Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso
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Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA ROMA - Serie XIII, vol. VII (2014), pp. 183-199 ISABELLE DUMONT IL MERCATO IMMOBILIARE RESIDENZIALE PANORAMICA ITALIANA E CASO ROMANO «C’est bien dans le temps que s’apprécient les transformations les plus sérieuses des valeurs du sol : la discontinuité est ici le signe recherché. Ruptures et déplacements de valeur sont à la fois l’expression et la modalité du changement urbain – transformation à l’intérieur d’un certain ordre spatial, passage d’un ordre à un autre» (Roncayolo, 1996, pp. 57-58) Premessa generale. – Dopo una frenetica crescita nel contesto di bolle speculative e di trasformazione urbana che hanno caratterizzato la fine degli anni 1990 e l’inizio del decennio 2000, il mercato immobiliare odierno si trova di fronte a molteplici difficoltà, in modo più o meno accentuato a seconda dei paesi. Nell’Unione Europea, i prezzi del mercato immobiliare residenziale sono aumentati continuamente dal 1996 al 2007-2008 in Irlanda, Spagna e Paesi Bassi. Nel corso di quel decennio, sono più che quadruplicati in Irlanda, triplicati in Spagna e raddoppiati nei Paesi Bassi. Da allora sono invece costantemente diminuiti, se non crollati, nel caso irlandese. Francia e Italia, seppur in modo più contenuto nel caso di quest’ultima, hanno registrato la medesima fase di crescita con un prolungato picco (più del raddoppio in Francia) dal 2008 al 2011, cui è seguito un lento ma costante calo del mercato. In tutti questi paesi, i prezzi sono tuttavia ancora decisamente superiori a quelli di metà anni Novanta. La Germania ha seguito un andamento esattamente opposto, con un leggera flessione del mercato dal 1996 al 2006 e una successiva altrettanto leggera progressione dal 2007 in poi, tornando solo nel 2012 agli stessi livelli di prezzo del 1996 (1). (1) L’andamento del mercato immobiliare nel 1996-2012 nei vari paesi europei, e proiezione al 2017 (elaborazione basata su database BCE e dati Eurostat). 184 Isabelle Dumont Con l’arrivo della fase postindustriale, una parte significativa degli investimenti è stata dirottata dal settore produttivo al settore immobiliare e la crisi degli ultimi tempi ha rivelato i rischi di una tale dinamica, a livello sia locale sia internazionale. Un fenomeno che sul presupposto volatile della finanziarizzazione ha consentito l’uscita dei capitali dal fordismo e trasformato città e campagna urbanizzata in cantieri di valorizzazione. Cataste di mattoni a sostenere castelli di danaro virtuale. Crediti poggiati […] sulla edificabilità prima ancora che sull’edificato, com’è classico della rendita fondiaria urbana (Bonora, 2009, p. 71). Sono passati cinque anni dalle considerazioni di P. Bonora ed è evidente che quei rischi si sono in buona parte concretizzati. In effetti, gli ultimi decenni sono stati segnati da un’associazione sempre più stretta tra il mercato finanziario e quello immobiliare, tant’è che in letteratura si parla di «finanziarizzazione del mercato immobiliare» (Degennaro, 2008; Brusa e De Rada, 2010). Per ovviare ai rischi del mercato immobiliare tradizionale e soprattutto alle lentezze e rigidità del suo funzionamento, sono state create forme più flessibili di investimento (fondi immobiliari, cartolarizzazione eccetera) diventate progressivamente un’alternativa o un complemento ad altri prodotti finanziari, non solo per i privati, ma anche per gli stessi enti pubblici. Tale processo si è sviluppato in Italia più tardi e più timidamente che in altri paesi; ciò può in parte spiegare, insieme con altri fattori socio-culturali (2), il fatto che le variazioni nel mercato immobiliare negli ultimi due decenni siano state più contenute in Italia che altrove. Se il mercato immobiliare è oggetto di studio soprattutto nell’ambito finanziario ed economico, esso presenta tuttavia risvolti interessanti anche per i geografi (Molignoni e Dondi dall’Orologio, 2011; Salvucci, 2011; Salvucci e Morelli, 20082009). Tra le proposte interpretative più recenti, una in particolare è stata di stimolo per analizzare la realtà italiana. G. Boulay, coniugando geografia e teoria del valore economico, ha proposto una chiave di lettura secondo la quale l’aumento dei prezzi si tradurrebbe in un doppio fenomeno: da una parte un’omogeneizzazione spaziale dei prezzi, dall’altra il mantenimento delle gerarchie geografiche già esistenti (Boulay, 2011). L’articolo che qui si presenta non ha certo la pretesa di esaurire l’argomento, ma tenta di comprendere se dinamiche simili si ritrovano anche nel mercato residenziale della Penisola, offrendone una panoramica aggiornata a livello nazionale e soffermandosi in particolare sull’emblematico caso del comune di Roma. (2) «Un’indagine internazionale di ING [International Survey on Homes and Mortgages] sui mutui e le case condotta in 12 paesi europei conferma l’attaccamento quasi sentimentale dei nostri connazionali [degli italiani] al mattone»; i risultati dell’indagine sono stati pubblicati il 15 ottobre 2013 sul sito della rivista digitale «Banca & Mercati» (http://www.bancaemercati.com/immobiliare/case-italiani-attaccati-al-mattone/). Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 185 Andamento del mercato immobiliare italiano. – Nella Penisola, l’anno 2013 sembra confermare il trend negativo degli anni precedenti. In effetti, secondo il rapporto dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), le compravendite a livello nazionale presentano un tasso di variazione generale del -8,9% tra il 2012 e il 2013 e del -9,2% nel solo settore residenziale. In termini assoluti, durante il 2013 le transazioni in questo settore hanno registrato una diminuzione di circa 41.000 unità rispetto al 2012 non andando oltre quota 403.124. Si è dunque per la prima volta tornati sotto i livelli del 1985 (circa 430.000 unità). Il grafico della figura 1 evidenzia tre macrofasi nell’andamento delle compravendite degli ultimi 30 anni: dal 1985 al 1996 si è avuta una relativa stabilità, malgrado un modesto picco a metà periodo; nei successivi dieci anni le transazioni sono quasi raddoppiate raggiungendo il picco massimo di 869.308 nel 2006; da quell’anno è iniziata una rapida discesa, che in soli sei anni ha dimezzato l’entità numerica degli immobili immessi sul mercato. La situazione a livello nazionale (-9,2%) rispecchia l’andamento negativo dell’insieme delle macroaree e delle città italiane, anche se i capoluoghi (-6,6%) registrano in generale contrazioni più limitate rispetto ai comuni non capoluogo (-10,5%). Quest’ultimo fenomeno ha una maggiore evidenza nei capoluoghi settentrionali (-5,2%), mentre i cali più marcati si osservano nei comuni non capoluogo delle regioni dell’Italia centrale (-12,9%). L’analisi delle otto maggiori città (3) e delle rispettive province mostra, allo stesso modo, una netta diminuzione delle compravendite tra 2012 e 2013. Tuttavia, benché si assista a un’ulteriore flessione anche nelle città, queste ultime resistono meglio delle province: -5,5% per le prime e -10,6% per le seconde (4). Milano e Bologna registrano addirittura un tasso di variazione positivo (+3,4% e +1,5%) mentre le loro province ne hanno uno negativo (-11,1% e -5,7%). Due sole città appaiono in controtendenza: Genova e Napoli. Il territorio del capoluogo ligure presenta lo stesso calo senza distinzione tra aree cittadine e non (-10,3 % e -10,2%). Nella provincia napoletana, invece, la diminuzione è persino meno marcata di quella osservata nel capoluogo: -9,7% contro -15,2%, ovvero il triplo della media delle grandi città. Indipendentemente dalle variazioni percentuali, dal punto di vista dei volumi in valore assoluto (NTN residenziale), va segnalata la copresenza di due diversi tipi di realtà territoriali: uno con capofila Roma e l’altro Milano. La prima ha il maggior NTN residenziale (23.819 unità nel 2013, ovvero il 34,7% del totale delle compravendite effettuate nelle grandi città) mentre la sua provincia non ne raggiunge la metà (10.942 unità, ovvero il 16,3% rispetto al totale delle province). Milano presenta una situazione antitetica, con una quantità di transazio- (3) Le statistiche dell’OMI considerano le otto città più importanti dal punto di vista della popolazione. (4) Roma: città (-7,3%), provincia (-13,8%); Torino: città (-8,2%), provincia (-10,2%); Palermo: città (-7,0%), provincia (-8,7%); Firenze: città (-2,3%), provincia (-8,7%) (OMI, 2014). 186 Isabelle Dumont Tab. 1 – Numero di transazioni immobiliari (NTN) (5) in Italia, per settore nel 2013, e variazione percentuale rispetto al 2012 Settore Residenziale NTN Var. % 403.124 -9,2 Terziario Commerciale 9.454 -11,0 24.356 -7,3 Produttivo Pertinenze (*) 9.246 -7,7 329.730 -8,6 Altro Totale 129.050 -8,9 904.960 -8,9 [*: cantine, box e posti auto] Fonte: elaborazione da OMI (2014) Tab. 2 – NTN residenziale in Italia, per regione e per tipo di città nel 2013, e variazione percentuale rispetto al 2012 Macroarea Tipologia NTN residenziale Var. % Nord Capoluoghi Non capoluoghi Totale 62.101 143.056 205.157 -5,2 -9,5 -8,2 Centro Capoluoghi Non capoluoghi Totale 39.312 44.926 84.238 -7,1 -12,9 -10,3 Sud e Isole Capoluoghi Non capoluoghi Totale 30.709 83.021 113.730 -8,5 -10,7 -10,1 Italia Capoluoghi Non capoluoghi Totale 132.122 271.002 403.124 -6,6 -10,5 -9,2 Fonte: elaborazione da OMI (2014) ni immobiliari quasi doppia in provincia rispetto al capoluogo: 15.140 unità per la città (22,1%) e 22.780 per il resto della provincia (38,8%). Con il medesimo profilo si trovano Torino, Napoli, Bologna e Firenze mentre Genova e Palermo presentano un quadro simile a quello della capitale, denotando in parte lo sbilanciamento territoriale di queste province. (5) NTN: «Numero di transazioni di unità immobiliari ‘normalizzate’. (Le compravendite dei diritti di proprietà sono ‘contate’ relativamente a ciascuna unità immobiliare tenendo conto della quota di proprietà oggetto di transizione; ciò significa che se di un’unità immobiliare è compravenduta una frazione di quota di proprietà, per esempio il 50%, essa non è contata come una transazione, ma come 0,5 transazioni)» (OMI, 2014, p. 37). Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 187 Fig. 1 – Andamento del NTN residenziale in Italia dal 1985 al 2013 (in migliaia) Fonte: elaborazione da dati dell’Agenzia del Territorio (2013) e OMI (2014) L’andamento decisamente negativo del volume di compravendite dal 2006 in poi non si è tradotto in una diminuzione dei prezzi, in particolare del valore medio di acquisto delle abitazioni che, per una sorta di inerzia, dal 2006 fino a inizio 2012 ha continuato a crescere, per poi iniziare una graduale leggera discesa che lo ha portato al valore di 164.500 euro nel 2013. Il secondo grafico della figura 2 mette in luce l’evidente contrasto tra la sostanziale stabilità del valore medio dell’unità abitativa, rispetto al valore totale degli immobili compravenduti (valore di scambio) che si è esattamente dimezzato negli ultimi sei anni, a causa del corrispondente dimezzamento delle transazioni immobiliari (NTN) appena analizzato. Il valore di scambio a livello nazionale, dai circa 130 miliardi di euro nel 2007 è sceso a 66,8 miliardi nel 2013! (OMI, 2014). Per quanto riguarda i prezzi medi di vendita, le variazioni nelle principali città italiane presentano un andamento simile a quello del quadro nazionale già descritto: aumenti sensibili fino al 2007-2008, seguiti da una fase di relativa stabilità e da una flessione dal 2011-2012 in poi. Se i profili di variazione sono comparabili, si riscontrano tuttavia talune eterogeneità nei singoli mercati immobiliari. Il primo grafico in figura 2, a parte le ovvie differenze di prezzo tra le varie città, mostra come in alcuni capoluoghi vi sia una sensibile differenza 188 Isabelle Dumont Fig. 2 – Quotazioni delle abitazioni in Italia Fonte: elaborazione da dati dell’Agenzia del Territorio (2013) e OMI (2014) Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 189 Tab. 2 – Divario tra quotazioni medie (euro/m2) degli immobili residenziali nelle cinture esterne delle grandi città italiane e quotazioni nelle rispettive fasce centrali (2013) Città Quotazione media Quotazione media Quotazione media % della quotazione fascia centrale fascia non centrale cintura esterna nella cintura rispetto al centro Roma 6.864 3.371 2.085 30,3 Venezia 4.703 2.116 1.515 32,2 Milano 5.376 2.461 1.735 32,3 Napoli 4.420 2.074 1.614 36,5 Verona 3.036 1.691 1.387 45.6 Torino 3.275 2.602 1.804 55,1 Palermo 1.432 1.476 856 59,8 Genova 3.190 2.003 2.020 63.4 Bologna 3.645 3.085 2.474 67,9 Bari 1.943 1.783 1.367 70,4 Catania 1.541 1.286 1.095 71,1 Firenze 3.405 3.039 2.712 79,6 Fonte: elaborazione da OMI (2014) tra i prezzi medi dell’intero comune e quelli ben più alti del solo centro storico, mentre in altre città tali differenze sono praticamente inesistenti o molto contenute (Livorno, Monza, Bari, Brescia, Bologna, Firenze). Vi sono addirittura casi in cui si verifica il fenomeno inverso, le quotazioni del centro risultano inferiori a quelle medie del comune – come accade per esempio a Prato o a Sassari. La tabella 3 illustra le differenze di prezzi tra zone spazialmente «opposte»: il centro storico e la cintura esterna. Si nota una dualità tra realtà urbane: vi è un gruppo di città in cui le quotazioni delle aree esterne sono circa un terzo di quelle centrali; ve ne è un secondo in cui tale divario è invece assai ridotto (i prezzi delle aree esterne sono circa i due terzi di quelli dei centri), per arrivare al caso limite di Firenze in cui i prezzi della cintura raggiungono quasi l’80% del prezzi delle aree centrali. Il primo gruppo è ricollegabile al classico modello di von Thünen-Alonso che spiega a grandi linee le situazioni di Roma, Venezia e Milano (all’estero ritroveremmo in questa categoria anche Londra e Parigi), dove il centro storico è molto attrattivo e lo spazio, raro, diventa costoso poiché portatore di plusvalore (Caliman, s.d.). Nel secondo, con Firenze, Catania, Bari eccetera, la cui rispettiva cintura esterna è poco deprezzata, questo continuum decrescente dal centro verso la periferia è decisamente relativizzato. Come evidenziano sia il primo grafico in figura 2 sia la tabella 3, la realtà della Capitale è quella più disomogenea. 190 Isabelle Dumont Il territorio romano. – Nell’ultimo decennio, l’andamento del volume delle compravendite a Roma non si è complessivamente discostato da quello della media italiana, con l’unica differenza che nel biennio 2004-2005 vi è stata una crescita sensibilmente maggiore, seguita poi dal già citato dimezzamento del numero di transazioni dal 2006 al 2013. L’evoluzione dei prezzi nella capitale dalla metà degli anni 1980 mostra senza sorpresa una notevole crescita, segnata da due picchi: il primo all’inizio degli anni 1990 e il secondo ancora più forte, seguito al «decollo» dei prezzi registratosi dal 1999 al 2008. Da allora, i prezzi mostrano invece una leggera tendenza al ribasso. Paradossalmente, accanto al netto contrasto di valore degli immobili tra la città di Roma e i comuni limitrofi, si osserva che l’incremento dei prezzi dal 2004 al 2008 è stato decisamente superiore in questi ultimi (circa +80%, contro il 40% per la prima), mentre dal 2008 in poi si è avuta in entrambi i casi la medesima graduale flessione. La tendenza sembra, pertanto, a un lieve avvicinamento dei valori. Passando all’osservazione dei prezzi all’interno dei singoli municipi capitolini si nota come, indipendentemente dalle rispettive quotazioni medie, le variazioni percentuali da un anno all’altro appaiono in generale molto simili in tutti i municipi, ma più marcate nel solo centro storico. Al di là della situazione generale del mercato immobiliare romano, che risente anche dell’influenza congiunturale globale, un’analisi più fine consente però di identificare alcune realtà più contrastate. A tale scopo si è cercato di elaborare una panoramica aggiornata dei prezzi di vendita e di affitto a scala «micro», conducendo uno studio a livello delle 72 zone postali (CAP) e non a quello più ampio dei 15 municipi (6). Questa scelta ha implicato la presa in considerazione di 11.012 unità toponomastiche (7) per l’intero comune di Roma, che hanno costituito la base topografica sia per l’analisi dei prezzi di vendita sia per quella degli affitti. A inizio 2014, il prezzo di vendita medio nella capitale era di 3.866 euro al metro quadro (euro/m2) con un minimo di 2.429 euro all’estremità orientale della città – zona postale 00132 – e un massimo di 7.856 euro nel centro storico – zona postale 00186. Il divario complessivo tra la media più bassa e la media più alta, a livello di unità toponomastiche, era di 7.900 euro/m2 (da 2.200 a 10.100 euro/m2). È interessante notare che la differenza tra prezzo minimo e massimo all’interno di ogni singolo CAP, aumenta quanto più è alto il prezzo medio nel CAP stesso: solo 525 euro nello 00132 contro 4.700 euro nello 00186. (6) Dalla primavera 2013, i diciannove municipi del comune di Roma sono stati ridotti a quindici (Deliberazione di Assemblea Capitolina n.11/2013). (7) Si intende qui per «unità toponomastica» la via, la piazza (eccetera) alle quali fa riferimento l’Agenzia delle Entrate per comunicare il prezzo medio delle vendite o degli affitti. Si parla di numero di unità toponomastiche e non di numero di vie (eccetera) in quanto una via può essere divisa in due: una prima parte in una zona postale e una seconda in un’altra. Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 191 Fig. 3 – Evoluzione dell’indice del prezzo medio di vendita di residenze a Roma dal 1986 al 2013 (1986=100) Fonte: elaborazione da dati del Comune di Roma (2005) e OMI (2014) Ma la differenza tra i due estremi non è di per sé rivelatrice del grado di omogeneità dei prezzi all’interno di una stessa zona. Si è dunque calcolata la deviazione standard delle quotazioni immobiliari di tutte le unità toponomastiche all’interno di ciascun CAP e si è ricavata la percentuale di tale deviazione standard rispetto al valor medio. Il confronto tra le due carte di figura 4 mostra chiaramente come non vi sia una relazione diretta tra entità del prezzo medio e ampiezza della rispettiva deviazione standard. I CAP più eterogenei non sono infatti nelle zone ipercentrali e più costose, bensì in quelle pericentrali nordoccidentali 00135 e 00196 (zone di Via Trionfale, Stadio Olimpico, Via Flaminia…), sud-occidentali 00165 e 00153 (zone di Via Aurelia, Circonvallazione Gianicolense, Testaccio…) e – rimanendo all’interno del Grande Raccordo Anulare, ma più distanti dal centro – i CAP 00144 e 00178 (zona EUR e Ardeatino-Torricola…). Tale constatazione rimanderebbe, in primo luogo, a un’analisi specifica dell’evoluzione a lungo termine del mercato in queste zone pericentrali, per comprendere se sono quelle strutturalmente più dinamiche o se è l’effervescenza del mercato nell’ultimo ventennio che le ha vitalizzate. In un’ottica più urbanistica, studi effettuati in altre città hanno recentemente parlato del «valore della semicentralità» (Napoli, 2007). Su un piano più empirico, 192 Isabelle Dumont Fig. 4. – Prezzi di vendita del mercato immobiliare nel comune di Roma (uso residenziale, per zona postale) Fonte: elaborazione da dati dell’Agenzia delle Entrate e immobiliare.it (2014) Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 193 peraltro, è il caso di segnalare che si tratta di settori urbani in cui si sono sviluppate, in prossimità, aree di pregio edilizio e altre, al contrario, «popolari». Rimane ad ogni modo abbastanza evidente che l’elemento «posizionale», almeno a Roma, non sembra essere così determinante come la letteratura sostiene (a cominciare proprio dai modelli teorici ricordati in principio). Il prezzo medio degli affitti presenta complessivamente lo stesso gradiente decrescente centro-periferie riscontrato per le vendite. Il canone medio a Roma era di 13,5 euro al metro quadro all’inizio del 2014 con il valore medio più basso a Nord-ovest (8,05 euro/m2 nel 00123) e quello più alto nel centro storico (25,89 euro/m2 nel 00186). In entrambi i casi (vendita e affitto), il CAP a media più bassa ha prezzi/canoni del 30% circa inferiori rispetto a quello a media più alta; i prezzi/canoni medi sono più alti delle mediane, mostrando quindi un leggero sbilanciamento verso l’alto. Anche per gli affitti si osserva poi che maggiore è livello medio del canone in un determinato CAP, più ampio è il divario tra il canone minimo e massimo all’interno di quello stesso CAP. Il confronto delle deviazioni standard di vendite e affitti mostra invece che il grado di omogeneità dei canoni di affitto non coincide necessariamente con quello dei prezzi di vendita. I CAP più eterogenei per gli affitti sono infatti situati nelle zone periferiche nel Nord-ovest, nell’area a sud dell’EUR e nell’estremo Est. La non corrispondenza tra zone eterogenee per vendita e per affitto sarebbe interessante oggetto di analisi più approfondite sui diversi profili socio-economici dei proprietari e degli affittuari, nonché delle loro diverse esigenze in relazione al territorio. Non v’è dunque sorpresa nel rilevare che i CAP delle zone centrali presentano i valori più alti per vendite e affitti, ma va sottolineato il fatto che il Municipio I (che comprende il centro storico intra muros) è anche quello con la percentuale di gran lunga più alta di persone che vivono da sole (il 40% dei residenti), il che non fa che contribuire ulteriormente all’innalzamento della domanda e dunque dei prezzi (8). Un recente rapporto del CENSIS indica, inoltre, come negli ultimi anni la percentuale dei singles sia aumentata più velocemente rispetto al totale della popolazione residente (CENSIS, 2013). Sempre il CENSIS stima in circa 131.000 le «persone che vorrebbero andare a vivere per conto proprio ma non ci riescono a causa dei costi elevati delle case» (CENSIS, 2012). Tale dato rimanda a un altro aspetto da considerare nel- (8) Va tuttavia anche sottolineato che la frequenza di «famiglie» composte da una sola persona è rilevante in tutto il comune, e nell’esame dell’andamento dei prezzi immobiliari questo è probabilmente un elemento che non andrebbe sottovalutato: «A Roma la scelta di vivere da soli è quindi trasversale al territorio cittadino, alle classi di età e ai ceti sociali. Giovani, adulti e anziani, italiani e stranieri, persone autosufficienti o con difficoltà di autonomia, cittadini con buoni impieghi e redditi soddisfacenti e persone che stentano a entrare o a reinserirsi nel mercato del lavoro: non c’è un identikit univoco del romano single, ci sono tanti modi di vivere da soli, come tante sono le motivazioni oggettive e soggettive che portano le persone alla “singletudine”» (CENSIS, 2013). 194 Isabelle Dumont Fig. 5 – Canoni di affitto nel comune di Roma (uso residenziale, per zona postale) Fonte: elaborazione da dati dell’Agenzia delle Entrate e immobiliare.it (2014) Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 195 l’analisi del mercato immobiliare, quello dell’affordability (9). L’indice di affordability viene utilizzato per valutare le possibilità che le famiglie hanno di accedere all’acquisto di immobili e si calcola tenendo conto di tre variabili fondamentali: i prezzi medi delle abitazioni, i tassi dei mutui e il reddito medio disponibile in una determinata zona. Dal 2004 al 2012, l’affordability media di tutto il territorio italiano è passata da +9% a +5% (10), mentre nel caso del Lazio è scesa da +6% a –3%, assai vicino al record negativo detenuto dalla Liguria (circa -6%). Esaminando poi il semplice rapporto tra prezzo medio delle abitazioni e reddito medio disponibile annuale delle famiglie, si evince come il Lazio sia una delle quattro regioni dove tale rapporto è più alto (circa 5,2 nel 2012), rispetto a una media italiana di circa 4 e ai casi più favorevoli, quali Calabria e Molise, dove il valore scende quasi a 2. Data la notevole differenza tra i prezzi del mercato residenziale romano rispetto al resto della regione Lazio, si può ipotizzare che l’indice di affordability della capitale nel suo insieme sia relativamente basso. Ma più significativo sarebbe poterlo calcolare per le singole zone, in particolare per quelle pericentrali in cui i profili di evoluzione del mercato immobiliare paiono essere più dinamici. Da un preliminare e non completo incrocio di dati, si nota per esempio come talune aree presentino fasce di reddito più alte e al contempo prezzi medi relativamente «bassi», lasciando ipotizzare che il loro indice di affordability sia dunque più alto; tra queste Isola Farnese, La Storta, La Giustiniana a Nord-ovest, Monte Sacro a Nord-est e in minor misura Tor di Valle, Torrino ed EUR a Sud-ovest e Ardeatino e Torricola a Sud-est. Considerazioni finali. – La peculiarità dell’aumento dei prezzi del mercato immobiliare durante il ventennio a cavallo del XX e XXI secolo – nonostante la (9) Secondo la relazione dell’Agenzia del territorio (2013 e 2014), l’affordability index o indice di accessibilità permette di rendere conto del grado di accessibilità all’acquisto di un’abitazione da parte delle famiglie. Sintetizzando, se l’indice di affordability è superiore a 0% significa che «le famiglie sono mediamente in grado di acquistare un’abitazione al prezzo medio di mercato» (e più la percentuale è grande, più l’acquisto è agevole); se l’indice di affordability è inferiore a 0% significa che «le famiglie non sono mediamente in grado di acquistare un’abitazione al prezzo medio di mercato» (e più la percentuale è negativa, più l’acquisto è difficoltoso). Affordability Index = 30% - Affordability Index BASE, ovvero: 30% - [rata (i, T, PrezzoCasa . LTV%)/Reddito], dove: «30%» è la percentuale massima del reddito famigliare considerata allocabile per l’acquisto di un’abitazione; «i» è il tasso di interesse; «T» è la durata del mutuo (che a partire dai dati sul mercato dei mutui è mediamente considerata di 20 anni); «LTV%» è loan-to value, ovvero la percentuale del prezzo dell’abitazione per cui viene richiesto il mutuo (che a partire dai dati sul mercato dei mutui è mediamente considerata l’80%). (Agenzia del territorio, 2013 e 2014) (10) Dati elaborati dall’Agenzia del territorio (2013 e 2014). 196 Isabelle Dumont leggera flessione degli ultimi anni – è che tale fenomeno ha coinvolto la gran parte dei territori, siano essi grandi città, capoluoghi medi o comuni minori più o meno attrattivi. Si è altresì evidenziata la tendenza a privilegiare gli investimenti nella rendita rispetto a quelli nel sistema produttivo e imprenditoriale, contribuendo a dopare il mercato immobiliare la cui parte nei PIL nazionali è esponenzialmente aumentata dal dopoguerra in poi (Donzel e altri, 2007). Ma il mercato immobiliare funziona anche come motore e al contempo come prodotto di un sistema più complesso che combina e sintetizza vari elementi a livello individuale (aspetti demografici e socioculturali), a livello istituzionale (dimensione politica, programmazione urbanistica e ideologie) (11) e ovviamente a livello economico (dalle dinamiche a scala globale a quelle a scala locale). L’analisi del caso romano ha evidenziato come l’indice di affordability sia mediamente basso e come l’aumento dei prezzi non abbia portato a una maggiore omogeneizzazione spaziale del mercato immobiliare e non abbia sostanzialmente intaccato le gerarchie geografiche preesistenti, se non ulteriormente rinforzando la posizione del centro storico ed eventualmente dinamizzando talune zone pericentrali. Sembra ragionevole connettere questa sostanziale disomogeneità – evidente talora anche in aree poco estese e, come si è visto, a prescindere dal livello medio dei prezzi – con la specificità dell’evoluzione storica recente (dal secondo dopoguerra in avanti) del tessuto urbano romano. La debolezza «strutturale» degli strumenti di piano e la scarsità di interventi di edilizia pubblica hanno in questo processo una chiara responsabilità (12). Non è certo un caso che le aree in cui si riscontra la maggiore divaricazione di prezzi/canoni siano, il più spesso, aree che ricomprendono tanto settori di vecchia edilizia «povera» e «spontanea» (evoluzione di «borgate» più o meno pianificate, come nei pressi dell’Ardeatina, o addirittura di «borghetti» abusivi, come lungo la Via Trionfale), quanto tratti in cui l’edificazione non è stata necessariamente meno «spontanea», ma ha assunto fin dall’inizio marcati caratteri di «esclusività sociale» (come le ville con piscina di Torricola o lungo la stessa Via Ardeatina). Un sia pur rapido esame delle immagini satellitari reperibili in rete rende agevolmente conto di una commistione di tipi edilizi (e, quindi, di prezzi e di ceti sociali) che appare, di per sé, in grado di spiegare le divaricazioni tra valori fondiari. Il «caso» romano, quindi, se di «caso» specifico si tratta come sembra, rimanda piuttosto alla composizione sociale della popolazione residente (di (11) «[…] la propriété, c’est la garantie d’un bon entretien des parties communes d’un immeuble. C’est la garantie du civisme, des relations de voisinage pacifiées, d’occupants responsabilisés»: estratto da un discorso dell’allora presidente della Repubblica Francese N. Sarkozy, pronunciato l’11 dicembre 2007 e citato da Boulay (2011, p. 31). (12) A fronte di una letteratura vastissima, si rimanda solo a Insolera (2011), e a Seronde-Babonaux (1985), per l’evoluzione urbanistica e territoriale di lungo periodo, e a Marcelloni (2003), per la gestione politica e pianificatoria degli ultimi decenni del Novecento. Il mercato immobiliare residenziale. Panoramica italiana e caso romano 197 Fig. 6 – Perimetri dei municipi e delle zone postali del comune di Roma vecchio o recente insediamento) e all’assenza di veri e propri fenomeni di segregazione spaziale o di massiccia gentrification (forse facendo astrazione dal solo centro storico – dove pure, peraltro, i prezzi non appaiono affatto così omogenei e «posizionali» come ci si attenderebbe). Se appaiono, come appaiono, delle «isole» degradate o «gentrificate», sembra di poter affermare che si tratta, appunto, di «isole» (Fratini, 2000). Anche la crescita dei prezzi, di conseguenza, ha avuto un impatto differenziato, ma non strettamente seguendo un gradiente centro-periferia. Rimane in ogni caso empiricamente evidente che, se all’aumento dei prezzi si è in parte accompagnata una certa crescita socio-economica, è anche vero che da essa una parte degli abitanti della Capitale è stata esclusa. Questi ultimi 198 Isabelle Dumont – nuovi poveri, categorie sociali medie, immigrati – sono sempre più alle prese, in varie misure, con l’aumento del costo della vita e della speculazione sugli affitti (Pompeo, 2012). RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI AGENZIA DEL TERRITORIO, Rapporto immobiliare 2012. Il settore residenziale, 2013 (http://www.agenziaentrate.gov.it). AGENZIA DEL TERRITORIO, Rapporto immobiliare 2013. Il settore residenziale, 2014 (http://www.agenziaentrate.gov.it). BONORA P., È il mercato bellezza! Deregolazione, «sprawl», abuso di suolo, immobiliarismo di ventura: una crisi annunciata di postmoderna immoralità, in Le frontiere della geografia, Testi, dialoghi e racconti per Giuseppe Dematteis, Torino, UTET, 2009, pp. 69-85. BOULAY G., Le prix de la ville. Le marché immobilier à usage résidentiel dans l’aire urbaine de Marseille-Aix-en-Provence (1990-2010), Thèse de Doctorat de sciences géographiques et de l’aménagement, Université de Provence Aix-Marseille I, 2011. 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The price increase would result in a double phenomenon: the spatial homogenization of prices and the tendency to maintain the already existing geographic hierarchies. This article certainly does not pretend to exhaust the subject, but tries to understand whether similar dynamics are also reflected in the residential estate market of the Peninsula, offering an updated overview at national level and focusing in particular on the emblematic case of Rome municipality, where the dynamics seem to be more contrasted. Università «Roma Tre», Dipartimento di Studi Umanistici [email protected]