Il codice penale Furto L`art. 624 c.p. così recita a proposito del reato
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Il codice penale Furto L`art. 624 c.p. così recita a proposito del reato
Il codice penale Furto L'art. 624 c.p. così recita a proposito del reato di furto: «È colpevole di reato di furto chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri». Il furto non va quindi confuso con altri reati contro il patrimoni quali I'estorsione, la truffa, la rapina, l'appropriazione indebita. La polizza furto garantisce normalmente il furto, la rapina e l’estorsione. Quasi mai, invece, copre la truffa e l’appropriazione indebita, che possono essere assicurati con la polizza «Infedeltà». Differenza tra la nozione di Furto, penalmente riconosciuto, e la garanzia di polizza Per furto, anche convenzionalmente, va inteso lo spossessamento della cosa mobile altrui mediante trasferimento. Non basta però detto trasferimento dalla sfera del proprietario (o possessore o detentore legittimo) a quella del ladro, occorrendo stabilire come esso avvenga. Mentre infatti l'art. 624 cod. pen. si limita a menzionare la sottrazione, le polizze precisano indifferenziatamente determinate modalità (condizioni) di esecuzione del furto, senza le quali non vi è furto indennizzabile. Tali modalità sono: a) la violenza sulle difese esterne, b) l'uso di vie diverse da quella ordinaria, c) la clandestinità. Rapportiamo ora questi requisiti essenziali con alcune delle circostanze aggravanti del furto, quali indicate all'art. 625: a) la violenza sulle cose, b) l'uso di mezzi fraudolenti. La violenza sulle cose comprende tutte le ipotesi in cui la cosa è danneggiata o trasformata o ne è mutata la destinazione. Essa può essere esercitata sia sulla cosa oggetto del furto che su ogni altra ai fini dell'impossessamento: è sufficiente che l'azione tolga l'idoneità difensiva degli ostacoli destinati ad impedire l'impossessamento (scasso) "adoperando un plus di forza destinato a vincere la resistenza del mezzo predisposto a tutela della cosa". La polizza specifica che l'indennizzo compete quando il furto sia stato perpetrato violando le difese esterne mediante rottura o scasso. Uso di mezzi fraudolenti: è qualsiasi attività "che sorprenda o soverchi con l'insidia la contraria volontà del detentore della cosa", dizione che ha abbandonato la prolissa elencazione analitica (uso di chiavi false, grimaldelli, chiavi vere perdute dal padrone, ecc.) comprendendo qualsiasi manifestazione insidiosa ed ingannatoria, tra cui anche la scalata. Le polizze dal canto loro menzionano l'uso di chiavi false, grimaldelli o simili arnesi, ma escludono l'uso delle chiavi vere, sottratte al detentore o da lui perdute, ed è per questo che esplicitano, onde non lasciare adito all'interpretazione più lata, consentita dalla prassi penalistica. Esse poi richiedono che il furto sia compiuto "per via diversa da quella ordinaria" (il che comprende la scalata) con superamento di ostacoli o di ripari mediante impiego di mezzi artificiosi o di particolare agilità personale. Su questo punto la dottrina e la giurisprudenza penalistiche si sono largamente soffermate, qui bastando sottolineare che le specificazioni enunciate (mezzi artificiosi e particolare agilità personale) sono recepite nella generica menzione di "mezzo fraudolento", intesa a fuorviare le misure difensionali con accorgimenti e atteggiamenti fuori dell'ordinario. Quanto alla clandestinità, il discorso va riferito all'introduzione ed al trattenimento di cui all'art. 625 cod. pen., 1 cpv. Escluso che il ladro entri nel locale scopertamente, minacciando poi con le armi, nel qual caso si avrebbe rapina (art. 628 cod. pen.) ovvero se introdottosi legittimamente, come un qualsiasi visitatore od acquirente, usi in seguito la sua abilità per carpire surrettiziamente qualche oggetto, perché si avrebbe furto con destrezza non ammesso nelle condizioni contrattuali, non resta che l'ipotesi dell'introduzione clandestina e dell'ulteriore permanenza (trattenimento). L'argomento è di importanza primaria e necessita di esposizione adeguata. Che cosa deve intendersi per introduzione e rispettivamente per trattenimento? Scarso l'apporto della dottrina penalistica. La Cassazione ha sentenziato che per introduzione debba intendersi il "fare ingresso con l'intera persona perché solo in tal modo si ha l'equivalenza con il trattenimento", ma questa correlazione non sembra che possa risolvere il problema. Anzitutto, non può esservi permanenza senza introduzione, sì che questa è premessa essenziale di quella; inoltre, dopo l'introduzione, perchè possa aver luogo il furto, occorre una sia pure breve o brevissima "permanenza". Non è dunque ben chiaro se in realtà debba trattarsi di alternativa fra le due aggravanti. Ma sul piano strettamente civilistico, id est indennitario, la situazione e diversa. In sede penalistica, la minaccia si concreta con la presenza del reo ed il suo trattenersi, ma è l'effetto quello che va tenuto presente assicurativamente parlando, effetto pienamente conseguito anche se l'introduzione sia solo parziale e la permanenza di durata limitatissima, ad esempio mediante effrazione di un vetro e introduzione di una mano, con o senza l'ausilio di un gancio o raffio. Rapina L’art. 628 del Codice Penale così recita a proposito della rapina: “ È colpevole del reato di rapina chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”. La rapina principale si differenzia dal furto perché il suo contenuto principale è la violenza contro la persona. La violenza può consistere anche in una semplice spinta, in uno strattone o comunque nel solo fatto di mettere le mani addosso al derubato che tenti di impedire la sottrazione della cosa. La minaccia in genere deve considerarsi idonea ogni qualvolta il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze, sia tale da incutere timore. Riflettendo poi sull'"oggetto" della violenza, dobbiamo rilevare che il Codice Penale indica in danno di chi deve avvenire la sottrazione, specificando che la persona in questione deve essere il detentore del bene, ma nulla specifica relativamente alla vittima della violenza o della minaccia. Se la violenza o la minaccia è diretta alla persona che detiene il bene, non si pongono problemi; però può accadere che la violenza o la minaccia sia diretta a persona diversa dal detentore del bene. In questo caso, non infrequente, - ove ricorrano precise circostanze - è giurisprudenza costante che debba configurarsi anche in tale ipotesi il delitto di rapina. Rapina avvenuta “al di fuori dei locali” L'assicuratore - come si evince dalle condizioni generali di polizza - presta quale garanzia base quella contro il rischio del furto che deve consumarsi all'interno dei locali; pertanto per la garanzia rapina, prestata come estensione al furto o come partita separata e senza una disciplina contrattuale specifica, la delimitazione contrattuale "avvenuta nei locali" deve intendersi - in analogia al furto - nel senso che la violenza o la minaccia o l'impossessamento del bene debbano avvenire all'interno dei locali indicati in polizza. Si spiega così perché venga successivamente prevista (ed è un bene che sia prevista) la possibilità di assicurare la rapina iniziata fuori dai locali e conclusasi poi all'interno come "estensione" alla garanzia rapina. Questa distinzione contrattuale non trova – ovviamente - un riscontro nel Codice Penale. Estorsione Simile alla rapina è «I'estorsione» (art. 629 c.p.), Ia quale consiste nel “procurare a sé e ad altri un ingiusto profitto costringendo qualcuno, mediante violenza o minaccia, a fare o ad omettere qualche cosa. Nella rapina, quindi, è il rapinatore che si impossessa della cosa altrui, mentre nella estorsione è la vittima dell'azione intimidatrice che consegna l’oggetto della violenza. L'impossessamento del bene può quindi avvenire tramite l'azione diretta del colpevole oppure tramite la consegna da parte della vittima. Nel primo caso: nessun problema. Nel secondo caso, sorgono dubbi su come configurare il fatto-reato. Siamo ancora nell'ambito della rapina oppure nell'ambito dell'estorsione? Nasce il problema, perché in polizza la garanzia rapina è prevista, ma non è prevista quella dell'estorsione. Allora dovremmo affermare che il reato si configura non più come rapina, ma come estorsione? Il contratto infatti: - non menziona l'estorsione se non in taluni casi come quando la esclude dall'assicurazione "tutti i rischi" della polizza globale gioiellieri; - non fa alcuna descrizione del reato; - non introduce alcuna limitazione di garanzia salvo che per la rapina per gli Istituti di Credito. Ci vengono in aiuto alcune pronunce della Corte di Cassazione: "Ricorre la rapina anche nei casi in cui la persona aggredita sia costretta a consegnare la cosa detenuta se, per l'immediatezza della imposizione e della consegna, la vittima sia nella piena mercè dell'aggressore ai cui volere non potrebbe sottrarsi: perché per aversi estorsione è necessario che la consegna della cosa possa collegarsi ad un atto di volontà della vittima, per la scelta possibile fra il danno minacciato e la consegna della cosa, mentre non può attribuirsi alcuna rilevanza al solo atto puramente materiale della consegna". Ed anche "Ad escludere la rapina e a rendere configurabile la figura della estorsione, non basta la consegna da parte del soggetto passivo al reo della cosa mobile, in qualsiasi modo avvenuta, ma è necessario che tale consegna possa ricollegarsi ad un atto di volontà dell'aggredito per la scelta che, pure in condizioni di libertà psichica grandemente menomata, gli è possibile fra il danno minacciato e la consegna stessa. Quando, al contrario, sotto l'azione della violenza o della minaccia viene del tutto a mancare la libertà del volere nel soggetto passivo che effettua la consegna della cosa mobile, si ha un atto del tutto privo di volontà che solo apparentemente costituisce una consegna". Appare quindi fondamentale osservare che è non tanto quello di decidere quando ricorra un reato o l'altro, quanto quello di descrivere dettagliatamente e verbalizzare le circostanze di modo, di tempo, di luogo del fatto occorso, sì da fornire tutti gli elementi utili ad inquadrare il fatto/reato in rapina od estorsione e sostenere a ragion veduta con l'assicurato una tesi o l'altra. Furto con strappo (scippo) Art. 629 C.P. (circostanze aggravanti del furto) "..., 4°: se il fatto è commesso con destrezza, ovvero strappando la cosa di mano o di dosso alla persona..." Elemento comune: impossessamento del bene da parte del colpevole. Elemento differenziale: - Rapina: violenza sulla persona - Furto con strappo: violenza esclusivamente sulla cosa L'elemento comune fra i due reati è l'impossessamento del bene da parte del colpevole (e nel caso del furto con strappo non ci possono essere alternative), mentre l'elemento differenziale consiste nella violenza che può essere fisica o psichica nei confronti della persona in un caso e nella violenza fisica sulla cosa nell'altro. Nella rapina al limite può essere esercitata violenza sull'una e sull'altra; nel furto con strappo, deve essere esclusivamente sulla cosa. Parrebbe sin troppo semplice e chiara la differenza fra rapina e furto con strappo e sovente invece l'esperienza indica il contrario. "Lo scippo si concreta in un atto violento esercitato su di un oggetto che viene staccato improvvisamente dalla persona del detentore, rivelando così una particolare audacia del ladro: tale violenza deve essere necessariamente avvertita dal soggetto passivo, giacché altrimenti si rientrerebbe nella ipotesi della destrezza". Il furto con strappo può però, in alcuni casi, essere considerato rapina. "Sussiste la rapina, quando, al fine di impossessarsi della cosa, superando la resistenza del soggetto passivo, l'autore esercita violenza non solo sulla cosa per strapparla, ma anche, se pure non principalmente, sulla persona fisica del soggetto passivo, purché l'effetto fisico della violenza alla persona non costituisca un evento puramente riflesso e involontario". "La violenza prevista dall'art. 628 C.P. può consistere anche in una semplice spinta o in un semplice urto alla vittima, al fine di poter realizzare l'impossessamento della cosa; ne consegue che risponde di rapina e non già di furto aggravato ex art. 625, n. 4 C.P., colui che, per impossessarsi della collanina d'oro e per vincere la resistenza della vittima che l'aveva afferrato per il giubbino nel tentativo di impedirgli la fuga, le dia una spinta tanto da farla cadere a terra". I testi in corsivo sono stralci di sentenze della Suprema Corte di Cassazione. Furto con destrezza Art. 625 C.P. "... 4°: se il fatto è commesso con destrezza..." La destrezza va intesa come particolare agilità e sveltezza che valga a soverchiare, di per sè, l'attenzione dell'uomo medio, impedendogli di percepire i movimenti diretti a sottrarre le cose e non è necessario che la cosa si trovi in mano o addosso alla persona, essendo sufficiente che sia nella sfera della sua diretta ed immediata vigilanza. Per concretizzare l'aggravante della destrezza: • non si richiede necessariamente l'uso di una eccezionale abilità, per cui il derubato non possa in alcun modo accorgersi della sottrazione; basta invece che si approfitti di una qualsiasi situazione, soggettiva od oggettiva, favorevole per eludere la normale vigilanza dell'uomo medio; • è sufficiente che il colpevole dopo aver simulato di esaminare le cose esposte sui banchi di vendita di un negozio, si impadronisca rapidamente di una di esse non appena si sia rallentata l'immediata vigilanza del personale. Ne consegue, a titolo di esempio, che il cosiddetto "borseggio" (il classico portafoglio sfilato dalle tasche e della cui perdita ci accorgiamo solo più tardi) è un furto con destrezza e non potrà essere confuso con il furto con strappo. Perché non è stata usata violenza sulla cosa, tanto che il legittimo detentore non se ne è accorto, ed il ladro ha usato a tale scopo una notevole abilità. Ciò non vale per la garanzia "portavalori" dove è prestata la garanzia del furto con destrezza, ma è subordinata contrattualmente alla circostanza che i beni siano indosso o a portata di mano del portavalori medesimo. Appropriazione indebita All'art. 646 del Codice Penale: “ … si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso … “. Se il delitto di furto garantisce la proprietà attraverso la tutela del possesso, l'appropriazione indebita difende i diritti del proprietario quando una violazione del possesso non vi è stata, perché il bene è già nella sfera possessoria del reo e questo gli permette di far la cosa propria senza sottrarla. Il bene giuridico tutelato, un tempo individuato nel generico diritto di proprietà, è oggi identificato nell'interesse di un soggetto diverso dall'autore del fatto, al rispetto dell'originario vincolo di destinazione della cosa, ove però l'origine del vincolo sembra scaturire da qualsiasi fonte, pubblica o privata. Presupposto ovvio per l'integrazione della fattispecie criminosa in esame è dunque il possesso da parte dell'agente. Il possesso viene identificato come un autonomo potere di fatto sulla cosa. Esso può essere fondato su qualsiasi titolo secondo il disposto dell'art. 646 c.p., e cioè su una legge, su un contratto e qualsiasi altra causa. Un titolo per il possesso della cosa deve comunque sussistere, non potendo per esempio esservi appropriazione di un bene di provenienza illecita. Non ha importanza la natura specifica della fonte, ciò che assume rilievo è che non deve trattarsi di un titolo che ne trasferisca anche la proprietà, perché in tal caso non sarebbe ipotizzabile il reato.