Un granduca e il suo ritrattista
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Un granduca e il suo ritrattista
Un granduca e il suo ritrattista sillabe Cosimo iii de’ Medici e la “stanza de’ quadri” di Giusto Suttermans Un Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino granduca e il suo ritrattista Cosimo iii de’ Medici e la “stanza de’ quadri” di Giusto Suttermans Galleria Palatina Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, Sala Bianca 16 giugno - 22 ottobre 2006 Enti promotori Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino Galleria Palatina Firenze Musei con il contributo del Monte dei Paschi di Siena Progetto della mostra Lisa Goldenberg Stoppato Direzione della mostra Serena Padovani con la collaborazione di Rosanna Morozzi Direzione amministrativa Giovanni Lenza Progetto dell’allestimento e direzione dei lavori Mauro Linari Assistenza Giuseppe Melani Realizzazione dell’allestimento Opera Laboratori Fiorentini Ufficio stampa Camilla Speranza Segreteria ufficio stampa Firenze Musei © 2006 Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino Una realizzazione editoriale s i l l a b e s.r.l. Livorno www.sillabe.it Prima edizione digitale Agosto 2014 ISBN 978-88-8347-767-6 Referenze fotografiche Sergio Garbari, Gabinetto Fotografico Polo Museale Fiorentino: cat. nn. 2, 5-10, 12, 16-18, 20, 21, 23 Paolo Giusti cat. n. 22 Luca Lupi cat. n. 14 Restauro dipinti Manola Bernini cat. nn. 20-22 Mario Celesia, Laboratorio di Restauro Polo Museale Fiorentino: cat. n. 8 Loredana Gallo cat. nn. 5-7, 10, 12, 14, 18, 23, 24 Restauro cornici Giuseppe Montagna, Laboratorio di Restauro Polo Museale Fiorentino: cat. n. 8 La realizzazione di questa mostra si deve alla generosa collaborazione di tanti colleghi: Marco Chiarini, Anna Evangelista, Marco Fiorilli, Elena Fumagalli, Edward Goldberg e i borsisti del Medici Archive Project, Karla Langedijk, Giovanni Lenza, Douglas Macrae Brown, Silvia Mascalchi, Silvia Meloni Trkulja, Antonio Natali, Xosé Antonio Neira Cruz, Danilo Pesci, Angela Rossi, Maria Sframeli, Francesca Simoncini, Demetrio Sorace, Eleonora Sorri, Paola Squellati Brizio, Marilena Tamassia, Patrizia Tarchi, Rita Toma, Patrizia Urbani Un ringraziamento speciale va alla direttrice Rosalia Manno Tolu e a tutto il personale dell’Archivio di Stato di Firenze per aver facilitato la realizzazione di questo lavoro La più viva gratitudine si deve a tutto il personale della Galleria Palatina che, come sempre, ha dato un contributo essenziale all’iniziativa; in particolare a Donatella Boschi, Rita Cappelli, Maurizio Catolfi, Sonia Cecconi, Daniela Cresti, Tina Gelsomino Un granduca e il suo ritrattista Cosimo iii de’ Medici e la “stanza de’ quadri” di Giusto Suttermans Lisa Goldenberg Stoppato Quest’opera è stata acquistata su www.sillabe.it Questa pubblicazione è protetta dalla Legge sul diritto d’autore e pertanto è vietata ogni duplicazione, commercializzazione e diffusione, anche parziale, non autorizzata Sillabe declina ogni responsabilità per ogni utilizzo dell’ebook non previsto dalla Legge direzione editoriale: Maddalena Paola Winspeare progetto grafico: Susanna Coseschi redazione: Barbara Galla layout e coding dell’ebook: Saimon Toncelli s i l l a b e Giusto Suttermans veniva “riscoperto” nel 1983, con una piccola mostra dedicatagli da Marco Chiarini e da un gruppetto di collaboratori, nella ‘Sala delle Nicchie’ della Galleria Palatina. L’occasione dell’iniziativa era l’acquisto per le Gallerie fiorentine di uno dei tre bozzetti per l’enorme tela con Il Giuramento di fedeltà del Senato fiorentino a Ferdinando ii de’Medici, dipinta dal Suttermans e collocata nel 1626 appunto nella ‘Sala delle Nicchie’, nello spazio centinato sopra la porta centrale d’accesso. La lunetta non fu esposta, perché ricoverata da decenni nei depositi delle Gallerie fiorentine, in pessimo stato di conservazione. Intorno al bozzetto acquistato da una collezione privata, venne riunita una scelta di quaranta dipinti del Suttermans, arricchita da un nucleo di suoi disegni e conclusa, nel catalogo, da una ‘appendice’ che completava il corpus fiorentino del maestro fiammingo, dando un’idea ben precisa dell’imponente consistenza della sua produzione per la corte medicea. Da allora, la personalità del Suttermans è stata delineata in un profilo completo da Lisa Goldenberg Stoppato, nel catalogo della grande mostra del 1986 sul Seicento fiorentino, e Il Giuramento, passato agli Uffizi nel 1733 e sistemato dal Lanzi, nel 1782, nella ‘Sala della Niobe’, vi è stato ricollocato nel 2002, a conclusione del difficilissimo restauro. Prima di esser trasferito agli Uffizi, alla fine del Seicento quel dipinto eccezionale per importanza e dimensioni era stato spostato da Cosimo iii al secondo piano della reggia, nel salone che era stato la Sala dell’Udienza dell’appartamento del cardinal Leopoldo da poco defunto. Proprio in quegli ambienti, Cosimo volle tributare un omaggio molto particolare al suo pittore di corte, facendo allestire in suo onore una mostra di una quarantina di sue opere. Quest’iniziativa così unica allora, e così attuale oggi, viene riproposta nella ‘Sala Bianca’ di Palazzo Pitti (che somiglia molto allo spazio del secentesco salone del secondo piano non più esistente) grazie ad uno dei giovani collaboratori di un tempo, Lisa Goldenberg Stoppato, che ha studiato il Suttermans fino dalla tesi di laurea, e che ha dedicato a questo specifico tema il suo contributo nel catalogo della mostra del 2004 sul viaggio di Cosimo iii a Santiago de Compostela. Così, coerentemente con la tradizione delle mostre di Pitti tese a valorizzare e diffondere la conoscenza degli artisti e dei tesori della reggia, il cerchio aperto nel 1983 sulla figura di Giusto Suttermans, si chiude con la ricostruzione della mostra dei suoi dipinti voluta in suo onore dal granduca Cosimo iii. Lisa Goldenberg Stoppato è studiosa specialista di storia ed iconografia medicea. Giusto Suttermans è stato, durante il xvii secolo, il ritrattista ufficiale della corona granducale; a tal punto apprezzato che il granduca Cosimo iii, nel 1678, volle che a lui fosse dedicata una mostra di una quarantina di pezzi; mostra organizzata, all’epoca, in uno spazio del secondo piano di Palazzo Pitti. Lisa Goldenberg Stoppato e la direttrice della Galleria Palatina Serena Padovani ripropongono, oggi, la mostra di allora. Non nel luogo d’origine (non più esistente a seguito delle modifiche intervenute nel tempo), ma in Sala Bianca, l’unico spazio che può offrire insieme l’agio di un conveniente uso pubblico e la cornice regale della corte. Non entrerò nel merito dello stile di un pittore che ha saputo dare immagine ai volti dell’Antico Regime in totale adesione ai valori simbolici del secolo. Lo farà, nelle pagine che seguono, la curatrice con ben altra competenza ed efficacia. A me, nel mio ruolo di Soprintendente dei musei fiorentini, interessa sottolineare una cosa tanto semplice quanto importante. L’Amministrazione italiana dei Beni Culturali utilizza i talenti migliori, produce ricerca di livello internazionale, garantisce a questa città il prestigio e l’immagine “alta” che nessun altro (non l’Università, non la libera editoria) è più in grado di dare. Noi non ci limitiamo a tenere aperti i musei e a “lavorare”, ogni anno, quasi 5 milioni di visitatori ma organizziamo mostre d’arte fra le più belle attualmente aperte in Europa (Giambologna al Bargello, Lorenzo Monaco all’Accademia, la Manifattura Siries a Pitti), curiamo una produzione editoriale imponente, incoraggiamo e finanziamo linee di ricerca specialistica di assoluta eccellenza come quella affidata al catalogo che le mie righe introducono. Tutto questo è possibile grazie alla qualità professionale e alla dedizione ammirevole del personale tecnico scientifico in servizio presso la nostra Soprintendenza. Ai miei amici e colleghi di Pitti (in questo caso specifico a Serena Padovani, a Stefano Casciu, a Fausta Navarro, a Rosanna Morozzi, a Mauro Linari) va la viva gratitudine mia personale e della Amministrazione che rappresento. Serena Padovani Direttore della Galleria Palatina Antonio Paolucci Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino Cosimo iii e la mostra del 1678 in onore di Giusto Suttermans Quando uno storico dell’arte si accinge a progettare una mostra monografica, di norma il suo primo compito è la scelta attenta delle opere più adatte a presentare l’artista nella luce migliore. Se poi chi cura la mostra ha dedicato molti anni allo studio dell’artista, la volontà di farne apprezzare le qualità diventa un punto d’onore. In questo senso la mostra attuale è un caso anomalo e del tutto eccezionale. Infatti, si tratta di ricostruire l’esposizione organizzata nel 1678 per volontà del granduca Cosimo iii in onore del ritrattista della corte medicea Giusto Suttermans. Il curatore odierno, dovendo accettare quelle fatte trecentoventotto anni fa, si trova quindi sgravato dalle responsabilità della scelta. Il suo compito è un altro: quello di illuminare non solo il profilo del pittore poco noto al grande pubblico, ma di farlo attraverso la lente della personalità e del gusto dell’illustre storiografo Filippo Baldinucci, responsabile per la scelta originale. La ricostruzione è rilevante visto che ventidue dei trentaquattro dipinti selezionati nel 1678 sono stati rintracciati e s’impone all’interesse per la rarità di allestimenti simili nel Seicento. L’iniziativa assume un valore particolare perché la mostra secentesca viene ricostruita nel palazzo che la ospitò tre secoli fa, anche se non proprio nell’ambiente ‘originale’ che si trovava al secondo piano, nell’appartamento del cardinal Leopoldo de’ Medici, oggi impossibile da riutilizzare a causa delle modifiche apportate nel tempo alla distribuzione logistica. La Sala Bianca consente comunque di riproporre la mostra in un contesto analogo. L’ideatore della mostra secentesca, Cosimo iii de’ Medici, viene qui presentato in un ritratto eseguito da Suttermans nel 1658 (cat. 1), quando Cosimo era ancora gran principe. Nato il 14 agosto 1642, era terzo dei quattro figli di Ferdinando ii de’ Medici (1610-1670) e Vittoria della Rovere (1622-1694), ma il primo a superare i primi giorni di vita1. Dopo due generazioni di granduchi cresciuti in compagnia di numerosi fratelli (suo nonno Cosimo ii ebbe otto fratelli e sorelle, e suo padre Ferdinando sette), Cosimo iii si trovò da solo durante l’infanzia, visto che il fratello minore Francesco Maria (1660-1710) nacque diciotto anni dopo e non crebbe con Cosimo, ma con i suoi figli. Altrettanto solo doveva sentirsi Cosimo quando succedette al padre sul trono granducale nel maggio del 1670, soprattutto dopo la morte dell’ultimo zio, il cardinale Leopoldo de’ Medici (1617-1675) e la separazione definitiva dalla moglie Marguerite Louise d’Orléans (1645-1721) che tornò in Francia sempre nel 1675. Era solo davanti al governo del granducato e con un immenso patrimonio artistico ereditato non soltanto dal padre granduca e dallo zio Leopoldo, ma anche dal pro-zio cardinale Carlo de’ Medici, morto nel 16662. La mostra allestita nel 1678 in onore di Giusto Suttermans, che aveva servito dal 1631 al 1670 suo padre, il granduca Ferdinando ii, e dal 1621 al 1631 la nonna paterna, l’arciduchessa Maria Magdalena von Habsburg, nota in Italia come Maria Maddalena d’Austria, fu concepita in questo contesto affettivo e patrimoniale. Con la mostra in onore di Suttermans, ritrattista dei Medici da quasi sessant’anni, Cosimo celebrava anche il proprio casato, riunendo in un’unica stanza i volti di parenti 7 e cortigiani scomparsi. La decisione di rendere omaggio ad un pittore fiammingo è oltretutto perfettamente in linea con il gusto di Cosimo, che aveva acquistato numerosi quadri di artisti fiamminghi e olandesi sia nel corso dei lunghi viaggi compiuti nell’Europa settentrionale tra il 1667 e il 1669, sia nei decenni successivi. Dall’iniziativa traspare anche la sua volontà di continuare la politica artistica del defunto cardinale Leopoldo che aveva acquistato e commissionato un gran numero di dipinti di mano del Suttermans, intenzione che palesò anche continuando, con l’aiuto di Filippo Baldinucci, la collezione di autoritratti iniziata dallo zio. La stessa volontà di presentarsi come il continuatore della politica dei suoi antenati più illustri si palesa in un inedito ritratto di Cosimo iii de’ Medici (fig. 1) eseguito dal Volterrano nel 16773, solamente un anno prima della mostra in onore di Suttermans. Nel ritratto Cosimo è raffigurato in abito granducale sulla darsena di Livorno davanti alla statua del bisnonno Ferdinando i de’ Medici, scolpita tra il 1595 e il 1599 da Giovanni Bandini e successivamente ornata sul basamento da quattro prigionieri mori in bronzo di Pietro Tacca. Nel dipinto Ferdinando i, diversamente da quanto avviene nella versione scolpita, si gira a destra verso il bisnipote come se volesse passargli il testimone. L’allestimento della mostra è da inquadrare tra le altre iniziative di mecenatismo artistico intraprese da Cosimo in questo periodo, dall’istituzione in Palazzo Madama a Roma di una accademia per la formazione di giovani scultori fiorentini, al restauro, iniziato nel 1675, della cappella maggiore in Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, al trasferimento delle sculture antiche da Villa Medici a Roma alla Galleria degli Uffizi a Firenze avviato nel 1677 e alla conseguente decisione di proseguire la decorazione a fresco dei soffitti dei corridoi della stessa galleria4. Chi era dunque Giusto Suttermans, il pittore onorato da Cosimo iii de’ Medici? Secondo la biografia pubblicata nel 1681 da Filippo Baldinucci5, basata su notizie dettate dal pittore stesso6, Giusto, uno dei tredici figli di Francesco ed Esther Suttermans, nacque ad Anversa dove fu battezzato il 28 settembre 15977. Baldinucci ci informa che egli compì i primi studi artistici nella città natale presso Willem di Pieter de Vos, allievo e nipote del più famoso Martin8, e la notizia trova conferma nei registri della gilda di San Luca nei quali “Jooys Soeterman” figura nel 1609 come apprendista di “Gilliam de Vos”9. Secondo Baldinucci, Suttermans prese lezioni “per qualche tempo” anche con Otto van Veen10 prima di lasciare Anversa per Parigi e soggiornò nella capitale francese per tre anni e mezzo, due dei quali presso il ritrattista di corte Frans Pourbus il giovane11. Baldinucci afferma che “Monsù Giusto” giunse a Firenze pochi mesi prima della morte del granduca di Toscana Cosimo ii de’ Medici (deceduto il 28 febbraio 1621), al seguito di un gruppo di arazzieri chiamati da Parigi al servizio del granduca12. Questa indicazione ci permette di datare l’arrivo del pittore ai primi di ottobre 1620 quando, secondo documenti ritrovati da chi scrive, l’arazziere Jacob Ebert van Hasselt e i suoi assistenti “Pietro” e “Adriano” “di Francia” arrivarono alla corte medicea e furono messi immediatamente al lavoro nell’arazzeria 91 In una lettera del 12 novembre 1649 inviata da Modena, Tommaso Guidoni informa il segretario mediceo Giovanni Battista Gondi che il giorno successivo erano attesi “tre pittori, cioè il Guercino, Colonna e Giusto. Si discorrerà di molto della pittura et della caccia, et così ce l’andremo passando.” (cfr. asf, Mediceo del Principato 1484, c. 975, pubblicato da Crinò 1955, p. 222). 92 Pier Francesco Cittadini, che lavorava con Jean Boulanger alle decorazioni della reggia estense di Sassuolo a partire dal 1650, collaborò con il Suttermans, dipingendo i fiori in un ritratto di Isabella d’Este come Flora che è conservato oggi nella raccolta della Cassa di Risparmio di Prato (cfr. L. Goldenberg Stoppato in, Paolucci-Lapi Ballerini 2004, pp. 93-96, n. 30. 93 Vittoria della Rovere (1622-1694), Poggio a Caiano (Firenze), Villa medicea, inv. Poggio a Caiano, n. 131, olio su tela 205 × 145. Baldinucci 1681-1728, ed. 1845-1847, iv, 1846, p. 504; Wurzbach 1906-1910, ii, 1910, p. 676; Firenze 19112, p. 224, n. 22; Bautier 1912b, pp. 27, 113, 128, tav. vii; Id. 1912d, p. 6; Id. 1912e, p. 155; Hoogewerff 1915, pp. 9, 11, tav. 7; Frizzoni 1919, p. 7; Pieraccini 1924-1925, ii, 1925, tav. lxxx; fig. lxxxvi; Bautier 1926-1929, p. 317; Gamba 1927, p. 92, tav. xiv; Göz 1928, pp. 23, 24, 35; Hendy 1931, p. 349; Singer 1937-1938, v, 1938, p. 57, n. 37204; J. Lavalleye in, Thieme-Becker 1907-1950, xxxii, 1938, p. 324; Firenze 1939, p. 57, n. 16; Bautier 1940, n. 1, p. 36, fig. ii; Gamulin 1961, p. 26; Id. 1961-1964, ii, 1964, p. 106; Rossi Nissim 1968, p. 128, fig.; Langedijk 1981-1987, ii, 1983, pp. 1484-1485, n. 110/22; S. Meloni Trkulja in, Firenze 1983, p. 106, n. xlv; Damian 1990, p. 129, sub n. 74; M. Chiarini in, Chiarini-Padovani 1993, p. 152, fig. 3; S. Padovani in, Chiarini-Padovani 1993, p. pp. 216-217, n. i.2; L. Goldenberg Stoppato in, The Dictionary of Art 1996, p. 42; M. Chiarini in, Chiarini-Padovani 2003, i, p. 19, fig. 5. Ne esiste una bella versione a mezza figura, in origine ottagonale, conservata a Chambéry, Musée des Beaux-Arts, inv. n. M980, olio su tela, cm 81 × 65, cfr. per una riproduzione Damian 1990, p. 129, n. 74. 94 Secondo l’inventario di Palazzo Pitti del 1688, era esposto insieme ad altri sei ritratti medicei a figura intera seduta (cfr. asf, Guardaroba medicea 932, c. 53v). Per la serie cfr. la nota 42. 95 Il ritratto di Vittoria della Rovere è citato nel primo inventario della raccolta del cardinale Leopoldo de’ Medici (Inventario di Leopoldo de’ Medici, s.d. [1663-1671?], Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. Riccardi 2443, cc. 119-120) e viene accuratamente descritto in quello stilato nel 1675, dopo la morte del cardinale (asf, Guardaroba medicea 826, c. 80v, n. 419). Due quaderni della Guardaroba generale ricordano il passaggio del dipinto alle collezioni granducali il 27 febbraio 1677 stile comune (Quaderno della Guardaroba generale 1674-1680, asf, Guardaroba medicea 799, c. 196v, n. 419) e l’affidamento al guardarobiere di Palazzo Pitti il 30 agosto 1680 (Quaderno della Guardaroba generale 1679-1685, asf, Guardaroba medicea 870, c. 67r). Il ritratto figura non solamente in questo inventario del 1688, ma anche in quello della reggia stilato tra il 1716 e il 1723 (Inventario di Palazzo Pitti, 1716-1723, Firenze, Biblioteca degli Uffizi, manoscritto 79, c. 6). 96 Nel conto si legge: “A dì 3 di settembre 1636, la Serenissima Granduchessa deve dare a me Giusto Suttermano scudi ventecinque quali sono per la valuta di un ritratto intero in tela halta tutta sua haltezza, ritratto al naturale della Serenissima sopradetta […]” (cfr. Conti di Vittoria della Rovere, 1632-1638, asf, Guardaroba medicea 955, c. 752, segnalato da Langedijk 1981-1987, ii, 1983, pp. 1484-1485, n. 110/22). 97 Lettera di Leopoldo de’ Medici a Mattias de’ Medici, da Poggio a Caiano, 8 maggio 1655, asf, Mediceo del Principato 5393, c. 587, citata da Pieraccini 1924-1925, ii, 1925, p. 502, nota 67. 98 Conto di Giusto Suttermans, asf, Guardaroba medicea 768, c. 518. 99 Cfr. sia il Quaderno della Guardaroba Generale 1666-1674, i (asf, Guardaroba medicea 750, c. 198r), sia l’Inventario della Guardaroba generale 1666-1680 (asf, Guardaroba medicea 741, cc. 472s). 100 Cfr. il Quaderno della Guardaroba generale 1674-1680, asf, Guardaroba medicea 799, c. 276v, trascritto nel saggio. 101 In una lettera indirizzata da Cosimo iii de’ Medici a Pio Enea degli Obizzi il 29 maggio 1668 si parla di un “grave pregiudizio nelli occhi” del Suttermans (cfr. asf, Mediceo del Principato 3939, cc. non numerate, segnalata da Silvia Papucci (comunicazione orale). 102 Francesco Maria de’ Medici, Parma, Galleria Nazionale, inv. n. 1021, olio su tela, cm 191 × 131. Cfr. Pigorini 1887, p. 51, n. 1021; Ricci 1896, p. 207, n. 1021; Bautier 1912b, pp. 84-85, 129, tav. xxvi; Id. 1926-1929, 24 p. 319; Gamba 1927, pp. 89, 97; Göz 1928, pp. 40-41; J. Lavalleye in, Thieme-Becker 1907-1950, vol. xxxii, 1938, p. 324; Quintavalle 1939, pp. 216-217; Id. 1948, p. 138, n. 261; Langedijk 1981-1987, ii, 1983, p. 936, n. 45/23; L. Goldenberg Stoppato in, Firenze 1986b, Biografie, p. 169; De Maere-Wabbes 1994, i, p. 381; Pietrogiovanna 1997, p. 297, fig. 27; M. Giusto in, Fornari-Schianchi 1999, pp. 15-16, n. 447. Il principe raffigurato è stato identificato in passato con don Pedro Porto Carrero dei Farnese di Latera, morto assai vecchio nel 1662, ma l’identificazione è inconciliabile con il taglio degli abiti, databili agli anni settanta. È infatti ricordato come ritratto di Francesco Maria nell’inventario, stilato nel 1693, della collezione di sua cugina Maria Maddalena Farnese, che era figlia di Margherita de’ Medici (cfr. per la trascrizione Bertini 1987, p. 279). 103 Cfr. la lettera di Andrea Salvetti, residente granducale in Inghilterra, indirizzata al segretario mediceo Andrea Cioli, Londra, 12 febbraio 1637 [ab incarnatione=1638 stile comune], cfr. asf, Mediceo del Principato 4199, cc. non numerate, pubblicata da Crinò 1961, p. 187. 104 Cfr. la inedita lettera di Andrea Salvetti, residente granducale in Inghilterra, indirizzata al segretario mediceo Andrea Cioli, Londra, 15 luglio 1639, asf, Mediceo del Principato 4200, cc. non numerate. Sappiamo, grazie a questa lettera, che i ritratti di Ferdinando ii e Vittoria della Rovere che arrivarono in Inghilterra nel 1639 erano a mezza figura e, con disappunto del Salvetti, furono presentati al re da Henry Meilmey. Poiché egli aveva richiesto ritratti “interi a capo a piè, et ambi due in un medesimo quadro”, Salvetti richiede altri ritratti sia per il re, sia per la propria abitazione. Ripeterà la richiesta in numerose altre lettere (cfr. Crinò 1961, pp. 189-190), ma ancora il 28 febbraio 1642 stile comune, il desiderio non era stato esaudito (cfr. la lettera di Amerigo Salvetti indirizzata a Giovan Battista Gondi, segretario mediceo, asf, Mediceo del Principato 4201, cc. non numerate). Crinò propose di identificare il ritratto richiesto con il doppio ritratto di Ferdinando ii de’ Medici con la moglie Vittoria conservato oggi nella National Gallery di London (inv. n. 89, olio su tela, cm 161 × 147, Langedijk 1981-1987, ii, 1983, pp. 787-788, n. 38/39, fig. 38/39. L’identificazione è da scartare visto che il doppio ritratto della National Gallery è un’opera documentata del 1666. 105 Lettera di Matteo Botti a Cristina di Lorena, da Parigi, 6 luglio 1611, asf, Mediceo del Principato 4871, c. non numerata, pubblicato da Rossi 1889, p. 406. I ritratti rammentati sono identificabili con quelli di Louis xiii e Élisabeth de Bourbon, Firenze, Palazzo Pitti, inv. 1890, nn. 2405 e 2399, olio su tela, cm 185 × 100, L. Goldenberg Stoppato in, Firenze 2003, pp. 126-127, n. 62. 106 Prezzi Accordati con il signor Giusto Suttermano pittore per i Lavori che occorreranno farsi, 27 agosto 1654, asf, Guardaroba medicea 669bis, c. 727. 107 Lettera di Averardo Ximenes a Carlo de’ Medici, 6 ottobre 1658, asf, Mediceo del Principato 5242, c. 241, citato da Pieraccini (1924-1925, ii, 1925, pp. 405, 409, nota 181) e segnalatomi da Elena Fumagalli. Cfr. per la trascrizione la cat. n. 1. 108 Inventario della Guardaroba medicea, 1618-1624, asf, Guardaroba medicea 373, cc. 323s e 344d, citato da Langedijk 1981-1987, ii, 1983, p. 774, n. 38/21. 109 Su Jan Suttermans, cfr. anche Baldinucci 1681-1728, ed. 1845-1847, iv, 1846, p. 476. 110 Baldinucci 1681-1728, ed. 1845-1847, iv, 1846, p. 476. Per i documenti cfr. cat. n. 23. 111 Cfr. Entrata e uscita H dell’Accademia, 1641-1650, asf, Accademia del Disegno 106, c. 24r. 112 Conti di Vittoria della Rovere, 1632-1638, asf, Guardaroba medicea 955, c. 1048, n. 447. 113 In una lettera pubblicata da Adolfo Venturi (1882, p. 249, doc. i) Jan van Ghelder dichiara non solo di aver dipinto alcune copie da ritratti del “signor Giusto”, ma anche di aver collaborato all’esecuzione di alcune opere dello zio, dipingendovi i vestiti. Per altre notizie su van Ghelder cfr. Righi 1979, pp. 141-158. 114 Cfr. Borroni Salvadori 1974, pp. 1-58; Id. 1975, pp. 393-402; Meloni Trkulja 1976, pp. 579-585. 115 Cfr. Haskell 2000, pp. 8-12. 116 Cfr. Haskell 2001, pp. 49, 52. 117 Cfr. Koch 1967, pp. 215-216. 118 Cfr. Haskell 2001, pp. 20-21. catalogo 25 1. Cosimo iii de’ Medici (1642-1723) da gran principe 1658 olio su tela, cm 72 × 58 Firenze, Galleria Palatina, inv. 1890, n. 2875 Questo dipinto figura nel catalogo Pieraccini della Galleria degli Uffizi (ed. 1910) in modo generico come il ritratto di un giovane uomo. Spetta a Pierre Bautier (1912b) il merito di avervi riconosciuto le fattezze di Cosimo iii de’ Medici. Bautier suggerì che il ritratto fosse eseguito mentre Cosimo era ancora gran principe tra il 1667 e il 1669, negli stessi anni dei suoi lunghi viaggi, e anche gli studi più recenti propongono datazioni nello stesso decennio. Documenti pubblicati da chi scrive in occasione della mostra allestita a Santiago de Compostela nel 2004, ci permettono di anticipare la data di esecuzione al 1658. Questo dipinto corrisponde infatti in ogni dettaglio alla descrizione di un ritratto del gran principe Cosimo eseguito nell’autunno del 1658 compreso in una lunga lista di opere commissionate a Giusto Suttermans dalla granduchessa Vittoria della Rovere e mai pagate (Copia di partite insolute del conto di Giusto Suttermans con Vittoria della Rovere, 1671, in Conti della Guardaroba generale, 1669-1671, asf, Guardaroba medicea 785ter, inserto 6, conto n. 335, cc. 525, 528): E più a dì 30 settembre 1658, fatto e consegnato a Sua Altezza Serenissima in propria mano, un ritratto del Serenissimo Gran Principe da mezzo in su, vestito con le mani, che una tiene il cappello e l’altra scherzando tra le penne del cappello, di color di fuoco e bianche, e fu mandato in Francia, consegnato per mano, al signore cavaliere Cerchi -- scudi 25 Poiché il documento specifica che il ritratto in questione fu spedito in Francia, difficilmente può identificarsi con questo esposto, identificabile invece con il ritratto di Cosimo eseguito dal Suttermans nell’autunno del 1658 per il cardinale Carlo de’ Medici (15961666). Questa opera è ricordata in due lettere indirizzate al cardinale da Averardo Ximenes nell’ottobre dello stesso anno e segnalate da Gaetano Pieraccini nel 1925. Nella prima lettera, che porta la data del 6 ottobre, Ximenes avverte che Giusto Suttermans era venuto a chiedere il pagamento per un ritratto del gran principe: Giusto pittore hieri fu a trovarmi, domandando se Vostra Altezza Reverendissima haveva dato ordine alcuno per la sua sodisfatione del ritratto del serenissimo Gran Principe. Io non potei dirli cosa alcuna, né trovai ordine per il suo intento in Guardaroba; o al signor Poltri. Mi stimolò di passarne uffizio con Vostra Altezza, a cui se ho da rappresentare il prezzo che ne chiese dirò, che fu di doble dieci. Et, per suggerire quello che fu pagato il ritratto del serenissimo signor principe don Lorenzo di gloriosa memoria, dirò all’Altezza Vostra che furno doble sette, ma il medesimo Giusto replica che questo fosse copia d’originale et esser quello del serenissimo Gran Principe, di prima fatica. Si compiaccia Vostra Altezza d’ordinare il suo intento. [...] Nella seconda lettera che porta la data dell’11 ottobre 1658, Ximenes promette di informarsi sul prezzo del ritratto del gran principe commissionato dalla granduchessa Vittoria, stabilendo inequivocabilmente un legame tra le due versioni del dipinto: Obedirassi al comandamento di Vostra Altezza Reverendissima in sapere il prezzo del ritratto di mano di Giusto del serenissimo Principe fatto per la serenissima Gran Duchessa Padrona, per sodisfarlo di quello che ha havuto Vostra Altezza. [...] 26 Alla fine il prezzo stabilito fu di venti scudi pagati “a Giusto Sutterman” e registrati il 12 novembre 1658 nel libro di debitori e creditori di Carlo de’ Medici (segnalatomi da Elena Fumagalli). Il ritratto figura nell’inventario della collezione del cardinale Carlo stilato nel 1666 in una serie di sette ritratti medicei: Sette Quadri in tela a olio alti braccia 1 ½, larghi 1 ¼ entrovi in ciascheduno un ritratto, cioè Gran Duca [Ferdinando ii], Gran Principe, don Lorenzo, Giovan Carlo, Mattias, Leopoldo e don Francesco, tutti con adornamenti d’albero liscio e tutto dorato n:° 7, scudi 140.-.- Il cardinale Carlo lasciò la sua collezione in eredità proprio al bisnipote Cosimo e il 30 giugno 1667 l’intera collezione, compresi questi ritratti, fu acquistata dalla Guardaroba granducale, che si impegnò a pagare il valore equivalente all’erede, e registrata nei libri della Guardaroba generale. Dalla Guardaroba il ritratto del gran principe Cosimo passò alla villa medicea di Pratolino dove viene ricordato dall’inventario del 1748: Un quadro in tela alto braccia 1 ¼, largo soldi 19, dipintovi mezza figura ritratto del gran duca Cosimo quando era principe in abito alla spagnola, con maniche aperte e collare di trina, tiene sotto il braccio sinistro il cappello con penne scarnatine, e adornamento di tutto intaglio straforato e tutto dorato - n. 1 Entro il 1761 era già stato riportato a Firenze e collocato al secondo piano di Palazzo Pitti. Viene infatti accuratamente descritto dall’inventario del palazzo stilato in quell’anno insieme ad altri tre ritratti di formato simile: Quattro Detti simili alti braccia 1 soldi 6, larghi braccia 1 soldi 2 per ciascheduno dipintovi mezze figure in uno […], e nell’altro il Gran Duca Cosimo Terzo da giovane vestito alla spagnola, con collare di trine, maniche aperte, e capello in mano con penne bianche, e rosse con adornamenti intagliati, straforati, e tutti dorati segnati n.° 948. Secondo Marco Chiarini il ritratto del gran principe Cosimo fu trasferito nel 1826 alla Galleria degli Uffizi, per tornare in seguito agli Appartamenti reali di Palazzo Pitti, prima di giungere nel 1928 alla Galleria Palatina dove è esposto oggi. Fonti manoscritte Lettere di Averardo Ximenes al cardinale Carlo de’ Medici, 6 e 11 ottobre 1658, asf, Mediceo del Principato 5242, cc. 241 e 242; Debitori e creditori di Carlo de’ Medici, 1651-1663, 12 novembre 1658, asf, Scrittoio delle Regie Possessioni 4173, cc. 49 s-d, 504 d; Inventario di Carlo de’ Medici, 1667, asf, Guardaroba medicea 758, c. 3v; Quaderno della Guardaroba generale, 1666-1674, i, 30 giugno 1667, asf, Guardaroba medicea 750, c. 58v; Inventario della Guardaroba generale, 1666-1680, 30 giugno 1667, asf, Guardaroba medicea 741, c. 357s; Inventario della villa di Pratolino, 1748, asf, Guardaroba medicea appendice 84, c. 212; Inventario di Palazzo Pitti, 1761, asf, Guardaroba medicea appendice 94, c. 626r Bibliografia Pieraccini 1910, p. 117, n. 893; Bautier 1912b, pp. 93,126; Göz 1928, p. 31; Jahn Rusconi 1937, p. 293, n. 2875; J. Lavalleye in, Thieme-Becker 1907-1950, xxxii, 1938, p. 324; Pieraccini 1924-1925, ii, 1925, pp. 405, 409, nota 181; Tarchiani 1939, p. 25; Cipriani 1966, p. 122, n. 2875; Camerani 1968, tav. davanti a p. 152; Firenze 1969, p. 53, n. 76, fig.; M. Chiarini in, Gli Uffizi 1979, ed. 1980, p. 535, n. P1669; Langedijk 19811987, i, 1981, p. 605, n. 29/35; K. Langedijk in, Firenze 1983, p. 31, n. 11; Palazzo Pitti 1988, p. 74; Godi-Mingardi 1994, p. 43, sub n. 33; M. Masdea in, Pechino-Shangai 1997, pp. 89-90, n. 19, p. 142, tav. 19; M. Chiarini in, Chiarini-Padovani 2003, i, p. 29, fig. 13; S. Casciu in, Chiarini-Padovani 2003, ii, p. 427, n. 705 27 15. Valdemar Kristian di Danimarca (1622-1656) a fresco di un quartiere al piano nobile della reggia di Pitti. Il dipinto è rammentato il 17 settembre 1640 in un inventario della Guardaroba granducale: 1638 olio su tela, cm 71 × 53 Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. 1912, n. 190 non presente in mostra Un quadro in tela entrovi dipinto il figliuolo del Re d’Animarca con banda bianca e turchina, alto braccia 1 largo braccia ¾ incirca senza ornamento Tra i dipinti che secondo un inventario della Guardaroba medicea vennero mandati al guardarobiere di Palazzo Pitti il 28 febbraio 1678 per mettersi “nella stanza de’ quadri di Giusto Sutterman” c’era il ritratto di un principe di Danimarca: Un quadro simile senza ornamento alto braccia 1 ¼, largo braccia 1, dipintovi il ritratto del figlio del Re Danimarcha armato con ciarpa turchina e biancha di mano del suddetto 144 Il ritratto, indicato semplicemente come “1 Danimarca”, figura anche nel censimento delle opere del Suttermans fatto da Filippo Baldinucci in preparazione della mostra allestita nel 1678, tra i “Ritratti in mano al Bernardi”. Per questo motivo può essere incluso nel novero delle opere esposte nell’allestimento secentesco anche se, nel 1688, quando fu compilato l’inventario di riferimento, era già stato allontanato dalla sede della mostra e ricollocato in un’altra stanza dello stesso appartamento al secondo piano della reggia, la “nona, et ultima stanza, con finestra sul cortilino, e porta che riesce sulla libreria”. Il ritratto del principe di Danimarca è ricordato anche nell’inventario di Palazzo Pitti stilato tra il 1716 e il 1723, insieme ad altri dodici dipinti di mano del pittore conservati “nella Camera della Scarabattola d’oro” dell’appartamento del gran principe Ferdinando. Potrebbe quindi essere uno dei “Tredici […] Ritratti di Principi, Principesse, et altri suggetti” di mano di Giusto Suttermans citati insieme nell’inventario del 1761, nella “Nona Camera” dello stesso appartamento. L’identità del principe raffigurato fu stabilita nel 1895 da Francis Beckett. Si tratta di Valdemar Kristian di Kristian iv di Danimarca (1622-1656); le cronache dell’epoca riportano che il giovane principe lasciò la Danimarca nel 1637 per un lungo viaggio attraverso l’Europa, soggiornò per otto mesi a Parigi prima di scendere in Italia dove fece tappa anche a Firenze. Il suo arrivo nel capoluogo toscano è ricordato nel terzo diario di Cesare Tinghi: “del mese di giugno 1638 arrivò in Firenze il figliuolo terzogenito del Re di Danimarca in compagnia d’un suo cognato” e vi rimase per tutta l’estate, alloggiato nell’abitazione del principe Giovan Carlo de’ Medici in via della Scala (cfr. Tinghi 1623-1644, asf, Miscellanea medicea 11, c. 361v). Il ritratto, probabilmente eseguito da Suttermans durante questo soggiorno fiorentino del principe Valdemar Kristian, è infatti uno splendido esempio dell’evoluzione della pittura del pittore fiammingo a contatto con i nuovi stimoli artistici giunti a Firenze negli ultimi anni del decennio, tramite la grande tela di Pieter Paul Rubens Le Conseguenze della guerra, arrivato nel 1638, e la presenza di Pietro da Cortona che in questi anni attendeva alla decorazione 52 Secondo una lista di consegne fatte dalla Guardaroba granducale, l’opera fu prestata “a Giusto pittore, datoli per copiare” pochi giorni più tardi, il 25 settembre 1640 e venne restituita il 25 gennaio 1641 [ab incarnatione=1642 stile comune]. Copie del ritratto di Valdemar Kristian sono conservate sia nella caserma di Santa Maria a Candeli vicino a Firenze (in deposito dalle Gallerie fiorentine), sia a Frederiksborg presso Hilleröd, sia nello Schloss Hinterglauchau a Glauchau. Un’altra si trovava nel 1993 in una collezione privata di Alessandria d’Egitto. Fonti manoscritte Inventario della Guardaroba generale, 1640, asf, Guardaroba medicea 572, c. 6v; Consegne della Guardaroba generale 1640-1642, 25 settembre 1640 e 25 gennaio 1641 [ab incarnatione=1642 stile comune], asf, Guardaroba medicea 711, inserto 2, c. 162; Inventario della Guardaroba generale 1640-1666, asf, Guardaroba medicea 585, cc. 36s-d; Baldinucci s.d. [1678 ca], bncf, ms. ii.ii.110, c. 350; Inventario della Guardaroba generale 1666-1680, 28 febbraio 1678 stile comune, asf, Guardaroba medicea 741, cc. 144 s e d, n. 65; Quaderno della Guardaroba generale 1674-1680, 28 febbraio 1678 stile comune, asf, Guardaroba medicea 799, c. 276v; Inventario di Palazzo Pitti 1688, asf, Guardaroba medicea 932, cc. 149v-150r; Inventario di Palazzo Pitti 1716-1723, Biblioteca degli Uffizi, ms. 79, cc. 90-91; ?Inventario di Palazzo Pitti, 1761, asf, Guardaroba medicea appendice 94, c. 530v Bibliografia Inghirami 1828, p. 43; Id. 1834, p. 38; D. Gazzadi in, Bardi 1837-1842, i, 1837, pp. non numerate; Nagler 1835-1852, xviii, 1848, p. 6; Burckhardt 1855, ed. 1952, p. 1114; Fétis 1857, i, p. 451; Chiavacci 1859, p. 95; Waagen 1863-1864, ii, 1863, p. 226; Siret 1866, p. 898; Michiels 1865-1878, ix, 1874, p. 28; Seubert 1878-1879, iii, 1879, p. 389; Michiels 1881, pp. 118-120; Id. 1882, pp. 122, 189-190; Wauters s.d. [1883?], p. 356; Venturi 1891, iv, p. 110, n. 190; Beckett 1895, pp. 737-738; Lafenestre-Richtenberger s.d. [1895?], pp. 147-190; Crowe 19043, p. 301; Bryan’s Dictionary 1904-1905, v, 1905, p. 145; Jourdain 1905, p. 245; Schmerber 1906, p. 105; Wauters 1910, p. 314; Wurzbach 1906-1910, ii, 1910, p. 676; Bautier 1911b, p. 239; Id. 1912a, pp. 6, 11-12; Id. 1912b, pp. 41-42, 115, 127, tav. xv; Id. 1912c, p. 378; Tarchiani 1912, p. 2; Fierens Gevaert 1913, p. 60; Bautier 1914, p. 616; Hoogewerff 1915, pp. 3-5,7,10, 12, tav. 3; Frizzoni 1919, pp. 2, 3 (fig.); Christie’s, 22 febbraio 1924, p. 75, sub n. 79; Bautier 1926-1929, p. 315; Gamba 1927, p. 89; Göz 1928, pp. 47-48; Anversa 1930, p. 108, n. 282; Cornette 1930, p. 20; Parigi 1936, p. 167, n. 99; Jahn Rusconi 1937, pp. 286-287, n. 190; J. Lavalleye in, Thieme-Becker 1907-1950, xxxii, 1938, p. 323; Tarchiani 1939, p. 5, 25, 65 (fig.); Marangoni 1951, tav. 43; Francini Ciaranfi 1955, p. 148; Heinz 1963, p. 156; Cipriani 1966, p. 24, n. 190, tav. fra pp. 16-17; Firenze 1972, p. 86, n. 4; S. Meloni Trkulja in, Firenze 1983, p. 109, n. liii; Copenhagen 1988, p. 47, n. 117; L. Goldenberg Stoppato in, The Dictionary of Art 1996, p. 41; S. Casciu in, Chiarini-Padovani 2003, i, p. 272, tav. 212, ii, p.414, n. 681; L. Goldenberg Stoppato in, Santiago de Compostela 2004, pp. 74, 75, 80, 81 (fig.), 92 (note 73-76), 109, n. 32 53