Caschi Bianchi in Africa
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Caschi Bianchi in Africa
SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO ENTE 1)Ente proponente il progetto: CARITAS ITALIANA. La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) con lo scopo di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto). È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Ha prevalente funzione pedagogica, cioè tende a far crescere nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità, il senso cristiano della Carità. L’Ente presso il quale devono essere indirizzate le domande per il presente progetto è: CARITAS ITALIANA Via AURELIA,796 - cap 00165 - città ROMA Per informazioni: tel.06.66177001- fax 06.66177602 e-mail: [email protected]; 2)Codice di accreditamento: NZ01752 3)Albo e classe di iscrizione: NAZIONALE 1° classe CARATTERISTICHE PROGETTO 4)Titolo del progetto: Caschi Bianchi in Africa 2011 – Caritas Nazionale “Insieme per il cambiamento” 5)Settore e area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3): Settore: SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO Area di intervento: EDUCAZIONE E PROMOZIONE CULTURALE Codice F11 1 6) Descrizione del contesto socio politico ed economico del paese o dell’area geografica dove si realizza il progetto; precedente esperienza dell’ente proponente il progetto nel paese o nell’area geografica anche in relazione alla propria mission; presentazione dei partner esteri: Il progetto si realizza in Africa nei seguenti paesi: Sierra Leone, Guinea Conakry, Burundi, Repubblica di Gibuti. Di seguito per ciascuno di essi è proposta una distinta descrizione del contesto socio – politico, della precedente esperienza dell’ente e della presentazione dei partner esteri. SIERRA LEONE SIERRA LEONE, UNO DEI PAESI PIU’ POVERI DEL MONDO – PANORAMICA Quadro generale La Sierra Leone è un piccolo paese dell’Africa Occidentale confinante con la Guinea a nord e la Liberia a sud-est, che si affaccia a ovest sull’Oceano Atlantico (cfr. mappa 1). Il paese, anglofono, è stato colonia inglese fino al 1961, anno della sua indipendenza, di cui nel 2011 ricorre il cinquantenario. Il paese è suddiviso in 4 regioni (nord, sud, est, ovest) più l’area della capitale Freetown; all’interno di ogni regione si collocano i distretti, quindi i Chiefdom ed i villaggi; la sua composizione etnica è varia, formata da gruppi diversi, i cui maggioritari sono i temne (30%) e i mende (35%). Il paese, una repubblica presidenziale, è attualmente guidato da un Presidente (Ernest Bai Koroma) e un governo eletti a suffragio universale per cinque anni nelle elezioni presidenziali e parlamentari del 2007; il Parlamento è composto da 124 membri eletti per cinque anni, di cui 112 eletti con sistema proporzionale e dodici fra le autorità tradizionali del paese (Paramount Chief). A livello amministrativo, nel processo di decentralizzazione in corso, che deve far fronte alle molteplici difficoltà della sua concreta applicazione, sempre maggiori sono le responsabilità delegate ai consigli distrettuali e municipali, anch’essi democraticamente eletti nelle elezioni amministrative del 2008. Accanto a tali autorità elette, si collocano le autorità tradizionali a capo dei Chiefdom, particolarmente rispettate e con un ruolo importante anche dal punto di vista politico e amministrativo. Non sempre facili risultano le relazioni tra le diverse autorità, anche a causa di una mancanza di competenze nella leadership, negli strumenti del buon governo e della trasparenza amministrativa da parte dei responsabili sia a livello locale che nazionale, nonché di una scarsa consapevolezza dei diversi ruoli e responsabilità. Mappa 1 Dati demografici Il paese ha una popolazione di 5.700.000 abitanti (2009) con un tasso di crescita in costante aumento: pari all’1,8% nel quinquennio 1990-95, al 2,4% nel periodo 2005-2010, (UNDP, Human Development Report 2009), previsto al 2,3% nel periodo 201-2015 (UNDP, Human Development Report 2010) La densità assoluta della popolazione è pari a 79 abitanti/km2, ma la popolazione è concentrata principalmente nei 2 complessi urbani e nella capitale Freetown; si calcola infatti una percentuale del 38,2% (2010) di popolazione urbana. Contesto economico La Sierra Leone è uno dei paesi più poveri del mondo; dopo undici anni di conflitto (1991-2002) si sta avviando un lento e difficile processo di ripresa, che risente fortemente delle conseguenze di una guerra che ha decimato un’intera generazione e annullato possibilità di sviluppo economico e socio-politico, ma anche della crisi internazionale che ha avuto ripercussioni planetarie in questi ultimi anni. Secondo i dati presenti nella seconda Poverty Reduction Strategy della Sierra Leone (An Agenda for Change 2008-2012) il 66,4% della popolazione può essere definita “povera” (47% nelle aree urbane, 79% nelle aree rurali). Forti sono a tal proposito, come evidenziato dalle percentuali proposte, le differenze tra la capitale Freetown e le zone rurali: in capitale, infatti, secondo statistiche del 2009, due persone su 10 vivono sotto la soglia di povertà, mentre nelle aree rurali il rapporto diventa di 8 su 10. Gli indici di sviluppo, nonostante una crescita costante negli ultimi anni, sono tra i peggiori del mondo. A otto anni dal termine del conflitto, quindi, la strada per la ripresa risulta ancora lunga e complessa sia dal punto di vista economico che socio-politico: soddisfazione dei bisogni primari, sicurezza nel cibo e nell’acqua, aumento del livello di alfabetizzazione e dei servizi educativi primari e secondari, miglioramento delle strutture sanitarie, fornitura di energia elettrica e di acqua potabile, crescita di consapevolezza nelle comunità di base e di partecipazione alla vita sociale e pubblica risultano ancora oggi le sfide più grandi per consolidare la pace e avviare uno sviluppo sostenibile. Alcuni indicatori demografici, sociali ed economici aiutano a comprendere come le condizioni del paese siano ancora molto precarie. La Sierra Leone, infatti, si colloca agli ultimi posti (158° su 169) dell’Indice di Sviluppo Umano secondo la classifica a livello mondiale stilata nel 2010 dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP); tra gli ultimi posti (128° su 135 paesi) nell’analisi degli indici di povertà umana e del reddito e nell’analisi dell’indice di sviluppo legato in particolare alle condizioni della donna (125° su 138 paesi) (UNDP, Human Development Report 2010). La presentazione di alcuni indicatori in dettaglio mostra ancor più efficacemente le difficoltà del paese: (fonti: UNDP, Human Development Report 2009 – dati 2007; UNDP, Human Development Report 2010 – dati 2008; World Bank, World Development Indicators, 2008; Atlaséco 2011, http://atlas.challenge.fr) SOGGETTO/AREA DATI ECONOMICO-COMMERCIALI PIL (per PPA - parità di poteri d’acquisto) PNL globale (prodotto nazionale lordo) PNL per abitante Crescita nel volume del PIL Tasso di inflazione PRODUZIONE/SETTORI DI ATTIVITA’ Composizione del PIL per settore di produzione INDICI DI POVERTA’ Popolazione al di sotto della soglia di povertà (%) Soglia di povertà nazionale POPOLAZIONE 0-14 anni 15-64 anni > 65 anni Età media popolazione DATI NOTE/FONTE 770 US$ 1,84 (in miliardi di dollari) 1,92 323 $ 344$ 4% 5,5% 6,4% 7,3% 9,2% dato 2008,Banca Mondiale Nel 2009 Nel 2008 agricoltura 50,2% industria 23,5% servizi 26,3% dati 2009, Atlaséco 2011, 2008, Banca Mondiale $1,25/giorno – 53,4% $2/giorno -76,1% 70% 2000-2007 2000-2007 2000-2006 Dati 2008 World Bank/UNDP 43,43% 54,74% 1,84% 18,2 anni 3 Nel 2009 Nel 2008 Nel 2009 Nel 2008 Nel 2007 Nel 2006 2009 Aspettativa di vita alla nascita 48,2 anni Probabilità di non sopravvivenza oltre i 40 anni (stima) Tasso di mortalità alla nascita Tasso di mortalità infantile (<5 anni) Bambini sottopeso (%<5anni) Indice di mortalità materna ISTRUZIONE Tasso di Alfabetizzazione (% > 15 anni) Tasso di alfabetizzazione uomini (% >15 anni) Tasso di alfabetizzazione donne % > 15 anni) Tasso di analfabetismo (%>15 anni) Percentuale popolazione con almeno istruzione secondaria (>25 anni) IGIENE E SANITA’ Popolazione senza accesso a fonti d’acqua sicure 31% Human Development Index 2010, dati 2008 2005-2010 30% 170/1000 MICS 2006 MICS 2006 30% 2100/100000 2000-2006 Dato 2008 38,1% 50% 1999-2007 26,8% 1999-2007 61,9% 20,4% uomini 9,5% donne 1999-2007 Human Development Index 2010, dati 2008 51% 2008 La Sierra Leone dispone di risorse minerarie e agricole non indifferenti, ma le infrastrutture non sono all’altezza. Nonostante la guerra civile abbia devastato l’agricoltura, il paese ne trae comunque la parte più cospicua delle sue entrate. Come dimostrato dagli indicatori, il settore agricolo rappresenta circa il 50% del PIL e impiega la metà della popolazione attiva. Gran parte della produzione poggia su prodotti di base: riso, cacao, caffè, olio di palma, manioca, mais. Il settore secondario (circa un terzo del PIL) si basa invece sull’estrazione mineraria, di cui i diamanti sono la principale risorsa per le esportazioni. L’industria si limita invece a prodotti di consumo (tessile, mobili) e a prodotti agroalimentari di base. La Sierra Leone resta ancorata all’aiuto internazionale, assolutamente indispensabile. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale hanno annullato il 90% del debito estero di Freetown nel 2006. Il programma di riduzione della povertà del FMI ha permesso di rilanciare la crescita e di far abbassare l’inflazione, ma non è ancora sufficiente. La comunità internazionale veglia sugli sforzi di stabilizzazione e sviluppo del paese nel quadro della Commissione delle Nazioni Unite per il consolidamento della pace. Dati storici Al fine di comprendere globalmente l’attuale situazione politico-sociale della Sierra Leone -che motiva tra l’altro la presenza e l’azione di Caritas Italiana-, è opportuno richiamare dei dati storici relativi al conflitto che ha insanguinato il Paese. Quasi la totalità della popolazione è stata colpita dal conflitto, due milioni di abitanti circa si sono riversati nella capitale Freetown, rispetto ai quattrocentomila precedentemente residenti. I primi quattro anni di guerra (1991-1994) sono stati caratterizzati dal colpo di stato del capitano Valentine Strasser. Nella regione orientale i guerriglieri del Movimento Unito di Liberazione della Liberia (ULIMO) utilizzavano il territorio sierraleonese come base per gli attacchi contro le forze governative del Presidente liberiano Charles Taylor. Fu il Presidente liberiano nel 1991 ad appoggiare il R.U.F. di Sankoh con l’addestramento delle truppe e la fornitura di armi provenienti dall’Europa dell’est attraverso un “corridoio commerciale” passante per la Libia e il Burkina Faso. Il conflitto sierraleonese non può quindi essere considerato solamente in un’ottica nazionale ma va analizzato in una visione geopolitica di area che comprende Guinea e Liberia e in secondo piano anche Burkina Faso e Mali. Tra il 1991 e il 1994 si sono susseguite atrocità di ogni genere e stragi di civili lungo il territorio di confine con la Liberia da parte dei guerriglieri del R.U.F. e dell’esercito regolare liberiano attraverso sistematici sconfinamenti. Centinaia di persone sono state massacrate, sono aumentate in modo esponenziale ruberie e corruzione, soprattutto a livello statale, e traffico illegale di diamanti. Il 1995 è stato l’anno in cui la guerra si è estesa a tutto il Paese con un peggioramento della situazione e un crescendo di violenze che hanno attratto l’attenzione della Comunità Internazionale. 4 Il periodo 1995-1999 si è caratterizzato come uno tra i momenti più oscuri di tutta la storia della nazione. I colpi di stato del 1996 e del 1997 a danno del Presidente democraticamente eletto Ahmad Tejan Kabbah hanno fatto precipitare ancor più la situazione e portato alla ribalta il colonnello Johnny Paul Koroma. Il Presidente destituito chiese l’intervento delle Nazioni Unite che hanno inviato nel 1998 truppe dell’ECOMOG in aiuto delle truppe nigeriane già intervenute. La guerra si è estesa a tutto campo: forze governative, ribelli del R.U.F., contingente nigeriano, ECOMOG, gruppi di difesa civile; il periodo era sempre più caratterizzato da brutalità da ogni parte e fazione, stupri, mutilazioni, sequestri e utilizzo di bambini per operazioni di guerra. Nel 1998 le truppe dell’ECOMOG riuscirono a far cadere la giunta militare del colonnello Koroma e a reinsediare il presidente Kabbah, arrestando il comandante dei ribelli Foday Sankoh. Nei primi mesi del 1999 si concluse la seconda fase del conflitto con l’occupazione di Freetown per pochi giorni da parte dei ribelli sostenuti dall’ex-giunta militare. La seconda parte dell’anno tuttavia è stata caratterizzata da un segno di speranza riposto nella firma, il 3 giugno a Lomé, degli accordi tra Tejan Kabbah, Foday Sankoh e Paul Koroma entrati in vigore il 7 luglio. Fin da subito si intuì che tali accordi costituivano un passo importante ma non avevano ancora la forza per far approdare il paese ad una pace duratura. Tra la fine del 1999 ed il 2000 si sono susseguiti diversi attacchi da parte del R.U.F., tanto che le Nazioni Unite decisero di rafforzare il contingente delle forze di interposizione dei Caschi Blu. Il biennio 2000-2001, nonostante i drammi della popolazione, ha rappresentato la speranza della pace con i due accordi di Abudja in Nigeria, fondamentali per il percorso di pacificazione e di stabilizzazione del paese avviato nel 2002. Le cause del conflitto Le differenti e molteplici cause che hanno provocato il conflitto portano a dire che il conflitto sierraleonese è un esempio tipico di quelle che oggi vengono definite “Crisi complesse”, ormai sempre più frequenti nei paesi del “Sud del mondo”. La complessità è data dalla interconnessione su più livelli di fattori geopolitici, economici, internazionali, etnici e religiosi. I rapporti inter-etnici non rappresentano tuttavia un problema acuto. In una nazione di 5 milioni di abitanti coesistono circa 12 etnie, di cui le più rilevanti per numero sono i mende (35%) nel sud del paese, e i temne (30%) stanziati nel nord. Questo contribuisce sicuramente alla creazione di un “equilibrio tribale” che sembra aver resistito a dieci anni di guerra. Per quanto riguarda il fattore religioso, la Sierra Leone non presenta fondamentalismi. La religione dominante è l’islam con una percentuale di circa il 60-70%, seguita dalla religione tradizionale e dal cristianesimo (circa 10%, fino al 20% in alcune aree del nord del paese). La tolleranza tra le diverse religioni è un punto chiave nella comprensione delle dinamiche di questo paese, così come la gente è accogliente e tollerante perché abituata a convivere in famiglia con diverse religioni fin dalla nascita. Un esempio di tale tolleranza religiosa viene dall’esperienza del Consiglio Interreligioso, formato da esponenti musulmani e cattolici, nato nel 1997 in una delle fasi più acute del conflitto allo scopo di riprendere e mantenere vivo il dialogo con i ribelli. Tale Consiglio ha dato un contributo fondamentale nel processo di raggiungimento dell’accordo di Lomé. Il motivo di tale successo è stato innanzitutto la forte moralità di cui godono i capi religiosi considerati super partes, il loro forte e capillare radicamento sul territorio (parrocchie e moschee) e la possibilità di parlare attraverso i riti un linguaggio da tutti compreso. Alla luce di quanto sopra analizzato, non sono dunque direttamente ascrivibili quali cause del conflitto i fattori etnico - religiosi. Il filo rosso che collega l’intera storia del paese è invece strettamente legato allo sfruttamento di risorse umane e naturali. Le vere ricchezze della Sierra Leone non risiedono infatti in un allevamento con tecniche rudimentali o in un’agricoltura di sussistenza che non arriva a coprire neanche il fabbisogno alimentare nazionale, ma risiede nel sottosuolo. Bauxite, ferro e soprattutto diamanti sono le risorse che attirano come un campo magnetico gli interessi di governi e società multinazionali. Tali beni, sempre più indispensabili alle economie occidentali per la produzione di tecnologia sofisticata e armamenti, oltre ad essere estratti e commerciati direttamente da privati, hanno costituito la moneta sonante per l’acquisto di armi da parte dei ribelli del R.U.F. Contesto politico problematiche connesse Quella sierraleonese è una democrazia ancora fragile, che risente del lungo conflitto e dell’ancora troppo debole consapevolezza che i cittadini hanno della partecipazione alla vita politica del paese. Se, infatti, secondo gli ultimi dati UNDP (Human Development Index 2010), il paese raggiunge uno score di 2 su 2 nella classificazione delle democrazie, ed è quindi considerato democratico, con elezioni regolari e possibilità di alternanza, nonché il 70% della popolazione si ritiene soddisfatta della libertà di scelta garantita, la strada da percorrere è ancora lunga. Il processo di decentralizzazione è ancora zoppicante, le elezioni locali sono ancora troppo influenzate da dinamiche familiari e tribali senza far riferimento alle competenze del candidato e senza avere una giusta 5 consapevolezza dell’importanza dell’esercizio del voto (lo score attribuito infatti relativamente alla decentralizzazione democratica è di 0 su 2 – Human Development Index 2010). Ancora oggi sono numerose le violazioni di diritti umani (l’indice di Sviluppo Umano dà uno score di 3 su 5), spesso non rilevate, non denunciate, quindi non punite, tanto che la protezione e promozione dei diritti umani viene indicata come una delle priorità nella Second Poverty Reduction Strategy, An Agenda for Change 2008-2012. Due sono i grandi partiti politici: APC, predominante al nord, e SLPP, maggioritario nel sud) dominanti nel paese, la cui appartenenza è basata soprattutto sulle appartenenze tribali e ai gruppi etnici della popolazione. La stabilità che ha caratterizzato il paese dopo le prime elezioni presidenziali democratiche a suffragio universale del post-conflitto tenutesi nel 2007 è un elemento importante ma non sufficiente a dichiarare il paese fuori dai rischi di nuovi conflitti o disordini. L’equilibrio è infatti instabile e latente, soprattutto nelle zone rurali dove la povertà diffusa e la mancanza di opportunità di lavoro per i giovani pone ombre sul futuro di un paese che ha nelle nuove generazioni la sua risorsa più importante. Importante anche il ruolo delle donne, molte delle quali, soprattutto nelle aree rurali, non partecipano ancora attivamente alla vita politica e alla dimensione pubblica del paese, ma la cui consapevolezza e volontà di emancipazione aumenta progressivamente. Il livello di analfabetismo, che nelle aree rurali supera il 50% della popolazione femminile, influenza ancora oggi in modo marcato le scelte politiche e i sistemi decisionali locali e nazionali. Il 2012 sarà un anno chiave per il paese: le seconde elezioni presidenziali, parlamentari e locali libere e democratiche dopo la fine del conflitto potranno sancire un passo importante e definitivo verso la stabilità e sancire quindi una tappa fondamentale del processo di democratizzazione del paese. Problematiche sociali Tracciare un quadro delle problematiche sociali di un paese come la Sierra Leone richiede di sovrapporre le molteplici cause che determinano la difficile situazione del paese ed intersecarle a quelle di un conflitto che ne ha peggiorato notevolmente le condizioni. Non possono non essere menzionate migrazioni forzate, cambiamento del volto del territorio, violenze economiche ma sopratutto fisiche, limitazioni delle libertà fondamentali degli individui. Le ferite che più faticano a rimarginarsi sono quelle prodotte dalle sistematiche violazioni dei diritti umani, compiute – sia pur in tempi diversi e con intensità differenti – da tutte le parti, regolari e irregolari, coinvolte nel conflitto. Ne sono stati persecutori e vittime sia gli adulti che i minori. Di conseguenza, oltre alla morte di molti civili e alla distruzione del territorio, quello che va evidenziato è una distruzione dell’equilibrio sociale e familiare a causa di una guerra fratricida compiuta anche con l’impiego massiccio di minori. Partendo da questa premessa, si possono -seppure sommariamente- analizzare alcune emergenze sociali oggi presenti in Sierra Leone. Sanità Per quanto riguarda il settore sanitario, persistono nel paese i problemi che ritroviamo in molti contesti africani quali: - Mancanza di acqua potabile: molte malattie mortali come tifo, colera ed epatiti sono particolarmente frequenti e causano migliaia di morti l’anno; - Mancanza di medici: esistono poche decine di medici in tutto il paese. I centri di salute pubblici e privati utilizzano prevalentemente personale infermieristico spesso con preparazione insufficiente e non all’altezza; - Mancanza di medicinali: i centri di salute e gli ospedali pubblici sono spesso in rottura di stock di medicinali, che la popolazione è allora costretta ad acquistare in farmacie private a prezzi molto alti cui la maggior parte delle persone non può accedere; - Carenze alimentari: la malnutrizione e la denutrizione sono altri fattori di mortalità, soprattutto infantile. La sanità resta ancora un’emergenza prioritaria; tutti gli indicatori del paese dimostrano la criticità del settore: per questo motivo il governo ha lanciato nell’aprile 2010, una campagna nazionale per la gratuità delle cure mediche negli ospedali pubblici a favore di donne in gravidanza, madri in fase di allattamento e bambini minori di 5 anni. Questo programma riguarda circa 1.200.000 persone per un costo di 67 milioni di euro, ma una misura che, secondo organizzazioni non governative che lavorano sull’infanzia e la sanita come Save the children, può salvare migliaia di donne e bambini le cui famiglie non possono permettersi di pagare le cure mediche. Istruzione Basso livello di frequentazione delle scuole: l’analfabetismo rappresenta ancora un problema forte. La guerra ha creato un vuoto di studenti e insegnanti. Il livello di preparazione di coloro che frequentano le 6 scuole è comunque basso; se sul territorio l’esistenza di scuole primarie pubbliche e private è abbastanza capillare, molto più difficile è l’accesso alle scuole secondarie, sia per una mancanza di strutture sufficienti sul territorio, sia per una cultura educativa che non dà all’istruzione l’importanza che meriterebbe, soprattutto nei confronti delle bambine. Rilevante, infatti –come dimostrato dai dati sopra forniti- il divario di istruzione secondaria tra maschi e femmine: tra i maggiori di 25 anni il 20% dei ragazzi ha frequentato un livello di istruzione secondaria contro il 9,5% delle ragazze, divario che si accresce ancor di più se l’attenzione si concentra sulle aree rurali del paese. Disagio mentale Malattie mentali: si percepisce nel paese un aumento dei casi di squilibri mentali. Nella maggior parte dei casi è dovuto agli effetti postumi ed invisibili del conflitto. Le classi a maggior rischio sono i ragazzi tra i 10 e i 20 anni e gli adulti tra i 20 e i 40. Diversi sono i programmi realizzati sul territorio legati alle malattie mentali, ma la cultura locale fa ancora molta fatica ad ammetterle e, di conseguenza, a rivolgersi a personale specializzato per curarne le cause. Corruzione e illegalità diffusa Scarsa fiducia nelle istituzioni: questo elemento è apparentemente meno grave di emergenze più visibili riportate nei punti precedenti, ma la sfiducia nelle istituzioni impedisce in realtà una vera ripresa del paese ed una uscita definitiva dalla precarietà. Disinteresse verso ciò che è pubblico: una mancanza di cultura della legalità, della giustizia e una corruzione diffusa rappresentano ugualmente fattori di grande instabilità per il paese. Negli anni dell’attuale presidenza, dal 2008, è stata lanciata nel paese una grande campagna contro la corruzione, che resta però una piaga profonda che frena lo sviluppo. CONFLITTO DECENNALE 1991-2002 DISTRUZIONE EQUILIBRI POLITICI E SOCIO ECONOMICI SIERRA LEONE 158/169 INDICE DI SVILUPPO UMANO PIL TRA I PIU’ BASSI AL MONDO E TASSO D’INFLAZIONE ELEVATISSIMO ANALFABETISMO DIFFUSO E DISUGUAGLIANZA MASCHI-FEMMINE STRUTTURE SANITARIE INSUFFCIECIENTI E NON SEMPRE ACCESSIBILI ASSENZA DI ACQUA POTABILE E DI FONTI SICURE PER L’ACQUA ILLEGALITA’ DIFFUSA, CORRUZIONE E SFIDUCIA NELLE ISTITUZIONI Fig.: Conseguenze del conflitto e problematiche attuali CARITAS ITALIANA IN SIERRA LEONE – FIANCO A FIANCO DEI PARTNER DA PIU’ DI DIECI ANNI In questo quadro di povertà diffusa, in primo luogo in risposta all’emergenza conflittuale e post-conflittuale, quindi nell’ottica di affiancare il paese nella costruzione della pace e nella ricostruzione del tessuto sociale, si colloca l’azione di Caritas Italiana in Sierra Leone, principalmente a fianco della Diocesi di Makeni, nella regione nord del paese, una delle aree più colpite dal conflitto. 7 ATTIVITA’ PREGRESSA NEL PAESE – UNA SINTESI ANNO Anni 80 TIPOLOGIA DI INTERVENTO Sanità – appoggio a centri di salute a livello nazionale - formazione PARTNER 1991-1999 Emergenza Ministero Affari Esteri italiano Ministero sanità Sierra Leone Diocesi di Makeni 2000-2001 Emergenza – bambini soldato Emergenza – bambini soldato Diocesi di Makeni Caritas Makeni Diocesi di Makeni Caritas Makeni 2001-2003 Emergenza – Assistenza psicologica - Educazione Diocesi di Makeni Caritas Makeni 2004- 2006 Processo di riabilitazione e costruzione della pace (dal peacekeeping al peacebuilding); Diocesi di Makeni Commissione Giustizia, Pace, Diritti Umani (CGPDU) 2007- 2009 Consolidamento della pace; educazione e promozione culturale Diocesi di Makeni Commissione Giustizia, Pace, Diritti Umani (CGPDU); collaborazione con Fatima Institute (istituto formazione universitaria) e Radio Maria Sierra Leone Maggio 2001 UNDP 2010-2011 From peacebuilding to integral development – Educazione e promozione culturale Diocesi di Makeni CPGDU Università di Makeni Radio Maria S.L. DMI- Congregazione Sorelle M. Immacolata Caritas Makeni ATTIVITA’ Corsi di formazione sanitaria per personale medico e infermieristico Assistenza a distanza durante il conflitto – fornitura generi di prima necessità Ospitalità primi bambini soldato rilasciati dalle truppe ribelli Approvvigionamento acqua, cibo, vestiti per centinaia di bambini appena rilasciati dalle truppe ribelli Sostegno al processo di ritrovamento delle famiglie; Assistenza sociale e psicologica; Programmi di recupero: ripresa della scuola; corsi di avviamento professionale Rafforzamento comunità di base per monitoraggio azioni autorità locali Formazione autorità locali e comunità di base (capacity building) su diritti e doveri di cittadinanza; DAL 2007 VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE A FIANCO DELLA CGPDU Monitoraggio e promozione diritti umani nelle comunità di base; Formazione Comitati territoriali GPDU nelle comunità di base Formazione autorità nazionali e locali su buon governo, diritti umani, sviluppo sostenibile (capacity building) Elezioni presidenziali 2007 e amministrative 2008: promozione elezioni libere e democratiche (campagne di sensibilizzazione nelle comunità di base, incontri con candidati) Rafforzamento comunità di base per monitoraggio diritti umani e promozione allo sviluppo Formazione autorità elette e tradizionali su ruoli e responsabilità nel processo di decentralizzazione; Monitoraggio elezioni autorità tradizionali (Paramount Chief) regione nord del paese Sensibilizzazione partecipazione alla vita sciale e politica del paese Formazione donne in aree rurali Raccolta dati e ricerca L’esperienza di Caritas Italiana in Sierra Leone Caritas Italiana, cercando di comprendere i bisogni presentatisi, ha lavorato a fianco delle comunità per appoggiare gli attori locali e facilitare uno sviluppo endogeno. Già negli anni ’80 venne lanciato un progetto di appoggio a numerosi centri di salute a livello nazionale e furono realizzati corsi di formazione sanitaria grazie al finanziamento del Ministero Affari Esteri Italiano. 8 Durante l’oscuro e drammatico decennio di guerra che ha messo in ginocchio l’intero paese, si è cercato di assicurare un sostegno a seconda delle varie fasi del conflitto e, grazie alla rete di contatti locali costruita nel tempo, si è garantito un supporto anche nell’emergenza. In particolare, nelle ultime fasi della guerra il lavoro di Caritas Italiana si è andato sempre più sincronizzando con le azioni della Diocesi e dalla Caritas di Makeni, con i quali si è provveduto all’ospitalità dei primi bambini soldato che progressivamente venivano rilasciati dalle truppe ribelli1. Nel maggio 2001, frenetica fu l’attività di Caritas Italiana e Caritas Makeni per approvvigionare acqua potabile, cibo e vestiti per centinaia di bambini appena rilasciati. Nella fase successiva alla prima accoglienza, Caritas Italiana e Caritas Makeni hanno appoggiato il processo di ritrovamento delle famiglie di appartenenza dei minori e il recupero degli stessi attraverso la vicinanza di operatori sociali, psicologi, ma anche attraverso la ripresa della scuola e l’avvio di corsi professionali, nell’ottica di un programma di recupero Successivamente alla fine del conflitto e alla firma degli accordi di pace, Caritas Italiana nel 2004 ha reimpostato gli obiettivi e le modalità di lavoro nel paese, spostandosi dall’emergenza alla fase di riabilitazione e di costruzione di un processo di pace durevole, facendo rientrare le azioni di sviluppo in un quadro articolato e coordinato di strategie di riduzione della povertà, di promozione della pace e della giustizia sociale in linea con la propria mission. In particolare Caritas Italiana ha deciso di focalizzare la sua azione appoggiando la Commissione Giustizia, Pace e Diritti Umani della Diocesi di Makeni (CGPDU), individuando, in linea con la propria mission, quali obiettivi principali l’appoggio al processo di decentralizzazione, il rafforzamento delle comunità di base per il monitoraggio dell’azione delle autorità locali, il rafforzamento delle capacità e il consolidamento del processo di ripresa sociale e politica della regione nord del paese, attraverso un lavoro simultaneo con le autorità locali e le Comunità di Base e quindi adottando una strategia di medio lungo periodo che favorisca uno sviluppo integrale dell’uomo. (cfr. art 1 Statuto Caritas Italiana - scopo: “promuovere «la testimonianza della carità (…) in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica”). Il rafforzamento delle capacità, secondo la strategia sviluppata, avviene sui temi del buon governo, del rispetto della legalità e della protezione e promozione dei diritti fondamentali, della partecipazione alla gestione del bene comune, della promozione della donna, del rispetto dei diritti personali e della libertà di espressione. In questo percorso, dal 2007 Caritas Italiana, nell’ambito della collaborazione con la Commissione Giustizia, Pace e Diritti Umani, ha intrapreso l’invio di volontari in servizio civile per supportare l’azione della Commissione e rendere tale azione ancora più capillare nella regione nord del paese. Appoggio a centri di salute 1991-2002 Diocesi Makeni- Caritas Makeni Emergenza Bambini-soldato Commissione Giustizia e Pace rafforzamento capacità, promozione diritti, partecipazione Volontari Caritas Italiana 2004 2001 Anni 80 CONFLITTO 2010-2012 2007 - 2009 Commissione Giustizia e Pace Rafforzamento comunità di base, formazione, buon governo Comm. Giustizia e Pace Caritas Makeni DMI, Università di Makeni Fig.: “Linea del tempo”: Interventi di Caritas Italiana in Sierra Leone dal 1991 al 2010-2012 1 Caritas Italiana ha publicato un libro sull’intervento durante l’emergenza e sul problema dei bambini soldato dal titolo: “Non chiamarmi soldato: i bambini combattenti tornano a casa, frammenti di pace in Sierra Leone” a cura di Verdecchia S. e Brivio P. Ed. Gruppo Abele, Roma 2002. 9 Condividendo obiettivi e strategia, negli anni si è andata quindi rafforzando la collaborazione tra Caritas Italiana e la CGPDU della Diocesi di Makeni. Nel 2007-2008 Caritas Italiana ha partecipato, in collaborazione con la CGPDU, le istituzioni diocesane Fatima Institute (ora Università di Makeni), Radio Maria Sierra Leone, in partnership con UNDP, ad una vasta campagna di sensibilizzazione nella regione nord e in tutto il paese per le lezioni presidenziali e parlamentari (2007) e poi amministrative (2008), attività che ha avuto due beneficiari distinti: da una parte le comunità di base, soprattutto nelle aree rurali della regione nord, sensibilizzandole soprattutto al diritto al voto e di partecipazione, dall’altra le autorità politiche elette e tradizionali, nazionali e locali, attraverso programmi radio, incontri di dialogo e formazione su ruoli e responsabilità e firma di dichiarazioni di intenti per elezioni libere, pacifiche e trasparenti. A questo si è affiancata una capillare attività di monitoraggio delle tornate elettorali in tutta la regione nord del paese, in particolare nelle aree rurali, attraverso animatori di comunità e incaricati della comunicazione (inviati radio e giornalisti). Dal 2007, con l’arrivo dei volontari, Caritas Italiana ha inoltre affiancato la CGPDU nel programma di rafforzamento delle comunità di base attraverso la creazione di Comitati territoriali Giustizia Pace e Diritti Umani nella regione nord del paese, in tutto il territorio diocesano, Commissioni interreligiose, che vedono tra i componenti attori chiave delle comunità, cattolici e musulmani. Nel 2010, proseguendo nell’azione di rafforzamento della società civile e nel programma di supporto al buon governo e al rafforzamento delle capacità alla base e delle autorità, Caritas Italiana, in partenariato con la CGPDU e in collaborazione con l’Università di Makeni e Radio Maria Sierra Leone, ha promosso un’attività di monitoraggio delle elezioni per le autorità tradizionali locali (Paramount chief) in tutta la regione nord del paese e quindi un incontro regionale con tutti i nuovi eletti allo scopo di creare un dialogo costante e chiarire ruoli e responsabilità. Sempre nello stesso anno, rispondendo a un bisogno prioritario del paese e particolarmente della regione settentrionale, Caritas Italiana ha sostenuto la CGPDU in collaborazione con la Congregazione delle Sorelle di Maria Immacolata (DMI) in un progetto a favore delle donne nelle aree rurali della provincia di Makeni, avviandole a una formazione sulla formazione di gruppi di auto-mutuo aiuto e sul risparmio e il management familiare, oltre che organizzando sessioni di dialogo sulla sensibilizzazione al rispetto e alla difesa dei diritti umani, in particolare delle donne e dell’infanzia, considerate dalle donne stesse come priorità. Dal 2010 è ripresa anche la collaborazione con Caritas Makeni, (che ha avviato, dopo anni di transizione, un cammino di ristrutturazione e rafforzamento delle capacità) nel supporto alla formazione e al consolidamento delle comunità di base per avviare piccoli programmi di sviluppo rurali. Per il 2011 e il 2012, rispettivamente anno del cinquantenario dell’indipendenza e delle elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative, Caritas Italiana sarà ancora a fianco della Diocesi di Makeni e delle sue istituzioni per il consolidamento del processo di democratizzazione del paese. IL PARTNER LOCALE: LA COMMISSIONE GIUSTIZIA, PACE E DIRITTI UMANI (CGPDU) DELLA DIOCESI DI MAKENI VISIONE Una società giusta dove siano protette e promosse pace e giustizia sociale, in cui povertà e marginalizzazione siano ridotte e gli individui possano vivere nella pace e nel rispetto della loro dignità MISSIONE Lavorare con i gruppi vulnerabili per difendere e promuovere i loro diritti e la loro partecipazione alla vita della società. CGPDU lavora per i seguenti obiettivi: proteggere e promuovere pace, giustizia e rispetto dei diritti umani; affrontare le cause dell’ingiustizia, delle violazioni di diritti umani, della povertà; rafforzare i legami tra comunità di base e autorità locali elette e tradizionali nel processo di decentralizzazione; rafforzare le capacità delle comunità locali nel monitoraggio del buon governo, giustizia, pace, diritti umani. VALORI DI RIFERIMENTO Solidarietà: a fianco dei più poveri e vulnerabili per supportarli in campagne di lobbying e advocacy, nell’impegno a migliorare i sistemi politici ed economici del paese; Partnership: lavorare insieme alle altre organizzazioni locali, nazionali ed internazionali per dare voce ai poveri, emarginati, vulnerabili 10 Dignità: lavorare per la dignità dell’uomo, per la creazione di relazioni di mutuo rispetto senza alcuna distinzione Speranza: ispirata alla fede cristiana POLITICA E PRINCIPI D’INTERVENTO Rispetto della persona umana L’individuo non è isolato ma parte della comunità Promuovere il bene comune e i diritti della persona Partecipazione Azione preferenziale per i poveri, in particolare per gli ultimi tra gli ultimi L’Obiettivo generale è lo sviluppo integrale dell’essere umano: partire dall’educazione degli individui al rispetto dei diritti per arrivare a formare le autorità locali e nazionali ad aumentare la consapevolezza dei loro doveri e responsabilità. La Commissione si pone lo scopo di analizzare questioni concernenti i diritti umani e di promuovere giustizia e pace attraverso attività sostenibili di advocacy, lobbying, campagne di sensibilizzazione, rafforzamento della consapevolezza e delle capacità delle popolazioni locali. L’attenzione è focalizzata in particolare sui problemi dei gruppi maggiormente vulnerabili quali donne, giovani e bambini al fine di proteggere e promuovere i loro diritti. La Commissione gioca un ruolo attivo fondamentale nel promuovere e gestire iniziative di sviluppo a livello comunitario e nell’influenzare, attraverso l’attività di advocacy e lobbying, le strutture sociali, economiche, politiche e culturali per proporre riforme del sistema e prevenire violazioni dei diritti umani. Quanto al problema specifico delle donne, la Commissione, consapevole dei problemi e delle difficoltà diffuse sul territorio, lavora per proporre cambiamenti nelle politiche locali e nazionali in ambito politico e socio-economico, al fine di eliminare le ingiustizie perpetrate. Donne, giovani e bambini sono quindi i più importanti beneficiari delle attività dell’organizzazione, considerato che sono anche i gruppi maggiormente colpiti dalle ingiustizie socio-economiche e politiche della società. Lavorare con tali gruppi per rafforzarne le capacità può consentire loro di avere maggiore voce nei processi decisionali, può contribuire ad un miglioramento della vita comunitaria e dare quindi un aiuto nella realizzazione del bene comune. La Commissione è stata istituita nel 1994 dal Vescovo della Diocesi di Makeni Mons. Giorgio Biguzzi per realizzare gli obiettivi sopra accennati ed ha organizzato negli anni numerosi seminari e formazioni per attorichiave a livello comunitario e diocesano al fine di condividere e tracciare insieme obiettivi e possibili attività dell’Organizzazione stessa. Successivamente a questi incontri, si è ufficialmente formata la Commissione come braccio esecutivo della Diocesi in materia di protezione e promozione di pace, giustizia e diritti umani. Dal 1994 al 2004 le attività si sono concentrate a livello delle parrocchie della Diocesi, ma la Commissione è stata anche coinvolta in programmi di emergenza e primo intervento nel corso degli undici anni di conflitto (1991-2002). Nel 2003 sono cominciate attività volte alla formazione e al rafforzamento delle capacità delle autorità locali e comunitarie e alla sensibilizzazione delle comunità su buon governo, educazione alla pace, riconciliazione, protezione dei diritti umani, partecipazione delle donne alla vita comunitaria e nelle sedi decisionali. Dal 2005 al 2007 la Commissione ha continuato il lavoro di rafforzamento delle capacità delle autorità elette e tradizionali a livello locale e si è occupata del monitoraggio delle elezioni presidenziali e parlamentari nel 2007. Dal 2008 la Commissione ha deciso di darsi un’organizzazione più capillare sul territorio, proponendosi la creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani nei cinque distretti della regione nord della Sierra Leone; nello stesso anno ha avuto anche la responsabilità per il monitoraggio delle elezioni amministrative. Nel 2010 l’attenzione della Commissione, e congiuntamente di Caritas Italiana, si è focalizzata su tre assi fondamentali: maggiore presenza sul territorio a favore dei gruppi più vulnerabili e per la protezione e promozione dei loro diritti , crescita della consapevolezza da parte delle comunità di base e delle competenze da parte delle autorità e degli stakeholders, e maggiore partecipazione e coinvolgimento delle donne –gruppo particolarmente vulnerabile secondo i dati più recenti- alla vita sociale e politica delle comunità. 11 In linea di continuità con quanto intrapreso nel 2010 e coerentemente con quanto definito nella mission di Caritas Italiana, nel biennio 2011-2012 Caritas Italiana e la CGPDU continueranno a concentrare l’attenzione sulle linee direttrici sopra evidenziate consce (supportate dai dati statistici rilevati nella presentazione contestuale, ma anche dalla risposta della popolazione e delle stesse autorità alle iniziative realizzate sul terreno) che rispondano a bisogni della comunità sierraleonese. In particolare si avvierà, in collaborazione con tutte le istituzioni diocesane, una grande campagna di preparazione alle elezioni del 2012, avendo come target principali ancora una volta le comunità di base da una parte (in particolare quelle delle aree rurali della regione nord del paese), le autorità locali elette e tradizionali dall’altra. L’obiettivo comune è quello di uno sviluppo sostenibile e di uno sviluppo integrato della persona, che parta da una difesa individuale dei propri diritti fino ad arrivare alla consapevolezza delle responsabilità e dei doveri da parte delle autorità. MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA DI DIRITTI E DOVERI PER LE COMUNITA’ DI BASE E FORMAZIONE PER LE AUTORITA’ PRESENZA CAPILLARE SUL TERRITORIO SVILUPPO SOSTENIBILE E INTEGRATOPROMOZIONE DIGNITA’ UMANA MAGGIORE PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA DELLE COMUNITA’ Fig.: Il lavoro della Commissione Giustizia e Pace per uno sviluppo sostenibile CON LA CGPDU A FIANCO DI CARITAS ITALIANA – GLI ALTRI PARTNERS In partnership con la CGPDU, collaboreranno alla realizzazione del progetto secondo le proprie specificità: 1.RADIO MARIA SIERRA LEONE (partner di Caritas Italiana dal 2007) Costituisce un soggetto importante del quadro di partenariato. Creata nel 2003, possiede un’attrezzatura efficace con una capacità di copertura che raggiunge la quasi totalità del Paese in maniera capillare. SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI Formazione spirituale; Informazione in più lingue locali, comunicazione e monitoraggio in diretta per eventi regionali e nazionali importanti quali elezioni presidenziali, amministrative, autorità tradizionali Educazione alla pace, diritti umani: facilitazione sessioni di dialogo, trasmissione sessioni di formazione Dibattiti e interviste con attori chiave del paese 12 L’impatto di questo servizio è notevole poiché raggiunge la maggior parte degli abitanti della Diocesi e molti abitanti della regione nord indistintamente: donne, anziani, studenti, agricoltori, allevatori, che ascoltano la radio come unica fonte di informazione. Considerata un punto di riferimento sia dalla popolazione che dalle autorità locali e nazionali, i cittadini costituiscono una parte importante delle programmazioni attraverso i loro numerosi interventi in diretta, mentre esponenti ministeriali, della società civile, delle amministrazioni locali e di tutti i partiti politici ne testimoniano l’imparzialità, la correttezza e il rigore giornalistico partecipando alle interviste, ai dibattiti, su invito della direzione e dei responsabili delle trasmissioni. Nell’ambito delle elezioni del 2007 è stata unanimemente riconosciuta, assieme ai partner CGPDU e Fatima Institute (ora Università di Makeni) dalle autorità governative, dai candidati e dalla Commissione Elettorale nazionale come strumento determinante per lo svolgimento pacifico delle elezioni. La radio offre un’importante spazio per il lavoro della CGPDU: molte sessioni di formazione preparate per le comunità di base dei villaggi, vengono poi replicate per radio in modo da ampliare il numero dei beneficiari mantenendo i costi di formazione ridotti. 2.UNIVERSITÀ DI MAKENI (partner di Caritas Italiana dal 2007) Ex Fatima Institute, istituto di formazione universitaria fondato dalla Diocesi di Makeni nel 2004, ora università riconosciuta dal governo sierraleonese. SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI formazione universitaria in ambito religioso, economico, sociale (oggi più di 900 studenti frequentano il Fatima Campus) e post-universitaria (Master in Sustainable Development); Ricerca sociale pubblicazioni; Programma per la salute mentale in partenariato con CAFOD; Programma di good governance a favore delle autorità locali e nazionali (in collaborazione con la CGPDU) L’Università si focalizza principalmente sul tema delle Scienze religiose, sociali ed economiche; rappresenta l’unica possibilità di formazione superiore nel nord del Paese. Tra le materie di studio: Introduzione allo sviluppo, Economia dello sviluppo, Sociologia dello sviluppo, Formazione degli adulti, Gestione del conflitto e peace building, Politiche di Genere, Conflitto e Diritti umani, Introduzione alla ricerca sociale. L’Università si è rafforzata negli anni non solo associando alla competenza dei responsabili e docenti locali, la professionalità di esperti e volontari provenienti dall’estero (Italia, Inghilterra, Kenya, Uganda, Stati Uniti), ma anche avviando partenariati e una serie di collaborazioni con Università straniere per il rafforzamento, il consolidamento e l’ampliamento dell’attività formative e delle strutture esistenti (Italia – es. Università di Milano, Università LIUC di Castellanza, Università di Ancona, Università di Siena; Inghilterra; Spagna; Kenya; Uganda solo per citarne alcune). L’Università collabora pienamente con la CGPDU in un partenariato molto stretto. La Commissione offre infatti agli studenti la possibilità di impegnarsi in indagini sul campo, mentre l’Università offre alla Commissione un supporto teorico e formativo, soprattutto per la formazione delle amministrazioni locali e delle comunità di base con le quali la Commissione lavora e per le tecniche di ricerca e analisi sociale. Nelle sessioni di dialogo e formazione con le autorità locali e nazionali in particolare, la CGPDU si avvale dell’esperienza e delle competenze specifiche del personale docente dell’Università, così come nelle attività di ricerca e pubblicazione degli strumenti e delle facilitazioni offerte dall’Università oltre che delle competenze specifiche dei singoli insegnanti e studenti. Dal 2010 si è aperto anche un partenariato speciale tra la CGPDU e l’Università per l’impiego di alcuni studenti o ex studenti meritevoli o che hanno dedicato particolare attenzione nei loro studi e ricerche alle tematiche dei diritti umani e della giustizia sociale come volontari della Commissione ed animatori sul terreno, ad integrazione dello staff permanente già presente. 3.CONGREGAZIONE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA- DMI (partner di Caritas Italiana dal 2010) Congregazione indiana di religiose giunta a Makeni nel 2009; focalizza la propria attenzione sulla formazione delle donne e collabora con la Commissione nella promozione dei loro diritti. La Congregazione è attualmente composta da 650 suore che si dedicano alla promozione dello sviluppo dei gruppi più vulnerabili e oppressi, in particolare donne e bambini; esse cercano di promuovere e proteggere la dignità di tali gruppi, aiutandoli ad acquisire maggiore consapevolezza di sé e dei propri mezzi e capacità. 13 La Congregazione si pone a servizio delle persone secondo il proprio carisma “Amare Dio servendo i poveri per essere pienamente umani e pienamente vivi”. Attualmente la Congregazione focalizza particolarmente la sua attenzione nella realizzazione di attività pastorali, sociali e di sviluppo in tutto il mondo. Congregazione con esperienza internazionale in Asia, Africa e America Latina, è conosciuta per le spiccate capacità nell’educazione superiore e nella micro finanza, opera in Africa sin dal 2003, in particolare in Tanzania, quindi in Zambia, Malawi e Sierra Leone dal 2009. SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI formazione di gruppi di auto-mutuo aiuto per donne delle aree rurali nella regione nord del paese, in particolare nella provincia di Makeni e avvio al microcredito; promozione dei diritti delle donne attraverso sessioni di formazione nelle comunità rurali (in collaborazione con la CGPDU); formazione universitaria in ambito informatico, finanziario e ingegneristico (St. Joseph College) adult education a favore delle donne nei villaggi: avvio all’alfabetizzazione, corsi su igiene personale, prevenzione sanitaria, piccole attività domestiche e artigianali (tessuti, sapone,…) 4.CARITAS MAKENI (partner di Caritas Italiana dal 2001 al 2003, poi dal 2010) Organismo diocesano per lo sviluppo e l’emergenza, Caritas Makeni, dopo un lungo periodo di transizione, sta vivendo da luglio 2010 una fase di ristrutturazione e rilancio con la nomina di un nuovo direttore. Caritas Italiana affianca la Diocesi e l’organizzazione stessa nel rafforzamento delle capacità e nel potenziamento istituzionale e organizzativo, oltre che nel rafforzamento e formazione di comitati di sviluppo nelle comunità di base, fondamentali per rispondere in modo più capillare ed efficace ai bisogni della popolazione. SERVIZI OFFERTI assistenza nelle emergenze ai gruppi più vulnerabili e indifesi (es. bambini soldato); animazione e educazione allo sviluppo nelle comunità rurali; avvio alla formazione professionale per gruppi vulnerabili (in particolare donne e giovani senza famiglia) Punto di riferimento per le attività di emergenza nei primi anni duemila, ha coordinato per la Diocesi di Makeni gli interventi a favore dei bambini soldato, dei più poveri, degli orfani, delle vedove, degli sfollati. Dal 2010 l’organizzazione ha avviato partenariati con la rete Caritas a livello internazionale, in particolare con CAFOD (Caritas Inghilterra), Trocaire (Caritas Irlanda), CRS (Catholic Relief Services, Caritas USA). GUINEA Dati demografici La Repubblica di Guinea confina con il Senegal a nord, la Sierra Leone a sud-ovest, la Costa d’Avorio a sudest, la Liberia a sud, la Guinea Bissau a nord-ovest e il Mali a nord-est e si affaccia sull’Oceano Atlantico a ovest; copre una superficie di 245.857 Km2 con una densità di 41 abitanti/km2 e una popolazione stimata di più di 10 milioni d’abitanti ad oggi. Nonostante 320 km di litorale atlantico, un territorio ricco di fiumi, una piovosità abbondante e un sottosuolo rinomato per la sua varietà e le sue ricchezze, le condizioni di vita della popolazione rimangono tra le più difficili di tutto il continente. Il paese è diviso in quattro regioni geografiche: una stretta cintura costiera (Bassa Guinea); gli altipiani del Fouta Djallon (Media Guinea); la savana settentrionale (Alta Guinea), e una regione a sud est caratterizzata da foreste pluviali (regione forestale). Il punto di massima elevazione viene raggiunto sulla vetta del Monte Nimba, al confine con Costa d'Avorio, e Liberia. 14 Fig.1. Posizione geografica della Guinea e confini Alcuni dati statistici demografici per riassumere l’attuale situazione del paese: Popolazione Popolazione urbana Crescita demografica annua Età media Popolazione 0-14 anni Popolazione 15-64 anni Popolazione >65 anni Speranza di vita Mortalità infantile Fonti: 10.051.000 abitanti 34% 2,22% 18,5 anni 42,8% 53,95% 3,25% 58 anni 67,41 su 1000 UNDP, Human Development Index 2010 (dati 2008) World Bank, World Development Indicators 2010 (dati 2008) Ined, Population et sociétés 2010, dati 2008 Atlaséco 2011, http//atlas.challenges.fr Quadro storico-politico Alcuni dati statistici: Lingue parlate Composizione etnica Religione Francese, 8 lingue nazionali Peul (fulani) 40%, malinké 30%, soussou 20%, guerzé 5% Musulmani 85%, cattolici 8% (la maggioranza dei quali concentrati nella regione forestale), religioni tradizionali e culti animisti 7% La Guinea venne creata come colonia francese nel 1890 con Noël Balley come primo governatore. Il 28 Settembre 1958, sotto la guida di Charles de Gaulle, venne indetto un Referendum per una nuova costituzione e la creazione della Quinta Repubblica. Alle colonie venne data la possibilità di scegliere tra l’indipendenza immediata o il mantenimento del loro status coloniale. La Guinea fu la prima colonia francese ad ottenere l’indipendenza; esattamente il 2 Ottobre 1958, con la cessazione immediata dell’assistenza francese. Dall’indipendenza fino al 1984 la Guinea è stata guidata dal dittatore Ahmed Sékou Touré; che perseguì una 15 politica d’ideologia socialista; l’eliminazione dell’opposizione e della libera espressione senza alcun riguardo per i diritti umani. Dopo la morte di Touré è salito al potere Lansana Conté, che ha immediatamente cambiato le politiche economiche del suo predecessore, mantenendo tuttavia un governo di tipo dittatoriale. Le prime elezioni furono indette nel 1993 ma la validità e i risultati vennero messi fortemente in discussione. Negli ultimi anni al potere Conté ha dovuto far fronte a forti critiche per la grave crisi economica in cui stagna ormai dai anni il paese e per il suo approccio pesante nei confronti dell’opposizione politica. Nel 2005 il Primo Ministro François Fall durante una visita in Francia con la sua famiglia si dimise e chiese asilo politico, citando la corruzione del sistema e la forte ingerenza del Presidente come motivi per non poter svolgere il proprio ruolo di capo del governo. Il successore; Cellou Dalein Diallo, venne rimosso nell’aprile 2006 e Conté non designò alcun successore fino al gennaio 2007, quando devastanti scioperi generali e dimostrazioni di massa colpirono in maniera violenta l’intero paese. Nel 2006 durante gli scioperi generali indetti dai sindacati l’esercito uccise 10 studenti. Gli scontri cessarono solo dopo la concessione di Conté di abbassare il prezzo di alcuni alimenti base (riso e olio) e la promessa di migliori salari per alcune fasce di lavoratori. Nel gennaio 2007 il paese ricadde nel caos a causa del fallimento del governo a rispettare gli accordi presi con i sindacati. Per oltre 2 settimane ci furono dimostrazioni di larga scala in tutto il paese, che portarono alla morte di circa 60 persone e i focolai maggiori di conflitto sono stati rilevati nella capitale Conakry e nal capoluogo della regione forestale del paese N’Zérékoré. Tra le richieste principali la nomina di un Primo Ministro a cui attribuire parte dei poteri accentrati nelle mani del Presidente. Il 13 Febbraio 2007, dopo la nomina di Eugène Camara come Primo Ministro, visto troppo vicino al Presidente, violente dimostrazioni scoppiarono in tutto il paese, nuovi scioperi per il fallimento del Presidente di nominare un Primo Ministro condiviso dalla popolazione come da accordi del Gennaio 2007. Si raggiunsero più di 100 morti in tutto il paese e Venne dichiarata la legge marziale, mentre gli edifici pubblici e di proprietà del governo venivano distrutti in tutto il paese con l’insistente richiesta di dimissioni di Conté. Con l’intervento diplomatico dei paesi dell’Unione Africana; la UE e le Nazioni Unite Conté scelse per il nuovo Primo Ministro da una lista di 5 candidati fornita dai sindacati e i leaders civili. Il 26 Febbraio 2007 Lansana Kouyaté, precedente ambasciatore della Guinea alle UN, venne nominato Primo Ministro ponendo fine agli scioperi e agli scontri. A un anno dalla nomina di Lansana Kouyaté, venne nominato Primo Ministro Ahmed Tidiane Souare nel Maggio del 2008. Nel Giugno 2008 nuovi scioperi si sono manifestati, in particolare tra i segmenti dell’esercito e delle forze armate, dimostrando che il paese giaceva ancora in una situazione d’instabilità socio-politica. Nel dicembre del 2008, dopo la morte di Lansana Conté per 24 anni a capo del paese, è salito al potere con un colpo di Stato il Capitano Moussa Dadis Camara, capo del CNDD (Conseil National pour la democratie et le développement). Il colpo di Stato ha profondamente disorganizzato il funzionamento del paese così come le prospettive economiche, che restano profondamente dipendenti dall’evoluzione del contesto politico. Nel 2009, ad esempio, il prezzo del riso, bene primario per la popolazione, è aumentato del 40% rispetto al passato. Il congelamento dell’aiuto internazionale ha sicuramente frenato lo sviluppo delle infrastrutture e il paese vive sotto il peso di una forte inflazione, oltre che di una crescita economica che nel 2009 è stata addirittura negativa (dal 4,3% del 2008 al -0,3% del 2009). Già da mesi teso il clima politico sociale in tutto il paese e crescente il malcontento e il disagio per il governo del Capitano Camara, il 28 settembre 2009, durante una manifestazione pacifica delle forze d’opposizione e della società civile contro il governo di Camara nello stadio di Conakry, un gravissimo episodio di violazione di diritti umani si è compiuto con protagonisti i militari della giunta del Capitano Camara: più di 150 morti, oltre 1000 feriti, decine di stupri e arresti immotivati, un massacro in piena regola ancora oggi sotto la lente delle organizzazioni internazionali e delle istituzioni giuridiche sovranazionali (tra cui la Corte Penale Internazionale). A seguito di tale episodio la situazione politica e sociale nel paese è degenerata e l’equilibrio latente creatosi in precedenza ormai distrutto. Il 3 dicembre 2009 il Capitano Dadis Camara è stato oggetto di un fallito attentato da parte del comandante in capo Aboubacar Sidiki Diakité, detto Toumba. Colpito gravemente alla testa da un colpo d'arma da fuoco, evacuato per cure prima in Marocco, poi a Ouagadougu in Burkina Faso, ha dovuto cedere il comando al suo vice, generale Sekouba Konate, che, con il sostegno internazionale, ha formato nel gennaio 2010 un governo di transizione (guidato dal Primo Ministro Jean Marie Doré), incaricato di organizzare le elezioni e di portare i civili al governo della Guinea per la prima volta dall'indipendenza del paese dalla Francia, nel 1958. In un clima di tensione latente in tutto il paese, ma anche di rinnovata fiducia per le tanto attese prime elezioni democratiche del paese, queste sono state organizzate per il mese di giugno 2010, accolte favorevolmente dalla comunità internazionale che le ha seguite attraverso missioni di osservazione e monitoraggio dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. Le elezioni, fortemente influenzate dalla composizione etnica del paese (molto forte il senso di appartenenza tribale ed etnica e convivenza particolarmente difficile tra i diversi gruppi, in particolare isolamento dell’etnia 16 peul), sono state organizzate in due tornate elettorali, primo turno e ballottaggio al secondo turno tra i due candidati più votati. Nel primo turno delle elezioni presidenziali del giugno 2010, Cellou Dalein Diallo dell’UFDG (Unione delle Forze Democratiche della Guinea) ha ottenuto il 43,69 %, mentre Alpha Condé dell’RPG (Raggruppamento del Popolo della Guinea) ha ottenuto il 18,25 % dei voti. L’UFDG è formato dall’unione di più partiti come l’UFP (Unione delle Forze Patriottiche), il PUR (Partito dell’Unità e del Rinascimento) e il FODEG (Forum Democratico della Guinea). L’RPG è il partito principale dell’ARC-en-Ciel, un’alleanza formata da 112 partiti e da 157 movimenti. I programmi elettorali delle due coalizioni erano molto simili, i veri contrasti nascevano piuttosto su base etnica. Nelle prime settimane della campagna elettorale si sono verificati scontri e violenze su base etnica tra i sostenitori dei due candidati presidenti. Il candidato Condé è sostenuto dal gruppo etnico dei Malinke mentre Diallo dal gruppo etnico dei peul. Il secondo turno, inizialmente previsto per il mese di luglio 2010, è stato continuamente riportato in seguito ad accuse di brogli e una situazione di incertezza che si faceva via via più grave nel paese. Le votazioni per il ballottaggio delle presidenziali in Guinea, previste poi per il 19 settembre 2010 sono state rinviate dapprima al 24 ottobre 2010, in seguito agli scontri tra i sostenitori dei due candidati, causate dalla sentenza di condanna a un anno di reclusione per l’ex Presidente del CENI Ben Sékou Silla per i brogli elettorali rilevati durante il primo turno elettorale. L’ex Presidente era morto a Parigi di malattia qualche giorno prima. Le elezioni previste per il 24 ottobre sono state quindi rinviate al 7 novembre in seguito ai sanguinosi scontri del 18-19 ottobre che hanno visto la dura repressione delle forze di polizia guineana contro i militanti dell’UFDG: secondo osservatori locali e internazionali, i militari avrebbero in quest’occasione commesso stupri e mutilazioni contro la popolazione civile. Il Generale Konaté con decreto del19 ottobre ha nominato Presidente della CENI (Commissione elettorale nazionale indipendente) il Generale di Brigata Siaka Sangare Taumany, sostenuto dal portavoce dell’ECOWAS e Presidente della Nigeria Jonathan. Pressato dall’ICG-G il Generale di brigata Siake Sangare Taumany il 6 novembre ha fatto firmare un Protocollo d’Accordo ai due candidati presidenti affinché le elezioni si svolgessero senza incidenti ed ha sospeso ufficialmente la campagna elettorale fino alla data delle elezioni. Il Protocollo prevedeva che entrambe le parti (UFDG, RPG) permettessero ai militanti oppositori di muoversi liberamente nelle prefetture e nelle strade senza nessuna violenza, accettando i risultati della tornata elettorale. Le elezioni del 7 novembre si sono svolte senza particolari problemi, ma il 15 con l’annuncio dei risultati elettorali, sono scoppiati gli incidenti. La CENI nei giorni successivi alle elezioni del 7 novembre ha diramato dei comunicati circa i primi risultati elettorali che davano in vantaggio Condé. Dure proteste sono state presentate da parte di Diallo per presunte irregolarità, poi denunciate alla Corte Suprema della Guinea. A Conakry due giorni dopo le elezioni quattro persone sono morte in seguito agli scontri avvenuti dopo la proclamazione dei primi risultati elettorali. Condé si è aggiudicato la regione di Conakry, Faranah, Kankan, Nzérékoré, mentre Diallo la regione di Kindia, Boké, Labé, Mamou, e le sedi consolari guineane all’estero. I risultati definitivi della Corte Suprema dichiarati dopo il riconteggio dei voti contestati il 2 dicembre 2010 hanno proclamato vincitore Alpha Condé con il 52,52% dei consensi, contro il 47,48% a favore di Dalein Diallo. La vittoria elettorale di Condé nella prima elezione democratica del paese ha reintegrato ufficialmente la Guinea nell’Unione Africana, dopo essere stata sospesa per due anni e mezzo a causa del colpo di stato militare che avvenne nel dicembre 2008. L’annuncio è stato dato dal Commissario per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana Ramtane Lamamra. La svolta democratica della Guinea dovrà ora passare attraverso la riforma delle sue forze armate, al momento una fonte potenziale di instabilità che potrebbe portare ancora la Guinea nel caos. La riforma sarebbe un passo avanti per aiutare il paese a far crescere le istituzioni democratiche di cui ha bisogno. Le forze armate guineane sono divise su base etnica, sono indisciplinate, corrotte, commettono violazioni dei diritti umani, e insubordinazioni. Con la presidenza ad Interim del Generale Sèkouba Konaté alla fine del 2009 e la Dichiarazione Congiunta di Ouagadougu siglata il 15 gennaio 2010, le autorità di transizione della Guinea hanno accettato nel marzo del 2010 una valutazione e un rapporto della riforma delle forze armate da parte dell’ECOWAS. Il nuovo Presidente eletto dovrà mediare tra l’esigenza di mantenere un sostegno da parte dei vertici militari sulla riforma e l’esigenza di ridurre i comparti militari e di rendere la gestione delle forze armate più trasparente. 17 Contesto socio- economico Indice di sviluppo umano 2010 PNL procapite (parità potere d’acquisto) PNL globale PNL per abitante Crescita in volume del PNL Tasso di inflazione Debito estero lordo Bilancia commerciale Forza lavoro Settori di attività secondo PIL Settori di attività nella popolazione attiva Popolazione alfabetizzata Risorse Naturali Fonti: 156/169 970 $ 3,4 miliardi di dollari 338 $ - 0,3% 4,7% 2.132 miliardi di dollari - 0,446 miliardi di dollari 63% uomini 37 % donne Agricoltura 24,8%, industria 46,4% (in particolare estrattiva), servizi 28,8% Agricoltura 74%, industria 10%, servizi 16% 29,5% (42,6% uomini e 18,1% donne) Bauxite – Oro - Ferro – Alluminio Rutilio – Diamanti UNDP, Human Development Index 2010 (dati 2008) World Bank, World Development Indicators 2010 (dati 2008) Ined, Population et sociétés 2010, dati 2008 Atlaséco 2011, http//atlas.challenges.fr Ricchezze minerarie e povertà Nonostante il suo potenziale di sviluppo, il paese attraversa una crisi economica e sociale senza precedenti, marcata dall’assenza di crescita (addirittura negativa nel 2009), un’inflazione molto elevata, difficoltà di pagamento del debito e un aggravamento sensibile dei livelli di povertà. A partire dal 2000 i tassi di crescita annuale media sono scesi progressivamente dal 2,5% del 2006, 1,8% nel 2007, poi 4,7% nel 2008, infine – 0,3% nel 2009; inferiori al tasso di crescita della popolazione (2,22%). In un quadro d’analisi più generale si può dire che lo sviluppo economico del paese è fortemente limitato dalla cattiva gestione delle risorse pubbliche, dall’inefficienza del quadro istituzionale, giuridico e regolamentare legato alla mobilitazione d’investimenti privati e dall‘assenza d’infrastrutture di base per sostenere la crescita e la modernizzazione dell’economia. Secondo i risultati dell’inchiesta nazionale sulla corruzione e la governabilità (Febbraio 2005) «più di un uomo d’affari su tre pensa che i suoi concorrenti siano obbligati a procedere sempre con di pagamenti non ufficiali per far continuare i loro affari»; 53%degli intervistati hanno dichiarato di “non essere stati soddisfati nonostante il pagamento”. Più grave ancora, il 71% degli agenti economici ritengono che se un agente dello Stato trasgredisce le regole, la sola possibilità sia di procedere a dei pagamenti non ufficiali. A questo bisogno aggiungere il déficit democratico che contribuisce fortemente al rallentamento dell’aiuto estero. 2000 2001 2002 2003 2004-5 2006 2007 2008 2009 Tasso di crescita PIL 1,9 4,0 4,2 1,2 2,7 2,5 1,8 4,7 - 0,3 7,2 1,1 6,1 14,8 27,6 34,7 22,9 18,4 4,7 Tasso d’inflazione Malgrado le sue ricchezze naturali, la Guinea non riesce a far uscire la sua popolazione da una povertà che nelle zone rurali del paese diventa spesso miseria. Si pone al 156° posto su 169 paesi nell’indice di sviluppo umano 2010, nonostante detenga circa la metà delle riserve mondiali di bauxite (principale minerale per la produzione dell’alluminio) e ne sia uno dei primi produttori al mondo. Inoltre il ricco sottosuolo del paese include più di 4 miliardi di tonnellate di ferro ad alta purezza; significativi giacimenti di diamanti e oro e quantità non ancora stimate di uranio, elementi che fanno della Guinea uno dei paesi dell’Africa occidentale con il più elevato potenziale di sviluppo industriale. La Guinea possiede inoltre un forte potenziale di crescita in ambito agricolo e ittico. Il suolo, l’acqua e le condizioni climatiche offrono opportunità per l’irrigazione di coltivazioni su larga scala e per lo sviluppo di industrie agroalimentari. In tutti questi settori esistono le condizioni per investimenti e attività commerciali; ma l’assenza o le condizioni pessime delle infrastrutture e la corruzione dilagante rappresentano gli ostacoli maggiori per investimenti su larga scala che potrebbero dare impulso all’economia. 18 Nel 1998 il governo guineano ha rivisto il codice per gli investimenti privati nel paese, al fine di stimolare uno spirito di libera impresa; proteggendo tuttavia il settore idrico di cui è il maggiore gestore. Tuttavia, il sistema di concessioni è caratterizzato da alta inefficienza ed elevati tassi di corruzione, con una gestione privatistica delle risorse del paese così come fino ad oggi del potere. Nel 2002 il FMI sospese il programma Poverty Reduction and Growth Facility (PRGF) per la Guinea poiché il governo aveva completamente fallito il raggiungimento dei parametri richiesti, continuando tuttavia a spendere in altri settori come la difesa militare, contribuendo così ad aggravare il déficit fiscale. I debiti accumulati negli anni sono stati coperti attraverso finanziamenti della Banca Centrale, creando degli sbilanciamenti ormai difficili da correggere. Solo nel 2004 con il Primo Ministro Diallo si ritornò al PRGF del FMI: i tassi di cambio vennero lasciati liberi di fluttuare; la spesa pubblica venne ridotta; il sistema fiscale migliorato con aggravamento delle tasse e deprezzamento della valuta. Nonostante l’apertura nel 2005 di una nuova strada di comunicazione tra la Guinea e il Mali; la maggioranza delle vie di comunicazione che collegano i centri commerciali del paese sono in condizioni pessime, prive di manutenzione, rallentando il sistema di trasporti e consegna dei beni ai mercati locali (da segnalare il progetto finanziato dall’Unione Europea per il rinnovo completo dell’unica strada che attraversa la Guinea da Conakry fino a raggiungere la regione Forestale di N’Zérékoré, più di 200 km di strada sono stati asfaltati tra il 2008 e il 2010). La ferrovia ha smesso di operare dal 1980 e le poche tratte commerciali ancora attive offrono sevizi scadenti ed intermittenti (progetto di rinnovo e riabilitazione inaugurato nel febbraio 2011). La maggioranza della popolazione non possiede un mezzo di trasporto e sfrutta il sistema di taxi privati che applicano tariffe per posto, con mezzi vecchi di almeno 20 anni e spesso sovraccaricati e non adeguati agli spostamenti al’interno del paese. Contesto sanitario A livello di strutture primarie pubbliche e private, le principali cause di ricorso alle strutture sanitarie sono la malaria, malattie gastro-intestinali acute, i parassiti intestinali, le infezioni alle vie respiratorie, le malattie sessualmente trasmissibili, la malnutrizione, le patologie odontoiatriche e i traumi. Le statistiche indicano che le principali cause di ospedalizzazione sono invece: malaria, infezioni respiratorie, anemie, diarree, malattie cardiache, problemi ginecologici e le malattie cardiovascoari. Le prime tre patologie risultano anche come le maggiori cause di decesso tra la popolazione, a quanto riportato dai dati raccolti nelle strutture ospedaliere pubbliche. A queste si aggiungono un progressivo aumento dell’ AIDS, del diabete e dell’ipertensione. Il sistema sanitario guineano è un sistema al collasso. Le strutture pubbliche non sono in grado di far fronte ai bisogni della popolazione a causa di una cattiva gestione delle risorse umane, fisiche e finanziarie. Gli ospedali regionali, prefettorali, i centri sanitari di villaggio e le altre strutture presentano gravi difficoltà nel reperimento e gestione dei medicinali, il personale formato è difficilmente reperibile e alcune categorie come gli infermieri professionali sono quasi totalmente assenti dal mercato; le norme tariffarie e di gestione nazionali non vengono rispettate abbassando gli standard qualitativi già fortemente precari. Come in numerosi altri settori pubblici la corruzione è dilagante, rendendo il diritto alla salute una chimera per gran parte della popolazione. Parallelamente, il settore privato è in espansione grazie a sempre più numerose organizzazioni umanitarie che sostengono o gestiscono direttamente centri sanitari efficienti e a cui la popolazione può accedere senza timori di malasanità, corruzione anche se a costi spesso non facilmente accessibili. Pur essendo stato recentemente elaborato il Piano Nazionale per lo Sviluppo del Settore Sanitario, si ritiene poco credibile la capacità dello Stato di far fronte agli impegni presi, mentre appare chiara la volontà di sussidiare i servizi sanitari a privati e finanziatori esterni. I dati illustrati e commentati fin qui peggiorano se si fa riferimento alla regione forestale, la più lontana dalla capitale Conakry (960 km dal capoluogo N’Zérékoré alla capitale con strade dissestate), zona rurale del paese, ricca di foreste ma priva di infrastrutture fondamentali, quali strade, ospedali, numero sufficiente di scuole; al confine con Liberia, Costa d’Avorio e Sierra Leone, la sua crescita è stata negativamente influenzata anche dai conflitti che negli anni novanta e duemila hanno insanguinato i paesi limitrofi, facendo riversare centinaia di migliaia di profughi nella regione. Scarsa produttività, disoccupazione giovanile, divisioni etniche ne fanno uno dei potenziali focolai di conflitto nel paese (lo dimostrano le tensioni nel corso degli ultimi anni). Caritas Italiana, nell’intento di essere vicina ai più poveri, interviene dal 2008 nella regione forestale, a fianco della Diocesi di N’Zérékoré. 19 CARITAS ITALIANA IN GUINEA Caritas Italiana interviene dal 2008 a fianco della Diocesi di N’Zérékoré nei settori della salute, dello sviluppo rurale, in particolare agricoltura, dell’educazione e promozione culturale attraverso un processo di rafforzamento delle capacità dello staff della Caritas diocesana. Caritas Italiana ha lavorato anche attraverso la presenza di due operatrici residenti nella città che hanno affiancato gli operatori della diocesi dal 2008 al 2010 in un’attività costante di confronto e crescita per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. ATTIVITA’ PREGRESSA NEL PAESE – UNA SINTESI ANNO 2008- 2009 TIPOLOGIA DI INTERVENTO Sanità PARTNER Diocesi di N’Zérékoré OCPH- Coordinazione diocesana della salute 2009- 2010 Sanità Diocesi di N’Zérékoré ATTIVITA’ Supporto istituzionale e organizzativo alla Coordinazione diocesana della salute Apertura Centro Medico Chirurgico (CMC) “Saint Abraham” di Gouécké Supporto nella gestione del CMC di Gouécké OCPH- Coordinazione diocesana della salute CMC Gouécké 2009-2010 2010 Settembre 2008 – agosto 2010 Educazione e promozione culturale – Capacity building Diocesi di N’Zérékoré Sviluppo rurale – Agricoltura (attività generatrice di reddito) Diocesi di N’Zérékoré OCPH diocesana Centro Agricolo di Gouécké Accompagnamento Sostegno istituzionale e organizzativo per il rilancio della Caritas diocesana; rafforzamento delle capacità dello staff locale Supporto per la riabilitazione di una parte del Centro agricolo ai fini del finanziamento dell’OCPH e del CMC Presenza di due operatrici espatriate a N’Zérékoré Caritas Italiana ha iniziato il suo appoggio alla Diocesi di N’Zérékoré nel 2008 con un progetto di salute e l’obiettivo di accompagnare e sostenere la Coordinazione diocesana della salute nel lavoro preparatorio per l’apertura del Centro medico-Chirurgico di Gouécké. Tale progetto era stato dapprima un progetto pilota del Fo.Gu.I.Re.D (Fondo Guineo-Italiano per la Riconversione del Debito), che si era occupato della costruzione di un edifico-base nella zona rurale di Gouécké, successivamente preso in carico dalla Fondazione Giustizia e Solidarietà. Nel 2007 Caritas Italiana, membro del CdA della Fondazione, ha rilevato il progetto, incaricandosi di appoggiare la Diocesi nella gestione della fase preparatoria, di apertura e post-apertura del Centro. In tale ambito Caritas Italiana ha deciso di inviare due operatrici in permanenza a N’Zérékoré, per garantire un accompagnamento più efficace ad una diocesi al tempo senza un Vescovo (con un Amministratore diocesano) e con una Caritas diocesana (OCPH – Organisation Catholique pour la Promotion Humaine) in una situazione di crisi gestionale, organizzativa e finanziaria. Nel primo anno di partenariato, quindi, ci si è concentrati in particolare sul lavoro preparatorio all’apertura del CMC di Gouécké, villaggio situato a 42 Km da N’Zérékoré, all’interno della regione forestale, che ha portato nel luglio 2009 all’apertura del Centro medico, infrastruttura tanto attesa dalla popolazione locale, che secondo i dati statistici sanitari nazionali e regionali, vive in uno dei contesti con più bassi standard sanitari del paese. Privilegiando un approccio integrato e non solo settoriale in virtù della funzione prevalentemente pedagogica di Caritas Italiana (cfr. art. 1 Statuto, promuovere «la testimonianza della carità …in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» ), nel 2009, con la nomina e l’arrivo del nuovo Vescovo in Diocesi, Mons. R.B. Guilavogui, si è cominciato un percorso congiunto per affiancare la Diocesi più ad ampio raggio, in un 20 processo di rilancio e ristrutturazione della Caritas diocesana (OCPH), organo specifico della Diocesi per lo sviluppo, l’emergenza, la progettazione sociale. In un percorso comune e condiviso, quindi, è stata affiancata la Diocesi attraverso un rafforzamento organizzativo e istituzionale della Caritas e la formazione dello staff locale via via impiegato allo scopo di poter meglio rispondere ai bisogni della popolazione nei settori della salute, educazione, pace e giustizia, sviluppo, emergenza. Dal 2010, nell’ottica di una progressiva presa in carico in autonomia delle proprie opere sociali, Caritas Italiana ha appoggiato la Diocesi in un progetto di riabilitazione del centro Agricolo di Gouécké al fine di sviluppare un’attività generatrice di reddito a favore del Centro medico-chirurgico e dell’OCPH diocesana. Con il miglioramento dell’organizzazione a livello diocesano, la crescita dello staff locale e la riorganizzazione della Caritas diocesana, in un contesto che deve affrontare ancora oggi molte sfide a livello politico, sociale ed economico, Caritas Italiana, in piena condivisione con la Diocesi e rispondendo a un bisogno manifestato dai collaboratori e dal Vescovo, propone un progetto di Servizio Civile per affiancare le istituzioni diocesane in un percorso che non si è chiuso con la fine della presenza costante delle operatrici sul terreno ad agosto 2010, ma che continua per una crescita costante, lo sviluppo dell’area e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale. IL PARTNER LOCALE: OCPH (ORGANISATION CATHOLIQUE POUR LA PROMOTION HUMAINE) – CARITAS DIOCESANA DI N’ZEREKORE VISIONE Dare una risposta cristiana alle aspirazioni dell’uomo per uno sviluppo umano integrale; contribuire a costruire una società in cui avvenga ogni giorno il regno di Dio, regno di vita e verità, di grazia e santità, di giustizia, amore e pace. MISSIONE E OBIETTIVI - Garantire la realizzazione dei principi della pastorale sociale nei settori dell’educazione, salute, sviluppo, assistenza umanitaria, giustizia e pace; Aiutare i membri delle comunità cristiane a lavorare con impegno per la promozione umana; Partecipare all’impegno della nazione per migliorare le condizioni di vita individuale e collettiva per uno sviluppo integrale della persona umana; Studiare ed analizzare, in collaborazione con altre organizzazioni nazionali e internazionali, i problemi del paese, ricercandone le cause e proponendo soluzioni conformi ai diritti dell’uomo, alla giustizia e alla dignità della persona umana. Creata nel 1993, l’OCPH è il ramo di attuazione della pastorale sociale della Chiesa Cattolica in Guinea. La sua struttura prevede delle sedi decentralizzate a livello di Diocesi per coprire l’intero territorio nazionale. L’organismo interviene nell’ambito dell’educazione, della salute, dello sviluppo e dell’aiuto umanitario. A livello di Diocesi di N’Zérékoré, la struttura risponde alle linee strategiche nazionali con specifici programmi per far fronte ai bisogni delle comunità della Regione Forestale. In una regione segnata dall’arretratezza economica, dalle difficoltà di comunicazione e collegamenti con la capitale e dallo sviluppo sociale precario, il ruolo del OCPH diventa centrale per cercare di dare una risposta ai bisogni delle comunità. La salute e l’educazione sono due settori fondamentali d’intervento, insieme ai programmi per il dialogo e la riconciliazione all’interno di comunità divise per etnia e religione. La forte immigrazione dai paesi confinanti a seguito dei conflitti nazionali ha creato delle fratture sociali importanti nel territorio della Regione Forestale, rendendo i programmi inerenti giustizia e pace sempre più importanti per una solida base di sviluppo locale. Dopo un lungo periodo di difficoltà e transizione vissuto dai primi anni duemila, dal 2009, in un percorso affiancato da Caritas Italiana, l’OCPH diocesana ha ricominciato un lavoro quotidiano per essere a fianco dei poveri e dei gruppi vulnerabili nei settori della salute, educazione e istruzione, agropastorale, animazione, assistenza umanitaria, promozione femminile, giustizia e pace. Attualmente lo staff è composto da dieci persone, di cui quattro membri permanenti componenti l’équipe di direzione (Direttore, Responsabile dei Programmi, Segretaria di direzione, Responsabile amministrativo e finanziario), affiancata dai coordinatori progettuali e di settore (salute, educazione, pre-scolaire, agropastorale, promozione femminile, assistenza umanitaria). In particolare l’OCPH sta lavorando sulle seguenti progettualità (come schematizzato nel diagramma sottostante): Salute: - supervisione Centro Medico Chirurgico di Gouécké (ormai organismo autonomo nella gestione con un Consiglio d’Amministrazione come organo di decisione e controllo, l’OCPH ne coordina e 21 supervisiona le attività attraverso il Coordinatore diocesano della salute come opera sociale della Diocesi); - coordinamento tre dispensari diocesani Educazione e pre-scolaire: - gestione e coordinamento 19 scuole dell’infanzia (jardin d’enfants) - gestione e coordinamento 9 scuole primarie - gestione e coordinamento 3 scuole secondarie ( 2 collège, 1 lycée) Assistenza umanitaria: - gestione della base logistica di N’Zérékoré dell’UNHCR; - progetto di prevenzione dell’emergenza (in collaborazione con UNICEF e Catholic Relief services, CRS) Promozione femminile: - progetto di sensibilizzazione contro le mutilazioni genitali femminili; - progetto di sostegno alle cooperative di donne malate di HIV Agropastorale: - riabilitazione Centro Agricolo di Gouécké (piscicoltura, allevamento suini, coltivazione riso e piante da olio); - progetto creazione e gestione Centro di allevamento caprino nel villaggio di Zowoya. L’obiettivo comune di Caritas Italiana e dell’OCPH diocesana in questo percorso di rafforzamento è poter dare una risposta migliore ai bisogni della popolazione e alle dimensioni molteplici della povertà in particolare nelle aree rurali della regione di N’Zérékoré. SALUTE CMC Gouécké 3 dispensari diocesani EDUCAZIONE E PRE-SCOLAIRE 9 scuole primarie 3 scuole secondarie 19 asili PROMOZIONE FEMMINILE lotta mutilazioni genitali femmin. - assistenza donne malate OCPH PROMOZIONE UMANA – SVILUPPO INTEGRALE RISPOSTA ALLE POVERTA’ ASSITENZA UMANITARIA - progr. prevenz. emergenza - gestione base logistica HCR GIUSTIZIA E PACE AGROPASTORALE - Centro Agricolo Gouécké - Centro allevamento Zowoya Fig. 3 Ambiti di lavoro e progetti specifici OCPH N’Zérékoré - 2010 22 CON L’OCPH A FIANCO DI CARITAS ITALIANA – GLI ALTRI PARTNERS In partnership con l’OCPH, collaboreranno alla realizzazione del progetto secondo le proprie specificità: CENTRO MEDICO-CHIRURGICO “SAINT ABRAHAM” DI GOUECKE Centro sanitario della Diocesi di N’Zérékoré inaugurato il 3 luglio 2009, è situato a 42 km dalla città di N’Zérékoré nel villaggio di Gouécké. E’ un centro di riferimento per cinque sotto-prefetture a copertura di una popolazione di circa 96.000 abitanti. Ha uno staff composto da 19 persone: due medici chirurghi (un direttore e un direttore aggiunto), due infermieri di Stato, cinque infermieri comunitari, un’infermiera farmacista, un tecnico di laboratorio, un biologo assistente di laboratorio, un’ostetrica, una matrona, un contabile, due addetti all’igiene e alle pulizie, due guardiani. Un Consiglio di Amministrazione funge da organismo decisionale e di controllo e un’amministratrice ne supervisiona le attività gestionali ed economico-finanziarie. Il Coordinatore Diocesano della Salute supervisiona invece le attività tecnico-sanitarie. SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI - ospedalizzazione: 21 letti per l’ospedalizzazione in medicina, chirurgia, pediatria e ginecologia-ostetricia; consultazioni ambulatoriali giornaliere (2 ambulatori); analisi di laboratorio: un laboratorio; farmacia; un magazzino e un punto vendita; ecografia: un ecografo con stampante e una stanza; interventi chirurgici: una sala operatoria per piccola e media chirurgia, una sala di sterilizzazione; maternità: una piccola sala travaglio e una sala parto, la possibilità di effettuare cesarei; servizio urgenze 24h/24. Il Centro è divenuto punto di riferimento importante per la popolazione locale, ma anche per i dispensari e Centri di salute delle sotto-prefetture che lo considerano struttura di referenza in caso di evacuazione dei loro pazienti per patologie più gravi e non gestibili a livello di strutture sanitarie di base in un’area dove non esistevano precedentemente centri di secondo e terzo livello (quale è il CMC), così come per le autorità sanitarie prefettorali e regionali che lo hanno incluso nella rete delle strutture sanitarie regionali e nominato punto di coordinamento e formazione per i dispensari delle cinque sotto-prefetture interessate. A seguito di ciò, una delle attività di espansione del CMC dovrà riguardare la sensibilizzazione della popolazione a norme igienico-sanitarie di base per continuare a contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e di salute dell’area beneficiaria. CONGREGAZIONE DIOCESANA SUORE SERVE DI MARIA VERGINE MADRE Congregazione diocesana nata alla fine degli anni ottanta per volere del Vescovo di N’Zérékoré Mons. Philippe Kourouma, le Serve di Maria Vergine Madre sono una Congregazione di attualmente 23 suore dislocate in tutto il territorio diocesano, i cui obiettivi fondamentali sono la salute e la tutela dell’infanzia. La Congregazione è molto attiva in tutta la Diocesi e nel villaggio di Gouécké in particolare, dove ha sede anche il noviziato. Le Suore sono formate soprattutto nel settore sanitario (in particolare infermiere) e dell’educazione (educatrici dell’infanzia, insegnamento primario e secondario). Una Suora della Congregazione collabora in modo permanente con il CMC, incaricata della gestione della farmacia. SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI A favore dei bambini e dei ragazzi: - gestione e coordinamento di una scuola dell’infanzia a Gouécké; - gestione, coordinamento e insegnamento nella scuola di alfabetizzazione per giovani a Gouécké: la scuola conta più di cinquanta ragazzi dai 18 ai 30 anni, che vengono avviati alla formazione professionale nella fabbricazione del sapone, nella sartoria, nel settore tessile. I prodotti vengono poi venditi nel mercato di N’Zérékoré e il ricavato utilizzato per la gestione della scuola, per cui i ragazzi pagano una retta annuale simbolica. 23 - gestione e coordinamento orfanatrofio per infanzia (bambini da 0 a 5 anni) nel villaggio di Gouécké: l’orfanatrofio ospita ca. 40 bambini dai 0 ai 5 anni, orfani o abbandonati dalle famiglie, o lì residenti per periodi più brevi quando le famiglie chiedono un’assistenza in caso di gravi necessità, problemi di salute o economici. L’orfanatrofio viene gestito soprattutto attraverso donazioni di privati, contributi della comunità, di associazioni locali, nazionali e internazionali, o attraverso le attività generatrici di reddito gestite dalla stessa Congregazione (agricoltura, allevamento). I bambini vengono quotidianamente accuditi dalle suore e da cinque collaboratrici permanenti, vengono loro offerti, oltre a un tetto, vestiti, nutrimento, cure sanitarie basilari. L’orfanatrofio è costituito da una casa dove i bambini alloggiano, vengono accuditi, curati in caso di malattia e dove vengono preparati i pasti, e di uno spazio all’aperto dove possono giocare sempre assistiti dalle incaricate. Il Centro medico-chirurgico “Saint Abraham”, oltre ad essere punto di riferimento per le suore in caso di patologie gravi dei bambini (l’orfanatrofio dista ca. 300 mt dal Centro), dal 2010 collabora direttamente con l’orfanatrofio offrendo un servizio di monitoraggio sanitario visite mensili a tutti i bambini. - gestione coordinamento e insegnamento nella scuola di segreteria e gestione contabile a N’Zérékoré; - gestione e coordinamento orfanatrofio per bambini e ragazzi (dai 6 ai 15 anni) a Macenta: la Congregazione ospita ca. 25 ragazzi orfani o le cui famiglie sono in estrema e riconosciuta difficoltà economica, offrendo loro alloggio, cibo, assistenza sanitaria e scolastica, vegliando sulla loro formazione. Nel settore salute: - infermiere nel dispensario cattolico di Samoé (villaggio a 5 km da N’Zérékoré); - infermiere nell’ospedale prefettorale di Macenta e nel CMC di Gouécké; - infermiere nel dispensario cattolico di Lola BURUNDI Quadro generale Nel cuore del continente nero, è uno dei paesi della nota “Regione dei Grandi Laghi”, zona di grandi conflitti e zona “cuscinetto” tra l’oriente e l’occidente, tra l’Africa francofona e quella anglofona (con tutte le implicazioni geopolitiche e storiche internazionali che ciò indica), tra una regione ricchissima di minerali preziosi sfruttati da pochi potenti che mantengono un sistema anarchico e di guerriglia (sin pensi alle immense miniere congolesi del Nord e Sud Kivu, del Maniema … di diamanti, oro, cassiterite, coltan, … ) ed un’altra basata per lo più sull’economia agricola ed i settori secondario e terziario. Senza risorse preziose e potenzialità agricole (rispetto alla densità di popolazione, tra le più elevate d’africa), il Burundi, insieme al Rwanda, è tra i più piccoli paesi d’Africa, avendo una superficie equivalente ad una regione italiana, e tra i più poveri del mondo (al 174° posto su 182 paesi per quanto riguarda l’Indice di sviluppo Umano). Il settore agricolo occupa il 90% della popolazione, ma pure questo settore è poco diversificato e per lo più arretrato. L’economia risulta stagnante e paralizzata o “drogata” dagli aiuti umanitari alla popolazione: scorte e derrate alimentari di scarsa qualità vengono donati alla gente, che non riesce a reimpostare le attività economiche su basi imprenditoriali. Nonostante vi sia una lotta fratricida anche tra membri delle stesse famiglie per avere l’autorità sulle terre, le attività agricole sono finalizzate alla sussistenza quotidiana o al massimo stagionale. Dopo il conflitto del 1993-2005 il trend del settore secondario e terziario non è mai decollato, a causa della grande insicurezza che permane tuttora nel paese. In Burundi circa il 46% della popolazione ha meno di 15 anni di età. La mancanza di statistiche aggiornate non permette un’analisi precisa sull’evoluzione della popolazione. Tuttavia la natalità è molto elevata e tende ad aumentare grazie a un tasso di fecondità tra i più alti nel mondo (6,33 figli per donna). La crescita demografica molto elevata accentua le problematiche nei quartieri poveri delle città, in particolare della capitale Bujumbura, dove la popolazione cerca tanto la sicurezza anche rispetto ai continui conflitti su base etnica quanto una illusoria fortuna (la povertà dei contadini in città si tramuta in miseria, in quanto la sopravvivenza li obbliga a mendicare). Parallelamente, a causa della crescita demografica si registra un aumento della pressione nelle campagne e la creazione di molti problemi di sviluppo rurale. A questi fattori generici e comuni a molti paesi nel mondo, si aggiungano in Burundi i conflitti storici su base etnica, che hanno visto periodicamente l’esodo ed il controesodo di immigrati e rifugiati, in funzione dell’alternanza del controllo del potere pubblico. L’abbandono delle proprie terre ed il successivo reclamo di rifugiati rimpatriati o sfollati da una provincia all’altra, determina innumerevoli conflitti e situazioni di povertà anche estrema, tra una popolazione che è per certi aspetti ricca di saperi tradizionali, legami sociali e capacità lavorative. 24 Mappa 1 Principali dati ed Indicatori relativi al Paese (CIA The World Factbook, UNDP): Dati geografici Localizzazione Area Confini Africa centrale 27.823 Km² RD Congo (233 km), Rwanda (290 km), Tanzania (451 km) Dati politico-istituzionali Forma di Governo Capitale Divisione Amministrativa Repubblica Bujumbura 17 province Dati statistici demografici sulla popolazione 9.988.991 (stime 2010) Abitanti 322,9 abitanti/km² (2009) Densità popolazione Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % 0-14 anni: 46,3% 15-64 anni: 51.2% sul totale) più di 65anni: 2.5% Gruppi etnici Hutu (Bantu) 85%, Tutsi (Hamitici) 14%, Twa (Pigmei) 1%, Europei 3,000, Asiatici 2,000 Lingue principali Kirundi (ufficiale), Francese (ufficiale), Swahili (lungo il Lago Tanganyika e nell’area di Bujumbura) Religione Cristiani 67 % (Cattolici 62%, Protestanti 5%), credenze locali 23%, Mussulmani 10% Franco burundese 3.561% (stima 2010) 41.43 nascite/1,000 persone (stime 2010) 9.87 morti/1,000 persone (stima 2010) 63.38 morti/1,000 nati vivi (2010) 6,25 bambini nati /donne (stima 2010) 2% (stima 2007) 58,29 anni (2010) 59.3% (2010) 0,01 (2007) Unità Monetaria Tasso di crescita della popolazione Indice di Natalità Indice di Mortalità Indice di Mortalità Infantile Indice di fertilità Soggetti affetti da HIV/AIDS (15-49 anni di età) Aspettative di vita media Tasso d'Istruzione Medici per 1000 abitanti Dati ed altri indicatori economici 25 Indice di sviluppo umano Popolazione al di sotto della soglia di povertà PIL PIL pro capite Crescita PIL Composizione PIL in % Debito Estero Forza Lavoro 166 (su 169) -2010 81,3% (stima 2010) 903 milioni di USD (stima 2008) 400 USD (stima 2009) 5.5% (stima 2008) agricoltura: 33.4% industria: 21% servizi: 45,6% (stima 2008) 1,2 miliardi USD (2007) 4,24 milioni (2007) Dati storici Al fine di comprendere globalmente l’attuale situazione politico-sociale del Burundi – che motiva tra l’altro la presenza di Caritas Italiana-, è opportuno richiamare alcuni dati storici relativi al conflitto che ha insanguinato il Paese. Nell’ottobre 1993, a causa dell’uccisione di Melchior Ndadaye, presidente democraticamente eletto, e del conseguente colpo di stato militare, ha avuto inizio un conflitto armato tra l’esercito governativo ed una serie di gruppi ribelli fuoriusciti dai principali partiti politici che avevano legittimamente vinto le elezioni democratiche ed erano stati estromessi dal potere. La guerra ha avuto termine solo nella seconda metà del 2006, dopo che l’ultima fazione armata, il Fronte nazionale per la libertà (FNL), ha comunicato di avere deposto le armi e una sua delegazione ha ufficialmente iniziato una trattativa con il governo legittimo. Gli attori del conflitto Per comprendere il conflitto burundese, durante il quale si è assistito alla crisi ed al collasso economico e sociale del Paese, bisogna prendere in considerazione i principali attori politico-militari. Almeno tre movimenti (CNDD, Palipehutu e Umbumwe) si sono accreditati come difensori dei diritti della maggioranza hutu, e durante il conflitto ciascuno ha organizzato un proprio esercito armato, più o meno autonomo in rappresentanza delle rispettive ali politiche (FDD, FLN e FROLINA). Sono stati quindi almeno sei i soggetti che sono entrati in scena nel conflitto a favore della maggioranza hutu, rilanciando, spesso con violenti operazioni di guerra pura, le rivendicazioni politiche.Ciascuno di questi movimenti guerriglieri ha agito durante il conflitto in aree geografiche distinte: la composizione del quadro del conflitto burundese è dunque complessa e comprende dinamiche regionali talvolta distinte e non riferibili a quelle dell’intera nazione. La morfologia geografia del paese, con migliaia di colline, ha permesso ai ribelli di evitare la cattura da parte dei militari governativi. Attraverso movimenti rapidi e la guerriglia nelle foreste si è sviluppato un clima d’insicurezza in tutto il Burundi. L’impossibilità di controllo sui ribelli e d’imporre e forzare il potere sui rivoluzionari in queste guerriglie sparse a macchia di leopardo, che nel loro insieme hanno creato una sorta di guerra civile, seppur disgregata nei fatti e nelle diverse finalità politiche, ha obbligato la nomenklatura tutsi (minoranza storicamente al potere nel Paese) ad accettare nelle negoziazioni il riequilibrio etnico in seno al governo, dell’amministrazione e dell’esercito. Oltre all’opposizione hutu, all’interno della crisi hanno giocato un ruolo drammaticamente importate anche i movimenti estremisti tutsi. Essi hanno in alcuni casi sostenuto e rafforzato le azioni politiche del governo e dell’esercito e, in altri casi, hanno sostenuto dinamiche per nulla politiche, ma puramente orientate allo sfruttamento di business economici e commerciali del Paese. Capaci di finanziare milizie private, questi movimenti hanno agito principalmente nelle aree urbane ed in particolare nella capitale Bujumbura. L’esercito regolare (le Forze Armate del Burundi - FAB) ha rappresentato il principale baricentro della crisi. Dall’indipendenza sino alla recente pace le FAB sono sempre state controllate dalla minoranza tutsi con il 90% degli effettivi appartenenti a questa etnia (solo dopo il trattato di pace, le FAB sono state riformate ed in esse sono stati assorbiti parte dei militari che hanno militato nella guerriglia hutu). Operando senza regole e senza mandato politico-governativo, le alte gerarchie di questo esercito hanno favorito l’instabilità dei governi democraticamente eletti e a maggioranza hutu sino a rendersi responsabili del colpo di Stato dell’ottobre 1993 con l’uccisione del Presidente Melchior Ndadaye e la destituzione del Presidente Silvestre Ntinbantunganya. Sino alla firma della pace l’esercito, secondo le Nazioni Unite, si è reso inoltre responsabile di molteplici esecuzioni sommarie, uccisione di civili e innumerevoli violazioni dei diritti umani. Sia nelle fila dei movimenti guerriglieri, che in quelli degli estremisti tutsi, che nell’esercito regolare si è fatto un massiccio uso di reclutamenti obbligatori di giovani, spesso minorenni spargendo una cultura della violenza e del non rispetto delle regole civili nelle giovani generazioni. Gli anni successivi al conflitto Nel 2005 si sono tenute nuove elezioni che hanno permesso di ripristinare un potere politico trasversalmente riconosciuto. In base agli accordi di pace componenti dei ribelli sono state integrate nell’esercito regolare. 26 Le elezioni sono state vinte da Pierre Nkurunziza, a capo del partito CNDD-FDD, ex gruppo ribelle. Inizialmente la maggioranza della popolazione era soddisfatta sia per come si sono svolte le elezioni sia per il neo Presidente, ma nei cinque anni seguenti la situazione è andata deteriorandosi: programma elettorale non rispettato, limitazione delle libertà fondamentali, mancanza di sforzi per migliorare la situazione economica, sanitaria e scolastica del paese, aumento dei prezzi dei prodotti di base e dei servizi…Il tutto in un contesto in cui i vari settori pubblici del paese sono sempre più disorganizzati e poco controllati da un sistema neutro. Nel 2007Il Burundi entra ufficialmente a far parte della “East African Community” (comunità dell’Africa dell’est) con Rwanda, Tanzania, Kenya ed Uganda, anche se era già dal 2000 che si lavorava in questo senso, sia a livello locale che regionale. Questa organizzazione di paesi ha fissato come lingua comune l’inglese (il Burundi è l’unico Paese in cui si parla il francese ed è quindi penalizzato da questa situazione) e prevede un’apertura, soprattutto da un punto di vista commerciale ed economico, tra i paesi membri. Nel 2010 si sono tenute le elezioni politiche che hanno riconfermato al potere il presidente uscente Pierre Nkurunziza, rimasto unico candidato dopo il ritiro di tutte le altre forze politiche. Il periodo elettorale è stato segnato da violenze e l’opposizione ha denunciato frodi e irregolarità. L’opinione internazionale si aspettava un cambiamento netto della situazione politica, mente la popolazione locale non era della stessa opinione: la frustrazione per tutto quello che è avvenuto negli anni passati e gli sforzi ritenuti vani scoraggiano gli elettori ad un approccio positivo, fiducioso e cosciente verso le elezioni e prende sempre più spazio la rassegnazione e la sfiducia nella classe politica intesa in senso ampio. Infatti anche dopo le elezioni del 2010 la popolazione é in generale insoddisfatta del governo, denuncia spesso corruzione, inefficienza e scarso interesse per i problemi delle persone. Problematiche sociali Nonostante la pace nel Paese, rimane in corso la scommessa sociale e politica della ricostruzione post bellica. Il conflitto, durato oltre dieci anni, ha provocato la morte di 300 mila persone e l’impennata di una crisi economica che ha prodotto altissimi livelli di povertà nelle zone urbanizzate e la perdita di capacità produttive nei contesti agricoli delle campagne. Tra le maggiori problematiche sociali che vive il Paese, oltre alla necessità di riconciliare le parti che si sono combattute in questi anni, vi sono: l’Aids (che tocca un’ampia parte della popolazione sia urbana che rurale), la disoccupazione, il rientro dei rifugiati dai Paesi limitrofi e l’educazione scolastica, non ancora capace di incidere sull’elevato tasso di analfabetismo. La situazione sociale é critica, tutti lamentano la mancanza di lavoro e quindi di prospettive, molti non hanno soldi sufficienti per pagare le tasse scolastiche. La povertà é diffusa, mancano servizi igienici base, la maggior parte della popolazione riesce a mangiare, anche se manca la possibilità di una dieta variegata, vi é una parte della popolazione che non si può permettere due pasti al giorno ogni giorno. Ve ne sono inoltre alcune che sono diretta conseguenza degli anni di conflitto e che qui di seguito descriviamo nel dettaglio: Insicurezza Continua a persistere la paura da parte della popolazione: non c’è libertà di parola e di pensiero. Crescono le rivendicazioni. La situazione sociale si fa sempre più tesa. Giornalmente vengono uccise persone nei quartieri Nord di Bujumbura e non solo per furti ma per vendette private, ragioni politiche, questioni etniche o situazioni di controllo del potere economico locale, con aspetti fortemente concatenati difficili talvolta da interpretare. Disarmo Se ufficialmente gli accordi di pace prevedono il progressivo disarmo della popolazione e dei ribelli (che forse consegnano armi vetuste e mal funzionantI), di fatto si assiste ad una continua corsa e al rafforzamento degli armamenti. Il disarmo popolare, nonostante le apparenze, è lungi dall’essere completato e tutto concorre a far rivivere l’esperienza terrificante della guerra, dei traumi, dei lutti, della detenzione. Sono state svolte alcune campagne di disarmo, tra le altre una a inizio 2008 (promossa dal Centre Jeunes Kamenge ed accolta dal governo) ed una a fine 2009. I risultati sono stati apparentemente positivi, molte armi sono state consegnate, ma altrettante sono rimaste in circolazione e grandi quantità vengono normalmente importate nel paese (nello specifico si tratta di armi non destinate alla polizia od ai militari). Attualmente alcuni ex-ribelli hanno aderito al programma di disarmo per essere poi reintegrati nell’esercito. Purtroppo essi sono considerati traditori dai compagni rimasti attivi nella ribellione, per cui spesso subiscono degli attacchi nei campi in cui sono stati ammassati e dove aspettano il reintegro ormai da 3 anni. 27 Carceri La situazione nelle carceri centrali e nei cachot dei più piccoli comuni è sempre più complessa: il direttore dell’associazione per i diritti dei detenuti ed alcuni partner delle Caritas Diocesane che lavorano nelle carceri, riferiscono di arresti e detenzioni nella maggior parte dei casi arbitrarie o con accuse infondate. I tempi di permanenza nei luoghi di detenzione (in attesa di un improbabile processo) talvolta superano la decina d’anni. In molti carceri possono convivere insieme bambini, donne, adulti e minori. La scarsa igiene, l’inadeguata e misera alimentazione, la mancanza di assistenza sanitaria, il sovraffollamento, lo squallore delle celle che nella maggior parte dei casi non prevedono nemmeno un posto letto, la cattiva manutenzione (dai tetti per esempio cade l’acqua piovana nel periodo delle piogge), la difficoltà di visita da parte di parenti, con un taglieggiamento sugli stessi viveri che portano, già semplici a causa della povertà dilagante anche all’esterno, fanno della realtà detentiva un’ulteriore piaga sociale che affligge moltissime famiglie (si stima che 1 famiglia su 5 abbia un famigliare detenuto). Problemi psichici Si stima che nel corso degli ultimi 4 anni è aumentata del 200% la richiesta di cure psichiche (i malati degenti sono più che raddoppiati e ovunque nel paese c’è richiesta di soccorso grazie alla loro unità mobile d’intervento). In tutto il paese ci sono 2 psichiatri e rari psicologi. La gente, dopo la delusione di una vera pace e sviluppo, probabilmente comincia a riattivare le paure ed i traumi del passato. A queste si aggiungono, comunque, le violenze sessuali, le estorsioni, le minacce, i furti, i tentativi di avvelenamento che in maniera estesa si ripetono quotidianamente. Situazione economica All’inizio degli anni ’90 il Burundi raggiunse un sostanziale equilibrio tra produzione agricola locale e bisogni della popolazione, equilibrio che però è stato rotto dal conflitto armato iniziato nel 1993. Oggi il Paese dipende pertanto fortemente dagli aiuti esterni, provenienti in gran parte dalle Agenzie delle Nazioni Unite e dalla cooperazione bilaterale, aiuti che però sono stati vincolati alla tenuta democratica delle strutture governative le quali, con il trattato di pace, hanno subito una radicale rielaborazione. Inoltre la popolazione si lamenta dell’aumento dei prezzi dal 2007 si sono alzati del 25/40% in funzione dei beni considerati, come la benzina, il cemento, i materiali edili, le lamiere per i tetti, o i beni domestici quali il sapone, le vettovaglie o il vestiario. L’economia è stagnante ed il pessimismo della gente è ancor più aggravato poiché alte erano le aspettative della ripresa post-elezioni e post-guerra (per esempio il Rwanda - seppur sotto il regime ed il pugno di ferro del generale Kagame - sta godendo di uno straordinario sviluppo economico, incentrato tanto sull’agricoltura quanto sulle comunicazioni, il trasporto, l’industria, …). La crisi economica è attribuita alla cattiva gestione politica. L’esperienza di Caritas Italiana in Burundi L’impegno di Caritas Italiana in Burundi ha avuto una svolta significativa a seguito del tragico genocidio avvenuto nel 1994 nel vicino Rwanda. Stimolata dall’enorme mobilitazione pubblica causata dai terribili eventi e dai bisogni enormi delle popolazioni in loco, Caritas Italiana, fin dai mesi successivi al tragico evento, ha avviato un programma di emergenza in Rwanda e di assistenza ai rifugiati nei Paesi vicini. Fin da subito si è capito che la crisi non era limitata ad un solo Paese e Caritas Italiana ha di conseguenza deciso di sviluppare un programma che coinvolgesse anche i vicini Paesi del Burundi e dell’allora Zaire, denominato “Programma Grandi Laghi” Il forte impegno nel sostegno a progetti di emergenza, riabilitazione e sviluppo in Burundi avviene dunque all’interno di questo più vasto programma e dal 1994 ai giorni nostri si può dividere l’azione di Caritas Italiana in tre fasi conseguenti l’una all’altra. - Prima fase dal 1994 al 2000: durante tutto questo periodo il Burundi permane in una situazione di conflitto intenso, rendendo di fatto molto difficile pensare ad una strategia di sviluppo nel lungo periodo; gli interventi di Caritas avranno quindi l’obiettivo di mitigare i danni causati alla popolazione dal conflitto. Sono tre gli ambiti di azione che vengono sviluppati, in partenariato con la Caritas locale, alcune congregazioni religiose e due ONG italiane 1. Ambito sanitario sostenendo la ristrutturazione prima e poi i costi di gestione di diversi centri di salute gestiti in tutto il Burundi, in particolare nelle arre rurali, dalle Caritas diocesane locali e da congregazioni religiose 2. Ambito sociale con lo sviluppo di progetti a sostegno delle categorie più svantaggiate, in particolare bambini orfani e disabili. 3. Ambito di sviluppo rurale grazie alla collaborazione con le ONG italiane CISV ed LVIA in progetti di sviluppo agricolo e attraverso il finanziamento di piccoli progetti di microcredito A questo periodo, inoltre, risalgono i primi piccoli finanziamenti all’appena sorto Centre Jeunes Kamenge. 28 In questa prima fase i progetti in Burundi venivano seguiti dal team di Caritas Italiana basato a Kigali, capitale del Rwanda, Al lavoro sul campo si è unito un forte impegno in Italia per portare all’attenzione dell’opinione pubblica il dramma della popolazione burundese: possiamo a questo proposito ricordare la campagna “Grida Burundi” e il sostegno alla pubblicazione di due testi “Balcani d’Africa” (che parlava del conflitto in corso in tutti i Grandi Laghi) e “Bujumbura città dell’odio”. - Seconda fase dal 2001 al 2005 , in questa fase, nella quale il conflitto si è ridotto di intensità fino ad arrivare agli accordi di pace, si è cercato di lavorare sulle più deboli e dimenticate vittime del conflitto, si sviluppano così progetti in tre ambiti: 1. Il carcere che in tutta questa fase calamiterà la maggior parte dei fondi messi a disposizione da Caritas Italiana per il Paese. Si realizzano interventi di miglioramento delle strutture carcerarie finalizzate a promuovere il rispetto dei diritti, nel rispetto dei protocolli delle Nazioni Unite, in particolare delle donne, dei bambini e dei condannati a morte. Si rafforzano le attività lavorative dei carcerati, ne è un esempio il rinnovo della falegnameria in un carcere della capitale, e si sostengono le famiglie dei detenuti con un attenzione particolare ai bambini. In questo periodo, inoltre, Caritas Italiana sostiene la pubblicazione un libro fotografico sulle carceri in Africa intitolato Prima della libertà con molte fotografie proprio della realtà burundese. 2. I malati psichici e i disabili, con il sostegno al progetto del centro neuropsichiatrico di Kamenge gestito dalla congregazione dei Fratelli della carità ( lavoravano anche con i malati psichici nelle carceri) e del progetto Akamuri per i disabili gestito da una congregazione di suore.. 3. I giovani, grazie al sostegno di alcune attività generanti reddito (laboratorio, fotografico, ristorante, ecc.) avviate da associazioni di giovani e il supporto più consistente ad alcune delle attività del Centre Jeunes Kamenge, in particolare sulle tematiche della pace e della riconciliazione. -la terza fase dal 2006 al 2011, che vede il paese sostanzialmente in pace anche se non pacificato, è caratterizzata da una disponibilità inferire di risorse economiche rispetto alle due precedenti, continuano alcuni dei progetti avviati durante la seconda fase e in particolare: 1. Sulle carceri il sostegno alla scolarizzazione dei figli dei detenuti nel carcere di Ngozi. 2. Nel settore della Psichiatria con il sostegno, anche se in maniera sporadica, alle attività del centro neuropsichiatrico di Kamenge. 3. Sui giovani con l’ulteriore rafforzamento del rapporto di partenariato con il Centre Jeunes Kamenge grazie all’avvio, nel 2006, della presenza di due giovani volontari in servizio civile all’estero all’interno del progetto Caschi Bianchi. Per il 2011 e gli anni successivi si prevede di continuare a lavorare con il Centre Jeunes Kamenge, è inoltre attivo dal gennaio 2010 per un progetto con Caritas Burundi di assistenza alimentare e riavvio delle attività agricole a favore di un gruppo di burundesi rientrati dalla Tanzania dove si erano rifugiati durante gli anni del conflitto. Il partner locale: Centre Jeunes Kamenge La storia del Centre Jeunes Kamenge inizia nel 1990 quando due padri saveriani, P.Claudio Marano (attuale direttore) e P.Marino Bettinsoli, accogliendo una richiesta della locale diocesi, iniziano a Bujumbura a prendere i necessari contatti per individuare il terreno avviarne la costruzione. Anche la scelta del nome non è casuale: nei pani del catasto, fin dal 1964, era menzionato un terreno di due ettari, donato alla Diocesi cattolica di Bujumbura, situato nella zona chiamata Kamenge il cui utilizzo previsto era lo sviluppo di un progetto dedicato alla gioventù, è precisamente su questo terreno che sorgerà alcuni anni dopo il Centre Jeunes Kamenge. Nel settembre 1991 iniziano i lavori di costruzione che dureranno due anni. Intanto ai due padri saveriani si uniscono quattro suore della Congregazione delle Dorotee e si iniziano a studiare le diverse possibili attività da realizzare insieme ai ragazzi della zona: il Centro si pone infatti, fin da subito, come luogo di incontro, confronto e crescita personale per i giovani e giovanissimi abitanti dei Quartieri Nord della città, i più degradati e dove non ci sono strutture di riferimento per loro. Il Centro viene inaugurato nel 1993, proprio poche settimane prima del colpo di stato che porterà il Paese al conflitto armato e i quartieri nord della capitale ne saranno uno dei teatri principali. Il Centro assume così fin dall’inizio quel ruolo di luogo di pace e di incontro fraterno e rispettoso delle differenze etniche e religiose che lo caratterizza fino ai giorni nostri. Negli anni della guerra giovani di diverse etnie si rifugiavano all’interno del centro per sfuggire agli orrori e ai pericoli della guerra, il centro stesso ospiterà un ospedale da campo di Medici senza frontiere e i missionari saveriani resteranno lì anche nei momenti peggiori e più cruenti del conflitto. Ancora oggi il Centro è aperto a tutti i giovani senza distinzioni etniche, religiose, di provenienza familiare e livello scolastico e continua ad offrire, ai 2.000 giovani che lo frequentano ogni giorno un’opportunità di crescita, attraverso attività formative, sportive e culturali. In un Paese in cui le cicatrici del conflitto sono ancora vive e aperte nella società a diversi livelli, cerca di promuovere il valore della vita insieme rispettosa delle differenze e 29 l’importanza dell’impegno e della responsabilità di ciascuno per costruire un futuro di pace, che partendo dai giovani possa cambiare l’intero Paese. A questo proposito il Centro, pur caratterizzandosi come un oasi di pace in un contesto di povertà a violenza non vuole sottrarre il giovane dalla realtà ed estraniarlo per farlo vivere definitivamente in un’isola felice, ma ha l’obiettivo di aiutarlo inizialmente ad una lettura critica della situazione e successivamente ad offrirgli strumenti alternativi per “tornare” a vivere nella realtà dei quartieri con un ideale diverso, con un impegno di pace, con un progetto personale e sociale volto alla promozione umana e allo sviluppo. Caritas Italiana collabora con il Centre Jeunes Kamenge per raggiungere gli obiettivi sopra enunciati, consapevole che il miglioramento della situazione del Paese passa prioritariamente per la crescita morale e professionale della sua popolazione e che solamente investendo sui giovani: le loro capacità e i loro talenti, si possa costruire un Burundi nuovo e in pace. REPUBBLICA DI GIBUTI Quadro generale La repubblica di Gibuti (Djibouti) è situata nel Corno d’Africa, di fronte allo Yemen, è uno dei paesi più caldi al mondo (la temperatura media annuale è di 30°). Desertico/roccioso e soggetto a periodiche siccità, possiede vegetazione continua solo sulle catene montuose basaltiche del nord del paese. L’allevamento è praticato in forma estensiva dai pastori nomadi dell’interno. L’attività economica è concentrata attorno al porto di Gibuti, città che ha dato il nome all’intero paese. Vi sono due principali gruppi etnici: gli Afar, distribuiti nella maggior parte del territorio, e gli Issa, di origine somala, concentrati nel sud e soprattutto nella capitale. Vi sono presenti piccoli gruppi di stranieri, yemeniti, etiopi, greci, italiani, ma soprattutto francesi, in gran parte appartenenti a una base militare con 2.800 effettivi. Principali dati e indicatori relativi al paese (The World Fact Book, UNDP) Geografia Localizzazione Superficie Confini Assetto politico-istituzionale Forma di Governo Capitale Divisione Amministrativa Africa orientale, davanti al golfo di Aden, Mar Rosso 23.000 Km2 Eritrea 109 km, Etiopia 349 km, Somalia(Somaliland) 58 km, coste 314 km Repubblica Gibuti 6 distretti (cercle): Arta, Ali Sabieh, Dikhil, Djibouti, Obock, Tadjourah. 30 Popolazione 757.074 (stima luglio 2011) Abitanti Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % 0-14 anni: 35% 15-64 anni: 61,7% sul totale) più di 65anni: 3.3% Gruppi etnici Somali (appartenenti ai clan Issa e Issaq) 60%, Afar 35%, altri 5% Lingue principali Religione Francese e arabo ufficiali, somalo e afar Musulmani 94%, Cristiani 6% Unità Monetaria Tasso di crescita della popolazione Indice di Natalità Indice di Mortalità Indice di Mortalità Infantile Indice di fertilità Soggetti affetti da HIV/AIDS Aspettative di vita media Tasso di alfabetizzazione Franco di Gibuti 2,237 % (stima 2011) 25,27 nascite/1,000 persone (stime 2011) 8,23 morti/1,000 persone (stima 2011) 54,94 morti/1,000 nati vivi (stima 2011) 2,71 bambini nati /donne (stima 2011) 2,5 % (stima 2009) 61,14 anni (stima 2011) 67,9% Principali indicatori economici Indice di sviluppo umano Popolazione al di sotto della soglia di povertà PIL PIL pro capite Crescita PIL Composizione PIL in % Debito Estero Forza Lavoro 147 (su 169) 42 % (stima 2007) 1,139 bilioni USD (stima 2010) 2.800 USD (stima 2010) 4,8 % (stima 2010) agricoltura: 3,2% industria: 14,9% servizi: 81,9% (stima 2006) 428 milioni USD (2006) 351.700 (2007) 6.1 Dati storici Il territorio di Gibuti fu venduto ai francesi dal sultano di Tagiura nel 1862 e fu chiamato Costa francese dei Somali nel 1888, e nel 1946 divenne territorio francese d’oltremare. Nel 1967 cambiò il nome in Territorio francese degli Afar e degli Issa, ma nel 1977, dopo un plebiscito, fu dichiarata l’indipendenza del paese. Il primo presidente, Hassan Aptidon instaurò un regime autoritario, durato fino al 1999. Negli anni 90 iniziarono gli scontri con la minoranza Afar, che terminarono con un accordo di pace nel 2001. Nel 1999 fu eletto con le prime elezioni multipartitiche Ismael Omar Guelleh, rieletto nel 2005 col 100% dei voti dopo il ritiro dell’unico candidato dell’opposizione. Le prossime elezioni politiche sono previste per aprile 2011. Gibuti occupa una posizione strategica, anche come unico punto ferroviario che permette all’Etiopia l’accesso al mare. Oltre alla base francese, Gibuti ospita anche una base americana anti-terrorismo. 6.2 Problematiche sociali L’economia di Gibuti, creazione artificiosa del colonialismo per ragioni strategiche, è principalmente incentrata sulle attività del porto e di zona di libero scambio per il nord-est dell’Africa. Due terzi degli abitanti vivono nella capitale, soprattutto in sobborghi caratterizzati da estrema povertà, il resto sono pastori nomadi. La scarsità di piogge e di terreno coltivabile limita la produzione agricola che offre solo un quarto del fabbisogno locale. La maggior parte dei viveri deve quindi essere importata. Questo crea una netta differenziazione sociale tra coloro che lavorano nei servizi annessi al porto e quindi hanno un reddito relativamente alto e l’altra metà della popolazione, che vive fuori dal circuito economico e scarse risorse provenienti dall’allevamento nomade. Il tasso di disoccupazione tocca il 59%, si segnalano gravi violazioni dei diritti dei lavoratori (lavoro forzato, discriminazioni salariali) come riportato dall’ultimo rapporto della Confederazione Sindacale Internazionale (ICFTU, febbraio 2006). Lo stato quindi dipende pesantemente dall’aiuto estero. La situazione è peggiorata negli ultimi anni, a causa dell’insediarsi di circa 10.000 rifugiati somali ed etiopici, delle sequele della guerra civile con gli Afar e della crescita della popolazione urbana povera. 31 L’acqua potabile è scarsa e la disponibilità di pozzi è particolarmente onerosa. Data la scarsità della falda freatica, molti pozzi devono essere costruiti con un diametro di vari metri per poter accedere a un approvvigionamento soddisfacente. Molte specie vegetali sono in pericolo a causa dell’avanzamento del deserto. Le mutilazioni genitali femminili sono praticate comunemente, sia dalla frazione somala che afar, toccano tra l’85% e il 95% della popolazione femminile e sono praticate soprattutto nelle zone rurali. Cresce drammaticamente la prostituzione di minorenni. Secondo l’UNICEF il 73% dei bambini di strada, nella fascia di età tra 8 e 17 anni, sono vittime del fenomeno della prostituzione. La domanda di prostitute, provenienti anche dalla Somalia e dall’Etiopia, è in aumento anche a causa della presenza delle basi militari e del traffico con i vicini paesi arabi. Il tasso di mortalità infantile è fra i più alti al mondo (le stime variano da 100 a 143 morti per 1.000) soprattutto a causa della poliomielite e dello scarso accesso alle medicine. Il 18% dei minori di 5 anni soffre di malnutrizione. Il tasso di alfabetizzazione è relativamente alto, ma si assiste da anni a un drammatico fenomeno di analfabetismo di ritorno di molti giovani e adulti che, trascurati, non sono più in grado di utilizzare le conoscenze imparate a scuola. Vi sono inoltre moltissimi giovani che non hanno mai frequentato le scuole e che non hanno i rudimenti della lingua ufficiale, il francese, e di conseguenza si trovano fuori da ogni possibilità di cambiamento. L’analfabetismo, nella particolare situazione di Gibuti, una città-stato senza molte alternative, diventa un elemento di emarginazione sociale. Chi ne è vittima diventa più facilmente preda della malavita e di traffici illeciti. Il problema dei rifugiati ha una dimensione che tende ad aggravarsi, soprattutto a causa del perdurare della crisi nella vicina Somalia. Dispersi nella capitale o raggruppati in alcuni campi profughi, la condizione dei rifugiati somali è estremamente precaria, nonostante l’assistenza dell’UNHCR e il contributo di alcune ONG, fra cui la Caritas Gibuti. A questo si aggiungono ritardi nella consegna dei documenti che dichiarano lo status di rifugiato e si ha notizia di imbrogli, come lo scambio di foto per favorire la partenza di alcuni a discapito di altri. L’assistenza scolastica dei giovani è la più carente, anche per questioni di lingua. Una condizione analoga si riscontra nei rifugiati di origine etiope, meno numerosi, ma presenti soprattutto nella capitale. Caritas Italiana nella Repubblica di Gibuti Le attività di Caritas italiana vanno considerate nell’insieme dei paesi abitati dai somali, il cosiddetto Corno d’Africa in senso stretto: la Somalia, il Somaliland (la regione ex Somalia britannica) e Gibuti. Dal 1992, all’inizio del periodo di anarchia successivo al colpo di stato che aveva rovesciato il presidente Siad Barre, l’azione nella regione ha costituito per alcuni anni di gran lunga il più grande intervento di Caritas Italiana all’estero. Per risorse finanziarie e personale inviato, soprattutto nel campo medico, per progetti propri e in appoggio ad altre organizzazioni come Caritas Somalia, Caritas Gibuti, Coopi, Water for life, SOS Kinderdorf, e ultimamente, Islamic Relief. I centri di attività erano Mogadiscio, Merka, Berbera e Gibuti stessa. Controllo della tubercolosi, scuole primarie, assistenza agli sfollati, ai disabili mentali, ai rifugiati, ad attività economiche (pesca), soprattutto a Gibuti, che ha goduto di una relativa tranquillità. La collaborazione si era spostata successivamente fino a Wajir nella regione orientale del Kenya abitata dai somali, dopo la tragica morte della dott.ssa Graziella Fumagalli, operatrice di Caritas Italiana, uccisa nell’ospedale di Merka nell’ottobre 1995. Un grande sostegno era stato dato da Caritas Italiana anche alle attività di Annalena Tonelli, per la cura degli ammalati di TB a Merka prima della sua uccisione nel nord della Somalia nel 2003. Più recentemente, per oltre tre anni, dal 2005 al 2008 Caritas Italiana ha sostenuto le attività di Caritas Somalia, soprattutto il dispensario di Baidoa, l’unica struttura sanitaria gratuita della regione. Solo nel 2008 si è dovuto fermare la presenza in Somalia di espatriati, per l’ormai insostenibile situazione di insicurezza. Centro logistico dal 1993, ha visto crescere il sostegno di Caritas italiana alla Caritas Gibuti insieme ad altre Caritas europee, come Spagna e Francia, oltre che ai rifugiati somali, a quelli etiopi, e più specificatamente alle attività delle scuole informali per il recupero di giovani analfabeti, come spiegato nei punti successivi. Questa attività è l’unica esistente nel paese per questo tipo di bisogno e l’azione svolta da oltre 30 anni ha tolto migliaia di giovani da un futuro di emarginazione sociale. Le autorità locali hanno più volte manifestato la loro gratitudine per questo progetto. Altre attività sostenute da Caritas Italiana sono stati i progetti di equipaggiamento di dispensari e gli interventi d’urgenza in caso di inondazioni. 32 Il Partner locale: Caritas Gibuti La Caritas Gibouti nasce nel 1978 come membro della regione MONA (Medio Oriente Nord Africa) della rete di Caritas Internationalis. L’affiliazione a questa regione è stata fatta per la comune appartenenza al mondo islamico. I suoi obiettivi si concentrano sulla sensibilizzazione e l’educazione della piccola comunità cattolica alla solidarietà nei confronti della popolazione presente, ovviamente senza alcuna discriminazione. Si cerca di favorire relazioni fraterne con le differenti religioni presenti nel Paese allo scopo di creare una società più giusta e solidale. La Caritas Gibouti è quindi uno strumento di partecipazione attiva ai programmi di promozione in collaborazione con le autorità locali e con le istituzioni internazionali delle Nazioni Unite (UNHCR, WHO, UNICEF) Le attività di formazione gestite da questa Caritas, sono il settore più impegnativo. Oltre al recupero dei giovani analfabeti, comprende altre attività. Fra le più importanti si ricordano alcune scuole elementari e un’azione particolarmente delicata, la lotta contro le mutilazioni genitali femminili. Fenomeno presente in modo generalizzato nel mondo somalo, il progetto è gestito da personale locale esperto e si integra con l’azione educativa svolta dalle scuole. Le attività di Caritas Gibuti a favore dei bambini di strada sono più recenti. Va sottolineata la semplicità delle strutture locali della Caritas Gibuti, i costi di gestione molto ridotti e il ricorso a forme di volontariato ovunque disponibili, sia fra i locali che fra il personale straniero presente a Gibuti a vario titolo. La pluriennale collaborazione fra Caritas Italiana e Caritas Gibuti ha dato inizio nel 2008 alla prima esperienza di volontari in servizio civile in questa regione, come supporto alle attività delle scuole informali per il recupero degli analfabeti. L’esperienza ha dato risultati molto positivi e vi è il comune desiderio di rinnovarla e di estenderla anche alle attività di sostegno ai bambini di strada. 7)Descrizione dell’area di intervento e del contesto territoriale entro il quale si realizza il progetto con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori misurabili; identificazione dei destinatari e dei beneficiari del progetto: Per ciascun paese in cui si realizza il progetto si fornisce una descrizione specifica dell’area di intervento e del contesto territoriale, dei destinatari e dei beneficiari del progetto. SIERRA LEONE ANALISI DI CONTESTO – DATI GENERALI - LE FONTI Prima di passare ad un’analisi specifica del contesto in cui si svolge l’azione di Caritas Italiana e dei suoi partner sul terreno, occorre specificare come i dati raccolti e gli indicatori di disagio che verranno presentati risultano da due fonti diverse: esterne ed interne. FONTI ESTERNE I dati a livello nazionale, -geografici, demografici, socio-economici e politici- come ampiamente documentato nel paragrafo precedente,rilevano dalle ricerche e indagini statistiche annuali delle organizzazioni internazionali impegnate nel campo dello sviluppo, quali la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario Internazionale, le Nazioni Unite, in particolare il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) e se ne è usufruito a partire da pubblicazioni o da testi ufficiali raccolti su internet nei siti ufficiali delle organizzazioni. Per i dati regionali, risulta molto più difficile contestualizzarli in modo oggettivo e sistematico. Per alcuni si è fatto riferimento al PRSP Document 2004 (Poverty Reduction Strategy Paper) e il Second Poverty Reduction Strategy Paper – An Agenda for Change 2008-2012, la maggior parte, però, sono rilevati da osservazioni e testimonianze dirette e raccolte dati interne, quindi informazioni non riscontrabili in documenti pubblici, ma sicuramente non meno rilevanti sul piano sostanziale. Questo perché non ci sono raccolte dati sistematiche a livello regionale, in particolare riguardanti i villaggi e le zone rurali distanti dai centri abitati più popolati. 33 FONTI INTERNE Altri dati più in particolare riferiti al contesto territoriale specifico di attuazione del progetto, quindi, sono stati raccolti tramite ricerche e indagini svolte sul terreno dalle istituzioni diocesane, quali la stessa CGPDU e il suo ramo legale Access to Justice, l’Università di Makeni, l’Ufficio Educazione della Diocesi di Makeni, i distretti sanitari zonali, altri ancora tramite testimonianze dirette di chi lavora ogni giorno a fianco della popolazione: sacerdoti, missionari, insegnanti, educatori. Vanno menzionate alcune ricerche interne che hanno costituito un riferimento importante, realizzate dalla CGPDU all’interno dei progetti in partenariato con Caritas Italiana: From peacekeeping to peacebuilding, 2004 Impact assessment on the Rapid Response Initiative and National Commission for Social Action; Impact Assessment on Service Delivery in Koinadougu District 2004-2009 Impact Assessment on Service Delivery in Kambia and Port Loko District 2010 Paramount Chiefs short term observation mission report 2009-2010 Strategic Plan 2010-2014 Analisi del territorio Il Progetto si realizza nella Regione Nord della Sierra Leone (cfr. mappe 4 e 5 di seguito riportate) che comprende 5 distretti amministrativi: Bombali, Tonkolili, Koinadugu, Port Loko e Kambia. Il capoluogo della regione è la città di Makeni, che si situa nel distretto di Bombali, sede della Diocesi, della Commissione Giustizia, Pace e Diritti Umani, -nonché dell’Università, di Radio Maria Sierra Leone, della Caritas locale e della Congregazione delle Sorelle di Maria Immacolata, enti con cui Caritas italiana ha stabilito negli anni una costante collaborazione- e sede dei volontari in servizio civile. In termini di superficie i 5 distretti amministrativi rappresentano la metà del Paese; la regione copre infatti un’area di 35.936 km2 ed ha una popolazione di 1.818.240 abitanti secondo i dati del censimento del 2004. Mappa 4 Mappa 5 Morfologia e clima La regione del nord confina esclusivamente con la Repubblica di Guinea con la quale comunica attraverso due vie di passaggio, tramite il distretto di Kambia e quello di Koinadugu. I cinque distretti che compongono la regione presentano una certa uniformità morfologica e climatica. Il territorio, principalmente pianeggiante nel centro-sud della regione, presenta dei rilievi verso nord-est in coincidenza con il distretto di Koinadugu. Un sistema fluviale abbastanza ricco permette un accesso discreto degli agricoltori per l’irrigazione dei campi; tuttavia l’accesso all’acqua potabile rimane ancora molto difficoltoso. La regione gode di un clima caldo umido nella maggior parte dell’anno, essenzialmente continentale nella parte orientale, mentre nell’area occidentale subisce maggiormente gli effetti della presenza dell’Oceano Atlantico. Contesto economico e sociale Gli indicatori presentati a livello nazionale si rispecchiano perfettamente nella regione nord del paese; va anzi sottolineato come alcuni dati, soprattutto in riferimento alla produzione economica, all’alfabetizzazione e 34 partecipazione alla vita pubblica e sociale, alla condizione della donna, alla soglia di povertà e mancanza di servizi sanitari siano accentuati in negativo. A dimostrazione di ciò, la Second Poverty Reduction Strategy 2008-2012 evidenzia come, in riferimento ai dati e agli indici di povertà precedentemente menzionati, la Regione nord registri i dati più negativi – seconda solo alla regione orientale-, e abbia al suo interno tre dei sei distretti più poveri del paese: Tonkolili, Port Loko e Bombali. Nella regione l’agricoltura rappresenta l’ 80% delle attività produttive, leggermente inferiore nei distretti di Kambia e Port Loko che si affacciano sull’oceano, dove si pratica anche la pesca. L’allevamento e la pesca continentale possono essere considerati un’attività produttiva importante per il sostentamento familiare. Bisogna comunque sottolineare che il decennio di guerra ha provocato una forte diminuzione della produzione agricola a causa dell’esodo dalle campagne, degli aiuti umanitari, della fuga verso i paesi vicini o verso la capitale Freetown. Il processo di ripresa economica e produttiva è dunque ancora lungo e difficile. Il conflitto ha infatti pesantemente colpito la regione nord del paese, teatro di saccheggi e distruzioni da parte dei ribelli: scuole e ospedali distrutti, villaggi assediati e sequestrati, equilibri sociali completamente distrutti ed economia, anche quella agricola più semplice, pressoché annullata. Numerose nella regione sono infatti ancora oggi le aree rurali dove l’obiettivo è la sussistenza giornaliera e dove i fenomeni della vita politica e sociale sono percepiti come lontani e spesso alieni alle condizioni di vita precarie della quotidianità. PROBLEMI E BISOGNI – INDICATORI NEL CONTESTO TERRITORIALE DI INTERVENTO Un’indagine sul terreno nella regione nord del paese è stata svolta dalla CGPDU nel 2010 al fine di raccogliere dati sui bisogni della popolazione beneficiaria delle sue azioni per l’elaborazione del piano strategico 2010-2014 (Diocese of Makeni, Justice and Peace and Human Rights Commission, Strategic Plan 2010-2014). Piuttosto limitata nel campione di intervistati (circa 50 per ognuno dei 5 distretti, per un totale di 250 intervistati), ha considerato come target alcuni attori chiave sul terreno (imam, parroci, rappresentanti delle donne e dei giovani, consiglieri locali e distrettuali, insegnanti, personale medico e paramedico, rappresentanti dei villaggi) per rilevare quali fossero da una parte le principali problematiche sul territorio, dall’altra le priorità di intervento per la Commissione auspicate dalla popolazione. Le problematiche evidenziate rispecchiano quelle rilevate a livello nazionale (povertà diffusa, mancanza di istruzione e alfabetizzazione, corruzione, difficile accesso all’acqua, sistema sanitario spesso inaccessibile, emarginazione e povertà estrema, illegalità diffusa, abusi, fragilità della struttura politica, disagio giovanile e femminile) e vengono acuite nelle aree rurali e più lontane dai capoluoghi distrettuali e regionali. In dettaglio, queste sono state le problematiche evidenziate: - - difficile accesso all’acqua potabile; strutture sanitarie non sufficienti, spesso non all’altezza, di difficile accesso per la popolazione; assenza di opportunità di lavoro per i giovani nelle aree rurali; mancanza di infrastrutture per il miglioramento delle condizioni di vita (pozzi, scuole, centri di salute, centri ricreativi…) mancanza di trasparenza e formazione da parte delle autorità (sia tradizionali che elette) e assenza di chiarezza sui ruoli e le responsabilità;violazioni dei diritti umani, in particolare sfruttamento dell’infanzia e abusi sulle donne, anche in famiglia, problematica particolare gravidanze adolescenziali e pre-adolescenziali); diffusa corruzione delle autorità e di chi occupa posti di potere; emarginazione completa e difficoltà di sostentamento per disabili, malati mentali, handicappati; emarginazione delle donne dalla vita sociale e politica in particolare nelle zone rurali, spesso a causa dell’analfabetismo); difficile accesso all’istruzione secondaria. A partire da questi dati, diffusi dalla CGPDU anche tramite le trasmissioni radiofoniche di Radio Maria e oggetto di frequenti dibattiti che vedono un’ampia partecipazione della popolazione, estrapolando quelli di interesse specifico per il progetto, si è cercato di quantificarli, attraverso l’incrocio di informazioni in possesso dalla stessa CGPDU, dell’Università di Makeni, dei distretti sanitari, degli uffici territoriali governativi (consigli distrettuali e municipali) e degli uffici regionali delle Nazioni Unite (Unicef e UNIPSIL). INDICATORI DI DISAGIO RILEVATI NELL’AREA TERRITORIALE 35 Gli indicatori di disagio rilevati sono stati suddivisi in 3 macro-aree in modo da dare un quadro generale completo dei bisogni ed evidenziare chi, a fianco di Caritas Italiana, della CGPDU, e dei loro partner, interviene nel territorio con un’offerta di servizi analoghi. Nota: anche se l’economia e lo sviluppo rurale non sono aree direttamente connesse con la realizzazione del progetto, i dati risultano importanti sia ai fini dell’individuazione dell’offerta analoga di servizi sul territorio (molte organizzazioni che si occupano di educazione, si occupano anche di sviluppo rurale), sia perché diverse attività formative toccano anche i temi della povertà e della promozione dello sviluppo e vanno quindi ad incrociarsi con gli indicatori di seguito presentati. ECONOMIA E SVILUPPO RURALE 80% delle attività produttive è rappresentata dall’agricoltura 50% della popolazione vive di agricoltura di sussistenza 40% della popolazione vive di artigianato locale; <10% della popolazione può dirsi vivere in condizioni agiate (politici, imprenditori, avvocati, investitori stranieri, in particolare libanesi) >70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (2$/giorno) >30% disoccupazione giovanile nelle zone rurali ISTRUZIONE E EDUCAZIONE 30% tasso di alfabetizzazione (>15 anni) nella regione 40-45% tasso di alfabetizzazione uomini 20% tasso di alfabetizzazione donne 70% tasso di analfabetismo nelle aree rurali della regione 8% percentuale popolazione femminile >25 anni con almeno istruzione secondaria, 18% uomini <5% la popolazione con istruzione universitaria ILLEGALITA’, GOVERNANCE, PARTECIPAZIONE SOCIALE >60% popolazione dichiara che una parte della classe politica è corrotta o non trasparente >50% delle autorità tradizionali e elette locali dichiara non chiari e definiti responsabilità e doveri reciproci 70% delle donne in aree rurali dichiara di non partecipare alla vita sociale e politica della comunità e di occuparsi solo dei problemi della famiglia >70% della popolazione dichiara la sussistenza di violazioni di diritti umani sul territorio (in particolare donne e infanzia) >60% della popolazione dichiara di non denunciare le violazioni subite; >50% della popolazione delle aree rurali dichiara di disinteressarsi alla vita politica (appartenenti a poche élite e lontana dalla gente comune) ATTORI OPERANTI SUL TERRENO – ANALISI DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA DI SERVIZI ANALOGHI NEL CONTESTO TERRITORIALE DI INTERVENTO Rispetto a tali indicatori di disagio, si possono rilevare nel contesto territoriale di riferimento (regione nord Sierra Leone, territorio della Diocesi di Makeni) risorse esterne ed interne che cercano di far fronte a tali problematiche allo scopo di migliorare gli indicatori di disagio. Per RISORSE ESTERNE si intendono quelle organizzazioni, congregazioni, associazioni… presenti nel contesto territoriale di riferimento e che cercano di offrire servizi in risposta alla domanda e ai bisogni indicati. Per RISORSE INTERNE si intendono invece i partner di Caritas Italiana e della CGPDU della Diocesi, impegnati anch’essi nella risposta ai bisogni della popolazione. Di seguito si cerca di presentare un quadro generale delle risorse esterne ed interne che agiscono sul territorio suddividendole per macro-aree di intervento. ECONOMIA E SVILUPPO RURALE; ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE 1.MISSIONARI GIUSEPPINI 36 In Sierra Leone dal 1979, focalizzano la loro attenzione sull’educazione e istruzione dei giovani, nonché sul loro avviamento professionale. Nel territorio diocesano, in particolare a Lunsar, è presente una grande scuola secondaria, nonché un centro di avvio alle attività professionali (Murialdo Vocational Training Institute). L’attività della Congregazione si completa anche nella realizzazione di progetti di sviluppo nei villaggi più isolati del territorio, nella ricerca di un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale: pozzi, scuole, centri di aggregazione. 2.ENGIM (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo) Organizzazione non governativa operante in Sierra Leone, nel territorio della regione nord porta avanti progetti di avviamento al lavoro per i giovani, nonché ha finanziato progetti sviluppo rurale, quali il sostegno a cooperative, la costruzione di pozzi per l’aumento della sicurezza alimentare nei villaggi del distretto di Bombali e Port Loko. Porta avanti da diversi anni anche un progetto di adozioni a distanza per l’assistenza scolastica a bambini e giovani locali. 3.CONGREGAZIONE S. GIUSEPPE DI CLUNY Presente a Makeni in particolare con una grande scuola per sordo-muti, unica a livello nazionale, dotata di strumentazione per la misurazione delle difficoltà uditive e di personale specializzato nella fabbricazione di apparecchi acustici, offre a bambini e ragazzi una formazione di base ma anche corsi di avviamento professionale. 4.MISSIONARI SALESIANI Operanti in particolare nel distretto di Port Loko, si occupano in particolare dei giovani, della loro educazione e animazione: gestiscono una scuola dell’infanzia, una scuola primaria, una scuola secondaria, un centro di avviamento professionale, un grande centro di animazione giovanile a Lungi. 2.MISSIONARI SAVERIANI Si occupano di sviluppo ed educazione. Dapprima impegnati nella costruzione di strutture e infrastrutture per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione in aree rurali (scuole, ospedali, centri di salute), oggi focalizzano l’attività nell’educazione dei giovani attraverso scuole primarie e secondarie e sulla formazione religiosa. Dal 2010 hanno assunto anche la direzione di Radio Maria Sierra Leone. 3.UNICEF (Ufficio regionale Makeni) Secondo la sua mission, si occupa di infanzia, della protezione e promozione dei diritti dei bambini. In particolare nella regione nord ha realizzato un programma a favore degli orphan and vulnerable children in collaborazione con la CGPDU. Come risorse INTERNE, nel settore dell’educazione, in particolare dell’istruzione universitaria, opera anche uno dei partner di Caritas Italiana nella realizzazione del progetto, l’UNIVERSITA’ Di MAKENI; così come coinvolto nell’area dello sviluppo e dell’educazione professionale è il nuovo partner di Caritas Italiana nel progetto volontari in Servizio Civile, CARITAS MAKENI. Coinvolta in entrambe le aree anche la CONGREGAZIONE DELLE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA, impegnate nella promozione della donna e nell’istruzione universitaria in ambito economico-finanziario e tecnico-informatico. ILLEGALITA’, GOVERNANCE, GIUSTIZIA E PARTECIPAZIONE SOCIALE 1.COMMISSIONE DISTRETTUALE DIRITTI UMANI Commissione governativa a livello locale, lavora soprattutto nell’ottica di un coordinamento delle azioni delle diverse organizzazioni locali e internazionali presenti organizzando incontri mensili e trimestrali, cui anche la CGPDU partecipa. Sviluppa programmi di sensibilizzazione alla protezione dei diritti, in particolare delle donne e dei minori. Ha lavorato in collaborazione con le agenzie delle nazioni Unite e le istituzioni locali (tra cui la CGPDU) nelle attività di sensibilizzazione per le elezioni del 2007 e 2008. Organizza programmi di formazione sui diritti umani per gli insegnanti e animatori rurali. 2.COMMISSIONE ELETTORALE NAZIONALE (NEC) – UFFICIO REGIONALE MAKENI Si occupa del censimento e della registrazione degli aventi diritto al voto, nonché di mantenere relazioni con gli organi locali eletti e tradizionali. Organizza programmi di formazione per operatori elettorali sul terreno (alcuni volontari della CGPDU vi hanno partecipato nel 2010 in preparazione alle elezioni del 2012), ha condotto una grande campagna per elezioni libere e democratiche nel 37 2007 e 2008 e una capillare attività di monitoraggio per entrambe le elezioni, nonché per le elezioni dei Paramount Chief nel 2010. Sta lavorando alla preparazione delle tornate elettorali del 2012; la CGPDU ha contatti regolari con il coordinatore regionale partecipa agli incontri di coordinamento organizzati. 3.UNITED NATIONS INTEGRATED PEACEBUILDING OFFICE IN SIERRA LEONE (UNIPSIL) – UFFICIO REGIONALE NORD MAKENI E’ l’evoluzione della missione di peacekeeping UNAMSIL, focalizza le sue attività nella formazione alle autorità nazionali e nel monitoraggio della protezione dei diritti umani nel paese. L’ufficio di Makeni si occupa in particolare dell’area settentrionale coordinando azioni di sensibilizzazione e incrociando i dati raccolti dalle diverse organizzazioni locali, nonché partecipando ai processi nelle corti locali e monitorando la situazione nelle prigioni. Caritas Italiana, coerentemente con la propria mission e la propria principale funzione pedagogica, nell’ottica di uno sviluppo integrale dell’uomo e della difesa della dignità umana, ha scelto di affiancare la CGPDU nell’ambito della good governance, la diffusione della legalità, , la tutela dei diritti umani, la promozione della giustizia e della partecipazione sociale, nella complementarità delle azioni con le altre organizzazioni operanti nel settore in ambito regionale e nazionale. Trasversalmente e in partenariato con le altre istituzioni menzionate, opera nel settore dell’educazione, focalizzandosi in particolare sulla ricerca e la formazione delle comunità di base e delle autorità locali, in collaborazione con l’Università, le Sorelle di Maria Immacolata, Radio Maria Sierra leone e Caritas Makeni. Come infatti si può rilevare dalle organizzazioni sopra menzionate, la CGPDU della Diocesi di Makeni si inserisce in un terreno poco esplorato a livello regionale soprattutto dopo la fine del periodo dell’emergenza post-conflittuale; in particolare il ruolo della Commissione risulta peculiare nel raggiungimento delle aree rurali al di fuori dei capoluoghi distrettuali (Makeni per il distretto di Bombali, Kabala per Koinadugu, Magburaka per Tonkolili, Kambia per Kambia e Port Loko per il Distretto omonimo) attraverso sessioni di formazioni per le autorità sul terreno e incontri con la popolazione anche nei villaggi -sia direttamente sia indirettamente- attraverso la collaborazione con Radio Maria Sierra Leone. Proprio la sempre maggiore necessità di raggiungere anche le popolazioni più lontane e di avere un’organizzazione permanentemente presente su tutto il territorio regionale e non solo nel capoluogo Makeni, quindi l’importanza di formare leader e operatori di giustizia e pace anche a livello locale, ha portato negli ultimi anni la Commissione a voler aumentare la propria incidenza sul territorio e quindi a voler rendere la propria azione più capillare. Attraverso la creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei Giustizia e Pace e diritti umani a livello locale (organismi distaccati della CGPDU centrale di Makeni), essendo le popolazioni stesse a richiedere un numero maggiore di punti di riferimento per le problematiche sopra esposte. INDIVIDUAZIONE AREA PRIORITARIA DI INTERVENTO L’area prioritaria di intervento è dunque quella dell’educazione e promozione culturale, con particolare attenzione ai temi dell’inclusione e della partecipazione sociale e del monitoraggio dei diritti umani. Una breve spiegazione della struttura politico-amministrativa del paese e del contesto territoriale di intervento aiuta a giungere al cuore del problema, quindi all’identificazione della problematica specifica e degli indicatori quantitativi di bisogno su cui si vuole intervenire per apportare il cambiamento. Struttura politico-amministrativa Nonostante un processo di decentralizzazione in corso dal 2004, le comunità locali, soprattutto nei villaggi delle zone rurali della regione, non sentono come proprie le decisioni prese in ambito governativo anche locale e non partecipano alla vita sociale, avendo una scarsa consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo all’interno della comunità. Tale dato si accentua poi con riferimento ad alcuni gruppi in particolare, quali giovani e soprattutto donne. Le stesse autorità, sia elette che tradizionali, spesso non hanno una formazione specifica sui temi delle politiche governative, buona gestione delle risorse, leadership, trasparenza, quindi non riescono a gestire una suddivisione di poteri che spesso diventa sovrapposizione e quindi radice di problemi. Una breve digressione storica consente di capire meglio il sistema e comprendere come mai in una regione in cui il sistema tradizionale risulta molto radicato risulti peculiare un’azione di chiarimento e razionalizzazione delle responsabilità ai vari livelli. 38 In Sierra Leone persiste infatti a livello locale (Chiefdom) un parallelismo amministrativo, rappresentato da una parte dall’autorità statale (o della legalità), ossia i funzionari dell’amministrazione pubblica e i rappresentanti eletti, e dall’altra dalle autorità tradizionali (o della legittimità), ossia anziani, nobiltà locale e capi villaggio. Questi due livelli si sovrappongono costantemente a seconda delle materie di giurisdizione, ma sovente si confondono creando vuoti di potere, di gestione o addirittura forti conflitti locali. L’aspetto della competenza sull’amministrazione del territorio nelle sue diverse forme è un fattore che influenza largamente il progetto di sostegno alla decentralizzazione appoggiato da Caritas Italiana. I District Council (Consigli distrettuali) erano stati sciolti nel 1972 dall’allora presidente Siaka Stevens. Da allora tutti i poteri di amministrazione dei 12 distretti del paese sono stati accentrati nella capitale Freetown. Con la fine della guerra civile e l’inizio della fase di ricostruzione, le autorità sierraleonesi, spinte anche da alcune organizzazioni internazionali (es. Banca Mondiale, Fondo Mondiale Internazionale, UNDP) hanno iniziato un processo di decentralizzazione dell’amministrazione come passo fondamentale per la riduzione della povertà. Il legame tra decentralizzazione e riduzione della povertà -che tra l’altro Caritas Italiana e Commissione giustizia, pace e diritti umani hanno ritenuto di valorizzare-, è contenuto in due importanti documenti: il “PRSP Document 2004” (Poverty Reduction Strategy Paper) e il “Vision 2025”. Entrambi i documenti sono stati elaborati dal governo sierraleonese come piano strategico e d’azione per ridurre la povertà nel paese attraverso riforme settoriali, con un forte coinvolgimento della società civile. Il “Local Government Act” del gennaio 2004 ha rappresentato il punto iniziale della decentralizzazione; attraverso le prime elezioni distrettuali dopo il 1972 sono stai eletti i Consigli Distrettuali e sono state stabilite le attribuzioni e competenze nella gestione dei distretti. Questo ha rappresentato una opportunità che Caritas Italiana e la Commissione giustizia, pace e diritti umani hanno deciso di cogliere, ritenendo importante far rientrare le loro azioni di sviluppo in un quadro articolato e coordinato di strategie di riduzione della povertà a partire dal livello locale (villaggi) per giungere fino al regionale e nazionale. GOVERNO NAZIONALEPARLAMENTO CONSIGLI DISTRETTUALI RAPPRESENTANTI CHIEFDOM IN PARLAMENTO CONSIGLI MUNICIPALI (SOLO PER I CAPOLUOGHI DISTRETTUALI) CHIEFDOMAMMINISTRAZIONE TRADIZIONALE CONSIGLI LOCALI CAPI-VILLAGGIO Fig.: Organizzazione politico-amministrativa E’ lo stesso governo sierraleonese che nell’Agenda for Change, Second Poverty Reduction Strategy 2008-2012 sottolinea il bisogno a livello nazionale -ma principalmente a livello locale- di un supporto al governo nell’impegno per il consolidamento della pace, condizione per uno sviluppo sostenibile e 39 per la stabilità del paese, in particolare nelle seguenti aree prioritarie: democrazia e buon governo, giustizia e sicurezza, capacity building per la pubblica amministrazione. E nello stesso documento si sottolinea in particolare come sia importante educare le autorità e accrescerne competenze e capacità in governance, management, leadership e pianificazione degli interventi; ancor più in dettaglio nel documento si precisa come sia necessario un capacity building sia a livello individuale che istituzionale, a livello centrale, così come a livello distrettuale e locale, in modo tale che i fondi e le politiche possano essere effettivamente implementate, monitorate e valutate. Ma il documento non si ferma ad un’analisi a livello delle autorità; si sottolinea infatti come sia necessario, per una strategia di riduzione della povertà, focalizzare l’attenzione sui gruppi più vulnerabili all’interno delle comunità, in particolare sulle donne, spesso emarginate nella società, con un basso livello di alfabetizzazione e di accesso all’impiego soprattutto nelle aree rurali, vittime di violazioni dei diritti sia a livello domestico che pubblico, e di abusi, che ancora oggi pagano le conseguenze di cultura e pratiche tradizionali che non danno loro pari dignità rispetto agli uomini. Di conseguenza, la Second Poverty Reduction Strategy sottolinea come uno degli obiettivi prioritari sia eliminare le disparità di genere ad ogni livello con un’attenzione specifica sui seguenti temi: promozione dell’educazione secondaria per le ragazze, diritto alla salute e protezione dei diritti fondamentali, lotta agli abusi e alle violenze, promozione della partecipazione e della rappresentanza delle donne in politica e nella pubblica amministrazione. PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE In un’ottica più specificamente regionale, un’analisi condotta congiuntamente dalla CGPDU e da Caritas Italiana nel 2007 nei cinque distretti della regione nord del paese dal titolo “Civil society involvement in decentralization and Poverty Reduction process in post-conlict Sierra Leone Northern Region” ha confermato dalla voce della popolazione stessa (la ricerca è stata condotta nelle comunità intervistando autorità, persone di riferimento all’interno dei villaggi -insegnanti, saggi, capi-villaggio, operatori sanitari e della giustizia, polizia-, ma soprattutto gente comune) l’assenza di partecipazione alla vita sociale e civile delle comunità, la mancanza di massa critica nell’esercizio dei diritti di cittadinanza, la lontananza dalle decisioni politiche, anche concernenti le comunità locali, prese a livello distrettuale. Nella tabella che segue sono riportati alcuni dati sul numero degli individui coinvolti nella diagnostica. Distretto Bombali Koinadugu Port Loko Tonkolili Kambia TOTAL Uomini 447 293 520 585 408 3.513 Donne Giovani 427 248 579 570 536 2.360 422 207 336 300 437 1.702 Bambini 15 120 120 140 415 Totale intervistati 1.843 748 1.620 1.620 1.528 5.739 In un’ulteriore ricerca condotta nel 2009 da Access to Justice, ramo legale della CGPDU, sul tema specifico del women empowerment nella regione nord della Sierra Leone, prendendo in considerazione sia casi giuridici, sia le testimonianze di donne che hanno subito abusi o violazioni di diritti, sia impegnate nelle attività commerciali dei mercati di Makeni, si rileva come il problema generale della mancanza di massa critica e conoscenza dei propri diritti si acuisce quando il target di ricerca sono le donne, soprattutto quelle che vivono nelle aree rurali. Nella ricerca sopra menzionata ai fini dell’elaborazione del piano strategico 2010-2014, la CGPDU dall’analisi dei dati ha rilevato come la popolazione stessa consideri come problemi prioritari nell’area dei diritti umani - la violazione dei diritti dell’infanzia e delle donne, - le dispute territoriali; in quella della governance e della giustizia sociale - l’esclusione o la marginalizzazione delle donne, - i conflitti tra i diversi gruppi politici e tribali che coinvolgono anche le popolazioni locali ad essi legate (tribalismo) a sfavore di decisioni per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, - la scarsa consapevolezza dei propri ruoli da parte delle autorità politiche e amministrative - la corruzione 40 In conseguenza di ciò gli intervistati hanno raccomandato alla CGPDU come priorità d’intervento nella regione: nella’area dei diritti umani monitoraggio delle violazioni a livello capillare e formazione delle comunità di base per una maggiore consapevolezza dei propri diritti e della possibilità di denuncia; realizzazione di piccole progettualità nelle comunità rurali di formazione e sensibilizzazione; nell’area della governance e giustizia sociale formazione e coinvolgimento delle donne alla partecipazione sociale e politica formazione delle autorità locali al buon governo e alla trasparenza e onestà sensibilizzazione per elezioni libere e pacifiche per le autorità e la gente comune (diritto al voto e partecipazione). SONO DUNQUE QUATTRO LE CRITICITÀ FONDAMENTALI ALL’INTERNO DELLE QUALI POSSONO ESSERE RAGGRUPPATI GLI INDICATORI DI BISOGNO SU CUI IL PROGETTO INTENDE INTERVENIRE. RISPETTO AD OGNI INDICATORE SI EVIDENZIA LA SITUAZIONE DI PARTENZA. 1) LIMITATA CONSAPEVOLEZZA DEI DIRITTI UMANI E DELLA LORO DIFFUSIONE NELLE ZONE RURALI DELLA REGIONE E DELLE MISURE DA ADOTTARE IN CASO DI ABUSI; Indicatori e situazione di partenza relativa: 1.1 Mancanza di leader/attori chiave/animatori formati su tematiche di giustizia e pace nelle aree periferiche e rurali: solo il 10% dei leader o stakeholders (attori chiave di riferimento della comunità) nelle aree rurali possiede nozioni di tutela giuridica e monitoraggio dei diritti umani; 1.2 Scarsa consapevolezza dell’importanza di una cultura dei diritti e della giustizia nelle aree rurali: solo il 30% dei cittadini delle aree rurali è consapevole dei propri diritti e doveri (denuncia abusi, lotta all’impunità); 2) LIMITATA FORMAZIONE DELLE AUTORITÀ POLITICHE LOCALI: SCARSA COMPETENZA TECNICA, MANCANZA DI OCCASIONI DI DIALOGO E SCAMBIO CON LA POPOLAZIONE E LE COMUNITÀ DI BASE; RISCHIO DI CONFLITTI E DISPUTE (PARTITICHE E TRIBALI) IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI, PARLAMENTARI, AMMINISTRATIVE DEL 2012 Nota: Per autorità politiche si intendono tutti quei soggetti che a diverso livello esercitano un controllo politico sulle popolazioni: - Soggetti della legalità: Consiglieri distrettuali Consiglieri locali dei 52 Chiefdoms - Soggetti della legittimità: Capi tradizionali Paramount Chief (capo tradizionale del Chiefdom) Capi-villaggio Indicatori e situazione di partenza relativa N. SOGGETTI DELLA LEGALITA’ SOGGETTI DELLA LEGITTIMITA’ 2.1 Scarsa conoscenza dei doveri amministrativi, delle responsabilità, dei limiti di potere e delle aree di possibile intervento nel processo di decentralizzazione: almeno il 30% delle autorità locali elette non conosce le aree operative, i margini di autonomia locale Scarsa conoscenza del sistema amministrativo nazionale e del sistema di decentralizzazione e delega delle competenze dallo statale al locale; si procede sulla base della tradizione e dei legami familiari senza considerare principi di legge e di amministrazione: 50% delle autorità tradizionali 41 previsti dalla legge sulla decentralizzazione e i limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali non conosce i principi della decentralizzazione e non è a conoscenza dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale(es. Local Government Act 2004); 2.2 Limitato numero di occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: l’organizzazione di incontri tra cittadini e rappresentanti delle istituzioni avviene solo in occasioni straordinarie, a livello ordinario si rilevano due incontri formali all’anno (semestrali) a livello distrettuale e locale 2.3 Assenza di competenze di base su progettazione a livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni, gestione delle risorse, amministrazione finanziaria): solo il 50% delle autorità dimostra di conoscere i principi base della progettazione sociale e di avere competenze di base in analisi e gestione amministrativo-finanziaria per ottenere finanziamenti internazionali ai fini dello sviluppo locale; finanziamenti internazionali diretti ai consigli distrettuali e locali per lo sviluppo locale decentrato non superano il 5% dei budget disponibili; 2.4 Scarsa collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: assenza di incontri formali tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali. 2.5 Potenziale tensione tra i candidati alle elezioni politiche e amministrative dei diversi partiti, rischio di dispute e accesi confronti con ripercussioni (scontri ulteriori) sulla popolazione, in particolare sulle fasce giovanili. Nelle ultime elezioni presidenziali si sono verificati più di 100 feriti, almeno 30 arresti in scontri durante manifestazioni in campagna elettorale nella regione nord (più di 1000 i feriti e più di 200 gli arrestati in tutto il paese); almeno il 10% delle autorità tradizionali - che dovrebbero restare super partes secondo la legge- hanno sostenuto deliberatamente un candidato in campagna elettorale. Assenza di competenze di base su progettazione a livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni, gestione delle risorse, amministrazione finanziaria): solo il 30% dei soggetti della legittimità conoscere i principi base della progettazione sociale e ha competenze di base in analisi e gestione amministrativo-finanziaria per ottenere finanziamenti internazionali ai fini dello sviluppo locale; finanziamenti internazionali diretti ai chiefdom per lo sviluppo locale decentrato non superano il 5% dei budget disponibili. 3) MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITÀ DI BASE NELL’ESERCIZIO DEI DIRITTI DI CITTADINANZA E SCARSA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI DIRITTI E DOVERI NEI CONFRONTI DELLE AUTORITÀ PUBBLICHE Indicatori e situazione di partenza relativa: Nota: Per Comunità di base si intendono sia i comuni cittadini che le associazioni organizzate di settore, laiche o religiose, associazioni di studenti, associazioni professionali, individui di riferimento nella comunità (stakeholders) quali insegnanti, operatori sanitari. 3.1 Scarsa conoscenza dei diritti e doveri di cittadinanza e incapacità di difendere i propri diritti: soprattutto nelle aree rurali, secondo le ricerche sopra menzionate, più del 50% della popolazione non conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; solo il 20% dei cittadini ricorre alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia; 3.2 Scarsa conoscenza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della 42 decentralizzazione: solo il 50% dei cittadini è a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità, solo il 30% è consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004); 3.3 Limitata consapevolezza dei propri diritti alla partecipazione politica e al voto e delle procedure per goderne: solo il 50% della popolazione in aree rurali conosce regole e procedure per esercitare il diritto di voto 4) SCARSA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA DELLA COMUNITÀ E MANCANZA DI CONOSCENZE DI BASE PER UNA DIFESA DEI PROPRI DIRITTI Indicatori e situazione di partenza relativa 4.1 Limitata partecipazione delle donne a gruppi per la difesa e promozione dei diritti: presenza delle donne inferiore a 1/3 nei Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace attive nella regione nord della Sierra Leone; 4.2 Limitata capacità associativa delle donne: solo il 5% delle donne nelle aree rurali fa parte di gruppi organizzati per la protezione e promozione di diritti; nell’area territoriale regionale 120 gruppi rurali promossi dalle strutture diocesane, 2400 donne beneficiarie dirette; 4.3 Alto livello di analfabetismo: 80% delle donne nelle aree rurali della regione sono analfabete (non hanno frequentato la scuola primaria) , il 70% non possiede competenze alfabetiche basiche(firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto); 4.4 Le donne restano relegate al focolare domestico e non hanno la forza né la consapevolezza di poter agire per far rispettare i propri diritti e denunciare eventuali abusi o violazioni solo il 20% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge individualmente alle istituzioni preposte in assenza di un’organizzazione che faccia da garante e tutela; 4.5 Scarsa consapevolezza dei diritti sanciti nella legislazione nazionale: solo il 30% della popolazione femminile delle aree rurali è a conoscenza dei principi della legislazione nazionale (3 Gender Acts) di tutela dei diritti delle donne; 4.6 Scarsa presenza delle donne tra le autorità elette: la percentuale è al 13,2 % nel parlamento nazionale, non supera il 10% nei consigli distrettuali e locali, mentre nella regione nord non ci sono donne tra le autorità tradizionali. DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO Quadro generale dei beneficiari Chiari sono a questo punto i destinatari e beneficiari del progetto, sintetizzabili in uno schema grafico: 43 GOV ERN LIV SUPERIORE AUTORITA’ LOCALI ELETTE E TRADIZ. e CANDIDATI LIVELLO INTERMEDIO SUPERIORE AUTORITA’ RELIGIOSE LOCALI LIVELLO INTERMEDIO INDIVIDUI DI RIFERIMENTO NELLE COMUNITA’(STAKEHOLDERS): INSEGNANTI, OPERATORI SANITARI E GIURIDICI, POLIZIA LIVELLO BASSO POPOLAZIONI LOCALI – COMUNITA’ DI BASE SOPRATTUTTO NELLE AREE RURALI LIVELLO PIU’ BASSO GRUPPI MAGGIORMENTE VULNERABILI, IN PARTICOLARE DONNE Fig.: piramide dei beneficiari del progetto, dal livello più basso a quello più elevato Il progetto si rivolge dunque direttamente alle comunità di base fino a giungere nelle aree rurali della regione: la CGPDU, infatti, attraverso un’azione capillare sul territorio dei cinque distretti della regione (grazie al progetto di creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani nei 5 distretti), organizza incontri e attività di sensibilizzazione sui diritti dei cittadini, sulla trasparenza nell’amministrazione e quindi sul buon governo e le opportunità per la popolazione di dialogare con le istituzioni e accedere ai loro atti pubblici. Non essendo sempre possibile raggiungere anche i villaggi più lontani, la Commissione, coordinandosi con Radio Maria Sierra Leone , organizza anche programmi di educazione alla pace, educazione civica, promozione della giustizia sociale per raggiungere le diverse comunità, Alternativamente, attraverso workshop e sessioni di formazione su documenti legislativi recenti, sui metodi di monitoraggio del rispetto dei diritti umani, sulle attività di sensibilizzazione verso le comunità, vengono formati su tali temi individui di riferimento per le comunità (stakeholders) che a loro volta potranno formare la popolazione locale. Da non sottovalutare in questo ambito il dialogo costante che la Commissione porta avanti con le autorità religiose, che hanno grande influenza e grande impatto sulle comunità locali, soprattutto nelle aree più remote e che spesso partecipano in prima persona alle sessioni di formazione e ai seminari organizzati, assumendone a volte anche la leadership. Ad un livello superiore, il progetto si rivolge direttamente alle autorità locali, sia tradizionali che elette, organizzando seminari di formazione su temi specifici quali gestione delle risorse nell’amministrazione, l’analisi di atti legislativi particolarmente importanti quali il Local Government Act 2004, il Child rights, i Gender Acts, documenti internazionali di protezione dei diritti umani fondamentali. Nella specificità di questo anno in preparazione alle elezioni politiche e amministrative, il progetto si rivolge anche specificamente ai candidati elettorali, nell’organizzazione di incontri per garantire un clima pacifico e elezioni libere e trasparenti. 44 Particolarmente importanti a beneficio delle autorità locali, ma anche, a livello ancor più elevato, nei confronti delle autorità governative a livello nazionale, le ricerche condotte dalla Commissione in collaborazione con l’Università di Makeni, su tematiche specifiche quali, ad esempio, la partecipazione delle donne alla vita politica e nella società civile, le violazioni e gli abusi subiti dalle donne, la soddisfazione nei confronti delle autorità e dei servizi ricevuti, i bisogni sul territorio: sono ricerche che partono da un’analisi sul terreno per giungere a raccomandazioni generali indirizzate alle autorità locali e nazionali. Come sottolineato anche in precedenza, particolare attenzione viene dedicata dal progetto in modo trasversale ai gruppi più vulnerabili, in particolare dal 2010, secondo le indicazioni della Second Poverty Reduction Strategy e anche le raccomandazioni del Sinodo dei Vescovi africani, alle donne: a tal proposito, la CGPDU, avvalendosi della collaborazione delle Suore di Maria Immacolata, Congregazione indiana dal 2009 nella Diocesi di Makeni con una grande esperienza nella realizzazione di progetti a favore delle donne, cerca di raggiungere anche le donne che vivono nei villaggi più lontani dalla città capoluogo per accrescere le loro capacità e competenze anche nell’utilizzo delle limitate risorse economiche quotidiane e creare quindi gruppi in grado di avere una voce più forte e più coraggiosa per la difesa dei diritti della donna e per la denuncia di eventuali violazioni e abusi. DATI QUANTITATIVI SUI DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO . DESTINATARI DIRETTI PROBLEMATICA N. 1 LIMITATA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI DIRITTI UMANI E DELLA LORO DIFFUSIONE NELLE ZONE RURALI DELLA REGIONE E DELLE MISURE DA ADOTTARE IN CASO DI ABUSI; - I componenti permanenti dei Comitati territoriali di monitoraggio giustizia, pace e diritti umani (stakeholders delle diverse comunità), beneficiari dei training e dei seminari di formazione a Makeni e sul terreno: 20 componenti X 21 Comitati = 420 beneficiari Attori-chiave all’interno delle comunità di base: animatori, insegnanti, leader religiosi, rappresentanti delle comunità femminili e dei giovani cattolici e musulmani, esponenti del sistema giudiziario (polizia, corti) - Esponenti delle comunità di base (cittadini comuni) partecipanti alle sessioni formative aperte sui organizzate sul terreno (nelle aree dei Comitati) Almeno 50 esponenti x 21 Comitati = 1050 beneficiari - Le autorità religiose: sono presenti all’interno di ogni Comitato almeno un imam e un sacerdote cattolico (o loro rappresentanti) e in alcuni casi anche rappresentanti di altre religioni, i quali partecipano ai training e alle formazioni e risultano individui fondamentali in caso di risoluzione di conflitti o di creazione di nuovi gruppi: 2 autorità religiose X 21 Comitati = 42 beneficiari PROBLEMATICA N. 2 LIMITATA FORMAZIONE DELLE AUTORITÀ POLITICHE LOCALI: SCARSA COMPETENZA TECNICA, MANCANZA DI OCCASIONI DI DIALOGO E SCAMBIO CON LA POPOLAZIONE E LE COMUNITÀ DI BASE; RISCHIO DI CONFLITTI E DISPUTE (PARTITICHE E TRIBALI) IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI, PARLAMENTARI, AMMINISTRATIVE DEL 2012 - Autorità distrettuali e locali elette e non, beneficiari dei training e dei seminari di formazione organizzati a Makeni e nei 5 distretti amministrativi: 50 partecipanti per training X 5 distretti = 250 beneficiari; in particolare per ogni distretto: 5-10 Paramount Chief; 5 rappresentanti del Consiglio distrettuale 20 rappresentanti dei Consigli locali 20 rappresentanti dei Ward Committees (comitati territoriali di sviluppo) - Candidati elettorali e autorità partitiche e tradizionali coinvolte: Beneficiari: ca. 5 candidati per le presidenziali 45 ca. 100 candidati regione nord per le elezioni parlamentari ca. 400 candidati per i consigli distrettuali ca. 200 candidati per i consigli municipali 52 autorità tradizionali (Paramount Chiefs) Ca. 150 capi-villaggio coinvolti Totale: 950 beneficiari tra candidati e autorità politiche coinvolte PROBLEMATICA N.3 MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITÀ DI BASE NELL’ESERCIZIO DEI DIRITTI DI CITTADINANZA E SCARSA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI DIRITTI E DOVERI NEI CONFRONTI DELLE AUTORITÀ PUBBLICHE - I componenti permanenti dei Comitati territoriali di monitoraggio giustizia, pace e diritti umani (stakeholders delle diverse comunità), beneficiari dei training e dei seminari di formazione a Makeni e sul terreno: 20 componenti X 21 Comitati = 420 beneficiari Attori-chiave all’interno delle comunità di base: animatori, insegnanti, leader religiosi, rappresentanti delle comunità femminili e dei giovani cattolici e musulmani, esponenti del sistema giudiziario (polizia, corti) - Esponenti delle comunità di base (cittadini comuni) partecipanti alle sessioni formative aperte sui organizzate sul terreno (nelle aree dei Comitati) Almeno 50 esponenti x 21 Comitati = almeno 1050 beneficiari PROBLEMATICA N.4 SCARSA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA DELLA COMUNITÀ E MANCANZA DI CONOSCENZE DI BASE PER UNA DIFESA DEI PROPRI DIRITTI - Donne, membri dei comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani, beneficiarie dei training nei Comitati territoriali 3 membri donne in media per ogni Comitato X 21 = 63 beneficiarie - Donne delle aree rurali del paese beneficiarie delle sessioni di formazione specifiche sui diritti femminili e del lavoro specifico sulla formazione dei gruppi di auto-mutuo aiuto per la promozione delle donne nelle aree rurali: 20 componenti per ciascun gruppo di auto-mutuo aiuto X 120 gruppi già formati (70 nel distretto di Bombali, 20 nel distretto di Koinadougu, 10 nel distretto di Port Loko, 10 in Kambia, 10 in Tonkolili) = 2400 beneficiarie 20 componenti per ciascuno dei nuovi gruppi da formare x 80 nuovi gruppi = 1600 beneficiarie Totale donne beneficiarie = 4000 BENEFICIARI INDIRETTI Per un effetto “a cascata” delle formazioni a rappresentanti delle autorità locali: Tutti i componenti dei 5 Consigli distrettuali della regione: 25 membri per Consiglio = 125 consiglieri Tutti i componenti dei Consigli municipali (nelle 5 città capoluogo dei distretti) – 20 membri per Consiglio = 100 consiglieri I membri dei Ward Committees: 10 membri per ogni Comitato x 50 = 500 membri 1.818.240 abitanti: la popolazione della regione nord della Sierra Leone, zona d’intervento della CGPDU della Diocesi di Makeni. Possono essere considerati beneficiari del progetto in virtù del lavoro svolto dalla Commissione attraverso la ricerca sociale, la diffusione delle attività attraverso Radio Maria, i training portati avanti da operatori di giustizia e pace e animatori di comunità nei villaggi e nelle aree più rurali della regione CONCLUSIONI Dall’analisi svolta risultano quindi evidenziate le seguenti 4 principali criticità che attendono una risposta di tipo progettuale: 1. Limitata consapevolezza dei diritti umani e della loro diffusione nelle zone rurali della regione e delle misure da adottare in caso di abusi; 46 2. Limitata formazione delle autorità politiche locali: scarsa competenza tecnica, mancanza di occasioni di dialogo e scambio con la popolazione e le comunità di base; rischio di conflitti e dispute (partitiche e tribali) in vista delle elezioni presidenziali, parlamentari, amministrative del 2012; 3. Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di Base nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e scarsa consapevolezza dei propri diritti e doveri nei confronti delle autorità pubbliche; 4. Scarsa partecipazione delle donne alla vita sociale e politica della comunità e mancanza di conoscenze di base per una difesa dei propri diritti. Gruppi vulnerabili: donne Congregazione Sorelle di Maria Immacolata Radio Maria Sierra Leone COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE DIOCESI DI MAKENI Comunità di base Comitati territoriali monitoraggio diritti umani Caritas Makeni Stakeholders locali e leader relig. Autorità elette e tradizionali Università di Makeni Fig.: Attori coinvolti a diverso titolo nel progetto GUINEA ANALISI DI CONTESTO – DATI GENERALI - LE FONTI Prima di passare ad un’analisi specifica del contesto in cui si svolge l’azione di Caritas Italiana e dei suoi partner sul terreno, occorre specificare come i dati raccolti e gli indicatori di disagio che verranno presentati risultano da due fonti diverse: esterne ed interne. FONTI ESTERNE I dati a livello nazionale, -geografici, demografici, socio-economici e politici- come ampiamente documentato nel paragrafo precedente, rilevano dalle ricerche e indagini statistiche annuali delle organizzazioni internazionali impegnate nel campo dello sviluppo, quali la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario Internazionale, le Nazioni Unite, in particolare il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) e se ne è usufruito a partire da pubblicazioni o da testi ufficiali raccolti su internet nei siti ufficiali delle organizzazioni. FONTI INTERNE I dati riferiti al contesto territoriale specifico di attuazione del progetto, sono stati raccolti da fonti regionali o prefettorali (es. quelli sanitari dalla Direzione prefettorale e regionale della sanità o dalle rilevazioni statistiche interne del CMC di Gouécké), ma soprattutto tramite raccolte dati diocesane o tramite testimonianze dirette di chi lavora ogni giorno a fianco della popolazione: sacerdoti, religiose, insegnanti, educatori. 47 Beyla Gueckedou Sierra Leone Macenta Lola Zone du Projet ADEN Yomou Côte N'Zérékoré D'Ivo ire Liberia Préfectures de la Région Administrative de N'Zérékoré avec les Pays limitrophes Fig.4: Distretti amministrativi regione forestale Il progetto si realizza nella Regione Forestale del Paese che conta circa 2.500.000 abitanti, -precisamente nella Diocesi di N’Zérékoré che comprende 6 prefetture (N’Zérékoré, Beyla, Lola, Yomou, Macenta, Gouéckedou)-, coinvolge 50 comunità e mira a: - promuovere e sensibilizzare le comunità di base ad essere prime protagoniste dello sviluppo sociale dei propri quartieri e villaggi; - sensibilizzare le comunità alla cittadinanza attiva e alla risoluzione della conflittualità sociale, per incrementare i livelli di partecipazione e promuovere il dialogo e la riconciliazione e il rispetto dei diritti; - aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’igiene e della cura personale per migliorare le condizioni sanitarie dell’area, in particolare delle aree più rurali. Come sopra spiegato, infatti, i problemi sanitari e l’instabilità politica e sociale sono due delle priorità a livello nazionale, così come a livello del territorio di N’Zérékoré. Tali problemi frenano lo sviluppo e le tensioni politiche e sociali che hanno compromesso anche la stabilità interna alle singole comunità, innalzato i divari interreligiosi e compromesso qualsiasi dinamica democratica. Nell’area dell’educazione e della promozione culturale, dunque i settori prioritari d’intervento saranno la sanità e dello sviluppo sociale e animazione comunitaria, attraverso raccolte dati e il consolidamento del processo di ripresa sociale attraverso un lavoro con le Comunità di Base di animazione e formazione. ANALISI DEL TERRITORIO Morfologia La Regione Forestale copre il 20% del territorio nazionale; confina con la Sierra Leone nell’area della Prefettura di Goueckedou, con la Liberia nella zona ovest (Prefetture di Goueckedou, Macenta e Yomou) e con la Costa d’Avorio a sud e a est (Prefetture di Yomou, N’Zérékoré. Lola e Beyla). I sei distretti che compongono la regione presentano una certa uniformità morfologica e climatica. Il territorio, infatti, consiste in un insieme di massicci montagnosi, con una pluviometria che varia tra i 2000 e i 3000 mm annui. Un sistema fluviale abbastanza ricco consente agli agricoltori di avere una discreta irrigazione dei campi, tuttavia l’accesso all’acqua potabile rimane ancora difficoltoso; più del 50% della popolazione che vive in aree rurali, infatti, non ha accesso all’acqua potabile se considerato un raggio di 2 km di distanza dall’abitazione. Clima La Regione Forestale gode di un clima caldo umido nella maggior parte dell’anno, seppur temperato dalla presenza delle catene montuose, che consentono di avere temperature più miti e quindi più favorevoli ad uno sviluppo di produzioni agricole (riso, cereali, mais, ortaggi) e allevamento. Il clima è dunque essenzialmente continentale; l’anno è composto di due stagioni, quella secca (generalmente ottobremaggio) con temperature intorno ai 30-36 gradi centigradi, e quella delle piogge (giugno-settembre) caldaumida con una pluviometria che supera i 2000 mm. 48 Economia e infrastrutture Dalla metà degli anni Ottanta, la Guinea ha progressivamente aperto la sua economia al mercato dopo che, a partire dal 1958 (anno dell’indipendenza) venne introdotta un’economia fortemente controllata dallo Stato; gli ultimi anni, però, si sono caratterizzati per una fase di accentuata instabilità politica ed economica che ha colpito tutte le regioni del paese. In particolare gli anni 2006-2007 sembrano essere stati gli inizi di un periodo di passaggio che si è caratterizzato per un inasprimento del conflitto sociale tra la popolazione, la quale rivendicava un cambiamento radicale delle regole, trasparenza, controllo dei prezzi e garanzia dei servizi di base, e i centri di potere legati alle istituzioni politiche e all’esercito, che miravano invece a mantenere lo status quo. Gli scioperi e le rivolte popolari del 2006 e 2007 hanno determinato l’emersione del malcontento e della critica aperta verso le istituzioni, fattori che hanno provocato conseguenze anche sui dati macroeconomici, i quali confermano l’estrema precarietà del sistema produttivo - economico del paese, in particolare nelle regioni rurali. L’instabilità politica che ha caratterizzato il biennio 2008-2010 ha ancor più aggravato la situazione del paese e in particolare della regione forestale, dove già sussisteva un livello più grave di povertà: l’aumento dei prezzi, la diminuzione dell’offerta lavorativa, la disoccupazione e il disagio giovanile, le difficoltà di un sempre maggior numero di famiglie al sostentamento quotidiano sono dati oggettivi che hanno portato in questi anni la regione sull’orlo del collasso sociale. La stessa attività estrattiva, piuttosto sviluppata nella regione, così come lo sfruttamento del legname, ha subito una grave frenata, così come la fuga di molti investitori stranieri ha avuto ripercussioni negative sull’occupazione della popolazione. Secondo i risultati di indagini a livello nazionale fatte negli anni novanta ma che ancora oggi risultano valide e, semmai, aggravate, infatti, il 40% della popolazione guineana vive al di sotto della soglia di povertà (più del 50% nella regione forestale), con conseguenti difficoltà di accesso ai servizi essenziali; il fenomeno è tuttavia più rilevante nelle zone rurali; ad esempio, infatti, il tasso di povertà (indigenti e poveri non indigenti) raggiunge il 25% della popolazione nella Guinea forestale, mentre si attesta all’11% nella capitale Conakry (fonte: Enquete intégrale sur le budget de consommation des menage, 1994). Bisogna inoltre prendere in considerazione il fattore migratorio verso i poli urbani che certamente non favorisce uno sviluppo costante e un incremento del processo economico-produttivo delle zone rurali e delle regioni naturali più lontane dalla capitale. L’assenza o l’inadeguatezza di infrastrutture, in particolare di strade facilmente percorribili, che collegano la regione forestale alla capitale e che consentano facili collegamenti tra i differenti centri urbani della regione, non facilitano una crescita economica dell’area ed anche il sistema di piste difficilmente percorribile soprattutto durante la stagione delle piogge- non facilita il movimento delle persone e delle merci, in particolare nelle zone più periferiche della regione. I lavori ancora in corso (seppure più di 200 km di strada siano già stati asfaltati) per il miglioramento ed il rifacimento della strada principale che collega N’Zérékoré alla capitale Conakry (960 km di distanza) potrebbero positivamente influenzare e al contempo determinare un maggiore sviluppo economico dell’area, favorendo sia il commercio interno che con i paesi confinanti. Nella Regione Forestale, tuttavia, il settore agricolo rappresenta il cardine dell’economia; anche l’allevamento può essere considerata un’attività produttiva rilevante per il sostentamento familiare, in particolare nelle zone rurali e più interne della regione. Il sistema produttivo dominante è di tipo tradizionale, basato principalmente su un’agricoltura estensiva (caffè, frutta, cereali, ortaggi), non meccanizzata, che impiega prevalentemente mano d’opera familiare, con una proporzione del numero di donne che lavorano in tale settore superiore a quella degli uomini. Il processo principalmente endogeno -dinamico e di estrema importanza- della progressiva creazione di movimenti contadini e di una rete nazionale dei produttori sembra risultare funzionale dal punto di vista economico-produttivo e di difesa degli interessi degli agricoltori, sia dal punto di vista generale di apporto concreto della società civile guineana al dialogo politico con le istituzioni, sia in termini di produzione, sicurezza alimentare, valorizzazione e conservazione delle risorse naturale e quindi, in generale, in termini di sviluppo rurale. Indicatori generali per la regione ECONOMIA E INFRASTRUTTURE >50% della popolazione della regione forestale vive sotto la soglia di povertà (2$/giorno) 25% tasso di povertà nella regione forestale (11% nella capitale Conakry) >30% disoccupazione giovanile nelle aree rurali Contesto sociale e organizzazione amministrativa 49 In Guinea come in molti altri paesi africani persiste a livello locale (Village) un parallelismo amministrativo, che si concretizza nella presenza da una parte dell’autorità statale, ossia i funzionari dell’amministrazione pubblica e i rappresentanti eletti, e dall’altra delle autorità tradizionali, rappresentati dagli anziani, dalla nobiltà locale e dai capi villaggio. Tale strutturazione è ancor più accentuata nelle aree rurali, dove l’autorità tradizionale è particolarmente rispettata e alla quale si fa riferimento prima ancora di rivolgersi alle autorità elette per qualsiasi tipo di problema o conflitto Questi due livelli si sovrappongono costantemente a seconda delle materie di giurisdizione ma sovente si confondono creando vuoti di potere, di gestione o addirittura forti conflitti locali. L’aspetto della competenza amministrativa sul territorio nelle sue diverse forme è un fattore che influenza largamente il tasso di conflittualità della regione, creando un’instabilità costante nelle strutture amministrative e governative locali. Una maggiore consapevolezza dei diritti e doveri delle autorità da parte dei cittadini, nonché un monitoraggio delle risposte che quest’ultime riescono a dare ai bisogni della popolazione, porterebbe sicuramente a una maggiore responsabilizzazione dei leader. Un altro elemento rilevante riguarda la partecipazione della popolazione alla vita pubblica del paese (società civile, partecipazione politica e coinvolgimento sociale): nelle aree rurali più povere, mentre forti sono i legami tribali e di solidarietà tra le famiglie, la partecipazione alla vita sociale è molto più trascurata e i problemi della comunità sentiti come lontani. Proprio questo attaccamento al bene tribale più che al bene comune è stato spesso causa di focolai di tensione nel territorio preso in considerazione. Una sensibilizzazione al dialogo e al confronto porterebbe sicuramente a poter dare risposte più adeguate ai bisogni della popolazione; con l’inizio della fase di apertura e liberalizzazione economica le autorità guineane, infatti, spinte anche da alcune organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, Fondo Mondiale Internazionale, UNDP) hanno ripreso le attività per interventi per la riduzione della povertà, strategia contenuta nel “PRSP Document 2004” (Poverty Reduction Strategy Paper), che ad oggi tuttavia non trova valida attuazione. Giovani e donne, inoltre, gruppi più vulnerabili ma anche attori fondamentali all’interno delle dinamiche della società, sono spesso emarginati dalla partecipazione pubblica, fattore che si unisce al disagio provocato dalla scarsità delle opportunità di lavoro per i giovani (elevato tasso di disoccupazione) e dalla frustrazione di non poter provvedere al sostentamento della famiglia a causa delle difficoltà economiche (in particolar modo per le donne). Tali situazione sono all’origine di potenziali conflittualità e possono essere superate solo attraverso un’ampia campagna di sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità alla vita del paese. Da non sottovalutare come le aspre difficoltà economiche abbiano forti ripercussioni anche nelle dinamiche Il legame tra sicurezza economica e stabilità sociale è lapalissiano e proprio per questo Caritas Italiana in collaborazione con l’OCPH ha deciso di cogliere l’opportunità di valorizzare delle risorse umane, come i volontari in servizio civile, per articolare degli interventi miranti a favorire strategie di dialogo e riconciliazione, come base per uno sviluppo integrale che mira a ridurre la povertà della regione. Indicatori generali per la regione CONTESTO SOCIALE E ORGANIZZAZIONE AMMMINISTRATIVA 30% tasso di disoccupazione giovanile nelle aree rurali 25% tasso di alfabetizzazione nelle aree rurali (40% uomini, 10% donne) <10% donne con incarichi pubblici a livello comunitario, prefettorale e regionale Sanità I dati che si rilevano dalle statistiche delle direzioni prefettorali e regionali della salute sono allarmanti: tassi di mortalità materna, infantile e giovanile superiori a quelli nazionali, insufficienza delle strutture ospedaliere, che risultano spesso prive di attrezzature fondamentali e in rottura prolungata di stock di medicinali; assenza di approvvigionamenti idrici adeguati e di gruppi elettrogeni funzionanti nelle strutture sanitarie pubbliche, elevato tasso di corruzione del personale medico, infermieristico e paramedico per garantire servizi migliori e “personalizzati” ai pazienti. La popolazione inoltre, se può facilmente accedere alle consultazioni ambulatoriali, non ha altrettanta facilità ad adempiere alle prescrizioni mediche a causa degli elevati costi dei medicinali che nella maggior parte dei casi non sono reperibili nelle strutture sanitarie pubbliche, ma vanno acquistati nelle farmacie private; difficile anche l’accesso all’ospedalizzazione, in particolare chirurgica, in particolare dopo un aumento della tariffazione di ca. il 50% avvenuto nel primo semestre 2010. Anche per questi motivi la popolazione cerca di evitare d rivolgersi alle strutture ospedaliere, cercando erroneamente cure e rimedi naturali e tradizionali; solo quando il quadro clinico peggiora sensibilmente e diventa ingestibile ci si reca all’ospedale. 50 Scarsa anche la consapevolezza della popolazione relativamente ad alcune regole basilari d’igiene e prevenzione che potrebbero contribuire a diminuire la percentuale di malattie quali infezioni intestinali, febbri tifoidi, parassiti, malaria. A tal proposito, tra le raccomandazioni più frequenti dei monitoraggi semestrali coordinati dalle direzioni regionali e prefettorali della salute (oltre che del Ministero della Sanità) si rileva l’invito alle strutture sanitarie ad attivare campagne di sensibilizzazione sulla salute della madre e del nascituro, le regole d’igiene basiche, i rischi della gravidanza e del parto. Indicatori generali per la regione SANITA’ 4% tasso di mortalità materna registrato negli ospedali della regione (dato 2009) 5,4 tasso di mortalità infantile (<5 anni) registrato negli ospedali della regione (dato 2009) 4,8% tasso di mortalità giovanile (>5 anni – 18 anni) registrato negli ospedali della regione (dato 2009) Principali cause di ospedalizzazione: 31% malaria grave, 22% salmonella/febbri tifoidi, 16% anemie gravi (dati 2009, CMC Gouécké) Problematiche politiche ed etniche Dal punto di vista della situazione politica ed etnica della regione, si può parlare di tensione latente, che diviene esplicita quando anche a livello nazionale si vivono periodi di crisi, o nel caso ai aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità (riso, pane) o della benzina. Nell’ultimo biennio non sono mancati anche episodi di tensioni e intolleranza religiosa, legati però piuttosto a rivalità tribali ed etniche. Le conflittualità più rilevanti si registrano tra la maggioranza guerzé e i malinké (anch’essi numerosi nella regione) e in particolari tra questi due gruppi etnici e i peul (fulani), che sono maggioranza nel paese, ma minoranza nella regione pur detenendo una buona parte del potere economico e commerciale. Nelle tensioni verificatesi nel 2010, in particolare nel mese di marzo, si sono affrontati in alcuni quartieri periferici della città gruppi di giovani malinké contro guerzé, mentre nelle tensioni pre-elettorali nel mese di maggio prima e di ottobre poi, guerzé e malinké si sono coalizzata contro i peuls. Indicatori generali per la regione PROBLEMATICHE POLITICHE ED ETNICHE Composizione etnica regione forestale: Guerzé 55% Malinké 25% Peul (fulani) 10% Altri gruppi 10% ATTORI OPERANTI SUL TERRENO – ANALISI DELL’OFFERTA ANALOGA NEL CONTESTO TERRITORIALE DI INTERVENTO Rispetto a tali indicatori, su cui Caritas Italiana intende agire con il progetto dei volontari, si possono rilevare nel contesto territoriale di riferimento risorse esterne ed interne che cercano di far fronte a tali problematiche allo scopo di migliorare tali situazioni e con cui Caritas Italiana intende interagire per essere complementari nell’operatività sul territorio. Per RISORSE ESTERNE si intendono quelle organizzazioni, congregazioni, associazioni… presenti nel contesto territoriale di riferimento e che cercano di offrire servizi in risposta alla domanda e ai bisogni indicati. Per RISORSE INTERNE si intendono invece i partner di Caritas Italiana e dell’OCPH di N’Zérékoré, impegnati anch’essi nella risposta ai bisogni della popolazione negli ambito sopra esposti. Di seguito si cerca di presentare un quadro generale delle risorse esterne ed interne che agiscono sul territorio suddividendole per macro-aree di intervento. SVILUPPO E TUTELA DIRITTI UMANI UNHCR Si occupa di assistenza umanitaria a profughi, rifugiati, sfollati. 51 Organizzazione particolarmente attiva tra la fine degli anni novanta e gli inizi duemila, quando nella regione sono giunti profughi dalla Liberia, Sierra Leone e soprattutto Costa d’Avorio, ha gestito l’emergenza profughi realizzando un campo in cui venivano garantiti coperte, cibo, acqua, standard basici di igiene e sicurezza. Nel corso degli anni è stata portata avanti una politica di ritorno nei paesi d’origine, che ha portato ad avere ad oggi solo poche decine di famiglie ancora presenti nell’area identificata. L’ufficio regionale di N’Zérékoré, attualmente composto solo da personale locale) assiste tali famiglie e dallo scoppio della crisi ivoriana, monitora attentamente la situazione ai confini, inviando camion., viveri e generi di prima necessità e primo soccorso negli avamposti di frontiera. L’organizzazione ha a N’Zérékoré una base logistica la cui gestione è coordinata dall’OCPH diocesana, partner dell’organizzazione sin dall’emergenza profughi del 2001. UNICEF Interviene, come in tutto il mondo, nella tutela dei diritti dei minori. A N’Zérékoré in particolare si occupa di prevenzione all’emergenza e, collegato al settore sanitario, di sensibilizzazione al parto sicuro, alla cura del bambino e a sistemi di prevenzione per la malaria. Ha portato avanti campagne in tutta la regione per l’istruzione dei minori, in particolare delle bambine. Ha effettuato distribuzioni gratuite di zanzariere a famiglie abitanti in villaggi lontani dal capoluogo regionale N’Zérékoré. UNFPA Interviene –anche in collaborazione con le autorità sanitarie prefettorali e regionali- nel settori della prevenzione dell’AIDS attraverso sensibilizzazioni nelle aree rurali e nei villaggi più lontani dal capoluogo regionale e dalle prefetture. Si occupa anche di programmi di assistenza ai malati di HIV, in particolare giovani orfani e donne, assistendoli non solo attraverso la fornitura di cibo e beni di prima necessità, ma anche creando delle piccole cooperative cui viene dato un finanziamento per l’avviamento di attività artigianali e professionali (tessile, sartoria, fabbricazione del sapone…) Nel 2010 ha lanciato, in particolare nella regione forestale, una campagna di sensibilizzazione contro le mutilazioni genitali femminili e l’OCPH diocesana è suo partner in questo progetto. FAISON ENSEMBLE Programma di USAID, si occupa in particolare di promozione del processo democratico, lotta alla corruzione, promozione dei diritti di cittadinanza in particolare del diritto al voto. Promuove formazioni e attività di sensibilizzazione nelle scuole, così come atelier di formazione per le autorità governative locali. ACORD Organizzazione per la tutela dei diritti umani e la promozione dello sviluppo, l’ufficio regionale di N’Zérékoré supporta progetti di sostegno a cooperative femminili e focalizza l’attenzione in particolare sulla tutela e promozione dei diritti umani, portando avanti attività di sensibilizzazione e educazione alla pace, anche in collaborazione con la Commissione giustizia e pace diocesana. Nel contesto delle elezioni presidenziali del 2010, ha dapprima avviato una campagna di sensibilizzazione per l’iscrizione e l’aggiornamento delle liste elettorali, quindi una campagna di sensibilizzazione contro brogli e corruzione elettorale. RADIO COMUNITARIA – RADIO RURALE DI N’ZEREKORE Punto di riferimento per la comunicazione , in particolare verso le aree rurali raggiunte dal segnale in modo abbastanza capillare, grazie aale trasmissioni in tutte le lingue locali oltre che in francese, è il media più efficace per raggiungere le popolazioni rirali. Per questo motivo è sovente la “voce” dei progetti delle organizzazioni sopra citate per la diffusione di messaggi di sensibilizzazione. SANITA’ Oltre alle strutture sanitarie pubbliche ai diversi livelli dislocate nelle prefetture e sottoprefetture, le seguenti organizzazioni e strutture sanitarie private offrono servizi nell’ambito della sanità: OMS Impegnata in particolare in campagne si sensibilizzazione per la salute materna e in gravidanza e al parto in sicurezza nelle strutture sanitarie, sostiene le strutture sanitarie pubbliche offrendo kit gratuiti per la chirurgia del parto cesareo. Ha portato avanti anche una campagna per l’uso corretto dell’acqua e per la prevenzione e la diagnosi precoce dell’AIDS. 52 UNICEF Più specificamente nel campo della salute, ha un programma di appoggio alle strutture sanitarie pubbliche (su richiesta) e alle famiglie per bambini gravemente malnutriti, fornendo kit alimentari e un monitoraggio dello stato di salute per il miglioramento delle loro condizioni. Porta avanti programmi di sensibilizzazione per le vaccinazioni delle donne incinte, dei neonati e dei minori, attraverso informazioni nei Centri di salute e negli ospedali, ma anche appoggiando le autorità sanitarie delle prefetture e della regione nelle vaccinazioni “porta a porta”. Nel 2009 e 2010 ha portato avanti –a sostegno delle autorità sanitarie locali- campagne di sensibilizzazione e di vaccinazione all’interno dei villaggi contro la febbre gialla. CENTRO MEDICO DI N’ZAO (CHIESA EVANGELICA PROTESTANTE) E’ considerato per attrezzature, organizzazione, competenze mediche, strutture, il miglio centro medico (e dal 2010 anche chirurgico) nell’area di N’Zérékoré. Situato appena pochi chilometri fuori dalla città, è gestito da personale espatriato che coordina e supervisiona le attività del personale locale. Possiede tre ambulatori per le consultazioni giornaliere, un laboratorio di analisi, un servizio ecografia, una farmacia, un servizio dentistico, un servizio maternità. Dai primi mesi del 2010 è attivo anche il servizio chirurgia con sale di sterilizzazione, chirurgiche e per l’anestesia dotate di attrezzature avanzate. Vengono periodicamente svolti anche interventi chirurgici particolari attraverso staff specializzato proveniente generalmente dagli Stati Uniti, che generalmente non sono possibili nel paese (es. chirurgia maxillo-facciale, chirurgia esofagea). Le forniture di materiali vengono prevalentemente dall’estero (Stati Uniti), così come quelle dei medicinali (Europa e Stati Uniti). Vengono svolte quotidianamente sessioni di sensibilizzazione alla corretta alimentazione, nutrizione dei bambini, buone pratiche di igiene e sanità all’interno del Centro, nell’attesa delle consultazioni ambulatoriali. Essendo un Centro privato, la tariffazione degli atti è sensibilmente più elevata rispetto a quella delle strutture pubbliche, quindi non sempre accessibile a tutte le fasce della popolazione. Il personale del CMC in diverse occasioni ha avuto occasione di contattare i responsabili per consulenze su macchinari e medicinali e effettuato visite sul terreno in particolare per l’organizzazione del settore chirurgia e sterilizzazione. ASSOCIAZIONE MUTUELLES DE SANTE’ E’ un’associazione locale, supportata da finanziamenti di organizzazioni europee, che fornisce ai cittadini che intendono associarsi, una sorta di assicurazione che consente loro, una volta pagata la quota partecipativa annuale, di usufruire delle cure mediche nei Centri convenzionati. L’Associazione è presente in quasi tutte le prefetture stipula accordi con le strutture sanitarie pubbliche e private sui servizi che possono essere a carico della mutuelles. Il sistema prevede il rilascio di un tesserino con foto nominativo delle persone iscritte in modo da avere una segnalazione chiara per le strutture sanitarie, e un sistema di rimborso mensile dei pagamenti ai centri partner. Il CMC ha stipulato con l’Associazione una Convenzione che garantisce agli iscritti delle sotto-prefetture dell’area interessata la possibilità di usufruire –dietro pagamento della quota annuale- dei seguenti servizi: maternità, chirurgia, ecografia, urgenze, ospedalizzazione. MISSION PHILOAFRICAINE – CENTRE DE MACENTA Centro sanitario specializzato nella cura della TB, è centro di riferimento per la regione in questo ambito. Dotato di 40 letti per la degenza ospedaliera di medio-lungo periodo, di ambulatori per le visite giornaliere, di un laboratorio di analisi, ha personale specializzato locale ed espatriato nel trattamento delle tubercolosi, offrendo non solo un servizio diagnostico e di trattamento sanitario, ma anche di educazione all’alimentazione, alla prevenzione e alle conseguenza di una malattia come la TB, così come agli accorgimenti da prendere nel caso in cui un membro della famiglia dovesse contrarre la malattia. Per quanto riguarda le RISORSE INTERNE, il Centro Medico Chirurgico di Gouécké, come ampiamente documentato in precedenza, contribuisce all’offerta di servizi sanitari nella regione, in particolare in un’area rurale quale quella di Gouécké in cui in precedenza non si disponeva di centri chirurgici e per le emergenze. Caritas Italiana, coerentemente con la propria mission e la propria prevalente funzione pedagogica, nell’ottica di uno sviluppo integrale dell’uomo e della difesa della dignità umana, ha scelto di affiancare l’OCPH nell’ambito della promozione dello sviluppo sociale e della tutela e promozione dei diritti umani, così come nell’ambito della sanità attraverso la sensibilizzazione delle comunità di base, per un miglioramento dei livelli di povertà della regione, nella complementarità delle azioni con le altre organizzazioni operanti nel settore in ambito regionale e nazionale. Come infatti si può rilevare dalle organizzazioni sopra menzionate, l’OCPH si inserisce da un lato, quello della tutela e promozione dei diritti umani e della promozione dello sviluppo sociale, poco esplorato nella 53 regione, se non dalle grandi organizzazioni internazionali che portano avanti nella regione campagne lanciate a livello nazionale ed internazionale, e poco esplorato in particolare nelle aree rurali e nei villaggi più lontani dai maggiori centri abitati. Nel campo della sanità, se maggiore è il numero di organizzazioni che lavorano sul terreno accanto alle strutture sanitarie pubbliche, pur presenti in modo piuttosto capillare sul territorio (anche se spesso non funzionali al 100%), dall’altro si cerca di rispondere a una domanda maggiore di servizi sanitari e alla pressante richiesta di popolazione e autorità politiche e locali di miglioramento degli standard sanitari della regione, ancora eccessivamente bassi rispetto al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Per questo, accanto all’opera sociale del Centro medico-chirurgico, con tale progetto che mette a disposizione risorse umane, si è deciso di affiancare l’OCPH e il CMC in un’attività di promozione ed educazione della popolazione comune delle aree rurali e decentrate. INDIVIDUAZIONE AREA PRIORITARIA DI INTERVENTO Il progetto interviene quindi in due settori prioritari: sanità e promozione dello sviluppo, della pace e della tutela dei diritti umani. L’area prioritaria di intervento specifica nell’ambito di questi settori è dunque quella dell’educazione e promozione culturale, con particolare attenzione ai temi dell’inclusione e della partecipazione sociale e del monitoraggio dei diritti umani (costruzione della pace, riconciliazione, good governance) da un lato e della sensibilizzazione ed educazione all’igiene e alla sanità dall’altro. Una breve spiegazione della struttura politico-amministrativa del paese e del contesto territoriale di intervento aiuta a giungere al cuore del problema, quindi all’identificazione della problematica specifica e degli indicatori quantitativi di bisogno su cui si vuole intervenire per apportare il cambiamento. PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE DATI I SERVIZI OFFERTI DALLA SEDE DI ATTUAZIONE E DAGLI ALTRI SOGGETTI SUL TERRITORIO, TRE SONO LE CRITICITÀ FONDAMENTALI ALL’INTERNO DELLE QUALI POSSONO ESSERE RAGGRUPPATI GLI INDICATORI DI BISOGNO IN CUI INTERVIENE L’AZIONE DI CARITAS ITALIANA. IL PROGETTO INTENDE INTERVENIRE SULLE VARIABILI DI SEGUITO RIPORTATE DI CUI SI EVIDENZIA LA SITUAZIONE DI PARTENZA. 1) TENSIONE CONFLITTUALE ELEVATA: LIMITATA PRESENZA DI STRUTTURE/ISTITUZIONI DI EDUCAZIONE ALLA PACE E RICONCILIAZIONE NEL TERRITORIO, MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITA’ DI BASE; 1.1 due sole organizzazioni lavorano attualmente nell’area territoriale identificata nello specifico sulla promozione della pace, riconciliazione, diritti umani nelle aree rurali, assenza di un Coordinamento Permanente per il monitoraggio diritti umani, giustizia e pace nel capoluogo regionale; 1.2 scarsa partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: assenza di strutture decentrate (cellule territoriali) per il monitoraggio della pace, rispetto diritti umani, tolleranza etnica e religiosa; 1.3 > 50% delle situazioni conflittuali rilevate nel 2010 nell’area territoriale sono riconducibili a scontri di natura etnica o affronti tra gruppi (di quartiere o di villaggio, riferibili alle tribù di appartenenza) avversari, con un’implicazione giovanile elevata: >80% dei cittadini coinvolti nelle tensioni sono giovani tra i 15 e i 28 anni appartenenti a etnie, religioni e gruppi tribali differenti, i quali non hanno spazi organizzati di confronto a livello locale; 1.4 assenza di dialogo tra comunità di base (cittadini) e autorità: solo 20% della popolazione partecipa alle riunioni pubbliche, in maggioranza uomini adulti; mancanza di incontri pubblici formali organizzati tra cittadini e autorità; 2) SCARSA PARTECIPAZIONE DELLA POPOLAZIONE RURALE ALLA PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO SOCIALE ENDOGENO E ALLA DETERMINAZIONE DELLE PRIORITA’ D’INTERVENTO A FAVORE DELLE COMUNITA’ DI BASE 2.1 Scarsa attenzione della popolazione dei villaggi e quartieri periferici delle città capoluogo alla promozione di uno sviluppo sociale sostenibile e duraturo: limitato numero di Comitati di 54 sviluppo locali attivi, 2 in tutta l’area territoriale target del progetto su 11 aree target identificate e assenza di proposte progettuali provenienti dalla base; 2.2 Limitata conoscenza dei bisogni specifici della popolazione sul territorio, in particolare nelle aree rurali della regione: assenza di un’analisi dei bisogni; limitato numero di progetti sociali e di sviluppo realizzati nelle aree rurali (60% dei progetti di sviluppo concentrati nell’area di N’Zérékoré) 3) SCARSA CONSAPEVOLEZZA DELLE REGOLE BASILARI DI IGIENE E SANITA’ PER LA SALUTE QUOTIDIANA NELLE AREE RURALI DELLA REGIONE 3.1 50% della popolazione rurale non ha nozioni di prevenzione igienico-sanitaria: 60% dei bambini (4-12 anni) e 30% dei ragazzi (13-18 anni) non conosce le regole elementari di igiene per una buona salute fisica; 3.2 > 30% delle malattie rilevate nelle strutture sanitarie ha tra le possibili cause scatenanti o concorrenti una scarsa igiene o scarsa attenzione ai cibi e all’acqua ingerita. DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO Di seguito vengono identificati per ciascuna problematica identificata i destinatari diretti ed i beneficiari indiretti. PROBLEMATICA N. 1 TENSIONE CONFLITTUALE ELEVATA: LIMITATA PRESENZA DI STRUTTURE/ISTITUZIONI DI EDUCAZIONE ALLA PACE E RICONCILIAZIONE SUL TERRITORIO, MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITA’ DI BASE Destinatari diretti: 20 membri Coordinamento Permanente Giustizia e Pace (rappresentanti e leader della comunità: leader religiosi e civili, rappresentanti donne, giovani, insegnanti, operatori sanitari, operatori giuridici…) Membri delle cellule territoriali di monitoraggio pace e diritti umani: 25 membri x 11 aree territoriali identificate (per maggiore facilità di delimitazione territoriale, sono le aree delle 11 parrocchie diocesane) = 275 membri Giovani dei quartieri cittadini e rappresentanti delle 11 aree territoriali-target identificate nella regione: 5 giovani x 10 quartieri di N’Zérékoré = 50 giovani città di N’Zérékoré 10 giovani rappresentanti aree territoriali x 11 aree = 110 giovani a livello regionale 5 rappresentanti delle autorità locali prefettorali, comunitarie e tradizionali) x 11 aree = 55 autorità civili 10 rappresentanti autorità città di N’Zérékoré 3 rappresentanti leader religiosi x 11 aree territoriali = 33 leader religiosi a livello regionale 8 rappresentanti leader religiosi per la città di N’Zérékoré Beneficiari indiretti: 500.000 giovani sul territorio regionale 2.500.000 abitanti regione forestale PROBLEMATICA N. 2 SCARSA PARTECIPAZIONE DELLA POPOLAZIONE RURALE ALLA PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO SOCIALE ENDOGENO E ALLA DETERMINAZIONE DELLE PRIORITA’ D’INTERVENTO A FAVORE DELLE COMUNITA’ DI BASE 55 Destinatari diretti Leader, attori-chiave (stakeholders) delle comunità rurali: 5 rappresentanti x 11 aree territoriali identificate = 55 leader Membri dei Comitati locali di sviluppo: 10 membri x 11 Comitati di sviluppo = 110 membri Beneficiari indiretti: Popolazione regione forestale: 2.500.000 abitanti PROBLEMATICA N. 3 SCARSA CONSAPEVOLEZZA DELLE REGOLE BASILARI DI IGIENE E SANITA’ PER LA SALUTE QUOTIDIANA NELLE AREE RURALI DELLA REGIONE Destinatari diretti: N. medio pazienti ambulatoriali giornalieri al CMC Gouécké: 25 pazienti al giorno N. medio pazienti ambulatoriali annuali al CMC Gouécké: 25 x 6 giorni lavorativi x 5 settimane/mese x 12 mesi = 9000 pazienti all’anno (dato 2009) Rappresentanti Centri di salute delle 5 sotto-prefetture nell’area di competenza del CMC: 1 responsabile per ogni Centro = 5 responsabili 1 matrona per ogni Centro = 5 matrone (addette tradizionali all’assistenza al parto) Studenti e giovani Target per ciascuna sotto-prefettura (x 5 sotto-prefetture): - 1 scuola primaria; - 1 scuola secondaria; - 1 centro professionale N. medio di studenti partecipanti alle sessioni formative: 100 studenti per la scuola primaria; 60 studenti per la scuola secondaria; 40 giovani centri professionali Totale studenti e giovani per ogni sotto-prefettura: 200 studenti e giovani 200 studenti e giovani per sotto-prefettura x 5 sotto-prefetture = 1000 studenti e giovani Autorità sanitarie prefettorali e regionali e rappresentanti dei Centri di salute e strutture ospedaliere (per l’analisi e rielaborazione dati statistici – nelle riunioni semestrali di monitoraggio) 60 rappresentanti a livello regionale Beneficiari indiretti: Popolazione delle 5 sotto-prefetture nell’area di competenza sanitaria del CMC: 96.000 abitanti CONCLUSIONI Dall’analisi svolta risultano quindi evidenziate le seguenti 3 principali criticità che attendono una risposta di tipo progettuale: 1) Tensione conflittuale elevata: limitata presenza di strutture/istituzioni di educazione alla pace e riconciliazione sul territorio, mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle comunità di base; 2) Scarsa partecipazione della popolazione rurale alla promozione di uno sviluppo sociale endogeno e alla determinazione delle priorità d’intervento a favore delle comunità di base; 3) Scarsa consapevolezza delle regole basilari di igiene e sanità per la salute quotidiana nelle aree rurali della regione 56 BURUNDI Il Contesto di realizzazione del progetto. Il progetto si realizza nella città di Bujumbura, la capitale del Paese, situata geograficamente vicino al lago Tanganyika, il quale mitiga l’altrimenti molto caldo clima della città. L’insediamento si sviluppa a partire dal 1930 per poi rafforzarsi dopo l’indipendenza del Paese dal Belgio avvenuta nel 1962, grazie a forti migrazioni sia interne sia esterne causate dai conflitti nei vicini Paesi del Rwanda e del Congo. L’ultimo censimento del 2008 stima in circa 800.000 mila gli abitanti della capitale, dei quali oltre il 10% di origine congolese, il gruppo di stranieri più numeroso. Bujumbura ha sofferto negli ultimi anni di una intensa urbanizzazione conseguente al richiamo dalle campagne (spesso insicure e poco redditizie) che ha portato ad un aumento consistente della sua popolazione. In particolare i flussi di popolazione riguardano i Quartieri nord della capitale dove vive la metà della popolazione della stessa ed è l’area a più alta densità abitativa perché qui, grazie ai costi più bassi degli affitti, hanno trovato alloggio la maggior parte delle persone che in questi anni sono arrivate dalle zone rurali e dai paesi confinanti. I Quartieri nord Sono divisi in sei zone: Ngagara, Kamenge, Cibitoke, Kinama, Gihosha e Buterere, e il Centre Jeunes Kamenge, sede del progetto, si trova al confine tra due di essi Kamenge e Cibitoke. I quartieri nord sono stati profondamente segnati dall’ultimo conflitto armato: si è combattuto molto al loro interno, si sono etnicamente divisi rendendo di fatto impossibile la convivenza pacifica tra etnie diverse. Anche con l’avvento della pace i problemi sono continuati: la maggior parte della popolazione vive in estrema povertà, sono molto pochi coloro che hanno accesso ad un’attività lavorativa stabile, la maggior parte vive di lavori saltuari principalmente di piccolo commercio poco redditizio e solitamente portato avanti dalle donne o attività informali: falegnami, fabbri, ecc. Molti vivono alla giornata inventandosi un lavoro per poter garantire alla famiglia almeno un pasto al giorno, molti altri invece si danno alla criminalità e alla violenza, facili grazie al perdurare della diffusione di armi leggere che, come già detto nel capitolo precedente, le campagne di disarmo non sono servite a limitare. In sintesi il quadro è quello di una povertà diffusa da periferia di città del sud del mondo a cui bisogna aggiungere il problema del recente conflitto e una diffusione incontrollata di migliaia di armi leggere; ancora oggi sono presenti nei quartieri migliaia di munizioni e ancora quasi ogni notte si sentono spari, dovuti per lo più a rapine. Questa situazione di povertà e violenza diffuse colpisce anche le giovani generazioni che non iniziano nemmeno o sono costrette ad abbandonare il percorso scolastico perché le famiglie non possono sostenerli e si trovano costretti ad una vita di strada per garantirsi la sopravvivenza quotidiana. Nei quartieri nord mancano totalmente stimoli positivi, opportunità lavorative e sociali. I giovani assorbono quotidianamente la “cultura” della violenza, poiché a Bujumbura si continua a vivere un conflitto armato di bassa intensità. PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE Definita l’area di intervento del progetto in quelli che sono i quartieri nord della capitale Bujumbura ed evidenziato come gruppo target i giovani, di seguito sono state individuate tre criticità significative con i relativi indicatori di bisogno 1.Mancanza di prospettive di futuro per i giovani 1.1 Assenza di opportunità lavorative: la mancanza di lavoro è sicuramente uno dei problemi principali per i giovani, nei quartieri nord: il 60% di giovani dai 20 ai 30 anni è senza un’attività lavorativa stabile in proprio o presso imprese o servizi. In parte questa situazione è strutturale, in parte però è anche legata alla mancanza di competenze specifiche e di spirito di iniziativa della popolazione dei quartieri. 1.2 Alti tassi di abbandono scolastico: nei quartieri nord la percentuale è una delle più altre dell’intero Paese e arriva al 53% per i giovani dopo il terzo anno di scuola secondaria, 16 anni circa. Di questi almeno la metà giustifica l’abbandono a causa della difficoltà ad avere un luogo adeguato per concentrarsi nello studio (nei quartieri manca costantemente la corrente rendendo difficile lo studio nelle ore serali). Di conseguenza si assiste alla crescita del numero di studenti nei primi anni della scuola, mentre il raggiungimento del diploma è riservato ad una bassa percentuale di persone. L’accesso all’Università è riservato ad una ristrettissima élite. 1.3 Scarsa qualità dell’offerta scolastica: le scuole dei quartieri nord sono arretrate sia per quanto riguarda le infrastrutture, solo una delle otto scuole secondarie dislocate nei quartieri possiede un aula di informatica, sia per quanto riguarda il livello dell’insegnamento poiché il 70% degli studenti non ha i soldi per pagare le ripetizioni e il solo orario scolastico in classi molto numerose non dà una 57 preparazione sufficiente. Inoltre, negli ultimi anni la media degli scioperi degli insegnanti di scuola secondaria e università è di due mesi totali, di fatto paralizzando le lezioni per parecchi giorni. Inoltre talvolta la promozione è comprata o ricattata con vari tipi di prestazioni. 2. Perdurare nei quartieri nord di un clima di violenza diffusa e di prevaricazione che coinvolge direttamente singoli e gruppi di giovani 2.1 La cultura della violenza si respira in famiglia e in generale nei quartieri nord: almeno il 70% dei giovani proviene da una famiglia nella quale uno dei membri è stato coinvolto nel recente conflitto armato. Sono circa 1.000 le vittime di omicidi in un anno nei quartieri 2.2 Violenza giovanile nei quartieri nord: il 21% dei giovani, sia ragazzi sia ragazze, dei quartieri è dedito ad attività di malavita e banditismo, e di questi il 5% ha avuto o ha problemi di carcere o comunque con la giustizia. Il 15% dei giovani possiede un arma da fuoco, residuo degli anni della guerra, ereditata d aun famigliare o acquistata per pochi soldi. 2.3 Giovani e rapporto con la guerra Il 9% di coloro che abbandonano la scuola attorno ai 16 anni cerca di entrare nell'esercito o nei vari gruppi ribelli, mentre il 20% dei giovani dei quartieri è orfano di padre o fratelli maggiori uccisi durante il conflitto e mitizza la figura del combattente. 3. Assenza di attività che coinvolgano i giovani in maniera costruttiva attraverso una socializzazione positiva e conseguente radicamento degli stessi in una vita da sbandati prevalentemente sulla strada 3.1 Mancanza di un ruolo significativo della famiglia : il 15%, dei giovani dei quartieri nord sono orfani di padre . 3.2 Diffusione di droghe e alcool: il 5% dei giovani dei quartieri nord fa uso abituale di droga, mentre più del 50% si ubriaca spesso e il 10% è alcool dipendente. 3.3 Assenza luoghi di aggregazione Nei quartieri nord vi sono solamente 10 campi sportivi (calcio, basket e pallavolo), male attrezzati.. 3.4 Gruppi giovanili Il 65% dei giovani dei quartieri fa parte di una banda giovanile che si ritrova per girare tutto il giorno per le strade in cerca di qualsiasi occasione e stimolo. BENEFICIARI E DESTINATARI DEL PROGETTO Beneficiari diretti Come più volte ripetuto il target del progetto qui presentato sono i giovani tra i 15 e i 30 anni che vivono nei quartieri nord di Bujumbura, circa 100.000 secondo l’ultimo censimento del 2008 (ultimo dato disponibile). La maggior parte si ritrova però nella fascia di età tra i 20 e i 25 anni. In particolare i giovani interessati devono iscriversi al Centre Jeunes Kamenge, l’iscrizione è gratuita e da diritto a partecipare a tutte le attività del Centro rispettando però le regole previste che ogni iscritto è tenuto a sottoscrivere come modalità di impegno e accettazione delle stesse. Fino ad oggi sono più di 35.600 i giovani che dal 1993 si sono iscritti e hanno partecipato alle attività del centro. Oggi è frequentato in media, giornalmente da 2.000 giovani che possono essere considerati i beneficiari diretti del progetto. Non viene fatta distinzione alcuna per l’ammissione al centro, sono rappresentate tutte le etnie nelle quali è suddiviso il Paese (che frequentano il centro in percentuali uguali) e anche gli stranieri (in particolare congolesi) e la stessa cosa riguarda l’appartenenza religiosa (50 % dei ragazzi è cattolico, il 35 % protestante, l’8% mussulmano e il 7% restante fa riferimento a religioni locali ancestrali). Si calcola che le ragazze che frequentano il CJK siano circa il 15% degli iscritti, nonostante si proceda all’iscrizione di un ragazzo e una ragazza congiuntamente al fine di promuovere la frequentazione delle ragazze. Beneficiari indiretti Beneficiari indiretti sono le famiglie di provenienza dei giovani che frequentano il Centre Jeunes Kamenge e tutti gli abitanti dei quartieri nord di Bujumbura che dalla presenza del centro in questi anni hanno tratto diversi benefici, tra i quali la diffusione di una cultura di tolleranza e nonviolenza, che ripudia la guerra, la crescita e diffusione di idee costruttive tra i giovani riguardanti il proprio futuro, e quindi il futuro di tutta la comunità dei quartieri, la possibilità di partecipare ad eventi per la diffusione di una cultura pacifica. Più in generale, per il numero di giovani che frequentano regolarmente il centro e il valore che ha l’esperienza del centro stesso nelle loro vite si può ritenere che il progetto faccia un servizio a tutto il Paese per costruire un domani, si spera migliore e di pace. 58 OFFERTA DI SERVIZI ANALOGHI NELL’AREA GEOGRAFICA DI RIFERIMENTO In altre zone della capitale operano invece altre realtà, come ad esempio la Congregazione dei Salesiani e l’ONG VIS, Associazione “Oeuvre Don Bosco au Burundi. -Congregazione dei Salesiani: La Congregazione ha un progetto nei quartieri Nord dal titolo “La città dei giovani”, e si occupano soprattutto di formazione professionale, con ragazzi dai 7 ai 15 anni. -ONG VIS: VIS è presente in Burundi dal 2011 a sostengo delle attività del Centro della Cité des Jeunes Don Bosco di Buterere che si rivolge principalmente ai ragazzi e alle ragazze nella fascia di età compresa tra 8 e 21 anni, nel quale vengono portate avanti attività sociali, educative e formative, di recupero e di promozione umana. 37 bambini sono accolti presso la Casa di Accoglienza del Centro stesso. -Associazione "Oeuvre Don Bosco au Burundi": opera in Burundi dal 1962, con esperienze di accoglienza, educazione e formazione di minori a rischio, minori di strada, rifugiati, sfollati, vittime della guerra ecc., offrendo loro servizi di accoglienza, assistenza sanitaria di base, educazione, formazione e sostegno all'impiego. REPUBBLICA DI GIBUTI IL CONTESTO DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO Il progetto si realizza principalmente nella capitale della Repubblica del Gibuti, dove si trova la Diocesi di Gibuti, situate al centro della città in una delle principali vie. La città di Gibuti contiene la maggior parte degli abitanti del paese. Il problema della costante siccità ha spinto molti clan delle zone rurali e montane a cercare la sopravvivenza verso le zone marine e in particolare nei centri abitati. Nelle periferie della capitale dagli anni ’70 sono in rapido sviluppo ampi quartieri di baraccopoli, ma molte persone ancora vivono per le strade del centro. Il maggior numero di queste persone sono somali, etiopi sfuggiti al loro paese in cerca di un lavoro e nella speranza di una vita migliore. Ogni giorno arrivano in treno dalla regione di Dire Dawa o a piedi attraverso la Somaliland e la maggior parte di essi sono donne e bambini. Sono immigrati illegali per lo Stato del Gibuti, pertanto non possiedono alcun diritto, né accesso alla sanità, né ad un’abitazione, né accesso all’educazione e tanto meno al lavoro. Rappresentano le classi emarginate e vulnerabili della società, sopravvivono con piccoli impieghi di fortuna e grazie alla carità dei più benestanti. Soffrono della mancanza di programmi di accoglienza e di inserimento sociale sia a livello istituzionale che associativo. La Diocesi di Gibuti è l’unico ente che apre le porte ai bisogni primari degli immigrati clandestini (sanità e nutrizione) e il suo lavoro è tollerato dallo Stato. A Gibuti sono presenti un numero importante di associazioni (circa 500 registrate negli ultimi 6 anni) che affrontano i temi più diversi della realtà sociale gibutiana nel contesto di progetti di educazione, di sanità, lotta contro l’AIDS, lotta contro la povertà, protezione dell’ambiente, promozione della donna e della famiglia. Tra queste solo alcune (il Ministero della Promozione della Donna e degli Affari Sociali ne elenca 17) s’impegnano responsabilmente per lo sviluppo del Paese. D’altra parte ci si ritrova a confrontarsi con diverse contraddizioni in seno alla maggior parte di esse. Benché possiedano la denominazione di “organizzazioni non governative”, le associazioni gibutiane sono affiliate al Ministero della Promozione della Donna e degli Affari Sociali. Questa dipendenza limita il servizio delle associazioni ad un ristretto bacino di utenti esclusivamente gibutino (cittadini che possiedono una carta d’identità) e per lo più di religione mussulmana. Inoltre data la mancanza di un controllo effettivo del lavoro associativo, nella maggior parte dei casi, i membri delle associazioni cercano di trarre un profitto personale dai finanziamenti ricevuti dalle ambasciate e da organizzazioni straniere, e la realizzazione dei progetti si riduce ad azioni sporadiche e pubblicitarie. La Diocesi di Gibuti insiste comunque sulla necessità di lavorare su alcuni programmi in collaborazione con i diversi organismi e le istituzioni governative senza però perdere l’autonomia dell’ente nelle strategie di sviluppo del paese. Per questo motivo la Diocesi privilegia l’attivazione di microprogetti e la sua azione si inserisce all’interno di due importanti carenze: - Mancanza di un studio approfondito sulla realtà attuale di Gibuti con riferimento all’ambito delle nuove povertà; Mancanza di un quadro di protezione giuridica e sociale per gli immigrati, soprattutto minori. Le sfide 1. La maggior parte della popolazione di Gibuti, come nella maggior parte dei paesi del terzo mondo, è composta da bambini e giovani. L’azione della Diocesi si indirizza soprattutto ai bambini e agli adulti. 59 La realtà dei giovani è poco toccata dalle azioni della Diocesi data la mancanza di prospettive per il futuro e di un terreno che incoraggia alla violenza e all’oziosità. 2. Affinché ci sia un buon rapporto tra le azioni di carità e giustizia, l’opera della Diocesi nel soccorrere i poveri deve tener conto della promozione di questo rapporto; soprattutto perché tutte le realtà che quotidianamente affronta la Diocesi rivelano continue ingiustizie. 3. Tenuto conto che la povertà è un campo propizio allo sviluppo di diverse forme di violenze, la Diocesi di Gibuti s’impegna nell’educazione alla pace a cominciare dalle età infantili per creare una mentalità di non violenza e di una costruzione positiva della società. 4. La povertà naturale di un paese nel quale manca l’acqua causa la vulnerabilità della popolazione nomade a tutti i livelli della propria esistenza. La situazione di povertà è generalizzata e la Diocesi si trova spesso ad agire in casi di emergenza. La sfida che si pone ora la Diocesi è quella di passare da un’azione di emergenza ad un progetto di sviluppo. BENEFICIARI E DESTINATARI DEL PROGETTO Beneficiari diretti Il progetto gestito dalla Diocesi Gibuti, si rivolge alla “Promozione dei minori”, distinti in due categorie: I BAMBINI DI STRADA e I MINORI ANALFABETI che vivono nella città di Gibuti. I BAMBINI DI STRADA che frequentano il Centro Caritas sono principalmente etiopi, somali e meticci di età compresa tra 7 e 15 anni. Si tratta quasi sempre di bambini sfruttati e discriminati, abbandonati a se stessi a causa della povertà estrema, dell’allontanamento o della morte della mamma/famigliare. I beneficiari diretti del progetto sono circa 100 bambini e circa 15 bambine che quotidianamente frequentano il centro dove ricevono attenzione, assistenza alimentare, cure sanitarie, vestiti, igiene personale. I MINORI ANALFABETI che frequentano il LEC (Lire, Ecrire, Compter) di Boulaos sono 276 in totale. Si tratta di ragazzi e ragazze vulnerabili: emigrati, orfani, gibutini senza carta d’identità, alcuni handicappati a cui la Caritas offre un’istruzione di base. Beneficiari indiretti Famiglie/familiari dei minori seguiti dal progetto. L’attività facilita una ripresa dei contatti con i familiari/parenti rintracciabili e quindi ricostruisce le relazioni familiari. Tutta la società gibutina beneficia del progetto, poiché le attività investono sulle generazioni che saranno protagoniste del futuro del Paese. Il progetto contribuisce alla diminuzione dell’accattonaggio e della micro-criminalità (furti, borseggi); migliora le condizioni sanitarie e quindi diminuisce i rischi di contrarre malattie contagiose/sessualmente trasmissibili, le tensioni sociali. I bambini di strada Fenomeno relativamente recente nella storia di Gibuti, che interessa i bambini fino ai 15 anni, prevalentemente Somali ed Etiopi, ma con una presenza non trascurabile di gibutini. Si tratta di minori arrivati nel Paese insieme ad altre persone, o con un solo familiare, madre o fratello, costretti quindi a una vita di stenti. I gibutini sono minori abbandonati o fuggiti da situazioni familiari di violenza, che vivono in strada. Sono quasi tutti concentrati a Gibuti sopravvivendo, soprattutto tra rifiuti, mendicità e microcriminalità. Rappresentano quindi un problema non solo di assistenza, ma di pericolosità sociale. Il loro numero è difficilmente valutabile, certamente si tratta di alcune centinaia di bambini. Attualmente la Diocesi Gibuti, segue circa 100 bambini. L’ azione si concentra sull’aiuto a minori in situazioni difficili, accogliendoli nei locali della Diocesi in un Centro di accoglienza per i bambini di strada. Il progetto coinvolge minori etiopi (di maggioranza oromo, afar), somali (issa), gibutini e meticci senza documenti, di età compresa tra i 7 e i 15 anni. Si dà precedenza ai minori particolarmente vulnerabili che sfruttati nel lavoro o vittime della prostituzione. Ogni giorno arrivano al Centro tra i 90 e i 100 bambini. La povertà endemica, l’insicurezza e le violenze familiari nel loro Paese di origine (Etiopia, regione Dire-Dawa, Somalia, regione Somaliland) spingono molti minori a Gibuti nella speranza di una vita migliore. Attraverso un passa parola, arrivano nei locali della Diocesi, ma la loro presenza non è costante per diversi fattori: - Le retate della polizia: durante le operazioni di “pulizia della strada” i bambini vengono sorpresi nei luoghi dove dormono e chiusi in prigione per qualche giorno. Qualcuno viene riportato direttamente alla frontiera etiopica, dalla quale facilmente riesce a rientrare a Gibuti; - Le malattie: quando i bambini sono malati a causa della malnutrizione, dello sfruttamento, o della violenza degli adulti dei quartieri, non hanno forze e mezzi per recarsi alla Diocesi; 60 - Le regole: tutti i bambini di strada sono abituati a vivere senza regole, oppure con una propria legge personale che spesso sfocia nella violenza. L’accettazione di orari di apertura e l’obbligo di un comportamento adeguato all’interno del Centro nel rispetto di tutti, influisce sulla frequenza costante. Molti dei giovani occupano parte della loro giornata in piccoli impieghi che gli permettono di guadagnare un pasto, quelli più fortunati riescono a guadagnare un misero salario, che giornalmente non supera mai i 2 euro. I bambini vengono solitamente impiegati in servizi di pulizia in ristoranti, locali e in case di persone benestanti gibutine, come lucida scarpe, raccolta di bottiglie di plastica e lattine. Data la discontinuità della presenza dei bambini è difficile portare avanti un programma rigoroso. E’ necessario essere flessibile per andare incontro ai loro bisogni, alle loro difficoltà e al loro stile di vita vagabondo. Lo scopo principale di questo progetto pertanto è quello di dare ai minori di strada un luogo diurno per proteggersi, per riposarsi, dove possano trovare attenzione, assistenza (alimentare, sanitaria, igienica), una base educativa, e (se richiesto da loro) un aiuto al ritorno nel Paese di origine. I minori analfabeti: Il progetto di promozione culturale nella repubblica di Gibuti si inserisce nell’opera di alfabetizzazione gestita dalla Diocesi di Gibuti, iniziata oltre 30 anni fa. L’attività iniziò nei quartieri popolari della Capitale, in particolare nel quartiere di Boulaos. All’inizio si trattava di incontri, dove si dispensavano contemporaneamente corsi di alfabetizzazione, taglio e cucito, puericultura, esclusivamente per ragazze. Col passare degli anni si è fatta più pressante la necessità di concentrarsi sull’alfabetizzazione, non solo delle ragazze, ma per chi non aveva più i requisiti per frequentare le scuole, e per ovviare all’analfabetismo di ritorno che non facilitava l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Sono stati così formati i Centri LEC (lire, ecrire, compter, leggere scrivere, calcolare) che interessano un alto numero di utenti e riscuotono grande ammirazione nella città di Gibuti. E’ necessario tener conto di un importante cambiamento: si è passati da un analfabetismo che fino a pochi anni fa colpiva due persone su tre comprese tra i 6 e i 16 anni, fino ad arrivare alla scuola elementare oggi obbligatoria a partire dai 6 anni. Quest’evoluzione ha però provocato un problema per molti giovani che hanno superato l’età della scuola dell’obbligo, e che di conseguenza non possono più integrarsi al ciclo scolare già iniziato, oppure impossibilitati a frequentarlo perché privi dei documenti necessari. Questi giovani rimangono abbandonati a sé stessi e senza alternative. A questo vanno aggiunte alcune difficoltà particolari: in città molti giovani non hanno la possibilità di frequentare corsi scolastici e sono più esposti a traffici “paralleli”, mentre nelle zone rurali, i giovani, che vivono da nomadi, sono costretti a occuparsi degli animali o di altre attività familiari. Affinché sia possibile sviluppare altre prospettive di vita, è necessario che questi giovani possano padroneggiare la lingua francese, lingua ufficiale di Gibuti, e che abbiano qualche rudimento di calcolo e nozioni di educazione civica e umana. Il centro LEC di Boulaos nella città di Gibuti è frequentato da 276 allievi con 4 insegnanti. Il centro affronta quotidianamente problematiche quali: - la regolarità delle presenze, - l’assiduità alle lezioni, - la percentuale di abbandono e la percentuale di coloro che desiderano proseguire lo studio e la formazione dopo la fine del corso. Il programma dei corsi LEC è stato adattato in un percorso di tre anni, per 32 settimane all’anno, da settembre a maggio. Il calendario segue i ritmi dell’istruzione nazionale, ma gli orari giornalieri sono più flessibili, secondo le esigenze degli allievi. I 276 alunni sono divisi in 12 gruppi e ogni insegnante ha tre gruppi dove svolge due ore al giorno per ciascuno. Alla fine dell’anno gli alunni che hanno superato il corso ricevono un diploma mentre gli altri un attestato. PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE Date le informazioni riportate nel paragrafo precedente il progetto vuole intervenire in maniera particolare in tre aree di bisogno: A. Emarginazione: circa 100 bambini di strada frequentano il centro della Caritas nella città di Gibuti, di essi il 40% sono bambine. Questi bambini vivono in strada in situazioni di emarginazione e violenza, che ripropongono all’interno del centro (circa 6 atti di violenza al mese). Le differenze etniche, linguistiche e religiose rappresentano il 90% dei motivi di divisione tra bambini. 61 B. Mancanza di diritti: il 30% dei bambini che frequentano il centro Caritas sono stranieri, rifugiati dai Paesi vicini in guerra, senza nessun tipo di assistenza sanitaria dalle autorità governative. C. Alfabetizzazione di base: il 50% dei 249 bambini di strada che frequentano il LEC di Boulaos, a Gibuti, non è mai andato a scuola, l’altro 50% ha iniziato l’iter scolastico obbligatorio senza concluderlo. Il 80% del personale impiegato partecipa al 50% delle riunioni di coordinamento e non svolgono nemmeno un corso di aggiornamento all’anno. L’ 80% del materiale scolastico viene perduto e deve poi essere riacquistato. OFFERTA DI SERVIZI ANALOGHI NELL’AREA GEOGRAFICA DI RIFERIMENTO Non essendoci servizi analoghi offerti da altre entità, le attività delle scuole informali e di assistenza dei bambini di strada per il recupero di giovani analfabeti, della Diocesi di Gibuti risultano essere le uniche finora presenti nell’area in modo strutturato. Pertanto, è estremamente importante per la Diocesi di Gibuti continuare ad offrire questo servizio perché ritiene fondamentale garantire l’istruzione per tutti al fine di dare ad ogni bambino, che non ha avuto la possibilità di andare a scuola, una chance che gli permetterà di inserirsi meglio nella società. 8) Obiettivi del progetto: PREMESSA Conformemente alla natura di organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere “la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana (…) in vista (…) della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (art. 1 Statuto); accogliendo l’appello del Santo Padre alla Giornata Mondiale della Gioventù dell’Anno giubilare ("… Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete a essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario”…). Caritas Italiana offre una seppur piccola risposta all’anelito di pace che sale dalle popolazioni vittime di guerre, conflitti armati, vessazioni continue ed oppressioni, promuovendo la sperimentazione di forme di intervento nonviolente e non armate in situazioni di crisi. Il Progetto recepisce e valorizza l’esperienza del servizio civile in zone di crisi che dal 2001 in avanti la Caritas Italiana ha proposto col Progetto Caschi Bianchi ad oltre 200 giovani obiettori di coscienza e volontarie/e in servizio civile unitamente agli interventi di Caritas italiana e delle Caritas diocesane in progetti a livello internazionale. Le prospettive aperte dalla legge 230/98 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza e servizio civile) e confermate dalla legge 64/2001 (Istituzione del servizio civile nazionale) relativamente alla possibilità di attuare progetti di servizio civile all’estero e di sperimentare forme di difesa civile nonviolenta, concorrendo alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari, riconoscono alla componente civile un ruolo determinante nel lento e faticoso processo che da un conflitto (sia esso latente o palese) porta dal confronto al dialogo, fino alla riconciliazione e al perdono, sia sul terreno civile che religioso. Tale istanza, ha ottenuto il più alto riconoscimento nell’Agenda per la Pace delle Nazioni Unite, attribuendo alla componente civile, denominata poi ‘Caschi Bianchi’, azioni di mantenimento della pace e ricostruzione della fiducia prima, durante o dopo un conflitto. La Rete Caschi Bianchi. Il presente progetto si inserisce nel quadro delle azioni promosse dalla ‘Rete Caschi Bianchi’, organismo costituito nel 1998 al fine di collegare iniziative ed esperienze di organismi italiani impegnati a promuovere e sviluppare forme di intervento civile nelle situazioni di crisi e/o di conflitto. In particolare gli enti di servizio civile, Gavci, Associazione Papa Giovanni XXIII e Volontari nel mondoFOCSIV, unitamente a Caritas Italiana hanno sottoscritto nel 2001 un accordo specifico ed elaborato un progetto generale di “Servizio civile in missioni umanitarie e corpi civili di pace – Caschi Bianchi”, nel 2007 gli stessi organismi hanno aggiornato il quadro di riferimento dei progetti Caschi Bianchi di ciascun ente sottoscrivendo il documento “Caschi Bianchi Rete Caschi bianchi, un modello di servizio civile”, a cui il presente progetto si ispira. Giovani per la riconciliazione. La proposta dei Caschi Bianchi prevede l’invio all’estero in aree di crisi o conflitto, di volontari e volontarie, secondo la legislazione vigente, per promuovere, sostenere e sviluppare nelle comunità locali iniziative di prevenzione, intervento, riconciliazione, valorizzando così i giovani come operatori di pace. 62 Una proposta educativa per i giovani e le comunità. Il Progetto Caschi Bianchi è concepito e realizzato come progetto formativo, a partire dalla ovvia constatazione che è rivolto prima di tutto a giovani nella fase delle decisioni per il proprio percorso di vita, rispetto al mondo del lavoro e l’assunzione di responsabilità personali e sociali. Il progetto si propone quindi un coinvolgimento personale, ai fini di una ricaduta positiva sulle future scelte di vita. L’obiettivo non è l’invio di “professionisti della pace”, ma l’accompagnamento di giovani all’interno di esperienze che uniscano l’autonoma responsabilità dei soggetti a momenti di verifica e tutoraggio individuali e di gruppo, valorizzando le risorse dei contesti specifici di inserimento. Oltre ad abilitare strettamente all’attività all’estero e ad un proficuo inserimento nel progetto, la formazione è finalizzata più ampiamente ad offrire percorsi di cittadinanza attiva, di confronto con la complessità della mondializzazione ed alla comprensione del rapporto tra problematiche internazionali e quelle locali. Destinatari dell’attività formativa non sono considerati in maniera esclusiva i giovani che partecipano al progetto, ma anche le comunità di provenienza e di destinazione, come pure le realtà progettuali nei quali si inseriranno, favorendo e stimolando occasioni di confronto sui temi della pace, nonviolenza e obiezione di coscienza, mettendo a disposizione strumenti e competenze di base per collegarsi con iniziative all’estero in aree di crisi o conflitto e/o svolgere attività di informazione – sensibilizzazione in Italia. In particolare per questo progetto Caritas Italiana vuole valorizzare la sua “prevalente funzione pedagogica” ponendo attenzione prioritaria alla crescita formativa della persona, accompagnando i giovani e le comunità in percorsi di responsabilità personale e di assunzione di impegni sociali. La proposta, rivolta a tutti i giovani, presuppone il coinvolgimento delle loro comunità di provenienza in un percorso che prevede: il confronto sulla dimensione valoriale della prossimità, condivisione e riconciliazione; la presenza attiva accanto e dentro le situazioni delle persone e delle popolazioni vittime della violenza; l’acquisizione delle capacità di agire insieme ad altri, moltiplicando le forze nel lavoro di rete e nella metodologia della mediazione; con la necessaria attrezzatura culturale e motivazionale alla comprensione delle problematiche internazionali e delle radici storiche, psicologiche, religiose dei conflitti. Il percorso progettuale intende così privilegiare l’ottica dell’investimento e del reinvestimento, in modo da favorire un ritorno pedagogico, sia per i giovani che partecipano al progetto, che per la comunità di provenienza così che anch’essa ne esca arricchita. In questa prospettiva si considerare fondamentale l’azione di animazione e sensibilizzazione. Dentro al conflitto, insieme alla comunità. Nei limiti della sperimentazione di una nuova figura di operatore in situazione di crisi, il progetto lungi dall’esaurirsi in una sorta di “palestra di addestramento”, ha come obiettivo qualificante quello di rispondere in maniera efficace ai bisogni delle realtà in cui si va ad operare, favorendo il positivo inserimento e l’utile apporto alle comunità ed attivando con esse iniziative di dialogo e riconciliazione. Viene favorito uno stile di presenza improntato alla prossimità ed alla condivisione, in vista di azioni orientate al cambiamento culturale ed al coinvolgimento, nella misura del possibile, delle parti in conflitto, assumendo quale riferimento culturale ed esperienziale la difesa popolare nonviolenta. In questo quadro la finalità ultima del progetto è la difesa della patria in modo non armato e nonviolento attraverso la promozione della pace e la cooperazione internazionale. FINALITA’ GENERALI Perseguiti con modalità diverse, rispondenti ai differenti contesti dei paesi nei quali si realizza il progetto: Proporre ai giovani un percorso personale e comunitario, articolato in esperienza all’estero in zone di crisi, prestazione del servizio in progetti di costruzione della pace e formazione, in continuità con i valori dell’obiezione di coscienza al servizio militare; Sperimentare iniziative di prevenzione, mediazione, trasformazione dei conflitti e riconciliazione, attraverso la costituzione di comunità di giovani all’estero in servizio civile, contribuendo alla definizione del profilo professionale di operatore internazionale denominato ‘Casco Bianco’; 63 Favorire l’incontro in contesti internazionali di giovani in servizio civile e giovani locali, per promuovere la cultura della pace nella prospettiva del superamento delle cause strutturali della violenza e valorizzando le esperienze di base dei costruttori di pace; Inserire il servizio civile internazionale in cammini e progetti già avviati tra le chiese, favorendo lo scambio e l’interazione fra e con le comunità e le istituzioni ecclesiali e civili locali, promuovendo sinergie e integrazioni nel rispetto delle identità di ciascuno; Favorire attraverso la crescita umana e professionale dei giovani all’estero, occasioni di scambio e crescita reciproca tra comunità che inviano e comunità che accolgono, contribuendo alla sensibilizzazione delle Caritas diocesane e delle chiese locali alle problematiche internazionali della pace e della mondialità. Date le finalità generali trasversali inerenti il progetto nella usa globalità, gli obiettivi generali e specifici inerenti i destinatari ed i beneficiari del progetto sono distinti per ciascun paese di realizzazione. SIERRA LEONE OBIETTIVO GENERALE DEL PROGETTO Consolidare la pace e promuovere uno sviluppo sostenibile creando le condizioni per il rafforzamento della collaborazione tra le comunità di base e le autorità locali al fine di un miglioramento delle condizioni di vita e della tutela dei diritti della popolazione, in particolare delle donne tra le fasce più deboli. OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO Area di intervento: Educazione e promozione culturale Sede: Commissione giustizia, pace e diritti umani SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di bisogno (si riportano gli stessi dati evidenziati al punto 7 nella OBIETTIVI SPECIFICI E Descrizione del contesto) INDICATORI (Situazione di arrivo) 1. Limitata consapevolezza dei diritti umani e della loro diffusione nelle zone rurali della regione e delle misure da adottare in caso di abusi; 1.1 Mancanza di leader/attori chiave/animatori formati su tematiche di giustizia e pace nelle aree periferiche e rurali: solo il 10% dei leader o stakeholders (attori chiave di riferimento della comunità) nelle aree rurali possiede nozioni di tutela giuridica e monitoraggio dei diritti umani; 1.1 Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità nelle aree periferiche e rurali in possesso di nozioni di tutela giuridica e monitoraggio diritti umani: passare dal 10% al 20% 1.2 Scarsa consapevolezza dell’importanza di una cultura dei diritti e della giustizia nelle aree rurali: solo il 30% dei cittadini delle aree rurali è consapevole dei propri diritti e doveri (denuncia abusi, lotta all’impunità); 1.2 Aumento dei cittadini delle aree rurali consapevoli su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni: passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata 2. Limitata formazione delle autorità politiche locali: scarsa competenza tecnica, mancanza di occasioni di dialogo e scambio con la popolazione e le comunità di base; rischio di conflitti e dispute (partitiche e tribali) in vista delle elezioni presidenziali, parlamentari, amministrative del 2012 2.1 - Scarsa conoscenza dei doveri amministrativi, delle 2.1 Miglioramento della conoscenza dei responsabilità, dei limiti di potere e delle aree di doveri amministrativi, responsabilità, possibile intervento nel processo di decentralizzazione: limiti di potere, arre di competenza e 64 almeno il 30% delle autorità locali elette non conosce le aree operative, i margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e i limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali (Local Government Act 2004); - Scarsa conoscenza del sistema amministrativo nazionale e del sistema di decentralizzazione e delega delle competenze dallo statale al locale; si procede sulla base della tradizione e dei legami familiari senza considerare principi di legge e di amministrazione: 50% delle autorità tradizionali non conosce i principi della decentralizzazione e non è a conoscenza dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale (es. Local Government Act 2004); 2.2 Limitato numero di occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: l’organizzazione di incontri tra cittadini e rappresentanti delle istituzioni avviene solo in occasioni straordinarie, a livello ordinario si rilevano due incontri formali all’anno (semestrali) a livello distrettuale e locale, con una presenza media di cittadini non superiore ai 50 partecipanti per ogni incontro 2.3 - Assenza di competenze di base su progettazione a livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni, gestione delle risorse, amministrazione finanziaria): solo il 50% delle autorità dimostra di conoscere i principi base della progettazione sociale e di avere competenze di base in analisi e gestione amministrativo-finanziaria per ottenere finanziamenti internazionali ai fini dello sviluppo locale; finanziamenti internazionali diretti ai consigli distrettuali e locali per lo sviluppo locale decentrato non superano il 5% dei budget disponibili; intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: ridurre dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; ridurre dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale; 2.2: Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro 2.3: Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: passare dal 50% al 60% delle autorità elette e dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con competenze acquisite; aumentare dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale decentrato nei budget distrettuali e locali - Assenza di competenze di base su progettazione a livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni, gestione delle risorse, amministrazione finanziaria): solo il 30% dei soggetti della legittimità conoscere i principi base della progettazione sociale e ha competenze di base in analisi e gestione amministrativo-finanziaria per ottenere finanziamenti internazionali ai fini dello sviluppo locale; finanziamenti internazionali diretti ai chiefdom per lo sviluppo locale decentrato non superano il 5% dei budget disponibili. 2.4 Scarsa collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: assenza di incontri formali tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e 65 2.4 Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: passare da 0 incontri formali a almeno 6 incontri locali. annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali. 2.5 Potenziale tensione tra i candidati alle elezioni politiche e amministrative dei diversi partiti, rischio di dispute e accesi confronti con ripercussioni (scontri ulteriori) sulla popolazione, in particolare sulle fasce giovanili. Nelle ultime elezioni presidenziali si sono verificati più di 100 feriti, almeno 30 arresti in scontri durante manifestazioni in campagna elettorale nella regione nord (più di 1000 i feriti e più di 200 gli arrestati in tutto il paese); almeno il 10% delle autorità tradizionali - che dovrebbero restare super partes secondo la legge- hanno sostenuto deliberatamente un candidato in campagna elettorale. 2.5 Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e zero (0) arresti per disordini preelettorali; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale 3. Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di Base nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e scarsa consapevolezza dei propri diritti e doveri nei confronti delle autorità pubbliche 3.1Scarsa conoscenza dei diritti e doveri di cittadinanza e incapacità di difendere i propri diritti: soprattutto nelle aree rurali, secondo le ricerche sopra menzionate, almeno il 50% della popolazione non conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; solo il 20% dei cittadini ricorre alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia; 3.2 Scarsa conoscenza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: solo il 50% dei cittadini è a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità, solo il 30% è consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004) 3.1: Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: passare dal 50% al 60% della popolazione che conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; passare dal 20 al 25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia 3.2 Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: passare dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; passare dal 30 al 40% che è consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004) 3.3 Limitata consapevolezza dei propri diritti alla partecipazione politica e al voto e delle procedure per 3.3 Maggiore consapevolezza dei cittadini 66 goderne: solo il 50% della popolazione in aree rurali delle aree rurali su regole e procedure di conosce regole e procedure per esercitare il diritto esercizio del diritto di voto: passare dal di voto 50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione 4. Scarsa partecipazione delle donne alla vita sociale e politica della comunità e mancanza di conoscenze di base per una difesa dei propri diritti 3.4Limitata partecipazione delle donne a gruppi per la difesa e promozione dei diritti: presenza delle donne inferiore a 1/3 nelle Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace attive nella regione nord della Sierra Leone; 4.1 Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace 3.5 Limitata capacità associativa delle donne: solo il 5% delle donne nelle aree rurali fa parte di gruppi organizzati per la protezione e promozione di diritti; nell’area territoriale regionale 120 gruppi rurali promossi dalle strutture diocesane, 2400 donne beneficiarie dirette; 4.2 Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte 3.6 Alto livello di analfabetismo: 80% delle donne nelle aree rurali della regione sono analfabete (non hanno frequentato la scuola primaria) , il 70% non possiede competenze alfabetiche basiche(firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto); 4.3 Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della regione con capacità alfabetiche basiche 3.7 Le donne restano relegate al focolare domestico e non hanno la forza né la consapevolezza di poter agire per far rispettare i propri diritti e denunciare eventuali abusi o violazioni solo il 20% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge individualmente alle istituzioni preposte in assenza di un’organizzazione che faccia da garante e tutela; 4.4 Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per denuncia in caso di abusi 3.8 Scarsa consapevolezza dei diritti sanciti nella legislazione nazionale: solo il 30% della popolazione femminile delle aree rurali è a conoscenza dei principi della legislazione nazionale (3 Gender Acts) di tutela dei diritti delle donne; 4.5 Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40% delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone 67 3.9 Scarsa presenza delle donne tra le autorità elette: la percentuale è al 13,2 % nel parlamento nazionale, non supera il 10% nei consigli distrettuali e locali, mentre nella regione nord non ci sono donne tra le autorità tradizionali. 4.6 Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali) GUINEA OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO Promuovere una cultura della pace, del dialogo e dello sviluppo sociale partecipato attraverso il rafforzamento della vita associativa delle comunità di base; Educare la popolazione delle aree rurali, in particolare le fasce più vulnerabili quali donne e giovani, ad una maggiore consapevolezza delle norme igienico-sanitarie basilari per un miglioramento delle condizioni di salute nella regione. OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO Area di intervento: Educazione e promozione culturale Sede: OCPH (Organisation Catholique pour la promotion humaine) N’Zérékoré SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di bisogno (si riportano gli stessi dati evidenziati nella OBIETTIVI SPECIFICI E Descrizione del contesto) INDICATORI (Situazione di arrivo) 1. Tensione conflittuale elevata: limitata presenza di strutture/istituzioni di educazione alla pace e riconciliazione sul territorio, mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle comunità di base; 1.1 due sole organizzazioni lavorano attualmente nell’area territoriale identificata nello specifico sulla promozione della pace, riconciliazione, diritti umani nelle aree rurali, assenza di un coordinamento permanente per il monitoraggio diritti umani, giustizia e pace nel capoluogo regionale; 1.1 Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori): rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un Coordinamento Permanente. 1.2 scarsa partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: assenza di strutture decentrate (cellule territoriali) per il monitoraggio della pace, rispetto diritti umani, tolleranza etnica e religiosa; 1.2 Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata; 1.3 > 50% delle situazioni conflittuali rilevate nel 2010 nell’area territoriale sono riconducibili a scontri di natura etnica o affronti tra gruppi (di quartiere o di villaggio, riferibili alle tribù di appartenenza) avversari, con 1.3 Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed 68 un’implicazione giovanile elevata: >80% dei cittadini coinvolti nelle tensioni sono giovani tra i 15 e i 28 anni appartenenti a etnie, religioni e gruppi tribali differenti, i quali non hanno spazi organizzati di confronto e dialogo a livello locale; etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%; 1.4 assenza di dialogo tra comunità di base (cittadini) e autorità: solo 20% della popolazione partecipa alle riunioni pubbliche, in maggioranza uomini adulti; mancanza di incontri pubblici formali organizzati tra cittadini e autorità 1.4Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini 2. Scarsa partecipazione della popolazione rurale alla promozione di uno sviluppo sociale endogeno e alla determinazione delle priorità d’intervento a favore delle comunità di base; 2.1 Scarsa attenzione della popolazione dei villaggi e quartieri periferici delle città capoluogo alla promozione di uno sviluppo sociale sostenibile e duraturo: limitato numero di Comitati di sviluppo locali attivi, 2 in tutta l’area territoriale target del progetto su 11 aree target identificate e assenza di proposte progettuali provenienti dalla base; 2.1 Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per ogni Comitato 2.2 Limitata conoscenza dei bisogni specifici della popolazione sul territorio, in particolare nelle aree rurali della regione: assenza di un’analisi dei bisogni; limitato numero di progetti sociali e di sviluppo realizzati nelle aree rurali (60% dei progetti di sviluppo concentrati nell’area di N’Zérékoré) 2.2 Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali 3. Scarsa consapevolezza delle regole basilari di igiene e sanità per la salute quotidiana nelle aree rurali della regione 3.1 50% della popolazione rurale non ha nozioni di prevenzione igienico-sanitaria: 60% dei bambini (4-12 anni) e 30% dei ragazzi (13-18 anni) non conosce le regole elementari di igiene per una buona salute fisica; 3.1 Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal 50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi; 3.2 > 30% delle malattie rilevate nelle strutture 3.2 Diminuzione del numero di casi di 69 sanitarie ha tra le possibili cause scatenanti o concorrenti una scarsa igiene o scarsa attenzione ai cibi e all’acqua ingerita malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme igieniche: dal 30% al 20% attraverso una rilevazione statistica sistematizzata BURUNDI OBIETTIVO GENERALE DEL PROGETTO Offrire ai giovani l’opportunità di condividere tempo, esperienze ed impegno per la ricostruzione del tessuto sociale e civile del paese; aiutandoli a migliorare lo spirito di convivenza civile, il rispetto delle differenze, il livello di educazione, formazione e di conoscenza, grazie ad un’azione di promozione e partecipazione. OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO Area di intervento: Educazione e promozione culturale Sede: Centre Jeunes Kamenge SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di OBIETTIVI SPECIFICI E INDICATORI bisogno (si riportano gli stessi dati evidenziati (Situazione di arrivo) nella Descrizione del contesto) 1. Mancanza di prospettive di futuro per i giovani 1.1. Alti tassi di abbandono scolastico: 53% per i giovani dopo il terzo anno di scuola secondaria, 16 anni circa. Di questi almeno la metà giustifica l’abbandono a causa della difficoltà ad avere un luogo adeguato per concentrarsi nello studio 1.1 riduzione di 5 punti il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età 15-16 anni 1.2.Scarsa qualità dell’offerta scolastica: solo una delle otto scuole secondarie dislocate nei quartieri possiede un aula di informatica 1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli studenti dislocati nelle scuole senza aule di informatica che frequentano il CJK 2. Perdurare nei quartieri nord di un clima di violenza diffusa e di prevaricazione che coinvolge direttamente bande giovanili 2.1 La cultura della violenza si respira in famiglia e in generale nei quartieri nord: almeno il 70% dei giovani proviene da una famiglia nella quale uno dei membri è stato coinvolto nel recente conflitto armato. Sono circa 1.000 le vittime di omicidi in un anno nei quartieri nord 2.1 Diminuzione del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord. 2.2 Violenza giovanile nei quartieri nord: il 21% dei giovani, sia ragazzi sia ragazze, dei quartieri è dedito ad attività di malavita e banditismo. Il 15% dei giovani possiede un arma da fuoco, residuo degli anni della guerra, ereditata da un famigliare o acquistata per pochi soldi. 2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del quartiere. 2.3 Giovani e rapporto con la guerra Il 9% di 70 coloro che abbandonano la scuola attorno ai 16 anni cerca di entrare nell'esercito o nei vari gruppi ribelli, mentre il 20% dei giovani dei quartieri è orfano di padre o fratelli maggiori uccisi durante il conflitto e mitizza la figura del combattente. 2.3 Diffusione della cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK 3. Assenza di attività che coinvolgano i giovani in maniera costruttiva attraverso una socializzazione positiva e conseguente radicamento degli stessi in una vita da sbandati prevalentemente sulla strada 3.1.Mancanza del ruolo guida della famiglia: il 15%, dei giovani dei quartieri nord (15.000 persone) sono orfani di padre. 3.2.Diffusione di droghe e alcool: il 5% dei giovani dei quartieri nord fa uso abituale di droga, mentre più del 50% si ubriaca spesso e il 10% è alcool dipendente. 3.1 Offerta ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK. 3.2 Offerta ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i giovani che frequentano il CJK 3.3.Assenza luoghi di aggregazione Nei quartieri nord vi sono solamente 10 campi sportivi (calcio, basket e pallavolo), (1 ogni 10.000 persone) e male attrezzati. 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500) 3.4.Gruppi giovanili Il 65% dei giovani dei quartieri (circa 65.000 persone) fa parte di una banda giovanile, che vaga per la città in cerca di stimoli 3.4 Aumento la partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una specifica attività) REPUBBLICA DI GIBUTI OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO - Formare giovani coscienti della loro dignità, liberi, responsabili, rispettosi dei Diritti dell’Uomo e dei valori culturali del proprio paese. - Formare giovani capaci di aprirsi al mondo e alle responsabilità della vita adulta e di occupare il loro posto di cittadini per partecipare allo sviluppo del paese. - Recupero e reinserimento nella società di minori vulnerabili nel rispetto della dignità e dei Diritti dell’Uomo, per combattere il fenomeno della povertà, prostituzione e criminalità. - Educazione alla giustizia, alla pace e alla non violenza. 71 OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO Area di intervento: Educazione e promozione culturale Sede: Diocesi di Gibuti – sede centrale SITUAZIONE DI PARTENZA OBIETTIVI SPECIFICI INDICATORI (indicatori di bisogno) (Situazione di arrivo) A.Emarginazione: circa 100 bambini di strada frequentano il centro della Caritas nella città di Gibuti, di essi il 40% sono bambine. Questi bambini vivono in strada in situazioni di emarginazione e violenza, che ripropongono all’interno del centro (circa 6 atti di violenza al mese). Le differenze etniche, linguistiche e religiose rappresentano il 90% dei motivi di divisione tra bambini. B. Mancanza di diritti: il 30% dei bambini che frequentano il centro Caritas sono stranieri, rifugiati dai Paesi vicini in guerra, senza nessun tipo di assistenza sanitaria dalle autorità governative. 1. Aumentare la presenza di bambini che frequentano il centro Caritas a Gibuti, soprattutto delle bambine 1.1 Aumento del 10% della presenza di bambini che frequentano il centro di Gibuti 1.2 Aumento al 45% della presenza delle bambine al centro 2. Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni. 2.1.Eliminazione totale degli atti di violenza tra bambini 2.2.Il 70% dei bambini partecipa alle attività del centro regolarmente collaborando con gli altri bambini. 2.3. Eliminazione totale dei casi di divisione tra bambini per motivi etnici, linguistici e religiosi. 3. Fornire adeguata conoscenza 3.1.diminuzione del 50% delle igienica e di alimentazione ai infezioni (intestinali, genitali, ecc..) per bambini che frequentano il centro. i bambini che frequentano il centro C. Alfabetizzazione di base: 4.Fornire conoscenze di lingua francese di base, di calcolo il 50% dei 249 bambini di strada che frequentano il LEC di Boulaos, a Gibuti, non è mai andato a scuola, l’altro 50% ha iniziato l’iter scolastico obbligatorio senza concluderlo. 4.1.80% dei bambini che frequentano il centro acquisisce una conoscenza elementare in lingua francese 4.2.50% dei bambini che frequentano il centro acquisisce conoscenze sufficienti per eseguire calcoli 4.3.Il 30% dei giovani che frequentano il centro viene inserito in centri di alfabetizzazione LEC, e in centri di formazione professionale. Il 80% del personale impiegato partecipa al 50% delle riunioni di coordinamento e non svolgono nemmeno un corso di aggiornamento all’anno. 5. Migliorare la formazione e partecipazione dagli operatori del LEC. L’ 80% del materiale scolastico viene perduto e deve poi essere riacquistato. 6.Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico 5.1 tutti gli operatori e volontari sono presenti ad almeno il 75% delle riunioni di coordinamento 5.2 tutti gli operatori stipendiati partecipano ad almeno un corso di aggiornamento rispetto al lavoro che svolgono 72 6.1.Riduzione del 20% delle spese relative all’acquisto dei materiali per il progetto 9)Descrizione del progetto e tipologia dell’intervento che definisca in modo puntuale le attività previste dal progetto con particolare riferimento a quelle dei volontari in servizio civile nazionale, nonché le risorse umane dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo: PREMESSA GENERALE SUL RUOLO E LO STILE DEI GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE E L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA. Le tecniche e le competenze, unitamente allo stile di presenza, definiscono l’apporto dei giovani in servizio civile, alla trasmissione ed all’acquisizione di capacità, da parte delle stesse popolazioni locali. Tale presenza favorisce il rafforzamento delle comunità e l’auto-sviluppo sociale ed economico. Il progetto punta soprattutto sulle capacità umane e relazionali, lo spirito di servizio, la forte motivazione e l’assunzione di uno stile di presenza che pone al centro iniziative di promozione umane. I giovani portano il loro contributo al progetto attraverso la creazione, l’integrazione e/o il rafforzamento di relazioni fra comunità ‘inviante’ (in Italia) e comunità ‘accogliente’ (all’estero), sperimentando modalità innovative di analisi, progettazione o realizzazione di iniziative che favoriscono la promozione delle fasce più svantaggiate della popolazione ed un auto-sviluppo delle comunità locali. Il loro ruolo presuppone un consapevole inserimento nei contesti di servizio, senza nulla dare per scontato, coinvolgendo tutti (volontari, operatori professionali, collaboratori, religiosi/e, la comunità locale) nell’accogliere ogni volta queste figure. La definizione operativa del ruolo è in capo al responsabile del progetto, in collaborazione con il responsabile di servizio civile della Caritas diocesana e al/i responsabile/i dell/gli organismo/i all’estero ove si svolge il servizio. Nell’affidare funzioni e compiti al giovane in servizio civile, va prestata particolare attenzione alla differenza dagli altri operatori, prevedendo gradualità e considerando la sua peculiarità di transitare/uscire dall’organizzazione. Il progetto prevede compiti a prevalente contenuto relazionale, distinguendo fra attività ‘con’ ed attività ‘per’. Per attività ‘con’ si intendono quelle che prevedono una relazione diretta; per attività ‘per’ quelle indirette atte a rendere più efficaci le attività ‘con’. In generale le attività proposte sono riassumibili nella categoria delle attività di partneriato e cooperazione. Si tratta dello strumento principe della metodologia di azione adottata nell’ambito di Progetti di Cooperazione allo Sviluppo.Il dialogo, il confronto costante, la condivisione delle risorse, delle dinamiche e dei tempi sono gli elementi che caratterizzano ogni singola azione di rafforzamento e sostegno di gruppi svantaggiati e vulnerabili nei Paesi in Via di Sviluppo. La corresponsabilità nei processi decisionali, la compartecipazione dei poteri e la reciprocità di progettazione degli interventi sono le basi metodologiche di azioni di promozione dello Sviluppo tese alla diminuzione di circostanze favorevoli al conflitto Principi, metodologici e di stile degli operatori della Caritas Italiana all’estero: La metodologia o lo stile adottato nelle attività dagli operatori della Caritas all’estero risponde ai seguenti principi: Stile di sobrietà e rispetto della cultura locale Viene proposto uno stile di presenza nel quotidiano che sia anche testimonianza di sobrietà e di rispetto della cultura delle popolazioni locali. E’ chiesto agli operatori quindi uno stile di relazione e di vita quotidiana (uso dei mezzi, vestiario, cibo, ecc.) che tenga conto degli usi, costumi, tradizioni locali e che mantenga sempre un carattere di sobrietà rispettoso anche delle situazioni di povertà che si vanno ad incontrare. Stile di presenza improntato sull'ascolto, l'osservazione ed il discernimento L’ascolto, l’osservazione e il discernimento sono metodo di relazione, condizioni indispensabili per poter conoscere i bisogni che le persone e le comunità esprimono, e poterli poi affrontare in maniera appropriata. Il metodo di lavoro non è riconducibile a luoghi e strutture, ma a una sensibilità di comunione e alla passione per i poveri, la comunità e il territorio. Un metodo costruito sull’incontro, il confronto e la relazione, che invita a osservare continuamente le persone nella loro età, mobilità, nei disagi che vivono, per evidenziare poi a tutta la comunità una situazione in cambiamento che chiede nuove scelte, nuovi percorsi e nuove azioni. La riconciliazione come metodo e approccio educativo: la relazione prima dell'azione Questo concetto parte dal presupposto che in situazione di conflittualità sociali esplicite o latenti, la riconciliazione è un processo a medio/lungo termine che può essere favorito assumendo un metodo di lavoro integrato che nelle relazioni con le comunità locali e nella progettazione di qualsivoglia tipologia di intervento di promozione e sviluppo, tiene conto delle dinamiche conflittuali presenti nel tessuto sociale. Per favorire la riconciliazione occorre allora un'attenzione particolare alla dimensione relazionale. L'approccio 73 della Caritas in generale e del progetto di servizio civile in particolare fa leva proprio su questo aspetto, cercando di adottare stili di presenza e di partenariato che qualifichino gli interventi di solidarietà ed il rapporto quotidiano con le controparti, come interventi che incidono positivamente sul processo di trasformazione dei conflitti e di riconciliazione tra individui e comunità. In questo senso allora la ricostruzione, la riabilitazione e la riconciliazione fanno parte di un unico processo di promozione e accompagnamento delle comunità afflitte da violenze, e sono aspetti tra loro interconnessi in modo inscindibile. La rete come stile e obiettivo di lavoro: lavoro in rete e di rete Lavoro di rete: Con un “lavoro di rete” la Caritas Italiana intende attuare un’operazione di supporto alle reti già esistenti: Caritas diocesane, parrocchie, associazioni, comitati. Assistere coloro che già agiscono in collegamento tra loro e/o promuovere reti di collegamento mantenendo fermo l’obiettivo di rendere l’intervento rispondente ai bisogni della comunità. Lavoro in rete: Con un "lavoro in rete" la Caritas Italiana intende attuare un'operazione di collegamento con il network di Caritas Internationalis e inserirsi nelle reti ecclesiali, e non solo, per un adeguato coordinamento. La nonviolenza La nonviolenza è intesa come stile di relazione orizzontale2 e come impegno volto al superamento delle violenze nelle varie forme in cui si esprime. La dimensione politica: la promozione e l'advocacy proprio nell'ottica del superamento delle violenze strutturali, l'approccio della Caritas è volto a valorizzare e responsabilizzare la comunità locale in modo da fare di quest’ultima non tanto l’oggetto di una serie di interventi assistenziali, ma un soggetto attivo nella propria realtà, capace di gestire autonomamente gli interventi, autorappresentarsi, rivendicare e tutelare i propri diritti ed in particolare dei più svantaggiati, stabilire relazioni e collegamenti con altri soggetti della società civile , negoziare con le amministrazioni locali, superare le cause delle ingiustizie. Stile di reciprocità, gradualità, accompagnamento con le controparti locali (ascolto, osservazione e discernimento anche nella relazione) L'approccio d'area E’ una metodologia che è stata utilizzata dalla Caritas Italiana soprattutto a partire dagli anni novanta in occasione di crisi umanitarie molto vaste riguardanti diversi Paesi di intere aree regionali. Esempi di progetti pensati e realizzati in quest’ottica sono: il “Progetto Grandi Laghi” realizzato in Africa a seguito del conflitto in Rwanda del 1994, il “Progetto Uragano Mitch” in Centro America nel 1998 ed infine il “Progetto Balcani” nel 1999. L’ “approccio d’area” consiste in uno stile progettuale che: -nello sviluppare una progettualità sociale dal basso riguardante i bisogni specifici di singoli Paesi, tiene conto della complessità di contesto di tutta l’area di riferimento; -adotta metodologie di lavoro in rete e stili di presenza comuni; -definisce una strategia unitaria per tenere conto delle caratteristiche e necessità comuni a Stati vicini con l’obiettivo di realizzare interventi maggiormente efficaci; -fa leva su sinergie di tipo pastorale, operativo, comunicativo. Andare, stare, ritornare: raccontare, testimoniare, sensibilizzare, fare ponte tra comunità inviante e comunità accogliente Un andare e uno stare che è prima di tutto offrire vicinanza alla comunità ecclesiale nelle sue strategie di valorizzazione e recupero della storia e del vissuto dei poveri, soprattutto. Un ritornare nelle nostre comunità che si fa momento di condivisione del vissuto che questa vicinanza ha realizzato. Un ritornare che ci fa “già” pregustare la presenza sul campo in termini di ricaduta sulla comunità che ci ha inviato o ci sostiene. L’esperienza restituisce alla comunità che invia, all’organismo Caritas, un tesoro da re-investire perché sia di nuovo capitalizzato. L’articolazione della proposta Il Progetto prevede un periodo effettivo all’estero non inferiore a 9 mesi ed un impegno complessivo non inferiore a 12 mesi. Il percorso di inserimento prevede un colloquio di selezione, una fase propedeutica, un periodo di formazione di inizio servizio, un accompagnamento formativo in loco che sarà intervallato da un modulo formativo durante l'unico rientro intermedio, fino all’uscita dall’esperienza, con il rilascio di un attestato di servizio. 2 Nel senso di quanto esposta da Pat Patfort nella descrizione del sistema Maggiore/minore 74 La descrizione delle attività specifiche, delle risorse umane e del ruolo dei volontari è presentata in modo distinto per ciascun paese. 9.1.COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI SIERRA LEONE Obiettivo 1.1 Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità nelle aree periferiche e rurali in possesso di nozioni di tutela giuridica e monitoraggio diritti umani: passare dal 10% al 20% Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 1.1.a 1-preparazione materiale formativo e didattico in sede centrale Sessioni formative nei 21 2-training sul terreno sul monitoraggio della protezione dei diritti umani; Comitati territoriali di 3-distribuzione modelli di monitoraggio e condivisione metodi di monitoraggio dei diritti umani comunicazione regolari esistenti nell’area territoriale su tecniche e modelli per il METODOLOGIA: preparazione schede formative di sintesi semplificate su monitoraggio delle violazioni diritti umani più comunemente violati; elaborazione modelli per monitoraggio con domande semplici, chiare, definite; metodologia partecipativa durante le sessioni formative e simulazioni pratiche di compilazione modelli; accordo su comunicazioni trimestrali scritte dalla periferia (Comitati) al centro (CGPDU) 1.1.b 1-elaborazione sistema informatico di raccolta dati; Elaborazione e 2- aggiornamento trimestrale del database secondo informazioni provenienti aggiornamento regolare dalla base; banca dati regionale a livello 3- analisi annuale dei dati raccolti; centrale per monitoraggio 4-diffusione dei dati alla base e a livello regionale (condivisione con altre violazioni diritti umani nelle organizzazioni territoriali e nazionali) diverse aree territoriali METODOLOGIA: utilizzo sistema di raccolta e archiviazione dati (es. excel, access); dal cartaceo all’informatico: raccolta dati e rielaborazione informatica; sintesi annuale dei dati e analisi rielaborata; relazione finale esplicativa da diffondere a livello regionale e nazionale 1.1.c 1-raccolta dati e sintesi trimestrale; Organizzazione programmi 2-responsabile Comitati territoriali di monitoraggio CGPDU partecipa alla radiofonici trimestrali di programmazione di Radio Maria per la diffusione dei risultati; aggiornamento su violazioni e 3- risposta ad eventuali interventi dei cittadini; monitoraggio regionale 4-dibattito in studio tra esperti in tutela giuridica dell’individuo e difesa diritti umani METODOLOGIA: programma radio con possibilità di interventi in diretta; dibattito in studio radiofonico con partecipazione 3-4 esperti a trimestre; registrazione programma radio per archiviazione documenti Obiettivo 1.2 Aumento dei cittadini delle aree rurali consapevoli su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni: passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 1.2.a 1- contatto con coordinatori locali Comitati; Organizzazione sessioni di 2- organizzazione logistica sessione di formazione; formazione aperte alla 3- elaborazione materiale formativo in sede centrale; popolazione nei 21 Comitati 4- sessione formativa nei 21 Comitati territoriali di monitoraggio; locali di monitoraggio su diritti umani fondamentali e misure METODOLOGIA: metodologia partecipativa nella sessione formativa; da adottare in caso di simulazioni di casi e giochi di ruolo per un migliore e più immediato violazioni apprendimento della popolazione, anche illetterata, utilizzo di piccole scenette indicative e formative. 1.2.b 1-un operatore di Radio Maria Sierra leone sul terreno con lo staff della Trasmissione mensile di una CGPDU; sessione formativa in diretta 2-trasmissione in diretta della formazione 75 dal terreno 3-possibilità di domande e interventi telefonici in studio METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità di interventi telefonici in diretta da parte dei cittadini in ascolto; rapporto conclusivo operatore CGPDU Makeni/operatore radio Obiettivo 2.1 Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, aree di competenza e intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- preparazione materiale formativo e programma 2.1.a Seminari di sensibilizzazione 2- organizzazione 5 seminari –uno per ogni distretto-: distribuzione lettere di sul “Second Poverty invito, organizzazione logistica; scelta formatori 3- seminario di due giorni in Makeni per Bombali, Magburaka per Tonkolili, Reduction Strategy Paper 2008-2012” per consiglieri Kabala per Koinadugu, Port Loko per Port Loko, Kambia per il distretto di distrettuali, locali, autorità dei Kambia 54 chiefdoms e leaders 4- elaborazione rapporto finale con raccomandazioni da parte dei formatori tradizionali. METODOLOGIA: tabelle riassuntive e grafici di sintesi punti principali del Second Poverty Reduction Strategy; selezione 30-40 partecipanti per ogni distretto; seminario: analisi partecipata livello di conoscenza documento e principali punti critici; utilizzo sistema SWOT per analisi documento; spiegazione punti principali da parte dei formatori; dibattito, lavori di gruppo per identificazione modalità di applicazione delle raccomandazioni; questionario di valutazione finale del seminario; collaborazione con esperti Caritas Makeni 2.1.b 1- elaborazione sussidio di formazione da parte degli operatori della Corsi di formazione per i CGPDU di Makeni; consiglieri distrettuali e dei 54 2- organizzazione logistica 5 corsi di formazione, uno per ogni distretto 3- training di 3 giorni: il primo dedicato alla gestione delle amministrazioni chiefdoms e i leaders tradizionali su tecniche e locali, il secondo alla legislazione; il terzo alla gestione finanziaria e procedure per la gestione di trasparenza amministrativa amministrazioni locali, la 4- elaborazione rapporto finale da parte del coordinatore della formazione preparazione e l’applicazione con raccomandazioni per le autorità di leggi, la trasparenza METODOLOGIA: distribuzione lettere di invito nei distretti; selezione a livello amministrativa ed economica locale e distrettuale di 30-40 partecipanti alla formazione; training: brevi lezioni frontali con analisi casi concreti; dibattito; lavori di gruppo su casi di studio e giochi di ruolo; questionario di valutazione finale della sessione di formazione; elaborazione rapporto finale 2.1.c 1-preparazione copie della legge e materiale formativo-esplicativo Seminari per le diverse 2-organizzazione logistica 5 seminari, uno per ogni distretto: distribuzione autorità locali e per i leader lettere di invito, scelta formatori (avvocati e esperti di legislazione), tradizionali identificazione sede per il seminario sull’implementazione del 3-seminario di due giorni: primo giorno di presentazione legge e dibattito su “Local Government Act 2004” principi fondamentali sanciti; secondo giorno sull’applicazione concreta della e del processo di legge e su ruoli e responsabilità concrete delle diverse categorie di autorità decentralizzazione: ruoli e 4- rapporto finale da parte del coordinatore dei seminari con responsabilità delle autorità raccomandazioni alle autorità locali elette e tradizionali METODOLOGIA: sussidio formativo di supporto per ogni partecipante; seminario: spiegazioni frontali con supporto di flip chart, dibattito in plenaria; lavori di gruppo su casi di studio e casi concreti di applicazione; questionario finale di valutazione seminario Obiettivo 2.2 Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 76 2.2.a Partecipazione di un rappresentante della Commissione Giustizia e Pace in qualità di osservatore alle riunioni pubbliche di coordinamento dei consigli distrettuali con le organizzazioni governative e non presenti sul territorio 2.2.b Seminari di formazione per rappresentanti delle comunità di base e amministratori locali sulle opportunità di interazione e coordinamento tra amministrazioni locali e cittadini, in particolare sul ruolo dei Ward Committees, (comitati esecutivi con rappresentanti eletti dei cittadini, incaricati di identificare problemi e proporre possibili soluzioni alle istituzioni politico-amministrative locali) 1- un operatore della CGPDU di Makeni partecipante alle riunioni nei 5 distretti; 2- elaborazione rapporto sui contenuti degli incontri con raccomandazioni METODOLOGIA: contatto costante anche solo telefonico con i coordinatori distrettuali degli incontri; rapporto narrativo con raccomandazioni da inviare a tutti i partecipanti a ciascun incontro; rapporto generale trimestrale con raccomandazioni per le autorità distrettuali 1- preparazione materiale didattico per la formazione 2-organizzazione logistica seminari attraverso i Comitati territoriali 3- seminari nelle aree dei 21 Comitati con partecipazione membri SottoCommissioni, rappresentanti Ward Committees, amministratori locali e rappresentanti comunità di base: analisi status collaborazione tra i diversi livelli amministrativi; formazione sulle opportunità di interazione e possibili metodologie di cooperazione 4- rapporti finali seminari con raccomandazioni agli attori sul terreno 5- monitoraggio attività di collaborazione Ward Committees - consigli locali da parte dei Comitati territoriali METODOLOGIA: seminario: analisi contestuale con metodo SWOT; analisi di casi concreti, lavori di gruppo con composizione mista stakeholders-membri Comitati--membri Ward Committees; monitoraggio: elaborazione schede di monitoraggio attività di collaborazione per Comitati e questionari da somministrare alle autorità locali e ai membri dei Ward Committees semestralmente su attività portate avanti congiuntamente 2.2.c 1- incontri informali e formali, individuali e collettivi, con consiglieri distrettuali Organizzazione sedute e locali per promuovere sedute pubbliche dei consigli e evidenziarne pubbliche periodiche (mensili) l’importanza; dei consigli distrettuali e locali 2- supporto nella preparazione degli incontri (diffusione, ordine del giorno, per incontro diretto cittadinidibattito, interventi, raccomandazioni e decisioni) istituzioni sulla base di un 3- partecipazione in qualità di osservatori alle sedute pubbliche ordine del giorno preciso e METODOLOGIA: incontri informali e concordati ufficialmente con autorità, con presa di decisioni il più analisi partecipata vantaggi e svantaggi partecipazione pubblica alle sedute possibile condivise dei consigli; preparazione condivisa schemi per ordine del giorno e struttura degli incontri; spiegazione ruolo e attività consiglieri locali da parte delle autorità locali e consegna materiale informativo e didattico sul ruolo dei consiglieri 2.2.d 1- organizzazione trasmissione in diretta su Radio Maria Sierra Leone delle Trasmissione via radio sedute sedute pubbliche dei consigli; pubbliche mensili incontro 2- interviste ai consiglieri e ai cittadini; cittadini-amministratori 3- forum in studio dopo gli incontri METODOLOGIA: scelta di un distretto al mese per la trasmissione dei consigli in diretta; forum con consiglieri e possibilità di telefonate in radio; invito autorità locali in studio per testimonianze Obiettivo 2.3 Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: dal 50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con competenze acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale decentrato nei budget distrettuali e locali Azioni 2.3.a Organizzazione corsi di formazione per autorità locali elette e tradizionali e membri Comitati territoriali su analisi sociale e project cycle Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- preparazione materiale formativo; 2- organizzazione logistica corsi: 1 per ogni distretto (5 totali), 30 partecipanti, 2 facilitatori; distribuzione lettere di invito; 3- corsi di formazione di due giorni; 4- rapporto finale con raccomandazioni da presentare alle autorità METODOLOGIA: corso di formazione: lezioni frontali; lavori di gruppo sulle 77 management diverse fasi del progetto; analisi casi concreti; redazione di un progetto sulla base di un problema locale individuato dai consiglieri; restituzione in plenaria e condivisione del lavoro di gruppo; coordinamento di Caritas Makeni (direttore e project manager) e collaborazione esperti Università di Makeni 1- assistenza tecnica in sede o in loco nella redazione dei progetti; 2- monitoraggio attività richiesta fondi tramite i Comitati 2.3.b Supporto alle autorità locali nella redazione di progetti per METODOLOGIA: assistenza su richiesta delle autorità; analisi partecipata; richiesta fondi supporto staff Caritas Makeni Obiettivo 2.4 Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali. Azioni 2.4.a Promozione incontri di coordinamento tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi:distretto, municipio, chiefdom, villaggio e organizzazione incontri periodici (bimestrali) 2.4.b Verifica pubblicazione atti decisionali delle istituzioni locali 2.4.c Comunicazione radiofonica decisioni prese nei Consigli distrettuali e locali Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- incontri individuali con rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei 5 distretti; 2- incontro collettivo rappresentanti di ogni distretto per analisi contesto e promozione iniziative; 3- supporto nell’organizzazione logistica e tecnica degli incontri: ordine del giorno; struttura incontro; 4- partecipazione agli incontri in qualità di osservatori; 5- redazione rapporto finale con raccomandazioni per le autorità. METODOLOGIA: analisi partecipata; realizzazione griglie comuni per monitoraggio incontri 1- verifica in loco tramite i Comitati territoriali pubblicazione decisioni nelle sedi dei consigli; 2- interviste a cittadini sulla disponibilità degli atti 3- redazione rapporti semestrali sulla trasparenza e la fruibilità delle decisioni METODOLOGIA: questionari strutturati concordati con i Comitati territoriali; rapporti semestrali 1- trasmissione decisioni prese nei consigli alla CGPDU; 2- raggruppamento decisioni per ogni distretto; 3- trasmissione radiofonica mensile in inglese e lingue locali per lettura decisioni. METODOLOGIA: archivio dati presso la CGPDU; raccolta mensile decisioni Obiettivo 2.5 Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e zero (0) arresti per disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 2.5.a 1-preparazione materiale formativo-esplicativo in sede centrale Organizzazione sessioni di 2-organizzazione logistica 5 seminari, uno per ogni distretto: distribuzione dialogo per candidati, lettere di invito, scelta formatori (avvocati e esperti di legislazione e rappresentanti dei partiti e mediazione politica), identificazione sede per il seminario autorità tradizionali nei 5 3-seminario in 2 parti, la prima sui principi della libertà di espressione, il capoluoghi distrettuali della processo di democratizzazione, la rappresentanza politica, la seconda regione (firma Protocollo di sessione di dialogo tra i diversi esponenti moderata da un esperto in intesa) mediazione politica 4-firma Protocollo di intenti e dichiarazione impegno a elezioni pacifiche, libere e democratiche da parte di candidati, rappresentanti dei partiti, autorità tradizionali 5- rapporto finale da parte del coordinatore dei seminari con raccomandazioni ai candidati e alle autorità METODOLOGIA: sussidio formativo di supporto per ogni partecipante; seminario: spiegazioni frontali con supporto di flip chart e slides, dibattito in plenaria; lavori di gruppo, metodologia partecipata per la sessione di dialogo; questionario finale di valutazione seminario 78 2.5.b Trasmissione delle sessioni in diretta dal terreno e interviste ai candidati 2.5.c Programma radiofonico settimanale di dibattito e interviste ai candidati e sensibilizzazione a clima pacifico durante le elezioni 1-un operatore di Radio Maria Sierra Leone sul terreno con lo staff della CGPDU; 2-trasmissione in diretta della sessione di dialogo 3-proclamazione e lettura protocollo finale firmato 4-interviste in diretta ai candidati METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità di interventi telefonici in diretta da parte dei cittadini in ascolto; rapporto conclusivo operatore CGPDU Makeni/operatore radio 1-dibattito in studio tra candidati moderato da un giornalista o un rappresentante della CGPDU; 2-possibilità di interventi telefonici in diretta e domande ai partecipanti; 3-appello finale a elezioni pacifiche e trasparenti da parte dei candidati METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità interventi esterni. Obiettivo 3.1 Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al 25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 3.1.a 1- preparazione materiale didattico e formativo in sede centrale Sessione di formazione per i 2- preparazione logistica sessioni sul terreno e suddivisione responsabilità Comitati territoriali su diritti di nello staff cittadinanza 3- formazione di un giorno per ogni Comitato 4- rapporti sessioni di formazione 3.1.b Seminari aperti alle comunità su diritti di cittadinanza 3.1.c Analisi territoriale su percezione dei diritti di cittadinanza e denunce di abusi 3.1.d METODOLOGIA: tavole semplificate di presentazione diritti fondamentali di cittadinanza (es. espressione, partecipazione, associazione…) con esempi concreti; formazione in inglese e lingua locale; formazione: prima parte di “lezione frontale” con supporto di flip chart e materiale cartaceo; seconda parte di lavori di gruppo e restituzione in plenaria; questionario finale di valutazione formazione. 1- scelta 3 villaggi di riferimento per seminari aperti alla popolazione; 2- suddivisione compiti e responsabilità tra i membri permanenti dei Comitati territoriali e animatori di comunità; 3- seminari di una giornata con spiegazione semplificata dei diritti e testimonianze dirette (circa 60 seminari in totale nella regione nord); 4- rapporto finale da ogni Comitato alla CPGDU METODOLOGIA: testimonianze dirette; seminari in lingua locale; rapporto da redigere sulla base di una griglia comune per tutti i Comitati stabilite in concordanza con la Commissione diocesana; partecipazione operatori Commissione diocesana in qualità di osservatori ad alcuni seminari 1- elaborazione questionario in CGPDU; 2- distribuzione questionari ai Comitati (50-80 questionari per ogni SottoCommissione); 3- somministrazione questionari alla popolazione da parte dei membri dei Comitati; 4- raccolta dati in sede centrale 5- elaborazione analisi e raccomandazioni finali in collaborazione con l’Università di Makeni; 6- presentazione pubblica e in radio risultati analisi e raccomandazioni METODOLOGIA: questionario (ca. 10 domande) base per analisi territoriale; somministrazione questionari in numero pari tra uomini e donne, a individui > di 14 anni, 50% nella località sede dei Comitati territoriali, 50% nei villaggi limitrofi; analisi dati e comparazione con dati di altre organizzazioni nazionali e internazionali; elaborazione grafici riassuntivi. 1- spazio quindicinale su Radio Maria Sierra Leone su diritti di cittadinanza: 79 Trasmissione radiofonica su diritti di cittadinanza e possibilità denunce di abusi cosa sono, come proteggerli e promuoverli METODOLOGIA: scelta di un diritto per ogni trasmissione, spiegazione da parte di esperti o dello staff della CGPDU; testimonianze dirette; dibattiti e forum in studio; possibilità di interventi in diretta. Obiettivo 3.2 Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40% consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004) Azioni 3.2.a Ricerca(distretto di Bombali) su conoscenza funzionamento decentralizzazione secondo la legge nazionale e consapevolezza attività nazionali e locali in merito 3.2.b Promozione incontri cittadiniautorità su spiegazione principi della decentralizzazione sanciti dalla legge e ruolo e attività autorità locali nel processo di decentralizzazione 3.2.c Trasmissione radiofonica sul processo di decentralizzazione Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- elaborazione questionario (ca. 10 domande) in CGPDU Makeni; 2- distribuzione questionario nei Comitati territoriali del distretto di Bombali 3- somministrazione questionario alla popolazione; 4- raccolta ed elaborazione dati in collaborazione con l’Università di Makeni; 5- pubblicazione ricerca e raccomandazioni METODOLOGIA: questionario; somministrazione di un totale di 1000 questionari nel distretto; rielaborazione grafica risultati. 1- incontri con autorità locali in ogni distretto da parte dello staff della CGPDU Makeni; 2- organizzazione incontri aperti alla popolazione con obiettivi specifici e ordine del giorno prestabilito; 3- preparazione scheda formativa riassuntiva da distribuire 4- rapporto incontri per ogni distretto METODOLOGIA: incontro: spiegazione semplificata in lingua locale da parte delle autorità; testimonianze dirette su ruolo e attività autorità; dibattito aperto; distribuzione scheda formativa riassuntiva sui principi della decentralizzazione in lingua locale; rapporto finale. 1- trasmissione radiofonica mensile con forum in studio e testimonianze dirette autorità locali e nazionali METODOLOGIA: forum in studio con autorità locali e leader tradizionali; possibilità di interventi telefonici in diretta; testimonianze dirette. Obiettivo 3.3 Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del diritto di voto: dal 50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione Azioni 3.3.a Organizzazione sessioni di informazione e formazione nelle aree dei Comitati territoriali aperte alla popolazione su diritto di voto:cosa fare per poterlo esercitare, come fare 3.3.b Trasmissione radiofonica settimanale su principi e regole del diritto al voto e jingles trasmessi regolarmente nell’ultimo quadrimestre pre-elettorale Descrizione attività e metodologia utilizzata 1-Preparazione materiale informativo e didattico in sede centrale – stampa brochure da distribuire; 2-Organizzazione logistica con responsabili Comitati territoriali per organizzazione sessioni aperte, anche in aree diverse dalla sede centrale del Comitato (es. in un villaggio); 3-Formazione giornaliera da parte dello staff centrale della CGPDU in inglese e lingue locali ; 4-Rapporto finale METODOLOGIA: brochure sintetiche e chiare con disegni esplicativi, piccole scenette; giochi di ruolo per migliorare l’apprendimento. 1-Drammatizzazione regole e procedure per esercizio diritto al voto (creazione scenette radiofoniche); 2-trasmissione degli spot e dei jingles 3-trasmissione settimanale con staff CGPDU e Università di Makeni per sensibilizzare alla partecipazione e alle modalità per farlo METODOLOGIA: scenette, jingles radiofonici, interventi in studio con possibilità di domande in diretta 80 Obiettivo 4.1 Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace Azioni 4.1.a Monitoraggio attività e incontri periodici dei Comitati territoriali Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- analisi rapporti incontri Comitati; 2- partecipazione operatori CGPDU come osservatori ad alcuni incontri dei Comitati METODOLOGIA: analisi registri presenze; condivisione dati raccolti. 4.1.b 1- preparazione materiale didattico-formativo in sede centrale; Organizzazione seminario per 2- seminario di due giorni a Makeni per rappresentanti donne nelle Sottocomponenti femminili Comitati Commissioni; sul ruolo peculiare della 3- rapporto e raccomandazioni finali donna nella protezione e METODOLOGIA: lettere di invito per Comitati territoriali; seminario: interventi promozione dei diritti di esperti e membri CGPDU; testimonianze dirette donne (autorità locali, rappresentanti ONG, organizzazioni nazionali e internazionali…), lavori di gruppo; questionario valutazione seminario; rapporto finale. Obiettivo 4.2 Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte Azioni 4.2.a Identificazione aree per creazione nuovi gruppi femminili di auto-mutuo aiuto 4.2.b Creazione nuovi gruppi e formazione al concetto di risparmio e piccola gestione finanziaria finalizzata al miglioramento degli standard di vita familiari 4.2.c Monitoraggio gruppi formati 4.2.d Programmi radiofonici di testimonianza e sensibilizzazione Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- a partire dai Comitati territoriali identificazione nuovi villaggi per creazione piccoli gruppi di donne (max. 20 componenti) METODOLOGIA: le donne appartenenti ai Comitati(o quelle già facenti parte di gruppi già formati) identificano nelle aree rurali zone sensibili e aree d’intervento possibili sondando disponibilità donne e autorità di villaggio alla formazione di tali gruppi. 1- contatto costante con donne appartenenti alle Sotto-Commissioni; 2- prima sessione giornaliera di formazione nelle aree rurali con piccoli gruppi di donne condotti da operatori CGPDU e Congregazione Sorelle di Maria Immacolata 3- promozione gruppi di auto-mutuo aiuto al termine della sessione formativa METODOLOGIA: partecipazione attiva donne al seminario con giochi di ruolo e attività pratiche; promozione dell’auto mutuo aiuto: raccolta mensile piccola somma di denaro per supplire a necessità individuali o collettive con sistema del prestito e restituzione periodica agevolata; elezione presidente segretario e tesoriere del gruppo per la gestione dei fondi; creazione registro entrateprestiti-restituzioni 1- visite periodiche sul terreno da parte delle Suore di Maria Immacolata e contatto diretto con il comitato esecutivo dei gruppi (Presidente, segretario, tesoriere) 2- monitoraggio CGPDU attraverso i membri delle Sotto-Commissioni e animatori di comunità 3- Riunioni periodiche Sorelle di Maria Immacolata - staff CGPDU METODOLOGIA: osservazione diretta attività e controllo registri entrate prestiti-restituzioni; rapporti mensili di attività da parte della CGPDU e delle Suore. 1- trasmissione radiofonica settimanale con spiegazione attività e obiettivi, forum in studio, testimonianze dirette di donne appartenenti ai gruppi formati METODOLOGIA: programma in inglese e lingue locali 4.2.e 1- Definizione delle variabili di analisi, campione di indagine, strumenti di Studio sull’impatto psicologico raccolta dati, tempistica; 81 del coinvolgimento associativo delle donne e della loro conseguente emancipazione nelle aree rurali 23- Raccolta dati; Analisi dei dati e stesura del rapporto di ricerca METODOLOGIA: questionari e interviste, raccolta dati e sistematizzazione in un sistema informatico. Lo studio si realizza grazie alla collaborazione con il Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica del Dipartimento di Scienze dell’Uomo dell'Università di Urbino che ne coordina le diverse fasi, in particolare la prima e la terza Obiettivo 4.3 Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della regione con capacità alfabetiche basiche Azioni 4.3.a Sessioni formative settimanali-nozioni basiche di lettura e scrittura Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- considerare i primi gruppi formati come target prioritario 2- sessione settimanale di formazione sulle nozioni elementari di firma, lettura, scrittura del proprio nome, dei componenti della famiglia 3- monitoraggio settimanale apprendimento lezioni precedenti 4- nomina coordinatrice interna METODOLOGIA: materiale basico di alfabetizzazione, simulazioni, dinamica partecipata, giochi di ruolo, lezioni frontali e lavori di gruppo; collaborazione DMI-Caritas Makerni (animatori e volontari sul terreno) Obiettivo 4.4 Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per denuncia in caso di abusi Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 4.4.a 1- programma radiofonico quindicinale sulla protezione dei diritti delle Programmi radiofonici di donne, garanzie legislative e passi concreti da fare per la denuncia di abusi testimonianza e sensibilizzazione METODOLOGIA: spiegazione da parte di esperti o impiegati del settore; testimonianze dirette di donne che hanno denunciato abusi; testimonianze di legali esperti nel settore. 4.4.b 1- nel corso dell’attività di monitoraggio sul terreno dei gruppi di donne Promozione e monitoraggio formati, condivisione nozioni elementari su consapevolezza diritti e attività di difesa diritti importanza denuncia di abusi attraverso i gruppi femminili METODOLOGIA: formazione informale attraverso la condivisione di formati problemi, partecipazione attiva delle donne, piccole schede e depliant informativi su cosa fare in caso di abusi 4.4.c 1- convocazione soggetti attivi nella difesa dei diritti delle donne nella Creazione ”cellula” di ascolto regione nord e scelta rappresentanti per creazione gruppo esecutivo per (sportello donna) presso la protezione e promozione diritti delle donne all’interno della CGPDU; Commissione Giustizia e 2- scelta membri permanenti del gruppo tra rappresentanti locali, Pace per la difesa dei diritti rappresentanti congregazione suore, rappresentanti donne sottodelle donne commissioni, rappresentanti CGPDU, rappresentanti società civile (max 10 persone) 3- Apertura sportello di ascolto “donne per le donne” presso la CGPDU per difesa diritti delle donne METODOLOGIA: preparazione schede informative su come denunciare abusi, gruppo esecutivo con incontri mensili; cellula di ascolto con apertura settimanale presso la sede della CGPDU coordinata dalla responsabile Gender Desk della CGPDU Obiettivo 4.5 Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40% delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone 82 Azioni 4.5.a Training nei Comitati territoriali sui principi fondamentali sanciti nei Gender Acts 4.5.b Dai Comitati ai villaggi: diffusione principi Gender Acts 4.5.c Programmi radiofonici di diffusione e spiegazione dei principi fondamentali delle leggi nazionali sui diritti delle donne 4.5.d Monitoraggio sull’impatto della formazione relativa ai Gender Acts e ricerca Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- preparazione materiale formativo e didattico 2- preparazione logistica training nei 5 distretti 3- training di un giorno sul terreno in tutti i Comitati territoriali 4- rapporti finali METODOLOGIA: schede riassuntive punti fondamentali Gender Acts; training: spiegazione semplificata principi legislative e azioni concrete di difesa diritti; lavori di gruppo; questionario di valutazione training 1- identificazione 3 aree d’ intervento per ogni Comitato in cui i membri trasmetteranno la formazione ricevuta da parte della CGPDU con il supporto degli animatori di comunità; 2- formazione giornaliera in lingua locale sui principi dei Gender Acts e distribuzione schede formative riassuntive in lingua locale 3- rapporto finale training da parte di ogni Comitato METODOLOGIA: diffusione nozioni “a cascata”, dal centro alla periferia; formazione partecipata con spiegazioni frontali, dibattiti. 1- in collaborazione con Radio Maria Sierra Leone, programma mensile per diffusione principi legislativi nazionali in vigore per la difesa dei diritti delle donne (3 Gender Acts) METODOLOGIA: scelta di un tema ogni mese, spiegazione, forum in studio, possibilità di interventi in diretta, testimonianze dirette. 1- preparazione questionario (max 10 domande) da parte della CGPDU e dell’Università di Makeni; 2- distribuzione questionario ai Comitati territoriali e tramite queste nelle aree di competenza; 3- raccolta ed elaborazione dati in collaborazione con il Dipartimento Ricerca dell’Università di Makeni 4- pubblicazione e diffusione ricerca METODOLOGIA: questionario base per il sondaggio; target della ricerca 50% uomini, 50% donne; rielaborazione grafica risultati. Obiettivo 4.6 Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali) Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 4.6.a 1-Elaborazione questionario diagnostico e identificazione target di ricerca; Ricerca sulle cause della 2-Distribuzione questionari nei 5 distretti (almeno 200 per ogni distretto) dai mancata partecipazione volontari della CGPDU femminile alla vita politica e del 3-Analisi e rielaborazione dei dati in collaborazione con Dip. Ricerca disimpegno sociale nei 5 Università Makeni distretti amministrativi della 4-rapporto finale di ricerca regione 5-diffusione risultati via radio e con pubblicazione alle altre organizzazioni locali, nazionali e internazionali 4.6.b Organizzazione incontro rappresentanti femminili Comitati territoriali a Makeni per sensibilizzazione alla partecipazione politica attiva 4.6.c Trasmissioni radiofoniche mensili sulla partecipazione METODOLOGIA: indagine diagnostica, campione random 1-preparazione materiale formativo in sede centrale; 2-logistica incontro e lettere di invito; 3-incontro: lezioni frontali sulla partecipazione femminile in politica (esperienze di donne impegnate attivamente); sensibilizzazione alla partecipazione attiva come candidate e alla diffusione del messaggio nei villaggi; 4-rapporto finale dell’incontro METODOLOGIA: incontro semestrale; dinamica partecipativa, brochure di sintesi; questionario finale di valutazione; testimonianze dirette donne già impegnate in politica (consiglieri, onorevoli) 1-dibattito in studio tra diverse esponenti dei partiti; 2-testimonianze dirette dell’impegno sociale e politico 83 delle donne alla vita politica tramite testimonianze dirette METODOLOGIA: testimonianze dirette e dibattiti in studio con possibilità di interventi telefonici in diretta L’attuazione del programma può essere facilmente tradotta in un cronogramma delle attività, suddivise nei 12 mesi di implementazione. Si fa notare che per motivi pratici si preferisce suddividere ciascuna mensilità in 4 periodicità settimanali, con la possibilità così di visualizzare le fasi delle diverse azioni e quando queste si svolgono contemporaneamente. 84 Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 1.1: Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità nelle aree periferiche e rurali in possesso di nozioni di tutela giuridica e monitoraggio diritti umani: passare dal 10% al 20% 1.1.a Sessioni formative monitoraggio per membri 21 CT 1. Materiale 2. Training 3. Modelli 1.1.b Elaborazione/aggiornamento banca dati regionale 1. Sist. informatico 2. Aggiornam. trimestrale 3. Analisi annuale 4.Diffusione risultati 1.1.c Programma radio trimestrale 1. Raccolta dati 2. Diffusione da CT 3. Risposta 4. Dibattito Ob.1.2: Aumento dei cittadini delle aree rurali consapevoli su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni: passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata 1.2.a Formazione aperta nei CT 1. Contatto coordinatori 2. Logistica 3. Preparazione materiale 4. Sessione formativa 1.2.b Trasmissione radio mensile in diretta 1. Operatore RM sul terreno 2. Trasmis. Diretta formaz. 85 3. Possibilità interventi Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 2.1: Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, arre di competenza e intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale; 2.1.a Sensibilizzazione su SPRSP per autorità locali 1. Preparazione materiale 2. Organizzazione seminari 3. Seminario 4. Rapporto finale 2.1.b Formazione autorità locali su gestione amministrazione 1.Sussidio formazione 2.Organizzaz. logistica 3.Training 4.Rapporto finale 2.1.c Seminari per autorità locali su Local Government Act 2004 1. Preparazione materiale 2. Organizzazione logistica 3. Seminario 4. Rapporto finale Ob. 2.2: Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro 2.2.a Partecipazione Commissione riunioni di coordinamento 86 1. Partecipazione riunioni 2. Elaborazione rapporto 2.2.b Formazione leader locali sul ruolo dei Ward Committees 1. Preparazione materiale 2. Organizzazione logistica 3. Seminari 4. Rapporti finali 5. Monitoraggio 2.2.c Sedute pubbliche consigli locali per incontro cittadini-istituzioni 1. Incontro consiglieri 2. Supporto per incontri 3. Osservazione incontri 2.2.d Trasmissione via radio sedute pubbliche mensili 1. Organizzaz. trasmissione 2. Interviste consiglieri 3. Forum Ob. 2.3: Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: dal 50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con competenze acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale decentrato nei budget distrettuali e locali 2.3.a Formazione per autorità locali e SC su project cycle management 1. Preparazione materiale 2. Organizzazione logistica 3. Corsi di formazione 4. Rapporto finale 2.3.b Supporto a autorità per progetti 87 1. Assistenza tecnica 2. Monitoraggio Ob. 2.4: Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali. 2.4.a Promozione incontri coord. Rappr. diversi livelli amministr. 1. Incontri individuali 2. Incontro collettivo 3. Supporto logistico 4.Osservazione incontri 5. Rapporto finale 2.4.b Verifica pubblicazione atti decisionali istituzioni locali 1.Verifica pubbl. decisioni 2. Interviste cittadini 3. Rapporti semestrali 2.4.c Comunicazione radiofonica decisioni Consigli locali 1. Trasmissione decisioni 2. Raggruppamento decision 3. Trasmissione radiofonica Ob. 2.5: Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e zero (0) arresti per disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale 2.5.a Sessioni di dialogo per candidati 5 distretti 1. Preparazione materiale 2. Organizzazione logistica 3. Seminario 4. Protocollo 5. Rapporto finale 88 2.5.b Trasmissione radio diretta 1. Operatore 2. Diretta sessione 3. lettura Protocollo 4. interviste 2.5.c Programma radio settimanale dibattito /interv candidati 1. Dibattito 2. Interventi telefonici 3. Appello finale candidati Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 3.1: Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al 25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia 3.1.a Formazione per le SC su diritti di cittadinanza 1. Preparazione materiale 2. Preparazione logistica 3. Formazione 4. Rapporti formazione 3.1.b Seminari per comunità su diritti di cittadinanza 1. Scelta villaggi 2. Seminari 3. Rapporto finale 3.1.c Analisi territoriale su diritti di cittadinanza e denunce di abusi 1. Elaboraz. Questionario 2. Distr.. questionario SC 89 3. Somministr. Questionario 4. Raccolta dati 5. Analisi e raccomandaz. 6. Pubblicazione 3.1.d Trasmissione radio su diritti di cittadinanza e diritto denuncia Ob. 3.2: Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40% consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004) 3.2.a Ricerca (distretto di Bombali) su decentralizzazione 1. Elaboraz. Questionario 2. Distrib. Question. SC 3. Somministraz. Quest. 4. Raccolta dati 5. Pubblicazione 3.2.b Incontri cittadini-autorità su principi decentralizzazione 1. Incontri autorità 2. Preparaz. Incontri pop. 3. Scheda formativa 4. Rapporto 3.2.c Trasmissione radiofonica sul processo di decentralizzazione Ob. 3.3: Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del diritto di voto: dal 50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione 3.3.a Formazione su diritto di voto 1. Preparazione materiale 2. Preparazione logistica 90 3. Formazione 4. Rapporto 3.3.b Trasmissione radio e jingles 1. Drammatizzazione 2. Jingles 3. Sensibilizzazione Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 4.1: Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace 4.1.a Monitoraggio attività e incontri periodici Comitati territoriali 1. Analisi rapporti CT 2. Osservazione incontri CT 4.1.b Seminario per donne CT su protezione promozione diritti 1. Preparazione materiale 2. Seminario 3.Rapporto/raccomandazioni Ob. 4.2: Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte 4.2.a Identificazione aree per creazione nuovi gruppi femminili 4.2.b Creazione nuovi gruppi e formazione al concetto di risparmio 1. Contatto donne CT 2.Prima sessione formativa 91 3.Gruppi auto-mutuo aiuto 4.2.c Monitoraggio gruppi formati 1. Visite periodiche 2. Monitoraggio con CT 3. Riunioni CGPDU-Suore 4.2.d Programmi radiofonici di testimonianza e sensibilizzaz. 4.2.e Studio risvolti psicologici attività associativa donne 1.Variabili 2.Raccolta dati 3.Rapporto Ob. 4.3: Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della regione con capacità alfabetiche basiche .4.3.a Sessioni formative settimanali 1.Primi gruppi target 2.Sessione settimanale 3.Monitoraggio 4.Nomina coord. Ob. 4.4: Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per denuncia in caso di abusi 4.4.a Programmi radiofonici di testimonianza e sensibilizzaz 4.4.b Monitoraggio attività difesa diritti 4.4.c Creazione ”cellula” di ascolto per la difesa dei diritti donne 1. Convocaz. Soggetti attivi 2.Scelta membri permanenti 92 3. Apertura sportello ascolto Ob. 4.5: Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40% delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone 4.5.a Training nei CT sui principi fondamentali dei Gender Acts 1. Preparazione materiale 2. Logistica 3. Training 4. Rapporto finale 4.5.b Dai CT ai villaggi: diffusione Gender Acts 1.Identificaz.aree intervento 2. Formazione 3. Rapporto finale 4.5.c Programmi radio diffusione Gender Acts 4.5.d Monitoraggio e ricerca su diffusione Gender Acts 1.Preparaz. questionario 2. Distribuz. questionario 3. Raccolta/Elaboraz. dati 4. Pubblicazione Ob. 4.6: Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali) 4.6.a Ricerca su partecipaz.donne 1. Elaborazione questionario 2. Distribuzione questionario 3. Analisi dati 4. Rapporto finale di ricerca 5. dissuasione risultati 93 4.6.b Incontro donne 1.Preparazione materiale 2. Logistica incontro 3. Incontro 4. Rapporto finale 4.6.c Programmi radio 1.Dibattito 2. Testimonianze 94 GUINEA Obiettivo 1.1 Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori): rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un Coordinamento Permanente. Azioni 1.1.a Incontro preliminare responsabili OCPH - volontari attivi Commissione Giustizia e Pace diocesana per analisi situazione tutela diritti umani nell’area territoriale di competenza 1.1.b Diffusione in Parrocchie, luoghi pubblici, luoghi di incontro e animazione proposta creazione Coordinamento Permanente Giustizia e Pace (CPGP) 1.1.c Organizzazione primo incontro plenario rappresentanti cittadini, volontari CGP, membri OCPH e formazione Coordinamento permanente 1.1.d Organizzazione incontri formativi settimanali membri CPGP Descrizione attività e metodologia utilizzata 1. convocazione incontro; 2. incontro OCPH – volontari CGP 3. elaborazione rapporto incontro e raccomandazioni METODOLOGIA: dinamica partecipativa, analisi SWOT CGP diocesana nella regione forestale; albero dei problemi e degli obiettivi 1. preparazione materiale informativo, brochure volantini; 2. identificazione luoghi di distribuzione 3. distribuzione materiale METODOLOGIA: materiale informativo sintetico, chiaro, anche con immagini, volantini e brochure; distribuzione omogenea in tutta l’area territoriale-target 1- elaborazione materiale informativo e formativo per incontro; 2- organizzazione logistica incontro 3- incontro di informazione obiettivi e attività CPGP e impegno richiesto ai membri 4- scelta componenti CPGP 5- elaborazione rapporto finale con adesioni e raccomandazioni METODOLOGIA: dinamica partecipativa; spiegazione frontale e spazio a domande dei partecipanti; 20 membri del Coordinamento Permanente 1- elaborazione ordine del giorno e materiale formativo incontri; 2- incontri settimanali con partecipazione formatori in diverse aree (costruzione della pace, riconciliazione, mediazione, significato e ruolo della commissione, principi e approccio, relazioni con le autorità, approccio pedagogico alla formazione sul terreno, tecniche di animazione…) 3- elaborazione sussidio materiale formativo per operatori e formatori CPGP METODOLOGIA: lezioni frontali e dinamica partecipativa, lavori di gruppo, giochi di ruolo, esercitazioni e simulazioni, sussidio formativo con parte teorica ed esercizi pratici/lavori di gruppo da proporre nelle sessioni formative sul terreno Obiettivo 1.2 Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata; Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 1.2.a 1-identificazione aree e reperimento contatti leader civili, religiosi, Contatto leader comunitari rappresentanti delle diverse categorie; (nelle aree identificate) 2-preparazione logistica visite preliminari sul terreno- incontro autorità; 3-visite ai leader delle 11 aree per presentazione progetto, obiettivi, attività 4-elaborazione rapporti degli incontri 5-analisi e rielaborazione dati incontri METODOLOGIA: visite sul terreno in team, contati telefonici e tramite lettere di comunicazione ufficiali, rapporti di sintesi su modello uniforme per tutti gli incontri 95 1.2.b Incontro rappresentanti giovani, donne, comunità cattolica e musulmana, insegnanti (stakeholders) nelle diverse comunità identificate (11) e formazione Cellula territoriale per la tutela della pace e dei diritti umani (CT) 1234- Elaborazione agenda incontri sul terreno; Preparazione logistica incontri; elaborazione materiale formativo incontri; incontri sul terreno per illustrazione dinamiche di formazione gruppi territoriali, obiettivi e attività rafforzamento monitoraggio diritti umani sul territorio; 5- identificazione componenti gruppo di riferimento della comunità per creazione Cellula territoriale tutela pace e diritti umani 6- individuazione coordinatore Cellula 7- elaborazione rapporto finale degli incontri con lista dei componenti e del coordinatore della Cellula METODOLOGIA: sessione formativa frontale e spazio al dibattito e alle domande; rapporto finale di sintesi incontro; lista componenti con contatti telefonici e, eventualmente, mail 1.2.c 1. analisi e rielaborazione dati rapporti di sintesi incontri leader civili e Elaborazione in sede centrale religiosi e rappresentanti comunità; (OCPH e membri CGP 2. elaborazione progetto di sostegno alle comunità di base per tutela e diocesana) progetto formativo monitoraggio pace e diritti umani; di sostegno e rafforzamento 3. identificazione responsabile OCPH coordinamento programma e comunitario Cellule territoriali suddivisione ruolo volontari CGP diocesana 1.2.d Sessioni formative alle 11 Cellule territoriali 1.2.e Creazione banca dati monitoraggio tutela diritti umani METODOLOGIA: costituzione gruppo di lavoro sul progetto; ciclo del progetto per la redazione, scelta partecipata e condivisa coordinatore, griglia di partecipazione membri CGP diocesana 1. elaborazione materiale formativo; 2. organizzazione logistica incontri sul terreno e contatti responsabili Cellule; 3. sessioni formative sul terreno su: ruolo CT e modalità di monitoraggio diritti umani; 4. elaborazione modello per monitoraggio violazioni diritti umani; 5. valutazione incontro tramite questionario 6. elaborazione rapporto finale METODOLOGIA: brevi e chiare schede formative su ruolo e responsabilità membri CT, incontri formativi con esposizioni frontali, lavori di gruppo, esercitazioni su casi concreti, giochi di ruolo; modello per monitoraggio violazioni diritti umani uniforma con numero limitato di domande a risposta multipla e note finali (per una migliore analisi e rielaborazione dati); questionario di valutazione finale con domande a risposta multipla e commento finale aperto. 1. elaborazione sistema informatico; 2. raccolta dati mensile dalle Cellule territoriali; 3. rielaborazione dati semestrale; 4. rapporto semestrale risultati; 5. diffusione risultati analisi METODOLOGIA: sistema informatico di raccolta e elaborazione dati; rielaborazione semestrale dati per categorie di diritti e per area territoriale; diffusione rapporto alle autorità locali e regionali e alle altre organizzazioni locali, nazionali e internazionali presenti sul territorio impegnate nel settore. Obiettivo 1.3 Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%; Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 1.3.a 1- comunicazione OCPH/CGP diocesana a responsabili quartieri e aree Identificazione rappresentanti territoriali – target; giovani a livello territoriale 2- scelta 5 giovani rappresentanti per ogni area/quartiere e comunicazione (quartieri di N’Zérékoré e 11 lista ai responsabili di progetto aree territoriali identificate) 96 METODOLOGIA: scelta autonoma responsabili quartieri e aree territoriali, comunicazione obiettivi azione nella comunicazione iniziale 1.3.b Incontro plenario giovani (informativo e formativo) nel capoluogo regionale 1. elaborazione materiale formativo incontro; 2. organizzazione logistica incontro; 3. incontro a N’Zérékoré in presenza autorità civili, politiche, religiose; spiegazione obiettivi dell’azione e tappe successive; formazione su “giovani come operatori di pace” 4. questionario di valutazione incontro; 5. elaborazione rapporto finale incontro con lista presenze e contatti METODOLOGIA: breve sussidio “giovane come operatore di pace” (cosa si può fare, come farlo quotidianamente”; incontro con lezioni frontali e lavori dei gruppo con dinamica partecipativa, giochi di ruolo; questionario valutativo con domande a risposta multipla e commento finale; lista presenze e contatti partecipanti 1.3.c Organizzazione incontri formativi e sessioni di dialogo trimestrali con animatori e consulenti su tematiche attuali di pace, riconciliazione, giustizia 12345- elaborazione calendario incontri annuali; comunicazione ufficiale ai rappresentanti di ogni area; organizzazione logistica incontri (4 incontri, ognuno in un’area diversa); elaborazione materiale formativo incontri 4 incontri: educazione e pace (con insegnanti e formatori); religione e pace (sacerdoti e imam) ; politica e pace (rappresentanti delle istituzioni locali eletti e tradizionali); gestione e risoluzione dei conflitti 6- questionario di valutazione incontri; 7- rapporto finale incontri; 8- elaborazione sussidio finale (sintesi delle 4 sessioni formative) “giovani attori della pace” METODOLOGIA: incontri con lezioni frontali e dinamica partecipativa, lavori di gruppo, simulazioni, giochi di ruolo; questionario di valutazione a risposta multipla; sussidio con sintesi interventi formatori, risultati lavori di gruppo e raccomandazioni finali. 1.3.d Creazione “Cellula di sorveglianza” regionale per monitoraggio della conflittualità giovanile 1. identificazione e selezione 15 giovani (1 per ogni area territoriale target + 4 città di N’Zérékoré); 2. incontro di orientamento: ruolo e responsabilità METODOLOGIA: rappresentanti scelti dai giovani stessi durante il secondo degli incontri trimestrali; cellula di sorveglianza attiva nella prevenzione e nell’emergenza e coordinatrice incontri formativi trimestrali 1.3.e 1. Definizione delle variabili di analisi, campione di indagine, strumenti di Studio sull’impatto psicologico raccolta dati, tempistica; della costruzione di una rete 2. Raccolta dati; di “responsabilità e dialogo” in 3. Analisi dei dati e stesura del rapporto di ricerca favore dei giovani nella regione forestale METODOLOGIA: questionari e interviste, raccolta dati e sistematizzazione in un sistema informatico. Lo studio si realizza grazie alla collaborazione con il Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica del Dipartimento di Scienze dell’Uomo dell'Università di Urbino che ne coordina le diverse fasi, in particolare la prima e la terza Obiettivo 1.4 Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini Azioni 1.4.a Organizzazione incontri quadrimestrali leader politici, religiosi, società civile aperti Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- contatto autorità civili e religiose; 2- comunicato ufficiale convocazione incontro per cittadini nei luoghi di animazione e ritrovo e negli uffici pubblici; 3- organizzazione logistica incontro; 97 alla cittadinanza 4- preparazione agenda incontro ; 5- Incontro; 6- redazione verbali e elaborazione rapporto finale METODOLOGIA: lettera ufficiale alle autorità, volantini per la diffusione alla popolazione; incontri itineranti (4 in 4 luoghi diversi e con autorità diverse); dinamica partecipativa dell’incontro; dialogo cittadini-autorità con domande e risposte; presenza di almeno un moderatore super-partes per ogni sessione; verbali incontro da far firmare alle autorità e a rappresentanza dei cittadini; rapporto finale da consegnare alle autorità Obiettivo 2.1 Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per ogni Comitato Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 2.1.a 1 elaborazione calendario incontri; Incontro attori-chiave e leader 2 organizzazione logistica visite sul terreno; delle comunità (11 aree 3 incontro di spiegazione territoriali) e creazione 4 identificazione, scelta membri (6-10 persone)e coordinatore Comitato di sviluppo locale 5 elaborazione base di dati per raccolta informazioni in sede centrale OCPH 2.1.b Incontro formativo regionale rappresentanti 11 Comitati di sviluppo locale METODOLOGIA: lista membri Comitati con contatti, database con sistema informatizzato di raccolta dati 1. organizzazione calendario incontro e logistica; 2. incontro di formazione su ruolo e responsabilità Comitato (con raccomandazione incontri mensili); 3. elaborazione rapporto finale 2.1.c Incontri mensili Comitati e monitoraggio dalla sede METODOLOGIA: incontro con spiegazioni frontali e dinamica partecipativa, presenza del coordinatore + 2 rappresentanti per ogni Comitato; rapporto finale da far pervenire ai Comitati territoriali 1. contatti telefonici con coordinatori Comitati; 2. invio rapporto incontro mensile; 3. analisi e rielaborazione dati territoriali METODOLOGIA: contatto telefonico mensile coordinatore programma OCPH - responsabili Comitati; sistematizzazione dati rapporti mensili nel database centrale 2.1.d 1. elaborazione agenda incontro; Incontro formativo regionale 2. organizzazione logistica incontro: 3 rappresentanti per ogni Comitato; sull’elaborazione di progetti di 3. elaborazione materiale formativo incontro: le fasi del ciclo del progetto sviluppo sociale a livello locale (PCM), principi e raccomandazioni pratiche per la redazione di semplici progetti di sviluppo sociale locale 4. Incontro 2.1.e Redazione progetti a livello territoriale (1 per ogni Comitato) METODOLOGIA: lezioni frontali e dinamica partecipata; esercitazione pratica su redazione progettuale; linee guida per l’elaborazione di progetti a livello locale 1. contatto regolare con responsabili dei Comitati da parte del Coordinatore del programma OCPH; 2. assistenza staff OCPH sul terreno (su richiesta) per finalizzazione proposte progettuali; 3. presentazione in sede centrale proposta progettuale Comitati e discussione con staff OCPH; 4. analisi proposte progettuali e inclusione nella banca dati METODOLOGIA: assistenza diretta e indiretta dal centro alla “periferia”; missioni sul terreno per accompagnamento diretto Comitati di sviluppo locali 98 Obiettivo 2.2 Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali Azioni 2.2.a Indagine sui bisogni delle comunità di base/aree rurali Descrizione attività e metodologia utilizzata 1- elaborazione questionario investigativo - diagnostico per i Comitati di sviluppo; 2- distribuzione questionario nelle diverse aree, compilazione guidata con animatore/volontario/staff OCPH; 3- analisi questionari e rielaborazione informatica dati 4- diagnostica dei bisogni e delle priorità 5- elaborazione rapporto finale di ricerca METODOLOGIA: principi della ricerca sociale; questionario con domande a risposta multipla; sistema informatico per rielaborazione quantitativa dei dati; diagnostica e prospettive di soluzione sulla base dei dati rilevati partecipata staff OCPH 2.2.b Diffusione dati sui bisogni territoriali – incontro con autorità e organizzazioni del territorio (locali, nazionali e internazionali) 1. invio rapporto di ricerca a autorità regionali e organizzazioni presenti sul territorio; 2. convocazione incontro plenario per la discussione sul rapporto; 3. organizzazione logistica incontro; 4. preparazione agenda incontro; 5. incontro plenario con rappresentanti 6. rapporto finale incontro con raccomandazioni autorità/organizzazioni METODOLOGIA: dinamica partecipativa; lavori di gruppo; consegna rapporto finali con raccomandazioni alle organizzazioni presenti; lista presenza e contatti 2.2.c Elaborazione piano operativo diocesano triennale 1- incontro plenario staff OCPH e coordinatori 11 Comitati di sviluppo; 2- suddivisione responsabilità (ogni coordinatore rifletterà sul bisogno concernente la sua area operativa); 3- elaborazione piano d’azione con obiettivi, risultati attesi, attività, responsabili, tempi di realizzazione 4- elaborazione finale piano operativo e distribuzione ai Comitati, alle organizzazioni partner e autorità METODOLOGIA: lavoro individuale e condivisione in gruppo; copie disponibili per partner, potenziali finanziatori, autorità, organizzazioni di sviluppo. Obiettivo 3.1 Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal 50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi; Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 3.1.a 1. elaborazione materiale formativo (schede chiare e sintetiche); Sessioni giornaliere di 2. sessioni di sensibilizzazione ai pazienti; sensibilizzazione su pratiche igienico-sanitarie e METODOLOGIA: materiale formativo in francese e lingue locali, frasi brevi e prevenzione al CMC Gouécké disegni, video, piccole scenette; simulazioni pratiche; sessioni di sensibilizzazione di 30 minuti; 6 soggetti di sensibilizzazione (1 al giorno per la settimana) 3.1.b 1. identificazione scuole e centri di alfabetizzazione ; Sessioni mensili di 2. elaborazione materiale formativo; sensibilizzazione per studenti 3. organizzazione calendario e logistica incontri; e giovani nelle 5 sotto4. sessioni formative nelle scuole delle 5 sotto-prefetture 99 prefetture 3.1.c Sessioni formative trimestrali per i Centri di Salute delle 5 sotto-prefetture METODOLOGIA: materiale formativo in francese e lingue locali; schede di sensibilizzazione; giochi di ruolo, simulazioni, esercitazioni pratiche, video, piccole drammatizzazioni; sessioni di 60 minuti; 1 soggetto al mese 1. elaborazione calendario formazioni; 2. organizzazione logistica sessioni formative; 3. sessioni formative ai responsabili e staff Centri di salute delle 5 sotto-prefetture METODOLOGIA: sessioni itineranti (ogni trimestre in una sotto-prefettura diversa); sessioni giornaliere; schede formative e piccoli sussidi da lasciare in copia per formazione “a cascata” dei pazienti; lezioni frontali e esame casi pratici, dinamica partecipativa Obiettivo 3.2 Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme igieniche: dal 30% al 20% attraverso una rilevazione statistica sistematizzata Azioni Descrizione attività e metodologia utilizzata 3.2.a 1- elaborazione sistema informatico; Elaborazione sistema statistico 2- elaborazione schede statistiche di compilazione per personale raccolta dati patologie medico (chi effettua le consultazioni); registrate al CMC Gouécké e 3- raccolta dati e inserimento nel sistema inserimento dati METODOLOGIA: utilizzo programma informatico (es. access, excel) di raccolta e analisi dati; raccolta schede dati alla fine di ogni giornata e inserimento informatico settimanale. 3.2.b 1- risultati semestrali della rilevazione statistica; Analisi e rielaborazione 2- rielaborazione in équipe con raccomandazioni mediche e sanitarie del semestrale dei dati personale specializzato; 3- elaborazione rapporto finale di sintesi METODOLOGIA: scheda statistica di sintesi semestrale; rielaborazione dei dati partecipata (incontri con staff medico-sanitario e coordinatore salute OCPH), rapporto finale in formato elettronico e cartaceo 3.2.c Presentazione dei dati alle autorità sanitarie prefettorali e regionali nelle riunioni di monitoraggio semestrale 1- presentazione rapporto statistico semestrale alla riunione di monitoraggio; 2- confronto e raccomandazioni dei responsabili centri sanitari della regione; 3- consegna copie rapporto alle autorità sanitarie METODOLOGIA: spiegazione frontale tramite programma di presentazione (es. power point); dibattito; copie rapporto in formato elettronico e cartaceo. L’attuazione del programma può essere facilmente tradotta in un cronogramma delle attività, suddivise nei 12 mesi di implementazione. Si fa notare che per motivi pratici si preferisce suddividere ciascuna mensilità in 4 periodicità settimanali, con la possibilità così di visualizzare le fasi delle diverse azioni e quando queste si svolgono contemporaneamente. 100 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 1.1: Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori): rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un Coordinamento Permanente. 1.1.a Incontro membri CGP – analisi status quo 1. Convocazione 2. Incontro 3. Rapporto finale 1.1.b Diffusione proposta CPGP 1. Preparazione materiale 2. Identificazione luoghi 3. Distribuzione 1.1.c Incontro plenario e formazione CPGP 1. Preparazione materiale 2. Logistica 3. Incontro 4. Scelta componenti perm. 5. Rapporto finale 1.1.d Incontri formativi settimanali membri CPGP 1.OdG 2.Sessioni formative 3.Sussidio formativo Ob.1.2: Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata; 1.2.a Contatto leader comunitari 1. Identificazione 101 2. Logistica 3. Incontri terreno 4. Rapporto 5. Rielaborazione dati 1.2.b Formazione 11 Cellule Territoriali GP 1. Agenda 2. Logistica 3. Materiale 4.Incontri 5.Creazione cellula 6.Coordinatore cellula 7.Rapporto 1.2.c Elaborazione progetto formativo 1.Analisi dati 2.Elaborazione progetto 3.Responsabile OCPH 1.2.d Sessione formativa per CT 1.Materiale formativo 2.Logistica 3.Sessioni formative 4.Modello monitoraggio 5.Valutazione 6. Rapporto 1.2.e Creazione banca dati 1.Sistema informatico 2. Raccolta dati mensile 3. rielaborazione semestrale 4. Rapporto 102 5. Diffusione Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 1.3: Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%; 1.3.a Identificazione rappr. giovani 1. Comunicazione 2. Scelta 1.3.b Incontro plenario rappresentanti giovani reg. 1.materiale formativo 2.Logistica 3.Incontro 4.Questionario 5.Rapporto finale 1.3.c Incontri trimestrali giovani 1. calendario 2. Convocazione 3. Logistica 4. materiale formativo 5.4 incontri 6.Questionario 7.Rapporti finali 8.Sussidio 1.3.d Cellula di sorveglianza 1.Identificaz. rappr. giovani 2.Incontro coordinamento 1.3.e Studio impatto psicologico sui giovani 103 1. Variabili 2. Raccolta dati 3. Rielaborazione-rapporto Ob. 1.4: Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini 1.4.a Incontri quadrimestrali leader-cittadini 1. Contatto 2. Comunicato 3. Logistica 4.Agenda 5. Incontro 6.Verbale Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 2.1: Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per ogni Comitato 2.1.a Creazione Comitati di sviluppo locale 1. Calendario 2. Logistica 3. Incontri 4. Scelta membri 5. Base di dati 2.1.b Incontro formativo regionale coordinat. Comitati Sviluppo 1. Logistica 2. Incontro 104 3. Rapporto finale 2.1.c Incontri mensili CS e monitoraggio sede 1. Contatto coord. CS 2. Rapporto incontro 3. Rielaborazione dati 2.1.d Incontro formativo regionale PCM 1.Agenda 2. Logistica 3. Materiale formativo 4. Incontro 2.1.e Redazione progetti territoriali 1.Contatto coord. CS 2.Assistenza elaboraz. pro. 3.Consegna progetto 4. Inserimento database Ob. 2.2: Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali 2.2.a Indagine bisogni comunità 1. Elaboraz. questionario 2. Distribuz. questionario 3. Analisi e rielab. dati 4. Diagnostica priorità 5. Rapporto di ricerca 2.2.b Diffusione dati autorità 1. Invio rapporto 105 2. Comunicato incontro 3.Elaborazione agenda 4. Incontro 5. Rapporto finale 2.2.c. Elaborazione piano operativo diocesano 1. Incontro staff 2. Responsabilità 3.Piano d’az. per bisogno 4.Piano operativo Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 3.1: Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal 50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi; 3.1.a Sessioni giornaliere sensibilizzazione CMC 1. materiale formativo 2. sessioni sensibiliz. 3.1.b Sessioni mensili sensibilizzazione scuole 1. Identificaz. scuole 2. Materiale formativo 2. Logistica 3. Sessioni sensibiliz. 3.1.c Sessioni formative trimestrali CS sotto-prefetture 1.Calendario 2. Logistica 3. Sessioni formative Ob. 3.2: Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme igieniche: dal 30% al 20% 106 attraverso una rilevazione statistica sistematizzata 3.2.a Elaborazione sistema informatico raccolta dati 1. Sistema informatico 2. schede statistiche 3. inserimento sett. dati 3.2.b Rielaborazione semestrale dati 1. Risultati 2.Rielaborazione équipe 3.Rapporto finale 3.2.c Presentazione semestrale studio alle autorità sanitarie 1. Presentazione rapporto 2. Raccomandazioni 3. Distribuzione copie 107 BURUNDI Obiettivo 1.1 riduzione del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età 15-16 anni Azioni Descrizione Attività 1.1.a Apertura, presso il CJK, di una sala studio con 1- Possibilità di studio nelle ore serali grazie alla annessa biblioteca fornita di più di 18.000 volumi, luce. funzionante 7 giorni su 7 anche nelle ore serali 2- Presenza in biblioteca dei testi delle materie di studio. 3- Presenza in biblioteca di un responsabile disponibile per consigli e assistenza nei compiti. 1.1.b Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione 1- Corsi di alfabetizzazione per adulti degli adulti Si cerca di coinvolgere anche e in particolare i genitori di modo che possano sostenere lo studio dei figli 1.1.c Fabbricazione di mattoni e costruzione di case 1- Creazione della squadra di giovani volontari più solide e grandi della media dei quartieri per le 2- Corso breve per imparare a cuocere i mattoni famiglie che hanno giovani studenti iscritti alla 3- Cottura dei mattoni scuola secondaria 4- Costruzione delle case Obiettivo 1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli studenti dislocati nelle scuole senza aule di informatica che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività 1.2.a Organizzazione di corsi di informatica 1- Elementi di base per l’utilizzo di un PC 2- Il sistema operativo 3- Office (word, excel, accces, power point) 4- Navigazione web e gestione posta elettronica 5- Programmi per la gestione delle fotografie e i montaggi di video 1.2.b Organizzazione di corsi su materie curriculari della scuola secondaria Questi corsi sono riservati a giovani che frequentano o hanno concluso la scuola secondaria e si possono fare in sequenza uno dopo l’altro. 1- Matematica e fisica 2- Chimica 3- Lingua francese 4- Economia Su richiesta e se vi è la disponibilità di insegnanti possono essere organizzate anche alcune lezioni individuali Obiettivo 2.1. Diminuzione del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord. Azioni 2.1.a Organizzazione di attività formative e di confronto sui temi della convivenza pacifica, riconciliazione e rispetto delle differenze Descrizione Attività Corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali Incontri di scambio e dibattito sulla pace Seminari sulla risoluzione pacifica dei conflitti Seminari sulla non violenza 5- Incontri di scambio sulla possibile convivenza e il rispetto reciproco tra persone di etnia e religione differente 1234- Obiettivo 2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del quartiere Azioni Descrizione Attività 2.2.a Organizzazione di eventi nei quartieri nord 1- Festival musicali a tema 2- Giornate di sensibilizzazione nelle diverse comunità religiose presenti nei quartieri 3- Momenti di incontro tra gruppi appartenenti a 108 religioni diverse 2.2.b Campagna per la restituzione delle armi 1- Giornata di concerti contro la proliferazione delle armi 2- Raccolta di firme da consegnare al governo per la raccolta delle armi 3- Gara di bicicletta per i quartieri con un messaggio contrario all’utilizzo delle armi Obiettivo 2.3 Diffusione della cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività 2.3.a educare ad una cittadinanza attiva 1- settimane di riflessione tematiche sui diritti e doveri di cittadinanza 2- seminari di educazione civica in preparazione alle elezioni 2.3.b organizzazione di gruppi di approfondimento 1- Economia locale e internazionale 2- Politica e relazioni internazionali 3- Ambiente ed ecologia 4- Giornalismo Obiettivo 3.1 Offerta ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK. Azioni Descrizione Attività 3.1.a Organizzazione di corsi: 1- arti plastiche 2- scrittura creativa 3- chitarra 4- pianoforte 5- batteria 6- disegno artistico 7- danza 8- recitazione 3.1.b Organizzazione di concorsi 1- canto 2- musica moderna 3- danza moderna e tradizionale, 4- disegno, 5- poesia e recitazione Obiettivo 3.2 Offerta ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i giovani che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività 3.2.a Organizzazione di campi estivi che prevedono 1- AIDS sessioni di approfondimento su diverse tematiche 2- Droga e alcool 3- Proiezioni film a tema 4- Stare e collaborare in gruppo 5- Igiene e sanità 6- Nozioni di primo soccorso Si prevede la presenza di un educatore ogni 25 giovani di modo da assicurare un attenzione che se richiesto può arrivare anche a momenti di cofnrtono individuale Obiettivo 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500) Azioni Descrizione Attività 3.3.a Organizzazione di corsi sportivi: 1- arbitro di basket e di calcio 2- ping-pong, 3- rugby, 109 4- tennis, 5- pallavolo, 6- calcio 1- Calcio 2- Basket 3- Pallavolo 4- Rugby 3.3.b Organizzazione di tornei sportivi Obiettivo 3.4 Aumento della partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una specifica attività) Azioni Descrizione Attività 3.4.a Organizzazione di squadre 1- Calcio 2- Basket 3- Pallavolo 4- Rugby Queste squadre partecipano ai tornei descritti nell’azione 3.3.b 3.4.b Organizzazione di gruppi 1- Acrobati 2- Danza 3- Musicali 4- Compagnie teatrali Questi gruppi partecipano agli eventi descritti nell’azione 2.2.a 110 Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Ob.1.1: ridurre del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età 15-16 anni 1.1.a Apertura, presso il CJK, di una sala studio con annessa biblioteca fornita di più di 18.000 volumi, funzionante 7 giorni su 7 anche nelle ore serali 1- Possibilità di studio nelle ore serali grazie alla luce. 2- Presenza in biblioteca dei testi delle materie di studio 3- Presenza in biblioteca di un responsabile disponibile per consigli e assistenza nei compiti 1.1.b Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione degli adulti 1- Corsi di alfabetizzazione per adulti 1.1.c Fabbricazione di mattoni e costruzione di case più solide e grandi della media dei quartieri per le famiglie che hanno giovani studenti iscritti alla scuola secondaria 1- Creazione della squadra di giovani volontari 2- Corso breve per imparare a cuocere i mattoni 3- Cottura dei mattoni 4- Costruzione delle case Ob. 1.2 Offrire ai giovani che frequentano la scuola secondaria opportunità di apprendimento complementari alla scuola stessa per migliorarne le performances scolastiche. Offrire corsi di informatica al 50% ai giovani che frequentano il CJK che sono studenti della scuola secondaria 1.2.a Organizzazione di corsi di informatica 1- Elementi di base per l’utilizzo di un PC 2- Il sistema operativo 3- Office (word, excel, accces, power point) 4- Navigazione web e gestione posta elettronica 5- Programmi per la gestione delle fotografie e i montaggi di video 1.2.b Organizzazione di corsi su materie curriculari della scuola secondaria 111 12 1- Matematica e fisica 2- Chimica 3- Lingua francese 4- Economia Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 2.1: Diminuire del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord. 2.1.a Organizzazione di attività formative e di confronto sui temi della convivenza pacifica, riconciliazione e rispetto delle differenze 1- Corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali 2- Incontri di scambio e dibattito sulla pace Seminari sulla risoluzione pacifica dei conflitti 4- Seminari sulla non violenza 5- Incontri di scambio sulla possibile convivenza e il rispetto reciproco tra persone di etnia e religione differente Ob. 2.2: Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del quartiere. 3- 2.2.a Organizzazione di eventi nei quartieri nord 1- Festival musicali a tema 23- Giornate di sensibilizzazione nelle diverse comunità religiose presenti nei quartieri Momenti di incontro tra gruppi appartenenti a religioni diverse 2.2.b Campagna per la restituzione delle armi 1- Giornata di concerti contro la proliferazione delle armi 2- Raccolta di firme da consegnare al governo per la raccolta delle armi 3- Gara di bicicletta per i quartieri con un messaggio contrario all’utilizzo delle armi 112 Ob. 2.3:. Diffondere la cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK 2.3.a Educare ad una cittadinanza attiva 1- settimane di riflessione tematiche sui diritti e doveri di cittadinanza 2- seminari di educazione civica in preparazione alle elezioni 2.3.b Organizzazione di gruppi di approfondimento 1- Economia locale e internazionale 2- Politica e relazioni internazionali 3- Ambiente ed ecologia 4- Giornalismo Obiettivo/Azioni/Attività Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Ob. 3.1:. Offrire ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK. 3.1.a Organizzazione di corsi: 1- arti plastiche 2- scrittura creativa 3- chitarra 4- pianoforte 5- batteria 6- disegno artistico 7- danza 8- recitazione 3.1.b Organizzazione di concorsi 1- canto 2- musica moderna 3- danza moderna e tradizionale, 4- disegno, 5- poesia e recitazione 113 Ob. 3.2:. Offrire ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i giovani che frequentano il CJK 3.2.a Organizzazione di campi estivi che prevedono sessioni di approfondimento su diverse tematiche 1AIDS 2- Droga e alcool 3- Proiezioni film a tema 4- Stare e collaborare in gruppo 5- Igiene e sanità 6- Nozioni di primo soccorso Ob. 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500) 3.3.a Organizzazione di corsi sportivi: 1- arbitro di basket e di calcio 2- ping-pong 3- rugby 4- tennis 5- pallavolo, 6- calcio 3.3.b Organizzazione di tornei sportivi 1- Calcio 2- Basket 3- Pallavolo 4- Rugby Ob. 3.4 Aumentare la partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una specifica attività) 3.4.a Organizzazione di squadre 1- Calcio 2- Basket 3- Pallavolo 4- Rugby 114 3.4.b Organizzazione di gruppi 1- Acrobati 2- Danza 3- Musicali 4- Compagnie teatrali 115 REPUBBLICA DI GIBUTI Obiettivi specifici 1.Aumentare la presenza di bambini che frequentano il centro Caritas a Gibuti, soprattutto delle bambine Descrizione attività 1.1 Valutare i bisogni primari dei minori di strada attraverso un’attenta osservazione e un confronto con gli operatori. 1.2.Conoscere i problemi e la realtà dei bambini di strada attraverso il dialogo. 1.3. Conoscere il contesto sociale e cittadino nel quale vivono i minori di strada. 1.4 Organizzare in modo preciso le attività, possibilmente programmandole settimanalmente, e la verifica del materiale da utilizzare e delle condizioni logistiche (prevenire la mancanza dell’acqua). 1.5 Elaborare un censimento annuale dei minori che frequentano il centro, attraverso schede standard. 1.6 Programmare attività di “autostima” per le giovani ragazze almeno una volta la settimana per facilitare la fiducia reciproca. 2. Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni. 2.1 Organizzare giochi di squadra e attività sportive 2.2 Programmare attività ricreative: realizzazione di oggetti, patchwork, ecc. collage, 2.3 Organizzare di attività che promuovono la collaborazione: musica, danza, teatro. 2.4 Proiettare di film educativi 2.5 Studio sui risvolti di carattere psicologico nei bambini che usufruiscono delle attività ludico ricreative e educative proposte dal centro. (collaborazione con Università Carlo Bo di Urbino, le fasi e la metodologia è descritta nel paragrafo Sierra Leone attività 4.2.e). 3.Fornire adeguata conoscenza igienica e 3.1 sensibilizzare all’abuso di sostanze stupefacenti di alimentazione ai bambini che 3.2 Favorire l’igiene personale frequentano il centro 3.3 fornire educazione sessuale e sensibilizzazione contro le Mutilazioni Genitali Femminili (per le ragazze) 4.Fornire conoscenze di lingua francese di 4.1 preparare materiale didattico (cartelloni, giochi, base, di calcolo disegni, colori) per l’insegnamento della lingua francese 4.2 dividere i bambini di strada per livelli di conoscenza della lingua 4.3 Supportare in modo approfondito gli allievi di prossima frequentazione dei LEC 5.Migliorare la formazione e partecipazione degli operatori del LEC 51 Proporre riunioni di verifica e coordinamento tra operatori e volontari almeno una volta al mese. 5.2 promuovere corsi di formazione specifica per gli operatori. 6.Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico 6.1 elaborare di un inventario del materiale a disposizione per le attività con i bambini, per un utilizzo più efficiente delle risorse 6.2 acquistare il materiale mancante o necessario per svolgere le attività del centro. 116 Obiettivo/attività 1 2 3 4 5 Mese 6 7 8 9 10 11 Ob. 1: Aumentare la presenza di bambini che frequentano il centro Caritas a Gibuti, soprattutto delle bambine 1.1 Valutare i bisogni primari dei minori di strada attraverso un’attenta osservazione e un confronto con gli operatori. 1. 2 Conoscere i problemi e la realtà dei bambini di strada attraverso il dialogo. 1.3 Conoscere il contesto sociale e cittadino nel quale vivono i minori di strada. 1.4 Organizzare in modo preciso le attività, possibilmente programmandole settimanalmente, e la verifica del materiale da utilizzare e delle condizioni logistiche (prevenire la mancanza dell’acqua). 1.5 Elaborare un censimento annuale dei minori che frequentano il centro, attraverso schede standard. 1.6 Programmare attività di “autostima” per le giovani ragazze almeno una volta la settimana per facilitare la fiducia reciproca. Ob. 2: Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni. 2.1 Organizzare giochi di squadra e attività sportive 2.2 Programmare attività ricreative: collage, realizzazione di oggetti, patchwork, ecc. 2.3 Organizzare attività che promuovono la collaborazione: musica, danza, teatro. 2.4 Proiettare film educativi 2.5 Studio sui risvolti di carattere psicologico nei bambini che usufruiscono delle attività ludico ricreative e educative 1.Variabili 2.Raccolta dati 3.Rapporto Ob. 3: Fornire adeguata conoscenza igienica e di alimentazione ai bambini che frequentano il centro 3.1 sensibilizzare all’abuso di sostanze stupefacenti 3.2 Favorire l’igiene personale 3.3 fornire educazione sessuale e sensibilizzazione 117 12 contro le Mutilazioni Genitali Femminili (per le ragazze) Ob. 4: Fornire conoscenze di lingua francese di base, di calcolo 4.1 preparare materiale didattico (cartelloni, giochi, disegni, colori) per l’insegnamento della lingua francese 4.2 dividere i bambini di strada per livelli di conoscenza della lingua 4.3 Supportare in modo approfondito gli allievi di prossima frequentazione dei LEC Ob. 5: Migliorare la formazione e partecipazione degli operatori del LEC 5.1 Proporre riunioni di verifica e coordinamento tra operatori e volontari almeno una volta al mese. 5.2 promuovere corsi di formazione specifica per gli operatori. Ob. 6: Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico 6.1. elaborare un inventario del materiale a disposizione per le attività con i bambini, per un utilizzo più efficiente delle risorse 6.2 acquistare il materiale mancante o necessario per svolgere le attività del centro. 9.2. RISORSE UMANE COMPLESSIVE NECESSARIE PER L’ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE, CON LA SPECIFICA DELLE PROFESSIONALITÀ IMPEGNATE E LA LORO ATTINENZA CON LE PREDETTE ATTIVITÀ. Il progetto coinvolge in totale 160 persone. Di seguito sono descritte per ciascun paese. Inoltre il progetto si avvale della collaborazione dell’Università Carlo Bo’ di Urbino che mette a disposzione un ricercatore per lo sviluppo di una studio inerente le attività nelle sedi in Sierra Leone, Guinea e nella Repubblica di Gibuti. RISORSE IMPIEGATE SU PIÙ SEDI DI PROGETTO Personale impiegato N. 1 ricercatore Università di Urbino Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica del Dipartimento di Scienze dell’Uomo Azioni Paese Sierra Leone, attività 4.2.e Paese Repubblica di Gibuti, attività 2.5 Paese Guinea, attività 1.3.e RISORSE IMPIEGATE IN CIASCUNA SEDE DI PROGETTO SIERRA LEONE Le risorse umane impiegate nella realizzazione delle attività sono in totale 45 persone: -21 per la CGPDU 118 -5 per Radio Maria Sierra Leone; -12 per l’Università di Makeni; -3 per la Congregazione Sorelle di Maria Immacolata -4 per Caritas Makeni; Nella tabella di seguito riportata si indicano in dettaglio le diverse figure coinvolte nel progetto rispetto alle azioni indicate nel punto 9.1, le qualifiche professionali e la loro attinenza con le predette azioni. Personale impiegato 1 Direttore CGPDU sociologo, esperto in tematiche dello sviluppo, comunicazione e analisi sociale formatore e coordinatore dei programmi di ricerca 1 Coordinatore di programma CGPDU esperto in tematiche sociali e amministrative formatore e addetto al coordinamento delle attività 1 Operatore CGPDU esperto in tematiche giuridico-amministrative, decentralizzazione, analisi sociale educazione alla pace e risoluzione di conflitti formatore e ricercatore 1 Operatore CGPDU impiegato nello specifico sul progetto Comitati territoriali esperto in promozione e protezione diritti umani e tematiche di sviluppo formatore, coordinatore attività sul terreno, monitoraggio e contatto con membri e coordinatori dei Comitati territoriali 1 Operatrice CGPDU Esperta in questioni di genere, Desk Officer per promozione femminile formatrice, coordinatrice attività di terreno e cellula di ascolto presso CGPDU 1 Avvocato CGPDU esperto in protezione di diritti umani e risoluzione dei conflitti, legislazione e giurisprudenza nazionale formatore e difensore diritti 1 consulente legale CGPDU esperto in diritti umani e legislazione nazionale formatore, responsabile area giuridico-legale delle ricerche 1 consulente legale CGPDU esperto in diritti umani e politiche di genere formatore e responsabile contenuti legali programmi radiofonici e ricerca 2 Volontari CGPDU studenti/esperti in analisi sociale e sviluppo collaboratori nel monitoraggio delle attività sul terreno e nella preparazione del materiale formativo in area sociale 2 Volontari CGPDU studenti/esperti in diritti umani e sviluppo collaboratori nel monitoraggio tutela diritti umani sul terreno e nella preparazione del materiale formativo in area giuridica 119 Azioni Ob. 2 2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.3.a; 2.5.a Ob. 3 3.1.c; 3.2.a Ob. 4 4.4.d; 4.6.a Ob. 2 2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.2.a, 2.2.b; 2.4.a, 2.4.b Ob. 3 3.1.c; 3.2.a Ob. 2 2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.2.a, 2.2.b, 2.2.c; 2.4.a, 2.4.b Ob. 3 3.1.d; 3.2.a, 3.2.b; 3.2.c Ob. 1 1.1.a, 1.1.b; 1.2.a Ob. 3 3.1.a, 3.1.b; 3.3.a Ob. 4 4.1.a Ob. 4 4.1.a, 4.1.b; 4.2.b; 4.4.a, 4.4.b, 4.4.c; 4.5.a, 4.5.b, 4.5.c, 4.5.d; 4.6.a, 4.6.b, 4.6c Ob.2 2.1.c; 2.5.a Ob. 3 3.1.a Ob.4 4.5.a Ob.1 1.1.a; 1.2.a Ob. 3 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.3.a Ob. 4 4.1.b; 4.4.b, 4.4.c, 4.5.a, 4.5.b, 4.5.c; 4.6.b Ob. 2 2.1.b; 2.2.a, 2.2.b, 2.2.c; 2.4.b Ob. 3 3.2.a Ob. 1 1.2.a Ob. 3 3.1.a, 3.1.b; 3.3.a Ob. 4 2 Volontari CGPDU studenti/esperti in comunicazione e sviluppo collaboratori nella diffusione delle informazioni e nell’organizzazione delle trasmissioni radiofoniche 2 Volontari CGPDU studenti/esperti in diritti umani e politiche di genere collaboratori nel monitoraggio delle attività di creazione gruppi femminili e tutela loro diritti 5 animatori di comunità studenti in scienze sociali Collaboratori nell’organizzazione delle sessioni formative nelle aree rurali 2 giornalisti Radio Maria Sierra Leone responsabili realizzazione e conduzione programmi radiofonici 1 tecnico audio Radio Maria Sierra Leone Responsabile tecnico programmi radiofonici 2 volontari Radio Maria Sierra Leone Studenti in comunicazione Collaboratori per trasmissioni radiofoniche e collegamenti in diretta dal terreno 1 docente in diritti umani Università di Makeni Responsabile bibliografia giuridica ricerca e comparazione strumenti nazionali-internazionali tutela diritti umani nelle ricerche 1 operatore del Dipartimento Ricerca Sociale Università di Makeni Responsabile strumenti analisi quantitativa e qualitativa ricerche e strutturazione attività di ricerca 2 studenti in sociologia dello sviluppo Università di Makeni Collaboratori nell’analisi e rielaborazione dati per ricerca sociale 4 studenti in scienze sociali Università di Makeni Collaboratori nella preparazione del materiale formativo per seminari alle autorità e nella raccolta dati per la ricerca sociale 120 4.2.c Ob. 1 1.1.c Ob. 3 3.1.d; 3.2.c; 3.3.b Ob. 4 4.5.c Ob. 4 4.1.a, 4.1.b; 4.2.b, 4.2.c, 4.4.a, 4.4.b, 4.4.c; 4.5.a, 4.5.c; 4.6.a, 4.6.b, 4.6.c Ob. 1 1.2.a Ob. 3 3.1.b, 3.3.a Ob. 4 4.1.b; 4.5.b Ob. 1 1.1.c; 1.2.b Ob. 2 2.4.c; 2.5.c Ob. 3 3.1.b; 3.2.c; 3.3.b Ob. 4 4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c Ob. 1 1.1.c; 1.2.b Ob. 2 2.2.d; 2.4.c; 2.5.c Ob. 3 3.1.b; 3.2.c; 3.3.b Ob. 4 4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c Ob. 1 1.2.b Ob. 2 2.2.d; 2.5.c Ob. 3 3.1.b; 3.2.c; 3.3.b Ob. 4 4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c Ob. 3 3.3.a Ob. 4 4.5.d; 4.6.b Ob. 3 3.1.c; 3.2.a Ob. 4 4.5.d; 4.6.a Ob. 2 2.1.a; 2.3.b Ob. 3 3.2.a Ob. 2 2.2.b; 2.3.a, 2.3.b Ob. 3 3.1.c Ob. 4 4.2.b; 4.5.d 4 studenti in giurisprudenza Università di Makeni Collaboratori preparazione materiale formativo per seminari giuridici e raccolta e rielaborazione dati per ricerche giuridiche 1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata esperta in finanza e microcredito coordinatrice attività promozione femminile e formatrice 1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata esperta in tutela dei diritti umani e promozione femminile formatrice gruppi femminili auto-mutuo aiuto 1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata esperta in animazione rurale formatrice e animatrice gruppi femminili auto-mutuo aiuto 1 Direttore Caritas Makeni Formatore, esperto in tematiche di sviluppo Coordinatore formazioni autorità su tematiche di sviluppo sostenibile 1 Project manager Caritas Makeni Formatore, esperto in progettazione Collaboratore nelle formazioni su tematiche di sviluppo e coordinatore supporto alle autorità per redazione progetti di sviluppo 2 Volontari Caritas Makeni Studenti Master in Sustainable Development Collaboratori nel supporto alle autorità locali per progettazione Ob. 2 2.1.b, 2.1.c Ob. 3 3.1.c, 3.1.d; 3.2.a Ob. 4 4.1.b; 4.5.a; 4.6.b Ob. 4 4.2.b, 4.2.c, 4.2.d; 4.3.a Ob. 4 4.2.a, 4.2.d; 4.3.a; 4.4.a, 4.4.b, 4.4.5; 4.5.a; 4.5.b; 4.6.a, 4.6.b, 4.6.c Ob. 4 4.2.a, 4.2.b, 4.2.c, 4.2.d; 4.3.a; 4.5.b Ob. 2 2.1.a; 2.3.a Ob. 2 2.3.a; 2.3.b Ob. 2 2.3.a; 2.3.b Ob. 4 4.3.a GUINEA Le risorse umane impiegate nella realizzazione delle attività sono in totale 41 persone: 10 operatori staff permanente OCPH; 1 consulente giuridico OCPH; 11 animatori di comunità, volontari OCPH; 5 volontari Commissione diocesana Giustizia e Pace; 6 membri staff CMC Gouécké; 5 animatori comunità per progetto sensibilizzazione sanitaria; 3 Suore per la Congregazione Serve di Maria Vergine Madre Nella tabella di seguito riportata si indicano in dettaglio le diverse figure coinvolte nel progetto rispetto alle azioni indicate nel punto 9.1, le qualifiche professionali e la loro attinenza con le predette azioni. Personale impiegato 1 Direttore OCPH Agronomo, esperto in sviluppo rurale, progettazione e assistenza umanitaria formatore e coordinatore dei programmi sviluppo territoriale 1 Coordinatore di programma OCPH esperto in progettazione, monitoraggio e valutazione progetti, ricerca sociale (analisi e rielaborazione dati) formatore e addetto al coordinamento delle attività e responsabile settore ricerca 1 Coordinatore Salute OCPH esperto in sanità pubblica 121 Azioni Ob. 1 1.1.a, 1.1.b, 1.1.c; 1.2.c; 1.3.b; 1.3.d; 1.4 Ob. 2 2.1.a, 2.1.b, 2.1.c, 2.1.d; 2.2.a; 2.2.b, 2.2.c Ob. 1 1.1.c; 1.2.c; 1.3.b; 1.4 Ob. 2 2.1.b, 2.1.d; 2.2.c Ob. 3 3.2.b Ob. 2 2.2.c Ob. 3 formatore e coordinatore programma sanitario 1 Coordinatore settore educazione OCPH esperto in educazione giovanile, insegnamento formatore e coordinatore programma dialogo giovani 1 Coordinatrice promozione femminile OCPH esperta in diritti umani e promozione donna 1 Responsabile amministrazione e finanza OCPH esperto in gestione amministrativa e contabile, logista OCPH consulente e assistente progettazione finanziaria 1 Coordinatore programma diritti umani OCPH esperto in peacebuilding, conflict management e tutela diritti formatore, coordinatore programma CGP 1 consulente giuridico OCPH esperto in diritti umani e legislazione nazionale 11 animatori di comunità, Volontari OCPH studenti/esperti in analisi sociale e sviluppo collaboratori sul terreno progetti Cellule giustizia e pace e Comitati di sviluppo 5 Volontari CGP diocesana Collaboratori programma cellule territoriali Giustizia e Pace 1 Direttore CMC Gouécké Medico chirurgo Formatore sanitario 1 medico chirurgo CMC Gouécké Specialista in pediatria Formatore sanitario 2 infermieri CMC Gouécké Collaboratori attività di sensibilizzazione CMC e scuole 1 Ostetrica CMC Gouécké Collaboratrice programma sensibilizzazione CMC e scuole 1 Matrona CMC Gouécké Collaboratrice programma sensibilizzazione CMC 5 animatori di comunità volontari collaboratori programma sensibilizzazione sanitaria 5 sotto-prefetture 1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine Madre Infermiera Collaboratrice programma sensibilizzazione sanitaria CMC, scuole 1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine Madre Educatrice dell’infanzia Collaboratrice programma sensibilizzazione sanitaria CMC, scuole 1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine Madre Educatrice scuola alfabetizzazione Collaboratrice programma sensibilizzazione sanitaria CMC, scuole 122 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c Ob. 1 1.3.a, 1.3.b, 1.3.c, 1.3.d; Ob. 2 2.2.c Ob. 1 1.1.a, 1.1.c; 1.2.c; 1.3.b Ob.2 2.1.b; 2.2.c Ob. 1 1.1.b, 1.1.c; 1.3.b; Ob.2 2.1.b, 2.1.d; 2.2.c Ob. 1 1.1.a, 1.1.b,1.1.c, 1.1.d; 1.2.a, 1.2.b, 1.2.c, 1.2.d; 1.3.b; 1.4 Ob. 2 2.1.d; 2.2.c Ob.1 1.3.b, 1.3.d Ob. 1 1.2.b, 1.2.d; 1.3.c Ob. 2 2.1.a, 2.1.c, 2.1.e; 2.2.a Ob. 1 1.1.a, 1.1.b, 1.1.c, 1.1.d; 1.2.a, 1.2.b1.2.c, 1.2.d Ob. 3 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c Ob. 3 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.b Ob. 3 3.1.a, 3.1.b Ob. 3 3.1.a, 3.1.b Ob. 3 3.1.a, 3.1.b Ob. 3 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c Ob. 3 3.1.a, 3.1.b Ob. 3 3.1.b Ob. 3 3.1.b BURUNDI Le molteplici attività realizzate dal Centre Jeunes Kamenge sono promosse e coordinate da un responsabile missionario saveriano italiano che si avvale di 55 collaboratori come descritto nella seguente tabella: Risorse Umane previste Azioni delle risorse umane N. 2 custodi bibliotecari Totale: due N. 2 insegnanti di lingua francese N. 2 insegnanti di matematica, chimica e fisica Totale: quattro Azione 1.1.a N. 2 insegnanti di informatica Totale: due N. 1 responsabile coordinatore del centro esperto in problematiche giovanili, pace e riconciliazione un direttore esecutivo del centro esperto in risoluzione pacifica dei conflitti e non violenza Totale: due Azione 1.2.a N. 1 esperto in diritti umani, politica e relazioni internazionali N. 1 esperto in legislazione del Paese Totale: due N.2 animatori comunitari con competenze nell’organizzazione di eventi N.1 tecnico audio – video N.1 elogista Totale: quattro Azione 2.2.b N.1 esperto in problematiche ambientali N.1 giornalista Totale: due N.5 educatori con competenze artistico, teatrali e musicali Totale: cinque Azione 2.3.b Azione 1.1.a Azione 1.1.b Azione 1.2.b Azione 2.1.a Azione 2.2.a Azione 2.2.b Azione 3.2.a Azione 2.3.a Azione 2.3.b Azione 2.2.a Azione 2.2.b Azione 3.1.b Azione 2.2.a Azione 2.2.b Azione 3.1.a Azione 3.1.b Azione 3.2.a Azione 3.4.b N.3 educatori esperti in gestione di gruppi Totale: tre Azione 3.2.a Azione 3.4.a Azione 3.4.b N.2 educatori esperti in problematiche giovanili Totale: due Azione 2.1.a Azione 2.2.a Azione 2.2.b Azione 3.2.a N.1 allenatore di calcio N.1 allenatore di ping pong e tennis N.1 allenatore di Basket N.1 allenatore di pallavolo N.1 allenatore di rugby Totale: cinque N.5 segretarie N.12 guardiani Azione 3.3.a Azione 3.3.b Azione 3.4.a Tutte le azioni 123 N.5 addetti alle pulizie Totale: ventidue REPUBBLICA DI GIBUTI Per la realizzazione delle attività sopra descritte sono necessarie 18 elencate di fianco alle attività delle quali sono incaricate risorse umane, qui di seguito Risorse umane impiegate N.1 Direttore responsabile, sociologo, delle attività del Centro e di tutti gli operatori con competenze anche gestionali ed educative con minori; Attività 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 5.1,5.2 N.4 educatori responsabili, a coppie, rispettivamente del gruppo dei maschi e del gruppo delle femmine dei minori di strada; 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 3.1, 3.2, 3.3, 5.1,5.2 N.4 insegnanti incaricati di seguire le attività relative all’alfabetizzazione N.2 volontari allenatori sportivi 4.1, 4.2, 4.3 N.2 volontari esperti in attività manuali 2.2, 2.3, 2.4 N.2 volontari artisti con competenze in musica, danza e teatro 2.3, 2.3, .2.4 N.1 infermiera esperta di mutilazioni genitali femminili e problematiche relative alla sessualità giovanile N.1 psicologa esperta in problematiche giovanili 3.1, 3.2, 3.3 N.1 contabile/ magazziniere incaricato di gestire la cassa e fare gli acquisti, tenere la contabilità e l’inventario del progetto 2.1, 2.3 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 3.1, 3.2, 3.3 6.1, 6.2 9.3RUOLO ED ATTIVITÀ PREVISTE PER I VOLONTARI NELL’AMBITO DEL PROGETTO. SIERRA LEONE Obiettivo 1.1 Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità in possesso di nozioni di tutela giuridica e monitoraggio diritti umani- formazione dei leader: passare dal 10% al 20% Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 1.1.a - collaborazione con staff CGPDU nell’elaborazione del modello; Sessioni formative nei 21 - supporto nella preparazione logistica delle sessioni formative; Comitati territoriali di - partecipazione alle sessioni formative sul terreno monitoraggio dei diritti umani su tecniche e modelli per il monitoraggio delle violazioni 1.1.b Elaborazione e aggiornamento regolare banca dati regionale a livello centrale per monitoraggio violazioni diritti umani nelle diverse aree territoriali - supporto nell’elaborazione del sistema; - partecipazione all’aggiornamento trimestrale banca dati; - partecipazione analisi e rielaborazione dati 124 1.1.c - preparazione materiale per la diffusione radio Organizzazione programmi radiofonici trimestrali di aggiornamento su violazioni e monitoraggio regionale Obiettivo 1.2 Formazione dei cittadini nelle aree rurali su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni – aumento dei cittadini consapevoli: passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 1.2.a - assistenza nella preparazione del materiale formativo allo staff CGPDU; Organizzazione sessioni di - supporto nell’organizzazione logistica; formazione aperte alla - partecipazione alle sessioni di formazione popolazione nei 21 Comitati locali di monitoraggio su diritti umani fondamentali e misure da adottare in caso di violazioni 1.2.b Trasmissione mensile di una sessione formativa in diretta dal terreno - partecipazione dal terreno, supporto alla preparazione logistica Obiettivo 2.1 Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, arre di competenza e intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale; Azioni 2.1.a Seminari di sensibilizzazione sul “Second Poverty Reduction Strategy Paper 2008-2012” per consiglieri distrettuali, locali, autorità dei 54 chiefdoms e leaders tradizionali. 2.1.b Corsi di formazione per i consiglieri distrettuali e dei 54 chiefdoms e i leaders tradizionali su tecniche e procedure per la gestione di amministrazioni locali, la preparazione e l’applicazione di leggi, la trasparenza amministrativa ed economica 2.1.c Seminari per le diverse autorità locali e per i leader tradizionali sull’implementazione del “Local Government Act 2004” e del processo di decentralizzazione: ruoli e responsabilità delle autorità locali elette e tradizionali Descrizione attività e ruolo volontari - sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri; - supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico; - partecipazione ai seminari nei distretti; - supporto nella preparazione della reportistica finale - sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri; - supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico; - partecipazione ai seminari nei distretti; - supporto nella preparazione della reportistica finale - sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri; - supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico; - partecipazione ai seminari nei distretti; - supporto nella preparazione della reportistica finale 125 Obiettivo 2.2 Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro Azioni 2.2.a Partecipazione di un rappresentante della Commissione Giustizia e Pace in qualità di osservatore alle riunioni pubbliche di coordinamento dei consigli distrettuali con le organizzazioni governative e non presenti sul territorio 2.2.b Seminari di formazione per rappresentanti delle comunità di base e amministratori locali sulle opportunità di interazione e coordinamento tra amministrazioni locali e cittadini, in particolare sul ruolo dei Ward Committees, 2.2.c Organizzazione sedute pubbliche periodiche (mensili) dei consigli distrettuali e locali per incontro diretto cittadiniistituzioni sulla base di un ordine del giorno preciso e con presa di decisioni il più possibile condivise 2.2.d Trasmissione via radio sedute pubbliche mensili incontro cittadini-amministratori Descrizione attività e ruolo volontari - partecipazione alle riunioni anche per meglio conoscere e comprendere la realtà politico-amministrativa locale e prendere contatti con le organizzazioni territoriali presenti - supporto nella pianificazione degli incontri di formazione; - affiancamento degli operatori locali nella preparazione del materiale didattico - supporto logistico e organizzativo all’organizzazione delle sedute; - partecipazione alle sedute come osservatori e redazione reportistica Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in Servizio Civile Obiettivo 2.3 Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: dal 50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con competenze acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale decentrato nei budget distrettuali e locali Azioni 2.3.a Organizzazione corsi di formazione per autorità locali elette e tradizionali e membri Sotto-Commissioni su analisi sociale e project cycle management 2.3.b Supporto alle autorità locali nella redazione di progetti per richiesta fondi Descrizione attività e ruolo volontari - supporto agli operatori locali nel coordinamento organizzativo; - supporto alla produzione di materiale formativo e didattico attraverso schede grafiche, schede su esempi concreti di analisi e redazione progetti - partecipazione attiva alle sessioni secondo le competenze specifiche - affiancamento operatori locali nello svolgimento dell’attività Obiettivo 2.4 Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali. 126 Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 2.4.a - elaborazione tabella dei contatti dei diversi rappresentanti; Promozione incontri di - rielaborazione informatica dati raccolti negli incontri coordinamento tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi:distretto, municipio, chiedo, villaggio e organizzazione incontri periodici (bimestrali) 2.4.b - rielaborazione grafica e informatica dati raccolti Verifica pubblicazione atti decisionali delle istituzioni locali 2.4.c - non è previsto il coinvolgimento dei volontari in Servizio Civile per questa Comunicazione radiofonica attività decisioni prese nei Consigli distrettuali e locali Obiettivo 2.5 Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e zero (0) arresti per disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 2.5.a - supporto allo staff CGPDU nell’elaborazione e preparazione del materiale Organizzazione sessioni di formativo; dialogo per candidati, - assistenza allo staff nell’organizzazione logistica; rappresentanti dei partiti e - partecipazione alle sessioni di dialogo autorità tradizionali nei 5 capoluoghi distrettuali della regione (firma Protocollo di intesa) 2.5.b - non è previsto l’impiego di volontari in questa attività Trasmissione delle sessioni in diretta dal terreno e interviste ai candidati 2.5.c Programma radiofonico settimanale di dibattito e interviste ai candidati e sensibilizzazione a clima pacifico durante le elezioni - non è previsto l’impiego di volontari in questa attività Obiettivo 3.1 Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al 25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 3.1.a - Supporto all’elaborazione di materiale didattico/informativo su diritti e Sessione di formazione per i doveri del cittadino (dépliant; brochure; cartelloni con rappresentazioni Comitati territoriali di grafiche e slogan); monitoraggio su diritti di - supporto nell’organizzazione delle sessioni di formazione e cittadinanza nell’elaborazione del calendario; - partecipazione alle sessioni di formazione sul terreno: affiancamento formatori locali; redazione questionario di valutazione e reportistica finale; coordinamento lavori di gruppo 3.1.b - affiancamento nel monitoraggio delle attività e nelle visite di osservazione Seminari aperti alla comunità sul terreno; su diritti di cittadinanza - rielaborazione informatica della reportistica 3.1.c - supporto nell’elaborazione del questionario d’indagine; Analisi territoriale su - supporto alla realizzazione delle indagini quantitative e qualitative; percezione dei diritti di - affiancamento nella raccolta e rielaborazione dati; 127 cittadinanza e denunce di abusi 3.1.d Trasmissione radiofonica su diritti di cittadinanza e possibilità denunce di abusi - rielaborazione grafica dati - attività di ricerca e comparazione con la situazione di altri Paesi - partecipazione alla preparazione della scaletta dei programmi Obiettivo 3.2 Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40% consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004) Azioni 3.2.a Ricerca(distretto di Bombali) su conoscenza funzionamento decentralizzazione secondo la legge nazionale e consapevolezza attività nazionali e locali in merito 3.2.b Promozione incontri cittadiniautorità su spiegazione principi della decentralizzazione sanciti dalla legge e ruolo e attività autorità locali nel processo di decentralizzazione 3.2.c Trasmissione radiofonica sul processo di decentralizzazione Descrizione attività e ruolo volontari - supporto nella redazione del questionario d’indagine; - affiancamento nella raccolta dati e analisi dei risultati; - rielaborazione grafica dati - attività di ricerca e comparazione con situazione di altri Paesi - supporto allo staff locale nell’organizzazione degli incontri, preparazione ordine del giorno…; - partecipazione in qualità di osservatori agli incontri; - rielaborazione informatica dati raccolti Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività Obiettivo 3.3 Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del diritto di voto: dal 50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 3.3.a - supporto staff CGPDU nell’elaborazione e preparazione materiale Organizzazione sessioni di formativo; informazione e formazione - assistenza nell’organizzazione logistica; nelle aree dei Comitati - partecipazione alle sessioni formative territoriali aperte alla popolazione su diritto di voto:cosa fare per poterlo esercitare, come fare 3.3.b - non è previsto l’impiego dei volontari in questa attività Trasmissione radiofonica settimanale su principi e regole del diritto al voto e jingles trasmessi regolarmente nell’ultimo quadrimestre pre-elettorale Obiettivo 4.1 Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace Azioni 4.1.a Descrizione attività e ruolo volontari - affiancamento staff locale in eventuali visite sul terreno; 128 Monitoraggio attività e incontri periodici dei Comitati 4.1.b Organizzazione seminario per componenti femminili Comitati territoriali sul ruolo peculiare della donna nella protezione e promozione dei diritti - rielaborazione informatica dati periodicamente raccolti - Supporto all’elaborazione di strumenti di immediata comprensione e semplice consultazione sul ruolo e i diritti della donna (es: brevi video e documentari; brochure); - supporto logistico nell’organizzazione del seminario; - affiancamento staff locale nell’animazione dei lavori di gruppo; - elaborazione questionario di valutazione e reportistica finale Obiettivo 4.2 Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte Azioni 4.2.a Identificazione aree per creazione nuovi gruppi femminili 4.2.b Creazione nuovi gruppi e formazione al concetto di risparmio e piccola gestione finanziaria finalizzata al miglioramento degli standard di vita familiari 4.2.c Monitoraggio gruppi formati 4.2.d Programmi radiofonici di testimonianza e sensibilizzazione 4.2.e Studio sull’impatto psicologico del coinvolgimento associativo delle donne e della loro conseguente Descrizione attività e ruolo volontari Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività - supporto all’organizzazione degli incontri di formazione; - partecipazione alle formazioni sul terreno e affiancamento nell’animazione degli incontri; - partecipazione all’elaborazione di materiale cartaceo informativo/didattico in forma semplificata, con esempi concreti e immagini - elaborazione tabella dei contatti; - rielaborazione grafica e informatica dati raccolti nel monitoraggio; - partecipazione all’organizzazione logistica e alla preparazione della scaletta dei programmi - Raccolta dati Obiettivo 4.3 Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della regione con capacità alfabetiche basiche Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 4.3.a - partecipazione alle sessioni formative con ruolo attivo; assistenza alla suora Sessioni formative incaricata dell’animazione rurale; accompagnamento delle donne settimanali-nozioni basiche di nell’apprendimento lettura e scrittura Obiettivo 4.4 Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per denuncia in caso di abusi Azioni 4.4.a Programmi radiofonici di testimonianza e sensibilizzazione 4.4.b Promozione e monitoraggio Descrizione attività e ruolo volontari Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività - Supporto alla pianificazione di campagne di sensibilizzazione sul ruolo delle donne all’interno della comunità, a basso impatto economico ed elevata 129 attività di difesa diritti attraverso i gruppi femminili formati 4.4.c Creazione ”cellula” di ascolto presso la Commissione Giustizia e Pace per la difesa dei diritti delle donne efficacia, quali teatro di strada, programmi nelle radio locali…; - rielaborazione informatica dati raccolti nel monitoraggio - affiancamento staff locale nell’organizzazione degli incontri preparatori; - supporto nell’identificazione ruolo e attività specifiche della “cellula” Obiettivo 4.5 Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40% delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone Azioni 4.5.a Training nei Comitati territoriali sui principi fondamentali sanciti nei Gender Acts 4.5.b Dai Comitati territoriali ai villaggi: diffusione principi Gender Acts 4.5.c Programmi radiofonici di diffusione e spiegazione dei principi fondamentali delle leggi nazionali sui diritti delle donne 4.5.d Monitoraggio sull’impatto della formazione relativa ai Gender Acts e ricerca Descrizione attività e ruolo volontari - supporto nell’organizzazione logistica e nella preparazione del calendario delle attività; - preparazione supporti formativi/didattici in collaborazione con gli operatori locali; - partecipazione attiva ai training in particolare nell’animazione dei lavori di gruppo - affiancamento nel monitoraggio delle attività e visite sul terreno; - supporto nell’elaborazione di materiale informativo semplificato per la diffusione nelle comunità - affiancamento nel coordinamento organizzativo; - supporto nell’elaborazione della scaletta dei programmi - supporto nell’elaborazione del questionario d’indagine; - supporto alla realizzazione delle indagini quantitative e qualitative; - affiancamento nella raccolta e rielaborazione dati; - rielaborazione grafica dati - attività di ricerca e comparazione con la situazione di altri Paesi Obiettivo 4.6 Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali) Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 4.6.a - supporto nell’elaborazione del questionario investigativo; Ricerca sulle cause della - supporto nell’analisi dei dati e loro rielaborazione; mancata partecipazione - lavoro di gruppo con staff CGPDU e Università di Makeni nell’elaborazione femminile alla vita politica e del del rapporto finale di ricerca disimpegno sociale nei 5 distretti amministrativi della regione 4.6.b - supporto staff CGPDU nell’elaborazione del materiale formativo; Organizzazione incontro - supporto nell’organizzazione logistica; rappresentanti femminili - partecipazione all’incontro Comitati territoriali a Makeni per sensibilizzazione alla partecipazione politica attiva 4.6.c - supporto nella preparazione della scaletta del programma Trasmissioni radiofoniche mensili sulla partecipazione delle donne alla vita politica tramite testimonianze dirette 130 GUINEA Obiettivo 1.1 Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori): rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un Coordinamento Permanente. Azioni 1.1.a Incontro preliminare responsabili OCPH - volontari attivi Commissione Giustizia e Pace diocesana per analisi situazione tutela diritti umani nell’area territoriale di competenza 1.1.b Diffusione in Parrocchie, luoghi pubblici, luoghi di incontro e animazione proposta creazione Coordinamento Permanente Giustizia e Pace (CPGP) 1.1.c Organizzazione primo incontro plenario rappresentanti cittadini, volontari CGP, membri OCPH e formazione Coordinamento permanente 1.1.d Organizzazione incontri formativi settimanali membri CPGP Descrizione attività e ruolo volontari - partecipazione incontro OCPH-CGP; - collaborazione elaborazione rapporto finale - supporto preparazione materiale informativo - collaborazione preparazione materiale informativo; - supporto per preparazione logistica; - partecipazione all’incontro ; - collaborazione redazione rapporto finale - supporto allo staff nella preparazione del materiale formativo e del sussidio per operatori e formatori CPGP; - supporto per preparazione incontri settimanali di formazione; - partecipazione a incontri di formazione settimanali e coordinamento di alcuni seminari secondo specifiche competenze Obiettivo 1.2 Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata; Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 1.2.a Contatto leader comunitari - supporto alla logistica; (nelle aree identificate) - partecipazione a incontri sul terreno; - collaborazione con lo staff nell’elaborazione dei rapporti degli incontri 1.2.b Incontro rappresentanti giovani, donne, comunità cattolica e musulmana, insegnanti (stakeholders) nelle diverse comunità identificate (11) e formazione Cellula territoriale per la tutela della pace e dei diritti umani (CT) 1.2.c Elaborazione in sede centrale (OCPH e membri CGP diocesana) progetto formativo di sostegno e rafforzamento comunitario Cellule territoriali - collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo; - partecipazione a incontri sul terreno per formazione CT - rielaborazione dati rapporti di sintesi e loro informatizzazione; - supporto all’elaborazione del progetto di sostegno alle CT 131 1.2.d Sessioni formative alle 11 Cellule territoriali 1.2.e Creazione banca dati su monitoraggio tutela diritti umani - supporto all’elaborazione del materiale formativo; partecipazione alle sessioni sul terreno; assistenza nell’elaborazione del modulo per il monitoraggio diritti umani; collaborazione nell’elaborazione del questionario di valutazione incontri - responsabile elaborazione sistema informatico; coordinatore raccolta e inserimento dati; coordinatore analisi e rielaborazione dati semestrale; supporto alla redazione del rapporto semestrale di monitoraggio - Obiettivo 1.3 Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%; Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 1.3.a - Non è prevista la partecipazione dei volontari Identificazione rappresentanti giovani a livello territoriale (quartieri di N’Zérékoré e 11 aree territoriali identificate) 1.3.b - supporto alla preparazione del materiale informativo; Incontro plenario giovani - assistenza nella preparazione logistica; (informativo e formativo) - partecipazione all’incontro plenario; nel capoluogo regionale - collaborazione nella redazione del rapporto finale 1.3.c Organizzazione incontri formativi e sessioni di dialogo trimestrali con animatori e consulenti su tematiche attuali di pace, riconciliazione, giustizia 1.3.d Creazione “Cellula di sorveglianza” regionale per monitoraggio della conflittualità giovanile 1.3.e Studio sull’impatto psicologico della costruzione di una rete di “responsabilità e dialogo” in favore dei giovani nella regione forestale partecipazione a incontri formativi; supporto allo staff nell’elaborazione del questionario di valutazione; collaborazione nella redazione del rapporto finale; coordinamento elaborazione sussidio formativo - - partecipazione a incontro di orientamento - Raccolta dati Obiettivo 1.4 Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini Azioni 1.4.a Organizzazione incontri quadrimestrali leader politici, religiosi, società civile aperti alla cittadinanza Descrizione attività e ruolo volontari - supporto allo staff locale nella preparazione logistica e dell’agenda dell’incontro ; collaborazione nella redazione di verbali e rapporti finali Obiettivo 2.1 Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per 132 ogni Comitato Azioni 2.1.a Incontro attori-chiave e leader delle comunità (11 aree territoriali) e creazione Comitato di sviluppo locale 2.1.b Incontro formativo regionale rappresentanti 11 Comitati di sviluppo locale 2.1.c Incontri mensili Comitati e monitoraggio dalla sede 2.1.d Incontro formativo regionale sull’elaborazione di progetti di sviluppo sociale a livello locale 2.1.e Redazione progetti a livello territoriale (1 per ogni Comitato) Descrizione attività e ruolo volontari - responsabile (1 volontario) dell’elaborazione base di dati per raccolta e sistematizzazione dati dei Comitati locali Supporto allo staff nella preparazione logistica; partecipazione all’incontro formativo; collaborazione con lo staff locale per la redazione del rapporto - supporto al coordinatore del programma nel monitoraggio degli incontri mensili dei Comitati di sviluppo e classificazione dati - collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo; partecipazione a incontro formativo - assistenza a Comitati di sviluppo nella elaborazione di progetti di sviluppo locale; - inserimento progetti nel database creato Obiettivo 2.2 Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali Azioni 2.2.a Indagine sui bisogni delle comunità di base/aree rurali 2.2.b Diffusione dati sui bisogni territoriali – incontro con autorità e organizzazioni del territorio (locali, nazionali e internazionali) 2.2.c Elaborazione piano operativo diocesano triennale Descrizione attività e ruolo volontari - supporto allo staff locale nell’elaborazione del questionario diagnostico; - rielaborazione informatica dei dati; - supporto allo staff nell’elaborazione del rapporto di ricerca - collaborazione nella preparazione dell’agenda; - supporto all’organizzazione logistica dell’incontro - partecipazione a incontri di staff; - contributo all’elaborazione del piano operativo Obiettivo 3.1 Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal 50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi; Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 3.1.a - collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo in lingua Sessioni giornaliere di francese sensibilizzazione su pratiche igienico-sanitarie e prevenzione al CMC Gouécké 3.1.b - collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo; Sessioni mensili di - supporto alla preparazione logistica degli incontri; sensibilizzazione per studenti - partecipazione alle sessioni di sensibilizzazione e giovani nelle 5 sottoprefetture 133 3.1.c Sessioni formative trimestrali per i Centri di Salute delle 5 sotto-prefetture - collaborazione nell’organizzazione logistica; - partecipazione agli incontri formativi Obiettivo 3.2 Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme igieniche: dal 30% al 20% attraverso una rilevazione statistica sistematizzata Azioni Descrizione attività e ruolo volontari 3.2.a - elaborazione sistema statistico; Elaborazione sistema statistico - responsabile raccolta e informatizzazione dati settimanale raccolta dati patologie registrate al CMC Gouécké e inserimento dati 3.2.b Analisi e rielaborazione semestrale dei dati 3.2.c Presentazione dei dati alle autorità sanitarie prefettorali e regionali nelle riunioni di monitoraggio semestrale - raccolta semestrale dei dati; - partecipazione all’incontro di staff per la rielaborazione dei dati; - supporto al direttore del CMC nella preparazione del rapporto finale - partecipazione volontari non prevista. BURUNDI Obiettivo 1.1 ridurre del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età 15-16 anni Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 1.1.a Apertura, presso il CJK, di una sala studio con - Supporto agli studenti nello studio individuale annessa biblioteca fornita di più di 18.000 volumi, funzionante 7 giorni su 7 anche nelle ore serali 1.1.b Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione degli adulti 1.1.c Fabbricazione di mattoni e costruzione di case più solide e grandi della media dei quartieri per le famiglie che hanno giovani studenti iscritti alla scuola secondaria - Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la realizzazione dei corsi - Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio civile Obiettivo 1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli studenti dislocati nelle scuole senza aule di informatica che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 1.2.a Organizzazione di corsi di informatica - Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la realizzazione dei corsi 1.2.b Organizzazione di corsi su materie curriculari - Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la della scuola secondaria realizzazione dei corsi Obiettivo 2.1 Diminuire del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord. Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 2.1.a Organizzazione di attività formative e di - Supporto nell’organizzazione delle attività e confronto sui temi della convivenza pacifica, partecipazione attiva ai confronti e ai dibattiti tra pari riconciliazione e rispetto delle differenze 134 Obiettivo 2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del quartiere. Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 2.2.a Organizzazione di eventi nei quartieri nord - Partecipazione all’organizzazione degli eventi e ruolo attivo durante gli stessi nella logistica 2.2.b Campagna per la restituzione delle armi - partecipazione all’organizzazione dei concerti e della gara di ciclismo e ruolo attivo durante gli stessi nella logistica Obiettivo 2.3 Diffondere la cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 2.3.a educare ad una cittadinanza attiva - non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio civile 2.3.b organizzazione di gruppi di approfondimento - Partecipazione ai gruppi di approfondimento con un ruolo più o meno attivo a seconda delle competenze Obiettivo 3.1. Offrire ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 3.1.a Organizzazione di corsi: - Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e, in base alle competenze, alla realizzazione dei corsi 3.1.b Organizzazione di concorsi - Partecipazione, in qualità di membro, alle giurie dei vari concorsi Obiettivo 3.2. Offrire ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i giovani che frequentano il CJK Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 3.2.a Organizzazione di campi estivi che prevedono - partecipazione all’organizzazione dei campi estivi e sessioni di approfondimento ruolo attivo nei momenti di confronto e dibattito tra pari Obiettivo 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500) Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 3.3.a Organizzazione di corsi sportivi: - Supporto agli allenatori per l’organizzazione e, in base alle competenze, alla realizzazione dei corsi 3.3.b Organizzazione di tornei sportivi - Partecipazione all’organizzazione dei tornei e ruolo attivo durante gli stessi nella logistica Obiettivo 3.4 Aumentare la partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una specifica attività) Azioni Descrizione Attività e ruolo volontari 3.4.a Organizzazione di squadre - supportare l’educatore per la creazione dello spirito di gruppo e rispetto reciproco nelle squadre 3.4.b Organizzazione di gruppi - supportare l’educatore per la creazione dello spirito di gruppo e rispetto reciproco nei gruppi stessi REPUBBLICA DI GIBUTI Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 1. Aumentare la presenza di bambini che frequentano il Centro Caritas a Gibuti, soprattutto delle bambine 135 1.1 Valutare i bisogni primari dei minori di 1.1 supporto nella preparazione di una scheda di valutazione strada attraverso un’attenta osservazione per ciascun minore e partecipazione agli incontri tra gli operatori e un confronto tra gli operatori. 1.2 Conoscere i problemi e la realtà dei 1.2 passare del tempo con i bambini di strada bambini di strada attraverso il dialogo. 1.3.Conoscere il contesto sociale e 1.3 accompagnare gli educatori nei sopraluoghi nelle strade cittadino nel quale vivono i minori di per incontrare i minori strada. 1.4.Organizzare in modo preciso le attività, possibilmente programmandole 1.4 partecipare alla programmazione delle attività settimanalmente, e la verifica del supportare la preparazione del materiale e la logistica materiale da utilizzare e delle condizioni logistiche (prevenire la mancanza dell’acqua). e 1.5 supportare la preparazione di schede standard per il 1.5 Elaborare un censimento annuale dei censimento minori che frequentano il centro, attraverso schede standard. 1.6 Programmare attività di “autostima” 1.6 partecipazione agli incontri con le ragazze per le giovani ragazze almeno una volta la settimana per facilitare la fiducia reciproca. Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 2. Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni 2.1.Organizzare giochi di squadra e 2.1 supportare l’organizzazione delle attività attività sportive 2.2 Programmare attività ricreative: 2.2 partecipare collage, realizzazione di oggetti, dell’attività patchwork, ecc. 2.3.Organizzare di attività che promuovono la collaborazione: musica, 2.3 partecipare dell’attività danza, teatro. 2.4 Proiettare di film educativi 2.4 partecipare dell’attività 2.5 Studio sui risvolti di carattere psicologico nei bambini che usufruiscono 2.5 Raccolta dati delle attività ludico ricreative e educative proposte dal centro. (collaborazione con Università Carlo Bo di Urbino). 136 all’organizzazione e alla realizzazione all’organizzazione e alla realizzazione all’organizzazione e alla realizzazione Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 3: Fornire adeguata conoscenza igienica e di alimentazione ai bambini che frequentano il centro 3.1 sensibilizzare all’abuso di sostanze 3.1 partecipare alla preparazione delle attività stupefacenti 3.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio 3.2 Favorire l’igiene personale civile in questa attività 3.3 fornire educazione sessuale e 3.3 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio sensibilizzazione contro le Mutilazioni civile in questa attività Genitali Femminili (per le ragazze) Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 4. Fornire conoscenze di lingua francese di base, di calcolo 4.1 preparare materiale didattico 4.1 partecipazione alla preparazione del materiale (cartelloni, giochi, disegni, colori) per l’insegnamento della lingua francese 4.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio 4.2 dividere i bambini di strada per livelli civile in questa attività di conoscenza della lingua 4.3 Supportare in modo approfondito gli allievi di prossima frequentazione dei 4.3 affiancamento degli insegnanti LEC Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 5. Migliorare la formazione e partecipazione degli operatori dei LEC 5.1 Proporre riunioni di verifica e 5.1 partecipare alle riunioni di coordinamento e verifica coordinamento tra operatori e volontari almeno una volta al mese. 5.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio 5.2 promuovere corsi di formazione civile in questa attività specifica per gli operatori. Descrizione attività Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile Obiettivo 6. Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico 6.1 elaborare un inventario del materiale 6.1 supporto al contabile nell’elaborazione dell’inventario a disposizione per le attività con i bambini, per un utilizzo più efficiente delle risorse 6.2 acquistare materiale mancante o 6.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio necessario per svolgere le attività del civile in questa attività centro. 10) Numero dei volontari da impiegare nel progetto: 8 (otto) 137 11) Modalità di fruizione del vitto e alloggio: SIERRA LEONE I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente nelle vicinanze della sede di progetto, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno preparare i pasti. GUINEA CONAKRY I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente situato all’interno del compound del Vescovado, al piano terra della “Maison d’Accueil” diocesana. L’appartamento è indipendente dalle altre stanze e possiede una cucina in cui i volontari potranno preparare i pasti autonomamente. L’appartamento usufruisce dell’approvvigionamento dell’acqua e del gruppo elettrogeno del compound diocesano; il gruppo elettrogeno resta acceso dalle 9 alle 13, dalle 14 alle 17, dalle 19 alle 23.30, due ore al mattino presto (dalle 5 alle 7) BURUNDI I due volontari alloggeranno presso i locali del Centre Jeunes Kamenge. Seguiranno i ritmi di vita del centro anche per ciò che riguarda i pasti, consumati in comunità con i missionari ed i volontari espatriati periodicamente presenti nella struttura. REP. DI GIBUTI I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente nelle vicinanze della sede del progetto, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno preparare i pasti. 12)Numero posti senza vitto e alloggio: 0 (zero) 13)Numero ore di servizio settimanali dei volontari, ovvero monte ore annuo: 36 ore settimanali 14) Giorni di servizio a settimana dei volontari (minimo 5, massimo 6): Sei (6) giorni 15) Mesi di permanenza all’estero ed eventuali particolari obblighi dei volontari durante il periodo di servizio Il progetto prevede una permanenza all’estero non inferiore a 9 mesi. Partecipazione al percorso formativo previsto a livello diocesano e ai corsi di formazione residenziali organizzati a livello diocesano, regionale, interdiocesano (corso di inizio, metà e fine servizio) anche fuori dal comune e della provincia ove si svolge il proprio progetto, così come previsto dal percorso di formazione; ogni corso ha la durata di tre giorni complessivi. Stesura delle relazioni mensili da inviare in Italia (report), incontri settimanali dell’équipe locale di progetto, seguire le indicazione dei referenti dei progetti, comunicazione costante (mail, telefono) con la Caritas Italiana, comportamento improntato ad uno stile di vita sobrio, responsabile ed armonico rispetto al lavoro di equipe. Rispetto della cultura locale. Rispetto delle norme per la sicurezza raccomandate dai partner locali e dalla Caritas. Inoltre, flessibilità a svolgere il servizio in numerosi e differenti settori, ambiti e fasi di intervento (esecuzione operativa, studio ed analisi, progettazione, sperimentazione e verifica), possibile impiego nei giorni festivi, alternanza di lavoro individuale ed in equipe, flessibilità di orario. 138 Obbligo di svolgimento delle attività di animazione e sensibilizzazione in Italia con la Caritas diocesana capofila del progetto. Disponibilità al rientro in Italia o al trasferimento temporaneo della sede in caso di: - richiesta da parte dei propri referenti dell’ente per ragioni di sicurezza - eventi di formazione e sensibilizzazione diocesani, regionali o nazionale Partecipazione ai momenti di verifica dell’esperienza di servizio civile con la Caritas Italiana, la Caritas diocesana della diocesi di provenienza e/o le sedi di attuazione svolti su base periodica e previsti a metà e a fine servizip. CARATTERISTICHE ORGANIZZATIVE 16) Particolari condizioni di rischio per la realizzazione del progetto connesse alla situazione politica e sociale esistente nell’area d’intervento prescelta: SIERRA LEONE Il livello di sicurezza nella città di Makeni –sede di progetto- è ritenuto sufficiente per l’impiego di volontari. E’ tuttavia opportuno prendere tutte le precauzioni necessarie e di buon senso per evitare eventuali problemi. Ci possono essere rischi di natura sanitaria e di furti e rapine, tuttavia, una buona formazione pre-partenza ed un corretto inserimento in loco potranno diminuire il rischio di spiacevoli inconvenienti. SITUAZIONE POLITICA Più nello specifico, per quanto riguarda la situazione politica, nell’intera regione si vive un periodo di stabilità in seguito alle elezioni amministrative del 2008; rare manifestazioni di protesta verificatesi, sollevate da specifiche categorie (es. tassisti, commercianti…), sono riconducibili a precisi provvedimenti e decreti legislativi governativi, ma non hanno superato i limiti posti dalla legge; il confronto tra partiti politici è rimasto nei termini di una dialettica politica accettabile; alcune tensioni verificatesi tra autorità tradizionali ed elette in merito alle aree di competenza non hanno provocato particolari problemi a livello delle comunità. Le imminenti elezioni politiche e amministrative previste per il 2012 (non ancora stabilito il periodo) cominciano a creare una certa tensione tra i rappresentanti dei partiti politici e tra i potenziali candidati, tensioni che possono sfociare in dispute tribali, visto che i partiti sono generalmente legati ai gruppi etnici. La situazione è tuttavia al momento perfettamente sotto controllo e non suscita particolari preoccupazioni nelle autorità politiche, di polizia e giudiziarie in particolare nella regione nord del paese (di cui Makeni è capoluogo), che è una regione prevalentemente sostenitrice del partito di maggioranza attuale di governo. L’avvicinarsi delle elezioni potrebbe aumentare il livello di rischio, ma non ci sono segnali di degenerazione, visti anche i precedenti quattro anni di stabilità e dialettica politica e l’impegno a 360° di tutte le forze politiche, governative e delle istituzioni locali, nazionali e internazionali per una tornata elettorale pacifica e trasparente così come fu nel 2007 e 2008. SITUAZIONE SOCIALE Dal punto di vista sociale, sono state rilevate negli anni e possono verificarsi tensioni e scioperi a causa dell’aumento dei prezzi di generi alimentari primari quali riso e pane o di beni fondamentali quali la benzina; nella maggior parte dei casi, pur di fronte a decreti governativi, l’azione della società civile e delle associazioni di cittadini e commercianti ha portato avanti negoziazioni tali da evitare che tali tensioni sfociassero in disordini maggiori. Possono verificarsi furti e rapine, soprattutto nelle ore notturne, in particolare furti all’interno delle abitazioni e nelle zone residenziali, ma un aumento della presenza militare in zone particolarmente sensibili soprattutto dopo il tramonto ha portato nel secondo semestre del 2009 e nel 2010 a una diminuzione di casi simili. RETE VIARIA E TRASPORTI La rete di trasporti della regione è molto debole e soprattutto non garantisce la sicurezza necessaria per potervi fare affidamento soprattutto per gli spostamenti al di fuori della città di Makeni. Trasporti pubblici (es. autobus) sono praticamente assenti, alcuni autobus che congiungono Makeni alle principali città capoluogo degli altri distretti e alla capitale sono spesso vecchi, non revisionati, non garantiscono orari di partenza e di arrivo, trasportano più passeggeri di quelli consentiti. 139 La rete dei trasporti privati (taxi, sia automobili che pulmini –poda poda-), invece, -che è quella più utilizzata nella regione e nel paese- non è assolutamente affidabile: veicoli non sicuri, non revisionati, spesso vetusti e sovraccaricati di persone e cose (viaggiano almeno con 7 persone a bordo le macchine e con 15 i pulmini da 8-10 posti), guidati da autisti nella maggior parte dei casi non professionisti portano ad avere una percentuale elevata di incidenti stradali gravi, anche mortali, soprattutto nelle ore notturne. La condizione delle strade, inoltre, non facilita i trasporti visto che, al di là della grande arteria MakeniFreetown e della strada principale della regione che collega Makeni ai capoluoghi dei disretti più a nord Tonkolili e Koinadougu, le altre strade, anche importanti (ad esempio quella che collega Makeni all’aeroporto di Lungi, oppure al confine con la Guinea e con i capoluoghi dei distretti di Port Loko e Kambia) non sono asfaltate, sono sconnesse, prive di segnaletica, diventano più difficili e quindi più pericolose da percorrere durante la stagione delle piogge. Va rilevato che è in corso di realizzazione un progetto di rifacimento del tratto stradale che collega Makeni ai distretti di Port Loko e Kambia fino al confine con la Guinea, il cui termine dei lavori è previsto per la fine del 2011. Per quanto riguarda i trasporti interni a Makeni, il mezzo più utilizzato sono i moto-taxi, che vengono regolarmente presi dalla maggior parte della popolazione che deve spostarsi all’interno della città: non sempre e non tutti affidabili, in particolare nelle ore notturne e durante la stagione delle piogge quando l’asfalto è più scivoloso, risultano tuttavia un mezzo pratico se utilizzato con prudenza. Negli ultimi anni le autorità locali hanno adottato una serie di regole più restrittive per la regolamentazione di tale categoria di trasporti, migliorandone in parte la qualità e l’organizzazione. GUINEA Il livello di sicurezza nella città di N’Zérékoré –sede di progetto- è ritenuto sufficiente per l’impiego di volontari. E’ tuttavia opportuno prendere tutte le precauzioni necessarie e di buon senso per evitare eventuali problemi. Una buona formazione pre-partenza ed un corretto inserimento in loco potranno diminuire il rischio di spiacevoli inconvenienti. SITUAZIONE POLITICA Dopo un lungo periodo di tensioni e instabilità politica, a livello nazionale con indubbie ripercussioni anche a livello regionale, con l’elezione di Alpha Condé a Presidente della Repubblica al termine di un procedimento elettorale durato nel complesso sei mesi (due turni separati tra loro di cinque mesi, giugno e novembre), la situazione nel paese pare stabilizzata. Dal momento dell’investitura ufficiale del Presidente Condé (dicembre 2010), non si sono rilevate tensioni tra gruppi politici, che inevitabilmente in precedenza si trasformavano in conflittualità etniche e tribali. Negli ultimi tre anni la regione di N’Zérékoré ha risentito dell’instabilità del paese, seppure questo non abbia impedito di vivere in una condizione di generale equilibrio. Tensioni etniche e religiose si sono verificate soprattutto tra il 2009 e il 2010, legate a episodi specifici verificatesi in città, ma frutto della tensione generale vissuta nel paese. Le tensioni non si sono mai prolungate per più di una settimana. Inoltre, la giunta militare al potere fino a fine 2009 ha creato una situazione di tensione nell’intero paese e nella regione: migliaia i militari dispiegati nelle città, lungo le strade, ai confini, che spesso hanno alimentato o generato situazioni di tensione e di corruzione. Con la sconfitta del proprio candidato alla Presidenza, l’etnia peul (fulani), maggioranza relativa nel paese e minoranza nella regione forestale, ha vissuto un periodo molto particolare: timori politici ed economici hanno portato la maggior parte degli appartenenti, che detengono una buona fetta del potere economico e commerciale del paese a emigrare verso la regione a più alta densità della propria etnia (Moyenne Guinée, sull’altipiano del Futa-Djalon, in particolare la città di Labé) e soprattutto a non investire più nel paese, non importare, né esportare, non immettere più liquidità nel circuito bancario. Questo ha provocato, negli ultimi mesi del 2010, notevoli difficoltà nel sistema bancario guineano, provocando frequenti crisi di liquidità e un crollo del valore della moneta locale (da un valore medio del tasso di cambio negli ultimi tre anni di 1 € = 6500/7000 gnf, a fine dicembre 1 euro veniva cambiato a 10200 gng). Con la progressiva stabilizzazione del sistema paese e la ripresa delle attività economiche e commerciali (che nel periodo elettorale hanno sensibilmente rallentato, quando non si sono completamente arrestate), la situazione sembra avviarsi verso la normalità, seppure gli investimenti sono ancora timidi e il valore della moneta locale resti su livelli molto bassi (1€ = 9500 gnf). SITUAZIONE SOCIALE La situazione sociale è generalmente legata a quella politica ed economica del paese; molte tensioni tra gruppi etnici degli anni passati hanno avuto all’origine un forte disagio sociale, la disoccupazione, 140 l’aumento dell’inflazione e del costo della vita, il rincaro galoppante dei prezzi dei beni di primaria necessità Sono stati infatti rilevati negli anni e possono verificarsi tensioni e scioperi a causa dell’aumento dei prezzi di generi alimentari primari quali riso e pane o di beni fondamentali quali la benzina; nella maggior parte dei casi, pur di fronte a decreti governativi. Questo ha portato, in particolare nel 2006 e 2007, ha una profonda crisi nel paese: l’aumento dei prezzi di pane, benzina, riso (legato a una situazione politica di profondo malcontento nei confronti del Presidente Lansana Conteh) ha provocato scioperi generali e scontri nell’intero paese con decine di morti, centinaia di feriti, strade asserragliate e coprifuoco. La situazione è andata via via stabilizzandosi , anche se il livello di attenzione deve rimanere alto a causa dell’alto tasso di inflazione e di frequenti aumenti dei prezzi dei generi primari e nell’ultimo periodo in particolare della benzina. Possono verificarsi furti, soprattutto nelle ore notturne, in particolare all’interno delle abitazioni e nelle zone residenziali, ma l’incidenza rilevata non ne fa un dato particolarmente preoccupante. RETE VIARIA E TRASPORTI La regione forestale della Guinea è particolarmente nota per il basso livello delle infrastrutture stradali, che ne fanno uno dei fattori maggiori di isolamento dell’area nei confronti del resto del paese, con indubbie conseguenze anche sull’economia locale. La maggior parte delle strade, infatti, non sono asfaltate o sono prive di segnaletica; all’interno della stessa città capoluogo N’Zérékoré la maggior parte delle strade non sono asfaltate anche se alla fine del 2010 sono cominciati i lavori per un loro rifacimento; anche la strada principale per recarsi da N’Zérékoré alla capitale Conakry non è asfaltata in alcuni tratti mentre in altri l’asfalto è in sensibile degrado rendendo così la percorrenza ancor più pericolosa; se ci si addentra infine all’interno della regione, verso le zone di confine con Liberia e Costa d’Avorio, le strade sono tutte piste, a volte anche difficilmente percorribili, soprattutto nella stagione delle piogge più intensa. Accanto a queste difficoltà oggettive della rete stradale si pongono i rischi, ad esse in parte legate, dei trasporti pubblici locali, mezzi di cui usufruisce la maggior parte della popolazione, ma assolutamente non affidabili: taxi (veicoli, pulmini, autobus, camion) e moto taxi che effettuano i servizi di trasporto all’interno della città, della regione e verso la capitale o gli altri capoluoghi regionali sono nel 90% dei casi vecchi, privi di manutenzione, guidati da autisti non professionisti; trasportano un quantitativo di persone e materiali di gran lunga superiore a quello consentito (8 persone minimo in un’automobile, 20 in un pulmino, numeri imprecisati in autobus e camion), causando un elevato numero di incidenti gravi, spesso mortali. Gli stessi moto-taxi che assicurano il servizio di trasporto in città sono spesso non affidabili, guidati da giovani e giovanissimi a volte anche privi del permesso di guida e causano giornalmente incidenti a causa di una guida scarsamente prudente e senza protezioni (es. casco). BURUNDI SITUAZIONE POLITICA Nel 2010 si sono tenute le elezioni politiche, segnate da tensioni, che hanno riconfermato al potere il presidente uscente Pierre Nkurunziza (di etnia Hutu), rimasto unico candidato, dopo il ritiro di tutti i partiti di opposizione in seguito a accuse di brogli e irregolarità. Il paese che ha ottenuto l’indipendenza dal controllo belga, nel 1962, è costantemente segnato da guerre e instabilità politica, derivanti soprattutto dalla lotta per il potere delle due maggiori etnie Hutu e Tutsi, infatti le prime elezioni politiche si hanno solo nel 1993 seguite da un lungo periodo di guerra, mai veramente conclusosi, nonostante la firma degli accordi di pace nel 2001. SITUAZIONE SOCIALE Le condizioni della popolazione risentono inevitabilmente del lungo conflitto: il paese è tra i peggiori cinque al mondo per l’indice di sviluppo umano. Da migliorare anche i servizi sanitari, che influiscono sulla diffusione dell’Aids e sulla mortalità infantile, oltre che sull’aspettativa di vita. Il perpetrarsi di guerre e conflitti, la presenza di forze paramilitari e bande criminali ha fatto in modo che nel paese sia molto diffuso il possesso e uso di armi da fuoco, soprattutto tra i giovani. La criminalità ed il banditismo rappresentano un fattore costante, in particolare nelle zone periferiche della capitale, che non accenna a diminuire. Attualmente a Bujumbura, e specialmente nei quartieri nord della città e di notte, si verificano sparatorie, rapine a mano armata e atti di violenza. RISCHI legati alla situazione politica e sociale del paese: 1. Rischio politico Data la situazione di instabilità del paese (vedi descrizione SITUAZIONE POLITICA), segnato da guerre e colpi di stato, c’è il rischio che in caso di nuovi stravolgimenti politici e/o militari non sia più sicuro trovarsi 141 nel paese, specialmente come stranieri. La difficoltà è chiaramente riferibile al pericolo di essere coinvolti in atti di violenza, sparatorie, difficoltà nelle comunicazioni con l’esterno e con il paese di origine, e difficoltà nel reperimento di beni necessari come cibo, acqua potabile e medicine. 2.Abitazione e ufficio: Data la situazione di banditismo e atti di violenza dei quartieri nord di Bujumbura, risulta pericoloso muoversi in autonomia per qualsiasi persona non proveniente dai quartieri stessi. I rischi sono quelli di essere vittime di rapina e atti di violenza e di non poter accedere a un soccorso immediato ed efficace. Pertanto è estremamente sconsigliato abitare nella zona o recarvisi non accompagnati per motivi di lavoro. 3. Trasporti Nel caso di utilizzo sia di mezzi pubblici che di mezzi privati i rischi sono principalmente di 2 tipi: -rischio legato alla scadente condizione del sistema viario e della scarsa disponibilità di mezzi pubblici che rendono difficile gli spostamenti nel paese. La scadente condizione di mantenimento delle strade aumenta la possibilità di incidenti o danni ai mezzi di trasporto. -rischio legato alla situazione di instabilità del paese e quindi il rischio di essere coinvolti in atti di banditismo e violenza. I percorsi sono spesso male o del tutto non segnalati, aumentando così la possibilità, soprattutto per gli stranieri, di perdersi o attraversare zone pericolose, interessate dalla presenza di gruppi armati. Persiste la possibilità di essere vittime di banditismo in qualsiasi zona del paese. REPUBBLICA DI GIBUTI SITUAZIONE SOCIO-POLITICA Il livello di sicurezza nella città di Gibuti è ritenuto adeguato (secondo quanto affermano i responsabili della Caritas Gibuti) per l’impiego dei volontari. Non sono registrati incidenti di rilievo contro europei, anche se vi è un certo rischio di “micro banditismo” . Segnali di intolleranza nei confronti dei “cristiani” e degli occidentali in genere sono sporadici e non hanno mai raggiunto livelli preoccupanti. A Gibuti è presente un forte contingente militare di forze americane, francesi e di altre nazionalità. Nella prospettiva delle prossime elezioni politiche dell’aprile 2011 ci si può attendere un peggiorarsi del livello di sicurezza. Già a febbraio 2011 ci sono state manifestazioni, sfociate in scontri tra polizia e rivoltosi, contro l’attuale presidente, Ismail Omar Guelleh al potere da 12 anni. RISCHI legati alla situazione socio-politica del paese 1. Rischio politico La situazione del Paese presenta qualche instabilità dal febbraio 2011 a causa di manifestazioni antigovernative. Le autorità consolari sul posto non hanno manifestato particolari preoccupazioni alla presenza di occidentali nel paese, data anche la massiccia presenza di militari francesi e americani. In ogni caso le normali cautele negli spostamenti, le comunicazioni con il console e i buoni rapporti con la popolazione locale danno sufficienti garanzie di sicurezza in caso di manifestazioni e sommosse. 2. Abitazione e ufficio Data la situazione di micro banditismo e sommosse politiche risulta pericoloso muoversi in autonomia, e vivere in zone non protette o isolate. I rischi principali sono rappresentati dal micro banditismo e dalle rapine. 3. Trasporti Nel caso di utilizzo sia di mezzi pubblici che di mezzi privati rischi sono legati alla scadente condizione del sistema viario che rendono difficile gli spostamenti nel paese, e del rischio di essere vittime di atti di banditismo. Di sera è bene evitare spostamenti senza essere accompagnati da staff locale e zone isolate. 17) Accorgimenti adottati per garantire i livelli minimi di sicurezza e di tutela dei volontari a fronte dei rischi evidenziati al precedente punto 16) e di quelli sanitari: ACCORGIMENTI GENERALI 1. Unità di crisi - Ministero Affari Esteri Nei giorni immediatamente precedenti la partenza (all’inizio del servizio e dopo il rientro intermedio in Italia), si raccomanda ai volontari di registrare i propri dati personali e i dati relativi al viaggio sul sito internet www.dovesiamonelmondo.it "Dove siamo nel mondo" è un servizio del Ministero degli Affari Esteri che consente agli italiani che si recano temporaneamente all'estero di segnalare - su base volontaria - i dati personali, al fine di permettere all'Unità di Crisi, nell'eventualità che si verifichino situazioni di grave emergenza, di 142 pianificare con maggiore rapidità e precisione gli interventi di soccorso. In tali circostanze di particolare gravità è evidente l'importanza di essere rintracciabili con la massima tempestività consentita e - se necessario - soccorsi. I dati verranno utilizzati solo in casi di comprovate e particolarmente gravi emergenze come le grandi calamità naturali, gli attentati terroristici. Comunicazione: al volontario sarà richiesto di dotarsi di un telefono cellulare per essere sempre rintracciabile; gli verrà consegnata una lista di numeri utili che comprende figure più istituzionali e collaboratori locali. La comunicazione con il responsabile della controparte locale e verso l’Italia con il responsabile di Caritas sarà periodica anche per un confronto sulle situazioni di rischio e per l’assunzione di eventuali misure precauzionali. La rete di telefonia mobile del paese è sufficientemente funzionale per garantire la possibilità di comunicazione sia in loco che verso (o da) l’Italia. Coordinamento: Si comprende e analizza costantemente la situazione generale nella quale il luogo dove i volontari svolgono il loro servizio è inserito, pertanto le situazioni di rischio possono essere facilmente prevedibili e adottate le conseguenti misure preventive. Inoltre i referenti in loco dei progetti sono in contatto costante con le autorità e i contingenti internazionali presenti nei paesi 2. Attività di formazione in Italia Durante il percorso di formazione antecedente alla partenza, viene dedicato un modulo formativo alla sicurezza. Oltre ad illustrare gli accorgimenti generali di sicurezza (sotto riportati), verrà consegnato il vademecum di Caritas Italiana sulla sicurezza contenente criteri e misure di sicurezza a cui i volontari dovranno fare riferimento. Inoltre il referente paese Sierra Leone consegna ai volontari un elenco di Enti e Persone a cui fare riferimento per le diverse ipotetiche situazioni di “rischio” verificabili (Ambasciata/Consolato italiano, uff. di Cooperazione Italiana, i riferimenti per la sicurezza dei nostri partner locali di riferimento…). Il volontario è tenuto ad adottare un comportamento improntato alla responsabilità, all’ equilibrio e al rispetto di luoghi e persone. Alcuni consigli generali: Conservare l’originale del passaporto in un luogo sicuro, portare sempre con sé una fotocopia e conservarne un’altra in casa o nell’ufficio in un posto sicuro; Consegnare, in caso di assenza per periodi prolungati, una copia delle chiavi dell’abitazione all’amministratore del partner locale; Consultare sempre il partner locale in caso di incertezza e indecisione sulle norme di sicurezza da porre in atto nel caso di attività diverse da quelle programmate (es.: uscite serali, visite con Istituzioni governative e/o religiose…); Verificare sempre con lo staff locale, con le istituzioni diocesane e, in caso di tensioni nel paese con le organizzazioni internazionali presenti sul territorio e la cellula di sicurezza dell’Ambasciata italiana prima di intraprendere viaggi all’interno del paese e in particolare in zone limitrofe ai confini, che sussistano tutte le condizioni di sicurezza sul percorso e nei punti di destinazione. Avvisare, lasciandone copia cartacea e/o mail agli operatori/colleghi del partner locale sugli spostamenti e l’agenda di lavoro, appuntamenti, riunioni, (almeno a livello settimanale). In caso di appuntamenti e spostamenti diversi da quelli già previsti lasciare agli operatori/colleghi partner locali gli indirizzi e i recapiti telefonici o il numero di telefono di una persona di riferimento. E’ raccomandato avvertire il referente locale di progetto anche in caso di spostamenti dalla sede del progetto all’interno del paese per motivi personali; è obbligatorio avvertire sia il responsabile locale di progetto che il referente di progetto di Caritas Italiana tramite comunicazione scritta in caso di ferie e di uscita dal paese. Evitare, in particolare in capitale, di muoversi da soli in zone periferiche specialmente nelle ore notturne; Non scattare fotografie nei pressi di check point militari, in presenza di forze dell’ordine, di fronte a ambasciate e consolati; 3. Rischi sanitari Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria, il problema maggiore è costituito indubbiamente dalla malaria, essendo nei luoghi di servizio una malattia endemica; in particolare è piuttosto diffusa durante e subito dopo la stagione delle piogge (nei cambi di stagione) a causa anche dell’alto tasso di umidità, delle zone paludose esistenti e delle aree boscose. 143 Alla malaria si uniscono patologie tipiche delle zone tropicali, quali febbre gialla, meningiti, tifo, colera, epatiti e più comunemente rischi di infezioni intestinali dovute soprattutto all’ingestione di cibo e acqua non trattati o trattati con standard igienici molto bassi. Caritas Italiana effettua un monitoraggio costante della situzione sanitaria nel paese, attraverso il servizio offerto dall’Unità di crisi del MAE www.viaggiaresicuri.mae.aci.it , ma va posto in evidenza che le situazioni di sicurezza, nonché le misure normative e amministrative in vigore nel paese, possono rapidamente variare e che, nonostante la massima attenzione nel reperire e verificare le informazioni, i dati sono suscettibili di continue modifiche e aggiornamenti. Gli stessi volontari possono verificare prima della partenza gli aggiornamenti del sito, anche se i referenti di Caritas Italiana lo fanno regolarmente. Caritas Italiana ripone molta attenzione al monitoraggio in particolare delle situazioni locali: l’attività principale è quella di raccolta informazioni e dati finalizzata all’analisi del rischio; ci si avvale di elementi raccolti in Italia, dall’equipe di progetto e all’estero congiuntamente con il contributo degli stessi volontari e dei partner di progetto. Un ambito che viene monitorato ordinariamente è quello legato ai rischi epidemiologici. Rispetto quindi ai rischi delle varie patologie, i volontari sono tenuti a effettuare delle vaccinazioni (alcune obbligatorie, altre consigliate o altamente raccomandate) prima della partenza, per cui è però necessario consultare previamente il proprio medico curante per stabilire possibilità e rischi in base allo stato di salute di ciascuno. Si raccomanda dunque ai volontari nel periodo antecedente la partenza, di rivolgersi alle proprie ASL di competenza, sezione medicina dei Viaggi per effettuare le vaccinazioni e per avere consigli specifici. Per ottenere una protezione adeguata, l’ideale è vaccinarsi almeno 2-3 settimane prima della partenza (40 giorni nel caso in cui venga effettuato anche il vaccino antiepatite B). Qualora dovessero comunque mancare anche meno di 2 settimane alla partenza, i volontari sono comunque invitati a recarsi al Centro vaccinazioni per una valutazione del caso. Capitolo a parte merita la malaria, malattia che viene trasmessa all'uomo attraverso la puntura di zanzare infette del genere Aedes. Non esistono, al momento, vaccini specifici; l'Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia una profilassi con farmaci diversi, che devono essere assunti previa prescrizione medica e che va attentamente valutata in caso di residenza prolungata in un paese a rischio. I farmaci antimalarici possono essere assunti regolarmente a titolo preventivo secondo prescrizione medica, o tenuti come riserva per il trattamento di urgenza di una febbre improvvisa in assenza di cure mediche (ad esempio se ci si trova in missione in un villaggio interno al paese senza ospedali limitrofi). Il rischio di infezione e la risposta del parassita al farmaco sono variabili e mutevoli. Se vengono assunti farmaci antimalarici a titolo preventivo, è necessario prenderli in maniera regolare, iniziando generalmente una settimana (o qualche giorno) prima della partenza (anche per verificare la risposta del proprio organismo e eventuali intolleranze o manifestazioni di effetti indesiderati) e continuare per un periodo dopo il rientro (variabile a seconda del farmaco assunto). Nel caso in cui dovesse poi manifestarsi una febbre entro una settimana successiva alla prima esposizione e fino a due anni dal rientro dal paese, va consultato il medico e informato del soggiorno in una zona malarica. Al di là di tali informazioni mediche, ai volontari si consiglia l'adozione di misure preventive da adottare durante la permanenza, quali: - indossare abiti di colore chiaro (i colori scuri ed accesi attirano gli insetti) con maniche lunghe e pantaloni lunghi, che coprano la maggior parte del corpo, e scarpe chiuse, soprattutto nelle ore dell’alba e del tramonto e durante la notte; - evitare l'uso di profumi (attirano gli insetti); - applicare sulla pelle esposta durante il giorno, ed in particolare dal tramonto all'alba, prodotti repellenti per gli insetti, ripetendo l'applicazione in caso di sudorazione intensa ogni 2-3 ore. I repellenti per gli insetti e gli insetticidi a base di piretroidi possono essere spruzzati direttamente sugli abiti; - verificare che le zanzariere presenti alle finestre della casa siano sempre integre; - dormire sotto la zanzariera, rimboccandone i margini sotto il materasso, verificandone le condizioni e controllando che non ci siano zanzare al loro interno; è utile impregnare le zanzariere con insetticidi a base di permitrina; 144 - spruzzare insetticidi a base di piretro o di permitrina nelle stanze di soggiorno o utilizzare diffusori di insetticida operanti a corrente elettrica L’abitazione dei volontari è dotata di zanzariere alle finestre e per ogni letto. Nel caso di comparsa di sintomi influenzali, è comunque strettamente raccomandato un immediato consulto medico nell’ospedale più vicino e di effettuare il test anti-malaria. Per rischi più direttamente legati a malattie quali infezioni intestinali, salmonella, tifo, colera, si consiglia: - bere solo acqua imbottigliata; - non utilizzare ghiaccio; - utilizzare acqua filtrata o bollita per la cucina; - disinfettare con cura frutta e verdure crude prima di mangiarle o sbucciare la frutta. ACCORGIMENTI SPECIFICI LEGATI AI SINGOLI PAESI SIERRA LEONE Ambasciate/consolati In Sierra Leone non c’è un’Ambasciata italiana, né un Consolato italiano di riferimento, l’Ambasciata facente funzioni per il paese è l’Ambasciata Italiana in Costa d’Avorio, ad Abdijan, alla quale Caritas Italiana comunica ufficialmente prima della partenza, la presenza dei volontari italiani in Sierra leone, fornendo i dati anagrafici e inviando una comunicazione ufficiale via fax, mail o dhl. Per qualsiasi eventualità o urgenza, i cittadini italiani, quindi come tali anche i volontari, possono rivolgersi ad un’Ambasciata dell’Unione Europea presente nel paese, in particolare l’Ambasciata della Germania a Freetown (00232 76697645, [email protected]), oppure all’Ambasciata britannica (Alto Commissariato del Regno Unito), sempre in Freetown (00232 22232362 – 22232961, [email protected]) In caso di gravi problemi nel paese, oltre a una comunicazione diretta con il servizio emergenza dell’Ambasciata italiana in Abdijan, le regole da seguire saranno quelle dettate dall’ambasciata tedesca (es. piano di evacuazione). Ufficio immigrazione sierraleonese Una volta giunti in Sierra Leone, a un mese dal primo ingresso nel paese, i volontari sono tenuti a registrarsi presso l’ufficio immigrazione sierraleonese in Freetown, passaggio fondamentale per ottenere un visto di lungo soggiorno nel paese che verrà rilasciato dallo stesso ufficio. I volontari vengono accompagnati per queste procedure da personale locale della Diocesi di Makeni esperto in materia. a. Persone risorsa e luoghi di ritrovo in situazioni di crisi In generale, qualora dovessero verificarsi problemi relativamente alla sicurezza, la Diocesi di Makeni è un luogo sicuro di riferimento: il Vescovo, Mons. Giorgio Biguzzi, è un’autorità particolarmente rispettata in tutto il paese anche a livello politico e governativo, i referenti locali di progetto e i responsabili delle organizzazioni partner sono persone con una lunga esperienza in un paese che ha vissuto una lunga conflittualità e instabilità politica e sanno quindi muoversi senza problemi anche nell’eventualità di situazioni di rischio. Le numerose strutture della Diocesi in Makeni, inoltre, sono un luogo sicuro di riunione e ritrovo nel caso in cui sia raccomandato lasciare la casa e non restare isolati. In particolare il centro pastorale a fianco della cattedrale di Makeni e degli uffici diocesani del Vescovo e della Caritas, è luogo protetto e permette un’ampia ricettività, possiede infatti camere, uffici, stanze di ritrovo, sala riunioni e sala refettorio, oltre che un parco recintato. b. Ufficio e luoghi di lavoro L’ufficio della CGPDU è raggiungibile con la moto o con i taxi locali dall’abitazione; si trova nel centro della città, a pochi metri dal grande mercato e da tutti i servizi più importanti (banche, negozi, polizia…); è in un compound della Diocesi chiuso da un cancello e possiede un guardiano diurno e notturno. Lo stesso compound è sede anche del ramo legale della CGPDU Access to Justice e delle abitazioni di alcuni impiegati della Diocesi. 145 Gli uffici dell’Università di Makeni e di Radio Maria Sierra Leone si trovano invece in un grande complesso, definibile un campus, in cui sono presenti anche un campo da calcio, un luogo di ristoro, una grande biblioteca (la più grande biblioteca della Sierra Leone, appena rinnovata). L’ufficio delle Sorelle di Maria Immacolata si trova appena fuori dal campus universitario (Fatima Campus) in strutture sempre diocesane ed è facilmente raggiungibile in moto. Gli uffici di Caritas Makeni si trovano invece nel complesso degli uffici vescovili e della cattedrale, in un’area protetta da recinzione e sorvegliata da guardiani diurni e notturni, poco distanti dall’ufficio della CGPDU (10 minuti a piedi, 3 minuti in moto) Non ci sono particolari accorgimenti personali da adottare, essendo tutti luoghi che godono di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo. c.Abitazione L’abitazione dei volontari si trova in una zona residenziale tranquilla di Makeni. E’ un’abitazione singola, con un piccolo cortile interno, protetta da una recinzione; un’ulteriore protezione viene affidata ad un guardiano notturno affidabile e conosciuto dal partner locale, messo a disposizione dei volontari da Caritas Italiana. L’abitazione è dotata di un pozzo autonomo e di un gruppo elettrogeno per l’alimentazione elettrica. Durante il periodo più acuto della stagione secca potrebbero verificarsi brevi periodi senza acqua: in quei casi i volontari possono usufruire delle fonti di acqua di riserva della Diocesi e verranno assistiti dal personale locale nell’approvvigionamento e riserva di acqua. L’abitazione si trova a 5 minuti a piedi da una delle Parrocchie più grandi della città, che negli anni è stata punto di riferimento per i precedenti volontari. I volontari e le motivazioni della loro presenza in città vengono presentati alla comunità parrocchiale nella prima settimana di permanenza in modo da creare un sentimento positivo nei loro confronti e facilitare la loro integrazione nel quartiere. d. Trasporti In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia. E’ assolutamente sconsigliato prendere taxi locali (automobili o pulmini –poda-poda-) per percorrere lunghe distanze; è possibile invece, con normali nozioni di precauzione e prudenza, utilizzare i moto taxi per gli spostamenti in città. I volontari avranno comunque a disposizione una moto per muoversi autonomamente all’interno della città, mentre per spostamenti di lavoro in località più lontane potranno usufruire delle automobili a disposizione della missione cattolica, in particolare della CGPDU e dell’Università di Makeni. La capitale Freetown è facilmente raggiungibile in meno di tre ore in automobile su strada asfaltata; l’aeroporto si trova invece su una penisola, a Lungi, ed è raggiungibile in due modi: - da Freetown tramite traghetto (ca. 45 minuti di traversata), su cui è possibile imbarcare anche veicoli; i traghetti da Freetown a Lungi e viceversa sono presenti a orari prevalentemente regolari; - da Makeni passando per il distretto di Port Loko attraversando una strada non asfaltata di difficile percorrenza soprattutto nella stagione delle piogge (vanno previste 3 ore di automobile da Makeni). e. Salute In caso di necessità, i volontari potranno usufruire dei servizi dell’Ospedale della Diocesi di Makeni (Holy Spirit Hospital), situato a ca. 300 metri dall’abitazione, 5 minuti a piedi da casa. L’ospedale, in cui operano medici e chirurghi e personale infermieristico specializzato, offre servizi ambulatoriali di consultazione e analisi cliniche, radiologia ed ecografie; è dotato inoltre di una farmacia con medicinali specifici per le malattie tropicali e medicinali generici, molti dei quali provenienti dall’Italia e dall’Europa. L’ospedale, dotato di 50 letti con reparti pediatria, maternità, medicina generale e chirurgia, offre anche servizio di ospedalizzazione e chirurgia. In caso di necessità di evacuazione, l’Holy Spirit Hospital possiede un servizio ambulanza a pagamento copertura costi di trasporto per il raggiungimento dell’ospedale più adeguato secondo la patologia. A Makeni vi è anche un ulteriore Ospedale privato di riferimento, il Magbenteh Hospital, finanziato da una fondazione svizzera, dove lavorano regolarmente medici e infermieri volontari olandesi a fianco del 146 personale locale, che si trova all’ingresso della città, sulla strada principale che conduce al centro (Azzolini Highway). A ca. 40 chilometri da Makeni, nella città di Lunsar, facilmente raggiungibile in meno di un’ora in automobile attraverso l’arteria principale (asfaltata) che collega Makeni a Freetown, si trova il più grande ospedale della regione, anch’esso cattolico, il St. John of God Hospital. Dotato di più di cento posti letto, è un punto di riferimento sanitario importante in caso di problemi più gravi non risolvibili a Makeni. Vi lavora personale specializzato locale, ma anche numerosi volontari e medici espatriati, italiani e in particolare spagnoli. E’ anche un polo importante per la chirurgia, con la possibilità di usufruire, per lo staff locale, di consulenze dall’estero via teleconferenza. In caso di traumi ortopedici o dovuti ad incidenti, e di patologie gravi e urgenti, è opportuno rivolgersi invece all’Ospedale di Emergency a Freetown – Lacca, raggiungibile in poco più di due ore in automobile da Makeni. Vi lavora e lo coordina personale italiano, affiancato da staff medico e paramedico locale, possiede sale chirurgiche e di terapia intensiva. In sintesi: OSPEDALI/STRUTTURE SANITARIE DI RIFERIMENTO Holy Spirit Hospital, Masuba – Makeni (ambulatorio, laboratorio, farmacia, radio e ecografia, chirurgia e ospedalizzazione – urgenze 24h/24) Magbenteh Hospital Azzolini Highway – Makeni (ambulatorio, laboratorio, ospedalizzazione) St. John of God Hospital Lunsar (ambulatorio, laboratorio, farmacia, radio e ecografia, chirurgia e ospedalizzazione – urgenze 24h/24) Emergency Hospital Lacca – Freetown (ambulatorio, laboratorio, farmacia, radio e ecografia, chirurgia e ospedalizzazione, terapia intensiva – urgenze 24h/24) DISTANZA DALLA SEDE CGPDU 1,5 km, 5 minuti in moto, 15-20 minuti a piedi DISTANZA DALL’ABITAZIONE VOLONTARI 300 mt, 5 minuti a piedi 3 km, 10 minuti in moto, 5 minuti in automobile 5 km, 15 minuti in moto, 10 minuti in automobile Ca. 40 km, 1 ora in automobile Ca. 40 km, 1 ora in automobile Ca 250 km, 2,5 – 3 ore in automobile Ca 250 km, 2,5 – 3 ore in automobile GUINEA Ambasciate/consolati In Guinea non c’è un’Ambasciata italiana, né un Consolato italiano di riferimento, l’Ambasciata facente funzioni per il paese è l’Ambasciata Italiana in Senegal, a Dakar, alla quale Caritas Italiana comunica ufficialmente prima della partenza, la presenza dei volontari italiani in Guinea, fornendo i dati anagrafici e inviando una comunicazione ufficiale via fax, mail o dhl. Ambasciata d’Italia a Dakar competente per Senegal, Capo Verde, Mauritania, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Mali, Gambia. Rue Alpha Hachamiyou Tall B.P. 348, C.P. 18524 Dakar, Senegal Telefono: + 221 / 338892636 Telefax: + 221 / 338217580 e-mail: [email protected] 147 Per qualsiasi eventualità o urgenza, i cittadini italiani, quindi come tali anche i volontari, possono rivolgersi ad un’Ambasciata dell’Unione Europea presente nel paese, in particolare all’Ambasciata di Francia, presente a Conakry, Avenue du Commerce (Kaloum), BP 373 et 570, telefono (00.224).30.47.10.00 (tutte le informazioni possono essere reperite sul sito internet www.ambafrance-gn.org ). All’arrivo in Guinea, i volontari dovranno registrarsi all’Ambasciata francese come cittadini dell’Unione Europea presenti in territorio guineano, compilando un formulario che viene consegnato direttamente dalla sezione consolare dell’Ambasciata a Conakry fornendo i dati anagrafici e tutte le informazioni utili a un facile reperimento in caso di problemi o crisi (numeri di telefono di riferimento, mail, indirizzi di lavoro e domicilio, oltre ad allegare una fotocopia del passaporto. In caso di gravi problemi nel paese, oltre a una comunicazione diretta con il servizio emergenza dell’Ambasciata italiana in Senegal, le regole da seguire saranno quelle dettate dall’ambasciata francese, che in situazioni di crisi attiva una linea telefonica di emergenza 24h/24, nonché un servizio di informazioni via mail e via sms. All’Ambasciata italiana in Senegal è bene mettere in copia tutte le comunicazioni ufficiali con l’Ambasciata di Francia, in particolare quelle relative ad entrate ed uscite dal paese, in modo da poter localizzare più efficacemente i cittadini e rispondere più efficacemente alle emergenze in caso di eventuali crisi. Visto di lunga permanenza Entro un mese dall’ingresso nel paese, i volontari dovranno registrarsi presso l’Ufficio immigrazioni guineano e fare richiesta per un visto di lungo soggiorno (un anno), così come di un visto a entrata multipla (non rilasciabile per un periodo superiore a sei mesi) che permetterà di entrare ed uscire liberamente dal paese. Per fare questo i volontari dovranno recarsi alla Procura dell’Arcidiocesi di Conakry e verranno accompagnati da uno dei funzionari che si occupa di tali procedure per tutto il personale espatriato della missione cattolica. a. Persone risorsa e luoghi di ritrovo in situazioni di crisi In generale, qualora dovessero verificarsi problemi relativamente alla sicurezza, la Diocesi di N’Zérékoré è un luogo sicuro di riferimento: il Vescovo, Mons. Raphael Balla Guilavogui, è una figura molto rispettata nella regione, i referenti locali di progetto e i responsabili delle organizzazioni partner sono persone con una lunga esperienza in un paese che ha vissuto una prolungata conflittualità e instabilità politica e sanno quindi muoversi senza problemi anche nell’eventualità di situazioni di rischio. Il compound del Vescovado, -dove hanno sede la Cattedrale, gli uffici dell’OCPH, del Vescovo, del Vicario Generale ed Episcopale, dell’economato diocesano, e dove si trova l’abitazione dei volontari – è un luogo sicuro e punto di riferimento anche in situazioni di crisi e instabilità in città. Nella prima settimana di permanenza, inoltre, accompagnati da un rappresentante dello staff locale e dal referente di progetto di Caritas Italiana, i volontari verranno presentati alle autorità locali (governatore, prefetto, sindaco a N’Zérékoré, autorità locali e della sotto-prefettura a Gouécké) in modo da essere ufficialmente introdotti nella vita della città e della regione e di avere anche dei punti di riferimento costanti in caso di necessità. b. Ufficio e luoghi di lavoro L’ufficio dell’OCPH si trova all’interno del Vescovado, a pochi metri dall’abitazione, a 500 metri dal centro della città di N’Zérékoré, sede degli uffici principali (governorato, prefettura, comune), delle banche di riferimento e del grande mercato, in una zona tranquilla, ma nello stesso tempo facilmente accessibile e da cui in pochi minuti è possibile raggiungere il centro o le principali sedi delle organizzazioni internazionali (dislocate nella zona residenziale della città, 5 minuti in macchina o in moto). Le aree periferiche e i villaggi dove i volontari dovranno spostarsi per lavorare sul terreno, sono raggiungibili in automobile senza particolari problemi, seppure molti attraverso strade non asfaltate. Durante la stagione delle piogge alcune zone sono più difficilmente accessibili, ma mai completamente isolate. Il Centro Medico-Chirurgico di Gouécké, dove uno dei volontari dovrà recarsi settimanalmente, si trova invece a 42 km da N’Zérékoré ed è raggiungibile in automobile (tra i 45 minuti e l’ora il tempo di percorrenza) attraverso una strada non asfaltata (pista), comunque in buone condizioni. Il villaggio è raggiungibile senza particolari problemi anche durante la stagione delle piogge, quando le condizioni della pista peggiorano, ma mai da divenire inaccessibile o non percorribile. 148 Il volontario si recherà al Centro medico con un’automobile dell’OCPH (una è specificamente a disposizione del Coordinamento diocesano della Sanità), accompagnato da un autista dell’OCPH o dal personale incaricato responsabile di progetto (Direttore OCPH, Coordinatore della Salute, Responsabile dei Programmi). Per ovviare a qualsiasi problema è altamente consigliato non percorrere la strada durante le ore notturne e di recarsi quindi sempre a Gouécké tra le 7 del mattino e le 19 della sera (ora massima per il rientro in città). Il personale dell’OCPH e diocesano incaricato della supervisione del CMC (in particolare Coordinatore della Salute e Amministratrice) effettua visite al CMC generalmente due volte a settimana; il volontario, quindi, potrà facilmente congiungersi a tali missioni, anche nell’ottica di un lavoro in équipe e di una collaborazione necessaria per il migliore svolgimento delle attività. Non ci sono altri particolari accorgimenti personali da adottare, essendo tutti luoghi che godono di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo. c. Abitazione L’abitazione dei volontari si trova all’interno del compound del Vescovado, un appartamento al piano terra della “Maison d’Accueil” diocesana. E’ un’abitazione che, pur nella struttura più grande della casa di accoglienza, resta autonoma, godendo dei servizi previsti per l’intera area. L’abitazione usufruisce infatti dell’alimentazione elettrica del generatore utilizzato per la cattedrale, la residenza vescovile, gli uffici diocesani, il cui utilizzo è regolare e secondo ore prestabilite: dalle 9 alle 13, dalle 14 alle 17, dalle 19 alle 23.30, più due ore al mattino presto; anche per l’approvvigionamento dell’acqua la fonte è quella del compound diocesano. I volontari avranno a disposizione anche un gruppo elettrogeno autonomo di sicurezza per l’emergenza e per consentire maggiore indipendenza. L’acqua corrente non è sempre disponibile, ma nell’eventualità personale diocesano impiegato nella casa d’accoglienza provvederà al rifornimento dell’acqua. L’area è completamente recintata, con un grande cortile interno, e personale addetto alla sicurezza è presente 24h/24. L’abitazione si trova dietro la Cattedrale di N’Zérékoré, alla cui comunità i volontari e le motivazione della loro presenza verranno presentati nella prima settimana di permanenza in modo da creare un sentimento positivo nei loro confronti e facilitare la loro integrazione nel quartiere. d. Trasporti In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia, in particolare le automobili a disposizione dell’OCPH, preferibilmente guidate dagli autisti che sono parte dello staff. E’ assolutamente sconsigliato prendere taxi locali per percorrere lunghe distanze, così come i moto-taxi per gli spostamenti in città (possibile farlo in situazioni di necessità con normali precauzioni e prudenza). I volontari avranno comunque a disposizione una moto per muoversi autonomamente all’interno della città (con cui essere molto prudenti e utilizzare sempre il caso, visti i tratti stradali spesso sconnessi e il traffico cittadino), mentre per spostamenti di lavoro a Gouécké e in località più lontane potranno usufruire delle automobili a disposizione dell’OCPH e della missione cattolica. La capitale Conakry si trova a 960 km da N’Zérékoré, ed è raggiungibile attualmente solo in automobile (fino a maggio del 2010 si poteva usufruire dei voli umanitari del PAM, Programma Alimentare Mondiale, il cui servizio è stato interrotto): è necessaria una giornata di viaggio, due durante la stagione delle piogge. Le strade per raggiungere la capitale sono in parte ampie e asfaltate (appena asfaltati con un progetto triennale finanziato dall’Unione Europea i primi 200 km da N’Zérékoré verso la capitale), in parte con un asfalto in deterioramento, in parte non asfaltate (piste); quest’ultime diventano di difficile percorrenza durante il periodo di più intensa stagione delle piogge e possono allungare i tempi di percorrenza verso la capitale. In ogni caso la strada, arteria principale che collega la regione forestale alla capitale, non resta mai completamente inagibile o chiusa. Per queste ragioni, le trasferte in capitale dovranno essere programmate e concordate con i referenti locali di progetto, effettuate con i veicoli dell’OCPH o diocesani, sempre guidati da un autista dell’OCPH. Valida resta sempre la raccomandazione generale di non spostarsi nelle ore notturne (salvo emergenze), preferendo l’arco di tempo alba-tramonto. E’ consigliato pianificare trasferte trimestrali in capitale. 149 L’aeroporto internazionale di riferimento (Aeroporto Internazionale Gbessia), recentemente rinnovato, si trova a Conakry, facilmente raggiungibile dal centro della città (15 minuti in automobile). e. Salute In caso di necessità a N’Zérékoré, ai volontari è consigliato di rivolgersi al Centro Medico di N’Zao, situato a ca. 10 km dalla città di N’Zérékoré, facilmente raggiungibile in automobile. Il centro (opera della Chiesa protestante evangelica) è gestito da personale medico e amministrativo espatriato, a fianco di personale locale specializzato; offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi cliniche ed ecografie; è dotato inoltre di una farmacia con medicinali specifici per le malattie tropicali e medicinali generici. Il Centro è dotato anche di 40 letti per l’ospedalizzazione in medicina generale, pediatria e maternità e ha a disposizione 20 letti per il servizio di chirurgia. Il Centro offre anche un servizio dentistico affidabile. Non effettua servizio di urgenza. A N’Zérékoré si trova anche l’Ospedale regionale, dove prestano servizio medici qualificati e specializzati, conosciuti anche molto bene dal personale diocesano che si occupa di sanità, ma le condizioni generali e igieniche della struttura, oltre che il sovraffollamento, consigliano di riferirsi a tale struttura pubblica solo come ultima ratio, in caso di emergenza. Centro medico di riferimento al di fuori della città è il Centro Medico-Chirurgico “Saint Abraham”di Gouécké, situato però a 42 km dalla città. Il Centro, struttura diocesana, offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi cliniche, ecografie, farmacia, ospedalizzazione, maternità, chirurgia e servizio urgenze 24h/24. Le condizioni igienico-sanitarie della struttura sono soddisfacenti, il personale medico locale è qualificato e garantisce un’assistenza adeguata al paziente. In caso di problemi di maggiore gravità, non risolvibili dalle strutture sanitarie sopra menzionate, ci si deve spostare in capitale, a Conakry, dove l’ospedale di riferimento è la Clinica Ambroise Paré, situata non lontana dal Centro della città. Offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi di laboratorio, radiografia ed ecografia, ospedalizzazione in medicina interna, chirurgia, ginecologia - ostericia, ortopedia e un servizio urgenze 24h/24. In sintesi: OSPEDALI/STRUTTURE SANITARIE DI RIFERIMENTO Centro medico N’Zao N’ZAO - N’ZEREKORE DISTANZA DALLA SEDE OCPH e ABITAZIONE 10 km 15 minuti in automobile Ospedale regionale N’Zérékoré N’ZEREKORE Centro città, 500 mt 5 minuti in auto, 10 minuti a piedi Centro Medico Chirurgico “Saint Abraham” GOUECKE 42 km 45 minuti-1 ora in automobile Clinique Ambroise Paré Corniche Nord, Dixinn, CONAKRY BURUNDI 960 km 1 giorno in automobile a.Rischio politico. Dato il rischio politico presente nel paese è di fondamentale importanza essere costantemente aggiornati sulla situazione politica e militare. Padre Claudio Marano, direttore del centro, è in contatto costante con il Consolato italiano e con l’ONUB (forze di pace delle Nazioni unite) e si confronta periodicamente con i volontari in servizio civile e il referente di Caritas Italiana in Italia sulle condizioni di sicurezza sia del centro e dei quartieri nord sia più in generale della città di Bujumbura, di tutto il Paese e dei paesi confinanti (in particolare la Repubblica democratica del Congo). b.Abitazione e ufficio: I volontari in servizio civile alloggeranno e lavoreranno presso il Centro Jeunes Kamenge, insieme ai missionari saveriani e ad operatori locali. Riguardo l’abitazione, si condividono tutti i locali della casa tranne la camera (in alcuni periodi dell’anno particolarmente frequentati può sopraggiungere la necessità, per motivi logistici, di condividerla con altri volontari espatriati). E’ garantita la privacy sia per il volontario che per gli effetti personali, ma è sempre opportuno dedicare attenzione ai beni in proprio possedimento, sia negli uffici che negli altri spazi comuni, onde evitare spiacevoli situazioni che possono normalmente 150 verificarsi in contesti frequentati da molte persone. Per il momento nessun fenomeno in tal senso è stato segnalato. Il centro, pur essendo situato nei quartieri nord di Bujumbura è ben conosciuto ed apprezzato dalla popolazione locale. E’ circondato da un muro per tutto il suo perimetro, vi sono norme di sicurezza molto rigide che prevedono il controllo degli ingressi, possibili solamente nelle ore diurne, e la presenza di guardie armate 24 ore su 24. Ai volontari è richiesto di non uscire dal centro nei quartieri Nord da soli ma sempre accompagnati dallo staff locale che prima si accerta delle condizioni di sicurezza dei luoghi dove si devono recare e comunque non nelle ore serali e notturne. Anche per il resto della città è consigliato di evitare spostamenti non strettamente necessari durante le ore serali e notturne. c.Trasporti: In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili e della situazione di insicurezza del paese, è altamente sconsigliato attraversare da soli il paese, servendosi dei mezzi pubblici o di mezzi privati. E’ consigliato inoltre non utilizzare strade periferiche, ma mantenersi sui tragitti principali, non superare i limiti di velocità e non guidare sotto l’effetto di sostante che potrebbero limitare il livello di attenzione (farmaci, alcool, droghe) I volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti, attenersi alle norme di sicurezza e favorire sempre i mezzi di trasporto individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia. Ci sono diverse automobili a disposizione di chi lavora per il Centro, per svolgere diverse commissioni in città , solitamente sono guidate da locali , i volontari guidano raramente, ma sempre accompagnati. d.Salute: Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria il Burundi è un paese in cui la malaria è una malattia endemica e, anche se nella capitale gli indici di diffusione sono minori rispetto all’area rurale, è comunque abbastanza diffusa durante e subito dopo la stagione delle piogge. E’ consigliato al volontario di partire munito di repellente per zanzare e di informarsi presso il presidio USL di appartenenza sulla profilassi antimalarica. Si consiglia inoltre al volontario in partenza di preparare un kit personale di medicinali, benché il Centre Jeunes Kamenge sia equipaggiato per i medicinali e le cure di prima necessità La struttura sanitaria adeguata più vicina, il “Polyclinique Centrale de Bujumbura” si trova nel centro della città, raggiungibile dal Centro in 10 minuti di automobile. REPUBBLICA DI GIBUTI a.Rischio politico: Data la situazione di relativa instabilità è fondamentale essere costantemente aggiornati su quanto succede e mantenere un regolare contatto con il consolato. Il dott. Rizzo, console d’Italia a Gibuti è informato della presenza e della localizzazione di cittadini italiani e dei volontari e conferma l’esistenza di un piano di evacuazione in caso di necessità. b. Abitazione e ufficio: L’alloggio previsto per i volontari in servizio civile si trova all’interno del compound della sede della Diocesi dove alloggiano il Vescovo e il Direttore della Caritas. La sede della Diocesi è protetta con un servizio di sorveglianza 24 ore su 24. Nel particolare contesto della città di Gibuti, con una forte presenza di stranieri legati alla presenza militare francese, lo stile delle relazioni deve essere corretto e rispettoso degli usi e della cultura locale, ricordando che i volontari sono considerati “stranieri” e che non devono quindi assumere atteggiamenti di prepotenza, superficialità, o derisione. I volontari saranno sempre considerati dalla popolazione locale legati all’occidente e al mondo cristiano, anche fuori dall’orario di lavoro, quindi devono considerare questa loro particolare “identità” per evitare malintesi. L’ufficio si trova a poche decine di metri dall’abitazione dei volontari. Durante le ore diurne vi è una massiccia presenza di giovani e insegnanti, e gode di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di sicurezza. c. Trasporti: In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia. I volontari avranno per questo a disposizione una macchina per muoversi all’interno della città e del paese, sempre accompagnati da staff locale. I volontari non utilizzeranno mai mezzi pubblici. d.Salute 151 Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria, il rischio maggiore è legato alle infezioni intestinali dovute soprattutto all’ingestione di cibo e acqua trattati con standard igienici molto bassi. I volontari consumeranno solo cibi e acqua precedentemente adeguatamente trattati. L’assistenza sanitaria è garantita dalla presenza in Gibuti di un ospedale italiano gestito dalla Cooperazione Italiana nel quartiere di Balbalà. Per cure specialistiche di ottimo livello è disponibile anche il servizio ospedaliero della missione militare francese e di dimostrata affidabilità., facilmente raggiungibile dalla casa dei volontari a solo 5 minuti di macchina. 18) Particolari condizioni di disagio per i volontari connesse alla realizzazione del progetto SIERRA LEONE In generale le condizioni di disagio connesse alla realizzazione del progetto sono quelle legate alla vita quotidiana in un Paese diverso dal proprio e con una situazione di povertà diffusa. Le difficoltà maggiori si avranno durante il primo periodo considerato di adattamento ad un ritmo di vita, cultura, usi e costumi e abitudini alimentari diversi dalle proprie. Nella città di Makeni non c’è acqua corrente né corrente elettrica; il disagio dovuto a ciò è tuttavia compensato da un alloggio dotato di pozzo privato e gruppo elettrogeno autonomo. Nonostante ciò è possibile avere problemi relativi a scarsità di acqua soprattutto durante la stagione secca (marzo-maggio). Sono inoltre diffuse, come spiegato in dettaglio in precedenza, malattie endemiche tipiche dell’Africa a cominciare dalla malaria, per le quali i volontari dovranno prendere le necessarie precauzioni ma anche imparare a conviverci, facendo attenzione e prendendosi cura del proprio stato di salute. Le diverse situazioni presentate potranno produrre stress di vario tipo, al riguardo il primo rientro in Italia previsto dopo tre mesi dall’avvio del progetto servirà anche per esplicitare e risolvere questo tipo di problematiche. La difficoltà più grande –come accennato- potrà essere la fase di ambientamento in una città lontana dalla capitale (seppur facilmente raggiungibile in automobile in circa tre ore attraverso strada asfaltata) dove mancheranno possibilità di svago e divertimento tipicamente “occidentali” e con uno stile di vita tradizionale: i tempi, le relazioni interpersonali, la cucina molto diversa da quella occidentale e poco variegata (l’alimento base è il riso cucinato in modo semplice e con diverse salse), il clima, particolarmente caldo e umido. Nello specifico delle attività da svolgere nell’ambito del progetto, le difficoltà maggiori potranno essere riscontrate nel rapportarsi con i colleghi di lavoro, che spesso hanno tempi e modi diversi di vedere le cose e non sono particolarmente abituati al lavoro in team. Il lavoro sul terreno, inoltre, se da un lato è particolarmente stimolante e interessante, dall’altro, soprattutto nella fase iniziale, può risultare faticoso e anche di forte impatto, in quanto si viene a contatto con realtà particolarmente povere, soprattutto nelle aree più rurali, e si raggiungono luoghi dove si vive al di sotto della soglia del “minimo necessario”, senza luce né acqua, né scuole, né ospedali; la possibile permanenza fuori sede per più giorni, seppure garantita nelle strutture della missione cattolica, quindi semplici ma sicure e dotate di tutti i servizi, può causare stanchezza e affaticamento. Si ritiene che le difficoltà elencate potranno essere facilmente affrontabili e superabili da una persona preparata e disponibile a partire per un’esperienza di questo tipo, anche perché informazioni specifiche sulle difficoltà e suggerimenti per affrontarle al meglio verranno date ai volontari fin dalla fase di selezione e preparazione alla partenza. GUINEA In generale le condizioni di disagio connesse alla realizzazione del progetto sono quelle legate alla vita quotidiana in un Paese diverso dal proprio e con una situazione di povertà diffusa. Le difficoltà maggiori si avranno durante il primo periodo considerato di adattamento ad un ritmo di vita, cultura, usi e costumi e abitudini alimentari diversi dalle proprie. Nella città di N’Zérékoré non c’è acqua corrente né corrente elettrica; il disagio dovuto a ciò è tuttavia compensato da un alloggio in cui sono previsti un gruppo elettrogeno generale per uffici e residenze diocesane, ma anche un gruppo elettrogeno autonomo di sicurezza per le emergenze e per dotare i volontari di una maggiore autonomia e indipendenza anche nelle ore in cui non è prevista l’accensione generale. Per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico la situazione è mitigata dalla presenza di un pozzo all’interno del compound. 152 Sono inoltre diffuse, come spiegato in dettaglio in precedenza, malattie endemiche tipiche dell’Africa a cominciare dalla malaria, per le quali i volontari dovranno prendere le necessarie precauzioni ma anche imparare a conviverci, facendo attenzione e prendendosi cura del proprio stato di salute. Le diverse situazioni presentate potranno produrre stress di vario tipo, al riguardo il primo rientro in Italia previsto dopo tre mesi dall’avvio del progetto servirà anche per esplicitare e risolvere questo tipo di problematiche. La difficoltà più grande –come accennato- potrà essere la fase di ambientamento in una città molto lontana dalla capitale dove mancheranno possibilità di svago e divertimento tipicamente “occidentali” e con uno stile di vita tradizionale: i tempi, le relazioni interpersonali, la cucina molto diversa da quella occidentale e poco variegata (l’alimento base è il riso cucinato in modo semplice e con diverse salse), il clima, particolarmente caldo e umido e piovoso per circa cinque mesi all’anno. Nello specifico delle attività da svolgere nell’ambito del progetto, le difficoltà maggiori potranno essere riscontrate nel rapportarsi con i colleghi di lavoro, che spesso hanno tempi e modi diversi di vedere le cose e non sono particolarmente abituati al lavoro in team. Il lavoro sul terreno, inoltre, se da un lato è particolarmente stimolante e interessante, dall’altro, soprattutto nella fase iniziale, può risultare faticoso e anche di forte impatto, in quanto si viene a contatto con realtà particolarmente povere, soprattutto nelle aree più rurali, e si raggiungono luoghi dove si vive al di sotto della soglia del “minimo necessario”, senza luce né acqua, né scuole, né ospedali; la possibile permanenza fuori sede per più giorni, seppure garantita nelle strutture della missione cattolica, quindi semplici ma sicure e dotate di tutti i servizi, può causare stanchezza e affaticamento. I lunghi spostamenti in automobile provocano sicuramente stress e fatica (soprattutto quelli da e verso la capitale), ma il fatto di effettuarli su veicoli in buono stato e accompagnati da un autista, allevia almeno in parte le difficoltà insite nella percorrenza di un lungo tragitto su strade non sempre in buone condizioni. Si ritiene che le difficoltà elencate potranno essere facilmente affrontabili e superabili da una persona preparata e disponibile a partire per un’esperienza di questo tipo, anche perché informazioni specifiche sulle difficoltà e suggerimenti per affrontarle al meglio verranno date ai volontari fin dalla fase di selezione e preparazione alla partenza. BURUNDI Sono a disposizione dei volontari tutti i mezzi (spazi, tempi, materiali) per organizzare il proprio lavoro ed impostarlo in sintonia con quello degli altri collaboratori del Centro. Dal punto di vista lavorativo non si segnalano particolari disagi. I volontari dovranno adeguarsi ad una vita prevalentemente all’interno del Centro Jeunes Kamenge con relativamente poche opportunità di relazioni con l’esterno, soprattutto per i già elencati problemi di sicurezza. REPUBBLICA DI GIBUTI L’ostacolo più immediato a Gibuti è il clima, caldo e umido per la maggior parte dell’anno, anche se poco lontano (ad Arta) è possibile riposare in un clima più fresco. Nel corso dei primi giorni l’organismo si abitua facilmente alle nuove condizioni. Benché ci siano quartieri molto poveri, la città è relativamente moderna e non mancano possibilità di praticare sport, e frequentare locali di standard europeo. I viaggi all’interno del paese non presentano particolari difficoltà, ad eccezione della zona nord sopra Tadjiourah e Obock, al confine con l’Eritrea a causa di alcuni conflitti tra le etnie afar e popolazioni eritree. L’accesso alla zona è vietata alla popolazione locale e agli espatriati. E’ necessario naturalmente: - prestare attenzione alle norme elementari di igiene personale, - astenersi dal bere acqua non imbottigliata o non filtrata, o nutrirsi con cibo di origine ignota, - accettare il modo locale di comunicazione, che spesso ha toni aggressivi e diretti senza essere per questo offensivi, - avere una buona conoscenza della lingua francese. 153 19) Sede/i di attuazione del progetto di appoggio in Italia ed Operatori Locali di Progetto: Sede di attuazione del progetto N. CARITAS ITALIANA 1 Comune ROMA Indirizzo VIA AURELIA 796 - 00165 Cod. ident. sede N. vol. per sede 46430 8 Nominativi degli Operatori Locali di Progetto Cognome e nome Data di nascita C.F. Fabrizio Cavalletti Tessari Silvio 20) Sede/i di attuazione del progetto all’estero ed ente/i partners: N. 1 2 3 4 Ente che ha presentato il progetto Diocesi di Makeni Commissione giustizia, pace e diritti umani Organisation Catholique pour la Promotion Humaine Centre Jeunes Kamenge Diocesi di Gibuti – sede centrale Paese estero Città Cod. ident. sede N. vol. per sede Sierra Leone Makeni 72064 2 GUIINEA N’Zérékoré 97509 2 Burundi Repubblica di Gibuti Bujumbura 40471 2 Gibuti 74167 2 154 Ente partner paese estero Diocesi di Makeni Commissione giustizia, pace e diritti umani Diocesi di N’Ze’re’kore’ OCPH Centre Jeunes Kamenge Diocesi di Gibuti – sede centrale Personale di riferimento sede estera (cognome e nome) Turay Joseph Kolié Alexandre Touré Christian Sinata Marano Claudio Mezzano Natalina 21) Modalità di comunicazione della presenza dei volontari all’autorità consolare o diplomatica italiana presso il paese in cui si realizza il progetto: SIERRA LEONE Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Abidjan (Costa d’Avorio), competente per la Sierra Leone, tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Nei giorni successivi il loro arrivo in Sierra Leone i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a Freetown, con il quale successivamente manterranno contatti costanti. GUINEA Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Dakar (Senegal), competente per la Guinea, tramite lettera e messaggio di posta elettronica. BURUNDI Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Kampala (Uganda), competente per il Burundi, tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Nei giorni successivi il loro arrivo in Burundi i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a Bujumbura, con il quale successivamente manterranno contatti costanti. REPUBBLICA DI GIBUTI Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Addis Abeba (Etiopia), competente per la Repubblica di Gibuti, tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Il consolato italiano, a tre chilometri dalla sede della Diocesi, è facilmente raggiungibile con telefono, cellulare e posta elettronica. I volontari vi si presenteranno subito dopo il loro arrivo nel paese, e manterranno successivamente contatti costanti. 22) Modalità di collegamento e comunicazione con la sede italiana dell’ente proponente il progetto assicurata ai volontari: Viene inoltre garantito il collegamento con la sede centrale di Caritas Italiana (e con i singoli operatori locali di progetto) attraverso sistemi di comunicazione telefonica anche via internet (Skype) e posta elettronica. Gli operatori locali di progetto e il resto del personale dell’ufficio di Caritas Italiana che seguono il progetto sono sempre contattabili al loro cellulare ed anche i volontari potranno attivare un numero di cellulare locale. Regolare sarà invece lo scambio di aggiornamenti con la posta elettronica. Telefonate e invio di messaggi avverranno ogni settimana. All’inizio di ogni mese i volontari invieranno all’operatore locale di progetto il programma sintetico di attività del mese successivo ed un rapporto sul mese appena trascorso. 23) Modalità e tempi di eventuali rientri in Italia dei volontari durante il periodo di permanenza all’estero: Si prevede un unico rientro della durata orientativa di un mese, non prima del terzo mese di servizio all’estero. Tale periodo permette di effettuare una prima verifica dell’inserimento dei volontari nel progetto all’estero ed ha lo scopo di svolgere il corso di formazione di metà servizio e di porre in essere il cosiddetto “piano di animazione”, vale a dire il coinvolgimento dei volontari in una serie di attività di promozione, animazione e sensibilizzazione sulle tematiche riguardanti il sevizio svolto ed i valori ad esso riconducibili (vedi voce 25). 24) Eventuale assicurazione integrativa a copertura dei rischi indicati alla precedente voce 16): Nessuna 155 25) Eventuali attività di promozione e sensibilizzazione del servizio civile nazionale: L’azione di promozione del servizio civile volontario rientra in un’iniziativa allargata di promozione generale del servizio civile e dell’obiezione di coscienza alle armi della Caritas Italiana. La campagna permanente di promozione del servizio civile si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica ai valori della solidarietà, della pace, della nonviolenza e della mondialità e in particolare alle possibilità offerte dal servizio civile e/o altre forme di impegno civile dei giovani. ATTIVITA’ PERMANENTI DI PROMOZIONE E SENSIBILIZZAZIONE A LIVELLO NAZIONALE Sito Caritas Italiana www.caritasitaliana.it Foglio informativo quindicinale on line InformaCaritas di Caritas Italiana Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Blog del tavolo ecclesiale www.esseciblog.it Progetto di promozione del servizio civile in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana, presso i gruppi giovanile delle Azioni Cattoliche diocesane. Incontro nazionale dei giovani in servizio civile in occasione di San Massimiliano martire (12 marzo). Portale www.antennedipace.it dedicato ai giovani in servizio civile all’estero degli enti appartenenti alla Rete Caschi bianchi di cui Caritas Italiana è membra. ATTIVITA’ DI PROMIZONE E SENSIBILIZZAZIONE A LIVELLO LOCALE SVOLTE PRIMA E DURANTE LO SVOLGIMENTO DEL PROGETTO In collegamento con le attività permanenti di promozione e sensibilizzazione a livello nazionale, Caritas Italiana s’impegna a promuovere il Servizio civile all’estero anche in ambito locale sul territorio nazionale, sia, prima dell’avvio del progetto, attraverso le diverse Caritas diocesane, sia durante la realizzazione dello stesso, grazie ai volontari in servizio che sono coinvolti in attività a favore di gruppi rappresentanti le diverse realtà territoriali ed ecclesiali di loro provenienza. Le attività si concretizzano con modalità differenti a seconda dell’uditorio e del contesto di svolgimento ma trovano come espressione principale tavole rotonde, conferenze, eventi, interviste per riviste, canali radio e televisivi. Tutti gli interventi sono organizzati con il supporto dell’ufficio di riferimento di Caritas Italiana e le Caritas diocesane del territorio, si utilizzano strumenti multimediali preparati con i video e le fotografie fatte dagli stessi volontari, e materiali cartaceo-pieghevoli. Durante la realizzazione del progetto i volontari dedicheranno una parte del tempo di servizio in attività permanenti di comunicazione collaborando stabilmente con il settore comunicazione di Caritas Italiana e/o con la Caritas diocesana di riferimento. In particolare attraverso: la redazione dei report mensili (almeno 6) la redazione di dossier tematici (contesto regionale, nazionale; minoranze; conflitti; diritti umani; progetti di sviluppo; …); la raccolta di materiale video e fotografico; la redazione di testimonianze sul vissuto personale; articoli Il materiale prodotto, in accordo con i volontari, verrà impiegato per la pubblicazione negli strumenti di Caritas Italiana descritti in precedenza e per la realizzazione di incontri di sensibilizzazione delle realtà locali o la pubblicazione sui media locali nelle diocesi di riferimento dei giovani.. Inoltre prevalentemente durante il periodo di rientro intermedio in Italia i volontari saranno coinvolti nelle seguenti attività di animazione e sensibilizzazione: - incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità parrocchiali, altri volontari in servizio civile in Italia; realizzazione di materiale promozionale e di sensibilizzazione: mostre fotografiche, video, racconti; incontri con autorità locali e proposte di impegni alla propria comunità per interventi di solidarietà internazionale; coinvolgimento dei media locali; produzione di materiale per le riviste ed i siti web diocesani. 156 I volontari realizzeranno tali attività in concerto con la Caritas diocesana della diocesi di riferimento (risidenza o domicilio) e saranno realizzate prevalentemente nel territorio diocesano con la possibilità anche di allargare il raggio di azione al livello regionale o in altre diocesi fuori regione. Caritas Italiana inoltre realizzerà diverse attività di promozione e sensibilizzazione del progetto nei paesi esteri di realizzazione degli stessi. In particolare nei mesi precedenti la partenza, si realizzeranno diversi incontri con i partner locali e questi con le comunità di riferimento in ciascun paese. Durante l’anno di servizio civile inoltre i volontari produrranno materiale audio video nonché articoli sulla loro esperienza ad uso anche dei partner esteri per la diffusione della conoscenza del progetto all’estero. Totale complessivo ore di promozione e sensibilizzazione: 50 ore 26) Eventuali autonomi criteri e modalità di selezione dei volontari: Criteri autonomi di selezione verificati nell’accreditamento. 27) Ricorso a sistemi di selezione verificati in sede di accreditamento (eventuale indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio): SI 28) Piano di monitoraggio interno per la valutazione dell’andamento delle attività del progetto: Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato dall’UNSC in sede di accreditamento. Inoltre per quanto concerne il monitoraggio, la verifica e la valutazione dell’esperienza dei volontari in servizio civile si prevedono alcuni momenti di incontro con tutti i giovani partecipanti al progetto: - incontro di metà servizio (al 3°-6° mese) di una o più giornate - incontro di fine servizio (al 12° mese) di una o più giornate residenziali Durante gli incontri verranno proposte attività di gruppo finalizzate alla verifica e alla rilettura dell’esperienza. Durante gli stessi momenti a metà e a fine servizio, verrà distribuito il questionario di monitoraggio e valutazione del progetto come previsto dal sistema di monitoraggio accreditato. Ai volontari è richiesto l’invio di un report mensile secondo un format prestabilito. 29) Ricorso a sistemi di monitoraggio verificati in sede di accreditamento (eventuale indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio): SI 30) Eventuali requisiti richiesti ai canditati per la partecipazione al progetto oltre quelli richiesti dalla legge 6 marzo 2001, n. 64: Oltre a quanto richiesto dalla legge, sono considerati requisiti preferenziali: SIERRA LEONE - conoscenza della lingua inglese elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, economia, scienze politiche, diritti umani, sociologia. GUINEA - conoscenza della lingua francese 157 - elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, diritti umani. BURUNDI - conoscenza della lingua francese elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione, tecniche di animazione giovanile, sociologia. esperienza in gruppi giovanili (gruppi parrocchiali, sociali, sportivi, musicali, teatrali, scouts) sia come persona formata sia come formatore. REPUBBLICA DI GIBUTI - conoscenza della lingua francese elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria, ma nello stesso tempo anche a una certa solitudine. capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; preferenza per formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione, tecniche di animazione giovanile, sociologia, pedagogia. 31) Eventuali risorse finanziarie aggiuntive destinate in modo specifico alla realizzazione del progetto: 32) Eventuali reti a sostegno del progetto (copromotori e/o partners): Il progetto si avvale della collaborazione di 8 partners tra Università, enti profit e enti no profit come descritto di seguito. UNIVERSITA’ UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO” DI URBINO Codice fiscale: 00448830414 Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Makeni in Sierra Leone e della Repubblica di Gibuti Tipologia del contributo: collaborazione alla ricerca sui risvolti di carattere psicologico di alcune attività previste dal progetto in favore di talune fasce vulnerabili. In particolare la ricerca riguarderà: - in Sierra Leone il coinvolgimento associativo delle donne e della loro conseguente emancipazione nelle aree rurali a Makeni (cfr. attività 4.2.e paese Sierra Leone) - nella Repubblica di Gibuti le attività ludico-ricreative-educative svolte con i bambini nella sede di attuazione del progetto nella città di Gibuti (cfr. attività 2.5 paese Repubblica Gibuti) - in Guinea la costruzione di una rete di “responsabilità e dialogo” in favore dei giovani nella regione forestale (cfr. attività 1.3.e paese Guinea) L’apporto specifico dell’università consite nelle seguenti attività : - definire, in collaborazione con Caritas Italiana, gli strumenti di indagine e di raccolta dati. - elaborare e analizzare i dati raccolti - Provvedere alla stesura di un rapporto di ricerca. 158 UNIVERSITÀ DI MAKENI (UNIVERSITY OF MAKENY, UNIMAK THE FATIMA COLLEGE) Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone L’istituto collabora pienamente con la sede di progetto CGPDU in un partenariato molto stretto. La Commissione offre infatti agli studenti dell’istituto la possibilità di impegnarsi in indagini sul campo, mentre l’Università di Makeni offre alla Commissione un supporto teorico e formativo, soprattutto per la formazione delle amministrazioni locali e delle comunità di base con le quali la Commissione lavora. (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 2.1.b, 2.1.c, 2.3.a, 3.1.b). Inoltre l’Università offre un supporto tecnico e formativo per l’analisi sociale e la ricerca sia attraverso la disponibilità delle strutture e strumentazioni tecniche, quali la biblioteca, aule, sfotware di ricerca , connessione internet, sia attraverso risorse umane di studenti e docenti nella raccolta e rielaborazione dei dati. (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 3.1.c, 3.2.a, 4.5.d, 4.6.a) L’Università è partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2007. Si tratta dell’Ex Fatima Institute, istituto superiore di formazione universitaria della Diocesi di Makeni, dal 2009 riconosciuta come Università dal governo sierraleonese, unico complesso universitario della regione nord della Sierra Leone, conta attualmente ca. 900 studenti, è dotata della biblioteca più grande della regione e del paese, fornita soprattutto di libri e riviste relative a scienze religiose, sociali, politiche ed economiche, e anche di una nuova biblioteca giuridica; offre un servizio di connessione internet costante, corsi giornalieri, ma anche solo nel fine settimana. L’Università offre la possibilità di ottenere diplomi triennali o quinquennali, ma anche corsi di specializzazione in management e ricerca sociale e dal 2010 un Master in Sustainable Development. Tra le facoltà possono essere elencate: scienze sociali, sociologia dello sviluppo, diritti umani, economia e management, filosofia e scienze religiose. Possono essere evidenziate come materie di studio principali: Introduzione allo sviluppo, Economia dello sviluppo, Sociologia dello sviluppo, Gestione del conflitto e peace building, Genere, Conflitto e Diritti umani, Introduzione alla ricerca sociale, Sviluppo sostenibile e integrato. Oltre ai corsi universitari, attraverso i professionisti presenti, l’Università offre anche training alle autorità locali e nazionali (spesso in collaborazione con la CGPDU) anche in partnership con organizzazioni delle Nazioni Unite quali UNICEF e UNDP nell’ottica di un programma di good governance. L’Università, in partnership con altre organizzazioni nazionali e internazionali (es. CAFOD, TROCAIRE), realizza progetti di rilevanza sociale come programmi sulla salute mentale o sul capacity building nelle istituzioni. PROFIT RADIO MARIA SIERRA LEONE Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone La radio offre un’importante apporto al progetto come spazio per il lavoro della CGPDU. Molte sessioni di formazione preparate per le comunità di base dei villaggi, vengono poi replicate per radio in modo da ampliare il numero dei beneficiari mantenendo i costi di formazione ridotti. (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 1.2.b,3.1.d,3.2.c,3.3.b,4.2.d,4.3.a,4.4.c) La radio è partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2007. Creata nel 2003, situata nella stessa area dell’Università a Makeni, possiede un’attrezzatura efficace con una capacità di copertura che raggiunge la quasi totalità del Paese in maniera capillare. Con uno staff di circa venti persone tra operatori e volontari, cura programmi giornalieri che spaziano dalla spiritualità e formazione religiosa, a programmi di informazione e utilità sociale, fino a programmi musicali e di intrattenimento. Fondamentale il ruolo svolto da tale Radio nel corso delle elezioni politiche del 2007 e delle amministrative del 2008 quale organo indipendente che ha ospitato dibattiti politici e interviste a tutti gli attori coinvolti. In grado di trasmettere collegamenti in diretta da ogni parte del paese, è considerato un organo di informazione particolarmente importante sia a livello nazionale che delle singole comunità e trasmette in tutte le lingue del paese. 159 L’impatto di questo servizio diocesano è notevole poiché raggiunge la maggior parte degli abitanti indistintamente: donne, anziani, studenti, agricoltori, allevatori, ascoltano la radio come unica fonte di informazione. NO PROFIT CONGREGAZIONE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone Partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2010. L’apporto della Congregazione al progetto è la promozione del ruolo delle donne nella regione nord della Sierra Leone, la protezione dei loro diritti e formazione, in particolare nella gestione del risparmio, management della vita familiare e comunitaria, difesa dei diritti fondamentali in famiglia e nella comunità, avvio dell’alfabetizzazione (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 4.2.a, 4.2.d, 4.3.a, 4.4.c) Le Sorelle di Maria Immacolata (DMI) sono una congregazione di religiose fondata nel 1984; DMI è una congregazione indiana con una esperienza internazionale in Asia, Africa e America Latina. Attualmente la Congregazione focalizza particolarmente la sua attenzione nella realizzazione di attività pastorali, sociali e di sviluppo in tutto il mondo; lo scopo è aiutare i poveri nell’organizzare se stessi per trovare la loro emancipazione dalla schiavitù attraverso un’azione collettiva. Il Vescovo della Diocesi di Makeni Mons. Giorgio Biguzzi ha invitato la Congregazione a lavorare nella Diocesi nel febbraio 2009; le suore sono arrivate in Diocesi nel maggio 2009. Attualmente sono presenti nella Diocesi di Makeni anche quattro Padri, che operano sia a Makeni che nel distretto di Koinadougu. L’obiettivo attuale della Congregazione è quello di raggiungere anche le aree rurali più lontane dai maggiori centri per trasmettere la propria missione socio-pastorale. CARITAS MAKENI Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Makeni in Sierra Leone Apporto al progetto: collaborazione alle sessioni formative su sviluppo, povertà reduction strategy e project cycle management, supporto alle autorità locali nella redazione di proposte progettuali di sviluppo (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 2.1.a, 2.1.b, 2.3.a,2.3.b); collaborazione nelle attività di avvio ad alfabetizzazione delle donne nelle areee rurali della regione (cfr. paese Sierra Leone attività 4.3.a). La Caritas Makeni è l’organismo della Diocesi per l’emergenza e lo sviluppo, ha avuto un ruolo fondamentale nell’emergenza post-conflitto, a fine anni novanta, inizi duemila, in particolare nel programma di riabilitazione degli ex bambini soldato, fornendo beni di prima necessità, supporto psicologico, ma anche provvedendo al riavviamento scolastico e all’avviamento professionale. Negli anni della ricostruzione si è occupata in particolare della formazione professionale di giovani e donne (gruppi vulnerabili) e di progetti di igiene e sanità nelle aree rurali della regione. Negli ultimi due anni ha vissuto un periodo di transizione, fino al luglio 2010, quando il Vescovo, nell’intento di rilanciare le attività della Caritas e la sua funzione pedagogica, ha nominato un nuovo direttore. L’organizzazione sta ultimando anche una ricerca sui bisogni prioritari della regione e dell’istituzione stessa per meglio rispondere alle necessità della popolazione, primo passo in vista della revisione del piano strategico generale. Nel contempo si stanno avviando piccoli progetti di sviluppo nelle aree rurali, nonché un progetto più grande di sostegno e animazione dei giovani nella regione nel contesto di una strategia multidimensionale di prevenzione dell’AIDS. Caritas Italiana, dopo il partenariato nell’emergenza della guerra e post-conflitto, ha dal 2010 ripreso una collaborazione diretta con la Caritas a sostegno del progetto di rafforzamento delle capacità del personale e della vita associativa alla base, nelle aree rurali (rafforzamento comitati locali di sviluppo, Caritas parrocchiali). In collaborazione con la CGPDU, il valore aggiunto nel progetto concerne sicuramente la grande esperienza e competenza dello staff direzionale nella realizzazione di progetti di sviluppo e nella formazione relativamente a tale materia, competenze che rientrano perfettamente tra gli obiettivi indicati nel progetto. 160 CENTRO MEDICO-CHIRURGICO “SAINT ABRAHAM” DI GOUECKE Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di N’zérékoré in Guinea. Apporto al progetto: organizzazione sessione di sensibilizzazione su p ratiche igienico sanitarie (cfr. punto 9.1 paese Guinea attività 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c); elaborazione sistema informatico statistico di raccolta dati sui casi trattati e rielaborazione dei risultati (cfr. punto 9.1 paese Guinea attività 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c) Il Centro Medico-Chirurgico si trova a 42 km dalla città di N’Zérékoré, in una zona rurale del paese, nel villaggio di Gouécké. E’ un’opera sociale della Diocesi di N’Zérékoré, realizzata con il sostegno dapprima del FO.GU.I.Re.D (Fondo Italo Guineano per la Riconversione de Debito) e della Fondazione Giustizia e Solidarietà, poi di Caritas Italiana, che ancora oggi ne segue la progettualità. Il centro è stato inaugurato il 3 luglio 2009 rispondendo ad una forte esigenza della popolazione locale, ed in poco tempo è divenuto punto di riferimento per l’area territoriale di competenza, con ampia soddisfazione dei beneficiari ed un’affluenza superiore alle previsioni iniziali. Il Centro è gestito da personale medico e infermieristico qualificato, tutto locale, e da personale paramedico ausiliario, anch’esso guineano, prevalentemente del villaggio di Gouécké. La struttura offre servizi di consultazione ambulatoriale, analisi di laboratorio, ecografia, maternità, farmacia, ospedalizzazione, piccola e media chirurgia, urgenze 24h/24. Il Centro è inserito nella rete regionale delle strutture sanitarie coordinate dalle Direzioni prefettorali e regionali della Sanità: ad esse è tenuto a presentare rapporti di monitoraggio mensili; il Centro, attraverso il suo Direttore, partecipa alle sessioni semestrali di monitoraggio del sistema sanitario organizzate a livello prefettorale e regionale. Dal 2010 ha assunto, su raccomandazione della Direzione prefettorale e regionale della Salute, un ruolo di coordinamento e formazione per i Centri di Salute presenti nelle cinque sottoprefetture dell’area territoriale di competenza, che conta circa 96.000 abitanti. Pur se di recente apertura, il Centro ha sicuramente contribuito a migliorare i servizi sanitari offerti nella regione e in generale le condizioni di salute dell’area territoriale di competenza: i cittadini possono infatti attualmente usufruire di una struttura medico-sanitaria di livello superiore ad un ordinario centro di salute o dispensario (che offre anche chirurgia e servizio emergenze) in loco o a pochi chilometri di distanza, quando in precedenza ne dovevano percorrere almeno 40 per giungere alla prima struttura sanitaria di referenza, l’ospedale regionale a N’Zérékoré. CONGREGAZIONE SUORE SERVE DI MARIA VERGINE MADRE Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di N’zérékoré in Guinea. Apporto al progetto: realizzazione delle attività di sensibilizzazione su pratiche igienico sanitarie (cfr. punto 9.1 paese Guinea attività 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c) Si tratta di una congregazione diocesana composta attualmente da 23 suore, dislocate in tutto il territorio della Diocesi di N’Zérékoré, in particolare nella città capoluogo, a Macenta (ca. 170 km da N’Zérékoré) e a Gouécké dove ha sede anche il noviziato. La Congregazione ha come missioni fondamentale la tutela dell’infanzia, l’educazione, la sanità. In questi tre settori si concentrano infatti le attività delle religiose, così suddivise: - tutela dell’infanzia: un orfanatrofio per bambini da 0 a 5 anni a Gouécké (attualmente ospita ca. 40 bambini); una scuola dell’infanzia (jardin d’enfants) a Gouécké; un orfanatrofio per bambini e ragazzi da 6 a 15 anni a Macenta (attualmente ospita 25 ragazzi); - educazione: un centro di alfabetizzazione e avviamento professionale per giovani a Gouécké; una scuola secondaria di segreteria e gestione contabile a N’Zérékoré; - sanità: dispensario diocesano di Samoé (villaggio a 5 km da N’Zérékoré); dispensario sanitario di Lola (ca. 40 km da N’Zérékoré); una suora infermiera impiegata a tempo pieno al CMC di Gouécké. FONDAZIONE PEPPINO VISMARA Codnice fiscale: 04598440156 Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Bujumbura in Burundi. 161 La Fondazione collabora nelle attività sportive e di educazione alla democrazia realizzate dal progetto (cfr. punto 9.1 paese Burundi attività 2.3.a, 2.3.b, 3.3.a, 3.3.b, 3.4.a) con il seguente apporto: contributo di € 95.000 finalizzato a: - costruzione/manutenzione/ristrutturazione di campi sportivi per Pallavolo, Basket e calcio - spese per acquisto di materiale sportivo - spese di gestione per l’organizzazione di tornei sportivi - spese per corsi di formazione sull’educazione alla democrazia e sulle elezioni politiche - salari degli operatori coinvolti nella gestione delle attività La Fondazione Peppino Vismara opera dal 1980 a sostegno di iniziative nel campo della formazione giovanile, dell'assistenza alle categorie svantaggiate e della cooperazione in paesi in via di sviluppo. Negli ultimi anni la Fondazione Peppino Vismara si è impegnata nel supporto allo sviluppo di servizi socioassistenziali ed educativi gestiti da organizzazioni senza scopo di lucro e finalizzati a dare risposte innovative e qualificate ai bisogni di fasce deboli di popolazione, con particolare riguardo alle esperienze lombarde e del sud Italia, senza però intervenire direttamente nella gestione dei servizi che sono invece supportati attraverso contributi economici. Questi interventi s'integrano alla tradizionale azione di supporto rivolta agli oratori e ai centri parrocchiali ed alla cooperazione nei paesi in via di sviluppo che conta oltre 500 progetti finanziati nell'ultimo decennio. ASSOCIAZIONE AMICI SEN. GIOVANNI SPAGNOLLI ONLUS Codice fiscale: 94024910229 Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Bujumbura in Burundi. L’associazione collabora per la realizzazione delle attività di incentivazione dello sport e sensibilizzazione al rispetto attraverso la musica nei quartieri nord (cfr. punto 9.1 paese Burundi attività 2.2.a, 3.2.a, 3.3.a, 3.3.b, 3.4.a). In particolare offre il seguente apporto: - - ristrutturazione del campo di basket e pallavolo di Cibitoke 1 e acquisto dei premi di partecipazione per 5000 partecipanti ai tornei sportivi per incentivare la frequenza scolastica, per un totale di € 20.000 finanziamento di 7 concerti in luoghi differenti sul tema del protagonismo giovanile e della pace, del rispetto e delal tolleranza in Burundi, per un totale di € 8.000. L'Associazione Amici Sen. Giovanni Spagnolli è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) impegnata in progetti internazionali di aiuto e sostegno in aree particolarmente bisognose ubicate prioritariamente nei paesi africani. In particolare l'Associazione si propone: 1- la raccolta pubblica di fondi, finalizzata alla costruzione di strutture socio-sanitarie in aree e particolarmente bisognose ubicate prioritariamente in paesi africani; 2- lo svolgimento di attività di beneficenza intesa come libera erogazione di denaro e beni materiali a favore di soggetti versanti in stato di bisogno; 3- l'organizzazione della raccolta di aiuti, il loro coordinamento e l'invio di materiali, viveri o qualsiasi attrezzatura e materiale necessari per la realizzazione di interventi umanitari entro e fuori dall'Italia e dall'Europa; 4- la sensibilizzazione delle tematiche in argomento, attraverso incontri, dibattiti e conferenze; 5- la pubblicazione e l'invio a mezzo di posta di notiziari, a cadenza regolare, e\o tematici, per la divulgazione delle motivazioni e delle attività intraprese dalla Associazione e per la puntuale informazione sulle iniziative in corso e quelle programmate; 6- tutte quelle iniziative tendenti a far emergere nell'opinione pubblica lo spirito di solidarietà fra i popoli. L'Associazione ha carattere apolitico e nel suo ambito è vietata qualsiasi manifestazione e discussione politica. 33) Risorse tecniche e strumentali necessarie per l’attuazione del progetto: CARATTERISTICHE DELLE CONOSCENZE ACQUISIBILI 162 34) Eventuali crediti formativi riconosciuti: Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa 35) Eventuali tirocini riconosciuti: Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa 36) Competenze e professionalità acquisibili dai volontari durante l’espletamento del servizio, certificabili e validi ai fini del curriculum vitae: Per tutti coloro che concludono il Servizio Civile è previsto il rilascio di un attestato da parte di Caritas Italiana in cui vengono riportate la tipologia del servizio svolto e le competenze che vengono conseguite durante il servizio (modello consegnato all’UNSC da Caritas Italiana). La singola Caritas diocesana rilascia –su richiesta dell’interessato e per gli usi consentiti dalla leggeulteriore documentazione più dettagliata e particolareggiata. Le stesse competenze sono riconosciute e certificate mediate il rilascio di un attestato da parte dell’Ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino Mattarelli”, come da convenzione allegata. Il progetto consente l'acquisizione delle seguenti competenze riconosciute e certificate da Caritas Italiana e dall’ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino Mattarelli”: COMPETENZE TRASVERSALI - Costruire messaggi chiari, al fine di fornire informazioni corrette ai giovani interessati alle attività organizzate dall’associazione. - Adottare stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia - Collaborare con i professionisti coinvolti nel progetti, in relazione ai propri compiti e ai risultati da raggiungere - Integrarsi con altre figure/ruoli professionali e non - Adeguarsi al contesto: linguaggio e atteggiamenti, rispetto delle regole e orari - Gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità - Controllare la propria emotività rispetto alla sofferenza - Lavorare in team per produrre risultati collettivi - Assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia, seppur nell’ambito di sistemi e procedure già calibrati e condivisi - Collaborare con il Personale dell’Ente e con i colleghi. COMPETENZE SPECIFICHE - Conoscere gli elementi teorici e pratici di base nel campo della cooperazione internazionale e solidale - Conoscere gli elementi di base nella relazione sociale negli ambiti di lavoro del progetto - Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della relazione interculturale - Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della tutela dei diritti umani - Avere la capacità di adeguarsi al contesto: linguaggio ed atteggiamenti - Avere la capacità di assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia - Conoscere e saper convivere con situazioni climatiche e culturali differenti; - Saper realizzare attività educative con mezzi poveri. - Saper convivere con persone con cultura e fedi religiose differenti. - Aver Acquisito stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia; - Conoscere la lingua del paese di destinazione - Conoscere elementi teorico-pratici del quadro istituzionale nell'ambito dei progetti di cooperazione. - Aver sviluppato capacità di problem solving 163 Formazione generale dei volontari 37) Sede di realizzazione: Caritas Italiana Via Aurelia 796 - 00165 Roma e sede di una delle Caritas diocesane di provenienza dei candidati selezionati. 38) Modalità di attuazione: La formazione è effettuata in proprio, presso l’Ente, con formatori dell’Ente. 39) Ricorso a sistemi di formazione verificati in sede di accreditamento ed eventuale indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio: SI 40) Tecniche e metodologie di realizzazione previste: In base ai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, il percorso di formazione generale si attua con le seguenti tecniche e metodologie. Metodologia Per ogni obiettivo formativo viene considerato: - la coscientizzazione: essere/divenire consapevoli di sé, dell’altro, del mondo - dalla conoscenza della realtà al saper comunicare la realtà - dal sapere di essere nella realtà al saper stare nella realtà - dal saper fare al saper fare delle scelte - dallo stare insieme al cooperare ed in relazione a questi livelli la dimensione: - individuale della persona - la famiglia, il gruppo, la comunità di appartenenza - la società, il mondo attraverso: - lezioni frontali (almeno il 50% del monte ore complessivo) - elaborazione dei vissuti personali e di gruppo, simulazioni, lavori in gruppo e riflessioni personali (almeno il 20% del monte ore complessivo) - testimonianze e/o visite ad esperienze significative. Articolazione della proposta e numero ore di formazione previste; totale nei primi 5 mesi di servizio: 42 ore. La proposta è articolata in un percorso di formazione caratterizzato da: - Uno o più corsi di inizio servizio di alcune giornate (possono essere anche residenziali). Inoltre durante i momenti di verifica di metà e fine servizio (vedi il piano di monitoraggio interno descritto alla voce 21), verranno proposti anche degli approfondimenti tematici a partire dalla verifica dell’esperienza svolta nell’incontro di monitoraggio. Numero verifiche previste e relativi strumenti utilizzati anche per la misurazione dei livelli di apprendimento raggiunti; Durante il servizio civile: valutazione attraverso scheda di verifica a conclusione dei singoli moduli formativi. Successive condivisioni e confronti in gruppo. 164 41) Contenuti della formazione: In base ai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, si propone una formazione generale che preveda due fasi: Una prima fase di 30 ore circa che si esaurisce nel corso di inizio servizio pre partenza, che tiene conto delle indicazioni delle “Linee guida per la formazione generale dei volontari”in cui presentare ad un primo livello i singoli argomenti che saranno poi, dove necessario, approfonditi a partire dalle esigenze del gruppo. Verranno unificate alcune tematiche all’interno dei momenti previsti e verrà dedicato il primo periodo all’aspetto formativo istituzionale. La tempistica verrà modulata secondo la tabella sottostante: Moduli Linee Guida UNSC L’identità del gruppo in formazione Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica, affinità e differenze tra le due realtà Il dovere di difesa della Patria La difesa civile non armata e nonviolenta La protezione civile La solidarietà e le forme di cittadinanza Servizio civile nazionale, associazionismo e volontariato La normativa vigente e la Carta di impegno etico Diritti e doveri del volontario del servizio civile Presentazione dell’Ente Modalità (1) 1I 1 1 2 1F 1F 2F Comprendere il significato di concorrere alla difesa della patria La Globalizzazione la strutture di violenza nel mondo, i conflitti, cenni sulle emergenze in ambito internazionale La comunicazione interculturale Conoscere il sistema del Servizio Civile Nazionale in generale e in particolare le specificità dei progetti all’estero L’esperienza italiana dei caschi bianchi (storia della rete CB) 1 1+8 1F 4F–5I 1 1 2 1F 1F 2F L’identità di Caritas Italiana come organismo pastorale Lo stile e il metodo Caritas in ambito internazionale, l’approccio alla riconciliazione La comunicazione dal sud dal Mondo e l’animazione in diocesi 10 9 F – 2I I progetti internazionali e il piano di impiego 1 1I 30 21 F – 9 I Il lavoro per progetti Tempistica 1 Moduli Caritas Sostenere l’esperienza e la sua rielaborazione Sostenere la motivazione (1) F: lezione frontale; I:dinamiche non formali Fermo restando le ore complessive di formazione ed i temi, l’articolazione della proposta sarà adattata in base al gruppo dei volontari in formazione. Al termine della prima fase verranno proposti alcuni strumenti per verificare il gradimento e l’interesse dei giovani rispetto a tutte le tematiche presentate, in modo da programmare il restante percorso formativo. Una seconda fase di 12 ore circa che si realizzerà nel corso di metà servizio svolto entro i primi 150 giorni dall’avvio del progetto dove sarà possibile dedicare più attenzione e tempo ad alcune tematiche rispetto ad altre partendo dalle esigenze e dalle risorse dei giovani e delle realtà locali. Si approfondiranno gli stessi contenuti affrontati nella prima fase e si individueranno altre tematiche in base alle esigenze ed alla situazione del gruppo particolare di volontari. 165 42) Durata: Il progetto prevede un percorso formativo generale di 42 ore. Formazione specifica (relativa al singolo progetto) dei volontari 43) Sede di realizzazione: Caritas Italiana Via Aurelia 796 - 00165 Roma, sedi delle Caritas diocesane di provenienza dei candidati selezionati e sedi di attuazione del progetto all’estero 44) Modalità di attuazione: La formazione specifica è effettuata in proprio, presso l’ente con formatori dell’ente. 45) Nominativo/i e dati anagrafici del/i formatore/i: Moira Monacelli Joseph Alimamy Fabrizio Cavalletti Alexandre Kolié Christian Sinata Touré Luigi Ranzato Claudio Marano Silvio Tessari Natalina Mezzano Anna Arcuri 46) Competenze specifiche del/i formatore/i: 47) Tecniche e metodologie di realizzazione previste: La formazione specifica prevede due spazi importanti, il primo in Italia, il secondo nelle sedi di progetto, in collaborazione con lo staff e i partner locali. In Italia la formazione specifica viene curata con momenti ad hoc all’interno e al di fuori ai corsi residenziali di inizio e metà (dopo circa 3 mesi) servizio. La formazione in loco avviene attraverso l’accompagnamento nel Paese da parte di personale esperto oltre che con la collaborazione con le sedi di attuazione del progetto. Ha come obiettivo un positivo inserimento nel contesto di servizio in modo da garantire la tutela sia dei volontari in servizio civile che dei beneficiari del progetto. Ai volontari verrà proposto un percorso formativo complessivo comprendente le seguenti fasi. 1) Formazione in Italia sia prima della partenza, sia al rientro intermedio dopo circa 3 mesi La formazione avviene attraverso lezioni frontali, con dinamiche di gruppo e con incontri individuali.. Tra i formatori che partecipano è presente lo staff dell’Ufficio Africa di Caritas Italiana,) uno psicologo (in una sessione), il referente di progetto e, eventualmente, in aggiunta ai formatori indicati successivamente, degli esperti appositamente chiamati ad integrare i contenuti previsti con altri sulle attuali situazioni nel continente africano e nei paesi dove si realizza il progetto in particolare. Se disponibile, viene richiesta anche la testimonianza di uno dei Caschi Bianchi dell’anno precedente. La formazione pre partenza è svolta prevalentemente tramite lezioni frontali. Durante il rientro intermedio, sono organizzati alcuni incontri specifici soprattutto utilizzando la tecnica della verifica individuale e della dinamica di gruppo in cui si esaminano i vari aspetti del servizio – progetti specifici e partner, logistica, approccio e stile adottati, fattori di stress, aggiornamenti sulla situazione del paese ecc. analizzandoli nei loro lati positivi e negativi (difficoltà da superare, problemi da risolvere). In generale e soprattutto nel momento formativo del rientro intermedio la metodologia è prevalentemente di tipo maieutico. 166 Le sessioni sono integrate con la fornitura di ampia documentazione e con la presentazione di materiale fotografico e video. 2) Formazione presso la sede estera La formazione specifica all’estero nei primi mesi di servizio è realizzata attraverso i seguenti momenti. - - - un incontro di accoglienza iniziale, durante il c’è la presentazione della sede di realizzazione del progetto, delle attività svolte, del ruolo e delle responsabilità richieste al volontario, la metodologia è prevalentemente la lezione frontale; una serie incontri ad hoc nel corso dei primi mesi di servizio per approfondire gli aspetti particolari del progetto nelle diverse sedi a partire dall’iniziale esperienza concreta di servizio. La metodologia sarà prevalentemente la dinamica di gruppo con un approccio esperenziale in cui a partire dalla verifica individuale e di gruppo dell’esperienza concreta si approfondiscono gli aspetti su cui i singoli e il gruppo hanno maggiore necessità di supporto. Si tratta prevalentemente di incontri di verifica e programmazione insieme agli operatori della sede di realizzazione del progetto al fine di confrontarsi sui casi, sulle difficoltà incontrate in ordine a trasmettere i contenuti formativi affinché il volontario possa raggiungere gli obiettivi previsti; incontri specifici di approfondimento tematico su argomenti relativi al progetto. In particolare per i volontari in servizio presso la sede a Makeni in Sierra Leone, data la particolare complessità del progetto, si prevedono i seguenti ulteriori momenti di formazione: incontri di conoscenza, visite sul terreno, studio e analisi individuale e di gruppo di testi legislativi importanti ai fini delle attività di progetto: tale attività formativa verrà portata avanti nei primi due mesi di presenza in loco lasciando ai volontari il tempo di leggere, analizzare, riflettere sulle legislazioni per poi porre ai formatori le domande ritenute necessarie, attraverso la lettura e condivisione dei documenti più importante e dei rapporti di attività prodotti negli anni precedenti, i dati raccolti, le relazioni elaborate. 48) Contenuti della formazione: Il percorso di formazione speicficia prevede alcuni contenuti comuni a tutte le sedi del progetto ed altri specifici per ciascuna sede. FORMAZIONE COMUNE A TUTTE LE SEDI DI ATTUAZIONE Contenuto formativo Quadro storico del contesto sociale e politico dell’Africa Quadro storico e sviluppo dei Progetti di Caritas Italiana all’estero e in particolare nei paesi di attuazione, le prospettive dei partner locali. Stile di presenza dei volontari di servizio civile all’estero Norme di sicurezza generali nei paesi africani e specifiche sui singoli paesi La relazione d’aiuto e la gestione dello stress da parte degli operatori all’estero Progettazione nell’ambito della cooperazione internazionale e delle emergenze internazionali. Formatore Anna Arcuri Fabrizio Cavalletti Moira Monacelli Silvio Tessari Fabrizio Cavalletti Anna Arcuri Silvio Tessari Moira Monacelli Padre Claudio Marano Luigi Ranzato Anna Arcuri FORMAZIONE SPECIFICA PER PAESE SIERRA LEONE Contenuto formativo Rif. Obiettivi e Attività di progetto 167 Formatore Quadro culturale-storico-socio- politico del paese Ob. 1, 2, 3, 4 Joseph Alimamy Turay, Moira Monacelli Comitati territoriali diritti umani: storia, modalità di funzionamento, prospettive Ob.1.1, 1.2 Att. 1.1.a, 1.1.b, 1.2.a Joseph Alimamy Turay Ob. 3.1, 3.3 Att. 3.1.a, 3.1.b, 3.3.a Lettura, analisi, studio documenti legislativi e politici rilevanti: Ob. 4.1 Att. 4.1.a Ob. 2, 3, 4 - Constitution of Sierra Leone Ob. 3 Att. 3.1.a, 3.3.a - PRSP 2008-2012 Ob.2.1 Att. 2.1.a, 2.3.b - Local Government Act Ob. 2.1 Att. 2.1.c - Gender Acts Introduzione al PCM Introduzione alla ricerca sociale nel contesto africano Lo studio dell’impatto psicologico degli interventi di aiuto alle fasce vulnerabili. Ob. 4.5 Att. 4.5.a, 4.5.b Ob. 2.3 Att. 2.3.a, 2.3.b Ob. 3.2 Att.3.2.a Ob. 4.5, 4.6 Att. 4.5.d, 4.6.a Att. 4.2.e Coordinata da: Joseph Alimamy Turay Moira Monacelli Jospeh Alimamy Turay Luigi Ranzato GUINEA Contenuto formativo Il contesto culturale-storico-politico del paese e della regione con particolare riferimento alla composizione etnica e alle sue conseguenze sulla situazione sociale L’OCPH a livello diocesano e nazionale: principi, strumenti, attività Rif. Obiettivi e Attività di progetto Ob. 1 Da 1.2.a.a 1.2.d; da 1.3.a a 1.3.d; 1.4 Ob. 2 2.1.a, 2.1.e; 2.2.a, 2.2.c Ob. 2 Da 2.1.a a 2.1.e; 2.2.c Formatore Moira Monacelli Alexandre Kolié Christian Sinata Touré Alexandre Kolié Principi di elaborazione di progetti di sviluppo - Introduzione al project cycle management Ob. 2 2.1.d, 2.1.e Moira Monacelli Introduzione ai principi di analisi e rielaborazione di dati per la ricerca sociale Ob. 1 1.2.e; 1.3.e; Ob. 2 2.1.a Ob. 3 3.2.a, 3.2.b Ob. 3 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c Christian Sinata Touré Moira Monacelli La situazione sanitaria nazionale e regionale attraverso l’analisi e il commento dei dati statistici locali, regionali e nazionali 168 Christian Sinata Touré BURUNDI Contenuto formativo Attività Formatore 1.Storia e situazione attuale (politica, economica, sociale,) del paese e dell’area geografica con attenzione alle cause di conflitto e tensione, e alla situazione dei giovani, con particolare riferimento a temi come: le possibilità occupazionali e scolastiche, la convivenza e i conflitti etnici, concezione della cittadinanza attiva e della partecipazione civica, possibilità di formazione e elaborazione delle problematiche personali, possibilità sportive, ricreative e creative. 2.cultura e abitudini della popolazione locale 1.1. a , 1.1. b , 1.2. a, 1.2.b, 2.1.a , 2.2.a , 2.2.b , 2.3.b , 3.1.a , 3.1.b , 3.2.a , 3.3. a , 3.3.b , 3.4.a , 3.4. b -Padre Claudio Marano 2.1.a, 2.2.a, 2.2.b , 2.3.b , 3.1. a, 3.1.b, 3.2.a -Padre Claudio Marano GIBUTI Contenuto formativo Attività Formatore 1.Storia e situazione attuale (politica, economica, sociale) del paese e della città di Gibuti con attenzione alle cause di tensione, emarginazione, povertà, e alla situazione dei bambini, con particolare riferimento a temi come: la questione femminile e le mutilazioni genitali, le possibilità scolastiche, la convivenza pacifica e le divisioni etniche, la possibilità di formazione e elaborazione delle problematiche personali, le possibilità culturali, ricreative e creative. 2.cultura e abitudini della popolazione locale 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 3.1, 4.1, 4.3, 5.1, 6.1 Silvio Tessari Natalina Mezzano 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.3, 2.4, 3.1, 3.3 2.5 Silvio Tessari Natalina Mezzano Luigi Ranzato 3. Lo studio dell’impatto psicologico degli interventi di aiuto alle fasce vulnerabili. 49) Durata: Il progetto prevede un percorso di formazione specifica di 72 ore Altri elementi della formazione 50. Modalità di monitoraggio del percorso di formazione (generale e specifica) predisposto: Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato in sede di accreditamento. 169
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