La finanziarizzazione dell`economia
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La finanziarizzazione dell`economia
La finanziarizzazione dell’economia Anna Carabelli Professore ordinario Università del Piemonte Orientale Novara, Economia e Finanza versus Etica 10 giugno 2016 1 Piccola cronistoria della Grande Recessione … • 2007 estate: fallimento del mercato dei prestiti subprime • 2008 settembre: fallisce la Leham Brothers • 2008-9: la crisi finanziaria diventa mondiale (grazie alla deregolamentazione, liberalizzazione e globalizzazione dei mercati finanziari) e si trasforma da crisi finanziaria a crisi reale (crolla il commercio internazionale, i mercati dei beni, del lavoro e delle materie prime) • 2010: alcuni paesi si riprendono in parte dalla crisi (USA); ma la crisi si trasforma da crisi del settore finanziario privato prima a crisi bancaria generalizzata (crisi di liquidità e crisi di insolvenza delle banche ) e poi a crisi del settore pubblico: esplosione del debito pubblico degli stati, quando gli stati intervengono per fronteggiare la crisi bancaria 2 Piccola cronistoria della Grande Recessione. • 2010 crisi dell’eurozona. Inizia nell’aprile-maggio, quando il tasso di interesse sulle obbligazioni a 10 anni della Grecia comincia a salire insieme con il differenziale con i titoli tedeschi. • Nel maggio 2011, i titoli del Portogallo subiscono un attacco speculativo. • Nel luglio 2011, l’attacco speculativo è contro i titoli italiani, il tasso va al 5.5%. • Nel novembre 2011, il tasso di interesse sui titoli italiani va al 7.1%, cade il governo Berlusconi e sale il governo tecnico Monti. • 2012 la crisi eurozona continua e vi è un secondo rallentamento dell’economia mondiale … al governo Monti viene tolta la fiducia • 2013 la crisi finanziaria e bancaria sembra migliorare ma la crisi reale peggiora specialmente in Europa • … oggi 3 Alle radici della crisi Un capitalismo dominato dalla finanza: sviluppi di lungo periodo che iniziano alla fine degli anni ’60 e proseguono negli anni successivi sia nelle economie sviluppate che nelle economie emergenti 4 Capitalismo dominato dalla finanza … Liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati finanziari (monetario) e del settore bancario (giustificate teoricamente dalla teoria dei mercati efficienti) Mutamenti nella legislazione bancaria: 1933 GlassSteagall Act separava le banche commerciali dalle banche di investimento e dalla speculazione. Nel 1987, the Federal Reserve Board vota 3-2 a favore di un alleggerimento delle regolamentazioni e nel 1999 il Congresso approva Financial Services Modernization Act (the Gramm-Leach-Bliley Act), — una legislazione che cancella la legge del 1933 (sotto Clinton) Nuove strategie “originate and distribute” delle banche 5 commerciali. Capitalismo dominato dalla finanza … Politiche di flessibilizzazione dei mercati del lavoro, riduzione dell’intervento pubblico nell’economia di mercato (riduzione delle politiche sulla domanda aggregata), riduzione del welfare state, privatizzazione della sanità pubblica e dei sistemi pensionistici; Mutamenti nella distribuzione dei redditi: crescente disuguaglianza nella distribuzione dei redditi; spostamento dai salari verso i profitti ma soprattutto verso le rendite finanziarie e immobiliari (pre-crisi immobiliare) Forte indebitamento del settore privato dell’economia e in particolare delle classi povere per sostenere i consumi specialmente quelli durevoli e la produzione e per sostenere il settore immobiliare (edilizia). La crisi scoppia con l’insostenibilità dell’indebitamento privato Squilibri nelle bilance dei pagamenti internazionali – A livello globale (in particolare USA e Cina) – A livello dell’area euro (i paesi PiiGs e la Germania) 6 4 cause alle radici della crisi • Teorie: ritorno al liberismo (monetarismo; critiche a Keynes e ai Keynesiani) • Finanziarizzazione dell’economia • Crescente indebitamento privato e pubblico • Squilibri strutturali commerciali e dei movimenti di capitale mondiali e globalizzazione (USA, paesi emergenti Asia, sud America): paesi in deficit e in surplus commerciale, debitori e creditori 7 Squilibri commerciali internazionali e interni all’eurozona • Da una parte, paesi in fortissimo surplus commerciale e con un eccesso di risparmio (i paesi creditori come la Germania e la Cina) e dall’altra paesi in deficit commerciale (debitori internazionali USA e i PIIGS) • Nei paesi debitori, il consumo privato è stato sostenuto da un forte indebitamento (da parte dei poveri) in larga parte finanziato internazionalmente, via mercati finanziari internazionali aperti e liberalizzati, quindi vi è stata la necessità di approvvigionarsi via mercati per finanziare l’emissione o il rinnovo dei titoli: gli USA e i PIIGS in Europa. 8 Squilibrio nella Bilancia dei pagamenti americana dal 1980 … 9 La bilancia dei pagamenti della Cina e le riserve in dollari (dal 1998 …) 10 Eurozona squilibri. Germania: contributo alla crescita europea (dal 2000 …) 11 Eurozona: squilibri commerciali europei e la Germania Dal 1999 (2002), vi è stato un crescente squilibrio commerciale nell’eurozona. La Germania ha inizialmente perseguito una politica di riduzione dei salari reali (ora la tendenza è mutata), che ha portato a crescenti surplus commerciali (‘Exportweltmeister’). Questo è stato legato a una caduta della domanda interna e della domanda di importazioni dagli altri paesi UE (più della metà del commercio estero della Germania è con il resto della EU). Le politiche tedesche non hanno solo diminuito i salari all’interno ma hanno anche bruciato la crescita delle economie del Sud Europa in una misura tale che queste non sono state in grado di importare dalla Germania dal momento che la loro struttura produttiva è scomparsa (Grecia) o come quella italiana si è ridotta di circa12il 20%. Germania: squilibrio export-import all’interno dell’eurozona 13 Indebitamento privato nel mondo 14 Indebitamento statale 15 Crescente finanziarizzazione dell’economia (dal 1947 …) 16 17 18 19 20 21 Conseguenze della finanziarizzazione I 1. La finanziarizzazione è legata al mutamento nella distribuzione del reddito: aumento della quota dei profitti che includono dividendi, tassi di interesse, rendite finanziarie; in generale questo tipo di rendite rimangono all’interno della finanza e non vengono reinvestiti nel settore produttivo 2. Ineguaglianza orizzontale tra finanza e industria; e verticale tra salari dei dipendenti e remunerazione dei manager sia nella finanza che nelle banche 3. Spostamento dell’attenzione sulle performance a breve e sull’ottica di brevissimo periodo delle imprese e sul ruolo dei mercati finanziari rispetto ai mercati reali e alla produzione materiale e al lavoro produttivo. Sono i mercati finanziari (ad esempio l’azionario) a giudicare un’impresa e sono anche i mercati monetari a giudicare il comportamento degli stati nazionali 22 Conseguenze della finanziarizzazione II 4. Spostamento dagli investimenti e dall’innovazione reale agli investimenti finanziari (gestione del risparmio privato, intermediari finanziari o speculazione pura); sono più importanti i mercati che non le strategie produttive di lungo termine 5. Favorisce l’indebitamento privato, attraverso gli intermediari finanziari (banche o società finanziarie), la corsa ai prestiti su garanzie inesistenti o legate ai prezzi degli immobili. Il problema della gestione del rischio sistemico sui crediti inesigibili. Crescente fragilità finanziaria. 6. Innovazione finanziaria: nuovi prodotti finanziari, nuovi derivati. Vediamo i mutui sub-prime: poiché le garanzie sui prestiti a debitori insolvibili sono labili, questi prestiti sono trasformati dalle banche in strumenti finanziari complessi in cui il rischio è nascosto e viene rivenduto a ignari risparmiatori. Quando la bomba della finanza innovativa scoppia, colpisce gli ignari risparmiatori, saltano alcuni degli intermediari finanziari e, alla fine, salterebbero anche le banche ma a questo punto interviene lo stato indebitandosi (cioè i cittadini che pagano) o la banca centrale che dà liquidità alle banche per evitare che le banche falliscono 23 (troppo grandi per fallire). La finanziarizzazione è la risposta alla crisi della crescita alla fine degli anni ‘60? Legame fra finanziarizzazione e stagnazione secolare: strategia di accumulazione idonea a fare fronte al calo dei profitti delle attività produttive La finanziarizzazione come la diffusione dei profitti attraverso canali finanziari in coincidenza con la deregolamentazione (de-istituzionalizzazione) dei mercati e la depoliticizzazione dell’economia: il libro di Greta Krippner, sociologa dell’Università del Michigan, Capitalizing on Crisis. The Political Origins of the Rise of Finance (2011) rintraccia le radici della finanziarizzazione (e della crisi) nelle scelte operate dai policymakers statunitensi a partire dalla contrazione della crescita economica della fine degli anni Sessanta. 24 Lasciare al mercato il ruolo di arbitro del conflitto distributivo • Lungi dal frenare l’espansione dei consumi, questa delega al mercato ha alimentato un circolo vizioso nel quale si sono riprodotti l’espansione del credito, la volatilità dell’economia, la crescita delle attività finanziarie. • Attraverso la deregolamentazione dei mercati finanziari e l’espansione del credito (credito cattivo): piuttosto che porre vincoli – come si suppone nella tradizione liberale – il mercato ha promosso l’accesso al credito e producendo quindi un ambiente economico nel quale le attività finanziarie sono più redditizie degli investimenti produttivi. • Negli anni Novanta, la Federal Reserve di Greenspan, anziché ripristinare un controllo sull’espansione del credito, ha optato nuovamente per una delega al mercato, alimentando ancora la svolta finanziaria. 25 Finanziarizzazione: colpa degli speculatori? Questa ricostruzione conferma che sarebbe limitativo concepire la finanziarizzazione come il prodotto dell’euforia speculativa dell’ultimo decennio. Si tratta di un processo di lungo corso, originatosi dalla contrazione della crescita economica alla fine degli anni ‘60: da allora, il mantenimento di condizioni di prosperità artificiose è stato ottenuto attraverso la rinuncia al ruolo regolatore della politica. All’esito di questo percorso, il processo di finanziarizzazione è giunto a livelli di ingovernabilità (la crisi finanziaria del 2007 e quella europea); la politica ha abdicato a una parte essenziale del proprio ruolo: incapace, cioè, di affrontare le sfide imposte dalla fine di un ciclo espansivo. 26 Contrapposizione teorica Teoria dominante Teoria di Keynes Mercato della moneta Mercato della moneta Mercato dei beni Mercato dei beni Mercato del lavoro Mercato del lavoro: disoccupazione 27 Contrapposizione teorica Teoria dominante Teoria di Keynes Mercato della moneta Mercato della moneta Teoria dei mercati efficienti (Fama 1970): in ogni istante: i prezzi dei titoli riflettono tutte le informazioni esistenti Teoria della speculazione o della preferenza per la liquidità La conoscenza è limitata o dominata dall’ignoranza Comportamenti di chi opera sui mercati finanziari sono spiegati dalla psicologia di massa 28 Contrapposizione teorica Teoria dei mercati efficienti (1970) • non bisogna intervenire o regolamentare i mercati Teoria di Keynes cap 12 GT (1936) “Gli speculatori possono non causare alcun male … Ma quando lo sviluppo del capitale diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò, è probabile che vi sia qualcosa che non va.” • Come “i casinò devono essere, nel pubblico interesse, inaccessibili e costosi”, “lo stesso vale per le borse dei titoli”. 29 Alcune riflessioni finali: la crisi recente è anche crisi del neoliberalismo e della finanziarizzazione? • La crisi dovrebbe essere interpretata come una crisi del neoliberismo e della finanziarizzazione dell’economia ma questo non sta avvenendo: la Finanza non molla il suo ruolo e la teoria rimane saldamente ancorata ai suoi principi neoliberali, anzi la colpa è stata addossata allo STATO e non alla FINANZA e alle BANCHE e la politica economica è ancora critica delle misure keynesiane per sostenere la crescita. • Austerità è stato il motto e anche quando si parla di crescita, la crescita viene difesa solo con manovre sull’offerta (non keynesiane): riduzione dei prezzi, riduzione dei salari, miglioramento della competitività, aumenti della produttività, aumenti della concorrenza (Monti, Fornero, Passera e anche Renzi) • Tutti i paesi hanno dovuto e ancora devono adottare politiche che noi chiamiamo di “cercare di fregare il proprio vicino”, cercare di esportare di più a scapito di qualcun altro, si chiamano politiche neo-mercantiliste. • Il problema è che se tutti tagliano la domanda e tutti cercano di esportare di più, chi consuma, chi importa? • Nel passato questo ruolo era svolto dagli USA, poi lo ha svolto la Cina (importando tecnologia dalla Germania) ma ora? 30 Alcune riflessioni finali: la FINANZA condiziona lo stato e lo stato è solo al servizio della finanza e delle banche? Lo stato e il big business: troppo grandi per fallire? • Sheila Bair, ex capo della Federal Deposit Insurance Corporation, in Bull by the Horns: Fighting to Save Main Street from Wall Street and Wall Street from itself, mostra come, dopo il crollo della Leham Brothers, il team economico di Obama, come aveva fatto quello di Bush prima, si dedicò a salvare Wall Street invece di aiutare il ceto medio che aveva perso la casa. Il ruolo di Summers e Geithner. • Ma la storia è vecchia. Degli ultimi sei segretari del Tesoro USA, quattro sono venuti dalla Goldman Sachs. Il segretario del Tesoro di Clinton, Rubin (che era capo della Goldman Sachs) ha salvato G.S. e Citygroup nella crisi del Messico del 1994. Nel 1987, Alan Greenspan – ex direttore di J.P. Morgan e proponente della deregolamentazione bancaria – diventa capo della Federal Reserve Bank • In Europa, Mario Draghi, vicepresidente di Goldman Sachs Europa (2002-5): venne incaricato delle “imprese e dei paesi sovrani.” Una delle sue missioni fu quella di vendere i prodotti finanziari “swap”, consentendo di trasformare parte del debito sovrano greco. Ora guida la BCE. 31 • Monti dal 2005 è stato International Advisor per Goldman Sachs. Alcune riflessioni finali sulla crisi Democrazia, globalizzazione (finanziarizzazione), stati nazionali, integrazione economica con cessione di sovranità: necessità di nuove istituzioni e di scelte politiche coscienti? 32 Il trilemma politico di Rodrik • Dani Rodrik è il più famoso “embedded liberal”, liberista ancorato alle istituzioni nazionali (non è un nazionalista), critico della globalizzazione e del Washington consensus del FMI. A suo parere è necessario avere un policy space entro cui gestire le proprie economie e proteggere i contratti sociali. In un articolo del 2000 e in "The Globalisation Paradox" (2011) pone un trilemma: si può avere globalizzazione, democrazia e stati nazionali? No, è la sua risposta. Non tutti e tre insieme; bisogna rinunciare a uno dei tre. • Possiamo avere globalizzazione e democrazia ma solo se il voto è organizzato a livello internazionale o sovranazionale (europeo); gli stati nazionali sono fonti di frizioni per il commercio internazionale. • Oppure si può tenere lo stato nazionale e la globalizzazione ma allora bisogna rinunciare alla democrazia; le decisioni sono prese dal FMI, WTO and EU. Quindi gli stati nazionali o adottano le regole fissate dai sostenitori del Washington Consensus, che richiede ai paesi di restringere lo spazio della scelta politica (democrazia e l’autonomia) oppure devono rinunciare alla loro sovranità per affidarsi a istituzioni internazionali o sovranazionali su un modello federalista, che però , a parere di Rodrick, non sembra essere una possibilità pratica nel mondo odierno (né mondiale né europeo). • Oppure possiamo tornare indietro dalla globalizzazione, come è avvenuto nella 33 crisi recente, ma anche dai vantaggi relativi.