Report Progetto ETTS DCI-NSAED/2010/234

Transcript

Report Progetto ETTS DCI-NSAED/2010/234
Report Progetto ETTS
DCI-NSAED/2010/234-237
Lotta alla tratta e al turismo
sessuale
Ricerca I° anno
Valutazione dei servizi di
prevenzione, contrasto e
emersione dalla tratta
a fini di sfruttamento sessuale
a cura di Emanuela Bonini
Università di Genova
RINGRAZIAMENTI
Il presente Report è stato costruito sulla base dell’articolazione del lavoro di
ricerca come descritta nel capitolo 1 ed ha visto la collaborazione dei partner
del Progetto che hanno contribuito a realizzare questa fase (come previsto dal
Progetto).
L’attività di progettazione e di ricerca è stata condotta sotto la Responsabilità
Scientifica della Prof.ssa Emanuela Abbatecola e del Coordinamento della
Dott.ssa Emanuela Bonini dell’Università degli Studi di Genova, Dipartimento di
Scienze della Formazione.
I partner che hanno preso parte al percorso di ricerca hanno fornito sia
un’attività di coordinamento da parte di un soggetto interno alla struttura sia
un’attività di indagine sul campo svolta da parte di una persona interna o – nel
caso non fosse presente una figura professionale con le caratteristiche
necessarie – esterna alla struttura.
Si ringraziano tutti i partner e tutte le persone che hanno collaborato all’attività
di ricerca, nonché tutti coloro che hanno messo a disposizione le informazioni
raccolte attraverso il proprio lavoro.
Partner italiani:
Comune di Genova
Comune di Torino
Gruppo Abele onlus
Maria Rosa Scala
Franca Majocco
Mirta Da Pra Pocchiesa, Claudia De Coppi, Monica
Reynaudo
Partner spagnolo:
Famsi - Andalusia
Vanessa Casado
Partner rumeno:
Caritas Bucarest
Gabriela Chiroiu
Partner brasiliani:
Città di Guarulhos
Tania Cristina da Costa
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Città di Fortaleza
Tatiana Raulino, Antonia Mendez, Luana Paula
Moreira Santos
Sommario
Sommario.......................................................................................................................................................................
Premessa (a cura di Emanuela Abbatecola)..................................................................................................................
1.Progetto di ricerca valutativa ......................................................................................................................................
1.1 Finalità generale, obiettivi specifici e impianto metodologico...............................................................................
1.2 Ricostruzione del contesto...................................................................................................................................
1.3 Valutazione del processo di utilizzo dei servizi.....................................................................................................
1.4 Valutazione del sistema di gestione ed attivazione dei servizi di applicazione locale delle
politiche di emersione.................................................................................................................................................
2.Ricostruzione del contesto normativo e dell’attuazione delle politiche .......................................................................
2.1Quadro internazionale ..........................................................................................................................................
2.2 Normative a livello di macroarea..........................................................................................................................
2.2.1 Il livello europeo.............................................................................................................................................
2.2.2 Il Mercosul.....................................................................................................................................................
2.3 Il quadro Nazionale nei Paesi partner..................................................................................................................
2.3.1 Italia...............................................................................................................................................................
2.3.2 Andalusia ......................................................................................................................................................
2.3.3 Brasile ..........................................................................................................................................................
2.3.4 Romania........................................................................................................................................................
3.Lettura analitica dei processi attivati dai ‘servizi’.........................................................................................................
3.1 Italia......................................................................................................................................................................
3.2 Andalusia..............................................................................................................................................................
3.3Brasile...................................................................................................................................................................
3.4 Romania...............................................................................................................................................................
4.Valutazione del sistema di gestione ed attuazione dei servizi delle politiche di emersione.........................................
4.1 Descrizione e suddivisione degli attori coinvolti...................................................................................................
4.2 Individuazione e definizione dei processi primari e dei processi critici.................................................................
4.3 Un sistema costruito sulle reti...............................................................................................................................
4.4 Indicatori per la valutazione attività delle reti........................................................................................................
4.5 Il giudizio degli operatori/ici sui servizi e sulle attività ..........................................................................................
Allegati............................................................................................................................................................................
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Premessa (a cura di Emanuela Abbatecola)
Non tutte le donne migranti che lavorano nel mercato del sesso sono vittime di
tratta, espressione solitamente usata per indicare persone reclutate, trasportate
e sfruttate con l’uso della forza (protocollo sulla Tratta delle Nazioni Unite del
2000), ma le stime parlano di un fenomeno inquietante che dovrebbe
interrogare e interrogarci.
Scrive Kara:
La tratta del sesso è una delle manifestazioni più orrende del
capitalismo globale, perché prodotta dalle dolorose diseguaglianze
diffuse dal processo di globalizzazione, come l’inasprirsi della
povertà nelle zone rurali, la crescente dipendenza economica dei
poveri, lo sfruttamento e il trasferimento delle ricchezze e delle
risorse dai Paesi sottosviluppati a quelli ricchi, la diminuzione
crescente della libertà degli esseri umani nei Paesi del mondo
civilizzato (Kara 2010, p. 25).
La prostituzione nell’era della globalizzazione, dunque, implica anche la
riduzione in schiavitù di migliaia di donne e bambine. Secondo le stime, alla fine
del 2006 si calcolavano 28,4 milioni di schiavi sul pianeta, di cui all’incirca
1.200.000 legate ai mercati del sesso, per un giro d’affari medio di 35.680
milioni di dollari (Kara, 2010).
Secondo
altre
stime, sarebbero
almeno
140.000 1 le
donne
sfruttate
sessualmente, mediante l’impiego della violenza, delle minacce di ritorsioni
contro i familiari, il controllo, la sottrazione del passaporto, le false promesse, i
Oficina de las Naciones Unidas contra la Droga y el Delito, Trata de Personas hacia Europa
con Fines de Explotación Sexual.
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riti magici, il tutto giocato su una situazione di vulnerabilità.
La maggioranza delle donne sfruttate sessualmente ha tra i 18 e i 25 anni e, sia
in Spagna sia in Italia, provengono prevalentemente da: Romania, Albania,
Bielorussia, Lituania, Moldavia, Russia, Ucraina, Nigeria, Cina e Thailandia.
Gli scenari dello sfruttamento sessuale: le reti criminali
Fatte salve le specificità nazionali, i due racket principali storicamente implicati
in Europa nello sfruttamento della prostituzione e nella riduzione in schiavitù di
donne e minorenni, sono quello nigeriano e albanese, molto diversi tra di loro in
termini di strategie, composizione di genere dei vertici, evoluzione nel tempo.
La specificità più rilevante del racket nigeriano consiste nel ruolo di potere delle
donne. Fin dai primi flussi migratori della fine degli anni Ottanta, le sfruttatrici
sono state le maman o madame, ex lavoratrici del sesso, a loro volta vittime di
tratta, che hanno fatto carriera acquistando giovani connazionali una volta
saldato il debito. Le maman, figure carismatiche, amate e temute, rispettate e
ammirate, accoglienti e protettive, ma sempre potenzialmente violente, sono
state regine indiscusse dello sfruttamento sessuale delle nigeriane per tutti gli
anni novanta e buona parte degli anni dieci del XXI secolo. Gli uomini, invisibili,
sono stati per lunghi anni sullo sfondo, esercitando (apparentemente?) compiti
di manovalanza legati alla riscossione del denaro o a missioni di tipo punitivo. In
sostanza, gli uomini arrivavano quando le maman richiedevano servizi specifici,
per poi scomparire nuovamente nell’ombra. Poi, dopo il 2006, qualcosa è
cambiato ai vertici dell’organizzazione. Gli uomini sono usciti allo scoperto e, a
oggi, s’ipotizza che siano loro a controllare la tratta di esseri umani, non solo nel
mercato del sesso, ma anche in quello dell’accattonaggio. Gli uomini, inoltre,
hanno fatto la loro comparsa anche nei riti magico-religiosi, inizialmente svolti
esclusivamente in casa dalla maman o da un’altra donna sua conoscente, e ora
eseguiti, a volte, da presunti pastori (Bedin e Donadel, 2007). Nel rapporto con
le ragazze vittime di tratta, tuttavia, la maman continua a mantenere una
posizione centrale. È lei il punto di riferimento ed è lei a impartire ordini e a
definire gerarchie e doveri. È lei l’ambivalente matrigna.
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Il racket albanese, invece, sin dai suoi esordi nei primi anni Novanta, è stato
esclusivamente dominato dagli uomini. Nel corso degli anni, alcune donne – le
fidanzate, le preferite – sono riuscite a ritagliarsi piccoli spazi di carriera,
assumendo ruoli di sorveglianza e ottenendo piccoli privilegi (come, ad
esempio, la possibilità di non lavorare in caso di indisposizione o contrattare
forme di spartizione del denaro), ma la tratta delle donne dell’est europeo –
gestita dagli albanesi prima e dai rumeni poi − è sempre stata caratterizzata da
un dominio profondamente maschile, e non solo in termini di caratterizzazione
di genere dei leader. Maschili, dal punto di vista simbolico, sono anche le
strategie di assoggettamento, fondate principalmente sulla violenza: violenza
sessuale, fisica, psicologica, agita in modo continuativo; violenza che definirei
preventiva, messa in atto da subito, per definire gerarchie, ruoli e regole del
gioco, e annullare la soggettività della persona ridotta in schiavitù.
La violenza fisica (solitamente non quella sessuale) è sempre presente in
potenza anche nel racket nigeriano, ma è utilizzata generalmente solo come
dispositivo per scoraggiare ribellioni e punire chi ha tentato di sottrarsi al giogo
della maman. Il racket nigeriano è capace di uccidere, se necessario, ma punta
preferibilmente su forme molto efficaci di assoggettamento psicologico.
In Italia, nei primi anni duemila, ci si era resi conto che nei percorsi di
protezione sociale2vi erano molte nigeriane, ma poche di queste denunciavano
(quantomeno nelle realtà dove la denuncia non era considerata un
prerequisito). Perché non denunciavano? Solo per paura? Certamente la paura
giocava un suo ruolo, ma l’ipotesi più accreditata e che non denunciassero
perché assoggettate grazie a un sapiente mix di riconoscenza, rispetto e
complicità, nel quale la paura era solo uno degli ingredienti.
Partiamo dal debito. Alle ragazze, reclutate in Nigeria da figure dette sponsor,
viene chiesto di impegnarsi, con un contratto firmato, a restituire un debito
Mi riferisco all’art. 18 del TU 286/98, che prevede l’accompagnamento in percorsi di uscita da
situazioni di sfruttamento, grazie anche alla concessione di un permesso di soggiorno
temporaneo, in seguito alla denuncia dello sfruttatore o alla dichiarazione comprovata
dell’esistenza di una situazione di pericolo. In questo Report sarà analizzata la normativa, così
come i percorsi di uscita praticabili attraverso i servizi messi in atto.
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piuttosto ingente (attorno ai 70.000 euro). Le ragazze accettano – a volte
illudendosi sui tempi di restituzione – e nonostante si ritrovino schiacciate per
anni da un debito ingente, al quale si aggiungono costi legati a vitto, alloggio,
luogo di prostituzione (Joint, nel caso della strada) e servizi vari, alcune
ritengono che il debito in qualche misura sia dovuto: il prezzo per arrivare in
Europa. Chiaramente non tutte sono egualmente accondiscendenti, e
certamente non lo erano le prime arrivate, più ignare e inconsapevoli, ma il
racket agisce in modo da costruire il consenso, ed è questa la sua forza.
Interessante è anche il rapporto ambivalente con la maman. Ricordo
un’intervista fatta qualche anno fa a una responsabile di comunità, la quale
aveva inizialmente vissuto malissimo il fatto che una ragazza che lei seguiva le
avesse detto «tu sei la mia maman» (cfr. Abbatecola, 2006). Com’era possibile
che la paragonasse alla sua sfruttatrice? Allora, forse le ragazze sfruttate dal
racket nigeriano vedevano la maman con occhi diversi dai nostri?
La maman, nel racket nigeriano è sì la sfruttatrice, ma è anche un punto di
riferimento in questo difficile e particolare percorso migratorio: la maman c’è,
consiglia, accompagna, aiuta, è una che c’è passata a sua volta e quindi può
capire. Se poi è la ragazza a non voler capire e accettare, allora la maman
cambia volto e sa anche diventare cattiva e violenta.
E poi, la maman è una persona che gode di rispettabilità e stima nell’ambito
della comunità, perché è una che ce l’ha fatta, è una persona il cui progetto
migratorio ha avuto successo, è diventata ricca, ha strappato alla povertà non
solo se stessa, ma anche la famiglia rimasta in Nigeria; la maman è quindi una
donna che può tornare al paese a testa alta, perché il suo progetto migratorio è
perfettamente riuscito.
Infine, la maman può diventare un modello da imitare. Il patto stipulato con il
racket prevede che, una volta saldato il debito, la ragazza sia libera. Potrà
dunque scegliere – seppur in condizioni di vincolo in quanto migrante
clandestina – se cambiare strada oppure continuare a lavorare in modo
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autonomo e, magari, diventare essa stessa maman acquistando ragazze da
sfruttare.
Una modalità molto simile di sfruttamento è quello delle transessuali brasiliane.
Anche in questo caso la sfruttatrice è una connazionale, detta cafetina, una
transessuale brasiliana emigrata in Europa quando il mercato era ancora molto
redditizio (anni 80/90) e successivamente rientrata in Brasile. Una volta tornata,
ormai ricca, la cafetina si sistema, compra delle case nelle quali mette a
lavorare giovani transessuali e le sfrutta guadagnando sui costi di vitto di
alloggio; tra le ragazze a disposizione, poi, individua quelle che rendono di più,
e propone loro un contratto apparentemente vantaggioso, nel quale la posta in
gioco è anche la trasformazione del corpo nella direzione desiderata, perché
anche la chirurgia estetica costa:
Se vuoi ti pago il naso e il seno e se vuoi ti mando in Italia e il tuo
debito è 15.000 euro (testimone Brasiliana, T1, progetto europeo,
ETTS, 2010).
Come sirene, le cafetinas attraggono potenziali migranti, raccontando scenari
edulcorati nei quali il mito di un paese in cui gli uomini sono affascinati dalle
transessuali e le pongono su un piedistallo non vergognandosi di mostrarsi
insieme a loro, sembra rappresentare un fattore di attrazione forte tanto quanto
quello dei soldi e della ricchezza. Bisogna, infatti, tenere a mente il fatto che si
tratta di persone in trasformazione, transizione il cui esito dipende moltissimo
da uno sguardo maschile che si fa specchio restituendo un’immagine di
adeguatezza o d’inadeguatezza sociale.
Quindi tornavano, facevano la bella vita, compravano macchine
bellissime, in gara tra di loro. Poi arrivavano e ti dicevano: “tu sei
bellissima, guadagnerai un sacco di soldi, gli italiani adorano le trans,
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gli italiani ti tratteranno come una regina”. Ed è vero, nella fase di
conquista ti fanno sentire una regina, perché sono falsi. Qui, specie
al nord, gli uomini vanno a spasso con le trans, anche quando si
vede che hanno la barba, non si vergognano. In Brasile no, per cui
anche per questo l’Italia è un mito. Quindi t’invogliano, perché tu
pensi “bene, farò un sacco di soldi, farò i miei interventi, sarò trattata
bene, sarò trattata come una regina, comprerò delle scarpe e dei
profumi”. E così accetti (testimone Brasiliana, T1, progetto europeo
ETTS, 2010).
Lo sguardo maschile-specchio, peraltro, non è privo di ambivalenza, poiché
ricerca nella transessuale un equilibrio, non facile da realizzare anche perché
non sempre desiderato delle protagoniste, tra l’ideale di una femminilità
estrema ed esibita (tacchi, seno, trucco, vestiti sexy) e la conferma
inequivocabile di una maschilità ancora virile a dispetto della trasformazione.
All’inizio guadagni 200 o 300 perché sei nuova […] loro le vogliono
provare tutte. Vengono con te perché sei bella, ma se il tuo organo
sessuale non funziona non guadagni più nulla. Infatti, molte non
prendono gli ormoni perché sennò niente erezione. Alcune prendono
il viagra (testimone Brasiliana, T1, progetto europeo ETTS, 2010).
Il debito è un altro elemento in comune con la tratta nigeriana (anche se la cifra
di partenza è inferiore), così come simile è la dinamica dello sfruttamento
economico, la cui entità tende a dilatarsi potenzialmente all’infinito.
Lei è già d’accordo con un’altra in Italia che si prende la metà. La
ragazza arriva qui, sapendo che deve guadagnare, ma oggi non è
più che guadagni 500 euro a sera. Iniziano ad arrivare le multe: “tu
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mi devi dare 100 euro perché sei arrivata mezz’ora prima, mi devi
dare 500 euro perché non mi hai pagato questa settimana”. Poi a
parte rispetto ai 15.000 euro, c’è il vitto, l’alloggio, il pezzo di
marciapiede (2.000 euro), poi c’è la diaria che è 50 euro al giorno,
poi il vitto che è 20/30 euro al giorno, poi c’è l’autista che ti porta al
posto di lavoro e sono altre 20 euro al giorno. Per tornare torni da
sola, ti fai dare un passaggio dall’ultimo cliente. Poi ci sono sempre
quelli che fanno “vizio” quello che non paga nessuno ma è amico di
tutte, c’è sempre uno così, è sempre un vecchietto che diventa amico
di tutte “il mio amighigno” o “la maricona”. Quindi molte di loro non ce
la fanno più a pagare questi debiti. Dopo i 15.000 euro pensi di poter
lavorare per te, ma è molto difficile (testimone Brasiliana, T1,
progetto europeo ETTS, 2010).
Finito di pagare il debito, le trasmigranti brasiliane, così come le nigeriane, sono
formalmente libere. Chiaramente, la libertà formale è fortemente limitata dalla
condizione di clandestina, alla quale, in questo caso, si aggiunge una
cittadinanza simbolica resa fragile da una transessualità ancora guardata con
sospetto da una società che fatica a includere soggettività non conformi alla
tradizionale logica binaria. La trassessuale (MtF) è nel nostro immaginario
corpo, erotismo e sessualità prima ancora che persona, e questo tipo di
rappresentazione, funzionale al contenimento di questa Alterità multipla,
comporta una sorta di naturalizzazione del mercato del sesso come esito
primario dei percorsi, migratori e non (Abbatecola, 2011; 2012).
Molte non hanno un documento, sono clandestine. Tutte si trovano
un fidanzato…se lui ti aiuta, ti aiuta un appartamento e tu metti un
annuncio su internet perché ormai hai capito come funziona, allora,
sì diventi una che guadagna. Altrimenti, se non hai niente, non hai un
alloggio…perché se hai finito il debito dove vai? Rimani lì e continui a
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pagare vitto e alloggio. E continui a lavorare (testimone Brasiliana,
T1, progetto europeo ETTS, 2010).
Le donne dell’est europeo, sfruttate dal racket, viceversa, non hanno possibilità
di riscatto. Formalmente non esiste termine allo sfruttamento e la carriera
interna, se prevista, è limitata a ruoli di sorveglianza, i quali non implicano però
l’acquisizione di una reale libertà di azione.
Il racket albanese, dagli esordi nei primi anni novanta fino al duemila, si è
evoluto molto rapidamente sul piano organizzativo, trasformandosi da una
struttura informale, non in rete, di singoli fidanzati che giungevano in Italia con
la vittima-fidanzata, a un clan ramificato con gerarchie precise al proprio
interno, cellule diffuse nel paese di destinazione e capi locali sottomessi al boss
del fis (clan). Dal 1996 in poi, le vittime-fidanzate non sembrano essere più
convenienti, vuoi, per quanto riguarda l’Italia, per gli espatri forzati messi in atto
dalle forze dell’ordine in accordo con la polizia albanese, vuoi perché più
avvertite, anche in virtù dell’intensificarsi delle campagne d’informazione e
sensibilizzazione in Albania, e il racket diventa transnazionale acquistando
ragazze provenienti da altri paesi dell’est (Ucraina, Moldava, Romania, ect.), le
vittime-merce (Abbatecola, 2006).
La violenza continua a essere la principale strategia di assoggettamento, ma
compaiono anche i primi accordi di spartizione dei guadagni, per attirare giovani
donne non più ricattabili tramite minacce di ritorsioni a una famiglia in realtà
sconosciuta.
Questo scenario, peraltro in continua evoluzione, comincia a modificarsi nella
seconda metà del primo decennio del XXI secolo. Sempre in Italia, il racket
albanese subisce duri colpi per via delle azioni repressive delle forze dell’ordine
e degli accordi politici bilaterali tra i due paesi interessati, e così esce
lentamente di scena rispetto al mercato della prostituzione di strada,
presumibilmente alla ricerca di mercati meno ostici come la Spagna,
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l’Inghilterra, il Belgio e la Germania (Costantini, 2010). In Italia, sulla strada,
acquisiscono visibilità i rumeni, i quali adottano strategie di sfruttamento di
conviventi, mogli e sorelle, molto simili al modello vittima-fidanzata degli
albanesi della prima ora, ma come conseguenza delle ingenti azioni repressive,
la prostituzione migrante tende a spostarsi al chiuso.
La prostituzione al chiuso. Gli appartamenti e i locali
Il panorama della prostituzione in appartamento è più eterogeneo rispetto a
quello della strada, quanto a prestazioni, costi e protagoniste. Esiste, poi, una
gerarchia chiara tra le lavoratrici del sesso, le quali si dividono in (Costantini,
2010):
1) Escort di lusso – tariffa a tempo, la quale include l’esperienza in sé (serata,
cena) oltre all’atto sessuale, definita dai clienti girlfriend experience;
2) Accompagnatrici escort, anche dette hostess o model – donne biologiche o
transessuali che si possono appoggiare a un’agenzia di intermediazione – la
tariffa è sempre a tempo e la prestazione sessuale può avvenire o a casa del
cliente o in appartamenti dedicati;
3) Escort, anche definite dai clienti appartamentiste o loft – la cui tariffa è a
prestazione, come per le prostitute di strada che i clienti chiamano on the
road.
I gruppi criminali coinvolti nello sfruttamento della prostituzione, spesso
transnazionali, sono costituiti da rumeni, albanesi, moldavi, ucraini, sudamericani e cinesi, coadiuvati in attività di supporto da agenzie o singoli
individui (tra cui italiani). Generalmente è al secondo o al terzo livello della
gerarchia che troviamo forme più o meno pesanti di sfruttamento: nel caso delle
accompagnatrici escort vi è sfruttamento quando c’è la mediazione di
un’agenzia, mentre in quello delle appartamentiste lo stesso è agito tramite la
presenza di soggetti terzi all’interno dell’appartamento.
Tra le appartamentiste vittime di tratta, troviamo le cinesi. Fino al 1993-94 vi
erano poche prostitute cinesi, perlopiù libere professioniste di alto livello. Dal
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1999, però, il panorama è mutato con l’arrivo di migranti provenienti anche
dall’Anhui (nel nord della Cina), oltre che dalle zone classiche del sud, ovvero
Zeijang e Fuchen. È nato così un giro di prostituzione coatta di clandestine,
sfruttate da connazionali provenienti dalla stessa regione, solitamente migranti
regolari con attività lavorative ufficiali (negozi, ristoranti).
Le lavoratrici generalmente figurano come massaggiatrici, e i proventi della
prostituzione sono solitamente raccolti da un’altra donna. Chi sfrutta, affitta la
casa, si occupa del cibo e dei prodotti necessari allo svolgimento dell’attività,
gestisce i rapporti con i clienti (generalmente italiani, oppure membri dell’élite
cinese), controlla il denaro e lo riscuote con cadenza quindicinale. Dalle indagini
della magistratura, sembra che le case operino in rete, favorendo così una
rotazione molto frequente delle ragazze, le quali sono spostate da un
appartamento all’altro ogni venti giorni circa (Abbatecola, 2006; Bedin e
Donadel, 2007). La percezione di chi indaga è che le ragazze controllate
riescano a fare “carriera” nel giro di pochi mesi.
Dal biennio 1998/2000, le reti criminali fanno il loro ingresso anche nei locali,
dove, fino a quel momento, avevano lavorato donne regolari provenienti dall’est
europeo. Si formano, anche in questo caso, reti transnazionali, le quali
acquisiscono progressivamente potere fino ad arrivare a gestire in prima
persona i locali. Anche nei locali, così come negli appartamenti, il livello di
sfruttamento è molto variabile, con punte massime nei locali a consumo interno
(Costantini, 2010), e le prostitute reclutate sono lavoratrici provenienti da altri
settori del mercato, come la strada o gli appartamenti, spesso con basso potere
contrattuale, le quali vengono spostate con frequenza.
Il turn over elevato delle prostitute, peraltro, è un dato costante nei diversi
settori del mercato del sesso – strada, appartamenti, locali – utilizzato in modo
strumentale dagli sfruttatori non solo per soddisfare i gusti dei clienti, ma anche
per sviare le azioni di contrasto ed evitare che le ragazze si rendano
potenzialmente autonome instaurando rapporti di fiducia con i clienti o con altre
realtà presenti sul territorio.
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Le variabili che contribuiscono a definire la qualità del processo migratorio, così
come del lavoro sessuale, sono molteplici – età, provenienza, caratteristiche
delle reti legate al trafficking, tipo di contratto stipulato con i trafficanti, reti di
supporto nel paese di arrivo, possesso o meno di documenti, conoscenza della
lingua, etc. – e di per sé il settore di mercato nel quale si esercita non dice nulla
sulla presenza o meno di forme di sfruttamento, e/o di riduzione in schiavitù.
Sulla strada, così come negli appartamenti e nei locali, s’incontrano gradi molto
differenti di libertà.
C’è, infatti, una prostituzione consensuale di tipo pendolare, esercitata in
appartamento da donne dell’est europeo, e una latino americana, anche in
questo
caso
consensuale,
di
tipo
stanziale.
Nel
primo
caso,
vi
è
un’organizzazione locale con contatti ramificati nel paese di destinazione, la
quale prevede agenzie conosciute che si occupano del visto, del viaggio e di
individuare mediatori in loco, il tutto in cambio di una retribuzione ragionevole.
In questo modo la donna ha la garanzia di ottenere un regolare visto turistico in
tempi brevi, venire in Italia, lavorare al sicuro da possibili ingerenze da parte dai
racket dell’est europeo o di sfruttatori italiani, restituire in breve tempo la somma
dovuta, tenere per sé il resto del guadagno e tornare in patria allo scadere del
visto turistico. Nel secondo, la migrante contrae un debito che può restituire,
formalmente, con qualsiasi tipo di attività (anche se difficilmente il lavoro di colf,
ad esempio, potrebbe garantire introiti sufficienti), e lo sfruttamento non è
diretto sul lavoro, ma sui servizi (affitto casa e/o interventi di riparazione).
Quindi arrivano nel centro storico latinoamericane da diversi paesi
attraverso la Spagna. E si mettono a lavorare…
Si l’una prende l’altra… o la cognata o la sorella o la cugina…
I locali dove lavorano o dove lavoravano di chi sono?
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Della gente che aveva quegli scantinati oppure quei palazzi vecchi…
che adesso non rendono più… c’è gente che paga tanto per stare li.
Pagano anche 600 alla settimana. È un’esagerazione.
Pagano 100 euro al giorno?
Si una cosa così… 60, 80… quella che paga 50 è già fortunata…
Tra le 50 e i 100 euro al giorno?
Si. Però c’è anche quello onesto che paghi 350 o 300 al mese.
Chi sono questi che affittano?
Sono italiani. E fanno il subaffitto. Per esempio io ne ho uno. Io porto
una persona che lavora li e mi paga tanto e così.
Cioè il proprietario italiano che affitta a te a un prezzo normale…
Si affitta a me a 300, 350, 400 al mese… diciamo che è
normalissimo…
E tu subaffitti…
A un’altra che mi faccio pagare 70 euro al giorno. Vedi? La cosa che
io non ho fatto mai.
Quindi ci si sfrutta…
Sì, si sfruttano tra loro. E la polizia non può fare niente. Perché sono
spagnole [latino americane arrivate dalla spagna con regolare
permesso di soggiorno, n.d.a ] non le possono dire di andare via
(Libera professionista, ST1, progetto europeo ETTS, 2010).
Nel caso della prostituzione consensuale, formalmente le donne non sono
costrette da soggetti terzi a prostituirsi, non sono segregate, controllate a vista,
né brutalizzate in modo sistematico, e possono gestire i propri guadagni in
autonomia, ma tutto ciò non le pone al riparo dallo sfruttamento economico. In
assenza di un permesso di soggiorno o di una casa di proprietà, è facilissimo
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cadere nelle maglie di organizzazioni criminali o di singoli individui spregiudicati
pronti a trarne il massimo profitto. Tra le schiave della tratta e le libere
professioniste, dunque, c’è un’immensa zona grigia, nella quale la debolezza
sociale delle migranti diviene potere contrattuale di altri, in uno scenario mobile
nel quale la posizione nel mercato non è mai definitiva.
Quello appena tratteggiato è in sintesi lo scenario nel quale si colloca il mercato
dello sfruttamento sessuale, oggetto indiretto di questo lavoro di ricerca. Il
Progetto, rivolto sostanzialmente al fenomeno del traffico di persone a fini di
sfruttamento sessuale, coinvolge, nel suo ampio ed articolato partenariato,
organizzazioni pubbliche e private che, nei diversi Paesi coinvolti, operano a
favore delle vittime di tratta, anche in termini di prevenzione. L’attenzione,
quindi, in questo lavoro è rivolta alla ricostruzione del quadro normativo
internazionale e interno ai Paesi partner, attraverso cui comprendere le politiche
di intervento contro il fenomeno della tratta. Le politiche sono valutate
attraverso il lavoro messo in atto dai servizi – siano essi implementati da enti
pubblici o privati – in particolare analizzati attraverso la visione o percezione
che gli stessi operatori dei servizi hanno in merito all’efficacia dell’intervento
promosso dalle strutture nelle quali lavorano.
Nel capitolo primo sarà presentato nel dettaglio il progetto di ricerca, definito per
fasi di implementazione successive e articolato in tre punti: la ricostruzione del
quadro normativo e delle politiche, la ricostruzione delle azioni di intervento e la
valutazione del sistema di gestione dei servizi. Il secondo capitolo è dedicato
alla ricostruzione del quadro normativo internazionale e nazionale nei Paesi
partner, evidenziando i riferimenti comuni e le differenze sostanziali. Il terzo
capitolo si concentra sulla descrizione e analisi delle azioni di intervento,
attraverso il materiale ricavato dalle interviste e dai bilanci sociali delle
organizzazioni.
Infine,
il
quarto
capitolo
si
occupa
della
valutazione
dell’attuazione delle politiche di contrasto, emersione e prevenzione attraverso i
servizi analizzati.
16
1. Progetto di ricerca valutativa
L’obiettivo del progetto di ricerca per il primo anno è stato individuato a seguito
dell’analisi del lavoro attivato dai partner del progetto nei diversi Paesi, dove
enti pubblici e privati collaborano attraverso interventi diretti contro il fenomeno
del traffico di persone a fini di sfruttamento sessuale. Per questa ragione si è
scelto nell’ambito del partenariato di iniziare l’attività di ricerca con la
valutazione dei servizi atti a sostenere la prevenzione, il contrasto e l’emersione
dalla tratta a fini di sfruttamento sessuale nelle città o nei Paesi in cui operano i
partner, per l’anno 2011.
Nell’ambito delle discussioni intercorse all’interno del gruppo di ricerca è sorto
l’interesse di approfondire, in maniera diretta quanto i Municipi (o chi per loro e
con loro) attivano e costruiscono in termini di servizi sul territorio, per
contrastare il fenomeno della tratta o per favorirne l’emersione.
Dato che i servizi attivati nei territori saranno oggetto indiretto del progetto di
ricerca complessivo – in quanto luoghi in cui le persone vengono accolte,
accompagnate o costruiscono il loro percorso di emersione e di uscita dalla
schiavitù – si ritiene che i servizi e le persone che vi lavorano rappresentino un
elemento da valorizzare
nella
nostra indagine, in
quanto forniscono
conoscenza, esperienza e disponibilità. L’implementazione del lavoro di ricerca
attraverso la ricerca valutativa ha il duplice obiettivo di rendere conto del lavoro
svolto dai servizi, dalle reti e dai Municipi che attuano le politiche di emersione e
di riflettere sulle best practices che emergono in termini di applicazione ed
implementazione di progetti e risorse all’interno di uno specifico quadro
nazionale delle politiche in materia di emersione.
1.1 Finalità generale, obiettivi specifici e impianto metodologico
La finalità generale della ricerca è realizzare la valutazione dei risultati e del
processo di attuazione dei servizi di prevenzione, di sostegno delle persone
vittime di tratta e di reinserimento sociale attuati nell’anno 2011.
17
Tale finalità è stata perseguita attraverso la seguenti fasi, ognuna delle quali si
articola in specifici obiettivi di ricerca:
1)
valutazione preliminare di ricostruzione del contesto di attuazione dei
servizi di supporto alle politiche di prevenzione, contrasto o emersione e
impostazione degli strumenti di rilevazione delle informazioni;
2)
valutazione del processo di utilizzo dei servizi da parte delle persone
contattate, coinvolte o prese in carico;
3)
valutazione del sistema di gestione ed attivazione dei servizi di
applicazione locale delle politiche di contrasto;
Di seguito, per ognuna delle fasi in cui si articola il progetto, sono
sinteticamente descritti gli obiettivi, le principali attività, nonché i metodi e le
tecniche di rilevazione che si intende adottare. Tale articolazione del progetto
descrive le fasi e le modalità in cui si svolgerà la ricerca ed al tempo stesso
l’articolazione dei singoli report che saranno prodotti dai partner. I singoli report
articolati nelle tre aree qui presentate saranno poi assemblati ed implementati
attraverso una lettura comune dalle ricercatrici dell’Università di Genova che
curano la definizione del progetto di ricerca e degli strumenti metodologici.
L’impianto metodologico prevede un approccio qualitativo alla raccolta dei dati
sulla base dei tre filoni di intervento appena elencati. Lo strumento utilizzato in
tutti i casi è l’intervista semi-strutturata, condotta dal ricercator* e registrata. Le
interviste sono state costruite tenendo in considerazione l’ipotesi di lettura
comparata del processo di implementazione delle politiche attraverso
l’attuazione dei servizi sul territorio nei diversi Paesi partener. Lo scopo non è
ovviamente quello di procedere ad una comparabilità diretta dell’attuazione
delle politiche attraverso i servizi, ma quello di comprendere come alcuni aspetti
(per il dettaglio dei temi toccati si veda di seguito nei paragrafi dedicati agli
obiettivi della ricerca) vengano nei diversi Paesi affrontati. Questo approccio ha
consentito una lettura trasversale dei risultati, con particolare riferimento ai
Paesi di provenienza delle vittime di tratta – beneficiare dei servizi e delle
18
politiche – e ai Paesi di arrivo che fanno riferimento ad una normativa europea
comune.
1.2 Ricostruzione del contesto
La prima fase di valutazione preliminare ha lo scopo di fornire le informazioni
necessarie per l’impostazione dell’intero progetto di ricerca valutativa attraverso
la ricostruzione del contesto nei paesi e nei Municipi dei partner del progetto.
L’obiettivo in questa fase è quindi quello di ricostruire il quadro nazionale delle
politiche d’intervento contro la tratta delle persone (normativa, fondi,
competenza amministrativa e giuridica, eccetera) e come tali politiche vengano
attuate nei territori a livello municipale (o di reti di municipi). Sarà inoltre
importante nella ricostruzione del quadro dei servizi attivati o utilizzati per il
reinserimento
sociale delle
persone
trafficate,
delineare
il
quadro
di
implementazione entro cui tali servizi si collocano, quali servizi i Municipi hanno
attivato a tale scopo o come, e se, hanno costruito una rete di servizi esistenti
sul territorio.
Per la ricostruzione del contesto dei servizi attivati nei territori dovrà essere
preso in considerazione il lasso di tempo entro cui il progetto di ricerca si
colloca, nello specifico i servizi a cui fare riferimento saranno quelli attivati ed
esistenti a partire dal febbraio 2011, data ufficiale di avvio del progetto ETTS.
Per quanto riguarda invece la ricostruzione del quadro delle politiche sarà
possibile fare riferimento a un periodo temporale in cui leggi, riforme o
implementazione delle stesse, abbiano condotto al quadro normativo attuale.
1.3 Valutazione del processo di utilizzo dei servizi
La valutazione del processo di utilizzo dei servizi prenderà in considerazione il
punto di vista degli operatori responsabili degli interventi di prevenzione,
contrasto, emersione e reinserimento sociale delle persone vittime di tratta (nel
19
caso italiano ad esempio gli/le assistenti sociali ed operatori pubblici o privati
che operano nel settore), con l’obiettivo di avere uno sguardo di insieme sugli
snodi principali degli interventi complessivi.
In questa fase della ricerca quindi si intende fare chiarezza sulla complessità
inerente la costruzione degli interventi (contestualizzato rispetto alla normativa
del paese di riferimento e ai servizi attivati dal Municipio nel territorio). Facendo
riferimento ai casi (interventi o progetti che si riferiscono ad uno specifico
programma) in carico al/la responsabile individuata/o, l’obiettivo è quello di far
emergere i nodi critici principali dei singoli percorsi o delle attività realizzate,
cercando di far emergere i punti di forza e di debolezza che si manifestano nella
gestione di tali casi o delle attività in relazione all’offerta dei servizi attivata, e
ricostruendo quindi la modalità di definizione e costruzione dei singoli percorsi,
nonché gli aspetti legati alla difficoltà di raggiungimento degli obiettivi da parte
delle persone coinvolte.
In quest’ottica saranno individuate le buone pratiche sia in termini di servizi
particolarmente funzionali all’interno di programmi specifici, sia di specifiche
modalità di applicazione e gestione di un servizio che ne determina una buona
esperienza in termini di risultati.
La valutazione del processo di attuazione dei servizi sarà attuata attraverso
interviste semi-strutturate rivolte ai/lle responsabili dei progetti o programmi
rivolti alle persone vittime di tratta o di prevenzione. L’intervista porterà alla
compilazione di una scheda nella quale saranno individuate (dopo il primo step
di conoscenza della normativa e dei servizi nei paesi partner del progetto)
cinque o sei aree (legate ai punti precedentemente elencati in merito al
funzionamento ed articolazione dei progetti) entro le quali descrivere quanto
emerso da ogni intervista con i responsabili dei progetti.
20
1.4 Valutazione del sistema di gestione ed attivazione dei servizi di
applicazione locale delle politiche di emersione
La valutazione del sistema di gestione ed attivazione dei servizi come
applicazione locale delle politiche di emersione si rivolge all’attuazione degli
interventi con l’obiettivo di ricostruire a livello locale il quadro di applicazione
delle politiche di emersione. Trattandosi di progetti complessi che vedono il
coinvolgimento di diverse aree di responsabilità politica e tecnica dei Comuni, la
prima finalità è quella di dare conto delle modalità di gestione e suddivisione dei
compiti e delle responsabilità tra gli uffici coinvolti.
La modalità di gestione delle responsabilità prevede anche l’applicazione di
modelli
organizzativi
per
l’implementazione
locale
degli
interventi
di
prevenzione, contrasto o emersione dalla tratta, modelli che possono includere
forme ed attori diversi. Ciò che in questa fase è rilevante individuare riguarda
l’articolazione sul territorio delle forme concrete di offerta delle attività, quali
tipicamente la costruzione di reti di servizi ed associazioni, oppure lo
svolgimento diretto di queste funzioni da parte del Comune (in-house), piuttosto
che comprendere quali processi di esternalizzazione abbia messo in campo con
il coinvolgimento del privato sociale o profit.
Questo impianto di valutazione del sistema di gestione ed attivazione dei servizi
è in questo contesto considerato come il livello macro di indagine che coinvolge
il personale dirigente del Comune responsabile della rete dei servizi. Per questa
sessione di indagine si prevede un’intervista ad un/a Dirigente del Comune e/o
ad un/a Referente politico di area da effettuarsi nello stesso periodo previsto
per le interviste.
21
Si riporta di seguito la tabella riassuntiva delle interviste effettuate nei Paesi
partner
interviste agli
Interviste ai Dirigenti dei servizi
operatori dei servizi
o con incarico politico
4
4
3
3
3
1
Partner italiani:
Comune di Genova
Gruppo Abele
Partner spagnolo:
Famsi Andalusia
Partner rumeno:
Caritas Bucarest
Partner brasiliani:
Città di Guarulhos
Città di Fortaleza
Totale
3
5
3
19
3
13
22
2. Ricostruzione del contesto normativo e dell’attuazione delle
politiche
Di seguito sarà ricostruito un quadro sintetico dei riferimenti normativi
internazionali e di carattere regionale (continentale o di macroarea di
aggregazione), atto ad identificare il percorso di costruzione di una normativa
(più in generale si tratta di convenzioni, accordi e patti riconosciuti dai diversi
Stati) che ha da prima identificato il problema della schiavitù e che
successivamente ha posto le basi per il contrasto e la condanna internazionale
del fenomeno della tratta e della violazione dei diritti individuali ad esso
connessi. L’obiettivo non è quello di fornire un quadro giuridico completo,
quanto piuttosto rilevare i riferimenti normativi condivisi e riconosciuti da tutti i
partner non solo a livello formale, ma anche sostanziale 3, ovvero come
riferimenti concreti a cui si ispira la logica con cui sono costruite le politiche di
intervento e contrasto del fenomeno. Con la stessa logica – più precisamente
declinata in termini di individuazione delle politiche di intervento – è
successivamente ricostruito il quadro di riferimento nazionale dei paesi partner
e delle principali politiche a cui gli interventi costruiti dai partner fanno
riferimento.
2.1
Quadro internazionale 4
Il problema del traffico di persone e della loro riduzione in schiavitù ha origini
lontane (a partire dal traffico di “schiavi” dai paesi dell’Africa a quelli
Si intende qui sottolineare – come precedentemente esplicitato nell’impianto metodologico di
questo lavoro di ricerca – che anche la ricostruzione del quadro normativo internazionale fa
riferimento a quanto riportato all’interno delle relazioni iniziali “di ricostruzione del contesto”
realizzate dai partner. L’obiettivo principale intendeva individuare gli elementi comuni ed i
riferimenti normativi – e culturali – rispetto al fenomeno della tratta dei partner del progetto e dei
relativi Paesi. In questo senso non è stata condotta una puntuale indagine normativa, per
questa ragione potrebbero evidenziarsi nel testo mancanze o lacune.
4
Tratto dalla relazione redatta dal FAMSI e dalla relazione redatta dai partner del Brasile.
3
23
dell’America Latina) ed ha assunto nel tempo un’attenzione pubblica diversa in
relazione anche alle finalità di sfruttamento del traffico. Contestualmente
all’ampiezza e diffusione del fenomeno – anche se in tempi più recenti con
riferimento agli ultimi cento anni – si è sviluppato il livello normativo di contrasto
al traffico e allo sfruttamento. In questa direzione è possibile trovare riferimenti
normativi internazionali già a partire dagli anni venti del secolo scorso,
rappresentati inizialmente da convenzioni tra gli Stati (1926 5), fino alla
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 che nel suo articolo 4
stabilisce che: “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di
servitù; La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi
forma”. Inoltre, la Convenzione relativa all'abolizione della schiavitù, della tratta
degli schiavi e dell’istituzione di pratiche analoghe alla schiavitù entrata in
vigore nel 1957 – basata sui contenuti della Convenzione del 1926 – estende il
concetto di schiavitù alla servitù per debiti e al matrimonio forzato. L’attenzione,
quindi, in questa serie di convezioni liberamente accettate e sottoscritte dagli
Stati è incentrata sulla condizione di assoggettamento della persona a cui
vengono negate le libertà individuali, come principale elemento che ne
determina
tale
condizione;
solo
successivamente
verranno
prese
in
considerazione anche gli effetti derivanti da tale condizione, come ad esempio
la violenza fisica e psicologica a cui gli individui ridotti in schiavitù sono soggetti.
Nel percorso di definizione di un apparato normativo di riconoscimento e
garanzia della libertà e dei diritti degli individui troviamo la Carta Internazionale
dei Diritti Umani costituita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dal
Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e dal Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici. La Carta Internazionale dei Diritti Umani
afferma un principio molto importante – che motiva anche la ragione della
costituzione di questi due strumenti – secondo il quale non può realizzarsi
l’ideale dell’essere umano libero senza che siano garantiti i diritti civili e politici a
tutti gli esseri umani ed insieme i diritti economici, sociali e culturali.
Si tratta della prima Convenzione internazionale per l’abolizione della schiavitù tra 36 Paesi
Europei ed appartenenti alle colonie extra-europee
5
24
Ancora in questa direzione troviamo La Convenzione sull'Eliminazione di Tutte
le Forme di Discriminazione Contro le Donne (CEDAW, entrata in vigore nel
1981), che ribadisce l'obbligo per gli Stati membri di adottare misure per
eliminare il traffico e lo sfruttamento della prostituzione delle donne 6. Negli
stessi anni anche la convenzione sui diritti del fanciullo (1989) inserisce articoli
sulla protezione dei bambini contro ogni forma di sfruttamento, considerandone
legalmente responsabili gli Stati.
Un ulteriore passaggio fondamentale nella direzione della lotta alla tratta è la
Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (1994), fino a
giungere alla Quarta Conferenza Mondiale delle donne tenutasi a Pechino nel
1995, nella quale con la Piattaforma d'azione si stabilisce, non solo l’obiettivo
strategico dell’eliminazione della tratta e delle forme di violenza derivanti dalla
prostituzione, ma si determina un passo in avanti nei confronti della concezione
della prostituzione. La prostituzione forzata viene infatti considerata come
violazione dei diritti umani, cosí da esculdere da questo quadro la prostituzione
liberamente esercitata. Nel 1996 il primo Congresso Mondiale contro lo
sfruttamento sessuale dell’infanzia pone l’accento sulle vittime minorenni e la
condanna inequivocabile nei confronti del loro sfruttamento.
Un’attenzione particolare ai bambini e alle donne è riconosciuta anche
all’interno della Convezione delle Nazioni Unite contro il Crimine Organizzato
Internazionale, noto come il Protocollo di Palermo (2000) e più in generale alle
vittime del traffico riconosciute come persone che soffrono una grave violazione
dei diritti umani. All’interno del Protocollo di Palermo l’attenzione alle vittime e al
rispetto dei diritti umani rappresentano, insieme alla cooperazione tra gli Stati
per la lotta contro le organizzazioni criminali, le finalità principali di tali accordo.
La finalità del traffico, invece, non appare significativa, lasciando così aperto il
ventaglio per le varie sfaccettature che assume lo sfruttamento; il termine
comprende il turismo sessuale, la prostituzione forzata, il matrimonio forzato, la
L’articolo 6 recita come segue: “Gli Stati aderenti adottano tutte le misure appropriate,
compresa la legislazione, per sopprimere tutte le forme di tratta delle donne e lo sfruttamento
della prostituzione delle donne"
6
25
prostituzione infantile, la pornografia infantile, lo sfruttamento sessuale, la
servitù, eccetera. In questo modo gli Stati aderenti si impegnano ad adottare
misure per proteggere e assistere le vittime di tratta in tutte le sue
manifestazioni e si impegnano a cooperare con le istituzioni che lavorano sulla
prevenzione del fenomeno.
Il Protocollo lega l’assistenza alle vittime con il contrasto alle organizzazioni
criminali internazionali che gestiscono i traffici garantendo protezione in caso di
testimonianza, mentre in caso contrario gli accordi generali prevedono molto
poco per garantire i diritti umani delle persone trafficate che non accettano di
testimoniare7.
Anche l’aspetto legato alla vulnerabilità sociale della povertà – che risulta
significativa per la maggior parte dei casi di traffico di persone per sfruttamento
sessuale – è trattata solo in maniera marginale all’interno del Protocollo e
rimandata al giudizio di ogni singolo Paese.
2.2 Normative a livello di macroarea
2.2.1 Il livello europeo8
A livello Europeo, in maniera strettamente connessa con quanto stabilito nel
Protocollo di Palermo, il Consiglio d’Europa nel 2005 ha definito una
Convenzione per l’azione contro la tratta di esseri umani. Gli obiettivi
dell’accordo
prevedono
un
ambito
dedicato
alla
prevenzione
e
alla
cooperazione con strumenti rivolti alla sensibilizzazione e disincentivazione
Si rimanda su questo tema all’analisi delle normative dei singoli Paesi partner per prendere in
considerazione nel dettaglio le opzioni previste.
8
Tratto dalla relazione redatta dal FAMSI.
7
26
della domanda, riconosciuta come causa della tratta di esseri umani, strumenti
di intervento alle frontiere e strumenti legati alla sicurezza. Un secondo obiettivo
si rivolge ai diritti delle vittime garantendo l’uguaglianza tra uomini e donne; tale
obiettivo prevede:
- l’identificazione e assistenza delle vittime;
- la protezione delle vittime;
- l’assistenza per un periodo di recupero e reinserimento sociale;
- il permesso di soggiorno.
L’accordo si occupa anche dell’aspetto penale legato al traffico di esseri umani;
in questa direzione gli Stati dovranno prevedere l’adozione di strumenti
legislativi necessari per identificare il reato di tratta come penalmente
perseguibile, ciò unitamente ad un intervento in materia di diritto processuale, il
quale consenta di definire nella legislazione di ogni singolo Paese la possibilità
di non subordinare l’intervento giudiziale alla denuncia delle vittime della tratta.
Un ulteriore obiettivo è rivolto sostanzialmente alla cooperazione internazionale
degli interventi in materia di tratta al fine di facilitare la collaborazione tra gli
organi di pubblica sicurezza, così come tra le Organizzazioni non Governative
dei diversi Paesi per costruire in maniera efficace un intervento di contrasto al
fenomeno della tratta.
In merito alla collaborazione internazionale la Convenzione prevede la
costituzione di un Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani
denominato GRETA. Il GRETA è formato da membri eletti da un gruppo di
Ministri
dei
Paesi
parte
del
Consiglio
d’Europa,
con
un’esperienza
multidisciplinare in grado di rispondere ai compiti loro assegnati. Il GRETA ha
sostanzialmente il compito di condurre un’analisi valutativa sulle procedure di
intervento dei Paesi e di fornire successivi suggerimenti e proposte affinché gli
interventi
possano
essere
migliorati.
Il
Comitato
delle
Parti 9
può
conseguentemente adottare le raccomandazioni del GRETA e fare in modo che
i Paesi membri le raccolgano. A partire dal 2009 il GRETA sta conducendo
l’analisi degli interventi dei singoli Paesi – ancora in corso – attraverso un
questionario rivolto agli stessi Paesi (suddivisi in gruppi di intervento) ed alcune
9
Organo del Consiglio d’Europa.
27
visite sul campo – già avvenute nei Paesi del primo gruppo, ovvero: Romania,
Moldavia, Georgia, Bulgaria, Croazia, Albania, Danimarca, Austria, Repubblica
Slovacchia e Cipro. La Convenzione del Consiglio d’Europa, quindi rappresenta
un passo importante nella direzione di un intervento complessivo e coordinato a
livello europeo di contrasto al traffico di esseri umani.
L’Unione Europea dal canto suo ha istituito una serie di norme con lo scopo di
prevenire e contrastare il fenomeno della tratta, a partire dall’azione comune del
1998
relativa
al
riconoscimento
penale
della
partecipazione
ad
una
organizzazione criminale. Successivamente, tra il 2001 e il 2002, si
intensificano le direttive in materia di lotta al traffico di esseri umani e al
riconoscimento della vittima nel processo penale. Ancora nel 2004 viene presa
in considerazione la condizione delle vittime di tratta di Paesi terzi, introducendo
la possibilità del rilascio
di permessi di soggiorno per contrastare
l’immigrazione illegale e la cooperazione tra le autorità competenti. Il contrasto
al fenomeno della traffico di esseri umani tiene in considerazione anche lo
sfruttamento lavorativo (Direttiva 2009/52/CE) introducendo sanzioni per i datori
di lavoro che occupino lavoratori di Paesi terzi in maniera irregolare.
Infine è necessario segnalare l’introduzione della Dichiarazione (2001/36)
concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la
protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio
2002/629/GAI. Tale Dichiarazione prevede:
-
precetti in relazione alle infrazioni e le relative sanzioni;
disposizioni relative alle indagini e il perseguimento del reato di traffico;
disposizioni in materia di assistenza e sostegno alle vittime della tratta di
-
esseri umani;
norme per la protezione delle vittime;
disposizioni in materia di prevenzione;
misure di controllo, di valutazione e di coordinamento.
Le disposizioni relative ai reati comprendono anche l'obbligo degli Stati di
includere le misure da adottare nei confronti degli autori del reato di tratta,
sequestro, nonché la confisca dei proventi derivati dalle attività connesse al
28
reato di tratta di esseri umani. Ancora più interessante si rileva la disposizione
relativa alla possibilità di esenzione da procedimenti penali delle vittime della
tratta per il loro coinvolgimento in attività illecite, a condizione che siano stati
costretti a commettere questi crimini come conseguenza diretta della tratta.
Per quanto riguarda le disposizioni in materia di indagini e del perseguimento
del reato di tratta, la direttiva sottolinea la responsabilità degli Stati, i quali
devono assicurare che le indagini o l'azione penale non dipendano dalla
deposizione o denuncia da parte della vittima. Ancora le disposizioni relative
all'assistenza e al sostegno alle vittime della tratta pongono un’attenzione
particolare, prevedendo disposizione specifiche, alle vittime minorenni.
Per quanto riguarda le disposizioni comuni in materia di tutela delle vittime della
tratta di esseri umani, la direttiva prevede, tra l'altro, che gli Stati membri
dovrebbero garantire che le vittime della tratta di un trattamento specifico per
prevenire la vittimizzazione secondaria, evitando, per quanto possibile e in base
ai criteri stabiliti dalla legislazione nazionale e delle norme in materia di
riservatezza, prassi o gli orientamenti dei tribunali:
-
ripetizioni non necessarie delle audizioni nel corso indagini, azioni penali
-
o di prova;
il contatto visivo fra le vittime e gli imputati;
testimoniare in tribunale;
chiedere informazioni sulla vita privata della vittima se non è
assolutamente necessario.
Questo strumento comprende anche l'obbligo dello Stato di adottare misure
speciali per la tutela dei minori vittime di traffico di esseri umani le indagini e le
azioni penali. Inoltre, è interessante sottolineare che nei precetti di tipo
preventivo interessante ancora una volta la direttiva prevede misure di
disincentivo della domanda, fornendo l'opportunità di criminalizzare l'uso dei
servizi realizzati attraverso il traffico di persone, quando vi è la consapevolezza
che la persona è vittima di questo crimine, come stabilito anche dal Protocollo
di Palermo. Infine, nelle misure in materia di monitoraggio, valutazione e
29
coordinamento, si può notare che la direttiva incentiva meccanismi di controllo a
livello statale sulla tratta di esseri umani.
2.2.2 Il Mercosul10
All'interno del Mercato Comune del Cono sud – Mercolsul e America del Sud –
quattro i Paesi hanno firmato e ratificato il Protocollo di Palermo: Argentina,
Brasile, Paraguay e Uruguay, nello specifico il Brasile e l’Argentina hanno
lavorato alla costruzione di un quadro legislativo nazionale per contrastare il
traffico di persone per sfruttamento sessuale. Tuttavia, il Paraguay ha costruito
un Piano Nazionale di Prevenzione dello sfruttamento sessuale e di protezione
dallo sfruttamento sul lavoro dei minori (a partire dal 2003), attraverso il quale
attivare una serie di azioni e di interventi. Allo stesso modo in Uruguay a partire
dal 2004 si sono concretizzate alcune azioni nella direzione di porre un forte
accento sul traffico di persone e sullo sfruttamento sessuale.
Un’azione rilevante per i Paesi del Mercosul è la realizzazione nel 2008 nella
città di Foz do Iguaçu/Brasile, dell'Oficina de Cooperação e Coordenação
Policial no Mercosul e Chile no Enfrentamento ao Tráfico de Pessoas. L'evento
ha visto la partecipazione dei paesi del Cono Sud e associati, specificatamente,
la delegazione del OIT in Brasile, le autorità del campo di giustizia di ogni paese
e delle forze di polizia, tale evento si é concluso con l'elaborazione del Progetto
di Lotta al Traffico di Persone.
Nello specifico l’intervento attivato in Argentina vede la realizzazione di politiche
pubbliche di contrasto al traffico di persone, con una specifica distinzione tra i
maggiorenni ed i minori di età (Legge nº. 26.364). Oltre a fare riferimento al
Protocollo di Palermo (2000), le politiche pubbliche argentine hanno portato
traguardi significativi, principalmente in relazione al consenso, ovvero anche se
la vittima è in qualche misura consenziente, si configura il reato di traffico, che
prevede il carcere. Un altro aspetto significativo é che le vittime non sono
10
Tratto dalla relazione redatta dai partner della città di Fortaleza.
30
considerate responsabili per aver contribuito alla realizzazione di questo tipo di
crimine, il che garantisce la protezione delle vittime contro qualsiasi tipo di
ritorsione o ingiustizia. Inoltre, viene riconosciuto alle vittime il diritto ad avere
un alloggio, essendo proibita la detenzione penitenziaria.
L'Argentina vanta un'avanzata legislazione per la lotta al crimine legato al
traffico, tuttavia si auspica ancora la realizzazione di ulteriori azioni sistematiche
di prevenzione e di attenzione al problema.
Il Brasile, in particolare, si distingue per la creazione di una Politica Nazionale di
Contrasto al Traffico di Persone (Decreto nº 5.948 del 26 di ottobre del 2006) la
stessa che ha istituito la creazione del Gruppo di Lavoro Interministeriale
affinché desse vita al Piano Nazionale di Contrasto al Traffico di Persone
(PNETP). Oltre a questi due strumenti, il Brasile si configura come uno dei
paesi che realizza molte azioni con l'intento di ridurre il fenomeno del traffico di
esseri umani, azioni e politiche che saranno descritte di seguito.
Le azioni politiche e legali realizzate dai paesi che compongono il Mercosul,
dimostrano l'impegno degli stessi nel voler reprimere e prevenire il crimine del
traffico di esseri umani, tuttavia vi sono ancora azioni significative da realizzare
rispetto ad uno dei nodi più cruciali del problema, l'esclusione sociale, la
mancanza di opportunità e la disuguaglianza sociale come fattori fondanti del
problema.
31
2.3 Il quadro Nazionale nei Paesi partner
2.3.1 Italia
2.3.1.1 Sintesi della norma11
L’aspetto centrale della normativa (art.18 del T.U. 286/98) in Italia riguarda la
concessione di un permesso di soggiorno per protezione sociale, aspetto che
introduce una novità nel panorama giuridico nazionale ed internazionale. Ciò
chiarisce immediatamente quale sia l’approccio della normativa, ovvero Il
permesso è rilasciato per consentire alla persona straniera di sottrarsi alla
violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad
un programma di assistenza ed integrazione sociale, su richiesta o previo
parere del procuratore della Repubblica.
La norma prevede, infatti, la possibilità di rilascio da parte del questore di “uno
speciale permesso di soggiorno allo straniero sottoposto a violenza o grave
sfruttamento, quando vi sia pericolo per la sua incolumità per effetto del
tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione criminale o delle
dichiarazioni rese in un procedimento penale”.
Il permesso di soggiorno assegnato attraverso questa procedura ha durata di
sei mesi e può essere rinnovato per un anno o “per il maggiore periodo
occorrente per motivi di giustizia” e “per motivi umanitari”.
Tale permesso, consente un effettivo inserimento sociale in quanto assicura
l’accesso ai servizi socio assistenziali e allo studio, l’iscrizione alle liste di
collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato. Alla scadenza del
permesso, qualora sia in corso un rapporto lavorativo, questo può essere
rinnovato per tutta la durata del rapporto di lavoro, in caso di lavoro a tempo
indeterminato può essere rinnovato «con le modalità stabilite per tale motivo di
Tratto da una sintesi esplicativa dell’art. 18 Testo Unico Immigrazione decr. Leg.vo 286/98
(Soggiorno per motivi di protezione sociale) e norme correlate, a cura dello sportello giuridico
Inti – Ass. Gruppo Abele Onlus.
11
32
soggiorno» e in mancanza di lavoro in permesso di soggiorno per attesa
occupazione.
Gli aspetti che definiscono ulteriormente la peculiarità di questa norma
consistono nella cosiddetta “strategia del doppio binario”, la quale prevede due
tipologie di percorso per ottenere il permesso di soggiorno ex art.18 T.U., il
percorso giudiziario ed il percorso sociale. Il primo può essere seguito nel caso
in cui la vittima decida di denunciare gli sfruttatori, in questo caso il Procuratore
della Repubblica può chiedere il rilascio del permesso di soggiorno per
protezione sociale, al fine di tutelare la vittima (e testimone al tempo stesso)
dalle
ritorsioni
della
rete
criminale.
Il
secondo
può
essere
attuato
indipendentemente dall’esistenza di un procedimento penale in cui la vittima
risulti testimone. In questo caso enti pubblici o privati riconosciuti che assistono
la persona vittima di tratta possono chiedere alla Questura il rilascio del
permesso di soggiorno a causa di una situazione di violenza o di intimidazione
nei confronti della persona.
I programmi di protezione sociale sono finalizzati ad assicurare un percorso di
assistenza e di protezione alle vittime della tratta attraverso strumenti diversi:
-
l’accoglienza (in case di fuga, comunità, case-alloggio, centri di
-
accoglienza, famiglie affidatarie, ecc),
l’offerta di sostegno psicologico;
l’assistenza medica;
la consulenza ed assistenza legale;
la proposta di formazione professionale;
l’erogazione di borse lavoro ed il conseguente inserimento lavorativo;
il rimpatrio assistito.
Vi sono inoltre una serie di norme collegate all’art.18 del T.U. che svolgono una
funzione importante, nello specifico la Legge 228/2003 recante “misure contro
la tratta delle persone” ha ridisegnato le fattispecie della riduzione in schiavitù
contenute nel codice penale. Nei rinnovati articoli 600, 601 e 602 del codice
penale si prevede un’ipotesi alternativa di riduzione o mantenimento in
schiavitù, basata sul presupposto di uno “stato di soggezione continuativa” della
vittima, riferendosi così ad un concetto molto più attuale, con sanzioni elevate,
33
ed introducendo, inoltre, una nuova figura di “tratta” che comprende diverse e
articolate ipotesi di movimentazione della vittima.
Nella stessa legge, l’art. 13 prevede l’istituzione e l’accesso per le vittime dei
reati previsti dagli art. 600 e 601 cod. pen. a programmi di assistenza che
garantiscono, in via transitoria, alloggio, vitto e assistenza sanitaria. Le
innovazioni
processuali
introdotte
dalla
legge
228/2003
costituiscono
applicazione di importanti principi di tutela dei diritti delle vittime, già sanciti a
livello internazionale.
L’art. 18, inoltre, è indissolubilmente legato all’art. 27 del Regolamento di
attuazione del T.U.12, il quale chiarisce il concetto di «grave sfruttamento», che
permette l’applicazione anche a quelle situazioni non legate specificamente a
violenza.
Con l’ingresso in Unione europea nel 1 gennaio 2007 di Romania e Bulgaria si
è reso necessario apportare alcune integrazioni alla norma. Infatti, molti cittadini dei
Paesi neo-comunitari, pur essendo vittime di gravi reati non avrebbero più potuto accedere ai
programmi di protezione sociale di cui all’art. 18 perché non più stranieri provenienti da paesi
extra Unione Europea. Si è quindi reso necessario porre alcuni “rimedi” normativi. In questa
prospettiva, vista la elevata percentuale di vittime provenienti da Paesi neo-comunitari è stata
concessa loro partecipazione ai programmi di protezione sociale.
Il decreto legge 300/2006 che introduce il comma 6bis dell’art. 18 del T.U. Imm.
286/98 afferma dunque che qualunque soggetto, anche appartenente ad uno
Stato membro (quindi anche un cittadino italiano) che si trovi in una situazione
di pericolo grave ed attuale, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai
condizionamenti di un’associazione dedita ad uno dei delitti di cui all’articolo 3
della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’articolo 380 del
codice di procedura penale, può essere ammesso a partecipare ai programmi di
assistenza e integrazione sociale.
Mentre il percorso giudiziario, legato ad una denuncia, ha trovato da subito
applicazione, il percorso sociale ha invece riscontrato diverse difficoltà.
12
DPR 394/99 così come modificato dall’art. 21 del DPR 18.10.2004 n. 334
34
Nonostante negli anni si siano susseguite diverse circolari, volte a sottolineare
la pari dignità tra i due percorsi in alcuni territori il percorso sociale stenta tuttora
a trovare la sua piena applicazione a causa di una certa resistenza delle
Questure al rilascio del permesso di soggiorno ex art.18 senza che sia stata
presentata una denuncia.
Fino ad oggi l’art. 18 è stato applicato per lo più a situazioni legate allo
sfruttamento sessuale, nei confronti di persone di sesso femminile: la portata
della norma, invece, si posiziona su parametri molto più ampi, comprendendo
anche altre modalità di sfruttamento, ad esempio per scopi lavorativi,
accattonaggio, traffico di organi. L’efficacia dell’applicazione della normativa è
strettamente correlata alla qualità dei rapporti esistenti, a livello locale, tra enti,
associazioni e autorità di Polizia.
2.3.1.2 I Servizi attivati a Torino 13
La Regione Piemonte ha evidenziato un’attenzione nei confronti della
prostituzione e della tratta già a partire dal 1999, in termini di intervento diretto e
di sostenendo l’attività del Coordinamento Interregionale con le Regioni Liguria
e Valle d’Aosta. Il Coordinamento contro la tratta ha visto la partecipazione di
enti del privato sociale ed enti pubblici che insieme hanno cercato di ottimizzare
gli interventi rivolti alle vittime di tratta.
Dal canto suo la Regione Piemonte nel 2008 ha istituito – con decreto regionale
– un Tavolo Interistituzionale di coordinamento degli interventi a favore delle
vittime di tratta14 e ha avviato il coordinamento del progetto “Piemonte in rete
contro la tratta”, che – attraverso i finanziamenti del Dipartimento per le Pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri – ha messo insieme le
risorse della Regione e degli enti partner pubblici e privati.
Tratto dalla relazione redatta dal Gruppo Abele e Comune di Torino.
D.G.R.n.33 – 8238 Composizione del Tavolo Interistituzionale di contrasto al traffico e allo
sfruttamento di persone e per il coordinamento degli interventi a favore di vittime di tratta
febbraio 2008.
13
14
35
Nel 2010 è uscito il primo report15 derivante dall’attività svolta dal
coordinamento “Piemonte in rete contro la tratta”, che ha fornito elementi utili
alla conoscenza del fenomeno della tratta sul territorio piemontese e all’analisi
degli obiettivi e interventi realizzati dagli enti locali e dal privato sociale nella
Regione.
A livello locale Il Comune di Torino realizza interventi a favore delle persone
vittime di tratta e prostituzione attraverso l’Ufficio Stranieri e l’Ufficio Minori
Stranieri della Divisione Servizi Sociali dell’Assessorato alla Salute, Politiche
Sociali e Abitative. Questi servizi hanno di fatto affrontato le problematiche
relative al sostegno delle persone vittime di tratta e prostituzione già prima
dell’avvio dei progetti correlati all’art. 18. Subito dopo l’emanazione dell’art.18
del D.Lgs.286/98, Il Comune – attraverso una Delibera – ha definito le linee di
intervento per l’aiuto alle vittime della tratta e per la riduzione dei comportamenti
a rischio. In quest’ottica dal 2000 al 2007 il Comune ha ricevuto i finanziamenti
per il Progetto “Freedom – Rete per l’aiuto e l’integrazione sociale delle donne
vittime della tratta e dello sfruttamento ai fini di prostituzione”.
Inoltre, a partire dal 2006 Il comune ha attivato il Progetto “Claris – Contro la
riduzione in schiavitù” rivolto a stranieri adulti e minori vittime di grave
sfruttamento e ridotti in schiavitù, ai sensi dell’art. 13 della legge 228/03, il cui
obiettivo è finalizzato a sostenere finanziariamente interventi assistenziali
immediati e urgenti, della durata di tre mesi, attivati dagli enti locali e dalle
organizzazioni no profit. In questo Progetto il Comune di Torino ha collaborato
con molti partner del privato sociale del territorio tra cui il Gruppo Abele onlus al
fine di garantire un sistema integrato ed efficace di interventi di prima
accoglienza nell’ambito del territorio cittadino e della provincia.
Il Gruppo Abele si occupa di prostituzione fin da quando, nei primi anni della
sua attività, gestiva una comunità-alloggio per prostitute che intraprendevano
un percorso di uscita. Accanto all’accoglienza in strutture e in famiglie di
appoggio, e in seguito, anche in comunità di fuga e alloggi di semi autonomia, il
15
Il report è disponibile sulla home page del sito www.piemonteimmigrazione.it
36
Gruppo Abele ha attivato dal 2007 una propria Unità di strada, con interventi
specifici per prevenire la diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili.
Il Gruppo Abele svolge un’attività non solo di intervento sociale, ma anche di
formazione per gli operatori, di ricerca attraverso il proprio Centro di
documentazione, di contatto con le associazioni dei giuristi che si occupano di
normativa sull’immigrazione, di pubblicazioni con la propria collana editoriale,
nonché di influenza e pressione politica rispetto alla definizione di normative o
interventi in materia. In questo senso il Gruppo Abele rappresenta un attuatore
delle politiche di contrasto, emersione e rinserimento sociale delle vittime di
tratta e quindi portatore – per il presente lavoro – di un esempio che può essere
ritenuto particolarmente significativo. Svincolato dalla necessità di rispondere
ad un servizio pubblico con obiettivi – e confini – specifici, come una pubblica
amministrazione il Gruppo Abele è solito affiancare alle attività di intervento
momenti di formazione specifica16 o di incontri seminariali17
Il Gruppo Abele gestisce fin dalla sua attivazione il numero di verde di denuncia
contro lo sfruttamento, il numero verde è stato istituito il 26 luglio 2000 su
iniziativa del Dipartimento per i Diritti e per le Pari Opportunità ed era articolato
in una postazione centrale e in 14 sedi locali decentrate sul territorio nazionale.
La postazione del Piemonte e Valle d’Aosta ha avuto come referente
istituzionale la Provincia di Torino ed è stata gestita fino al 31 luglio 2010 (data
di chiusura del servizio da parte del Dipartimento per le Pari Opportunità), dal
Gruppo Abele, che ha deciso di continuare il servizio a proprio carico,
mantenendo attive le collaborazioni sul territorio e le attività offerte.
Nel 2010 è stato realizzato il progetto Tra i due fuochi, rivolto alle polizie locali della Regione
Piemonte e in collaborazione con Caritas italiana, un percorso di formazione con stage in
struttura per operatori di realtà locali che vogliano attivarsi sul tema della tratta degli esseri
umani. Le prime realtà territoriali coinvolte sono state quelle di Cagliari, Crotone, Messina,
Palermo, Pescara, Sassari.
17
Sempre con riferimento al 2010 – anno precedente all’inizio delle attività del Progetto ETT
preso come riferimento per la ricostruzione del quadro delle attività dei partner – riportiamo
alcune delle attività seminariali: 1) “Prostituzione Indoor: seminario di approfondimento e
confronto sul fenomeno della prostituzione al chiuso”; 2) Progetto PAPAIA (Caritas italiana e
Gruppo Abele): seminario di primo livello sulla prostituzione e la tratta; 4)“Prostituzione di
strada: politiche delle amministrazioni tra istanze di sicurezza ed esigenza di tutela”; 5) “La Cina
è vicina”; 6) Progetto PAPAIA: “Per guardare oltre la transessualità”.
16
37
Gli obiettivi di questo servizio di accoglienza puntano ad offrire un’opportunità di
aiuto per le persone vittime di tratta, favorire l’emersione del fenomeno
raggiungendo anche le persone che esercitano la prostituzione al chiuso e
realizzare un collegamento di rete con tutte le realtà che, a vario titolo, lavorano
sul tema della tratta. Il numero verde indirizza le persone allo sportello di
accoglienza rivolto alle vittime di tratta, le quali possono accedervi anche
direttamente o essere inviati da altri operatori (forze dell’ordine, associazioni,
eccetera). L’obiettivo primario dello sportello è quello di fornire un orientamento,
un accompagnamento ai servizi 18 e un counselling per valutare la richiesta di
aiuto e la situazione di sfruttamento in cui si trovano.
Una sintetica valutazione delle attività svolte – in particolare dopo la chiusura
dello sportello nazionale – evidenzia che nel 2010 tra le chiamate provenienti
da Torino, provincia e Regione Piemonte la maggior parte delle vittime proviene
dalla Nigeria e la fascia di età prevalente è tra i 19 e i 25 anni. Un dato
significativo è l’aumento del numero delle chiamate da parte di cittadini e di
esponenti delle forze dell’ordine che hanno segnalato situazioni di sfruttamento
sessuale.
Come precedentemente ricordato, il Progetto prostituzione tratta ha attivato un
intervento di Unità di strada autonomo a partire dal 2007, con l’obiettivo anche
di compiere un’azione di monitoraggio sul territorio. L’attività si articola su due
uscite settimanali con un operatore (maschio e femmina), una mediatrice (di
nazionalità diversa a seconda delle zone frequentate dalle diverse nazionalità)
e un autista, con l’obiettivo quello di raggiungere le persone che si
prostituiscono in strada e fornire informazioni rispetto alla tutela della salute, ai
servizi del territorio (per facilitarne l’accesso) e ai percorsi di fuoriuscita dalla
prostituzione e dallo sfruttamento.
L’attività di accompagnamento prevede :1) accompagnamento ai servizi socio assistenziali
del territorio e per l’ottenimento dei documenti relativi all’assistenza; 2) accompagnamento in
questura per la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno e per i successivi rinnovi; 3)
accompagnamento presso le autorità Consolari dei Paesi di provenienza; 4) servizio di
mediazione interculturale.
18
38
L’intero Progetto prevede anche una Comunità di fuga e di pronta accoglienza
per donne migranti (anche con figli) vittime di violenza e sfruttamento sessuale,
nata per rispondere ai bisogni emersi dal Numero Verde e per incrementare i
posti in pronta accoglienza disponibili nella città di Torino. Il progetto di
comunità mira a supportare e seguire le donne nella prima fase del loro
percorso di uscita dalla vita di strada o da condizioni di difficoltà. In questo
periodo, in vista di definire un progetto individualizzato, le donne sperimentano,
nella condivisione tra loro, con gli operatori e i volontari, una gestione
partecipata della quotidianità. Inoltre, durante questo periodo viene messo loro
a disposizione un servizio di accompagnamento presso i servizi sanitari, gli
uffici amministrativi e/o la Questura, i servizi di mediazione interculturale e
all’organizzazione di corsi di formazione.
Lo Sportello Trampolino, invece, segue le persone vittime di tratta che hanno
ottenuto il permesso di soggiorno nella fase del reinserimento sociale ed è
dunque rivolto a chi è già stato in comunità o ha avviato un processo per uscire
dalla condizione di sfruttamento e vive a Torino o nella provincia. Il progetto
lavora sul percorso di autonomia, investendo sul rafforzamento delle
competenze linguistiche e professionali e intervenendo sui punti di debolezza
che spesso riguardano la gestione del denaro o il mantenimento del posto di
lavoro. Lo sportello Trampolino dispone di due alloggi e può ospitare fino a
quattro persone per un periodo che va dai sei agli otto mesi.
Il Gruppo Abele ha attivato anche uno portello giuridico (InTi) per offrire una
corretta e
completa informazione sulla legislazione, nazionale e internazionale, in tema di
tutela
delle vittime di tratta. Il servizio si avvale delle collaborazione dell’Associazione
Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) e ha il sostegno della Regione
Piemonte.
Nel
corso
degli
tempo
la
funzione
dello
sportello
si
è
progressivamente modificata, a causa dei continui cambiamenti nella disciplina
sull’immigrazione e adesso ha sviluppato un’ampia rete di collaborazione anche
39
con associazioni che operano su tutto il territorio nazionale. A livello territoriale
lo sportello legale fornisce soprattutto un orientamento verso i servizi che
rispondono alle esigenze di coloro che vi si rivolgono, con un ruolo di contatto
ed intermediazione19.
2.3.1.3 I servizi attivati a Genova 20
Il Comune di Genova ha attivato, da oltre dieci anni, un lavoro di rete e di
sinergia di interventi con la Provincia di Genova e con gli enti e le associazioni
che operano sia nella città che nella provincia nel settore dell’immigrazione,
insieme anche alla Provincia di Savona e di La Spezia. Il finanziamento
concesso dal Ministero delle Pari Opportunità – nell’ambito della normativa
riferita all’art 18 T.U. – a partire dal 2000 ha permesso una maggiore
strutturazione delle attività e dei servizi e di offrire alle persone vittime della
tratta e di sfruttamento sessuale soluzioni concrete.
E’ stato elaborato in questa direzione il Progetto “Sunrise” con l’obiettivo di
sostenere
il
superamento
dell’emarginazione
dovuta
alla
tratta,
allo
sfruttamento sessuale, al grave sfruttamento lavorativo, all’accattonaggio e di
favorire la crescita soggettiva delle persone vittime con la creazione di un
sistema di interventi a livello regionale.
La realizzazione del Progetto “Sunrise” permesso di attivare azioni concrete
come la Postazione locale numero verde, l’Unità di Strada, l’accoglienza in
comunità residenziali e i percorsi di reinserimento sociale, attraverso una
Riportiamo di seguito alcuni esempi delle attività svolte dallo sportello: 1) informazioni sulle
leggi in vigore relative all’assistenza alle vittime di tratta e all’attivazione di percorsi per un loro
reinserimento sociale; 2) linea telefonica dedicata alle informazioni; 3) informazioni per il
disbrigo di pratiche relative al ricongiungimento familiare, riconoscimento dello status di
rifugiato, ricorso avverso a decreto di espulsione, ingresso e reingresso sul territorio nazionale,
licenziamento senza giusta causa; 4) orientamento e informazione rispetto a situazioni
concernenti i Minori Stranieri Non Accompagnati; informazioni rispetto alle norme per l’accesso
al Servizio Sanitario Nazionale di adulti e minori, al mondo del lavoro (sistema dei contratti,
inserimento nelle liste del collocamento); 5) orientamento verso i servizi socio-assistenziali, di
accoglienza, prefetture, questure, rappresentanze diplomatiche italiane all’estero e straniere in
Italia.
20
Tratto dalla relazione redatta dal Comune di Genova.
19
40
modalità di lavoro collaborativa tra gli enti che ha permesso di evitare
sovrapposizioni e sprechi di energie.
I contatti con le persone vittime di tratta avvengono attraverso lo sportello di
segretariato sociale del Comune di Genova – rivolto ad un’utenza più ampia – il
numero verde o l’unità di strada. Dopo il primo contatto le persone vengono
indirizzate alle operatrici del Progetto “Sunrise” che attivano un percorso di
ascolto e accoglienza per le persone che in qualche misura manifestino
l’intenzione di uscire da questa condizione. L’obiettivo è quello di costruire
percorsi di uscita condivisi e attuabili, attraverso una presa in carico
complessiva delle persone che va dall’accoglienza residenziale al sostegno
economico, psicologico e socio-educativo. I servizi prevedono inoltre un
accompagnamento per le pratiche per rilascio permesso di soggiorno,
l’attivazione di percorsi di apprendimento della lingua italiana, formativi e/o di
inserimento nel mondo del lavoro e il sostegno nella ricerca di soluzioni
abitative autonome. Il lavoro di rete con gli enti e le associazioni che operano
nel settore consente di attuare piani di intervento integrati, di
avere una
raccolta, elaborazione e divulgazione dati sull’utenza seguita e di costruire
modalità di lavoro concordate con le forze dell’ordine.
Per poter raggiungere i suddetti obiettivi e per approntare modalità di intervento
efficaci si è costituita presso UCST un’equipe che segue la realizzazione degli
interventi, ne monitora la realizzazione e elabora nuove strategie di risposta e
intervento rispetto ai bisogni via via espressi e/o individuati.
Inoltre a partire da dicembre 2009, dopo un attento lavoro di mediazione e di
conciliazione con i cittadini residenti e i commercianti e dopo una apposita
convenzione firmata con la sezione genovese del Comitato per i diritti civile
delle prostitute, è partito operativamente un gruppo di 3 operatrici esperte
affiancate da peers educators individuate tra alcune donne che si prostituivano
liberamente e che si erano avvicinate al progetto. Il gruppo di lavoro ha scelto
come nome del progetto “Le Graziose” ed ha iniziato un fruttuoso lavoro di
contatti e mappatura del territorio. Inizialmente si sono sollecitati degli incontri
41
con i soggetti coinvolti: gli abitanti della zona della Maddalena, le Associazioni
dei Commercianti, le sexworkers non ancora contattate dal Gruppo delle
Graziose. Ciò per evidenziare, raccogliere istanze ed eventuali contesti in cui la
richiesta di interventi è maggiormente evidente e favorire l’emersione di
proposte e pensiero collettivo sulle azioni da intraprendere. Dagli incontri sono
emersi due dati fondamentali che riguardano la modalità d’incontro e la
modalità d’intervento. Sembra, infatti, preferibile e più funzionale al dialogo e
allo scambio di idee e informazioni l’incontro in piccoli gruppi e/o in singolo;
inoltre si è resa palese l’esigenza di intraprendere azioni che riguardino piccoli
contesti, per dare vita a micro azioni di cambiamento efficaci.
È stata attivata, inoltre, una collaborazione con Il Patto per la Maddalena
(azione interassessorile messa in campo dall’amministrazione con i residenti
per promuovere azioni di risanamento e vivibilità del quartiere) che ha messo a
disposizione alcuni locali che vengono utilizzati come Sportello d’ascolto. La
presenza è stata resa più evidente attraverso il passa-parola fra le sexworkers,
la distribuzione di volantini esplicativi nei locali commerciali vicini e nei
condomini. L’attività dello sportello sembra funzionare per il momento
maggiormente con le donne che esercitano la prostituzione in zona. Emergono
problemi riguardanti più la convivenza con le colleghe che la vivibilità con i
residenti. I proprietari di locali commerciali sono per lo più vissuti come una
buona risorsa sul territorio. Si sono create piccole reti fra sexworkers e
residenti, ciò favorisce lo scambio di istanze e di esigenze (che per lo più
sembrano coincidere) fra le parti. Per la peculiarità dello Sportello stesso, che
sembra facilitare il colloquio rendendolo più “discreto”, è facile che le donne
affrontino argomenti che non gradiscono toccare davanti alle colleghe. Grazie al
lavoro dello sportello sono state segnalate alcune situazioni di sfruttamento.
È, inoltre, importante sottolineare che il progetto “Sunrise” rappresenta una
realtà
strutturata come punto di riferimento per consulenze e sostegno su
queste tematiche. L’universo prostituzione, nella Regione Liguria come del resto
in Italia, ha subito negli anni notevoli evoluzioni e cambiamenti che, anche in
42
seguito alla recente normativa nazionale, riguardano in gran parte le modalità
dell’esercizio in luoghi chiusi quali appartamenti, alberghi e locali notturni. Tale
spostamento ha comportato notevoli difficoltà di contatto e obbligato il progetto
ad individuare nuove strategie di intervento costruite proprio sulla specificità,
rivisitando in parte, gli strumenti previsti e le attività ipotizzate per l’azione sul
campo.
Infine, per quanto riguarda il panorama regionale, nel rispetto della tipologia
progettuale, l’obiettivo generale è prioritariamente mirato alla costruzione di un
sistema ligure. L’intervento sul territorio della provincia di Savona intende
sperimentare uno specifico modulo di intervento per la definizione e la gestione
di piani di azione individuali basati su una progettualità centrata sull’individuo,
sul ricorso costante alla mediazione linguistica culturale, sul coinvolgimento
attivo della rete territoriale, sulla valorizzazione dei servizi esistenti al fine di
creare reali opportunità di inserimento sociale e lavorativo. Le attività verranno
svolte in stretta collaborazione con gli operatori dei centri per l’impiego
territoriali di Savona, Albenga e Carcare, prevedendo l’accoglienza e l’accesso
“mediato” dei beneficiari a tutti i servizi.
Per quel che concerne il territorio della provincia di La Spezia le azioni
riguarderanno principalmente una attività di connessione e di rete,
di scambio di buone prassi
e di accoglienza di situazioni che
necessitano di un allontanamento dal territorio per ragioni
sicurezza.
2.3.2 Andalusia21
La Spagna ha adottato il Protocollo di Palermo, inserendolo nel proprio codice
penale, con la Legge 5/2010 del 22 di giugno, prima della quale non esisteva
una definizione del reato di tratta nella legislazione spagnola. La tratta nel
21
Tratto dalla relazione redatta dal FAMSI
43
nuovo codice penale è definita nell’articolo 177 bis (Titolo VII bis – tratta di
esseri umani) ed è prevista anche nella nuova legislazione in materia di
immigrazione. L’art. 177 bis stabilisce che:
1. saranno puniti con una pena da cinque a otto anni di prigione per
il reato di tratta di esseri umani coloro che, sia nel territorio spagnolo,
sia dalla Spagna, in transito o con destinazione finale, usando
violenza, intimidazione o inganno, o abusando di una situazione di
superiorità, di necessità o di vulnerabilità di una vittima, di origini
spagnole
o
straniera,
catturando,
trasportando,
spostando,
accogliendo, ricevendo o alloggiando persone con le seguenti
finalità:
a. imposizione di lavoro o servizio forzato, la schiavitù, la
servitù o mendicare;
b. lo sfruttamento sessuale, inclusa la pornografia;
c. l’estrazione di organi.
2. Anche quando non si ricorra in nessuno di questi fini, si
considererà tratta di essere umani qualsiasi comportamento
esplicitato nell’articolo 1 quando rivolta a minori di età con fini di
sfruttamento.
3. Il consenso di una vittima di tratta è irrilevante quando ci si trova
nella fattispecie di sfruttamento indicata in questo articolo.
Sono, inoltre, considerati aggravante di reato – prevedono quindi un aumento
della pena prevista – le seguenti situazioni:
1. la persona vittima di tratta sia posta in pericolo di vita;
2. la vittima sia minore di età;
3. la vittima sia particolarmente vulnerabile per ragioni di salute, disabilità o
4.
condizione;
chi realizza questi atti lo faccia abusando della sua condizione di
autorità o funzione pubblica, circostanza che implica l’interdizione
assoluta da sei a dodici anni;
5. chi compie questi atti faccia parte di una organizzazione criminale.
44
Antecedentemente a questa norma il Governo aveva previsto un Piano
Integrale di Lotta alla Tratta di esseri umani con fine di sfruttamento sessuale,
con
un
programma
di
attuazione
triennale.
Il
Piano
prevedeva
la
sensibilizzazione, prevenzione e indagine sul fenomeno, la formazione,
l’assistenza alle vittime, le misure legislative di contrasto e le misure di
cooperazione. Il Piano era articolato in cinque macro obbiettivi che ne
determinavano anche le modalità di intervento. Il primo obbiettivo riguardava la
garanzia di protezione alle vittime e ai testimoni, data la vulnerabilità dei
soggetti coinvolti in questo tipo di procedimenti. Tale garanzia passa attraverso
la possibilità di utilizzare le dichiarazioni delle vittime come elemento di prova in
sede giudiziale, il che implica un’informazione adeguata alle vittime sui loro
diritti, la protezione dei loro dati identificativi e della loro intimità, la protezione
dei familiari delle vittime nel paese di origine e gli strumenti di coordinamento
tra le polizie. Questo tipo di procedura è legata alla Legge 19/1994 di
protezione dei testimoni nelle cause criminali, che mostra però evidenti margini
di inefficacia rispetto alle esigenze specifiche delle vittime di tratta. La legge,
infatti, consente che la vittima ottenga una protezione speciale come testimone
nel caso in cui decide di collaborare alle indagini e di testimoniare in sede
giudiziale, seguendo una proceduta che ne garantisca l’anonimato, pur tuttavia
la giurisprudenza pone alcuni dubbi all’applicabilità di tale norma a causa di
limiti alla difendibilità della parte accusata.
Un altro obiettivo del Piano di intervento stabilisce la necessità di migliorare il
livello informativo delle vittime sui loro diritti, in particolare in ambito sanitario,
dei servizi sociali e di polizia, producendo materiale informativo. In questa
direzione il Ministero della salute, Politiche sociali e uguaglianza ha pubblicato
sul proprio sito una mappatura delle risorse a disposizione delle vittime di tratta
a fini di sfruttamento sessuale. Nel 2011 erano presenti sul territorio nazionale
451 centri di assistenza per le vittime in grado di offrire supporto psicologico,
medico, sociale, giuridico e di inserimento lavorativo. Di questi 195 dispongono
di un totale di 397 posti di accoglienza per le donne e i bambini per una durata
media di 6/9 mesi. La mappatura è stata realizzata attraverso il contributo degli
45
Istituti della Donna delle comunità autonome locali, dalla Rete spagnola contro
la tratta e delle organizzazioni e associazioni che realizzano le attività di
sostegno. Questa mappatura però non è stata diffusa in maniera capillare tale
da diventare un riferimento efficace per le vittime o per il personale che lavora
nei servizi di supporto. Al momento gli strumenti utilizzati dagli operatori del
settore sono quelli prodotti dalla Rete Spagnola contro la Tratta di esseri umani
che ha definito una guida per l’identificazione e protezione delle vittime ed una
giuda delle risorse disponibili nel territorio, fornite per lo più dalle stesse
organizzazioni che compongono la rete 22, le quali oltre a svolgere attività di
intervento e servizi lavorano sul fronte della sensibilizzazione anche con
l’obiettivo di determinare un’influenza politica sul tema.
Oltre alle informazioni sui servizi un obiettivo del Piano è quello di migliorare gli
interventi di assistenza alle vittime e di creare centri di accoglienza specifici per
le vittime di sfruttamento sessuale. In particolare nel territorio della Spagna non
ci sono strutture di accoglienza delle vittime, se non quelle delle ONG o
organizzazioni religiose, che non ricevono alcun finanziamento pubblico per
questo tipo di servizio. La Comunità Autonoma dell’Andalusia in questa
direzione ha sottoscritto una convezione con l’Istituto Andaluso della Donna, le
corporazioni locale e gli istituti religiosi che offrono questo servizio, al fine di
sostenere concretamente, anche in termini economici, l’accoglienza alla vittime.
Anche l’assistenza giuridica specializzata per le vittime, offerta con il supporto
di una mediazione linguistica, rientra negli obiettivi del Piano Nazionale,
intervenendo attraverso una formazione specifica per gli avvocati, costruendo
una rete di mediatori linguistici e fornendo l’assistenza gratuitamente. Questo
indirizzo di azione implica un’attenzione anche rispetto all’identificazione
temporanea delle vittime di tratta che fa riferimento alla legge sui diritti, le libertà
e l’integrazione sociale degli stranieri in Spagna, la quale prevede che vengano
adottate misure specifiche per l’identificazione delle vittime di tratta in
conformità con quanto previsto dalla normativa europea.
L’elenco delle organizzazioni che fanno parte della Rete è consultabile sul sito
www.redcontralatratta.org
22
46
Infine, l’ultimo obiettivo del Piano Nazionale prevede la protezione integrale
delle vittime che si trovino in situazione di irregolarità amministrativa, ovvero
senza permesso di soggiorno. Questo obiettivo esprime in sé un limite evidente
rivolgendosi alle sole vittime di origine straniera ed extra comunitaria, come se
questo rappresentasse una condizione necessaria o inevitabile alla condizione
di vittima di tratta.
D’altro canto per i casi in cui le vittime siano effettivamente di origine straniera il
Piano Nazionale intende semplificare le procedure per la concessione delle
autorizzazioni per la residenza e per il lavoro, così come le procedure per le
identificazioni delle vittime con i paesi di origine. Inoltre, il criterio di attenzione
alla vittima prevede che sia riconosciuto alla stessa il tempo necessario per
decidere in merito alla propria collaborazione con le autorità giuridiche e sia
stabilito un sostegno economico alla vittima in questo periodo di riflessione o la
possibilità di ritornare nel proprio paese.
Su questo punto la normativa nazionale ha recepito le indicazioni delle direttiva
europea definendo la procedura di intervento della polizia giudiziaria in caso di
identificazione di una vittima di tratta, come provvedere alla sua protezione e
alla protezione di eventuali familiari presenti nel territorio nazionale, le modalità
di gestione del periodo di riflessione che viene concesso alla vittima di tratta per
decidere in merito alla propria collaborazione attiva nel percorso giudiziario e le
modalità di sostegno al reinserimento sociale e lavorativo delle vittime, nel caso
di una collaborazione giuridica.
La legge consente anche la richiesta da parte delle vittime dello stato di
rifugiata per motivi umanitari e per discriminazione sulla base del genere e un
permesso di residenza per la stessa ragione. La persecuzione può definirsi
anche in termini di rischio per i familiari della vittima nel paese di origine e di
possibilità per la vittima di essere nuovamente “trafficata”. L’attenzione ai rischi
eventuali per la vittima è di notevole importanza sia sul piano teorico che di
attuazione pratica, per evitare che il diritto – una volta riconosciuto dalla
47
normativa – non sia eluso con il rischio di incorrere addirittura in una espulsione
da parte di una vittima23.
Nel 2010 è stato definito anche un Piano di azione contro lo sfruttamento
sessuale di bambini e adolescenti che, anche in questo caso, intende
incorporare la normativa europea sui minori vittime di tratta, ma che non è
ancora stato sviluppato e implementato pienamente.
2.3.2.1 La normativa locale
Nel territorio della Comunità Autonoma Andalusa non esiste un provvedimento
specifico contro la tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma esistono piani di
intervento che affrontano aspetti correlati, attraverso i quali possono essere
intraprese azioni concrete. Una legge del 2007 della regione autonoma ad
esempio definisce gli strumenti di prevenzione e protezione contro la violenza di
genere, nel quale individua le prostitute come soggetti altamente vulnerabili e
tra queste le vittime di tratta come soggetti destinatari di strumenti specifici.
Anche nel Piano Andaluso della Salute è prevista particolare attenzione alle
persone a rischio di esclusione sociale e alle persone vittime di sfruttamento
sessuale, per le quali sono previsti strumenti specifici di intervento sanitario, ciò
affiancato
da
un
Piano
di
attenzione
alla
prostituzione,
realizzato
dall’Assessorato della salute e da otto ONG.
Anche la legge andalusa dell’uguaglianza affronta la questione dello
sfruttamento sessuale e del traffico di donne, proponendo azioni di prevenzione
e attenzione nei confronti di donne vittime di sfruttamento. Nello specifico il
piano strategico della normativa prevede la realizzazione e la divulgazione di
indagini sulle conseguenze dello sfruttamento sessuale, la coordinazione dei
programmi di prevenzione, garantire l’inclusione delle donne vittime di tratta,
garantire la diffusione di materiale informativo tra gli operatori del settore –
compresi gli operatori di polizia – e la loro formazione su come gestire la
relazione con le vittime di tratta.
Per quanto l’Istituto andaluso della Donna non disponga di risorse rivolte
all’assistenza e all’accoglienza delle vittime di tratta, ha definito un accordo con
23
Casi di questo tipo sono talvolta segnalati dalla Rete contro la Tratta di esseri umani.
48
le organizzazioni presenti sul territorio che offrono questo tipo di servizio per la
loro sovvenzione a sostegno degli interventi rivolti alle vittime di tratta con fini di
sfruttamento sessuale.
A livello delle singole province non necessariamente è prevista una normativa
specifica, ma in tutte le province esiste un tessuto associativo attivo sul tema e
che in qualche misura fornisce i servizi di base per le vittime di tratta con fini di
sfruttamento sessuale.
La città di Cordoba
Il Difensore della cittadinanza della città di Cordoba ha promosso un tavolo di
coordinamento tra gli enti che realizzano interventi a favore delle vittime di
tratta, promozione che si è interrotta al cambio di direzione politica alle
successive elezioni. Il tavolo ha continuato comunque ad incontrarsi per la
volontà delle organizzazioni non governative che ne fanno parte, con l’obiettivo
di coordinare gli interventi nel territorio. Anche la Conservatoria della Salute ha
promosso un tavolo di confronto con le stesse organizzazioni presenti sul
territorio ponendo l’attenzione sulle questioni relative all’assistenza sanitaria alle
vittime di tratta e anche alle persone che si trovano in prostituzione affinché
possano ottenere in modo semplificato e rapido gli interventi di cui necessitano
La città di Jaén
Non esiste a livello locale alcuna normativa che affronti direttamente ed in modo
esplicito la tratta o le problematiche legate alla prostituzione in generale ed
anche la Conservatoria della Donna non ha aperto alcun tavolo di
coordinamento fra le realtà che operano nel settore, ciò che viene realizzato su
questo tema afferisce agli interventi dell’Istituto Andaluso della Donna, senza
alcuna articolazione locale o forma di finanziamento.
La città di Huelva
La provincia di Heulva vive una situazione particolare a causa della grande
concentrazione di prostituzione di strada, con la presenza di vittime di tratta e
prostituzione “stagionale” legata al mercato del lavoro agricolo. Il Comune però
non
offre
programmi
o
finanziamenti
specifici
e
l’intervento
rimane
completamente appannaggio delle ONG presenti sul territorio. In particolare gli
interventi più significativi delle ONG del territorio si concentrano nel settore
sanitario e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
La città di Cadiz
49
Nella città di Cadiz esiste dal 2003 un Piano di attenzione sanitaria rivolto a chi
esercita la prostituzione, al fine di attuare interventi di prevenzione per le
malattie sessualmente trasmissibili, per le gravidanze indesiderate, fornire
assistenza adeguata per le persone tossico dipendenti ed in generale ridurre
l’esclusione sociale e favorire l’inserimento lavorativo. Nel 2011, però è stata
emessa una “Ordinanza di convivenza civile” che prevede sanzioni contro la
prostituzione in luoghi pubblici, in linea con quanto stanno realizzando alcuni
piccoli centri della provincia (così come accade nella provincia di Almeria).
L’obiettivo è quello di sanzionare chi offre, sollecita, negozia in maniera diretta o
indiretta servizi sessuali a pagamento in luoghi pubblici, spingendo così la
prostituzione a luoghi chiusi e nascosti.
La città di Almeria
Nella provincia di Almeria esiste un ordinanza di “Convivenza e sicurezza
cittadina” promossa dal reparto per la sicurezza che prevede disposizioni
specifiche in materia di prostituzione. L’ordinanza proibisce la prostituzione
negli spazi pubblici, con sanzioni previste per chi la promuove, compresi i
clienti, e chi si trova in situazione di prostituzione. Detta ordinanza è stata
osteggiata dalle organizzazioni che lavorano sul territorio in questo ambito, in
quanto sanzioni di questo tipo non possono far altro che peggiorare le
condizioni di chi è socialmente più debole. Contemporaneamente, esiste anche
un protocollo di intesa in materia di salute pubblica – stabilito tra l’assessorato
alla salute, le ONG e le organizzazioni religiose – rivolto alle persone che si
trovano in situazione di prostituzione, al fine di facilitare il loro accesso ai servizi
di cui necessitano. Anche nel Comune di El Ejido, nella Provincia di Almeria, il
Comune ha emesso un ordinanza simile che prevede sanzioni per chi è in
situazione di prostituzione, ignorando l’eventuale condizione di sfruttamento o
tratta. Ciò appare particolarmente rilevante per in un contesto come quello della
provincia di Almeria con una alta concentrazione di popolazione straniera
impiegata nel mercato del lavoro agricolo stagionale ed in condizione di fragilità
sociale.
La città di Malaga
50
Nella città di Malaga “l’Ordinanza per la garanzia della convivenza cittadina e la
protezione dello spazio urbano” non parla esplicitamente di prostituzione, come
le ordinanza delle altre città, ciononostante un’interpretazione stesa da parte
dell’amministrazione pubblica fa rientrare la prostituzione tra le “attività e
prestazione di servizi non autorizzati”. L’effetto di questa interpretazione rende
gli effetti di questa ordinanza del tutto simili a quelle delle altre città
precedentemente descritte, ovvero è sanzionata l’offerta, la negoziazione e
l’accettazione di prestazioni sessuali sulle strada pubbliche a meno di duecento
metri dai centri abitati, educativi, parchi infantili o centri commerciali, con
riferimento sia alle prostitute che ai clienti. Una piccola inversione di tendenza si
rileva in questa città a seguito dell’azione dell’Associazione delle donne,
transessuali e travestiti lavoratori del sesso in Spagna (Amttse) che ha ottenuto
il riconoscimento di uno spazio pubblico – distante da centri abitati ed altro
come previsto dall’ordinanza – in cui poter praticare la prostituzione senza
incorrere in sanzioni.
La città di Granada
Anche la città di Granada nel 2009 ha emesso un’ordinanza per la garanzia
della convivenza cittadina nello spazio pubblico simile a quelle delle altre città
dell’Andalusia, con l’obiettivo di evitare che l’offerta di servizi sessuali nelle
strade potesse danneggiare la pacifica convivenza. Anche in questo caso sono
previste sanzioni pecuniarie per infrazioni lievi che si limitano a ricordare le
disposizioni dell’ordinanza alle persone che non la stanno osservando, fino a
sanzioni economiche rilevanti. Questa ordinanza però tiene conto in qualche
misura del Piano Comunale per l’uguaglianza tra donne e uomini il quale
intende favorire la promozione sociale in particolare delle donne a rischio di
esclusione, come le donne che esercitano la prostituzione. In questa direzione
l’ordinanza dispone che gli importi derivanti dalle sanzioni siano utilizzati ai
seguenti fini: fornire servizi sociali alle persone che esercitano la prostituzione,
formazione ad aiuto agli agenti delle autorità locali e a tutto il personale che
lavora a contatto con le persone in situazione di prostituzione per fornire loro
appoggio per l’uscita dal mercato del sesso e sostegno al programma per
l’ordinamento sul lavoro sessuale. Inoltre, nella città di Granada è presente un
51
tavolo di confronto tra organizzazioni che lavoro in materia di prostituzione di cu
fanno parte associazioni, ONG, organizzazioni religiose ed anche l’autorità di
governo della città.
La città di Siviglia
La provincia di Siviglia evidenzia sostanziali differenze rispetto alle altre
province del territorio andaluso, innanzitutto attraverso il Piano di azione per lo
sradicamento della tratta, della prostituzione e di qualsiasi forma di sfruttamento
sessuale e con l’ordinanza per la lotta alla tratta della città di Siviglia. Questa
ordinanza a differenza di quanto descritto in precedenza non prevede sanzioni
per le donne in situazione di prostituzione, prevede invece sanzioni contro lo
sfruttamento sessuale. Inoltre, il piano di azione ha attivato un tavolo sul tema a
cui partecipano, insieme al comune, tutte le associazioni e organizzazione che
lavorano sul tema presenti sul territorio. Il Piano prevede cinque aree di
intervento: sensibilizzazione, prevenzione e ricerca, formazione e ambito
educativo, assistenza e protezione alle vittime, coordinamento e cooperazione.
Le organizzazioni all’interno di queste cinque aree lavorano al fine di
raggiungere obbiettivi specifici di miglioramento delle condizioni delle vittime di
tratta e compiere complessivamente un’azione di contrasto alla tratta con fini di
sfruttamento sessuale. L’area della sensibilizzazione e formazione prevede
interventi sia di carattere generalizzato, rivolti alla popolazione in generale, sia
specificatamente rivolti agli operatori che lavorano a vario titolo nel settore, o a
chi lavora nelle pubbliche amministrazioni. Allo stesso modo l’area della
formazione si occupa di costruire e promuovere percorsi specifici per tutti i
soggetti che a vario titolo nel proprio lavoro posso entrare in contatto con vittime
di tratta. Conseguentemente alla sensibilizzazione e formazione l’area rivolta al
rafforzamento della collaborazione e al coordinamento degli interventi si pone
l’obiettivo di rendere strutturali ed efficaci le relazioni tra gli operatori e le
organizzazioni del settore.
Infine l’area rivolta all’assistenza e protezione delle vittime ha l’obiettivo di
capitalizzare gli interventi messi in opera da parte delle diverse organizzazioni
attraverso lo sviluppo di un programma di attenzione alle vittime, facilitando
52
l’accesso ai servizi , promuovendo l’assistenza immediata e la protezione,
sostenendo percorsi di indipendenza economica per le vittime.
2.3.2.2 I servizi nella regione autonoma andalusa
Nel
territorio
dell’Andalusia
sono
presenti,
come
già
accennato,
sia
organizzazioni non governative senza scopo di lucro sia organizzazioni religiose
che intervengono con attività di diverso tipo a favore delle vittime di tratta, nelle
città e nelle province andaluse. Si configura quindi una tipologia e
organizzazione dei servizi non centralizzata e completamente affidata al settore
del privato sociale il quale interviene prevalentemente con finanziamenti propri,
derivanti da progetti o donazioni nel caso delle istituzioni religiose. Per quanto
l’offerta dei servizi sia differenziata tra i territori e tra le organizzazioni, è
possibile individuare una tendenza alla scelta e definizione degli interventi. Le
istituzioni religiose sono pressoché le sole ad offrire servizi di accoglienza
residenziale per le donne che intendono uscire dalla condizione di prostituzione
e per le vittime di tratta, tra queste si ricordano: il Progetto Esperanza realizzato
da Adoratrices Esclavas del Santisimo Sacramento, Hermanas Oblatas del
Santissimo Redentor e la comunità Villa Teresita.
Le ONG sul territorio andaluso si occupano prevalentemente di servizi di
assistenza medica, giuridica e psicologica, di servizi basici per la distribuzione
di prodotti alimentari ed igienici (interventi di bassa soglia), servizi per le
persone tossico dipendenti, di orientamento lavorativo e talvolta di accoglienza,
tra queste si ricordano: ACCEM, AIMUR, APRAMP, Associacion AMIGA por los
derechos humanos de las mujeres, Associacion Antaris, Associacion de la
mujer emancipada, Asociacion de mujeres progressistas Victoria Kent, Mujer en
Zon de Conflicto ed altre ancora.
In molti territori queste organizzazioni, sia religiose che laiche, realizzano
attività di attenzione e ascolto alle vittime di tratta o in situazione di prostituzione
attraverso le unità mobili di strada. Il loro intervento inoltre si estende ad
iniziative di sensibilizzazione del livello politico in relazione alla prevenzione e
lotta contro al tratta e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul fenomeno.
53
2.3.3 Brasile
2.3.3.1 Il livello federale
Il Protocollo di Palermo (2000) è stato promulgato in Brasile attraverso il
Decreto Ministeriale del 12 Marzo 2004 e serve da riferimento per il contrasto al
traffico di persone con fini di sfruttamento sessuale.
Il traffico di persone in Brasile è diventato una priorità della gestione del
governo federale a partire dal 2003, nello specifico, quando la lotta al traffico di
donne e bambine è stata inclusa nel Piano Pluriennale. Questa decisione è
avvenuta a seguito delle raccomandazioni dell'Organizzazione degli Stati
Americani (OEA), affinché i paesi membri realizzassero un'indagine nel territorio
nazionale rispetto al traffico per sfruttamento sessuale di bambini, adolescenti,
e donne. La ricerca ha fatto emergere la gravità e l'ampiezza del problema,
tanto da far adottare al Governo strategie di intervento.
Nel 2003 è stato siglato un partenariato tra la segreteria del Ministero di
Giustizia e il Dipartimento droga e crimine delle Nazioni Unite – UNDOC per la
realizzazione del Progetto Globale di Prevenzione al Traffico di Esseri Umani.
Per la realizzazione di questo progetto si è resa necessaria l'implementazione
di Dipartimenti Statali di prevenzione al Traffico Internazionale di Esseri Umani
e Assistenza alle vittime negli stati in cui è stata diagnosticata la maggiore
incidenza di traffico: Ceará, Goiás, Rio de Janeiro e San Paolo. Il quadro di
intervento del Piano Pluriennale ha quindi recepito questi interventi secondo
due priorità: la formazione di professionisti della rete di assistenza alle vittime e
la realizzazione di un’indagine sul traffico di persone nel paese.
Nel 2006, inoltre, è stata approvata la politica Nazionale di Lotta al Traffico di
Persone (con Decreto n. 5.948, del 26 di Ottobre del 2006), [...] la quale si pone
l'obiettivo di stabilire principi, direttrici e azioni di prevenzione e repressione del
54
traffico di persone e di assistenza alle vittime[..]24. La Politica Nazionale ha
come suoi principi guida: 1. il rispetto alla dignità della persona; 2. la non
discriminazione per motivi di genere, orientamento sessuale, origine etnica o
sociale, provenienza, nazionalità, professione, razza, religione, età, situazione
migratoria, o altri status; 3. la protezione e assistenza integrale alle vittime
dirette e indirette, indipendentemente dalla nazionalità e dalla collaborazione ai
procedimenti giuridici; 4. la promozione e garanzia alla cittadinanza e dei diritti
umani; 5. il rispetto dei trattati internazionali dei diritti umani; 6. l’universalità,
indivisibilità e interdipendenza dei diritti umani; 7. la trasversalità nelle politiche
pubbliche delle dimensioni di genere, orientamento sessuale, origine etnica o
sociale, provenienza, razza, età (Politica Nazionale di Lotta al Traffico di
Persone, Capitolo II, Sezione I, Art. 3º, 2006).
La Politica Nazionale ha come sue direttrici generali il rinforzo del patto
federativo attraverso l'intervento congiunto e articolato di tutte le sfere di
governo nella prevenzione e repressione del traffico di persone, così come
nell'assistenza e reinserimento sociale delle vittime. Un elemento centrale
diviene
il
sostegno
della
cooperazione
internazionale
attraverso
la
collaborazione con organizzazioni non governative nazionali e internazionali e
la creazione di una rete di lotta al traffico di persone. Inoltre, attraverso il
rinforzo delle azioni nelle regioni di frontiera, nei porti, aeroporti, stazioni di
autobus e stazioni ferroviarie e nelle maggiori aree di incidenza è possibile
condurre una verifica delle condizioni delle vittime più funzionale. La Politica
Nazionale ha, inoltre, l’obiettivo di incentivare la realizzazione di ricerche e la
condivisione dei dati che ne derivano, nonché incentivare la formazione di
professionisti per la prevenzione e repressione del traffico di persone e per
l’intervento sulle condizioni delle vittime e dell'assistenza e reinserimento
sociale delle vittime. Gli indirizzi generali prevedono, inoltre, l’armonizzazione
delle legislazioni e procedimenti amministrativi a livello federale, statale, e
municipale rispetto al tema, l’incentivo alla partecipazione della società civile in
istanze di controllo sociale delle politiche pubbliche nelle aree di lotta al traffico
24
Politica Nazionale di Lotta al Traffico di Persone, Art. 1º, 2006.
55
di persone, l’incentivo alla partecipazione degli organi di classe e consigli
professionali nelle discussioni sul traffico di persone. (Politica Nazionale di Lotta
al Traffico di Persone, Capitolo II, Sezione II, Art. 4º, 2006).
Le direttrici specifiche della Politica Nazionale di Lotta al Traffico di Persone
sono le seguenti:
1. l’implementazione di misure preventive nelle politiche pubbliche, in modo
integrato e intersettoriale nelle aree di salute, educazione, lavoro, sicurezza,
giustizia, turismo, assistenza sociale, sviluppo rurale, sport, comunicazione,
cultura, diritti umani;
2.
l’appoggio
e
realizzazione
di
campagne
socio-educative
e
di
sensibilizzazione in ambito internazionale, nazionale, regionale e locale,
tenendo conto delle diverse realtà e linguaggi;
3. il monitoraggio e la valutazione delle campagne con la partecipazione della
società civile;
4. l’appoggio alla mobilizzazione sociale e rinforzo della società civile;
5. il rinforzo dei progetti già esistenti e stimolo alla creazione di nuovi progetti di
prevenzione e lotta la traffico di persone25.
Per quanto riguarda invece le direttrici specifiche di repressione dei crimini
riconducibili al traffico e la responsabilizzazione dei loro autori, esse sono così
sintetizzabili:
1. la cooperazione tra organi di polizia nazionali e internazionali;
2. la cooperazione giuridica internazionale;
3. il rispetto della segretezza dei procedimenti giuridici e amministrativi, nei
4.
termini stabiliti dalla legge;
la integrazione con le altre politiche ed azioni di repressione e
responsabilizzazione degli autori dei crimini correlati.
Infine, per quanto concerne le direttrici specifiche di assistenza alle vittime di
traffico di persone, sono le seguenti (Capitolo II, Sezione II, Art. 7º, 2006):
25
Politica Nazionale di lotta al traffico di persone, capitolo II, sezione I, art. 5º, 2006
56
1. la protezione e assistenza giuridica, sociale e sanitaria;
2. la assistenza consolare alle vittime dirette e indirette, indipendentemente
dalla situazione migratoria e dall'occupazione;
3. la accoglienza e rifugio provvisorio;
4. il supporto al reinserimento sociale con garanzia di accesso all'istruzione,
cultura, formazione professionale e al lavoro;
5. il reinserimento famigliare e comunitario dei bambini/e e adolescenti
vittime;
6. la presa in carico dei bisogni specifici delle vittime, con particolare
attenzione alla questione di genere, orientamento sessuale, origine
etnica o sociale, provenienza, nazionalità, razza, religione, età,
situazione migratoria, status professionale o altri status;
7. la protezione dell'intimità e dell'identità delle vittime;
8. la rilevazione, mappatura, aggiornamento e divulgazione
delle
informazioni rispetto alle istituzioni governative o non governative.
In questa cornice, il Decreto 5.948 ha istituito il Gruppo di Lavoro
Interministeriale incaricato della elaborazione della proposta di Piano Nazionale
di Lotta al Traffico di Persone (PNETP). Il coordinamento del Gruppo era di
competenza di tre organi federali (Ministero della Giustizia, Segreteria Speciale
per le Politiche delle Donne e Segreteria dei Diritti Umani) ed altrettante erano
le tematiche previste come prioritarie nel Decreto: la prevenzione, la
repressione del traffico di persone e la assistenza alle vittime.
Il Piano è stato approvato nel 2008 (Decreto n. 6.347 dell'8/1/2008) e stabilisce
gli obiettivi organizzati in diverse priorità, ovvero:
a) rilevare, sistematizzare, elaborare e divulgare studi, ricerche, informazioni e
esperienze sul traffico di persone;
b) qualificare e formare attori coinvolti in modo diretto o indiretto con il contrasto
al traffico di persone nella prospettiva di valorizzare i diritti umani;
c) mobilitare, sensibilizzare gruppi specifici e comunità in generale rispetto al
tema del traffico di persone;
d) diminuire lo stato di vulnerabilità al traffico di persone di alcuni gruppi sociali
specifici;
57
e) articolare, strutturare e consolidare un sistema nazionale di riferimento e di
accoglienza delle vittime di traffico, a cominciare dai servizi sociali esistenti;
f) perfezionare la legislazione brasiliana in materia di contrasto al traffico di
persone e rispetto ai crimini correlati;
g) ampliare e perfezionare la conoscenza rispetto alle politiche e azioni di
contrasto al traffico di persone nelle istanze e negli organi coinvolti nella
repressione al crimine e nella responsabilizzazione degli autori;
h) sostenere la cooperazione tra organi federali, statali e municipali coinvolti nel
contrasto al traffico di persone per un intervento articolato nella repressione del
traffico di persone e nella responsabilizzazione degli autori;
i) creare e migliorare strumenti per la lotta al traffico di persone;
j) strutturare gli organi responsabili per la repressione del traffico di persone e
per la responsabilizzazione degli autori;
k) incrementare la cooperazione internazionale per la repressione al traffico di
persone.
Il Piano è un documento molto rilevante in quanto attraverso di esso, lo Stato
brasiliano riconosce l'esistenza del traffico di esseri umani nel suo territorio
come un crimine di natura complessa e che deve essere affrontato con la
partecipazione dell’intera società oltre che degli apparati statali e federali. A
seguito della promulgazione del Piano, sono stati implementati – come primo
passo operativo - i Nuclei di Sicurezza per la Lotta al Traffico di persone,
rinforzati anche grazie al Programma Nazionale di Sicurezza e Cittadinanza
(Pronasci, azione nº. 41) ed in collaborazione con i Governi Statali (Ceará, São
Paulo, Goias, Pará, Pernambuco, Rio de Janeiro, Acre e Bahia contano già con
un Nucleo di Lotta al Traffico di Persone).
Le iniziative del Governo statale di S. Paolo
58
Le iniziative del governo statale di San Paolo nella Lotta al Traffico di Persone
sono iniziate nel 2004 attraverso la Segreteria di Giustizia e difesa della
Cittadinanza o l'ufficio di Prevenzione e contrasto al Traffico di Esseri Umani
(convenzionato con il Governo Federale e il Consolato Americano).
A tale fine è stato creato il Nucleo di San Paolo la cui missione era: “[...]
implementare politiche pubbliche volte alla lotta al traffico di persone nello stato
di San Paolo alla luce del Protocollo di Palermo, delle politiche e dei piani di
contrasto al traffico di persone a livello federale, statale, come determinate nel
Decreto nº 54.101, del 12 di Marzo
2009, e della Ordinanza n° 31, del
20/8/2009” (Rapporto di Esecuzione del Piano Nazionale di Lotta al Traffico di
Persone. Segreteria Nazionale di Giustizia, Ministero della Giustizia. 1°
edizione. Brasilia, 2010).
A queste iniziative, nell’ambito del già citato Piano Nazionale di Lotta al Traffico
di Persone, sono state realizzate a livello di Stato di S. Paolo altre azioni per
combattere il crimine del traffico di persone. Tra queste vanno citate:
-
la attivazione di un Comitato Inter-istituzionale di Prevenzione e Lotta al
Traffico di Persone (CIPETP) e la costituzione di CIPETP locali a
Guarulhos (il quale ha una ulteriore rete locale e si riunisce
periodicamente per la programmazione e l'esecuzione degli interventi
necessari, collaborando con il Comitato statale di Prevenzione e
sradicamento del Lavoro minorile e del Programma Bolsa Família e il
Nucleo di Studi per la prevenzione dell'AIDS dell'Università di San
Paolo), San Paolo (che opera attraverso gruppi di lavoro dedicati alla
qualificazione professionale interna ed esterna; alla sistematizzazione di
dati e ricerche; alla comunicazione interistituzionale).
-
L’avvio di uno Sportello avanzato di assistenza umanitaria presso
l’aeroporto di Guarulhos (si veda oltre per ulteriori dettaglio in proposito);
-
la istituzione della Commissione Municipale di Lotta alla Violenza, Abuso
e Sfruttamento Sessuale contro Bambini/e e Adolescenti (CMESCA, il cui
59
obiettivo è quello di discutere e presentare le linee guida definite nel
relativo Piano Municipale);
-
la realizzazione di azioni socio-educative specifiche con lo scopo di
informare e qualificare professionalmente il maggior numero di attori
coinvolti nella tematica (ad esempio: formazione professionale per gli
insegnanti delle scuole pubbliche; video sul traffico di persone;
costruzione di una banca-dati sulle vittime al fine di favorire la creazione
e l'implementazione di politiche mirate).
Un altro insieme di azioni di estrema rilevanza è quello denominato di “ricercaattiva” (blitz): sono definite tali quelle azioni realizzate dal NETP insieme agli
organi di repressione e responsabilizzazione che fanno parte dei Comitati Interistituzionali e prevedono la realizzazione dei così detti blitz realizzati nei locali
valutati come sospetti, nei quali si pensa ci siano vittima di sfruttamento
sessuale o di lavoro. Durante queste azioni, l'equipe del NETP si occupa di
assistere le vittime, mentre invece la Polizia e il Pubblico Ministero svolgono le
funzioni di tipo repressivo.
Oltre all’assistenza offerta dal Nucleo, è attiva una rete locale di assistenza alle
vittime che unisce le diverse forme di repressione e di sostegno ed ha come
obiettivo il rinforzo delle relazioni tra istituzioni governative, organizzazioni nongovernative, persone e entità affini per rendere effettiva la Politica Nazionale di
Lotta al Traffico di Persone. L’organizzazione della rete opera per tematiche:
bambini/e e adolescenti, LGBTT, genere. Questa divisione è stata adottata
perché l'assistenza avvenga in modo specializzato e specificatamente alle
esigenze del caso, nelle diverse forme.
Infine, gli interventi di prevenzione, repressione e responsabilizzazione sono
attuati anche attraverso servizi di assistenza 24 ore su 24 e l’attivazione di
numeri di telefono per la raccolta delle denunce.
60
2.3.3.1
La città di Guarulhos
La tematica del Traffico di Persone ha iniziato ad essere affrontata nel
Municipio, effettivamente a partire dal 1999 con il lavoro di Asbrad
(Associazione Brasiliana di Difesa delle Donne, dell'Infanzia e della Gioventù)
che rivolge i suoi interventi alle donne minacciate o deportate nell'aeroporto
Internazionale di Guarulhos. Fino a quel momento l'accoglienza era stata
effettuata esclusivamente dalla Polizia Federale e dalla Infraereo.
A partire dal 2000, ASBRAD ha iniziato un’attività di prevenzione, attraverso
campagne informative, con distribuzione di materiali, partenariati con organi e
imprese locali, oltre ad una serie di seminari educativi. La prevenzione è stata
incrementata dalla partecipazione del Brasile come firmatario del Protocollo di
Palermo, a partire dal 2004. Altre Istituzioni di carattere non-governativo sono
state coinvolte in tale processo contribuendo significativamente al patrimonio di
informazioni che ASBRAD ha potuto elaborare.
Successivamente, rispettivamente nel 2005 e nel 2006, le due ricerche
entrambe intitolate “Indícios de Tráfico de Pessoas no Universo de Deportadas
e Inadmitidas que regressam ao Brasil via Aeroporto de Guarulhos” (“Indici di
Traffico di Persone nell'Universo dei Deportati\e e Non-ammessi che ritornano
in Brasile attraverso l'Aeroporto di Guarulhos” di Adriana Pistitelli), hanno
evidenziato la dinamica del traffico in Guarulhos e hanno ulteriormente
sostenuto, indirettamente, l'assistenza alle vittime.
In concomitanza a questi fatti è stata lanciata la Politica Nazionale di Lotta al
Traffico di Persone (Decreto n° 5.948/06 del 26/10/2006) e ASBRAD si è
affiliata alla Aliança Global contra o Tráfico de Mulheres- GAATW: inoltre, con
l'appoggio tecnico e finanziario dell'organizzazione CORDAID, olandese, è
stato dato inizio alle attività del “Punto di Assistenza Umanitario ai Migranti26”.
Il Municipio di Guarulhos in accordo con le iniziative nazionali e come risultato
del lavoro sviluppato fino ad allora ha emanato la Legge Municipale n. 6.233
Maggiori Informazioni sul Punto Umanitario di Assistenza ai Migranti sono date
successivamente in questo paragrafo.
26
61
che proibisce “la giustificazione, l'incentivo, la pratica o l'intermediazione di
prostituzione infantile negli spazi di divertimento, hotel, motel, bar, ristoranti e
simili”. Tale legge promuove un'azione educativa e la lotta al traffico sessuale
infantile, così come contro qualsiasi azione che faccia riferimento o incentivi tale
crimine, con provvedimenti legali per coloro che sono coinvolti/e, intendendosi
quelle situazioni che possano rientrare nel traffico di persone per sfruttamento.
Nel 2008 con il lancio del Piano Nazionale di Lotta al Traffico di Persone, il
Punto di Assistenza Umanizzata ai/alle Migranti si sono organizzati in modo da
dare priorità alle tre linee di indirizzo formulate dalla Politica Nazionale di Lotta
al Traffico: 1) prevenzione al traffico di persone; 2) repressione al traffico e
responsabilizzazione dei suoi autori; 3) attenzione alle vittime, per tali azioni
sono state elencate undici priorità.
Tra marzo e settembre 2010 ha avuto inizio al processo di transizione dei
servizi dei Punti Umanitari dell'Aeroporto di Guarulhos di responsabilità del
municipio, tramite la Segreteria di Assistenza Sociale e Cittadinanza di
Guarulhos, che in questo periodo si è occupata congiuntamente anche
dell'accoglienza dei/delle migranti.
Sempre nel 2010, anche considerando quanto disposto a livello nazionale in
materia di Servizi Socio-Assistenziali, sono stati attivati alcuni servizi o
programmi forniti dai Centros de Referência Especializada da Assistência
Social (CREAS), ovvero:
-
Servizio di Protezione e accoglienza Specializzata delle famiglie e degli
individui (PAEFI), articolato in: Protezione Sociale di Bambini/e
Adolescenti vittime di Violenza, Abuso e sfruttamento sessuale e delle
loro famiglie; Programma di Sradicamento del Lavoro Infantile (PETI);
Ponto Avançado (sportello) di Assistenza Umanitaria ai/alle Migranti;
-
Servizio Specializzato di Approccio Sociale;
-
Servizio di Protezione Sociale di Adolescenti.
-
Servizio di Protezione Sociale per Persone con disabilità, anziani/e e le
62
loro famiglie.
Nell’ambito di questi servizi una particolare importanza è assunta dal Punto
Avanzato di Assistenza Umanitaria attivato nell’aeroporto internazionale di
Guarulhos dall'equipe del CREAS in collaborazione con ASBRAD, dal quale ne
è stata mutuata la metodologia di intervento. Il punto svolge servizi di
accoglienza ed assistenza alle persone deportate, non-ammesse o che hanno
scelto il rimpatrio volontario nel Paese27 le quali siano state oggetto di traffico a
fini di sfruttamento sessuale o lavoro in schiavitù, violenza della Polizia,
maltrattamenti, vessazioni morali o psicologiche, violenze domestiche. In
particolare, la metodologia di servizio è stata discussa e valutata partendo da
“che cos`è l'accoglienza umanitaria” e quali siano le procedure adatte. I punti
(snodi) qualificanti di questa metodologia sono i seguenti:
-
la persona assistita è accolta dall'équipe;
-
successivamente, è accompagnata per lo svolgimento delle pratiche
burocratiche all'interno dell'aeroporto (per esempio il ritiro dei bagagli, o il
cambio di moneta, eccetera);
-
quindi, l'équipe di assistenza fornisce, attraverso il dialogo e l’ascolto,
diverse opzioni di invio alla persona assistita cercando al tempo stesso di
riconoscere situazioni di violazioni dei diritti sofferti dalla persona;
-
infine, l’équipe invia la persona alla rete di accoglienza (A experiência da
Asbrad no Atendimento às vítimas durante la formazione delle reti di
attenzione – Un Manuale: 2011: 57).
È importante sottolineare che le modalità di relazione con l'utente sono di
fondamentale importanza per il modo stesso in cui è stato concepito questo
servizio di prima accoglienza nel quale l'assistenza sarà innanzitutto focalizzata
sull'ascolto per identificare le possibili situazioni di violazione dei diritti. A tal fine,
27
Nello specifico, i deportati/e sono coloro che abitano in un altro Paese e sono rinviati per aver
oltrepassato il periodo di permanenza concesso dall'autorità migratoria, o per aver commesso
qualche tipo di infrazione mentre i non-ammessi/e sono persone alla quali le autorità straniere
rifiutano l'entrata nel paese di destinazione generalmente perché temono una potenziale
migrazione irregolare.
63
per guidare nella identificazione delle situazioni di traffico di persona e di altre
violazioni accadute durante processo migratorio, sono state definite alcune
domande di base, costruite secondo specificato nel Protocollo di Palermo.
La procedura di accoglienza attivata in aeroporto ha quindi l’obiettivo di
prevenire il traffico il che può avvenire in tre momenti:
-
prima che si verifichi il fenomeno (prevenzione primaria);
-
durante il fenomeno, al fine di non aggravare la condizione della persona
e/o la minimizzazione degli effetti (prevenzione secondaria);
-
dopo il fenomeno, ovvero come protezione successiva attraverso la non
ri-vittimizzazione della vittima e la riduzione dei danni causati.
In seguito a questo tipo di assistenza si arriva al momento degli invii, terza fase
della procedura che darà la risposta opportuna alle necessità identificate, anche
se solo iniziale in alcuni casi. Questa situazione può verificarsi anche con l'invio
della vittima alla sua città natale, anche per incontrarsi con i suoi familiari.
L'accompagnamento del caso, la maggior parte delle volte, rimane a carico
della città\stato\paese in cui la vittima è stata inviata e non necessariamente
dello sportello.
Oltre allo schema generale delle procedure dello sportello, sono stati creati altri
schemi per l'accoglienza di donne, transessuali e uomini: tutti seguono le
indicazioni che si trovano all'interno del manuale A experiência da Asbrad no
Atendimento às vítimas e na capacitação das redes de atenção .
2.3.3.2
La città di Fortaleza
Per quanto riguarda lo stato del Ceará e il Municipio di Fortaleza, il processo di
costruzione della legislazione specifica è affidato ad un ampio Gruppo di Lavoro
creatosi all'interno del Gabinetto della Gestione Integrata Municipale (GGIM),
64
una delle azioni del programma Nazionale di Sicurezza Pubblica con
Cittadinanza (Pronasci)28.
Per quanto riguarda invece gli interventi operativi, essi sono realizzati dal
Nucleo di Fortaleza29 (denominato Nucleo di Lotta al Traffico di Persone –
NETP) il quale appartiene alla Segreteria di Giustizia e Cittadinanza del Ceará
Sejus. È stato istituito nel 2005 e, fino a novembre dello stesso anno,
funzionava all'interno dell'edificio del Ministero Pubblico di Fortaleza mentre nel
dicembre 2007 è stato trasferito presso il Sejus.
I suoi obiettivi specifici sono numerosi: diffondere informazioni; sensibilizzare e
rendere cosciente la popolazione sul fenomeno, elaborare azioni di prevenzione
e di lotta, promuovere seminari, formazioni, elaborare materiale didattic,
produrre ricerche, attivare collaborazioni e partenariati, ricevere denunce,
formare il personale, accogliere e proteggere le vittime, promuovere il
reinserimento
sociale
e
familiare
delle
vittime
attraverso
percorsi
di
accompagnamento pisco-sociale.
Il Nucleo lavora pertanto secondo tre direttrici: prevenzione, contrasto e
assistenza. Inoltre, esso raccoglie le denunce e le invia al Ministero Pubblico
Federale e alla Procura della Repubblica dello Stato del Cearà. L'ufficio riceve
qualsiasi persona dimostri interesse a collaborare, sporgendo una denuncia o
semplicemente che voglia ottenere informazioni sul tema e nel caso di
denunce, le dichiarazioni e i nomi sono mantenuti segreti.
La sede del GGIM é all'interno della Guarda Municipale di Fortaleza ed é composto da:
Guarda Municipale e Difesa Civile di Fortaleza, Segreteria dello Sport e Tempo Libero(Secel),
Segreteria Municipale di Assistenza Sociale (Semas), Segreteria Municipale di Sviluppo
Economico (SDE), Segreteria Municipale della Salute (SMS), Segreteria Municipale di
Educazione (SME), Segreteria di Cultura di Fortaleza (Secultfor), Segretaria di Turismo di
Fortaleza (Setfor), Fondazione dei Bambini e della Famiglia Cittadina (Funci), Autarcuia
Municipale dei Trasporti, Servizi Pubblici e di Cittadinanza di Fortaleza (AMC), Coordinamento
Speciale delle Politiche per le Donne, Coordinamento Speciale delle Politiche per la Gioventù,
Coordinamento delle Politiche per la Diversità Sessuale, Consiglio Municipale dei Diritti dei
Bambini e degli Adolescenti (Comdica), Segretaria di Sicurezza Pubblica e Difesa Sociale
(SSPDS), Segretaria del Lavoro e Assistenza Sociale, Segreteria di Stato di Giustizia e Difesa
della Cittadinanza, Polizia Civile, Militare, Federale, Ferroviaria, Corpo dei Vigili del Fuoco,
Ministero di Giustizia.
29
Informazioni ottenute dal sito della Sejus http://www.sejus.ce.gov.br/index.php/nucleos/42nucleos/78-tsh.
28
65
L'ufficio del nucleo si compone di una équipe interdisciplinare di avvocati,
psicologi e assistenti sociali. L'accompagnamento della singola persona
dipende dalle necessità specifiche del singolo caso, necessità che possono
essere di tipo giuridico, psicologico, assistenziale o informativo. Il Nucleo svolge
attività di prevenzione al fine di evitare la perpetuazione ed il ripetersi del
crimine, attraverso la raccolta delle denunce e la diffusione di informazioni sul
traffico di persone,.
Il Nucleo lavora in collaborazione con una ampia rete di istituzioni 30 e con
alcune Università Pubbliche e private (UFC, UECE, UNIFOR, UVA),
organizzazioni non-governative (ONG) e la società civile attraverso i suoi istituti
di rappresentanza.
Lo Sportello Avanzato di Assistenza Umanitaria al/alla migrante di Fortaleza
(PAAHM), è stato inaugurato nel marzo del 2011 e ha come obiettivo il
contrasto e la prevenzione al traffico di persone nelle aree dell'aeroporto
internazionale Pinto Martins. La sua principale funzione è quella di offrire
servizio di accoglienza a brasiliani non-ammessi o deportati che transitano
nell’aeroporto. È compito dello sportello fornire informazioni sui documenti e
sulle procedure per viaggi nazionali e internazionali; sui diritti e doveri dei
brasiliani all'estero e degli stranieri/e in Brasile; sui servizi consolari e, in
generale, qualsiasi altra informazione necessaria e pertinente. Oltre a ciò il
PAAHM raccoglie denunce e supporta le indagini della polizia: a questo
proposito, ad esempio, il NETP insieme al PAAHM ha realizzato un corso di
aggiornamento per agenti di polizia federali della migrazione che prestano
servizio all’aeroporto con l'obiettivo di spiegare loro il lavoro svolto dal NETP e
dal PAAHM e stabilire così una collaborazione per facilitare il lavoro dell'équipe
insieme al personale dello sbarco internazionale.
30
Il Governo di Stato del Ceará; la Segreteria di Giustizia e Cittadinanza; il Ministero Pubblico
Federale; la Procura della Repubblica dello Stato del Ceará; Ministero Pubblico Statale; Poteri
giuridici Statale e Federale; Polizia Federale, Polizia ferroviaria Federale; Segreteria di
Sicurezza Pubblica dello Stato del Ceará; Difesa Pubblica dello Stato del Ceará e Ordine degli
Avvocati del Brasile (OAB-Ce).
66
I dati sugli interventi del PAAHM sono ancora provvisori, dato il suo limitato
tempo di funzionamento.
2.3.4 Romania
2.3.4.1 La normativa31
Il fenomeno della tratta si sviluppa in Romania all’inizio degli anni’90. Tra i fattori
che hanno favorito il fenomeno vi e la posizione geografica della Romania,
situata in prossimità delle principali vie di traffico di esseri umani tra l’Asia e
l’Europa Occidentale, la transizione verso una società democratica e la libera
circolazione tra le frontiere, il bisogno di emigrazione dei cittadini romeni
alimentato dalle difficoltà di natura economica.
In tale periodo, i tentativi per contrastare il fenomeno della tratta erano molto
sporadici, soprattutto a causa della mancanza di un quadro giuridico adeguato
per sostenere gli sforzi necessari a prevenire e contrastare tale crimine. Gli
aspetti problematici dello sviluppo del fenomeno della tratta sono stati segnalati
all’inizio da parte delle autorità e della società civile dei paesi terzi, e poi a livello
nazionale da parte delle autorità giudiziarie e da alcune organizzazioni non
governative che offrono servizi per le donne maltrattate o più in generale
difendono i diritti delle donne. In tale contesto, nel periodo antecedente l’anno
2001 non si parla ufficialmente della tratta in Romania.
La tratta e stata riconosciuta come reato in Romania dalla Legge 678 del 21
novembre 2003, in esecuzione degli obblighi derivanti dalla sottoscrizione da
parte della Romania nel 2001 a Palermo della Convenzione delle Nazioni Unite
contro la criminalità organizzata transnazionale ed il Protocollo aggiuntivo sulla
prevenzione e contrasto della tratta, in particolare donne e bambini.
Tratto dal Report di ricerca “Speranze in vendita. Ricerca qualitativa relativa alla tratta a scopo
di sfruttamento sessuale in Romania e in Italia, nel periodo 2007-2011” a cura di Animanova.
31
67
Con la Legge n. 678 del 2001 sono punibili i vari tipi di tratta, e definito il quadro
giuridico per contrastare il reato di tratta e vengono introdotte regole per
proteggere e assistere le vittime, le loro famiglie ed i testimoni.
Dall’ adozione fino ad ora, la Legge n. 678 del 2001 e stata modificata
ulteriormente per adattarla alla legislazione internazionale e all’evoluzione e alle
caratteristiche del fenomeno. Un cambiamento fondamentale nel quadro della
legislazione nazionale e stato introdotto dalla legge 230 del 20104, in forza
della quale:
• è stato definito il concetto di vittima del reato di tratta, e lo status di vittima
viene mantenuto indipendentemente dal fatto che la persona in causa partecipi
o meno al processo come parte lesa;
• sono punibili le richieste di servizi sessuali a una persona trafficata, punendo
gli utenti con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o con una multa;
• viene assicurata la protezione fisica sia delle vittime della tratta che dei
membri dei gruppi, fondazioni, associazioni e ONG che svolgono attività di
assistenza;
• è previsto il rimpatrio dei cittadini romeni vittime della tratta con il sostegno del
Ministero degli Affari Esteri che si fa carico del viaggio;
• vengono rafforzate le misure di intervento e protezione delle vittime,
prevedendo la sistemazione delle vittime della tratta in strutture protette, presso
le Direzioni Generali per l’Assistenza Sociale e la Protezione dei Minori;
• è previsto, in favore delle vittime di cittadinanza romena o di paesi terzi, un
periodo di assistenza e di riflessione di 90 giorni per il recupero, la protezione
fisica e per assumere la decisione di cooperare con le autorità competenti;
• la criminalizzazione della tratta viene estesa ai casi in cui e posta in essere a
scopo di prelievo di organi.
Un’altra legge che incrimina gli atti della tratta è la Legge 39 del 20035 sulla
prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata. Tramite la nuova legge, la
tratta è inclusa nella criminalità organizzata a livello nazionale e internazionale.
La decisione del Governo n. 299 del 2003 che riguarda l’approvazione del
Regolamento per l’applicazione delle disposizioni della Legge n. 678 del 2001
68
sulla prevenzione ed il contrasto della tratta, spiega più concretamente le
modalità di intervento per la prevenzione della tratta, assistenza e protezione
delle vittime, la metodologia di rimpatrio dei cittadini romeni vittime della tratta
ed il ruolo e la responsabilità dei Ministeri in questo campo.
La prima legge che riguarda in modo specifico le esigenze delle vittime dei
reati, incluse le vittime della tratta, è la Legge 21 del 2004 che introduce misure
specifiche per garantire la protezione delle vittime. La legge regola quattro
categorie di misure: informare le vittime dei reati sui loro diritti; fornire la
consulenza psicologica e l’assistenza legale gratuita; garantire il risarcimento
da parte dello Stato e stabilire l’obbligo a carico degli organi del sistema
giudiziario della specializzazione del personale che entra in contatto diretto con
le vittime dei reati.
Nel campo dell’assistenza e tutela delle vittime della tratta, attraverso la
decisione del Governo n. 1238 del 2007 sono stati approvati gli Standard
Nazionali specifici che riguardano i servizi specializzati di assistenza alle vittime
della tratta.
Essa stabilisce le norme di funzionamento della rete nazionale dei servizi e le
misure per la protezione delle vittime della tratta, i criteri di garanzia di un
ambiente sicuro per le vittime, oltre all’offerta di servizi da parte di personale
specializzato.
Nel 2008 e stato approvato, con un decreto comune firmato da vari ministri, il
Meccanismo nazionale per l’identificazione e accoglienza delle vittime della
tratta, tramite il quale sono state introdotte misure ed azioni specifiche che
riguardano l’identificazione e l’accoglienza delle persone trafficate per garantire
le
loro
esigenze
e
assicurare
assistenza
e
protezione
adeguate,
indipendentemente dall’istituzione o dall’organizzazione con cui entrano in
contatto per la prima volta.
Questi importanti atti normativi sono stati integrati da altre misure legislative
che:
• regolano il funzionamento delle istituzioni responsabili del contrasto penale
tratta, come la legge 682 del 2002 sulla protezione dei testimoni, la Legge n.
69
508 del 2004 relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Unità per le
Indagini contro la criminalità organizzata ed il terrorismo (DIICOT) presso la
Corte di Cassazione, la legge n. 302 del 2004 sulla cooperazione giudiziaria
internazionale in materia penale;
• definiscono le misure specifiche per i minori vittime di tratta, come la decisione
del Governo n. 1295 del 2004 che riguarda l’approvazione del Piano nazionale
d’azione nazionale per la prevenzione della tratta dei bambini, la decisione del
Governo n. 1504 del 2004, che riguarda l’approvazione del Piano Nazionale
d’azione per la prevenzione e la lotta contro l’abuso sessuale dei bambini e lo
sfruttamento sessuale dei bambini a fini commerciali, la Decisione del Governo
n. 1769 del 2004, che approva il Piano Nazionale d’azione per eliminare lo
sfruttamento del lavoro minorile e la Decisione del Governo n. 1443 del 2004,
che riguarda la metodologia per il rimpatrio dei minori non accompagnati e la
garanzia di misure di protezione sociale;
• prevedono l’approvazione della strategia nazionale anti-tratta e dei piani
d’azione nel campo: La Decisione del Governo no. 1654 del 2006, che approva
la Strategia Nazionale contro la tratta 2006-2010, la Decisione del Governo n.
1720 del 2006, che approva il Piano Nazionale di azione 2006-2007, la
decisione comune dei Ministri no. 286 del 2007 per l’organizzazione e il
funzionamento del Gruppo di Lavoro Tematico per il coordinamento nazionale
delle attività di protezione e assistenza delle vittime della tratta, la Decisione del
Governo no. 982 del 2008 per l’approvazione del Piano d’Azione Nazionale
2008 - 2011.
Gli atti normativi elencati sopra sono stati modificati da leggi successive,
centrate principalmente sulla necessita di agevolare i servizi di sostegno per le
vittime della tratta: la Legge n. 76 del 2002 sul sistema delle assicurazioni
contro la disoccupazione, la Legge n. 47 del 2006 sul sistema di assistenza
sociale nazionale, la Legge n. 95 del 2006 sulla riforma sanitaria.
Gli atti normativi elencati sopra mettono in evidenza le tre aree principali
d’azione delle politiche anti-tratta: la prevenzione ed il contrasto del fenomeno
70
criminale, la prevenzione, tutela e assistenza alle vittime, identificando le
istituzioni incaricate per le attività specifiche.
Servizi
Istituita nel 1990 con il motto (slogan) “Lavorare insieme per un mondo
d’amore” (“Working together for a world of love”), la associazione Caritas di
Bucarest copre la arcidiocesi cattolica di Bucarest, la quale comprende circa 1/3
del territorio della Romania e 10 milioni di abitanti, solo l’1% dei quali è di
religione cattolica romana. Al tempo stesso, la Caritas di Bucarest è membro
fondatore della Federazione della Caritas Rumena e di COATNET (Rete di
Organizzazioni Cristiane Internazionali per la lotta contro il traffico di esseri
umani, International Christian Organizations Network for fighting against human
trafficking).
In quanto organismo caritativo, la Caritas di Bucarest gestisce programmi di tipo
sociale, medico e educativo diretti a persone in condizione di povertà o bisogno,
giovani o minori, persone in condizione di svantaggio, anziani, persone con
disabilità, minori e adulti “a rischio”, famiglie numerose. I servizi che eroga sono
i seguenti: cure mediche, distribuzione di farmaci attraverso le Farmacie Sociali,
educazione (attraverso asili per i minori Roma; case per i “bambini di strada”;
centri per minori affetti da Sindrome di Down); lavanderia; distribuzione di cibo;
programmi educativi nelle scuole; attività extra-curricolari per minori, genitori e
insegnanti; programmi di reinserimento sociale e professionale per vittime della
tratta.
A partire dal 2001, la Caritas di Bucarest – in quanto partner romeno
dell’organizzazione statunitense Catholic Relief Services – ha avviato la
implementazione di numerosi progetti di assistenza e di programmi educativi
quali, innanzitutto:
- il progetto “Partnership Scuola-Genitori”, un progetto pluriennale finalizzato a
rafforzare la capacità di intervento delle comunità scolastiche e a sostenere i
genitori nella partecipazione attiva nell’educazione dei figli/e;
71
- il progetto “Unisci le scuole”, un progetto multi-Paese che collega 93 scuole
superiori di secondo grado appartenenti all’Europa sud-orientale e 9 scuole
statunitensi in una logica multi-culturale che punta a promuovere la solidarietà
attraverso l’uso delle tecnologie informatiche e di comunicazione.
Accanto a questi progetti, la Caritas Bucarest realizza – sempre in ambito
educativo - interventi rivolti alla prevenzione del traffico di persone, ovvero (in
ordine cronologico):
il progetto Prevenzione del traffico di giovani (2005), un progetto-pilota in 5
scuole superiori appartenenti a 5 diverse regioni (Bacău, Prahova, Bucharest,
Argeş and Dâmboviţa), derivante dalla esperienza e dalle pratiche sperimentate
nei due interventi citati in precedenza;
-
il progetto Un ambiente più sicuro per i bambini (2005-2006), consistente
in una alleanza genitori-scuola in risposta al fenomeno della tratta in
Romania e coinvolgente 11 istituti in 6 regioni del Paese. Il progetto è
stato attuato in collaborazione con le autorità locali, la Polizia di frontiera,
altre organizzazioni non-governative e istituzioni operanti a livello locale;
-
il progetto Riduzione del traffico di esseri umani attraverso il Danubio, un
intervento trans-frontaliero attuato in collaborazione con la Caritas
Rousse bulgara, in partnership con ANTIP, le autorità locali della contea
di Giurgiu, la Polizia di frontiera ed analoghe organizzazioni sul fronte
bulgaro;
-
il progetto Casa Meris (2006-2007), consistente nella attivazione di un
Centro di assistenza, transito ed emergenza per il sostegno al
reinserimento sociale di persone a rischio, incluse le vittime della tratta,
realizzata in collaborazione con le autorità locai di Giurgiu, ADPARE and
ANITP nonché con fondi privati provenienti dall’Italia. La prospettiva è
quella di trasformare il centro in una struttura comunitaria permanente di
assistenza per le persone in condizione di rischio;
72
-
il progetto Un ambiente sicuro per i bambini: una risposta dei genitori alla
tratta in Albania, Bosnia i Herzegovina, Kosovo e Romani (2006-2009),
basato
sul
progetto
Partnership
Scuola-Genitori
richiamato
in
precedenza e sulla capacità dei partner locali di mobilitare le scuole e le
comunità locali in risposta al traffico di esseri umani. Il progetto è stato
implementato in collaborazione con le associazioni nazionali dei genitori
e con altre organizzazioni, istituzioni governative e istituzioni nongovernative di 4 Paesi stranieri;
-
il progetto Sfida alla legalizzazione/regolamentazione dell’industria del
sesso in Bulgaria e Romania (Challenging the legalization/ regulation of
the sex industry in Bulgaria and Romania, 2007-2008), coordinato in
Romania dalla CATW (Coalition Against Trafficking in Women, Alleanza
contro il Traffico di Donne) e realizzato dalla Caritas in partnership con
APFR di Timişoara e ARTEMIS di Cluj nonché in collaboratione con
ANITP, ADPARE, AIDROM, SEF Iaşi, la Chiesa Rumena Ortodossa e la
Chiesa Cattolica;
-
il progetto Sviluppo di dispositivi transnazionali di lotta contro il traffico di
esseri umani in Bulgaria e Romania (2009-2011). E’ un progetto
transnazionale finanziato dalla Commissione Europea e da Secours
Catolique (Caritas France), che coinvolge anche la Caritas di Ruse
(Bulgaria) e la Caritas Romania, che ha lo scopo di promuovere e
sviluppare la cooperazione, il coordinamento e l’intesa reciproca tra
agenzie incaricate della implementazione delle leggi, altre autorità
nazionale e organismi UE rilevanti.
In generale, la attività di prevenzione nelle scuole è strutturata su due livelli:
-
Interventi di informazione e di formazione (erogati da esperti/e
appartenenti ad istituzioni o agenzie non governative quali l’Agenzia
Nazionale contro il Traffico di Persone, organismi che forniscono
assistenza diretta alle vittime, istituzioni dello Stato che offrono
protezione ai minori, assistenza sociale e cure mediche);
73
-
Interventi di disseminazione basati sulle informazioni/formazione di cui al
punto precedente. In questa cornice, i gruppi di lavoro attivati nelle
scuole devono: mobilitare le comunità locali; diffondere le informazioni
nelle scuole/comunità locali e formare i propri pari (altri gruppi);
progettare, realizzare e implementare campagne specifiche legate al
contesto locale.
A questo proposito, da 2005 ad ora vi sono state molte campagne locali
realizzare dalle singole scuole per le rispettive comunità locali; i/le partecipanti a
questi progetti hanno, allo stesso tempo, il triplo profilo di beneficiari, ideatori e
attuatori il che dà loro una forza ed un impatto maggiore nel veicolare il loro
messaggio ad una comunità più ampia.
Al tempo stesso, a livello nazionale, la Caritas di Bucarest è componente del
Gruppo di Lavoro Interministeriale sul Traffico di Persone ed ha contribuito alla
produzione di diverse Linee-guida e manuali di prevenzione, di strategie
nazionali di contrasto al traffico, a campagne nazionali e regionali di
prevenzione; essa è inoltre parte di un network informale che include numerose
organizzazioni non-governative che operano sul tema del traffico di esseri
umani.
Infine, a livello internazionale, la Caritas di Bucarest ha partecipato come
partner alla attuazione di numerosi progetti insieme ad altre Caritas nazionali
europee nonché a campagne regionali e transnazionali quali, ad esempio, la
campagna denominata “Io non sono un oggetto” (‘I am not an object”) realizzata
in Romania, Bulgaria e Francia.
74
3. Lettura analitica dei processi attivati dai ‘servizi’
Dopo aver ricostruito il quadro normativo e attuativo delle politiche di contrasto,
emersione e prevenzione nei diversi paesi partner, di seguito si ricostruirà in
forma schematica il modello di intervento delle organizzazioni pubbliche e
private che lavorano nel settore. Ciò che è emerso in termini di similitudini
nell’attuazione delle politiche in materia di traffico di persone a fini di
sfruttamento sessuale nei quattro paesi oggetto dell’indagine è che – per
quanto vi siano differenze in termini di normative puntuali sul tema, soprattutto
per quanto riguarda il contrasto al fenomeno – non sono presenti politiche
puntualmente definite che consentano agli operatori del settore di definire un
modello di intervento univoco e riproducibile nei diversi contesti. In tutti i paesi
coinvolti nel Progetto lo stesso piano normativo trae origine da interventi singoli
e sperimentali delle singole organizzazioni, in genere ONG che in autonomia
organizzativa e finanziaria hanno ipotizzato e costruito interventi specifici.
A questo schema fa eccezione, ma solo in parte, il Brasile che, traendo
comunque l’origine della politica da esperienze delle ONG, ha costruito
un’articolazione delle politiche di intervento definita sul livello nazionale,
federale e municipale in cui è organizzato tutto l’assetto politico e normativo,
come descritto nel capitolo precedente.
Il tentativo, quindi, è quello di modellizzare i processi attivati dai servizi
attraverso
una
lettura
dell’intervento
a
livello
nazionale,
per
meglio
comprendere e comparare l’attuazione delle politiche nei paesi partner
3.1 Italia
Quello presentato di seguito è lo schema attraverso il quale definire una chiave
di lettura comune dei processi messi in atto nelle due città italiane partner del
75
progetto, dai soggetti – pubblici o del privato sociale – che intervengono a vario
titolo sul fenomeno della tratta a fini di sfruttamento sessuale. La chiave di
lettura comune – una volta assunta – è stata corredata di tutti quei contenuti
emersi attraverso le interviste e che forniscono gli elementi necessari alla
ricostruzione del processo attuativo.
Il primo obiettivo è quello di individuare le tappe del percorso messo in atto e
condiviso dalle due città, articolato attraverso i seguenti step:
1. contatto (emersione), da suddividersi nelle due modalità prevalenti:

ricerca attiva del contatto (ad esempio l’unità di strada, quando il
servizio va dalle persone);

attivazione del servizio che recepisce il contatto (ad esempio il
numero verde, sportelli di accoglienza formali o informali);
2. valutazione della possibilità della presa in carico;
3. raccolta della storia, questa fase implica una sorta di ‘presa in carico
informale’ che può portare a:

un percorso di sostegno e risposta ai bisogni di tipo
esclusivamente sociale (tutti i casi che per diversi motivi non
intraprendono il percorso art.18);

un percorso di presa in carico formale di tipo sociale e/o giuridico
(chi rientra nella fattispecie dell’art. 13 e dell’art. 18 con denuncia
o meno);
4.
prima fase di risposta all’emergenza, (talvolta questa fase è
necessario attivarla ancora prima della raccolta della storia):

accoglienza abitativa (inserimento in una struttura protetta),
oppure supporto al mantenimento di una soluzione temporanea
più o meno autodeterminata (ospitalità da conoscenti, dormitorio
pubblico);
76

accompagnamento nel percorso art. 18 sociale/giuridico (tra cui
prima fase della denuncia, intermediazione con avvocati, forze
dell’ordine e magistratura);
5. fase di costruzione di un percorso personalizzato:

costruzione del percorso per la soluzione abitativa (seconda
accoglienza, poi passaggio ad un alloggio, ecc.);

costruzione
di
un
individuale/sociale/culturale
percorso
di
(conoscenza
autonomia
della
lingua,
conoscenza di diritti/doveri, percorso formativo di inserimento
lavorativo, ecc.);

accompagnamento nel percorso sociale/giuridico (tutto ciò che
consegue il percorso di regolarizzazione e nel secondo binario di
denuncia);

costruzione della risposta ad eventuali bisogni espressi (di tipo
psicologico, sanitario, culturale, spirituale, ecc.);

fuoriuscita dal percorso di accompagnamento (una fuoriuscita
non codificabile, in quanto anche formalmente la persona può
rimanere in carico all’assistente sociale o al servizio).
Queste tappe, assolutamente non lineari, rappresentano un percorso che
coinvolge un grande numero di attori che si intrecciano a vari livelli, con
modalità e relazioni differenti tra loro ed anche rispetto alle persone vittime di
tratta coinvolte in questi processi. Come precedentemente descritto, nessuna
organizzazione, né pubblica né privata, copre con i propri servizi tutte le tappe
di un percorso così articolato, quanto piuttosto viene applicata una logica di
“presa in carico” dei soggetti e strutturazione del percorso individuale attraverso
queste tappe, con il ricorso ad altri soggetti che offrono servizi specifici. Le
organizzazioni partner del progetto rimangono comunque i riferimenti principali
nella gestione dell’intero processo e per questo sono in grado di ricostruirlo
interamente.
77
Per quanto riguarda la prima fase di contatto, dalle interviste emerge con
chiarezza che laddove i servizi di accoglienza, con particolare riferimento alle
attività di sportello, sono attivi da molto tempo, in maniera stabile,
rappresentando così un punto di riferimento certo, aumentano gli accessi diretti
delle persone vittime. Le operatrici del settore raccontano che i primi tempi in
cui i progetti rivolti alle persone vittime di tratta sono stati attivati, avevano
bisogno di un’opera di diffusione e promozione tra il grande numero di attori
coinvolti e la maggior parte delle segnalazioni dei casi pervenivano proprio da
questi operatori – come ad esempio le forze dell'ordine – oggi invece la
situazione è cambiata e sono molti gli accessi diretti agli sportelli. Si è creato
una sorta di passaparola che va oltre anche alla dimensione cittadina:
l’accoglienza delle donne con bambini si è praticamente fermata nel
momento in cui i nostri posti erano saturi e non siamo riuscite a
sistemarle in altri progetti che accolgono donne con bambini in tutta
Italia, per cui nel momento che abbiamo negato l’accoglienza a delle
donne in gravidanza con il passaparola non ne sono più venute
(Testimone 6, Torino, ETTS 2011).
Nel lavoro svolto, ad esempio, dal Comune di Genova negli ultimi anni sono
emerse alcune problematiche legate principalmente alle donne in situazione di
particolare sfruttamento, madri di bambini molto piccoli o in gravidanza. Questa
tipologia di utenza è notevolmente aumentata in questi anni, interrogando il
servizio rispetto ad un intervento che potesse implementare le risorse,
soprattutto di accoglienza residenziale, per
una tipologia di utenza in
particolare difficoltà.
Per quel che riguarda la prostituzione si è registrata una forte
presenza di minorenni, che vengono prevalentemente intercettate
78
dalle Forze dell’Ordine e collocate d’urgenza in strutture di pronta
accoglienza. Con questa tipologia di utenza è però emersa una forte
difficoltà di intervento in quanto necessitano di strutture adeguate a
stabilire un contatto veloce di fiducia e uno spostamento dal territorio
genovese per consentire un distacco dagli sfruttatori che altrimenti le
ritrovano e le costringono a ritornare sulla strada. Nel corso del 2009
sono state collocate in emergenza 25 minorenni vittime di tratta e
sfruttamento sessuale
prevalentemente romene e 15 maschi sia
romeni che marocchini riconducibili al racket dello sfruttamento e
accattonaggio (Testimone 3, Genova, ETTS 2011).
Al tempo stesso il lavoro delle unità di strada – per quanto stia subendo forti
tagli – rimane un punto di contatto e di monitoraggio fondamentale, soprattutto
in riferimento ai nuovi arrivi. Coloro che sono in grado di rivolgersi ai sevizi, di
raccogliere il passa parola, avranno a disposizione molto probabilmente una
rete sociale a cui fare riferimento, una rete che sarà tanto più ampia, quanto più
lunga sarà la permanenza nel territorio. Tali considerazioni sono riferite
ovviamente alla possibilità di contatto delle persone in situazione di
prostituzione in strada.
Il secondo step del modello di intervento riguarda la valutazione della possibilità
di presa in carico, che rappresenta un passaggio molto delicato del lavoro delle
operatrici. Prima di tutto vengono create le condizioni affinché questa
valutazione possa essere condotta in condizioni il più possibile favorevoli per le
persone che si rivolgono agli sportelli, laddove (e quando) è possibile quindi le
donne vengono accolte in una forma di immediata accoglienza (prevista dall’art.
13). Questa condizione crea un periodo, per quanto breve, di sollievo e di
distacco dalla condizione quotidiana che queste persone vivono, dopo una
settimana circa in questa condizione riprendono i colloqui tra le operatrici e le
persone accolte sulla base di quanto emerso al primo contatto. Tutti questi
elementi consentono di condurre in maniera più meditata ed approfondita ad
79
una valutazione dei termini e delle possibilità della presa in carico o necessità di
re-indirizzo della persona ad altri servizi.
In questo passaggio avviene anche la raccolta della storia che passa attraverso
alcuni elementi fondamentali: la costruzione di un rapporto di fiducia, l’ascolto,
ma anche il riconoscimento della conoscenza del fenomeno che le operatrici
mostrano alle persone che si rivolgono loro. La costruzione del rapporto di
fiducia passa attraverso accortezze e strategie specifiche tra cui ad esempio
l’importanza che siano sempre le stesse persone (operatrice e mediatrice
culturale) a condurre i colloqui con la persona, al fine di costruire un legame ed
evitare che la persona debba in qualche modo ripetere, ripercorrendo quindi
aspetti dolorosi, quanto già raccontato. L’ascolto e l’accoglienza della
sofferenza delle persone rappresenta la risposta ad una necessità che precede
anche la ricostruzione della storia della vittima al fine di costruire la denuncia
che potrà segnare il futuro percorso.
E’ importante fargli capire che noi conosciamo, non la sua storia,
ma il sistema di sfruttamento e che non ci beviamo tutte le cose che
ci raccontano […] cominciamo ad esempio ad
inserire parole in
gergo, quindi facendo delle domande precise, come ad esempio “il
joint lo paghi?”. Questo all’inizio le spiazza un po’ ma poi rispondono.
(Testimone 5, Torino, ETTS 2011)
Conquistata la fiducia è possibile ricostruire la storia in termini sostanziali in
modo da consentire alle operatrici di individuare il tipo di percorso possibile per
la persona che si è rivolta a loro. A questo punto le strade si dividono in due
percorsi distinti: l’intervento di tipo esclusivamente sociale o il percorso legato
all’art.13 e all’art.18. Sinteticamente, e senza voler entrare nel merito di criteri
specifici di distinzione, nel percorso esclusivamente sociale rientrano tutti quei
casi in cui la fattispecie non è riconducibile al riferimento normativo e le persone
vengono indirizzate ai servizi sociali di riferimento; nel secondo invece tutte le
80
persone che rientrano – attraverso l’art. 13 e l’art. 18 – nel percorso di
emersione dalla tratta con denuncia o meno delle persone che hanno
perpetuato lo sfruttamento. Questo tipo di distinzione dei percorsi avviene con
modalità differenti e percorsi con le vittime diversi a seconda del soggetto –
pubblico o privato, con delega all’intervento sociale o meno – e del ruolo che
svolge all’interno del meccanismo più ampio degli interventi sociali nel contesto
locale in cui si inserisce.
Una volta individuato il percorso che la persona è in grado e sceglie di seguire
inizia la fase di risposta all’emergenza, anche se spesso, laddove vi è una vera
e propria situazione di emergenza, ciò avviene anche prima, ovvero
l’allontanamento dal contesto di sfruttamento che deve garantirle un minimo di
stabilità. Come chiarito in precedenza, se possibile questo intervento viene
anticipato perché considerato necessario anche per sostenere la persona nella
definizione del percorso da intraprendere, anche se questo è auspicato non
sempre è possibile, per mancanza di strutture di accoglienza.
Il secondo passaggio di questa fase è rivolto all’accompagnamento nel
percorso previsto dall’art. 18, finalizzato all’ottenimento del permesso di
soggiorno che implica l’avvio di una rapporto con la Questura e con gli avvocati,
nel quale la vittima è supportata dalla struttura. Questa fase rappresenta un
nodo essenziale del modello di intervento e contrasto alla tratta, non si tratta
infatti solo di un accompagnamento delle vittime agli incontri predisposti, ma di
un rapporto costruito con le forze dell’ordine al fine di poter intervenire in
maniera tempestiva e puntuale per fornire risposte alle esigenze delle vittime
determinate dal loro percorso di sfruttamento. Come si vedrà nel capitolo
successivo a proposito della costruzione delle reti, le organizzazioni, sia
pubbliche che del privato sociale, che lavorano con le persone vittime di tratta
condividono l’importanza e la necessità di stabilire relazioni privilegiate e
strutturali con le forze dell’ordine che a vari livelli ed in momenti differenti –
procedure per il rilascio del permesso di soggiorno, questioni di ordine pubblico
in strada, eccetera – hanno a che fare direttamente con queste persone.
81
La quinta fase si concentra, invece, sul percorso di emersione e sul sistema
d’intervento, che si traduce essenzialmente in azioni di accompagnamento e
supporto alla persona verso il raggiungimento della piena autonomia.
Il primo passaggio riguarda la costruzione del percorso per il raggiungimento di
una soluzione abitativa, percorso che passa attraverso step che vanno dalla
seconda accoglienza, ad un alloggio autonomo. I tempi ed i passaggi di questo
percorso dipendono sia dalle risorse soggettive della persona vittima di tratta,
sia dalle risorse che l’organizzazione che prende in carico il percorso è in grado
di offrire direttamente o attraverso le relazioni della rete. La costruzione di un
percorso di autonomia individuale, sociale e culturale rappresenta il core
dell’intervento, che si esplicita attraverso alcuni snodi fondamentali, come la
conoscenza della lingua italiana nel caso in cui se ne riscontri la necessità, fino
a passaggi di presa di coscienza e di sviluppo della personalità che riguardano
ad esempio il riconoscimento dei propri diritti e doveri, passaggio tutt’altro che
scontato per una persona che si è vista negare i principali diritti, come quello
alla libertà.
Fanno parte del percorso per il raggiungimento dell’autonomia individuale
anche la formazione e l’inserimento lavorativo, aspetti di carattere più
pragmatico,
ma
essenziali
sia
in
termini
materiali
che
simbolici.
Il
raggiungimento di questo obiettivo non si limita ad una risposta concreta
all’esigenza lavorativa, di per sé affatto scontata, ma investe anche la sfera
delle possibilità che la persona è in grado di vedere come plausibili per se
stessa. Tutto ciò si intreccia, inoltre, con la costruzione di una risposta ad
eventuali bisogni espressi dalla persona di tipo psicologico, sanitario, spirituale,
eccetera. La necessità di rispondere a tali bisogni implica da un lato la presenza
di strumenti necessari alla loro rilevazione, visto che le persone con storie
particolarmente difficili non è detto che siano in grado di esplicitare tali richieste
e dall’altro lato di strutture – o di relazioni all’interno della rete – in grado di
accoglierle.
82
Le donne che arrivavano nel 2011 al servizio, specie quelle
provenienti
dall’Europa dell’Est, presentavano spesso problemi
legati alla salute mentale o alla dipendenza prevalentemente da
alcol. Talvolta le situazioni sono state talmente problematiche da
dover ricorrere a ricoveri in reparti psichiatrici. Questo comporta
sicuramente la necessità di un lavoro sinergico con i Centri di Salute
mentale e con i Sert, oltre alla necessità di reperire strutture di
accoglienza più specializzate al lavoro con utenti psichiatrici o
tossicodipendenti (Testimone 6, Genova, ETTS 2011).
Infine, il processo si chiude, almeno formalmente in riferimento all’intervento
relativo alla tratta, con la fuoriuscita dal percorso di accompagnamento; una
fuoriuscita che non sempre è codificabile in maniera chiara né da parte
dell’operatrice del servizio, né da parte della persona presa in carico, in quanto
la persona può rimanere in carico all’assistente sociale o al servizio a cui è
appoggiata. La fuoriuscita dal percorso, quindi, deve essere intesa anch’essa
come un passaggio, che rafforza lo stesso obiettivo che ha condotto la persona
fino a questo punto, anche a causa della fragilità delle condizioni che lo
determinano, basti pensare al rischio della perdita del lavoro.
3.2 Andalusia
Gli
interventi
rivolti
alle
vittime
di
tratta
in
Andalusia
evidenziano
un’impostazione simile a quella dell’Italia, per ovvie analogie tra i Paesi di
destinazione delle vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale. Pur con tutte
le differenze rilevate nel capitolo precedente a livello di normativa nazionale e
regionale è possibile identificare un’articolazione del modello di intervento con
alcune analogie con quello italiano.
Le fasi del modello di intervento prevedono:
1. il contatto con la vittima suddiviso in due modalità prevalenti:
83
a. la ricerca attiva attraverso le unità mobili,
b. su segnalazione di altri servizi o attori coinvolti;
2. la raccolta di informazioni sulla vittima;
3. l’assistenza giudica e l’accompagnamento in Commissariato;
4. la strutturazione di percorsi individualizzati, che tiene conto dei seguenti
aspetti:
a.
i fattori generali di ostacolo al recupero sociale della vittima (la sua
situazione psicologica ed emotiva; la scarsezza di adeguate
offerte di lavoro; la difficoltà a riconoscere formalmente la persona
come “vittima di tratta”);
b.
la conoscenza della lingua;
c.
il profilo e le specificità culturali;
d.
l’eventuale esistenza di minori a carico;
e.
la situazione di salute.
Il contatto con la vittima avviene in misura rilevante attraverso l’intervento delle
unità mobili che in Andalusia hanno la possibilità di entrare in contatto con le
persone in situazione di prostituzione che operano non solo sulla strada, ma
anche nei club e negli appartamenti dedicati a tale attività. Tra le ONG e le
organizzazioni che operano in questo territorio è pratica comune entrare nei
club per interventi di sostegno soprattutto nell’ambito sanitario, operando con
un livello di mediazione tale da evitare che i proprietari dei club non decidano di
precludere l’accesso a tali organizzazioni. Il contatto con le vittime di tratta
avviene spesso anche per segnalazione dai centri di accoglienza e da parte
delle forze dell’ordine. Esiste anche un numero telefonico attivo 24 ore su 24 e
un insieme di dispositivi via web che facilitano il contatto diretto o indiretto con
le vittime di tratta.
La raccolta di informazioni sulla vittima si rileva anche in questo caso come
passaggio necessario per l’identificazione dei bisogni della persona e la
costruzione di un percorso individualizzato, in questa fase le organizzazioni
hanno anche la possibilità di fornire informazioni alla persona sui servizi a cui
può accedere.
84
L’assistenza giuridica e l’accompagnamento in commissariato rappresentano
un’attività essenziale per il riconoscimento dello status di vittima di traffico a fini
di sfruttamento sessuale per la normativa spagnola, infatti vi sono ONG e
associazioni che lavorano prevalentemente su questo fronte affiancando un
sostegno psicologico all’accompagnamento giuridico.
La quarta fase prevede la costruzione di un percorso individualizzato che riesca
a rispondere alle esigenze della vittima, pur con molte difficoltà in quanto non
esiste un servizio pubblico integrato in grado di rispondere a queste esigenze.
Non esistono servizi di questo tipo offerti dall’autorità pubblica, sono
offerti solo dalle organizzazioni [del privato sociale], questo è una
delle grandi questioni aperte su questo tema (Testimone 1,
Andalusia, ETTS 2011, traduzione mia).
Le organizzazioni lavorano, quindi, in una stretta relazione di rete costruita a
livello nazionale32 che consente loro di reperire servizi per le vittime che le
singole organizzazioni non sono in grado di fornire. Le organizzazioni si
occupano, quindi, di fornire informazioni e accompagnamento ai servizi sociali e
sanitari, importanti per dare autonomia e sicurezza alla persona. Gli interventi,
inoltre, si focalizzano su attività di formazione per l’occupazione, importanti sia
per l’aumento delle chance di accesso al lavoro sia per il recupero di autostima
che inducono, sia ancora come luoghi di costruzione di relazioni sociali. Viene
condotto anche un percorso per la costruzione di possibilità abitative e di
residenza, dalla prima emergenza, al consolidamento, fino all’autonomia ed
infine un’attività di sostegno alla attivazione di occasioni e di reti sociali ed
amicali, finalizzate alla “normalizzazione” della singola situazione.
[…] elaboriamo un percorso personalizzato per ognuna all’interno
delle risorse che abbiamo a disposizione tenendo conto soprattutto
del desiderio delle donne, perché si tratta del proprio processo di
32
www.redcontralatrata.org
85
vita, questo in relazione ai servizi di cui dispone la nostra
organizzazione e a quello che offre la rete (Testimone 2, Spagna,
ETTS 2011, traduzione mia).
I fattori di successo dei servizi, per come individuati dagli operatori del settore,
sono da imputare prevalentemente al lavoro in rete che consente di sopperire
da un lato alle mancanze di sistema e dall’altro alle carenze dell’offerta
dell’amministrazione pubblica. Oltre alle reti locali le operatrici del settore
segnalano anche l’importanza delle reti nazionali e internazionali, che
consentono una strategia di intervento pur con compiti e finalità diverse rispetto
al singolo caso.
Un altro elemento che determina il successo dei servizi contro la tratta e per il
reinserimento sociale delle vittime è la disponibilità di équipe interdisciplinari in
molte delle organizzazioni che lavorano sul tema, formate da mediatrici culturali
e linguistiche, avvocati, psicologi e psicologhe, educatrici e assistenti sociali.
I fattori di criticità, invece, sembrano in prevalenza fare riferimento a limiti di
natura strutturale che ha a che fare con la normativa o con le politiche messe in
atto sul tema, come la legislazione nei confronti della regolarizzazione delle
persone straniere e le difficoltà a rendere occupabili le singole persone, anche
alla luce dell’attuale situazione di crisi economica.
3.3
Brasile
Il Brasile rappresenta, dal punto di vista del fenomeno della tratta, un paese di
origine delle vittime trafficate soprattutto verso l’Europa ed un paese di transito
rispetto al traffico interno allo Stato Federale e al traffico proveniente dai paesi
vicini che vedono nel Brasile – ed in particolare in alcune città – una porta di
uscita privilegiata. Per questa ragione gli interventi di contrasto al fenomeno
sono articolati sia in termini di servizi per le vittime rimpatriate, sia di intervento
preventivo nei contesti particolarmente a rischio. Infatti, l’attività di contrasto al
86
traffico di persone avviene, come precedentemente illustrato, secondo tre
grandi direttrici: prevenzione, assistenza e repressione.
La prevenzione viene realizzata nelle scuole, dalle strutture di assistenza
sociale e da vari coordinamenti ed associazioni locali, allo scopo di allertare –
laddove il rischio è maggiore, ovvero tra i giovani – spiegare e in un certo senso
smascherare quelli che sono i meccanismi di reclutamento dei trafficanti, su
quali false promesse costruiscano la fiducia con le loro vittime, fornire quindi gli
strumenti necessari per conoscere ed affrontare questo tipo di situazioni.
L’assistenza, invece, è rivolta alle vittime dopo il rimpatrio, se trafficate
all’estero, o comunque dopo la denuncia degli sfruttatori. Il processo di
assistenza è quello che sarà preso qui in esame, come nei precedenti casi, in
termini di modello di intervento al fine di comprendere le modalità di attuazione
delle politiche di emersione, per come precedentemente descritte. Infine, esiste
il canale di contrasto repressivo, che come negli altri paesi è affidato alle forze
di polizia, che non è qui oggetto di analisi.
Il Nucleo di contrasto al traffico di persone è l’organo che ha la regia
dell’intervento, con l’obiettivo di implementare le politiche pubbliche rivolte alla
lotta al traffico di persone e di monitoraggio dell’andamento complessivo degli
interventi.
L' equipe del NETP porta avanti, nel dettaglio, le seguenti attività:
-
accompagna i momenti delle retate (ricerche-attive) realizzate dalla
-
Polizia Federale e Statale;
accompagna i momenti degli interventi di controllo (ricerche-attive)
-
realizzati dal Comune (ex: vigilanza sanitaria);
offre assistenza psico-sociale alle vittime;
le invia alle case rifugio, hotel o assistenza specializzata, terapeutica,
medica, ambulatoriale, ospedaliera oltre ad agevolare il contatto delle
-
vittime con i propri familiari e un eventuale ritorno al luogo di origine;
realizza azioni di prevenzione, insieme alle vittime (distribuzione di
-
depliant, e divulgazione delle informazioni );
ha attivato il numero di soccorso attivo 24 ore su 24.
A partire dalla comprensione di questa realtà e della sua articolazione, il
modello di intervento del NEPT prevede i seguenti passaggi:
87
1. denuncia ricevuta o inviata dal NETP: nella fase di denuncia è prevista
una prima accoglienza della vittima, l’identificazione dei rischi, l’invio alla
casa rifugio (nei casi in cui fosse necessario), nonché il ritorno della
vittima alla casa di origine, qualora non ci fossero rischi per la vittima o
per i familiari. Se ci fossero rischi, il caso viene inviato a programmi
specifici di Protezione della Persona (PROVITA o PPCAAM);
2. i casi vengono inviati al NETP situato nello Stato di origine della vittima, il
quale diventa responsabile delle evoluzioni del caso, che sarà trasferito
alla rete locale (reinserimento professionale, assistenza psicosociale,
salute, educazione, etc);
3. Il NETP invia il rapporto del caso agli organi responsabili per la
repressione, al livello statale o federale e informa il Coordinamento di
Lotta al Traffico di Persone.
Tali procedure rappresentano il modello di funzionamento del Nucleo di Lotta,
tuttavia tutte le azioni sono interconnesse e dipendono anche dai rapporti con
tutta la rete statale di lotta al traffico e difesa della persona.
L’azione di funzionamento del NETP può essere descritta come la messa in
relazione di diversi tipi di risorse: quelle finanziarie, quelle umane costituite da
una équipe multidisciplinare composta da assistenti sociali, avvocati e psicologi,
sociologi, quelle gerarchiche intese come dipendenza diretta dal Ministero della
Giustizia, quelle relazionali tra le componenti della rete e quelle determinate
dagli accordi politici. Questa complessa relazione di risorse e di interventi fa del
Nucleo l’elemento centrale dell’articolazione delle azioni di contrasto al traffico
di persone, non solo in termini formali, ma anche concreti.
Come descritto nel precedente capitolo in termini di normativa e articolazione
delle politiche pubbliche il NEPT vede il supporto della struttura del Posto
Avanzato di assistenza umanizzata dei migranti che interviene anch’esso sul
fronte della lotta al traffico di persone. I Posti sono situati – come sportelli –
direttamente all’interno degli aeroporti, le persone arrivano spontaneamente o
vengono intercettate al momento dell’arrivo, o rientro in patria, dalla Polizia
Federale o dagli stessi operatori del Posto.
88
La Procedura di intervento anche in questo caso è stata strettamente
formalizzata, con l’obiettivo di definire quali fossero le procedure di intervento
più adatte per questo tipo di situazioni e di utenza.
Le interviste in questo senso hanno sostanzialmente confermato la procedura di
intervento come una metodologia attentamente valutata e consolidata
nell’esperienza. Il passaggio estremamente interessante in questo caso è
rilevare come la politica pubblica abbia tratto dall’esperienza della ONG Asbrad
non
solo l’impianto
generale dell’intervento, ma anche la procedura
formalizzata, cosa che difficilmente – almeno nelle politiche pubbliche italiane
del settore – si verifica e, come abbiamo appena descritto, spesso sono le
persone che lavorano attivamente nel settore – operatrici del pubblico o del
privato sociale – che devono costruire la procedure di intervento e di attuazione
delle politiche direttamente.
Il primo passaggio di accoglienza è, quindi, l’intervista con la vittima in cui si
identificano le necessità immediate (tornare nel luogo di origine, avere una
residenza, eccetera), alle quali le operatrici cercano di dare risposta. Per
costruire però la risposta alle esigenze più complesse è necessario fare ricorso
alla rete di strutture che offrono i vari servizi, dalle emergenze ai servi di
reinserimento. In questa fase, quindi, per quanto alcune delle strutture siano
anch’esse pubbliche, la modalità di reperimento delle risorse e costruzione dei
percorsi appare simile a quella dei paesi europei di destinazione delle vittime
del traffico.
Le macro tappe di erogazione del servizio sono: la messa a disposizione di
contatti telefonici che possano rispondere al bisogno; la fornitura di vitto
(mensa) e alloggio; la fornitura di beni personali di base; l’accoglienza e il
trasporto. Per la definizione del “pacchetto di servizio” del singolo caso viene
verificata la situazione finanziaria della vittima.
Gli utenti sono in prevalenza brasiliani rimpatriati e i servizi sono differenziati a
seconda del profilo dei/delle destinatari/e:
-
per i rimpatriati o non ammessi la procedura prevede il contatto con i
familiari e l’accoglienza in albergo o in altra struttura;
89
-
per gli stranieri il contato con i Consolati;
per le vittime di tratta l’assistenza psicosociale, l’accoglienza in albergo o
-
in altra struttura,
per i cittadini/e in generale le informazioni di base.
3.4 Romania
La Romania ha individuato una Strategia Nazionale di presa in carico delle
vittime del traffico attuata attraverso Piani di Azione (annuali o – come quello in
vigore – pluriennali: 2012-2015). Le componenti di questa strategia riguardano
essenzialmente la prevenzione, il contrasto e l’assistenza alle vittime della
tratta.
La strategia, tramite i Piani d’azione, prevede attività di coordinamento,
progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dell’attuazione del Piano
stesso, un’attuazione che avviene attraverso singoli interventi.
I soggetti coinvolti nella attuazione della strategia sono diversi a seconda delle
attività e/o delle componenti:
-
l’Agenzia Nazionale contro il traffico di persone (organo del Ministero
dell’Interno) coordina, monitora e valuta ed effettua campagne di
-
informazione e comunicazione nonché di prevenzione;
altri Ministeri, come ad esempio: quello del Lavoro e della Pubblica
-
Sicurezza;
Istituzioni locali (ad esempio i Comuni attraverso strutture specifiche,) ma
soprattutto ONG (nazionali ma anche internazionali) che realizzano i
-
servizi diretti alle persone;
le forze di polizia (e assimilate) fanno prevenzione e interventi di
“pubblica sicurezza”.
Il coordinamento tra questi soggetti avviene in forma istituzionalizzata a livello
centrale e territoriale, attraverso le 42 contee romene i quindici centri regionali
localizzati nelle città sedi di Corti d’Appello, con gruppi di lavoro misti formati da
operatori sociali, psicologi e consulenti legali.
90
[…] il networking e la cooperazione sono nostri obiettivi strategici
(Testimone 1, Romania, ETTS 2011, traduzione mia).
Il modello generale (nazionale) di intervento è strutturato intorno a 3 variabili:
-
i soggetti coinvolti (nazionali ma anche internazionali, in relazione tra
-
loro);
il fronte di intervento (sicurezza, lavoro, educazione, protezione);
l’ambito di intervento (locale o nazionale).
Il primo elemento pone la cooperazione come valore fondante della logica
dell’intervento complessivo, in una dinamica di rete necessaria per l’efficacia
delle azioni. Il fronte degli interventi si pone l’obiettivo di intervenire sugli ambiti
che generano maggiore vulnerabilità nei soggetti, senza intervenire sui quali il
contrasto del fenomeno apparirebbe assolutamente debole. Infine, gli ambiti di
intervento a livello locale e nazionale rispecchiano l’impostazione del Piano di
azione, che funge anche da riscontro attuativo in termini di risposta alla
domanda di intervento.
Gli interventi sono quasi interamente centrati sul fronte dell’offerta e quindi sulle
vittime, in quanto la domanda di donne sfruttate sessualmente è concentrata
verso i Paesi stranieri.
La domanda è esclusivamente al di fuori della Romania, anche se
dallo scorso anno le statistiche ci dicono che comincia ad esistere
anche una domanda interna e quindi stiamo iniziando a pensare a
campagne mirate anche sui clienti. (Testimone 1, Romania, ETTS
2011, traduzione mia).
Le azioni si concentrano in maniera rilevante sul fronte della prevenzione,
informazione e sensibilizzazione, attraverso interventi crescentemente
mirati per profili di vittime (donne e minori) e diversificati per canale (
la prevenzione ha avuto come target la popolazione in generale ma
si è anche specializzata per target-group e canale […] abbiamo
91
imparato che l’informazione è importante ma non è sufficiente
(Testimone 1, Romania, ETTS 2011, traduzione mia).
I percorsi di sostegno alle vittime sono individualizzati secondo la logica del
“case management” attraverso un “Piano di servizio individuale” di recupero
sociale, educativo, professionale, compresa la ricerca di soluzioni abitative. In
alcuni casi l’intervento inizia all’estero, dove viene intercettata la vittima, da
parte dei gruppi di intervento delle ONG operanti – appunto – all’esterno
(quando i servizi sono erogati da ONG i finanziamenti non provengono dal
Governo, così era fino al 2009, ma adesso i finanziamenti arrivano da altri fondi
pubblici o privati, mentre i fondi governativi sono rivolti all’Agenzia nazionale, la
quale comunque ricorre anche a finanziamenti su bandi dell’Unione Europea).
Il singolo percorso è attuato sulla base di un “Piano individuale di assistenza e
inclusione”, la cui durata può e deve essere continuativa e temporalmente
rispondente alle reali necessità della persona, in questo senso “la mancanza di
finanziamento stabile e duraturo è un problema” (Testimone 1, Romania, ETTS
2011, traduzione mia).
L’impianto del “case management” è centrale nell’intervento in quanto produce
un intervento complesso individualizzato basato sull’azione coordinata di diversi
soggetti, come polizia, educatori, operatori della salute, ONG, servizi di
inserimento lavorativo.
Una esemplificazione di strutturazione di servizio di intervento, inteso come
modello di livello nazionale, è formato da:
-
help-line telefonico per segnalazioni;
intervento di urgenza da parte di “nuclei mobili” specifici;
inserimento (se necessario e per un periodo limitato di tempo) in centri di
accoglienza (61 a livello nazionale: a questi si aggiungono 6 centri di
-
protezione ed assistenza per minori rimpatriati);
assistenza da parte di centri di consulenza (36 a livello nazionale);
“trattamento” attraverso percorsi individualizzati di cui sopra.
Il monitoraggio dei casi (ad esempio sui minori a rischio) a fini informativi è
un’ulteriore attività svolta dall’Agenzia Nazionale a livello centrale, affinché i
92
diversi soggetti responsabili abbiano informazioni costantemente aggiornate sul
singolo caso soprattutto per quanto riguarda informazioni sensibili o delicate.
Agli interventi diretti sulle vittime si aggiungono gli interventi che potremmo
definire di sistema, come la formazione per gli operatori e le operatrici del
settore, la produzione di guide, materiali scritti, manuali per operatori e i progetti
nelle scuole (si vedano gli interventi citati dalla Caritas).
93
4. Valutazione del sistema di gestione ed attuazione dei servizi
delle politiche di emersione
In questo capitolo è riportata l’analisi valutativa del sistema di gestione ed
attuazione delle politiche, prevalentemente di emersione, contro il traffico di
persone attraverso i servizi unitamente a quanto è emerso dall’analisi dei
processi che gli stessi mettono in atto. Nel precedente capitolo l’attività dei
servizi è stata descritta in termini di modellizzazione dell’intervento, al fine di
rilevare innanzitutto se fosse presente un modello d’azione, se questo fosse
formalmente o informalmente definito, in una lettura comparata tra i paesi in
oggetto. Entrando qui più nel dettaglio rispetto all’articolazione degli interventi
operati dai servizi, sono stati identificati alcuni elementi chiave di questi
processi:
-
un ampio numero di attori coinvolti;
un’articolazione complessa dei processi;
un lavoro basato su reti.
Sulla base di questi elementi si intende in questo capitolo dare conto, prima sul
piano descrittivo e poi su quello analitico, dei tre elementi-chiave appena
presentati e successivamente individuare una serie di indicatori utili alla
valutazione dei processi attuati dai servizi in questo tipo di articolazione. Questi
elementi saranno descritti trasversalmente ai paesi, traendone le similitudini e
applicando gli stessi concetti, e solo laddove necessario, come nella
descrizione degli indicatori, saranno riportati gli esempi specifici.
4.1 Descrizione e suddivisione degli attori coinvolti
Si intende procedere di seguito attraverso una classificazione e tipizzazione
degli attori coinvolti, utile alla definizione del livello e della modalità di
94
coinvolgimento degli stessi, nella dinamica delle relazioni e nella lettura dei
rapporti delle reti. Si individuano tre tipologie di attori coinvolti (riferendoci qui
agli attori pubblici o privati che si relazionano con le persone vittime di tratta,
che non sono incluse in questa classificazione non perché irrilevanti ma
soltanto perché in questa fase della ricerca l’interlocuzione si è rivolta ai servizi
e al sistema di interventi):
-
i player -> sono i protagonisti (prevalentemente gli operatori dei servizi –
pubblici o del privato sociale – che svolgono una funzione di ‘presa in
carico’ delle persone sfruttate e che ‘attivano’ la rete per trovare le
risposte ai bisogni);
-
i supporter -> chi aiuta e sostiene il processo mettendo a disposizione le
proprie attività (tutti i soggetti – pubblici o del privato sociale – che
inseriscono le proprie attività nel processo di rete, comprese ad esempio
le forze dell’ordine);
-
gli sponsor -> chi svolge una funzione da garante e legittimante
(prevalentemente istituzioni pubbliche con un ruolo formale all’interno
della rete: Amministrazione locale, Magistratura, eccetera).
La classificazione degli attori consente di identificare immediatamente il ruolo
da essi giocato all’interno del processo attivato, il loro grado di coinvolgimento e
di responsabilità, nonché la posizione gerarchica informale assunta nel
processo di intervento.
Il primo elemento da rilevare è che in tutti i Paesi analizzati sono presenti
nell’intervento di attuazione delle politiche tutti i tipi di attori descritti, che
interagiscono in maniera differente, soprattutto in merito alla posizione
gerarchica e all’assunzione di responsabilità del processo. Questo elemento di
similitudine trae in parte origine dalla normativa comune – internazionale da un
lato ed Europea dall’altro – in quanto la stessa normativa chiama in causa i
diversi attori, ma al di là del riferimento comune evidenzia la necessità di
mettere in campo risorse e attori diversi per fare fronte ad una questione
95
socialmente rilevante che esprime un alto livello di complessità. Il piano del
contrasto ad una attività criminale, infatti, si intreccia con quello della necessità
– in forme piuttosto simili anche fra paesi di origine e di destinazione delle
vittime del traffico – di un intervento sociale strutturato nonché con il piano del
riconoscimento dei diritti di uguaglianza tra uomini e donne, di libertà di tutti gli
esseri umani e dei diritti legati allo status di immigrazione.
Per far fronte, quindi, ad un processo complesso è necessario che la politica
riconosca innanzitutto un ruolo centrale ai player, anche in termini formali, tanto
da facilitare il loro compito di gestione delle relazione della rete. Da questo
punto di vista, quanto emerge dall’analisi condotta nei Paesi coinvolti evidenzia
come soltanto le politiche del Brasile identifichino in maniera formale e chiara il
ruolo, le funzione, ed in questo senso, la posizione gerarchica all’interno del
processo dei player (gli operatori o operatrici dei Posti avanzati di assistenza
umanitaria o, con funzioni un po’ diverse, dei NETP). Negli altri paesi i player –
operatrici, in prevalenza, delle organizzazioni pubbliche o del privato sociale –
svolgono la stessa funzione, se non più articolata, ma senza il sufficiente
riconoscimento pubblico, ciò inteso anche in termini di risorse. Dalle interviste
alle operatrici, soprattutto dell’Italia e dell’Andalusia, emerge con estrema
chiarezza che il loro ruolo di player è agito con estremo impegno e
partecipazione rispetto all’intervento con le vittime e al tempo stesso è
continuamente reinterpretato nei confronti dei referenti pubblici delle politiche
per ottenere quel riconoscimento necessario allo svolgimento del proprio
compito. Non si tratta quindi solo di un problema di riconoscimento sociale della
professione svolta – anch’esso peraltro generalmente carente – quanto
piuttosto di un riconoscimento formale che consenta di consolidare l’intervento
svolto,
cercando
di
mitigare
la
frustrazione
derivante
dalla
continua
ricostruzione dei confini dell’intervento e delle relazioni che ne consentono il
successo.
96
4.2 Individuazione e definizione dei processi primari e dei processi
critici
Attraverso la lettura delle interviste emerge chiaramente come vi siano livelli
diversi attraverso i quali distinguere sia le differenti tipologie di processi messi in
atto dagli attori coinvolti sia le forme di relazione tra gli stessi. Una
classificazione dei processi è necessaria per distinguere spazi di intervento e
tipi di relazione al fine di individuare le criticità ed i punti di forza dei processi
stessi, le modalità ottimali di utilizzo e rinforzo di tali elementi.
A questo proposito, tentiamo anche in questo caso di dare alcune definizioni
funzionali alla lettura dell’intervento:
-
si
definisce
processo
primario
quella
parte
di
attività
ritenute
fondamentali in quanto forniscono indicazioni di prassi per tutti i servizi.
In particolare, il processo primario è un sistema complesso, con un inizio
e una fine, ma al cui interno è possibile che si sviluppino dei percorsi a
spirale e delle relazioni principalmente tra i diversi «giocatori»: chi attiva
formalmente il processo, gli attori professionali principali e i soggetti
-
portatori del bisogno;
si definisce invece processo critico quella parte di attività che non
necessariamente sono attivate in ogni percorso, ma che sono funzionali
alla risoluzione di un problema e quindi rilevanti – in questo senso
critiche – rispetto al successo dell’intervento. I processi critici rispondono
quindi a tutte quelle specificità che emergono in relazione ai singoli
soggetti e ai loro specifici bisogni.
La griglia proposta qui seguito ha l’obiettivo di classificare ed individuare la
tipologia degli attori coinvolti a livelli diversi negli interventi (o progetti) di
emersione del fenomeno, sulla base del tipo di processo in cui entrano in gioco
(si precisa che le celle della tabella sono state compilate sulla base di esempi
ricavati dalla lettura delle interviste del caso italiano, utilizzato come esempio
della classificazione).
97
Tab. 1 Griglia di lettura e classificazione degli attori coinvolti
Descrizione degli stakeholder e degli attori coinvolti
Tipologia di stakeholder
coinvolti nella rete
Player
Legati al processo primario
Operatori dei servizi che
‘prendono in carico’ i casi
Supporter
- Operatori Comunità
residenziale
- Forze dell’ordine che seguono
la denuncia
Sponsor
- Amministrazione locale
formalmente reggente la rete
- Questura
Legati al processo critico
Operatori dei servizi
che ‘prendono in carico’ i casi
- operatori di un particolare
servizio sanitario
- Operatori del servizio
(pubblico) di inserimento
lavorativo
Magistratura
La analisi della tabella mostra alcuni aspetti che meritano di essere evidenziati:
-
la centralità della posizione assunta dagli “operatori/ici dei servizi che
prendono in carico i casi’: essi/e, infatti, da un lato si configurano come
-
player e, dall’altro, presidiano sia il processo primario che quello critico;
la diversificazione degli attori e della relativa posizione in relazione ai due
tipi di processo, in particolare per quanto riguarda i supporter e gli
sponsor.
La centralità delle operatrici dei servizi - già evidenziata attraverso la
classificazione degli attori - è confermata attraverso la lettura dei processi messi
in atto per costruire una risposta adeguata ai bisogni delle persone vittime della
tratta. Sono i servizi specifici che presidiano, attivano e controllano sia il
processo ordinario che l’eventuale processo critico. Tale evidenza, nota agli
addetti ai lavori, porta nuovamente in luce il riconoscimento formale delle
politiche pubbliche di intervento nei confronti di coloro che giocano questo
ruolo, affinché possano gestire tali processi con le risorse (economiche,
relazionali e di riconoscimento gerarchico) adeguate.
Purtroppo, attraverso le interviste – condotte anche con dirigenti delle
Amministrazioni ed esponenti politici – non sono emersi tutti gli aspetti
necessari a ricostruire nel dettaglio ruoli e relazioni formali e sostanziali tra gli
98
attori all’interno delle tipologie di processi attivati, ma ciò che emerge è
sufficiente per confermare una scarsa attenzione da parte delle politiche nei
confronti della complessità dell’intervento, soprattutto nei Paesi di destinazione
delle vittime della tratta a fini di sfruttamento sessuale. In Italia e in Andalusia
ciò che emerge con sufficiente chiarezza è che non solo il processo primario è
lasciato in mano alle organizzazioni pubbliche o private che attivano i servizi –
in Andalusia per altro non finanziati dalle autorità pubbliche – ma lo sono ancora
di più i processi critici. In altre parole, le politiche pubbliche non garantiscono un
intervento che tenga conto dei bisogni particolari e specifici delle persone, cioè
che consenta una possibilità reale di reinserimento sociale, ma lasciano
all’autonomia – o forse sarebbe meglio dire alla “buona volontà” – delle
organizzazioni e delle sue operatrici l’attivazione di tali interventi. Anche
laddove – e questo è il caso dell’Italia – dirigenti pubblici o esponenti politici
locali mostrano una particolare attenzione, i vincoli derivanti da una politica che
non definisce in maniera puntuale funzioni e responsabilità, non consente loro
margini di intervento maggiori di quelli degli altri attori in gioco.
4.3 Un sistema costruito sulle reti
Come già evidenziato, in tutti i Paesi partner il sistema di intervento si fonda
principalmente sulle reti, in particolare per quanto riguarda l’attivazione dei
singoli interventi di risposta ai bisogni delle persone vittime di tratta, pur con
modalità differenti.
Per quanto riguarda le tipologie di reti attivate, queste sono tutte a componente
mista (pubblico e privato sociale) e possono essere di due tipi che definiamo,
rispettivamente, di primo e di secondo livello. Nello specifico:
-
definiamo “di primo livello” la rete che coinvolge tutti i soggetti che in
maniera diretta lavorano a contatto con le persone beneficiarie degli
interventi. In genere i contatti all’interno della rete di primo livello sono
prevalentemente diretti tra gli operatori, di tipo informale e molto flessibili
99
(in termini positivi), con l’obiettivo di dare risposta al singolo bisogno
concreto;
-
definiamo invece “di secondo livello” la rete che coinvolge i soggetti che
– sia a livello formale che informale – svolgono un ruolo all’interno del
percorso (progetto) attivato per rispondere al bisogno delle persone
vittime di tratta, fornendo un servizio che non coinvolge direttamente le
vittime ma è funzionale (per ragioni formali o sostanziali) alla
ottimizzazione del percorso specifico.
Entrambe le tipologie di reti sono attivate sia a livello di processo primario che a
livello dei processi critici e la tavola qui di seguito mostra il posizionamento dei
diversi attori (stakeholder) coinvolti nei servizi rispetto all’incrocio tra processi e
reti. Non sorprendentemente, gli attori definiti in precedenza come player
appartengono alle reti di primo livello e quelli definiti come sponsor sono tutti
localizzati nelle reti di secondo livello. In una posizione intermedia, quasi a
svolgere la funzione di connettore tra i due livelli (o di adattatore rispetto alle
esigenze ed alle dinamiche dei player e degli sponsor), si collocano i supporter i
quali sono in parte nel primo livello e in parte nel secondo.
La tabella seguente mostra una rappresentazione sintetica delle relazioni
interne alla rete nel caso italiano (si è deciso per una unica rappresentazione
pur consapevoli che le reti sono costruite a livello locale, cittadino o regionale,
con le relative specificità, ma ciò che appare importante qui rilevare è la
modalità prevalente di costruzione delle reti e di relazioni interne ed in questo
l’esperienza di Genova e quella di Torino non differiscono molto), distinta in
relazione alle tipologie di processo.
Tab. 2 Reti attivate in relazione ai processi in Italia
Tipologia di
relazione tra gli
stakeholder
Rete di primo
livello
Processi primari
Processi critici
Player e supporter che lavorano a
diretto contatto con le persone
vittime di tratta:
Player e supporter che lavorano a
diretto contatto con le persone
vittime di tratta:
-
operatori (pubblico o privato
-
operatori (pubblico o privato
100
-
Rete di secondo
livello
sociale)
comunità d’accoglienza
formatori/ici
Supporter e sponsor attivati nel
processo di presa in carico:
- forze dell’ordine
- operatori dei consultori
-
sociale)
operatori del SERT
operatori dei servizi di
inserimento lavorativo
Supporter e sponsor attivati ad hoc:
- magistratura
- questura e prefettura
Le caratteristiche peculiari di questo processo di intervento rimandano ad una
dimensione di rete con la caratteristica di porre sullo stesso piano il pubblico e il
privato sociale (attraverso il registro) e allo stesso tempo di assicurare ai
progetti una presenza pubblica (obbligatorietà della presenza pubblica con
cofinanziamento del 20-30%). Queste caratteristiche conferiscono carattere di
unicità e peculiarità a queste reti che non sono necessariamente costruite sul
principio di sussidiarietà, ma preventivamente inserite in una logica di
costruzione di una politica pubblica dove il privato sociale assurge a ruolo di
partner paritario.
Nelle rappresentazioni riportate di seguito per gli altri Paesi partner non è stato
possibile, per mancanza di informazioni dettagliate su questo fronte, scendere
allo stesso modo nel dettaglio della descrizione dei rapporti interni alla rete
distinti tra processi primari e critici. La tabella 3 descrive le relazioni tra le reti di
primo e secondo livello in Andalusia. Ciò che emerge ad un primo sguardo è
l’assenza di supporter pubblici nelle reti di primo livello almeno di rilievo
sufficiente, il privato sociale quindi si trova non solo a sostenere l’impianto
prevalente dell’intervento, ma anche a costruire relazioni che pongono le basi
interamente sulle risorse (sia umane e professionali che finanziarie) delle sole
organizzazioni. Questo spiega anche perché vi sia una particolare spinta da
parte delle organizzazioni della rete contro la tratta della Spagna a costituire e
rappresentare anche un gruppo di pressione politica sul tema, senza il quale
probabilmente avrebbero minore riconoscimento anche delle attività svolte.
101
Tab. 3 Reti attivate in relazione ai processi in Andalusia
Tipologia di relazione tra
gli stakeholder
Rete di primo livello
Rete di secondo livello
Processi primari e critici
Player e supporter che lavorano
a diretto contatto con le persone
vittime di tratta:
- operatori delle unità
mobili e delle ONG
- operatori specializzati:
mediatori, psicologi,
avvocati, ecc.
Supporter e sponsor attivati nel
processo di presa in carico:
- operatori di polizia
- istituzioni locali e
provinciali
La tabella numero 4 mostra la rappresentazione della rete di primo e secondo
livello in Romania, contesto nel quale si evidenzia una situazione del tutto
particolare rispetto agli altri Paesi. Attraverso quanto ricostruito con la
documentazione e le interviste fornite dai partner è possibile rappresentare una
rete che appare molto forte, solidamente costruita e formalmente riconosciuta
(anche sul piano normativo) al secondo livello, quello del monitoraggio del
fenomeno, degli interventi di contrasto e del coordinamento generale (a questo
livello infatti si trova l’Agenzia Nazionale contro il traffico di persone che è di
diretta emanazione del Ministero dell’Interno e le forze di polizia).
Tab. 4 Reti attivate in relazione ai processi in Romania
Tipologia di relazione tra
gli stakeholder
Rete di primo livello
Rete di secondo livello
Processi primari e critici
Player e supporter che lavorano
a diretto contatto con le persone
vittime di tratta:
- operatori delle ONG
- operatori specializzati:
psicologi, avvocati,
ecc.
Supporter e sponsor attivati nel
processo di presa in carico:
- Agenzia Nazionale e
articolazioni locali
- operatori di polizia
102
Al primo livello invece la rete si mostra decisamente più debole, con la
presenza di ONG nazionali ed internazionali che, pur avendo buone relazioni
tra loro, sono frammentate nei singoli e specifici settori di intervento
(prevenzione, piuttosto che accoglienza, o ricerca) che non consente loro di
ottenere un riconoscimento sostanziale del lavoro svolto, almeno in termini
formali, e tantomeno consente loro di determinare un gruppo di pressione
politica riconosciuto.
La tabella numero 5 mostra invece la rappresentazione della rete in Brasile (lo
ricordiamo con riferimento alla città di Guarulhos e Fortaleza). La rete su cui
poggia l’attuazione delle politiche di contrasto al fenomeno della tratta
rappresenta un modello misto, dove la regia dell’intervento è decisamente
gestita attraverso una politica pubblica che addirittura definisce il modello di
intervento, ma in una relazione aperta e diacronica con le ONG presenti nel
territorio. Le organizzazioni pubbliche sono quindi presenti al primo livello
nell’intervento diretto con le persone vittime di tratta e al secondo livello
intervengono in maniera strutturata nella definizione delle politiche. L’aspetto
che non emerge da questa indagine con chiarezza è la relazione esistente tra i
due livelli di intervento e quindi anche di relazioni di rete.
Tab. 5 Reti attivate in relazione ai processi in Brasile
Tipologia di relazione tra
gli stakeholder
Rete di primo livello
Rete di secondo livello
Processi primari e critici
Player e supporter che lavorano
a diretto contatto con le persone
vittime di tratta:
- operatori del Posto e
del Nucleo
- operatori delle ONG
Supporter e sponsor attivati nel
processo di presa in carico:
- Municipi locali
- Ministero delle politiche
per le donne
- operatori di polizia
103
←
4.4 Indicatori per la valutazione attività delle reti
Al fine di una valutazione sintetica ed immediatamente riconoscibile dell’attività
delle reti, soprattutto quelle di primo livello, è utile individuare una serie di
indicatori che ne coprano le diverse dimensioni costitutive, ovvero, seguendo
una articolazione abbastanza tipica:
-
la dimensione del contesto in cui la rete si costruisce ed opera;
quella del processo (inteso come profilo della rete e dei suoi meccanismi
-
principali di funzionamento);
quella dei risultati;
quella, infine, dell’impatto dell’attività svolta dalla rete.
La tavola qui di seguito presenta il dettaglio degli indicatori per tipo (contesto,
processo e risultati) unitamente alla descrizione di ciascuno.
Tab. 6 Descrizione e posizionamento del singolo Paese sugli indicatori
individuati
(scala del giudizio: alto, medio, basso, nullo)
Indicatori
Dimensioni
della
domanda di
servizio
Tipo
Contest
o
Dimensioni
dell’offerta
di servizi
Contest
o
Grado di
complessità
Proces
so
Descrizione
Dimensione
del
fenomeno
Presenza
delle
organizzazio
ni sul
territorio che
intervengono
sul
fenomeno
(complessiva
, anche oltre
la rete)
Quantità dei
soggetti
Italia
Spagna
Alta
(per
quanto
dalla
document
azione
non si
riesca a
definire in
maniera
precisa
Romania
Alta
(giudizio
basato non
su numeri
ma sulla
descrizione
del
fenomeno
contenuta
nelle
interviste)
Media
(strutturata
a livello
locale e
non
focalizzata
solo sulla
tratta)
Media
(strutturat
a a livello
locale,
privata/de
l privato
sociale)
Media
(ispirata
ancora ad un
impianto
largamente
centralizzato,
misto
pubblicoprivato
sociale)
Alta
(numerosi
soggetti
intervengon
o, con una
rilevante
presenza
del
pubblico)
Alta
(alto grado
Media
(sono
Media
(i soggetti
Alta
(anche per
Alta
(per
quanto
con
presenze
non
costanti)
Brasile
Alta
(giudizio
basato su
affermazion
i che citano
numeri
esistenti
ma non
presentati
nel report)
104
della rete
Grado di
valorizzazio
ne
relazionale
della rete
Grado di
qualificazio
ne dei
rapporti di
rete
Grado di
stabilizzazio
ne dei
rapporti di
rete
Risultat
o
Risultat
o
Risultat
o
citati sono
numerosi; la
complessità
è
rappresentat
a dalla
necessità di
coordinare
l’intervento
pubblico e
quello
privato)
l’intreccio,
a livello
locale, dei
livelli di
intervento:
federale,
statale e
municipale)
coinvolti
formalmente
e
informalment
e nei progetti
di
complessit
à ed alto
numero di
attori)
citati
numerosi
soggetti
intervenie
nti)
Diffusione di
accordi
formali tra le
componenti
della rete
(con
particolare
riferimento
alle
componenti
istituzionali)
Alto
(si vedano
a questo
proposito
le reti a
carattere
regionale
con la
partecipazi
one delle
amministr
azioni)
Medio
(esiste
una rete
sul
territorio
spagnolo
ma
sembra
mancare
la
partecipa
zione
pubblica)
Basso
(gli accordi
regolano
soprattutto la
relazione tra
soggetti
pubblici e
privati)
Non
rilevabile
(non è
chiaro
quanto
siano
formalizzat
e le
relazioni tra
pubblico e
privato
sociale)
Medio
(si tratta di
rapporti in
via di
costruzione
e
fluidificazio
ne)
Basso
(le relazioni
soffrono il
cambio
delle
persone
incaricate)
Quanto i
rapporti tra le
componenti
della rete
sono
migliorati
Alto
(i rapporti
tendono a
migliorare
con
l’esperienz
a)
Alto
(i rapporti
migliori
con
l’esperien
za e la
fiducia)
Basso
(è un
percorso in
progress; da
una struttura
di intervento
molto
centralizzata
ad una di
rete)
Quanto i
rapporti tra le
componenti
della rete si
sono
stabilizzati
nel tempo
Basso
(i rapporti
sono
sempre
legati alla
dimension
e
personale,
quindi se
cambiano
le
persone,
cambiano i
rapporti)
Alto
(le reti
locali che
interveng
ono
sembrano
consolidat
ee
strutturate
per
campo di
competen
za e per
divisione
del
lavoro)
Medio
(si tratta di
un processo
in divenire
ma presenta
livelli di
stabilizzazion
e crescenti)
Dalla lettura della tavola emerge un quadro così sintetizzabile:
105
-
una valutazione in generale elevata per quanto riguarda gli indicatori di
contesto (i primi due): da questo punto di vista, le situazioni analizzate
mostrano una buona corrispondenza quanti-qualitativa tra la domanda e
l’offerta di servizi per quanto l’offerta risulti migliorabile in termini di
-
capacità di risposta;
una valutazione complessivamente positiva in relazione al “grado di
complessità della rete” ovvero alla sua composizione sia in termini
quantitativi che tipologici (dove la dimensione tipologica rimanda sia alla
natura dei soggetti componenti la singola rete sia al loro “campo di
-
intervento” – nazionale, regionale, locale - );
una valutazione infine generalmente favorevole per quanto concerne il
funzionamento delle singole reti (nella tavole definito in termini di risultato
“interno” alla rete stessa) anche se, su ciascuno degli indicatori
considerati, non mancano ambiti di criticità o perché mancano le
informazioni pertinenti o perché il giudizio (quando è espresso come
“basso”) segnala l’esistenza di un percorso di funzionamento in progress
ed in affinamento graduale nel tempo.
L’impianto di valutazione ha individuato anche, è stato anticipato, due indicatori
di impatto – utilizziamo qui il termine in maniera ampia – funzionali alla
rappresentazione degli effetti del processo a livello di beneficiari e di rete: il
primo indicatore è il grado di efficacia esterna della rete e il secondo è invece il
grado di efficacia interna della rete stessa. A questo proposito, il primo
indicatore fa riferimento alla misura in cui i progetti hanno avuto un risultato
adeguato rispetto al complesso dei beneficiari dei servizi della rete mentre il
secondo rimanda alla misura in cui i progetti hanno avuto un risultato adeguato
in termini di attivazione di tutti i partner della rete. Il lavoro svolto all’interno della
rete di partenariato del progetto non ha però articolato la sua indagine in termini
di impatto e per questa ragione i due indicatori evidenziati qui sopra non sono
stati rilevati: tuttavia, essi
sono stati ugualmente presentati perché se ne
riconosce la rilevanza per una valutazione completa.
106
4.5 Il giudizio degli operatori/ici sui servizi e sulle attività
E’ stato infine chiesto agli operatori/ici intervistati/e di dare un giudizio,
indicandolo con un numero sulla scala da 1 a 10, relativamente ad una serie di
item riguardanti la gestione complessiva dei progetti: hanno risposto
operatori/ici di Spagna e Italia (distinti a loro volta tra Genova e Torino) e
dell’Andalusia.
1.Grado di completezza nell’applicazione della
norma
2.Grado di difficoltà nella realizzazione dei
progetti di emersione
3.Grado di impiego ottimale delle risorse
disponibili
4.Grado di efficacia complessiva rispetto ai
destinatari
5.Grado di complessità nella gestione della
rete delle associazioni
6.Grado di collaborazione interna degli
operatori dell’ente
7.Grado di collaborazione tra gli operatori
della rete
8.Grado di legittimazione e riconoscimento del
servizio
9.Grado di adeguatezza della capacità di
risposta del territorio
10.Grado di soddisfazione personale
dell’intervistata/o complessivo
TO
5,5
GE
7
AND
4
6
6
7
6,5
7
6
7
7
4,5
6
4,5
6,5
7,2
9
5
8,5
9
8
8
8
6
6,5
7
7
7,8
10
4,5
La voce con i giudizi in generale più alti e simili tra i diversi casi è il grado di
collaborazione tra gli attori della rete, mentre quella con i giudizi in generale più
bassi (e, anche in questo caso, simili nei 3 casi) è il grado di complessità nella
gestione della rete, vale a dire che non è giudicata particolarmente complessa
la gestione della rete.
107
Le voci con i giudizi omogeneamente intermedi sono il grado di adeguatezza
della capacità di risposta del territorio, il grado di difficoltà nella “realizzazione
dei progetti di emersione” e il grado di “impiego ottimale delle risorse
disponibili”.
Le voci con i giudizi maggiormente differenziati sono:
a) tra Italia e Andalusia: la soddisfazione personale dell’intervistato/a (a favore
dell’Italia); l’efficacia complessiva rispetto ai/alle destinatari/e (anche qui a
favore dell’Italia); il grado di collaborazione interna tra gli operatori della rete (di
nuovo, in favore dell’Italia); il grado di legittimazione e riconoscimento del
servizio (ancora pro-Italia). Che la situazione andalusa emerga come
decisamente meno favorevole (almeno nella percezione di chi ha risposto) è
confermato anche dal fatto che l’unica domanda in cui il giudizio andaluso è
superiore a quello italiano è una domanda in cui la risposta più alta indica una
maggiore criticità (domanda 2: grado di difficoltà nella realizzazione dei progetti
di emersione);
b) tra Genova e Torino: solo per una domanda i giudizi espressi dagli
operatori/ici di Torino sono superiori quelli espressi dai colleghi/e di Genova
(grado di complessità nella gestione della rete, un fattore quindi di criticità)
mentre in tutti i gli altri casi nei quali vi sono differenze di giudizio, queste sono
a favore di Genova (in particolare per le domande relative al livello della
collaborazione “interna” tra i soggetti appartenenti alla rete).
108
Allegati
ALLEGATO 1
TRACCIA INTERVISTA OPERATORI RESPONSABILI DEI PROGETTI DI EMERSIONE
1.
Ricostruzione sintetica della strutturazione di un intervento di emersione tipo (tappe, fasi e attività)
-
soggetti invianti (unità di strada, telefono verde,..)
-
presa in carico (legame con la normativa vigente)
[Con quale modalità avviene la presa in carico delle vittime? Quali vincoli impone la normativa? Ecc.];
-
modalità e proposte di intervento di massima (identificazione delle fasi, della durata, e della tipologia
macro dei servizi) [Come avviene l’identificazione dei percorsi funzionali al l’inserimento lavorativo?];
-
progettazione operativa sul singolo (valutazione del caso specifico: interessi, predisposizioni,
caratteristiche della persona) [Come avviene l’individuazione di uno specifico corso di formazione?].
2.
Attivazione dei servizi (in-house) o costruzione di reti (con associazioni ed enti esistenti)
-
attivazione diretta di servizi da parte dell’Ente o ricorso a costruzione di reti di associazioni [Quali
servizi l’ente ha attivato in maniera diretta? Come ha costruito la rete di servizi di sostegno ai progetti di
emersione? Accreditamento come procedura migliorativa?];
-
attivazione di reti ad hoc del singolo caso [L’ente ricorre talvolta all’attivazione di ulteriori reti in risposta
a domande e bisogni specifici dei soggetti?];
-
criteri utilizzati per la definizione del pacchetto individuale dei servizi [esempio: scelta del corso di
formazione guidata dall’offerta oppure possibilità di costruire degli interventi ad hoc].
3.
Elementi qualificanti ed elementi di criticità delle attività del progetto
-
funzionalità come capacità di produrre cambiamento nella traiettoria di vita della persona, tenendo
conto della tipologia e delle caratteristiche delle persone, esplicitando le differenze [Quali attività
presenti all’interno dei progetti hanno un buon effetto sulla produzione di cambiamenti nei percorsi delle
persone? Quali, pur essendo importanti, ne hanno meno?];
-
funzionalità rispetto alla dimensione dell’efficienza [Quali attività si sono rivelate in grado di ottimizzare
le risorse rispetto ai risultati ottenuti? Quali scelte operative hanno permesso di ottimizzare l’uso delle
risorse?];
-
valore aggiunto che deriva dalle partnership [Quali effetti positivi ha prodotto la relazione con i partner
109
della rete? Quale valore aggiunto ciò ha apportato alla realizzazione dei progetti?].
4.
Organizzazione interna alla rete di servizi legati ai progetti di emersione
-
relazione e collaborazione tra gli operatori della rete dei servizi [Come è il livello di collaborazione tra
gli operatori della rete dei servizi? Come vengono individuate strategie per la risoluzione dei problemi
per l’attuazione dei progetti?];
-
meccanismi formali o informali di monitoraggio e valutazione dei servizi con riferimento alle schede di
valutazione richieste nei progetti [Vengono svolte specifiche attività di monitoraggio o valutazione dei
servizi? Con quali risultati?];
-
servizi sui quali siano stati effettuati interventi mirati relativi ai modelli di gestione o progettazione e le
relative scelte strategiche [Ci sono/sono stati specifici servizi o attività rispetto ai quali si è investito
particolarmente in termini di progettazione? Quali risultati hanno raggiunto?].
5.
Prospettive future
-
prospettive future nell’attuale contesto di crisi economica e di tagli alla spesa pubblica con riferimento
nello specifico al progetto attuale;
-
prospettive future nell’attuale contesto di crisi economica e di tagli alla spesa pubblica con riferimento ai
finanziamenti in generale per i progetti di emersione, contrasto o prevenzione della tratta.
6.
7.
Giudizio complessivo dell’operatore sull’attività
-
secondo l’esperienza dell’operatore qual è il giudizio complessivo sull’attività;
-
quali potrebbero essere gli interventi da migliorare;
-
quali sono gli interventi funzionali che dovrebbero essere generalizzati.
Giudizio sintetico dell’operatore sulle attività
Si chiede di dare un giudizio indicando un numero sulla scala da 1 a 10 relativamente alle aree individuate e
riferite alla gestione complessiva dei progetti
1. Grado di completezza nell’applicazione della norma
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
2. Grado di difficoltà nella realizzazione dei progetti di
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
3. Grado di impiego ottimale delle risorse disponibili
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
4. Grado di efficacia complessiva rispetto ai destinatari
1
2
3
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emersione
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5. Grado di complessità nella gestione della rete delle
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6. Grado di collaborazione interna degli operatori dell’ente
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7. Grado di collaborazione tra gli operatori della rete
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8. Grado di legittimazione e riconoscimento del servizio
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9. Grado di adeguatezza della capacità di risposta del territorio
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10. Grado di soddisfazione personale dell’intervistata/o
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associazioni
complessivo
ALLEGATO 2
TRACCIA INTERVISTA DIRIGENTI E ASSESSORI/E
1.
CRITERI GENERALI DI INTERVENTO (STRATEGIE)
-
i principi ispiratori dell’intervento, valori e priorità, scelte macro.
[Quali sono i principi o le strategie che sostengono gli interventi e quali le scelte a livello macro?]
-
importanza rispetto al complesso delle politiche dell’assessorato e ricaduta attuale
[Nel quadro degli interventi e delle politiche dell’assessorato/del suo ufficio questa tipologia di azioni e di
interventi che tipo di rilevanza ricoprono dal punto di vista sia di impiego di risorse che di impegno
politico?]
2.
EFFICACIA DEI PROGETTI NELLA RISPOSTA ALLA DOMANDA/BISOGNO
-
capacità di risposta della policy e dei suoi interventi alla domanda/bisogno di tipo quantitativo
[qual è la capacità di risposta rispetto al volume della domanda o al presunto volume?]
-
capacità di risposta della policy e dei suoi interventi alla domanda/bisogno di tipo qualitativo
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[qual è la capacità di risposta dei servizi rispetto ai bisogni in termini di funzionalità ed efficacia?]
3. RETE: OPZIONI GENERALI, ATTIVITA’ QUALITFICANTI, E ESITI
-
criteri di scelta delle partnership e tipologia
[Ritiene fondamentale costruire reti in base ai criteri che vi siete dati o siete in un certo senso costretti
perché non avete le risorse per gestire gli interventi?].
-
modalità tipiche di regolazione dei rapporti e divisione di compiti e responsabilità, tenendo conto delle
ragioni [Esempi di attività concrete che secondo lei traducono le azioni di costruzione delle reti…
costruzione di strategie per la costruzione delle reti].
-
Esiti concreti della logica di rete, in particolare con riferimento alla relazione tra pubblico e privato
[E’ migliorato in questo modo il numero o la qualità dei servizi? E’ migliorata l’efficienza … ]
4. RISORSE FINANZIARE, PROFESSIONALI E ORGANIZZATIVE
-
Adeguatezza, evoluzione del reperimento delle risorse finanziarie
-
Scelte organizzative [Quali sono le opzioni in termini organizzativi che vengono attuate per la gestione dei
progetti? Quali sono gli aspetti di criticità? ]
-
Adeguatezza dei profili professionali coinvolti ed attivati nei progetti [Quali sono le figure professionali
immaginate dai progetti e quali quelle effettivamente coinvolte?]
5. PROSPETTIVE FUTURE
-
quali prospettive future sono immaginabili in termini di risorse finanziarie disponibili tenendo conto
dell’attuale crisi economica e dei tagli alla spesa pubblica.
6. GIUDIZIO COMPLESSIVO
-
secondo l’esperienza del Dirigente/Assessore qual è il giudizio complessivo sulla policy;
-
quali potrebbero essere gli interventi da migliorare;
-
quali sono gli interventi funzionali che dovrebbero essere generalizzati.
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