e ad incrementare il turismo. ter t e SISE l news Il Convegno si è avvalso della consulenza di un autorevole comitato scientifico. La realizzazione dell’evento è stata resa possibile grazie ai contributi dell’Istituto di Studi Storici sul Mediterraneo (ISSM) di Napoli, del Dipartimento di Studi Geoeconomici Linguistici Statistici Storici per l’Analisi Regionale dell’Università “La Sapienza” di Roma, di Eurosapienza, della Federalberghi Roma APRA, del Master in Economia e Management del Turismo della Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza”, della Provincia di Roma. Numerosi gli enti e le istituzioni patrocinatori, tra cui la SISE, l’Associazione dei Laureati Alumni di Economia, il Comune di Roma, l’ENIT, la Escuela Española de Historia y Arqueologia en Roma, la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales dell’Universidad de Málaga, la FIAVET Lazio, la Regione Lazio, il Turespaña. L’iniziativa, che ha raccolto alcuni dei più autorevoli studiosi nazionali e internazionali del settore, ha costituito un momento privilegiato di discussione sullo “stato dell’arte”, oltre che una sede di elaborazione di nuove ipotesi di ricerca, sulla storia e l’economia del turismo. Essa è stata, inoltre, una proficua occasione di incontro tra studiosi ed accademici, da un lato, e amministratori e operatori economici, dall’altro. A testimonianza di ciò, sono state significative le dichiarazioni del vice sindaco del Comune di Roma, MARIAPIA GARAVAGLIA, sulla volontà di continuare a sostenere il settore turistico, migliorandone la qualità, le attrattive culturali e l’ospitalità. Grazie alle intersettorialità che lo caratterizzano, infatti, il turismo può rappresentare un volano non solo per lo sviluppo delle economie locali, ma anche di quelle nazionali. Nella stessa direzione si è posta la collaborazione, avviata in occasione del Convegno, tra la FIAVET, l’Associazione Laziale delle Imprese di Viaggi e Turismo, e la Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza”, mirata alla formazione delle risorse umane del settore turismo e gestione dell’ospitalità. Dalle parole di CINZIA RENZI, presidente della FIAVET Lazio, e di ATTILIO CELANT, preside della Facoltà di Economia, è emersa la volontà di fornire al mondo delle imprese capitale umano altamente specializzato, per un verso, e di aumentare il valore aggiunto dell’offerta formativa delle Università pubbliche, per l’altro. Per tutti questi motivi, il Convegno ha rappresentato un’occasione importante per la comunità scientifica, agendo al tempo stesso da congiunzione – che il più delle volte invece manca – tra istituzioni accademiche e realtà economica. Nel corso delle due giornate si sono susseguite cinque sessioni di studio. La prima di esse, dal titolo Italia e Spagna a confronto: l’immagine e l’organizzazione turistica, è stata presieduta da ANTONIO DI VITTORIO che, in qualità di presidente della SISE, ha messo in evidenza il contributo importante che una disciplina come la storia economica può assolvere nell’affrontare anche le tematiche proprie del turismo, grazie agli strumenti metodologici di cui dispone. In tale sessione, sono stati presentati i lavori di ANNUNZIATA ter t e SISE l news BERRINO (Università “Federico II”, Napoli), Le città italiane nell’evoluzione del turismo nel Novecento; JUAN CARLOS GONZÁLEZ (Universidad “Carlos III”, Madrid), Iniciativas desde España e Italia en torno a la industria de los forasteros (1905-1929); LUCA MOCARELLI (Università di Milano-Bicocca), “Si comprende che è un gran cittadone”. Milano nei resoconti di viaggio e nelle guide settecentesche; ANNA MARRAS (Università “La Sapienza”, Roma), Analisi linguistica di materiale divulgativo del prodotto turistico italiano in lingua spagnola. Limitazioni e rischi del “criterio dizionaristico”. Alla seconda sessione, presieduta da CIRO MANCA (Università “La Sapienza”, Roma) e intitolata La formazione dell’imprenditoria turistica e dell’industria dell’accoglienza, hanno contribuito ANGELA MARIA GIRELLI BOCCI (Università “La Sapienza”, Roma), L’industria dell’ospitalità a Roma. Secoli XIX-XX; GIULIANA BERTAGNONI (Università di Bologna), Caratteristiche della ricezione alberghiera e titolarità imprenditoriale femminile nelle città turistiche dell’Umbria; MARCO MORONI (Università Politecnica delle Marche), Pellegrini e turismo religioso a Loreto tra XV e XX secolo; PATRIZIA BATTILANI (Università di Bologna), La trasformazione dell’offerta ricettiva nei paesi del Mediterraneo nella prima metà del Novecento; C ARMELO P ELLEJERO M ARTÍNEZ (Universidad de Málaga), Las iniciativas turísticas que se desarrollaron en la ciudad de Málaga durante el reinado de Alfonso XIII (1902-1931); MARIA LUISA CAVALCANTI (Università “Federico II”, Napoli), Le località turistiche fra sviluppo e declino: l’esempio campano. La terza sessione, presieduta da GIORGIO SPINELLI (Università “La Sapienza”, Roma), è stata dedicata a Il turismo come engine of growth: casi di sviluppo locale a confronto. Nella sessione sono intervenuti A NDREA ZANINI (Università di Genova), Sviluppo turistico e trasformazioni economiche fra Otto e Novecento: il caso savonese; LUISA PICCINNO (Università di Genova), Dal turismo di élite allo sviluppo industriale: la città di Varese tra Otto e Novecento; PATRIZIA BATTILANI e FRANCESCA FAURI (Università di Bologna), Il turismo come motore dello sviluppo economico locale: il caso di Rimini; ANDREA LEONARDI (Università di Trento), Le trasformazioni del modello di sviluppo turistico tra la belle époque e il “miracolo economico”: il caso di Trento e del Trentino; MARCO BROGNA (Università “La Sapienza”, Roma), Sistemi turistici e sviluppo locale: un confronto regionale; ROSA VACCARO (Università “La Sapienza”, Roma), Il turismo a Barcellona tra sviluppo locale, Stato centrale e Comunità autonoma; ALDO CARERA (Università Cattolica, Milano), Reticoli turistici lombardi nel Novecento; LIDIA SCARPELLI (Università “La Sapienza”, Roma), Il turismo lacuale nel Viterbese: un’opportunità di sviluppo locale?; GIOVANNI LOMBARDI (CNR-ISSM, Napoli), Sviluppo territoriale e turismo: approcci per una valorizzazione degli spazi flegrei (con il contributo del Reparto Videoproduzione del CNRISSM – responsabile VINCENZO ROMANO). 4 JOHN WALTON (University of Central Lancashire) ha presieduto la quarta sessione, su La creazione e l’evoluzione dei prodotti turistici. Alla sessione hanno partecipato I MMACULADA M ARTÍN R OJO e A NTONIO P ELÁEZ V ERDET (Universidad de Málaga), Nuevos productos turísticos alternativos para relanzar destinos consolidados: el caso del turismo activo en la provincia de Málaga; CARLOS LARRINAGA (Universidad del País Vasco), El turismo y la ciudad de San Sebastián en la Edad Contemporánea. Un análisis en el largo plazo; CINZIA CAPALBO (Università “La Sapienza”, Roma), L’attrazione dello stile: il richiamo turistico della moda nella Roma del secondo dopoguerra; DANIELA FELISINI (Università “Tor Vergata”, Roma), Banche e turismo; ILARIA ZILLI (Università del Molise), Alla ricerca di una vocazione turistica: il caso del Molise; CARLOS MANERA (Universidad de les Illes Balears), El liderazgo mediterráneo en el turismo de masas, 1985-2005. Nella quinta sessione, infine, presieduta da CARLO MARIA TRAVAGLINI (Università di Roma Tre) e intitolata Viaggiare all’epoca del Grand Tour, hanno presentato i propri contributi PAOLA AVALLONE (CNR-ISSM, Napoli), Viaggiare per terra. Forestieri nel Regno di Napoli tra XVI e XIX secolo; GIGLIOLA PAGANO DE DIVITIIS (Università della Calabria), Il finanziamento del Grand Tour nel XVII e XVIII secolo; ROBERTA MORELLI (Università “Tor Vergata”, Roma), “Andar per arte”. Mecenati e collezionisti spagnoli nella Roma di fine Settecento; RAFFAELLA SALVEMINI (CNR-ISSM, Napoli), Andar per mare. Forme di controllo dei passeggeri nei porti del Regno delle Due Sicilie (XVIII-XIX secolo); MARIO DE LUCIA (Università di Lecce), Lo studio delle fonti sul turismo con particolare riferimento alla pubblicità e ai manifesti tra fine Ottocento e primi del Novecento. Convegno Internazionale: European Paper Days – La carta nell’era del segno. L’impiego delle tecniche e dell’opera dei cartai fabrianesi in Italia e in Europa, Fabriano (Ancona), 16-17 giugno 2006. A Fabriano, negli ultimi decenni del Duecento, si mette a punto la tecnologia della carta europea: le pile idrauliche a magli multipli, la colla di gelatina animale, la filigrana o “segno” in chiaro: un know-how che le migrazioni dei maestri cartai fabrianesi irradiarono in altre aree italiane quali Bologna, il Veneto, la Toscana, Genova e in seguito, anche indirettamente, nell’intera Europa. Superati così i limiti della carta araba, il cui utilizzo era stato vietato da sovrani come Federico II, il nuovo supporto scrittorio si avvia a soppiantare la costosa pergamena diventando una merce strategica negli scambi internazionali (come testimoniano i documenti dell’Archivio Datini). All’approfondimento di queste tematiche è stato dedicato il Convegno fabrianese tenutosi nei giorni 16 e 17 giugno 2006, organizzato dalle Cartiere Milani Fabriano - Fedrigoni Group con il patrocinio della Comunità Europea, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 5 della Regione Marche, del Comune di Fabriano, dell’Associazione Internazionale degli Storici della Carta (IPH) e dell’Università Politecnica delle Marche. Ai lavori del Convegno, coordinati da G IANCARLO CASTAGNARI (già Direttore del Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano), hanno preso parte alcuni tra i maggiori esperti europei di storia della carta: J OSÉ C ARLOS BALMACEDA ABRATE (Centro Americano de Historiadores de Papel), RÉGINALD GRÉGOIRE (Università di Urbino), MARTIN KLUGE (Museo Svizzero della carta di Basilea), GOTTFRIED Schweizer (Università di Monaco), JÓZEF DABROWSKI (Università di Lodz), R ICHARD L ESLIE H ILLS (I PH ), Georges Detersannes (Institu Français de Restauration des Oeuvres d’Art di Parigi), SYLVIA RODGERS ALBRO (Library of Congress, Washington), MANLIO CALEGARI (Università di Genova), IVO MATTOZZI (Università di Bologna), RENZO SABBATINI (Università di Siena), EMANUELA DI STEFANO (Università di Macerata), MASSIMO OLDONI (Università “La Sapienza”, Roma) e GABRIELE METELLI (Deputazione di Storia Patria per l’Umbria). Second Flemish-Dutch Conference on the Economic and Social History of the Low Countries before 1850, Anversa, 20-21 aprile 2006. Il 20 e 21 aprile 2006 si è tenuto presso l’Università di Anversa il secondo Convegno fiammingo-olandese sulla storia economica e sociale dei Paesi Bassi in età pre-industriale, organizzato dal N.W. Posthumus Institute. L’incontro ha focalizzato alcuni temi fondamentali per la comprensione dello sviluppo produttivo in quell’area, dei fattori che ne hanno influenzato la natura e delle trasformazioni subite dalle attività produttive tra età moderna e contemporanea. In particolare, sono state presentate relazioni sulla crescita dei mercati nell’Olanda medievale, sulle relazioni commerciali tra Mare del Nord e Mar Baltico, sull’andamento comparativo dei salari e degli stipendi in quell’area, sull’influenza delle modalità formazione dello Stato nazionale nei Paesi Bassi settentrionali nei riguardi delle attività economiche, sulle leggi adottate a protezione degli affari, sulla relazione tra commercio marittimo a lunga distanza e banditismo e sulla crescita dell’industria navale olandese analizzata nelle sue differenze con quella veneziana. Quest’ultima relazione, presentata da DAVID CELETTI (Università di Padova), ha affiancato due diversi modelli di sviluppo ricostruendone le peculiarità con riferimento al periodo secentesco ed evidenziando, in particolare, come entrambi abbiano risposto positivamente alle condizioni ambientali e ai requisiti politici ed economici di ciascuna realtà nazionale. 2006 Economic and Business Historical Society Conference, Pittsburgh (Pennsylvania, USA), 27-29 aprile 2006. Si è svolto dal 27 al 29 aprile 2006 presso l’Omni Hotel di Pittsburgh il Convegno annuale per il 2006 della Economic ter t e SISE l news and Business Historical Society. I lavori, strutturati in sei sessioni a loro volta suddivise in due o tre panel hanno toccato i più diversi aspetti della storia economica mondiale (dalla ricostruzione del debito pubblico americano nell’ultimo secolo, al processo di riconversione economica dell’odierno Afghanistan, dalle politiche di sviluppo degli stati latino-americani nel secondo ’900 ai più recenti contributi scientifici sulla “globalizzazione”, dalla nascita dell’industria siderurgica brasiliana e giapponese, al ruolo delle grandi società nell’ascesa del nazismo), focalizzandosi, in particolare, sull’Età contemporanea, ma senza escludere interventi relativi ad epoche anteriori. Tra questi ultimi sono da segnalare l’analisi dell’importanza delle transazioni di lana spagnola nel commercio estero portoghese tra fine Settecento ed inizio Ottocento, esposta da MARIA CRISTINA MOREIRA (Università di Minho), e lo studio delle modalità di gestione della canapa quale bene strategico per la marina presentato da DAVID CELETTI (Università di Padova). Tale intervento, in particolare, ha approfondito, entro uno schema comparativo di lungo periodo, i presupposti delle scelte di sostegno della produzione nazionale o di ampliamento delle importazioni operate dalla Repubblica di Venezia, dalla Francia di Colbert e dall’Inghilterra dell’ultimo Settecento evidenziando come le diverse decisioni rispondessero in larga misura a precisi vincoli ambientali e politici, nonché ai peculiari rapporti tra domanda ed offerta rilevati in ciascun contesto nazionale ed area commerciale. La primavera 2006 è stata una stagione particolarmente ricca di Convegni. Data la ristrettezza di spazio, di alcuni abbiamo dato conto in questo numero, di altri tratteremo nella prossima Newsletter SISE. VISTO? E. BERNARDI, La riforma agraria in Italia e gli Stati Uniti. Guerra fredda, Piano Marshall e interventi per il Mezzogiorno negli anni del centrismo degasperiano, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 404, 28,00. Il volume ricostruisce le vicende politiche che dal dopoguerra portarono alla riforma agraria, e in particolare il “processo di reciproci condizionamenti” tra i principali protagonisti, il governo italiano e quello americano, entrambi attraversati da posizioni contrastanti sulle misure da adottare, di quello che è stato uno snodo importantissimo della storia dell’Italia contemporanea. L’Autore evidenzia come la legge del 1950 fosse il compromesso tra i diversi protagonisti e le diverse culture politiche che rappresentavano, e come tensioni tra progetti politici diversi attraversassero tanto il governo italiano quanto quello statunitense. Per quanto riguarda quest’ultimo, è ter t e SISE l news un merito del volume di Bernardi averne messo in evidenza il ruolo nel lento processo di maturazione della riforma. Gli Stati Uniti non si mostrarono interessati alla questione agraria italiana fino al 1949, quando la necessità di appoggiare il governo De Gasperi e la svolta impressa dall’eccidio di Melissa su De Gasperi stesso, a favore di un intervento in materia, fecero emergere una linea di condotta unitaria, dopo che si erano a lungo confrontate due visioni diverse. Da un lato vi era la versione “produttivistica” della riforma, contenuta nelle linee guida indicate dall’ECA (European Economic Administration), che attribuivano un ruolo preminente alla meccanizzazione e alle bonifiche, relegando all’ultimo posto la distribuzione delle terre improduttive. Dall’altro, i “newdealisti radicali”, come li definisce l’Autore, ovvero i membri dissidenti dell’Ufficio economico dell’Ambasciata statunitense, guidati da Robert Brand, che si rifacevano alla tradizione delle piccole farm americane e insistevano sulla necessità di una ridistribuzione della terra, per garantire maggiore stabilità sociale e arginare l’influenza dei comunisti. Fu quest’ultima posizione a prevalere come linea degli USA, anche se la riforma che venne attuata ebbe una minore portata rispetto a quella auspicata dai “newdealisti radicali”. Molto interessante è anche la ricostruzione del confronto tra De Gasperi e Antonio Segni, allora ministro dell’Agricoltura, il cui progetto di riforma prevedeva un ampio ricorso agli espropri, che dovevano avere la precedenza sulle bonifiche e interessare sia le zone a coltura estensiva che intensiva. Il progetto di Segni si rifaceva ai principi della dottrina sociale cattolica e prevedeva la creazione di un’ampia classe di piccoli proprietari; Segni trovò l’appoggio dell’Azione Cattolica, delle ACLI e della Coldiretti, ma non ebbe quello del Vaticano, e in verità neppure De Gasperi, che, come è noto, temporeggiò fino al 1949 nella convinzione di poter far avanzare la riforma sulla base delle bonifiche, di comune accordo con i proprietari terrieri. De Gasperi si decise infine a imprimere una svolta alla riforma dopo i fatti di Melissa, anche se gli interventi ebbero una portata assai più limitata di quella prevista dal progetto di Segni del 1948. La ricerca contenuta nel volume si basa su un’ampia ed inedita documentazione, che comprende anche interviste a protagonisti come Emilio Colombo, allora sottosegretario di Antonio Segni, e a funzionari americani come Robert Brand. A. BONOLDI, A. LEONARDI (a cura di), La rinascita economica dell’Europa. Il piano Marshall e l’area alpina, Milano, Angeli, 2006, pp. 256, 21,00. Il volume raccoglie gli atti di un convegno svoltosi a Trento nell’ottobre del 2004, con la partecipazione di studiosi francesi, italiani, svizzeri e austriaci. L’obiettivo è quello di affrontare un tema ancora poco frequentato dalla storiografia economica, come affermano i due Curatori nell’introduzione, quello delle “dinamiche di sviluppo delle 6 regioni alpine nel dopoguerra in un’ottica di confronto con i processi in corso su scala più ampia”. Una sorta di grande premessa al volume è il primo saggio, di G. Fodor, che sottolinea due aspetti a cui rimanda l’efficacia dell’intervento americano: la sua ampia flessibilità da un lato e, dall’altro, la relativa omogeneità economico-sociale delle aree beneficiarie. Il secondo contributo, di J.-F. Bergier, enuclea le componenti di continuità e di rottura fra l’economia alpina pre-bellica e quella del periodo qui considerato, oltre a concentrare l’attenzione sul ruolo dei poteri pubblici e dei gruppi dirigenti nel processo di ricostruzione e sviluppo in questo territorio. Un secondo insieme di contributi è dedicato alle fonti custodite all’Archivio storico della Banca d’Italia (saggio di S. Cardarelli) e in quello dell’Istituto Mobiliare Italiano (interventi di M. De Luca Picione e di G. Lombardo). A. Dalmasso si occupa dell’impatto sull’economia alpina degli impianti di produzione idroelettrica, mentre R. Crivelli tratta del particolare caso svizzero, ovvero quello di un paese che, pur non avendo partecipato alla guerra, entrava a far parte ugualmente del Piano di ricostruzione. Sull’Austria verte il saggio di F. Mathias, che evidenzia come, pur essendo l’Austria un paese sconfitto, essa beneficiò egualmente, insieme alla Norvegia, del maggior numero di aiuti. Sul Tirolo, infine, si concentra l’attenzione di J. Naussbaumer e di A. Exemberger, che mettono in luce, nel lungo periodo, il passaggio da uno stato di estrema difficoltà ad una fase di sviluppo. Il saggio di A. Leonardi approfondisce il tema del turismo all’interno dell’ERP, con particolare riguardo al Trentino Alto-Adige. A quest’ultima regione sono infine dedicati i lavori di F. Giacomoni e di A. Bonoldi: nelle pagine di quest’ultimo, in particolare, è presentata un’interessante comparazione con il trend dell’Italia centro-settentrionale, in cui si sottolinea la scarsa incidenza dell’E RP sulla modernizzazione del settore industriale. Z. C IUFFOLETTI (a cura di), Il parco minerario dell’Amiata. Il territorio e la sua storia, Firenze, Effigi Edizioni, 2006, pp. 222, ill., 15,00. Il volume è una ricostruzione storica del territorio amiatino, un’area che presenta un profilo storico e geografico molto diverso da quello della Toscana collinare. Per circa un secolo, l’economia e l’ambiente e la società dell’Amiata sono state influenzate in profondità dalla presenza dell’industria mercurifera. L’Amiata è stato per un secolo il bacino cinabrifero più importante del mondo, con il 50% della produzione mondiale di mercurio, utilizzato in produzioni strategiche dell’economia del primo Novecento, come quelle chimica e militare. L’attività mineraria divenne il principale settore di occupazione dell’area amiatina, e la sua presenza ha fortemente condizionato lo sviluppo economico e demografico delle comunità locali, che da una condizione di estrema povertà rispetto alle altre aree regionali, a partire 7 dalla metà del XIX secolo videro migliorare le loro condizioni di vita proprio grazie all’estrazione di mercurio. L’eredità di questa esperienza ha altresì profondamente inciso sul paesaggio e sulla mentalità collettiva delle popolazioni del luogo. La creazione del Parco Minerario rappresenta la memoria – ora che le miniere non ci sono più – di questa esperienza che oggi abbraccia l’intero territorio amiatino con il suo straordinario patrimonio di risorse naturali e beni culturali. C. FELICE, Carichieti dalle origini ai giorni nostri. Risparmio e credito in un localismo di successo, RomaBari, Laterza, 2006, pp. 512, 45,00. Il volume ricostruisce la storia di una banca, la Carichieti, che da modesto istituto di periferia è divenuta una moderna azienda di credito, protagonista del sistema creditizio regionale e nazionale. L’Autore nel suo volume propone non solo una storia “interna” della Carichieti, ma anche una storia “esterna” dell’istituto, del contesto in cui esso opera e delle molteplici connessioni – economiche, sociali, politiche – tra questo contesto e l’evoluzione dell’istituto creditizio. L’Abruzzo e la provincia di Chieti, che le cui condizioni economico-sociali nel secondo dopoguerra ancora la collocavano tra le aree del “profondo Sud”, hanno registrato recentemente una notevole dinamica di crescita portandosi sulle posizioni più alte tra le aree meridionali, segnalandosi per la sua peculiare vivacità come un possibile caso di localismo di successo. La storia della Carichieti coinvolge molti soggetti diversi che sono protagonisti dello sviluppo economico locale (amministratori, gruppi imprenditoriali, ceti professionali, élite politiche, enti economici e municipalità), e, come osserva Felice, può costituire un osservatorio privilegiato per la comprensione dei fattori che ne hanno determinato la crescita, tanto dal versante economico-finanziario quanto da lato sociale e politico. S. FENOALTEA, L’economia italiana dall’Unità alla Grande guerra, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 348, 38,00. Il volume rappresenta il punto di approdo di una ricerca trentennale condotta da Fenoaltea sulla economia italiana nella fase di prima industrializzazione, tra l’Unità e la Prima guerra mondiale. Si articola in sei capitoli e in quattro appendici che discutono fatti, impulsi e meccanismi che hanno determinato la crescita della economia italiana. Il primo capitolo considera le ricostruzioni statistiche dello sviluppo, specie industriale, e le interpretazioni avanzate dalla storiografia a partire da esse. La ricostruzione originale delle serie del valore aggiunto permette a Fenoaltea di sostenere il carattere relativamente continuo della crescita, ma con un netto ciclo nella produzione industriale i cui cicli più intensi dipendono dall’andamento della domanda di beni durevoli. Il secondo capitolo esamina le cause del ciclo degli investimenti e l’accelerazione da essi ter t e SISE l news registrata negli anni di Depretis e ancor più di Giolitti. Rispetto alla storiografia tradizionale, che li riconduce a cause interne, Fenoaltea ne ravvisa la causa nel ciclo internazionale innescato dagli investimenti all’estero del Regno Unito. Il terzo capitolo considera il ciclo dei consumi, con particolare attenzione agli anni ’80. Contrariamente alla storiografia tradizionale che vede in quel decennio un periodo di crisi, scatenata dal crollo del prezzo del grano importato, Fenoaltea trova che salari e consumi mostrano invece un decennio prospero. Il quarto capitolo riesamina la controversia sul protezionismo. Anche in questo caso il lavoro di ricostruzione delle serie storiche conduce Fenoaltea a criticare le interpretazioni tradizionali. Il protezionismo cotoniero risulta così efficace, malgrado lo sviluppo delle esportazioni; quello siderurgico ha invece ostacolato la crescita della meccanica vincolandola al mercato nazionale; il protezionismo agrario non ha limitato la crisi e l’emigrazione, contribuendo anzi ad accrescerla. Il quinto capitolo riesamina il ruolo delle ferrovie. Fenoaltea sostiene che le grandi linee costruite nel primo ventennio post-unitario non furono essenziali allo sviluppo successivo e che la domanda di prodotti metalmeccanici del settore non servì a stimolare la crescita industriale; mette invece in evidenza il ruolo espansivo della domanda di manutenzione e quello delle linee minori dopo il 1880. L’ultimo capitolo presenta le prime stime diacroniche dell’industrializzazione regionale. Il triangolo industriale emerge in questi anni; le regioni meno industrializzate non erano quelle meridionali, ma quelle della fascia adriatico-ionica. La crescita del Nord non è legata al grado di sviluppo iniziale, ma alla presenza di risorse naturali che attiravano le industrie a basso contenuto tecnologico, come quelle tessili. Secondo Fenoaltea, il mancato sviluppo del Sud non dipende, infine, dal successo del Nord, ma dal mancato sviluppo delle industrie tecnologicamente avanzate su scala nazionale. A.M. GIRELLI BOCCI (a cura di), L’industria dell’ospitalità a Roma. Secoli XIX-XX, Padova, CEDAM, 2006, pp. 578, ill., 47,00. L’opera è il risultato di una collaborazione interdisciplinare tra storici dell’economia, geografi economici e linguisti, coordinata da A.M. Girelli Bocci. Come sottolinea la stessa Curatrice, tale studio nasce con l’obiettivo di iniziare a colmare un vuoto nella conoscenza dell’attività turistica a Roma nei secoli XIX-XX; infatti, “benché la ‘vocazione’ turistica abbia sempre caratterizzato la città di Roma (sede del papato e quindi centro della cattolicità, città d’arte per eccellenza, capitale d’Italia), fino ad oggi è mancato uno studio che nel lungo periodo, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (da quando il turismo assunse una connotazione del tutto diversa rispetto al passato) abbia affrontato i nessi che collegano l’arrivo del viaggiatore con l’economia della città”. Certamente il tema del viaggio a ter t e SISE l news Roma è stato coltivato, ma quasi sempre sotto il profilo religioso e culturale. L’intenso lavoro di ricerca, che ha visto un impegno di circa due anni, è stato condotto dalla Curatrice anche proponendo agli Autori “di seguire una comune nervatura che collegasse i vari contributi”: da un lato, la focalizzazione – nella illustrazione degli argomenti che ciascuno avrebbe affrontato nell’ampio spettro del turismo – di un tema portante quale l’evoluzione dell’industria alberghiera e, dall’altro, il ricorso, tra le fonti utilizzate, anche alla Guida Monaci come base comune di documentazione (ovviamente per i periodi che ne consigliano l’uso). Si tratta di una fonte poco utilizzata, certamente non esaustiva, ma, tra le guide disponibili, quantomeno per l’età liberale, risulta essere la più completa non solo rispetto a guide locali della città di Roma ma anche in confronto con le Baedeker o con le Murray’s, che, tra Otto e Novecento, costituivano i manuali turistici più utilizzati in Europa. Essa, poi, si segnala per l’inconsueto pregio della continuità. Il volume è costituito da due parti “perché l’evoluzione dell’industria alberghiera è il risultato dell’agire congiunto delle dinamiche di domanda e di offerta”. In tal modo vengono evidenziati “non solo la struttura ricettiva che ‘accoglie’ ma anche il cliente straniero che ‘parte’ con destinazione Roma”. La prima parte, L’economia dell’accoglienza, raccoglie i saggi di A.M. Girelli Bocci, Roma: hotel e sistema ricettivo in età liberale, arricchito da una serie di tabelle recanti utili informazioni su alberghi e albergatori a Roma dal 1871 al 1919; C. Capalbo, Mercato della moda e turismo nei primi trent’anni di Roma Capitale; D. Strangio, Domanda e offerta dell’organizzazione turistica italiana nei “felici anni venti”. Politiche di intervento, individuazione, progettazione e attivazione di circuiti turistici-culturali a Roma, con una appendice su a alberghi e albergatori a Roma nell’Anno Santo; M. Teodori, L’ospitalità a Roma tra la grande crisi e la seconda guerra mondiale, con una appendice su alberghi e albergatori a Roma agli inizi degli anni Quaranta; F. Colzi, L’evoluzione della struttura ricettiva di Roma tra il 1945 ed il 1960; A. Conti Puorger e L. Scarpelli, Evoluzione delle strutture alberghiere a Roma ed espansione urbana dal 1960 al 1980. La seconda parte, Gli stranieri a Roma, raccoglie i saggi di R. Vaccaro, La presenza spagnola a Roma tra l’Unità d’Italia ed il Giubileo del 2000. Devozione, cultura e turismo di massa; S. Strippoli, Il turismo a Roma prima dell’Unità d’Italia. I tedeschi, visitatori privilegiati; R. Salvi, A. Pontesilli e J. Turnbull, Destinazione Roma. Un’analisi sociolinguistica del movimento turistico dalla Gran Bretagna verso Roma nel decennio 1864-1874. L’opera è arricchita da un’appendice che raccoglie, in un secondo volume, diciassette piante di Roma riprodotte dalle originali, conservate presso la Biblioteca Nazionale di Roma, che presentano la topografia degli esercizi alberghieri 8 a Roma tra il 1871 ed il 1940. Tali piante, ideate da A.M. Girelli Bocci e riprodotte graficamente da A. Frascatani, permettono al lettore di immaginare di fare, nel tempo, un ipotetico giro per Roma attraverso proprio i suoi alberghi. Queste carte sono state anche riprodotte su pannelli sponsorizzati dalla Federalberghi di Roma, che ne ha apprezzato l’idea, a corredo di un Convegno internazionale sul turismo organizzato presso la Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza” di Roma. A. LEONARDI, Collaborare per competere. Il percorso imprenditoriale delle Cantine Mezzacorona, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 424, 32,00. Il volume, realizzato per il centenario delle Cantine Mezzacorona, ricostruisce la storia di questa impresa cooperativa che ha svolto un ruolo positivo nell’economia locale della Piana Rotaliana e nel settore vinicolo. In questa area la cooperazione è intervenuta dapprima sollecitando la razionalizzazione delle scelte produttive e commerciali del singolo socio viticoltore, poi ha allargato la sua funzione alla promozione della qualità totale garantendo un controllo diffuso di ogni fase produttiva e del marketing del prodotto enologico. L’Autore analizza il progressivo affermarsi del concetto di “qualità totale”, mettendo in evidenza non solo la produzione viticolo-enologica rotaliana e trentina, ma anche il significato dell’azione cooperativa, nel lungo percorso di razionalizzazione, affinamento e maturazione degli operatori agricoli locali. La cooperazione è stata capace di interpretare le esigenze espresse dai viticoltori rotaliani, spinti dalla volontà di raggiungere migliori condizioni di vita. La costante attenzione nei confronti dei processi innovativi costituisce il filo conduttore del volume, che attraversa l’operato secolare della cooperazione viticoloenologica locale. Questa sensibilità verso innovazione e qualità è alla base anche dei più recenti progetti organizzativi elaborati a Mezzacorona, che mirano a lanciare una nuova stagione di sviluppo cooperativo. E. MALARA, G. D’AMIA (a cura di), L’energia dei Navigli. Storia, attualità e prospettive di recupero del più antico sistema di canalizzazione d’Europa, Milano, Skira, 2005, pp. 159. Da sempre Milano ha cercato di “rimediare al difetto capitale di essere una città in mezzo a terre” (F. Braudel), avviando sin dall’epoca romana i primi lavori di canalizzazione che si accrebbero soprattutto tra il XII secolo e la fine del XV. Dall’antica tradizione di costruzione di fossati di difesa si sviluppò in età moderna un sistema idrico complesso fatto di canali, fosse, impianti idraulici che nell’insieme assolvevano molteplici funzioni (non raramente tra loro contrastanti): bonifiche, irrigazione, navigazione e trasporto, produzione di forza motrice (attività molitorie e industriali), smaltimento delle acque luride. 9 La città si trovava al centro di una rete di comunicazioni che attraverso i due maggiori canali (il Naviglio Grande, lungo cinquanta chilometri, e quello della Martesana, trenta chilometri) la collegava ai due fiumi maggiori (il Ticino a ovest e l’Adda a est) e quindi al lago Maggiore e a quello di Como. Nel capoluogo (e nel contado) si erano insediati parecchi mulini per la macinazione di cereali, per il movimento di filatoi di seta e di cotone, per la follatura di panni e pelli. La copertura del canale navigabile della città (il Naviglio Interno, che percorreva ad anello quasi l’intero giro dell’abitato), nel 1929-30, cambiò il volto urbano, ma da allora si rinnovano periodicamente proposte (alcune recentissime e molto serie) intese a restituire alla capitale ambrosiana il suo antico aspetto di città d’acque. Prendendo spunto da alcuni progetti di recupero (ultimati o in corso di realizzazione), come quello dell’area della Conca Fallata e della cartiera Binda sul naviglio Pavese, il volume propone al suo interno anche un sintetico percorso storico, focalizzato sugli aspetti energetici, affidato ad alcuni studiosi che nell’ultimo decennio si sono già occupati in diverse occasioni dell’argomento. G. Fantoni ricostruisce le modalità di sfruttamento energetico dei navigli tra età romana e basso medioevo, a partire dai mulini da macina; C. Baratti approfondisce il tema dello Sviluppo dei mulini e della tecnica molitoria; M. Signori (La gestione del Naviglio Grande in età moderna) e M. Comincini (I mulini sulla roggia Visconti presso Albairate) sottolineano i conflitti e le controversie determinate dal carattere misto delle funzioni dei navigli. Tale problema risulta centrale anche nello studio di S.A. Conca Messina (Fabbriche e mulini a Milano) che deriva da due saggi usciti negli anni novanta, dove già si sottolineavano, per l’Ottocento, alcuni ostacoli insormontabili che impedirono lo sviluppo dei navigli come forza motrice, come i limiti strutturali della portata d’acque e i preminenti interessi della navigazione e degli usi civici. G. D’Amia svolge un percorso di archeologia industriale sui navigli del XIX secolo. C. Pavese (Le prime grandi centrali idroelettriche tra Adda e Ticino e le implicazioni sul sistema dei navigli), partendo dagli anni ottanta dell’Ottocento, individua proprio nel vincolo energetico il vero limite per realizzare a Milano un’industrializzazione sul modello anglosassone; saranno le prime centrali idroelettriche a rappresentare delle opere decisive per lo sviluppo industriale del capoluogo lombardo. M. MORCALDI, Le scuole industriali (1880-1930). Formazione e capitale umano, Milano, Angeli, 2004, pp. 128, 13,00. Da tempo la storiografia economica ha sottolineato il ruolo dell’istruzione nello sviluppo economico di un paese, basti pensare alla riconosciuta importanza delle technischen schulen nel decollo tedesco e, al contrario, al peso avuto dallo scarso interesse per l’istruzione pubblica nel declino ter t e SISE l news relativo della Gran Bretagna all’inizio del XX secolo. Si ricordi poi il pionieristico lavoro di C.M. Cipolla su Istruzione e sviluppo. Il declino dell’analfabetismo nel mondo occidentale – apparso in inglese nel 1969 e due anni dopo in italiano in una edizione che ebbe limitata circolazione, ripubblicato nel 2002 – alla cui base stava il suo costante interesse per il fattore umano e per il ruolo della cultura nello sviluppo della società e che si inseriva in quel filone di studi nato negli anni Sessanta e riconducibile alla cosiddetta economics of education, di cui egli intuì subito gli orizzonti che poteva dischiudere. L’Autrice basa la propria ricerca sulla documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, dove si trova un vasto, anche se talvolta lacunoso, materiale riguardante l’istruzione tecnico-industriale ed i numerosi istituti professionali creati in Italia dopo l’Unificazione. Il suo è, dunque, un tentativo di sintesi (dato che troppo pochi sono ancora le ricerche su questo tema e la gran parte concerne singole scuole o università), al quale unisce l’analisi di un caso particolare, dedicato all’istruzione industriale nel Salernitano, le cui vicende sono lette sullo sfondo delle tradizioni locali. I. NAPOLI, Industria toscana nel XIX secolo. Guida alle fonti, Firenze, Fondazione Spadolini - Nuova Antologia - Le Monnier, 2005, pp. XII+202, 16,00. Dopo Banche ed assicurazioni nella Toscana del XIX secolo. Guida alle fonti, pubblicato per gli stessi tipi nel 2004, l’Autrice porta a conclusione con questo lavoro un percorso di ricerca volto ad indicare gli strumenti conoscitivi per apprezzare l’articolazione del sistema economico-produttivo della Toscana nel periodo che va dalla presenza di Napoleone nella Penisola alla fine dell’Ottocento. Una regione ricca di risorse minerarie, con un’agricoltura commercializzata, seppure sostanzialmente statica e a conduzione mezzadrile, che univa ad alcune attività finanziario-speculative non poche iniziative manifatturiere in diversi comparti. Le informazioni che la ricerca offre consentono – come scrive Luciano Segreto nella prefazione – di “riconsiderare in una prospettiva più equilibrata la “pesante cappa antindustrialista” che a lungo tarpò le ali agli adepti di Prometeo”. Al saggio introduttivo di I. Napoli su La Toscana nel XIX secolo. Industria e storia, seguono le Fonti per la storia dell’industria toscana nel XIX secolo. Archivi d’impresa (industrie estrattive, metallurgiche, meccaniche, alimentari, tessili, della carta, della ceramica e del vetro, imprese editoriali) e l’appendice Le fonti disponibili presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. M. OTTOLINO, L’agricoltura in Italia negli anni del corso forzoso, Bari, Cacucci, 2005, pp. 240, 20,00. L’adozione, nel 1866, del corso forzoso per i biglietti emessi dalla Banca nazionale nel Regno d’Italia con la ter t e SISE l news conseguente svalutazione della lira, favorì le esportazioni italiane, specialmente quelle dei prodotti agricoli. Ma, effettivamente, in quale misura e per quanti anni? Domanda alla quale – conviene Ottolino – è difficile rispondere, giacché sull’andamento delle esportazioni agirono contemporaneamente più fattori, influenzati a loro volta dall’introduzione del corso forzoso. L’Autrice sperimenta quindi un diverso approccio alla soluzione del problema, nel tentativo di individuare gli anni in cui l’incidenza del provvedimento fu avvertita in misura maggiore. Il volume consta di quattro capitoli. Nel primo sono esaminate le cause che portarono all’adozione del corso forzoso; le sue conseguenze sull’agricoltura e sul commercio estero dei prodotti agricoli; le proposte di abolizione del provvedimento, fino alla sua revoca nel 1883. Nel secondo capitolo sono seguite le alterne vicende del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che impedirono il regolare ed efficace svolgimento delle attività proprie di quell’Ufficio, attività per altro condizionate dalla tipologia delle attribuzioni assegnate e dalle limitate cifre stanziate in bilancio. Nel terzo e quarto capitolo, con l’ausilio di grafici e di tabelle riportati nel testo e in una ricca appendice statistica, sono analizzati l’andamento delle principali produzioni del settore primario – allora principale sostegno dell’economia nazionale – e quello del commercio estero dei relativi prodotti, con particolare attenzione agli effetti che il corso forzoso ebbe per l’appunto sull’agricoltura e sulla bilancia commerciale italiana. E. PAPADIA, La Rinascente, Bologna, il Mulino, 2005, pp. 176, 12,00. Nell’ottica della business history, la Rinascente era già stata studiata da F. Amatori nel 1989, con un lavoro che andava dalla sua costituzione nel 1917 al 1969, anno in cui venne ceduta alla FIAT. Con questo volume l’Autrice ricostruisce la storia della principale e fortunata catena di grandi magazzini del nostro Paese, fondata dall’industriale milanese senatore Borletti, spostando l’ottica dal versante più strettamente economico-aziendale a quello sociale. I grandi magazzini nacquero in Francia, ma furono gli Stati Uniti la terra di elezione dei nuovi colossi della distribuzione commerciale. In Italia – rimasta a lungo il paese delle botteghe a conduzione familiare – il loro processo di affermazione fu più lento, al punto che negli anni Venti costituivano un fenomeno isolato in un quadro dominato dal piccolo commercio e, ancora negli anni Sessanta, rappresentavano solo il 2% del volume globale delle vendite. Nelle difficoltà e nei successi, la Rinascente riflette esemplarmente le potenzialità e i limiti della grande distribuzione, le propensioni, i gusti e le abitudini del consumatore italiano, le trasformazioni intervenute nella vita collettiva, nelle mentalità e nell’“identità nazionale”. 10 I. PUGLIA, I Piccolomini d’Aragona duchi di Amalfi (1461-1610). Storia di un patrimonio nobiliare, Napoli, Editoriale Scientifica, 2005, pp. XIV+262, 25,00. Il volume raccoglie i risultati di un’imponente ricerca archivistica, svolta fra Siena, Firenze, Napoli, Roma e Salerno. L’Autrice ha ricostruito la storia dei Piccolomini D’Aragona, dalle origini senesi al loro trasferimento a Napoli. Tipico esempio di nobiltà feudale fra Medioevo e prima Età moderna, la vicenda dei Piccolomini – che adattarono in breve tempo le proprie abitudini a quelle dell’aristocrazia napoletana coeva – aiuta a spiegare le cause della decadenza di molte casate feudali meridionali. Sebbene la dinastia sia estinta per la mancanza di eredi, i Piccolomini di Amalfi seguirono la sorte di tutte quelle famiglie attirate nella capitale dai viceré al fine di indebolirne il rapporto col territorio e quindi costrette a mantenere uno stile di vita e uno status che ne avrebbe provocato un grave indebitamento. Le ricerche di Puglia dimostrano che lo stesso indebitamento, spesso attribuito alla congiuntura dei prezzi crescenti fra il 1500 e il 1620, dipendeva invece dalle strategie conservative adottate, che vincolavano pesantemente i patrimoni: fedecommessi, maggiorascati e primogeniture. Il volume, corredato da un’appendice documentaria, si sofferma dapprima sulle origini della fortuna senese dei Piccolomini e sulla genealogia familiare per poi passare all’evoluzione del patrimonio familiare e alle strategie testamentarie e matrimoniali. A seguire, l’Autrice si occupa della struttura della spesa del quarto duca d’Amalfi, fra il 1559 e il 1566, attraverso l’analisi dei suoi consumi, cercando di trarne conclusioni anche per quanto riguarda lo stile di vita aristocratico dell’epoca, con particolare attenzione all’importanza della residenza. È stata inoltre presa in esame la rendita familiare del ramo napoletano (1465) e, infine, l’indebitamento che finì per gravare sul patrimonio, suggerendo in proposito alcune utili spiegazioni. M.G. RIENZO (a cura di), Manfredonia: industria o ambiente? Per la composizione di un conflitto, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2005, pp. 192, 16,00. Manfredonia è una realtà tra le più rappresentative della Capitanata per la sua complessa identità, essendo luogo di congiunzione tra due zone di diverse e forti vocazioni naturali, sociali, religiose ed economiche, come il Tavoliere e il Gargano. La sua vicenda, dalle origini alla sconsiderata scelta industriale dei primi anni Settanta del Novecento, si è prestata in questo volume ad uno studio “trasversale”, ad una riflessione collettiva e multidisciplinare, che ha offerto occasione di dialogo a diverse discipline (storia, giurisprudenza, urbanistica, merceologia), coinvolgendo nel dibattito istituzioni diverse, che hanno accettato di confrontarsi per mettere in evidenza i nodi del sistema di sviluppo locale e proporre soluzioni e scenari possibili per la programmazione di un futuro sostenibile. 11 Le politiche dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno, interpreti di un modello di sviluppo industriale centralizzato e mancante di una razionale pianificazione territoriale non tennero in adeguata considerazione le caratteristiche della realtà economica locale. A causa della scelta di “modernizzazione industriale” la cittadina fu vittima, dal 1972 al 1990, di una serie di disastri ambientali in conseguenza dei quali fu poi designata area ad elevato rischio di crisi ambientale. Motivazioni istituzionali hanno, quindi, fortemente segnato la vicenda di Manfredonia, il suo ambiente e le sue risorse. Le sue controverse scelte industriali, segnate da “un’errata maniera di produrre e da un’errata maniera di smaltire” (come afferma G. Nebbia nel suo saggio), ne hanno fatto un complesso case study, che si presta a diversi livelli di analisi e induce a riflettere sui limiti dei modelli su cui la cittadina ha costruito e continua a costruire il suo sviluppo economico. Manfredonia può essere, inoltre, assunta a termine di riferimento per altre realtà del Mezzogiorno che con essa hanno condiviso analoghe forme di utilizzazione del territorio (ad esempio Bagnoli), non solo per una ricostruzione critica della propria storia ma, per dirla con Keynes, per “leggere il presente alla luce del passato per fini che hanno a che fare con il futuro”, e cioè per orientare le attuali esigenze di programmazione dello sviluppo locale, nella speranza che non si ripetano errori già fatti. La prima parte del volume (Economia e storia) si sofferma sulla storia di Manfredonia a partire dall’Ottocento, ed elabora una ricostruzione delle vocazioni dell’area, mettendo in evidenza quelle potenzialità che avrebbero potuto determinare un modello diverso di sviluppo, compatibile con le attività economiche tradizionali. In questa parte si affrontano poi dettagliatamente le ragioni della scelta industriale. La seconda parte (Economia e ambiente) tratta dell’impatto delle politiche dello Stato sul territorio dal punto di vista merceologico, giuridico e urbanistico, cercando di fornire una valutazione della pianificazione territoriale passata e presente e degli strumenti di programmazione. Dal confronto tra le vecchie e le nuove politiche è emerso chiaramente in entrambe il limite dell’erogazione indiscriminata di risorse finanziarie, sollecitate più dal groviglio degli interessi locali che da una valutazione complessiva e oculata del territorio, delle sue reali esigenze e potenzialità, con le conseguenze drammatiche che la lezione della storia ci ha dimostrato. Il Rinascimento italiano e l’Europa, opera in XII vol. diretta da G.L. Fontana e L. Molà, vol. I: Storia e storiografia, a cura di M. Fantoni, Vicenza, Colla Editore, 2005, pp. 824, ill., 85,00. Al pari dei mecenati rinascimentali, la Fondazione Cassamarca di Treviso e il suo presidente Dino De Poli hanno finanziato un’opera originale e di notevole impatto ter t e SISE l news culturale – programmata in ben dodici volumi tematici e coordinata con mano decisa da G.L. Fontana e L. Molà, ideatori del progetto – su un’epoca storica fondamentale, il Rinascimento appunto, la quale meglio di ogni altra ci permette di comprendere la nostra storia e la nostra posizione nel mondo. Non c’è alcun dubbio, infatti, che il XVI secolo abbia rappresentato da un lato lo zenit dell’economia e della cultura italiana dall’altro un turning point rispetto a una profonda ristrutturazione dell’economia e a una nuova divisione internazionale del lavoro. Benché l’approfondimento dei problemi economici sia rimandato ai volumi successivi dell’opera (come il vol. III, Produzione e tecniche, e il vol. IV, Commercio e cultura mercantile), queste tematiche sono presenti pure in questo tomo di carattere storiografico e teorico, come nel saggio di F. Franceschi e L. Molà (L’economia del Rinascimento: dalle teorie della crisi alla “preistoria del consumismo”); in quello di M. Casini (Venezia: l’Italia e l’Oriente) e soprattutto nel saggio di C.M. Belfanti e dello stesso Fontana (Rinascimento e “made in Italy”). Quest’ultimo saggio in effetti dà il senso, sotto il profilo economico ma anche in una prospettiva più ampia, della continuità che lega una certa tradizione manifatturiera italiana del passato – incentrata in un raffinato sapere artigianale e in una vocazione artistica al bello e alle forme del lusso – alle caratteristiche dell’economia italiana contemporanea, la quale nel bene e nel male non si allontana da questi schemi e scelte merceologiche. Su questa linea interpretativa, con uno scavo documentario a livello regionale insistono d’altra parte molti dei saggi raccolti nel volume, dei quali evidentemente non si può dire molto in questa sede (ne abbiamo contati ben trentuno), che tuttavia seguono l’unicità del percorso italiano nelle varie sfumature cittadine e regionali. E così si è guardato al Rinascimento fiorentino (M. Fantoni, che non poteva fare diversamente), ai Rinascimenti napoletani (E. Novi Chavarria), a quello milanese (F. Rurale), romano (G. Signorotto), “fuori dal limes romanus” (J. Harasimowicz), a Ferrara e Mantova, nell’ottica delle corti padane (D. Frigo); “in provincia” (G. Tocci), a Venezia infine (M. Casini). I titoli da soli ci suggeriscono che si è andati al di là di una disamina scontata e che si è voluto al contrario uscire dall’ottica tradizionale incentrata nelle solite Firenze e Venezia. L’analisi “geografica” del Rinascimento si è accompagnata a un’analisi teorica del concetto di “Rinascimento”, suscettibile di derive italiche autocompiaciute. Tuttavia guardando alla fortuna e alla ricaduta della visione del mondo rinascimentale nei più diversi contesti europei come sottovalutarne la portata letteraria, artistica, filosofica (M. Fantoni: Storia di un’idea; J. Monfasani Umanesimo italiano e cultura europea; A. Quondam, Classicismi e Rinascimento: forme e metamorfosi di una tipologia culturale; C. Mozzarelli, Identità italiana e Rinascimento)? ter t e SISE l news Certo l’economia contemporanea ha portato indubbiamente a un’accelerazione dei ritmi storici ma, come ricorda J. Delumeau (in Che cos’è il Rinascimento?, saggio di apertura della sezione Il Rinascimento come problema), l’essersi chiesto se “il Rinascimento è mai esistito?”, come ha fatto J. Le Goff (per il quale il Medioevo è finito nel XIX secolo), tutto questo non ha molto senso. Voler ignorare la pregnanza e l’indubbia diffusione di una visione del mondo, che si è accompagnata a un controllo, o almeno supposto tale, delle tecniche e dell’economia, è come chiedersi se sia mai esistita la “rivoluzione industriale”. Se risulta quindi salutare affrontare la questione se esistano “stereotipi e incongruenze” (come titola la seconda sezione del volume), lo è certamente meno negare che il fenomeno Rinascimento si sia legato al contemporaneo sviluppo dello Stato moderno cinquecentesco (H.C. Butters, La storiografia sullo stato rinascimentale; A. Brown, Il Rinascimento repubblicano) o che in questa epoca non sia esistita una fioritura delle arti (S.B. Butters, Dalla storia dell’arte alle arti, e ritorno; G. Taborelli, Il teatro nel Rinascimento; F. Repishti, L’idea di un’architettura universale) o che in qualche modo non vi sia stata un’apertura a più moderne forme sociali (O. Hufton, Le donne e il Rinascimento; S. Burgio, Rinascimento laico, pagano o cristiano?). Al contrario presero corpo fenomeni e pratiche come il viaggio, il mercato dell’arte, le stesse radici della “civiltà delle buone maniere” (A. Scotto Di Luzio, L’Italia dal Grand Tour al turismo di massa; F. Gennari Santori, I musei e il mercato dell’arte; I. Botteri, I trattati di comportamento e la “forma del vivere”). Non meno certo è che la visione di un Rinascimento italiano abbia superato la cerchia alpina e si sia diffuso nelle direzioni più diverse (il vol. XII promette, come titolo, Il Rinascimento e il mondo extraeuropeo): J.E. Law, L’Inghilterra vittoriana e il Rinascimento italiano; J. Pfordresher, Il Rinascimento italiano nella letteratura americana; K.J.F. Murphy, La rappresentazione pittorica del Rinascimento; R. Pavoni, Vivere con il Rinascimento nel XIX secolo. Conclude il volume uno sguardo sulla più moderna delle forme artistiche, vale a dire il cinema, nel quale la cultura italiana si è immersa sin dalle origini, raggiungendo dei risultati artistici di rilievo, attingendo a piene mani a temi e personaggi rinascimentali, talvolta forzando la mano alla realtà storica, come opportunamente sottolinea G.P. Brunetta (Il Rinascimento sullo schermo: uno sguardo policentrico) ma anche traendo ispirazione oltre che consolidare un’identità storica. Il volume è arricchito da un Atlante delle immagini della civiltà rinascimentale, della cui importanza artistica e storica non si nutriva dubbio alcuno, ma che qui è sottolineata da una resa editoriale di grande effetto e da uno stretto collegamento delle immagini con i saggi contenuti nel volume. Siamo sicuri che il resto dell’opera confermerà questo abbrivio felice. 12 Storia d’Europa e del Mediterraneo, diretta da A. Barbero, sez. I, La preistoria dell’uomo. L’Oriente mediterraneo, vol. I, Dalla preistoria alla storia, a cura di S. de Martino, e sez. IV, Il Medioevo (secoli V-XV), vol. VIII, Popoli poteri dinamiche, a cura di S. Carocci, Roma, Salerno Editrice, 2006, pp. XIV+746 e 812, ill., 140,00 l’uno. Ha avuto inizio, con l’uscita dei primi due volumi, la pubblicazione della Storia d’Europa e del Mediterraneo. L’opera si propone di rintracciare la complessa identità della civiltà europea, partendo dal formarsi dei primi nuclei di civiltà e giungendo alla sua configurazione attuale, affermatasi attraverso una filiazione più tortuosa di quanto talvolta si pensi. Convinzione basilare è, poi, che questa vicenda millenaria possa essere compresa soltanto nel quadro più ampio del bacino mediterraneo, col suo intreccio senza eguali di culture e fedi diverse. I sette volumi della prima parte sono consacrati al mondo antico, a partire dal sorgere della vita umana organizzata nella Mezzaluna fertile: proprio alla Preistoria e all’Oriente mediterraneo sono dedicati i due volumi della sezione I, diretta da S. de Martino. La sezione II, diretta da M. Giangiulio, analizza in due volumi l’evoluzione del bacino mediterraneo nei cinque secoli, dall’VIII al IV a.C., in cui emerge con sempre più spiccata individualità la civiltà greca. La sezione III, diretta da G. Traina, consacra ben tre volumi a quella che si è deciso di chiamare l’ecumene romana. La seconda, e ancor più ampia, parte dell’opera consacra i suoi otto volumi agli ultimi quindici secoli, dal Medioevo all’età della globalizzazione. Al millennio medievale sono dedicati i due volumi della sezione IV, diretta da S. Carocci. In essi sono sintetizzati i risultati più avanzati di una medievistica che ormai da tempo ha rinnovato l’oggetto della sua ricerca, sostituendo all’immagine tradizionale del Medioevo oscuro quella di un’epoca straordinaria di sperimentazione e creatività, vero momento fondante della moderna civiltà occidentale. Ma è anche l’epoca in cui la filosofia e la scienza greca e l’arte romana del governo trovano nell’Oriente e nel Mezzogiorno islamico continuatori altrettanto entusiasti che nell’Europa cristiana, a conferma di come le due civiltà che oggi paiono contrapporsi a livello mondiale condividano in realtà le medesime radici. La sezione V, diretta da R. Bizzocchi, dedica tre approfonditissimi volumi ai secoli cruciali, Cinque, Sei e Settecento, in cui sbocciano nell’Europa occidentale, in un’accelerazione incalzante del passo della storia, la svolta illuministica e la rivoluzione industriale: quei mutamenti, cioè, che hanno conferito all’Occidente i tratti avanzati con cui siamo abituati a identificarlo. Ma sono anche i secoli in cui emergono, all’interno della società europea, profondissime divergenze ideali, i cui effetti si fanno ancor oggi sentire: fra riforme e rivoluzioni sanguinose, procedono di pari passo e in apparente contraddizione il rafforzamento dello stato e lo sviluppo del pensiero liberale. Sono, infine, i secoli 13 in cui nell’Europa orientale emerge la potenza della Russia, a continuare e sostituire quella di Bisanzio; in cui la civiltà islamica, non stante la potenza dell’impero ottomano, entra in una lunga fase di ristagno e inferiorità tecnologica, mentre l’Europa occidentale afferma definitivamente la propria supremazia, non soltanto sul bacino mediterraneo, ma potenzialmente sul mondo intero. I tre volumi della sezione VI, diretta da G. Corni, tracciano appunto il percorso dall’egemonia mondiale dell’Europa, attraversi i durissimi conflitti ideologici e la tragedia delle dittature e delle guerre novecentesche, fino alla nostra era di globalizzazione. Un’era segnata da quelle che sono forse le più grandi trasformazioni della storia umana, in cui l’identità stessa del continente europeo sembra rimessa in discussione, proprio quando sul piano politico si delinea, invece, per la prima volta dopo la fine dell’ecumene romana, la possibilità concreta di un’unità politica. D. THROSBY, Economia e cultura, Bologna, il Mulino, 2005, pp. 272, 22,00. Alcuni anni fa un gruppo di economisti appassionati d’arte sparsi in diversi Paesi iniziarono a studiare con gli strumenti del loro mestiere l’oggetto dei loro interessi, dando così origine all’economia della cultura. L’Autore del volume – che assieme a W. Baumol, M. Blaug, B. Frey, W. Pommerehne e pochi altri è il fondatore della cultural economics – offre in questo saggio un contributo di rilievo alla ricerca di un nucleo teorico autonomo dell’economia della cultura. Molti economisti si sono cimentati con i beni culturali; alcuni hanno applicato a situazioni relativamente nuove gli strumenti analitici della microeconomia (analisi dei costi e delle funzioni di produzione, studi sulla domanda e sulle preferenze dei consumatori di arte e spettacolo). Altri, sviluppando la teoria dei beni pubblici e delle preferenze individuali, hanno cercato nuovi metodi per stimare il valore dei beni culturali. Altri ancora hanno mutuato dalla teoria economica dell’organizzazione gli schemi interpretativi dei mercati imperfetti e delle asimmetrie informative. Altri studiosi, infine, sulla scia dell’analisi economica del diritto, hanno applicato le teorie sui diritti di proprietà e sui contratti al mondo della cultura. Una vasta letteratura, come si vede, che l’Autore conosce bene, anche negli aspetti teoricamente meno convincenti. Il lavoro si basa su tre concetti – attività e bene culturale, valore culturale, capitale culturale – poi applicati alle politiche culturali e all’analisi dello sviluppo economico. È evidente che di fronte a un bene culturale siamo in presenza di qualcosa di più di una semplice merce e il loro impatto sul comportamento dell’individuo va oltre il modello che vede l’uomo produttore e consumatore, come un agente razionale che massimizza la propria utilità. Riguardo invece al valore di un bene culturale, l’innovazione di Throsby consiste nel contrapporre al tradizionale valore economico di un bene o attività il suo valore culturale: mentre il primo nasce dalle ter t e SISE l news preferenze degli individui e dalla loro disponibilità a pagare per un bene e si riflette sui prezzi, il secondo ha natura diversa e “si declina in valore estetico, valore spirituale, valore sociale, valore storico e valore d’autenticità”. Pur con cautela, egli avanza così l’ipotesi che nel caso della cultura i prezzi e il valore culturale siano due entità distinte, vuoi per le naturali imperfezioni dei primi, vuoi per la natura stessa del secondo. Throsby individua, infine, un quarto tipo di capitale: il capitale culturale che va ad aggiungersi a quello fisico, umano e naturale (risorse rinnovabili e non presenti in natura). Questi concetti fissano il perimetro di un modello di analisi originale del mondo della cultura e del suo ruolo nelle società moderne e costituiscono un nucleo teorico sufficientemente solido da cui muovere per indagare i contenuti, gli effetti e le politiche nei principali campi della cultura e dell’arte, vedi, ad esempio, il mercato degli artisti, le industrie della creatività, le politiche pubbliche per i beni culturali. EVENTI The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage, XIII International Congress: Industrial heritage and urban transformation – Productive territories and industrial landscape, Terni-Roma, 14-23 settembre 2006. TICCIH 2006 – il XIII Congresso dell’unica rete internazionale degli specialisti del patrimonio industriale, organizzato per la prima volta in Italia dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI) e dall’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “F. Momigliano” (ICSIM) dal 14 al 23 settembre p.v. – sta arrivando ai 400 iscrittti, provenienti da una quarantina di Paesi di tutti i continenti, traguardo massimo finora raggiunto nella storia dei congressi TICCIH. In ragione delle continue richieste di iscrizioni, il Comitato Organizzatore, coordinato da Giovanni Luigi Fontana, presidente dell’AIPAI e rappresentante italiano nel board del TICCIH, ha deciso di prolungare i termini per l’iscrizione senza maggiorazione di costi fino al 31 luglio 2006. Saranno possibili ulteriori adesioni compatibilmente con le disponibilità alberghiere. Molto elevato il numero di paper presentati alle sessioni plenarie e ai sedici workshop in programma. Si tratta di quasi 200 contributi di cui alcuni ancora in corso di attribuzione ai diversi ambiti tematici. 27 sono gli interventi previsti nella sessione plenaria A sul tema Patrimonio industriale e trasformazioni urbane e 23 quelli della sessione plenaria B dedicata a Territori produttivi e paesaggi industriali. 9 interventi saranno presentati nella sessione di apertura su Scenari, frontiere, prospettive del patrimonio industriale; 15 nel workshop dedicato a La conoscenza: censimenti, catalogazione, documentazione; 12 a quello su Il progetto: ter t e SISE l news restauro, riuso e trasformazione; 16 a quello su La conservazione e gestione: fondazioni, archivi, musei, ecomusei; 15 al workshop su Tutela del patrimonio, turismo industriale e sviluppo locale; 16 a quello su Nuovi saperi progettuali: esperienze e percorsi formativi. Numerosi anche i papers che saranno presentati alle sessioni dedicate ai diversi settori del patrimonio industriale: Industria agro-alimentare (5), Tessile-abbigliamento (8), Industria metallurgica e meccanica (11), Miniere (9), Chimica (carta, ceramica, vetro, laterizio, cemento ed altri comparti) (8), Reti infrastrutturali (ponti, canali, acquedotti, ferrovie, porti, ecc.) (13 papers di cui 7 dedicati ai ponti storici). I lavori si svolgeranno in inglese e in italiano. La parte scientifica del Congresso si terrà a Terni, presso il complesso SIRI recentemente recuperato, da giovedì 14 a lunedì 18 settembre 2006. Domenica 17 settembre sarà dedicata ad incontri e visite all’area Ostiense di Roma. Altre visite al patrimonio industriale della Conca Ternana saranno effettuate durante i lavori del Congresso. Seguiranno i tour postcongressuali, che hanno pure ottenuto un elevato numero di adesioni. Sono stati programmati due itinerari a tappe: uno breve, dal 18 pomeriggio al 20 settembre, che prevede la visita ai siti industriali e museali di Caserta-San Leucio, Gragnano, Amalfi, Furore, Napoli-Bagnoli; e uno lungo, dal 18 pomeriggio al 23 settembre, che toccherà molti dei maggiori centri industriali italiani e le città d’arte: Firenze, Prato, Bologna, Venezia-Porto Marghera, Schio-Valdagno, Tavernole (Brescia), Dalmine (Bergamo), Crespi d’Adda, Sesto S. Giovanni, Milano, Pray, Biella, Torino e Genova. In occasione del Congresso verrà anche organizzata negli spazi del complesso SIRI di Terni un’esposizione che offrirà la possibilità di presentare pubblicazioni, prodotti multimediali, progetti e realizzazioni inerenti il patrimonio industriale, con particolare riferimento alle esperienze italiane. Per maggiori informazioni: http://www.ticcihcongress 2006.net. Per contatti: Segreteria del Congresso TICCIH 2006, c/o ICSIM, via I Maggio 23, 05100 Terni; tel. 0744.407.187; fax: 0744.407.468; e-mail: [email protected]. 14 10th North Atlantic Fisheries History Conference, Bremerhaven (Germania), 7-11 agosto 2006. Il Convegno, organizzato dalla North Atlantic Fisheries History Association (NAFHA), dal Global Fisheries History Network (GFHN) e dal Deutsches Schiffahrtsmuseum (DSM), il museo navale tedesco, si inserisce nel programma scientifico che, nel corso della prossima estate, affiancherà la mostra Fish-Fingers. Speciale attenzione, quindi, sarà riservata alla modernizzazione della pesca e dell’industria del pesce nel Nord Atlantico durante il XX secolo. Tra gli altri argomenti affrontati vi saranno le limitazioni e i conflitti intorno alla pesca, l’emigrazione dei lavoratori, la globalizzazione dell’industria della pesca, le abitudini dei consumatori, la religione e le superstizioni dei pescatori. Sono inoltre previste una sessione aperta, in cui saranno presentati progetti di ricerca nel campo della storia della pesca, e una sessione speciale dedicata ai giovani ricercatori. Il programma scientifico del Convegno avrà inizio la mattina di martedì 8 agosto quando, dopo i saluti di benvenuto e la presentazione dell’attività della NAFHA, si svolgerà la prima sessione, dedicata all’Europa sud-occidentale, con relazioni di D. Confolent, The high sea fishery falling off in France in XXth century – The example of Granville; J.-L. Lenhof, The maritime labour force and the industrialization of fisheries: work, life and social relationship on board high seas fishing ships of Northern France, 1880-1960; J. Giráldez e L. Muñoz Abeledo, Making cans for the fish canning industry – An experience in Galicia, 1880-1936; H. Soto e L. Martins, The work migrations of the Portuguese fishermen. Nel pomeriggio, i lavori proseguiranno con la seconda sessione, dedicate all’Europa settentrionale, con relazioni di B.-P. Finstad, The politicised cod – The Soviet-Norwegian negotiations about the coastal cod in the 1970’s; A. Svihus, The Norwegian cod fisheries and the challenge of trawling; J. Lajus, Modernization of the Barents Sea fisheries in its relations with science and trawling technology; K. Barthelmess, Lore and superstition among 17th-century Arctic whalemen – The journal of Christian Bullen, 1667. La terza sessione, dedicata alla storia della pesca in prospettiva globale, si terrà nella mattinata di mercoledì 10 agosto, con relazioni di M.K. Sondergaard, The Global Fisheries History Network; D. Alter, Tibetan fishermen: business in confrontation with religion; Ch. Reid, The industrialization of fisheries during the twentieth century: some conceptual issues. Nel pomeriggio, infine, si svolgerà la quarta sessione, dedicata ai giovani ricercatori, con relazioni di K. Jantzen, Cod – A challenge for sustainable fisheries; Ch. Overgaard, The survival of Dutch cod fishery – the benefits of family business; O. Sparenberg, The Oceans – An utopian resource within the 20th century; D. Hundstad, The Norwegian term and movement of a coastal culture. Per maggiori informazioni: http://www.dsm.de/ NAFHA_Conf.pdf. Per contatti: Ingo Heidbrink, Deutsches 15 Schiffahrtsmuseum, Hans-Scharoun-Platz 1, D -27568 Bremerhaven, Deutschland; tel.: +49.471.482.07.16; fax: +49.471.482.07.55; e-mail: [email protected]. First Conference on Early Economic Developments, Copenhagen (Danimarca), 31 agosto 1 settembre 2006. Perché crollò l’impero romano? Cosa accadde agli uomini di Neanderthal? Perché l’agricoltura soppiantò la caccia e raccolta? I mammut furono sterminati dagli uomini? Cosa determinò l’instaurazione della schiavitù? Una risposta a questi e altri interrogativi sarà tentata nel corso del primo Convegno sullo sviluppo economico primitivo, in programma presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Copenhagen dal 31 agosto al 1o settembre 2006. Il Convegno – organizzato da E.H. Bulte (Università di Tilburg) e J.L. Weisdorf (Università di Copenhagen) – è destinato agli studiosi interessati all’analisi degli aspetti economici della vita nella Preistoria, partendo dal Paleolitico e giungendo – data la difficoltà di stabilire limiti temporali precisi – fino all’età preindustriale. L’esame degli eventi svoltisi durante la Preistoria appartiene al campo d’indagine dell’archeologia e dell’antropologia. Negli ultimi anni, tuttavia, l’applicazione delle moderne teorie economiche ha consentito di estrarre nuove informazioni dai dati archeologici e antropologici. La paleoeconomia – questo il nome della nuova disciplina – si interessa all’evoluzione del genere umano e ai suoi comportamenti, alla strategie di procacciamento del cibo e alla gestione delle risorse, all’importanza della cosiddetta “biogeografia”, alla nascita del commercio e della proprietà privata. Il metodo adottato prevede l’introduzione dei modelli formali propri dell’economia per completare le conoscenze acquisite mediante i tradizionali approcci di carattere descrittivo. Tali modelli, infatti, permettono di sviluppare ipotesi e di sottoporle a verifica empirica, individuando le precise condizioni entro cui si svilupparono determinati effetti. Il Convegno si propone di offrire una rassegna dei recenti sviluppi nei campi della storia economica dell’età arcaica, della paleoeconomia e della teoria della crescita economica nel lunghissimo periodo, suscitando un dibattito da cui emergano indicazioni circa il ruolo che l’analisi economica potrà avere all’interno dei tradizionali campi d’indagine di archeologia e antropologia. A questo fine, archeologi e antropologi sono stati invitati a prendere parte ai lavori del Convegno, presentando propri contributi o commentando i risultati raggiunti dai colleghi economisti. Relatori principali saranno O. Galor, docente di economia presso la Brown University, e O. bar-Yosef, docente di archeologia preistorica presso l’Università di Harvard. Una scelta delle relazioni presentate al Convegno sarà pubblicata in un numero speciale del Journal of Economic Growth. Per maggiori informazioni: http://www.econ.ku.dk/eed. ter t e SISE l news Economic History Association, 66th Annual Meeting: Frontiers and institutional innovation: property rights, production organization and governance, and political structure, Pittsburgh (Pennsylvania, USA), 1517 settembre 2006. Sarà dedicato al rapporto tra frontiera e rinnovamento istituzionale il 66o Congresso annuale della statunitense Economic History Association (EHA), che si svolgerà a Pittsburgh dal 15 al 17 settembre 2006. Il programma scientifico dell’incontro – stilato dal comitato presieduto da W. Collins e composto da R. Johnson, M. Haupert e Z. Hansen – si propone di analizzare, in prospettiva storica e interdisciplinare, i modi in cui le frontiere abbiano rappresentato nuove sfide e opportunità generatrici di rinnovamento istituzionale. Il concetto di “frontiera” include tanto gli aspetti legati alla suddivisione del territorio e alla distribuzione delle risorse, quanto le nuove possibilità aperte dalla scienza e dalla tecnologia. L’attenzione sarà concentrata, in particolare, sul processo di mutamento istituzionale – e dei conseguenti aspetti legati al benessere – nel campo dei diritti di proprietà fisica e intellettuale, dell’ordinamento politico e legale, del governo dell’organizzazione della produzione. I lavori avranno inizio la mattina di venerdì 15 settembre, con due seminari destinati a un numero ridotto di partecipanti. Seguirà, nel pomeriggio, la prima sessione di relazioni, suddivisa nelle due sottosessioni parallele A: Agriculture on the American frontier, con relazioni di S.N. Bretsen e P.J. Hill (Wheaton College), Irrigation institutions in the American West; K. Clay (Carnegie Mellon University), Squatters, production, and violence; K.M. Sylvester (University of Michigan), Ecological frontiers on the grasslands of Kansas: changes in farm scale and crop diversity; e B: Credit, ownership, and firm performance, con relazioni di F. Braggion (Tilburg University), Credit market constraints and financial networks in late Victorian Britain; A. Dye (Barnard College, Columbia University) e R. Sicotte (University of Vermont), Cleansing under the quota: the defense and survival of sugar mills in 1930s Cuba; E. Hilt (Wellesley College), Corporate ownership and governance in the early nineteenth century (US). La giornata sarà conclusa da una sessione plenaria. La mattina di sabato 16 settembre sarà aperta dalle relazioni della seconda sessione, suddivisa nelle tre sottosessioni parallele A: Colonial policies and legacies, con relazioni di L. Brunt (University of Lausanne), Legal origins, colonial origins, and economic growth: evidence from a natural experiment (South Africa); S.L. Engerman (University of Rochester) e K.L. Sokoloff (UCLA), Once upon a time in the Americas: land and immigration policies in the New World; M.A. Irigoin (College of New Jersey) e R. Grafe (Nuffield College, Oxford), The Spanish empire and its legacy: fiscal re-distribution and political conflict in colonial and post-colonial America; B: Banking and finance, ter t e SISE l news con relazioni di J.P. Ferderer (Macalester College), Institutional innovation and the creation of liquid financial markets: the case of the American over-the-counter market; J. Knodell (University of Vermont), Geographic and regulatory frontiers in commercial banking: private banking in the US, Scotland, and Germany in early industrialization; W. Weber (Federal Reserve Bank of Minneapolis), New evidence on State banking before the Civil War (US); e C: Labor markets in the United States, relazioni di C. Frydman (Mit) e R. Saks (Board of Governors of the Federal Reserve System), Historical trends in executive compensation, 19362003; J. Kaboski e T.D. Logan (Ohio State University), The returns to education in the early 20th century: new historical evidence; E. Roberts (University of Minnesota), Married women’s property acts and women’s labor force participation in the United States, 1870-1920. I lavori della mattinata proseguiranno con la terza sessione di relazioni, suddivisa nelle tre sottosessioni parallele A: Legal and institutional origins, relazioni di R. Bloch e N. Lamoreaux (UCLA), The private rights of organizations: the tangled roots of laissez faire and the right to privacy; D.C. North (Washington University), J.J. Wallis (University of Maryland) e B.R. Weingast (Stanford University), Organizational support for communal individualism; C. Priest (Northwestern University), Creating an American property law: alienability and its limits in American history; B: Public goods, relazioni di L. Chaudhary (Hoover Institution), Social divisions and public goods provision: evidence from colonial India; C. Moehling (Yale University), Mothers’ pension legislation and the origins of cross-state variation in welfare generosity; J.E. Murray (University of Toledo), Demand for private health insurance, precautionary savings, and progressive reform failure; e C: European development and dissolution, relazioni di D. Bogart e G. Richardson (University of California, Irvine), Law and economic development in England: new evidence from Acts of Parliament, 1600-1815; M. Dincecco (IMT Lucca Institute for Advanced Studies), Weak and strong States: fiscal regimes and sovereign credit risk in 18th and 19th century continental Europe; M.-S. Schultze (London School of Economics) e N. Wolf (Freie Universität Berlin), Harbingers of dissolution? Grain prices, borders and nationalism in the Hapsburg economy before World War I. Nel pomeriggio di sabato 16 settembre le relazioni osserveranno una pausa, lasciando spazio a una sessione dedicata alla presentazione delle dieci migliori tesi di storia economica discusse durante l’anno accademico 2005-2006. In conclusione di giornata, il discorso del presidente della Economic History Association, G. Libecap. La mattina di domenica 17 settembre si aprirà con le relazioni della quarta sessione, suddivisa nelle due sottosessioni parallele A: Slavery and its aftermath, con relazioni di A. Coleman (Wachovia Securities) e W.K. Hutchinson (Vanderbilt University), Determinants of slave 16 prices: Louisiana, 1725 to 1820; A.L. Olmstead (University of California, Davis) e P.W. Rhode (University of North Carolina), Wait a cotton pickin minute! A New view of slave productivity; W. Troost (University of California, Irvine), Accomplishment and abandonment: the freedmen’s bureau and black literacy rates; e B: Macroeconomic growth and policy, con relazioni di A.J. Field (Santa Clara University), US economic growth in the Gilded Age; M. Shizume (Kobe University), Low interest rate policy in the early 1930s in Japan: a myth of “the Keynesian before Keynes”; C. Yáñez (Universidad de Barcelona), M. del Mar Rubio e A. Carreras (Universitat Pompeu Fabra), Economic modernization in Latin America and the Caribbean between 1890 and 1930: a view from the modern energy consumption. Concluderà i lavori, nella medesima mattinata di domenica, la quinta sessione di relazioni, suddivisa nelle due sottosessioni parallele A: The economics of cooperation, con relazioni di R. Abramitzky (Stanford University), The limits of equality: insights from the Israeli kibbutz; J.I. Stewart (Reed College), Free-riding, collective action, and farm interest group membership; S. Wolcott (Suny-Binghamton), Ceremonial expenditure as a response to risk in preindependence India: evidence from the all-India rural credit survey of 1951; e B: Institutional responses to external threats, con relazioni di H. Etkes (Hebrew University), Lawlessness at the desert frontier: analysis of protection payments from ottoman Gaza, 1525-55; R.K. Fleck e F. Andrew Hanssen (Montana State University), Rulers ruled by women: an economic analysis of the rise and fall of women’s rights in ancient Sparta; M. Iyigun (University of Colorado), Ottoman conquests and European ecclesiastical pluralism. Per maggiori informazioni: http://www.ehameeting.com. Per contatti: Carolyn Tuttle, e-mail: [email protected]. Ü Academic Conference: The impact of markets in the management of rural land, Saragozza (Spagna), 22-23 settembre 2006. Il Convegno nasce nell’ambito del Programme for the Study of European Rural Societies afferente alla European Cooperation in the Field of Scientific and Technical Research (European Science Foundation, Cost Action A-35) e intende studiare – senza limiti temporali – il coinvolgimento delle popolazioni e delle comunità rurali europee nel mercato dei beni agricoli, del lavoro, della terra e del capitale, nonché le conseguenze che questo comportò nelle forme di gestione della terra. Il tema dell’interazione tra mercati e altre istituzioni – famiglie contadine, comunità locali, imprese capitaliste o formazioni statali – ha tradizionalmente occupato una posizione preminente nella storiografia dell’Europa rurale. Ne è derivata una visione dello sviluppo delle campagne europee come di un processo legato al parallelo sviluppo delle città. Più in particolare, se da un lato l’industrializzazione determinò la scomparsa di alcune tradizionali attività contadine, dall’altro lato 17 dischiuse nuove opportunità. La specializzazione colturale delle aziende agricole fu incentivata dalla crescita dei mercati urbani e, aspetto ancor più rilevante, le attività nei settori della manifattura e dei servizi acquistarono un ruolo sempre maggiore. Il risultato fu una chiara tendenza verso la diversificazione all’interno delle società rurali e la diffusione di relazioni di lavoro di stampo capitalista, basate cioè su meccanismi salariali: trasformazioni, queste, che ebbero un notevole impatto sull’ambiente rurale. Per maggiori informazioni: Vicente Pinilla Navarro, Universidad de Zaragoza, Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Departamento de Estructura e Historia Económica y Economía Pública, Gran Vía 2, E -50005 Zaragoza, España; tel.: +34.976.76.17.86; fax: 34.976.76.17.70; e-mail: [email protected]. Marie Curie Economic History Research Training Network, Second Annual Conference: European growth and integration since the mid-Nineteenth century, Lund (Svezia), 13-15 ottobre 2006. Si terrà dal 13 al 15 ottobre 2006, presso l’Università di Lund, il secondo Convegno annuale dell’Economic History Research Training Network, dedicato al processo di crescita ed integrazione economica europea a partire dalla metà dell’Ottocento. L’incontro – organizzato da S. Broadberry (Università di Warwick), K. O’Rourke (Trinity College, Dublino) e L. Schön (Università di Lund) – è promosso dal Marie Curie Economic History Research Training Network nell’ambito del progetto Unifying the European experience: historical lessons of pan-European development. Tale rete di ricerca si propone di analizzare lo sviluppo economico dell’Europa, intesa come un tutto, raccogliendo dati relativi all’intero continente con due scansioni cronologiche: il lungo periodo (gli ultimi centocinquant’anni) e il lunghissimo periodo (l’ultimo millennio). Tali dati sono poi esaminati mediante aggiornate tecniche di analisi economica, sia teorica che econometrica, al fine di fornire statistiche sulla crescita e l’integrazione economica dell’Europa, nonché sulle relazioni economiche di questa con il resto del mondo. Il Convegno affronterà i temi legati alla crescita economica europea dell’ultimo secolo e mezzo con relazioni che si concentreranno sia sulla spiegazione della crescita, sia sulla modellizzazione econometrica. I livelli di analisi saranno molteplici: dall’intero continente all’esame comparato di singole esperienze nazionali e regionali, dalla crescita aggregata ai settori particolari. Il dibattito sul processo di integrazione, inoltre, si concentrerà sul processo mediante il quale l’economia europea cessò di essere un semplice agglomerato di economie nazionali o regionali e assunse caratteri genuinamente continentali. Un processo variegato, in dipendenza sia dal fatto che i mercati di certi beni si svilupparono assai prima e in maniera più completa di quelli di certi altri, sia dal fatto che il mercato dei beni è generalmente ter t e SISE l news caratterizzato da minori barriere all’integrazione rispetto a quello di un fattore produttivo come il lavoro. Per maggiori informazioni e contatti: Nadine Clarke, tel. +44.20.7878.2908; e-mail: [email protected]. Harvard University, Graduate Student Conference: The history of capitalism in North America, Cambridge (Massachusetts, USA) 27-28 ottobre 2006. L’Università di Harvard organizza, dal 27 al 28 ottobre 2006, un Convegno sulla storia del capitalismo nel Nord America che si propone di rivitalizzare lo studio del capitalismo da parte degli storici, riflettendo sulle attuali condizioni di questo substrato dell’economia americana e sul ruolo che ha giocato nella storia, individuando infine nuove possibili direzioni di ricerca. L’incontro – indirizzato a studiosi di storia americana che considerino il capitalismo un’importante categoria di analisi, oltre che oggetto di per sé meritevole d’indagine – si articolerà in cinque tavole rotonde animate da laureati di Harvard e rinomati studiosi, che affronteranno temi di grande rilevanza come il rapporto tra affari e politica, i diritti di proprietà, gli ordinamenti legali, la relazione tra capitale e impresa, le sfide mosse dalle ideologie al capitalismo. Nella mattinata di venerdì 27 ottobre, Sh. Garrett (University of Texas at Austin), M. Posner (Yale University) e T. Gonzales (University of Houston), moderati da R. St. John (Harvard University), discuteranno sul tema Beyond individualism: capital, community, and entrepreneurship. A seguire, la tavola rotonda su Reform and the anticapitalist impulse in American social thought, presieduta da J. Sklansky (Oregon State University), con interventi di T. Venit (Stanford University), M. Carriere (University of Chicago), D. Huyssen (Yale University) e P. Riley (University of California, Berkeley). Nel pomeriggio, S. Vogel (Columbia University), D. Smith (Northwestern University) e L. Hyman (Harvard University), moderati da J. Zelizer (Boston University), dibatteranno sul tema The politics of business/ The business of politics. La giornata sarà conclusa da un discorso di R. White (Stanford University). La mattina di sabato 28 ottobre si aprirà con la tavola rotonda su The politics of property: capitalism, space, and social order, presieduta da L. Cohen (Harvard University), con interventi di E. McConnell (Universityç of Iowa), A. Gill (University of California, Santa Barbara) e A. Heath (University of Pennsylvania). Successivamente, G. Rao (University of Chicago), J. Haigh (University of Arizona) e R. McGreevey (Brandeis University), moderati da Ch. Desan (Harvard Law School), discuteranno sul tema The margins of the market: law and legitimacy in American capitalism. I commenti conclusivi del Convegno saranno affidati a S. Beckert (Harvard University). Per maggiori informazioni: http://www.fas.harvard.edu/ ~polecon/conference/index.shtml. Per contatti: History of Capitalism in North America, Charles Warren Center, ter t e SISE l news Emerson Hall, 4th Floor, Harvard University, Cambridge, MA 02138, United States; e-mail: [email protected]. CALL FOR PAPERS International Workshop: History of finance and financial institutions in the Asia-Pacific Rim, Sidney (Australia), 8 dicembre 2006. Il Seminario, organizzato dal Business and Labour History Group afferente alla School of Business dell’Università di Sidney, è sponsorizzato dalla rivista di studi internazionali Accounting, Business and Financial History, che si è impegnata ad accogliere le relazioni in un numero speciale. La “fascia asiatico-pacifica” è l’area del globo in cui si stanno rapidamente sviluppando i più diversi sistemi finanziari e ad essi è dedicato, in prospettiva storica, il Seminario. Questi i temi oggetto di analisi: Banks and insurance in developing economies; Globalisation; The role of government regulation; Private vs. State banking systems; The management of financial institutions; The development of financial markets including derivatives and bonds; The role of foreign banks; Approaches to borrowing and lending including hire purchase; Community banking and social movements in financial services; Non-bank financial sector; Changing patterns of ownership; Accounting and calculative practices within financial institutions. Le candidature, comprendenti il testo in inglese della relazione proposta, dovranno essere presentate entro il 31 agosto 2006; la selezione avverrà nel successivo mese di ottobre. Per maggiori informazioni: http://blhg.econ.usyd.edu.au/ papers_asia_paciifc_rim.html. Per contatti: Greg Patmore, e-mail: [email protected]. Economic History Society, 2007 Annual Conference, Exeter (Regno Unito), 30 marzo - 1 aprile 2007. Il Convegno annuale del 2007 della britannica Economic History Society si svolgerà dal 30 marzo al 1o aprile, congiuntamente a quello della Social History Society, presso il Peter Chalk Centre dello Streatham Campus, Università di Exeter, Il Comitato organizzatore esaminerà proposte di relazione su molteplici temi di storia economica e sociale, riguardanti i vari luoghi ed epoche, con una preferenza per le relazioni aventi carattere interdisciplinare. La precedenza sarà accordata agli studiosi che non abbiano presentato una relazione al Convegno del 2006. È possibile proporre sia relazioni individuali, sia intere sessioni. Nel caso di queste ultime – che comprenderanno tre relazioni – la domanda dovrà includere la proposta relativa a ogni singola relazione: il Comitato organizzatore si riserva, infatti, il diritto di stabilire quali relazioni saranno presentate qualora 18 la sessione dovesse essere accettata o, in caso contrario, l’inserimento di determinate relazioni in altre sessioni. Le domande – corredate dalle generalità e da un breve curriculum vitae dei proponenti, nonché da una sintesi della relazione di lunghezza compresa tra le 400 e le 500 parole – dovranno essere presentate entro il 18 settembre 2006, preferibilmente tramite posta elettronica. Un bando specifico è riservato ai giovani ricercatori, che avranno la possibilità di presentare i risultati dei propri studi dottorali in corso nel pomeriggio di venerdì 30 marzo. Gli interessati sono invitati a presentare le proprie candidature – comprensive di titolo della relazione, breve sintesi dei temi affrontati e dei metodi di analisi adottati, traccia delle principali conclusioni, per un totale di non più di 500 parole – entro il 4 settembre 2006. Alla domanda andrà inoltre allegata una notizia sullo stato di avanzamento del lavoro di tesi, indicando la data prevista per la discussione, nonché una lettera di presentazione del supervisore; non saranno accolte le richieste degli studenti che si trovino ancora alle battute iniziali della propria ricerca. Le due migliori relazioni saranno premiate con un assegno di 250 sterline. Entrambi i tipi di domanda andranno indirizzati a Maureen Galbraith, Economic History Society, Department of Economic and Social History, University of Glasgow, Lilybank House, Bute Gardens, Glasgow G12 8RT, Scotland, United Kingdom; e-mail: [email protected]. Per maggiori informazioni: http://www.ehs.org.uk/ society/annualconferences.asp. Colloque International: La représentation des risques dans l’espace méditerranéen, Aix-en-Provence (Francia), 22-24 marzo 2007. Si svolgerà presso la Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme di Aix-en-Provence, dal 22 al 24 marzo 2007, il quinto e ultimo incontro del programma di ricerca su Les sociétés méditerranéennes devant le risque, coordinato dalla Casa de Velázquez di Madrid, dall’École Française de Rome, dall’École Française d’Athènes, dall’Institut Français d’Archéologie Orientale del Cairo e dalla Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme di Aix-enProvence, Unité Mixte de Recherche Temps, Espaces, Langages, Europe Méridionale-Méditerranée. Nel primo incontro del 2003, a Madrid, si è esplorata la nozione di rischio e le sue specificità nelle società mediterranee; il successivo convegno del Cairo, nel 2004, ha avuto per oggetto il rischio nelle zone di frontiera; ad Atene, nel 2005, si è parlato dei rischi alimentari; a Roma, infine, nel corso del 2006 si è affrontato il tema dei rischi economici (si veda il resoconto pubblicato qui nella sezione Conferenze e convegni). Il Convegno del 2007 avrà per oggetto una lettura sociale del rischio nei paesi e negli spazi mediterranei nel corso degli ultimi secoli, nell’intento di affrontare il difficile tema del progressivo mutare del modo di percepire e valutare il 19 rischio all’interno di una società. Le proposte di relazione comprendenti il nome dell’autore, l’istituzione di appartenenza, il titolo della relazione e una sintesi di dieci righe vanno indirizzate entro il 10 settembre 2006 a MarieFrançoise Attard, UMR TELEMME, Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme, B.P. 647, F-13094 Aix-en-Provence, cédex 2, France. Per maggiori informazioni: http://calenda.revues.org/ nouvelle7064.html. Per contatti: Marie-Françoise Attard, email: [email protected]. Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini”, XL Settimana di Studi: Il ruolo economico della famiglia. Secoli XIII-XVIII, Prato, 6-10 aprile 2008. Nell’ambito del vasto panorama di studi internazionali sulla famiglia in età pre-industriale, la XL Settimana dell’Istituto Datini intende richiamare l’attenzione degli studiosi sul ruolo economico che i componenti di questo fondamentale nucleo di sopravvivenza e di crescita della società svolsero al fine della salvaguardia dell’insieme di soggetti legati tra loro da vincoli di matrimonio, di parentela e/o di affinità. La ricerca delle strategie economiche rivolte a far germinare e perpetuare fortune finanziarie e patrimoniali o anche semplicemente indirizzate alla salvaguardia e alla conservazione del nucleo, poste in essere da diversificate famiglie che nel corso dei secoli analizzati fecero parte di distinte entità facenti capo a gruppi, a ceti, a classi, non intende solo porre in essere una serie di nuovi studi sui singoli gruppi familiari, ma vuole anche far risaltare l’importante funzione collettiva che diede luogo a crescita, stasi o declino di diversificate entità locali, regionali e nazionali. Il programma di massima stilato dal Comitato scientifico prevede, dopo la prolusione da tenersi nel pomeriggio del 6 aprile intitolata: Il ruolo economico della famiglia tra produzione e consumo, un’articolazione in quattro successive distinte giornate di studio rispettivamente dedicate a Il patrimonio familiare e le sue forme di trasmissione nel mondo nobiliare e in quello contadino; Conquista e controllo del mercato: la famiglia mercantile; Conquista e controllo della produzione: la famiglia artigiana; Il diverso ruolo economico dei maschi e delle femmine nei contesti familiari. Gli studiosi sono invitati a valutare quanto illustrato in queste premesse e ad inviare proposte di contributi scientifici, assieme con una sintesi del testo e un sintetico curriculum vitae dell’autore. Esse dovranno indicare: a) come si inserisce il contributo proposto nell’idea centrale del convegno; b) in quale specifica parte del programma esso dovrebbe inserirsi; c) il tema ben definito che si intende affrontare; d) il periodo e l’area che verranno esaminati; e) il tipo di contributo proposto. Se si tratta di una “relazione” ter t e SISE l news essa dovrà essere di ampio respiro e investire in termini comparativi il problema muovendo da ben specifiche realtà. Se si tratta di “comunicazione” essa dovrà rappresentare un contributo originale, frutto di ricerche nuove sopra un tema determinato. Le proposte dovranno giungere entro il 15 settembre 2006 all’indirizzo: Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini”, via Muzzi 38, 59100 Prato; e-mail: [email protected]. La Giunta del Comitato scientifico deciderà sul loro accoglimento entro il 31 ottobre 2006. Per maggiori informazioni: http://www.istitutodatini.it/ temi/htm/call.htm. Iberometrics III – Third Iberian Economic History Workshop, Valencia (Spagna), 23-24 marzo 2007. Iberometrics III – il terzo Laboratorio di storia economica iberica, si terrà a Valencia dal 23 al 24 marzo 2007, ospitato dal Departamento de Análisis Económico dell’Università di Valencia e cofinanziato dalla Universidad Internacional Menendez Pelayo (UIMP). L’incontro, che segue le edizioni svoltesi a Lisbona nel 2003 e a Madrid nel 2005, si propone di costituire un’occasione di dibattito approfondito intorno a nuove e innovative ricerche nel campo della storia economica, con particolare attenzione all’apporto dei giovani ricercatori. Il Comitato scientifico – composto da J. Simpson (Universidad Carlos III, Madrid), A. Carreras (Universitat Pompeu Fabra, Barcelona), J. Reis (Instituto de Ciências Sociais, Universidade de Lisboa) e C. Betrán (Universitat de València) – selezionerà tra le dodici e le quattordici relazioni che, dopo una breve presentazione da parte degli autori, saranno oggetto di confronto tra tutti i partecipanti. Le domande – corredate dalle generalità dei candidati e da una sintesi della relazione di lunghezza pari a 500 parole – dovranno essere inoltrate entro il 15 ottobre 2006 all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]. La precedenza sarà accordata agli studiosi che non abbiano presentato relazioni nelle precedenti edizioni di Iberometrics. Per maggiori informazioni: http://www.uv.es/~iberom3. Per contatti: Departamento de Análisis Económico, Avenida dels Tarongers s/n, E -46022 Valencia (España); tel.: +34.963.82.82.44; fax: +34.963.82.82.49; e-mail: [email protected]. Business History Conference, 2007 Annual Meeting: Entrepreneurial Communities, Cleveland (Ohio, USA), 1-2 Giugno 2007. Il Congresso annuale della Business History Conference (BHC) per il 2007 si terrà dal 1o al 2 giugno a Cleveland, presso la Weatherhead School of Management della Case Western Reserve University. Tema del Convegno saranno le comunità di imprenditori. L’obiettivo è indagare il ruolo dell’imprenditore e del contesto in cui la sua attività viene ter t e SISE l news svolta, intendendo in questo modo analizzare le caratteristiche delle comunità di imprenditori legate al territorio (a livello locale, regionale, nazionale o internazionale), agli aspetti culturali, politici, sociali, economici. Le proposte di singole relazioni o panel dovranno pervenire entro il 15 ottobre 2006; la notifica per la partecipazione sarà inviata entro gennaio 2007. Per la presentazione di una relazione è necessario inviare un curriculum vitae di una pagina e una sintesi di una pagina che indichi l’argomento, le fonti e il nesso con la letteratura esistente; alle proposte di panel, invece, dovranno essere allegati una proposta di una pagina in cui se ne spieghi il significato e l’importanza, una sintesi di una pagina, i curricula dei partecipanti (fino a tre), un elenco dei possibili chairs e commentators e le indicazioni per contattarli. Le proposte vanno inviate a Roger Horowitz, Secretary-Treasurer, Business History Conference, P.O. Box 3630, Wilmington, DE 19807, United States; tel.: 001.302.658.2400; fax: 001.302.655.3188; email: [email protected]. Per maggiori informazioni: http://www.h-net.org/ ~business/bhcweb/annmeet/call07.html. Consiglio direttivo della SISE Prof. Antonio Di Vittorio, Presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Bari Prof.ssa Paola Massa Piergiovanni, Vice-presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Genova Prof. Vincenzo Giura, Vice-presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università “Federico II” di Napoli Prof. Nicola Ostuni, Segretario. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Catanzaro Prof. Carlo Marco Belfanti, Tesoriere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Brescia Prof. Giuseppe Bracco, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Torino Prof. Bernardino Farolfi, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì Prof. Giovanni Luigi Fontana, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Padova Prof. Giampiero Nigro, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Firenze Collegio dei Revisori dei Conti Prof. Luciano Palermo. Associato di Storia Economica presso l’Università “Guido Carli” di Roma Prof.ssa Paola Pierucci. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Chieti, sede di Pescara Prof. Carlo Maria Travaglini, Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Roma Tre Presidenza Università di Bari, Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia Economica, via Camillo Rosalba 53, 70124 Bari; tel. 080 504 92 26; fax 080 504 92 27 20 IN RICORDO DI MASSIMO COSTANTINI È scomparso il collega Massimo Costantini, professore ordinario di Storia economica presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara. L’attività principale di Massimo Costantini come storico dell’economia è stata quella di studiare il passato di Venezia, la sua “memoria”, per capirne le trasformazioni e, su questa base, scoprire quali sono, oggi, le opportunità per il suo futuro. Per Costantini il mare rappresenta la chiave di lettura della storia di Venezia, come testimonia anche la sua ultima opera, pubblicata quest’anno per i tipi della Marsilio, Una Repubblica nata sul mare. Navigazione e commercio a Venezia. Con i suoi lavori, Costantini ha indicato la necessità che Venezia recuperi il suo sguardo tradizionale verso il mare, perché il mare era e resta la grande risorsa di Venezia, città destinata a essere porto adriatico e mediterraneo, spazio di logistica, di commercio e di turismo, crocevia di uomini e di merci. Comitato di redazione Giulio Fenicia, Giovanni Luigi Fontana, Renato Giannetti, Carlo Maria Travaglini Coordinatore Giovanni Luigi Fontana Redazione Università di Padova, Dipartimento di Storia, piazza Capitaniato 3, 35139 Padova; tel. 049 827 45 10; fax 049 827 45 11; e-mail: [email protected] Segreteria di redazione: Luca Clerici Università di Firenze, Dipartimento di Studi Storici e Geografici, via San Gallo 10, 50129 Firenze; tel. 055 275 79 49; fax 055 21 91 73; e-mail: [email protected] Segreteria di redazione: Lucia Castellucci Hanno contribuito a questo numero: Cristina Badon, Andrea Bonoldi, David Celetti, Salvatore Ciriacono, Silvia Antonia Conca Messina, Amedeo Lepore, Daniela Manetti, Walter Panciera,Potito Michele Quercia, Maria Gabriella Rienzo, Renzo Sabbatini, Donatella Strangio La Newsletter della SISE è pubblicata ogni 4 mesi: ottobre, febbraio e giugno. Tutti i soci della SISE la ricevono gratuitamente in forma cartacea. Inoltre, è disponibile in forma elettronica presso il sito internet della società: http://www.sisenet.it Pubblicazione quadrimestrale della Società Italiana degli Storici dell’Economia Direttore Responsabile: Giovanni Luigi Fontana Autorizzazione del Tribunale di Padova Tip.: CLEUP scarl, via Belzoni 118/3, Padova. Tel. 049 65 02 61