Le fanterie comunali

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Le fanterie comunali
Le fanterie comunali dall’ XI° al XIII° secolo
Abbigliamento ed equipaggiamento
Premessa
Le guerre del medioevo non sono state fatte solo da cavalieri di nobile stirpe con focosi destrieri e
gualdrappe sventolanti ornate dell’araldica di famiglia; un ruolo importante, ed a volte
determinante, è stato assunto dalle fanterie costituenti il grosso dell’esercito comunale.
Questo articolo è solamente uniformologico, ed anche in senso lato, ovvero non ha alcuna pretesa di
tracciare la storia, le tecniche di selezione, addestramento o di combattimento delle fanterie in età
comunale. Si limita a riassumere le principali dotazioni difensive ed offensive ad uso di quanti
avessero voglia di tradurre in figurino questi soggetti piuttosto che di quelli che seguono le mille
manifestazioni di reenactment medievale in giro per l’Italia.
Indice
La milizia comunale
Equipaggiamenti difensivi per il corpo
Il gambeson
Il coretto
La lameria
L’usbergo
La Guargnacca
Le società d’armi
Equipaggiamenti difensivi per il capo
L’Infula
Il camaglio
La cervelliera
Il cappello di ferro
Elmo normanno
Gli scudi
Lo scudo
Il brocchiere
Il tavolaccio
Il palvese
Le armi in asta
La lancia
Il falcione
Il roncone
Le armi da mischia
La spada
Il coltello
La basilarda
La giusarma
L’ascia
La mazza
Le armi da lancio
Arco
Balestra
Frombola
La Milizia Comunale
Il milite era il soldato a piedi che dal 1100 al 1300 frequentava i campi di battaglia italiani. Faceva
parte della leva periodica che il Comune istituiva in caso di baruffe con i vicini.
Il suo periodo di mobilitazione si limitava ai mesi primaverili ed estivi e raramente includeva battaglie
di grandi dimensioni, perché solitamente ci si limitava alla "cavalcata" di rapina e distruzione nel
territorio avversario con il supporto della cavalleria, chiamata gualdana.
Tale esercito era armato in maniera sommaria con elmi di ferro, cervelliere e tabulacci, anche se molti
Comuni ponevano un limite minimo di equipaggiamento, come ad esempio usberghi di ferro o giubbe
imbottite. Molti andavano in battaglia senza protezioni, preferendo l'agilità, come nel caso degli arcieri,
oppure perché troppo povero. E' necessario compredere che il concetto di uniformità delle divise è del
tutto estraneo al contesto duecentesco, infatti le milizie comunali non hanno un'uniforme ma una serie
di indumenti il cui numero dipende dalle disponibilità economiche del singolo individuo e da chi era un
militare di professione e no. Ciò che identifica la fazione d'appartenenza è lo stemma araldico che
solitamente è cucito sulla giubba imbottita, sul corpetto o sulla sovracotta del fante. E' perciò
verosimile vedere guerrieri della stessa armata vestiti e armati in modo diverso. La povertà incideva
anche sul genere di armi offensive maneggiate, molte delle quali di derivazione contadina, come il
roncone, l'alighiero o addirittura un coltello legato su un bastone. In genere comunque, il milite medio
era armato con un'arma in asta o una picca, a seconda del ruolo, e uno scudo di media grandezza,
solitamente rettangolare o rotondo. A queste si abbinava sempre un coltellaccio o un accetta per il
corpo a corpo.
Le unità base della milizia comunale erano la venticinquina, cui si aggiungevano un serragente e un
capitano. Questi gruppi di fanti si dividevano in fanteria pesante e fanteria leggera a seconda
dell'armamento. Alle venticinquine si aggiungevano gruppi di tiratori e di cavalieri.
Venticinquina fiorentina, 1260 circa
Museo del figurino storico di Calenzano
Figure componenti la milizia comunale
Ufficiali e sottoufficiali
Capitano
Il capitano della milizia era di levatura alto
borghese o un nobilotto, spesso un figlio minore.
Molte volte non proveniva direttamente dal
Comune, ma era chiamato dall'esterno. Poteva
permettersi un equipaggiamento di prim'ordine.
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Serragente
Il serragente era un veterano professionista
che non proveniva dalla nobiltà cittadina, ma era
abbastanza agiato per avere un armamento
simile a quello del capitano. Responsabile
dell'ordine nel campo, in periodi di pace fungeva
da servizio d'ordine all'interno del comune. Era
chiamato così perchè solitamente si posizionava
dietro le truppe schierate per incitare i soldati ed
evitare che qualcuno si ritirasse.
L'armamento degli ufficiali consiste in schinieri di cuoio o metallo o calze in maglia di ferro. Il busto è
protetto da un bambagione (gambaison in francese). Sopra tutto ciò viene indossato un usbergo di
ferro lungo al ginocchio, con maniche corte, lunghe o complete di guanti in anelli di ferro, sopra ad
esso un sorcotto con lo stemma della fazione (detta cotta d'arme o sorcotto).
La testa è protetta da un infula di stoffa imbottita, un camaglio ed infine un elmo di varie fogge.
Di solito sono armati con spade, mazze e/o asce da guerra o da una mano. Portano uno scudo a forma
leggermente triangolare, detto a "mandorla", oppure il tipo normanno ad aquilone.
Fanteria Pesante
Il nerbo della venticinquina, armato con lunghe picche di 3 metri per contrastare le cariche di
cavalleria, adoperava la formazione chiusa in combattimento. Per la fanteria pesante era essenziale
mantenere l'ordine chiuso in ogni fase del combattimento: attacco, difesa, eventuale ritirata.
Nell'ordine chiuso risiedeva la sua forza e il suo grande valore tattico.
Il compito della fanteria pesante non era tanto in genere quello di manovrare, quanto di resistere sul
posto se sottoposta ad una carica di cavalleria o a quella d'altre fanterie. Raramente si azzardava a
caricare, perchè il rischio di scompaginare le schiere contro un nemico compatto era troppo alto. Il
rovescio della medaglia era che una formazione di fanti così assiepata era facilmente decimabile da
balestrieri e arcieri, come successe alla battaglia di San Procolo nel 1275.
Per le fanterie comunali italiane questo compito di resistenza sul posto era spesso condizionato dalla
presenza del "pavese". Nascosti dietro i tabulacci e i pavesi proteggevano i fanti leggeri e i balestrieri,
e all'occasione poteva adoperare varie formazioni, tra cui la classica a rettangolo, o quella più disperata
a cerchio, nel caso di isolamento.
Lo schieramento dei picchieri che doveva sostenere una carica vedeva nelle prime file gli uomini che,
piegato il ginocchio destro, fissavano il calzo della picca a terra contro il piede destro e ne indirizzavano
con la mano destra la punta verso il petto del cavallo o del cavaliere avversario. Con la mano sinistra si
proteggevano
con
il
pavese
che,
poggiato
a
terra,
copriva
tutta
la
persona.
Il busto veniva protetto da un bambiagione e chi poteva anche una cotta di maglia, alcuni unità
portavano anche una sovracotta con gli stemmi del comune.
Sul capo portano l'infula imbottita, un camaglio o un elmo in ferro di semplice fattura.
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Fanteria Leggera
La Fanteria Leggera era costituita da soldati non di
professione. Essa lavorava in coordinazione con i
picchieri, chiudendo falle nella formazione,
lavorando il nemico sui fianchi e abbattendo i
cavalieri bloccati dalle picche con le armi in asta e
quelle per il corpo a corpo. Un altro compito era
quello di aprire il combattimento insieme ai
tiratori, oppure poteva essere collocata sul retro
dello schieramento con il compito di guardare i
bagagli, i prigionieri e di intervenire per sfruttare
la vittoria.
Possedeva un armamento difensivo più leggero,
per meglio destreggiarsi nella formazione, cui
abbinava solitamente un coltellaccio, un piccolo
scudo rotondo e un'arma in asta. Chi poteva si
copriva il busto con il bambagione, aveva al capo
l'infula imbottita e la cervelliera.
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Arcieri e balestrieri
Il loro compito era quello di assottigliare
l'esercito avversario mentre si appressava alle
file amiche, e poteva farlo uscendo dai ranghi
per bersagliarli in anticipo, oppure restare al
sicuro in formazione dietro gli scudi. Gli arcieri
avevano più mobilità rispetto ai balestrieri
grazie al modo di caricamento dell'arma, ma
essendo
l'arco
meno
potente
dovevano
avvicinarsi di più alle file nemiche. I balestrieri
invece, grazie alla forma orizzontale della
balestra, potevano lanciare da dietro i pavesi,
avevano più gittata e necessitavano di meno
addestramento perchè tutta la potenza era data
dal meccanismo di sgancio, ma il caricamento
durava più a lungo, di conseguenza lanciavano
meno frecce. Il busto è protetto dal corpetto in
cuoio (in alcuni casi anche da delle cotte di
maglia corte), la testa dall'immancabile infula
imbottita abbinata a una cervelliera o un
camaglio. Coltellaccio e piccolo scudo erano
sempre presenti.
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Equipaggiamenti difensivi per il corpo
Prima di vedere i singoli indumenti protettivi che costituivano la dotazione delle fanterie comunali
partiamo dalla vestizione di un cavaliere del XIII secolo per creare un filo logico da cui partire
nell’elencare e posizionare i vari oggetti.
Le fasi della Vestizione
1) Il nostro uomo si alza da letto con la sola `camicia' addosso;
2) Il primo indumento indossato sono le `brache';
3) Si passa poi alle `calze-brache';
4) Per proteggere le gambe si allacciano le `calze-brache' in maglia di ferro alle brache; (e qui i
poveri fanti fanno a meno)
5) Si indossa il `gambeson' (protezione del corpo) e la `cuffia imbottita' (protezione della testa);
6) Con un pò di fatica si infila il pesante `usbergo' (il cui cappuccio o `camaglio' nel Duecento può
anche essere staccato e di cui spesso i fanti fanno a meno) ;
7) Il nostro cavaliere indossa la guarnacca e il cinturone con fodero per la spada
8) pronto a partire !!
Ovviamente, per motivi economici, i fanti non potevano permettersi queste complesse e costose
protezioni, per cui partendo dal punto 3, ovvero con il nostro uomo con le calze-brache andiamo a
vedere cosa si indossava sopra.
Il gambeson (o aketon o zuppaletto o zuppa armandi)
Di
derivazione
quasi
diretta
del
toracomaco usato dalle truppe romane
verso la fine dell’impero,Il gambeson (o
aketon), in italiano volgare era detto
"zuppa armandi", ed era una sorta di
giubbone
di
stoffa
imbottita
con
"salsicciotti" di lana, fibre vegetali o crini
di cavallo.
Era la protezione base per i fanti, insieme
con il giaco di cuoio, e veniva indossata
sempre sotto la cotta di maglia dai soldati
che potevano permettersi un'armatura,
per evitare che in seguito a un colpo gli
anelli causassero emorragie interne o che
gli stessi penetrassero nella carne.
I gambeson destinati ad essere indossati
sotto un usbergo avevano minor spessore
rispetto agli altri per non ostacolare
troppo i movimenti del milite.
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Poteva essere a manica corta, manica
lunga e comprensiva di guanti a muffola.
Su alcuni codici sono raffigurati anche
colorati ma ci sono dubbi su queste
versioni. A seconda del periodo si
chiudeva con lacci sulle spalle e sul collo,
rigorosamente alto, oppure si allacciava
sulla schiena.
Esistono rappresentazioni
lunghezza e foggia.
di
diversa
ESEMPIO DI DIVERSI GAMBESON
NEL DIORAMA “MONTAPERTI” DI
MARIO VENTURI
I fanti rappresentati usano diversi tipi di
gambeson:
™ Con maniche lunghe e
guanti
™ Senza maniche
™ Con maniche corte
Esempio di Gambeson imbottito da
indossare sotto l’usbergo
Dal libro
Venturi
“Montaperti”
di
Mario
Il coretto (o corectum) di cuoio
Le protezioni in cuoio, cotto o meno, sono
presenti fin dall’antichità per proteggere
torso, testa e gambe. In questo caso si
tratta di una sorta di `poncho' in cuoio
flessibile che copre il tronco. La lunghezza è
consigliata fino all'altezza dell'inguine per
permettere di piegarsi in avanti con una
certa libertà.
Il corpetto poteva essere sia una semplice
pelle di bue con un foro per la testa e
legata ai fianchi oppure, verso la fine del
secolo, essere rinforzata con rettangoli di
cuoio. Di norma era senza maniche per la
libertà di movimento e copriva fino
all'addome. Se il cuoio veniva cotto per
renderlo
più
resistente,
si
perdeva
flessibilità. Un'ardua scelta.
Serafino Serafini nel 1375 dipinge
questi uomini con coretto di cuoio e
brocchiere
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Metodo di costruzione di un coretto
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Corectum di cuoio indossato da un balestriere di Volterra nel XIII sec.
La Lameria
La lameria è in sostanza un corsetto di cuoio a cui sono applicati dei rinforzi esterni con piastre di
cuoio cotto o di metallo. In pratica è l’antenato della brigantina
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L’usbergo
L’usbergo (o cotta di maglia) è una delle componenti difensive più famose del periodo medievale,
formata da una maglia di anelli di ferro concatenati pesava fra i 10 ed i 20 Kg e normalmente copriva il
torso e le gambe fino ad oltre la metà della coscia. Di solito si portava con una cintura che consentiva di
scaricare parte del peso sui fianchi. Le maniche potevano essere corte o lunghe, anche se la maggior
parte degli usberghi in uso presso la fanteria probabilmente erano con maniche corte e larghe per
consentire maggiore mobilità al combattente
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Le capacità difensive erano soprattutto rivolte ai colpi di taglio con la spada mentre erano meno efficaci
se il colpo veniva inferto con una mazza o di punta con una lancia.
Generalmente si è portati a credere che dato l’alto
costo delle protezioni in maglia di ferro queste
fossero poco diffuse e quasi totalmente
appannaggio dei cavalieri. Questo è certamente in
buona parte vero, soprattutto per gli usberghi,
mentre camagli e collari sono certamente più
diffusi.
E’ anche molto probabile però che i militari di
professione, come i serragente o i componenti
permanenti della milizia comunale, ne fossero
dotati, o per dotazione o per preda bellica.
Esempio di corto usbergo portato da un soldato di fanteria nel 14° secolo. Notare al fianco del soldato la
basilarda (pugnale) di cui parleremo in seguito
La guargnacca
La guargnacca è una sorta di cappotto in uso nel XIII e XIV secolo, poteva essere con o senza
cappuccio e con o senza maniche.
Si indossava sopra la tunica ed aveva funzione di protezione dalle intemperie.
Normalmente altro non è che una stola di tessuto, che si infila dalla testa e si allaccia in vita con
legacci di tela. Lunga quanto la tunica oppure di più, può avere spacco frontale e posteriore per
facilitare il cammino.
Il capo di abbigliamento è di uso civile ma ci sono numerosi esempi iconografici di guargnacche
indossate da militi privi di altro tipo di protezione, soprattutto fanteria leggera. Come per molti altri
capi non esisteva una distinzione netta fra ciò che era destinato all’uso civile e l’uso militare.
Come per il gambeson e per il coretto anche sulla guargnacca era possibile applicare stemmi che
distinguessero la città o la società militare di appartenenza del milite .
Le società d’armi
Un breve excursus sulle società d’armi nei comuni.
Nell’età comunale era molto sentita la necessità organizzativa e logistica di raggruppare in un’unica
associazione i soggetti aventi un fattore comune, sia esso di tipo economico (corporazioni) piuttosto
che di contiguità abitativa (quartieri, sestieri, ecc..) .
In questo quadro nascono le società d’armi rappresentanti una frazione del comune o parte di queste
frazioni (es. le società d’armi dei sestieri fiorentini o dei terzi senesi) o ancora cittadini con un
diverso fattor comune (es. le società dei Toschi o dei Lombardi a Bologna).
Scopo di queste società è svolgere servizi, diciamo, di pubblica sicurezza e di vigilanza delle mura e
delle porte in tempo di pace, e fornire unità con una certa uniformità di addestramento all’esercito
comunale in tempo di guerra.
Come ho detto nell’introduzione non volevo addentrarmi nell’organizzazione della milizia cittadina
ma la presenza delle società d’arme impatta dal punto di vista uniformologico in quanto ciascuna
società aveva i propri emblemi ed i propri vessilli e non era raro che tali emblemi fossero riportati
sulle vesti dei militi facenti parte.
Alcuni esempi di emblemi di sestieri o società militari.
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Firenze – San Brancazio
Bologna – società dei Lombardi
Figurino Mario Venturi
Figurino Ugo Giberti
Equipaggiamenti difensivi per il capo
L’infula
La cuffia (infula) imbottita indossata da sola o sotto il camaglio o le varie forme di cappelli ferrati
è di stretta derivazione dalla cuffia normalmente usata nell’abbigliamento maschile quotidiano
dell’epoca
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La versione militare della cuffia di tutti i giorni, era spessa 2-3 cm ed imbottita, realizzata in
modo simile a quanto avveniva per il gambeson con cuciture che rendevano compatta
l’imbottitura.
Rispetto all'infula "civile" copriva anche la fronte e il cervelletto per una maggiore protezione.
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Dal libro Montaperti di Mario Venturi
Camaglio e collare
Il camaglio era composto da anelli, in modo simile all’usbergo, e proteggeva testa, collo e
clavicole del milite.Il peso era intorno ai due chilogrammi.
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Dal libro Montaperti di Mario Venturi
A seconda della zona geografica e del periodo il volto era più o meno coperto da una sorta di
bavaglio in maglia.Su alcuni sarcofagi si può notare una cordicella che correva tutt'intorno alla
testa, all'altezza della fronte, probabilmente per far seguire al camaglio i movimenti spesso
bruschi della testa e non farlo muovere.
Il collare era formato da una striscia di cuoio rinforzata con placce, imbottitura o maglia metallica
che si applicava sul collo imbottito del Gambeson allo scopo di proteggere maggiormente collo e
gola. Era una delle protezioni minime previste per le fanterie medievali
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Esempi di integrazione camaglio – collare
Nella tavola a fianco sono riportate diverse
protezioni per testa e spalle. Da notare come nella
prima in alto e nella figura ina basso a destra il
camaglio indossato sotto il cappello di ferro finisca
nel collare rinforzato. Nella figura in basso a
sinistra invece il camaglio di estende a coprire
spalle e clavicole e non c’è altra protezione
evidente per collo e gola. .
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Figura tratta dalla Bibbia Maciejowski.
Si vede un balestriere con camaglio che copre la
parte inferiore della faccia senza nessuna altra
protezione per collo e gola. In realtà in questa figura
il camaglio non appare neanche staccato ma come
facente parte integrale dell’usbergo.
La figura più in alto invece ha un camaglio più
tradizionale con la faccia interamente scoperta ma il
collo protetto da da un collare imbottito.
Gli elmi
In linea di massima tutti gli elmi di questo periodo evolvono in linea più o meno diretta dall’elmo
normanno, con o senza nasale. La fanteria adottò, quando era possibile averli, gli elmi a calotta
(cervelliera) o a cappello, lasciando i caschi con visiera prima ed il grande elmo pentolare poi alla
cavalleria.
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La cervelliera
La cervelliera ( o cappellina) consisteva in una mezza sfera di ferro, ribattuta sul bordo e talvolta
con un rinforzo longitudinale. Era l'elmo base per la fanteria e proteggeva solamente la parte alta
del cranio (il cervello appunto). Si indossava sopra l’infula e, se presente, sopra il camaglio e si
fissava alla testa con una cinghia in cuoio, come tutti gli elmi. In taluni casi la cervelliera era
indossata sotto il camaglio e ne sostituiva la parte superiore, in tal caso il resto del camaglio
veniva agganciato all’imbottitura della cervelliera. Sono riportate anche cervelliere di cuoio.
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Le cervelliere risultano spesso colorate come in questa rappresentazione dalla Bibbia di
Maciejowsky
Il cappello di ferro
Insieme con la cervelliera è il più noto elmo da fante del periodo. Caratteristica di questo cappello è
la tesa di 10/15 cm che correndo tutto intorno all’elmetto vero e proprio contribuisce a proteggere
collo e spalle sia dai colpi diretti sia dalle frecce.
Derivato probabilmente da elmi di foggia bizantina costituirà poi l’antenato del morione
cinquecentesco
Analogamente alla cervelliera veniva indossato su protezioni tessili (infula) piuttosto che sul
camaglio e veniva fissato alla testa con una cinghia in cuoio. Sebbene sia un elmo tipicamente da
fanteria esistono raffigurazioni coeve dello stesso elmo usato anche da cavalieri, magari non in
grado si permettersi un elmo pentolare.
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Sono documentati cappelli di ferro con gli
spicchi del coppo in cuoio cotto
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Un particolare tipo di cappello di ferro
denominato CRESTUTA è spesso presente
nelle descrizione coeve.. In questo caso è
evidente che il coppo deve essere
interamente metallico.
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Altre forme del cappello di ferro
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Elmo normanno
Elmo di derivazione normanna, con calotta a cuspide o semisferica e protezione per il naso.
Veniva portato sia da cavalieri che da fanti che potevano permettersi un equipaggiamento
rispettoso.
Era molto comodo in combattimento poichè offriva una discreta protezione al viso senza
ostacolare vista e respiro.
Il lato negativo era che un colpo violento sul nasale poteva piegarlo e di conseguenza rompere il
naso a chi l'indossava.
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Il primo elmo è formato da spicchi di ferro o cuoio cotto tenuti insieme da due bande metalliche
incrociate di cui una si prolunga a formare il nasale. Nel secondo caso il nasale deriva direttamente
dalla cerchiatura
CERVELLIERE , CAPPELLI DI FERRO DI VARIA FOGGIA, ELMI “NORMANNI” CON E
SENZA NASALE NEL DIORAMA “MONTAPERTI” DI MARIO VENTURI
Fonti
1
Figurini di Mario Venturi dal sito www.parvimilites.it
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Foto e disegni dal libro “MONTAPERTI” di Mario Venturi ed SCRAMASAX
3
Figurino di Ugo Giberti dal sito www.ugogiberti.it
4
Disegni dalla pubblicazione “è così facile.... Piccolo manuale per la realizzazione pratica
di abbigliamento militare del XIII secolo “ di Andrea Guerzoni Remo Buosi
5
Dal libro “LA BATTAGLIA DI CAMPALDINO A POPPI” ed. SCRAMASAX