VO n_07-08_2015 n. 07-08 Luglio-Agosto
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VO n_07-08_2015 n. 07-08 Luglio-Agosto
VITAOSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana LUGLIO-AGOSTO 2015 POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA ANNO LXX - N° 07-08 FRA APOLLINARIO DE LA CRUZ (1815-1841) EROE NAZIONALE DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA EDITORIALE S O M M A R I O RUBRICHE 4 Ospitare Dio, Ospitare l’uomo Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia 5 La medicina narrativa in terapia intensiva 6 Estate sì… ma da cristiani! 7 Il reflusso Vescicouretrale 8 Il dolore nel neonato e le scale di valutazione 9 Il piede diabetico 10 L’Eugenismo della “Razza Perfetta” a soppiantare l’evoluzionismo di Darwin Cap. LVI – Etica della ricerca sull’uomo; il Codice di Norimberga, e il topo oncogenetico di Harvard 11 Schegge Giandidiane N. 48b Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz 15 Un dono in punto di morte 16 La forma dell’acqua DALLE NOSTRE CASE 17 Ospedale San Pietro - Roma San Pietro e Paolo, chi erano? 18 Ospedale Sacro Cuore di Gesù Benevento Santa Teresa d’Avila: un esempio da seguire Festa del Sacro Cuore di Gesù 21 Istituto san Giovanni di Dio Genzano Chiusura dell’anno sociale 2014-2015 22 Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo Progetti per il centro di accoglienza notturno “beato padre Olallo” 23 Newsletter - Filippine VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana ANNO LXX Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: fra Elia Tripaldi, sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h., Mariangela Roccu, Raffaele Sinno, Carlo Alberto Acernese, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo, Franco Luigi Spampinato Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme grafica srl Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro IBAN: IT 58 S 01005 03340 000000072909 Finito di stampare: luglio 2015 In copertina: Fra Apollinario de la Cruz, proclamato nelle Filippine Eroe Nazionale della Libertà Religiosa (dipinto di Eladios S. Santos) PREGARE PER IL NOSTRO PIANETA N on appena in giugno fu presentata alla Stampa la nuova Enciclica Laudato si’, che Papa Francesco ha voluto dedicato alla cura che ognuno di noi deve avere nei confronti del Creato, fermandone la drammatica degradazione, fu subito avanzata la proposta di celebrare un’apposita Giornata Mondiale di Preghiera ogni primo settembre. La data del primo settembre, come giornata per la custodia del creato, nacque nel 1989 su iniziativa dell’allora patriarca di Costantinopoli Dimitrios e fu recepita nel 2006 dalla Conferenza Episcopale Italiana, che ha continuato da allora a celebrarla e ha già diffuso il suo messaggio per quella di quest’anno, che sarà dunque per l’Italia la Decima Giornata e ci proporrà una grande sfida: smettere di rovinare il giardino che Dio ci ha affidato, in modo che tutti così possano continuare a goderne. Riflettendo sul notevole impatto che l’Enciclica ha avuto dappertutto, anche da parte di chi non è di fede cristiana o è addirittura ateo, c’è da sperare che presto quella del primo settembre diventi una Giornata Mondiale, che aiuti a risvegliare le coscienze di ogni angolo della terra, rendendole più sensibili a una tematica che troppo a lungo è rimasta negletta o completamente ignorata, con nefaste conseguenze non solo nel clima mondiale, con stagioni che sembrano impazzite, ma soprattutto nel degrado ambientale, che non ha certo risparmiato l’Italia, dove ormai crescono a macchia d’olio le zone che si scopre sono state criminalmente inquinate da gente senza scrupoli. Occorre urgentemente formare la coscienza ecologica d’ogni essere umano e il primo prezioso passo è di dedicare momenti di preghiera che aprano il nostro cuore e la nostra mente alla responsabilità di ognuno di noi nel custodire e salvaguardare il creato. Preso atto che il Papa, nelle ultime righe della sua Enciclica, ha voluto inserire un’apposita preghiera che ci educhi e ci entusiasmi a prenderci cura del creato, merita riprodurla qui, non semplicemente per poterla recitare il primo settembre, ma per farle posto nelle nostre orazioni quotidiane. Eccone il testo: Dio Onnipotente, che sei presente in tutto l’universo e nella più piccola delle tue creature, Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste, riversa in noi la forza del tuo amore affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza. Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle senza nuocere a nessuno. O Dio dei poveri, aiutaci a riscattare gli abbandonati e i dimenticati di questa terra che tanto valgono ai tuoi occhi. Risana la nostra vita, affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, affinché seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione. Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra. Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature nel nostro cammino verso la tua luce infinita. Grazie perché sei con noi tutti i giorni. Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace. Amen. CHIESA E SALUTE OSPITARE DIO, OSPITARE L’UOMO Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia guita da una promessa da parte di Jahvé che gli ordinò di lasciare la terra di Ur e dirigersi nella terra che lui stesso gli avrebbe indicato. Fra Elia Tripaldi o.h. I n principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: ”Sia la luce!” E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno” (Gn 1, 1-5). Nel libro della Genesi notiamo subito quanto “le prime pagine della Bibbia devono molto a quei poemi. Esse si pongono nella medesima tradizione di pensiero, benché il punto di partenza biblico sia la confessione di fede nell’unico Dio dell’Esodo. Il confronto con il pensiero mesopotamico, ricco di profondi temi esistenziali, indusse i teologi e gli scribi di Gerusalemme a prendere in considerazione, nella redazione del testo sacro, i racconti della creazione e del diluvio. Così, prima di parlare della promessa rivolta da JHWH ad Abramo, Isacco e Giacobbe e prima della narrazione dell’evento fondatore dell’uscita di Israele dall’Egitto, la Bibbia inizia il suo racconto da ”in principio”27. Anche se il modo di raccontare rimane poetico e mitico, tuttavia l’autore sacro descrive lo stupore e la meraviglia di Dio che “vide che era cosa buona”. Nell’Antico Testamento si trovano numerosi episodi nei quali è presente l’accoglienza ospitale e ripetuti appelli all’ospitalità dello straniero, come anche altrettanto numerose sono le narrazioni di ospitalità mancata, tradita o negata. Non sempre, però, si trovano figure virtuose e forti nella prova, come Giuseppe venduto dai fratelli ai mercanti ismaeliti e comprato da Potifàr. Egli non tradirà mai l’ospitalità della casa ospitante di fronte ai 4 “Il Signore disse ad Abram: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una grande benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno E coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra. reiterati inviti da parte della moglie del padrone a giacere con lei in assenza del marito (Gn 39, 1 e ss). Abramo è la figura che domina la scena con la quale si apre la storia della salvezza, storia che descrive i rapporti tra Dio e Israele. Questa figura è emblematica perché, oltre a essere archetipo della fede autentica nelle promesse di Dio, Abramo è anche colui che sperimentò la situazione di nomade, di straniero, abitando nelle tende, nella terra promessa come in una regione straniera. Egli è anche il modello di ospitalità. Nel libro della Genesi, dove è descritta la chiamata di Abramo, sono presenti le forme più antiche relative alle promesse che Dio cominciò a fare ai patriarchi, iniziando dal patriarca biblico, in vista di una alleanza e verso un avvenire di salvezza per il popolo. La chiamata di Abramo Ur dei Caldei (la moderna Tell el-Muqayyar), era un’antica città sulle rive dell’Eufrate, nella Mesopotamia meridionale, dove viveva un pastore nomade di nome Abram, figlio di Terach 28, un “arameo errante”, come ricorda la preghiera d’offerta o “il piccolo credo storico” nell’atto in cui l’israelita offriva al Signore le primizie dei frutti della terra, dono dello stesso Signore: “Tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio Padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa”. (Dt 26, 5-6). Abramo diventerà capostipite del popolo eletto in seguito alla chiamata se- Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran (Gen 12, 1-4). Vero protagonista di questa storia è JHWH perché prende l’iniziativa che mette in moto l’intera vicenda di Abramo al quale promette: – una numerosa discendenza: “Renderò la tua discendenza come la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti” (Gen 13, 16); – la benedizione, tramite lui, di tutti i popoli della terra: “E in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12, 3); – un territorio per la sua discendenza: “Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra” (Gen 15, 7). _________________ BORGONOVO G. – GIRONI P., Il mondo della Bibbia, Paoline 2006, p. 8 28 Abramo era nato in Carran (Gen 24), nel nord della Mesopotamia. 27 continua BIOETICA LA MEDICINA NARRATIVA IN TERAPIA INTENSIVA Raffaele Sinno Ogni giorno raccontiamo qualcosa di noi agli altri. narriamo il nostro passato, raccontiamo le nostre aspettative per il futuro1 L a medicina narrativa, Narrative Based Medicine, è un termine coniato da Rita Charon, e nasce come progetto di prendersi cura di una persona che necessita d’aiuto, e non solo del malato, considerando che ogni storia umana è sempre una «narrazione non convenzionale»2. Per raccontarsi è fondamentale che si avvii una comunicazione reale e condivisa, che è di per sé una condizione esistenziale3. Nella nostra pratica clinica assistiamo spesso al silenzio umano, quando si devono informare le persone del loro stato di salute, delle scelte difficili da condividere, dei rapporti non sempre agevoli con le famiglie, e con la società. Tutti gli operatori sono consapevoli delle difficoltà relazionali e di fronte ai drammi si adoperano le seguenti situazioni: un’informazione molto tecnica, ricorrere alla burocratizzazione dei questionari, e infine trasformarsi in quello che ha ben indicato D. J. Rothman, una rete di stranieri al letto del paziente. Per evitare questo fallimento globale la medicina narrativa, e la riflessione bioetica a essa correlata, propone un impianto in cui -non senza errori e difficoltà- il professionista si riappropri di un suo livello relazionale, collaborando attivamente con tutti i professionisti della comunicazione. Si tratta di avviare un capovolgimento rispetto all’attuale idea imperante della relazione tecnica, e accettare una faticosa verifica delle relazioni. Tali situazioni sono di fatto ampliate, per quello che riguarda la persona che necessita di terapia intensiva. Questa situazione costringe a dialogare con il limite della morte, in un raffronto complesso e complicato tra operatori, persone e familiari. In molte si- tuazioni il soggetto non è in grado di comunicare verbalmente, tuttavia è noto che questi individui hanno “soglie di comunicazione” che devono essere evidenziate e comprese. Non si tratta solo dello stato di coscienza o del suo recupero, piuttosto della possibilità di registrare e motivare segnali di comunicazione. In questo delicato terreno di confine bisogna evitare due pericoli che sono opposti ed entrambi negativi. Il primo è di rimanere imbrigliati in una cultura della risposta vocazionale. Ciò significa che provocando uno stimolo di diversa natura, visivo, sonoro, somatico sensitivo, si ottiene una risposta Elettroencefalografica deducendo, di fatto, il grading di coscienza. Questo non significa comunicazione, ma solo che le attività in questione sono funzionanti. È la spinosa questione degli stati minimi di coscienza. L’altro pericolo, all’opposto, è ritenere il soggetto una tabula rasa, su cui poter far fluire ogni stimolo, dalla musicoterapia, alle registrazioni sonore di particolari momenti della vita del soggetto. Si comprenda bene che queste situazioni sono ottimali se inserite in un programma di comunicazione, invece di essere affidate all’iniziativa libera del familiare. La questione comunicativa in terapia intensiva è davvero più complessa, e richiede ulteriori sforzi per ottenere un recupero funzionale pieno di dignità umana. A tal proposito vorrei segnalare i risultati di uno studio osservazionale, retrospettivo, a partecipazione volontaria, del 2013 riguardo alla Medicina Narrativa, eseguito nell’Ospedale san Giovanni Bosco di Torino. Si prevedeva l’utilizzo di diari da inserire in un contesto di terapia intensiva aperta 24 ore su 24. Operativamente si sono raccolte storie, dal 2009 al 2011, di 332 familiari o visitatori, e 258 pazienti. Metodologicamente la valutazione è stata compiuta con un’analisi statistica multivariata, affiancata da test qualitativi. I risultati sono davvero sorprendenti, e dimostrano che la raccolta di lettere, in ragione delle mutate condizioni comunicative, ha generato un feedback positivo tra familiari, operatori e soggetti in grado di comunicare4. Narrare le storie non significa fare letteratura, al contrario avviare una stagione di trasformazione culturale - antropologica. Nella terapia intensiva è fondamentale implementare la ricerca per una comunicazione che non può essere demandata agli esperti, ma sia obiettivo centrale dell’azione di terapia e cura del team. Successivi studi inoltre dimostrano che l’utilizzo di una metodologia di narrazione riduce il burn-out degli operatori5. In definitiva, questa riflessione prospetta che l’introduzione di un modello di medicina narrativa, in terapia intensiva, possa migliorare il rapporto umano sia tra gli operatori, sia con i familiari e i pazienti, il che presupporne affrontare meglio i limiti dei successi e delle sconfitte umane.4 _________________ Cfr. www.hstory.it.medicinanarrativa Rita Charon, Narrative medicine. A model for empathy, reflection, profession, and trust, in “Journal of American Association”, 2001, 286(15): 197-202 3 Cfr. Werner Karl Heisenberg, Fisica e Filosofia 1961, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1982:«Even for the physicist the description in plain language will be a criterion of the degree of understanding that has been reached». (Anche per il fisico la descrizione in un linguaggio semplice sarà un criterio del grado di comprensione che è stato raggiunto). 4 Stefania Di Gangi, Giuseppe Naretto, Nicola Cravero, Sergio Livigni, A narrative based study on communication by family members in intensive unit care, in Journal Critical Care on line, January 10, 2013 5 Claudio Speroni, Progetto Open ICU, Scuola Universitaria della Svizzera Italiana, Dipartimento della Sanità, 2011, in www.ospedaleaperto.com. upload. 2013-14 1 2 5 ANIMAZIONE GIOVANILE ESTATE SÌ… MA DA CRISTIANI! Fra Massimo Scribano o.h. E state, tempo di riposo che di norma ci porta a rallentare le nostre attività che ci hanno accompagnato durante l’anno. Siamo ormai, purtroppo abituati a ritmi frenetici e questo comporta una discrepanza tra l’anno lavorativo e le vacanze estive: frenetismo nell’uno e lassismo nell’altro. In quest’articolo ci chiediamo qual’è il senso cristiano delle vacanze. Da qui parte l’essenza del nostro spirito: concepire il riposo come una totale assenza dagli impegni comporta una maniera poco rilassante e fruttuosa. Sant’Agostino diceva: «Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore non trova pace se non in te». Quindi non bisogna pensare una vacanza al di fuori degli impegni: a esempio una famiglia non va in vacanza, poiché continua a svolgere il suo ruolo anche durante il periodo estivo. Del resto anche Gesù, non si è mai riposato durante la sua vita terrena; il vero riposo per il Figlio di Dio era la preghiera che ristorava il suo spirito, attingendo la forza spirituale che solo Dio può dare alle nostre vacanze; prendiamo esempio da Lui e da questo possiamo dedurre che il vero riposo cristiano ha tre elementi: 1. Avere momenti di intimità col Signore; 2. Offrire il servizio della carità al prossimo; 3. Vivere la speranza come compimento della promessa di Dio. Analizziamo brevemente questi tre elementi. Il primo ci invita ad avere una relazione con Dio anche durante le vacanze; questo porta ad aprirci al prossimo. Durante l’anno lavorativo, quante volte non abbiamo avuto tempo di dialogare con un amico, tra marito e moglie, con i propri figli, con i propri genitori. Riappro- 6 priamoci di questo tempo, all’apertura verso l’altro. Il secondo punto ci sprona a offrire il nostro servizio alla carità verso il prossimo. Qui qualcuno potrebbe obiettare dicendo che si fatica durante l’anno e nel periodo festivo bisogna rilassarsi e pensare a se stessi: nulla di più sbagliato. Chi sperimenta l’offerta del servizio può dire come san Paolo: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). L’ultimo elemento riguarda il vivere la speranza come compimento della promessa di Dio. Possiamo dire che la speranza è il motore del riposo cristiano. Se siamo stanchi e perché non speriamo nulla, abbiamo poca fiducia nel futuro: per la precarietà del lavoro, per le malattie improvvise, per la morte di un proprio caro. Sono queste le preoccupazioni che affliggono il nostro cuore, portando un senso di affaticamento spirituale. Comprendendo di porre la nostra fiducia e la nostra speranza in un Dio che vuole realizzare le promesse attraverso la mia storia personale è confortante e dona pace al nostro cuore turbato. Per concludere questo articolo elenchiamo un decalogo per una vacanza cristiana che credo faccia da supporto al nostro discorso: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Essere cristiani anche in vacanza Riposare, ma non oziare Stai allegro, divertiti, ma non peccare Datti delle norme di vita Fai la vacanza al tuo tenore di vita Non lasciare che i tuoi figli vadano dove vogliono e con chi vogliono Fai letture utili ed edificanti Visita i luoghi della fede Ricordati degli altri Non tralasciare i Sacramenti Questo schema ci aiuterà a vivere da cristiani il nostro periodo estivo. Auguro a tutti voi una serena e tranquilla pausa estiva. Per chi volesse contattare il centro formativo per eventuali colloqui e orientamento giovanile può contattarci allo 06.93738200, chiedendo di fra Massimo o fra Lorenzo, o scrivere una mail all’indirizzo [email protected] e vi risponderemo al più presto. Noi ci rivedremo a settembre. Buona estate a tutti! PAGINE DI MEDICINA IL REFLUSSO VESCICOURETERALE Franco Luigi Spampinato L a giunzione vescicoureterale permette, in situazione fisiologica, il regolare passaggio dell’urina dalle vie escretrici superiori, calici, pelvi, uretere, alla vescica. Tale struttura anatomica, nella sua apparente semplicità macroscopica, è in realtà molto complessa dal punto di vista microscopico e morfofunzionale. Le principali patologie che possono interessare questo delicato dispositivo sono la Stenosi e il Reflusso Vescicoureterale. La Stenosi, caratterizzata da un restringimento del lume, crea un ostacolo alla progressione fisiologica dell’urina dall’uretere in vescica, con conseguente aumento di volume dell’uretere (megauretere) e gravi alterazioni patologiche delle vie escretrici in toto a monte della Stenosi e del rene stesso. Il Reflusso Vescicoureterale, materia della presente trattazione, è caratterizzato da una incompetenza morfofunzionale della giunzione vescicoureterale, la quale perde la sua caratteristica di permettere un tran- sito fisiologico dell’urina dalle vie escretrici, sistema a bassa pressione, alla vescica, dove in fase minzionale si sviluppano pressioni molto più alte, e perde inoltre la sua capacità di impedire il reflusso dell’urina dalla vescica all’interno dell’uretere durante l’atto minzionale stesso. Una giunzione vescicoureterale normalmente funzionante protegge la via escretrice e il rene dalle alte pressioni minzionali vescicali e dalla contaminazione con urine vescicali eventualmente infette. Quando tale sistema valvolare è incompetente, oltre al sicuro danno progressivo di tipo idropressorio, aumenta l’incidenza di infezione urinaria. In tali condizioni, si sviluppano Pielonefriti di varia gravità e con elevato rischio di Insufficienza Renale. Le principali cause di Reflusso Vescicoureterale possono essere distinte in congenite e in acquisite, definite anche rispettivamente primarie e secondarie. Un tipo primario si osserva nei neonati, nei bambini e nei ragazzi ed è ca- ratterizzato da una debolezza morfofunzionale dei sistemi sfinterici giunzionali, generalmente per sviluppo e maturazione deficitaria delle strutture anatomiche. Alcuni autori hanno anche ipotizzato una causa genetica di tale patologia. Evidenti malformazioni della regione, come la Duplicazione Ureterale, lo Sbocco Ureterale Ectopico, cioè in sede diversa da quella fisiologica, l’Ureterocele, cioè una malformazione localizzata all’ostio ureterale, sono anche altre cause importanti di Reflusso Vescicoureterale Congenito. Per le loro caratteristiche, vengono generalmente diagnosticate in età neonatale e pediatrica. Nella malattia di tipo acquisito o secondario, generalmente è presente un aumento patologico della pressione endovescicale, soprattutto in fase minzionale, come è possibile osservare nelle Vesciche Neurologiche e nelle Patologie da Ostruzione Vescicale Cervico Uretrale. Esistono anche cause iatrogene che possono provare tale alterazione, anche stenosi. Tutti gli interventi che comportano una manipolazione della regione trigonale vescicale possono coinvolgere la giunzione vescicoureterale. Tra questi, i più significativi sono l’Elettroresezione Endoscopica Transuretrale di Neoformazioni Endovescicali coinvolgenti l’ostio ureterale e l’area a esso circostante. La necessaria radicalità oncologica richiesta altera ovviamente la morfofunzionalità della struttura. Anche gli interventi sulla prostata, sia per via endoscopica che per via chirurgica, coinvolgendo anch’essi obbligatoriamente tutta la regione collotrigonale e periostiale, possono generare situazioni analoghe. Gli interventi endoscopici per via ureteroscopica retrograda, soprattutto per calcolosi, possono essere anch’essi causa di stenosi, o più frequentemente di reflusso, quest’ultimo generalmente transitorio. Dal punto di vista clinico-pratico, i Reflussi Vescicoureterali acquisiti o secondari sono sicuramente di più facile diagnosi, perché compaiono in soggetti con patologia primitiva per lo più già diagnosticata e quindi trattata. Il problema diventa più difficile e impegnativo nelle forme congenite o primarie, che si osservano nei soggetti giovani. Un largo apporto alla diagnosi tempestiva è stato fornito dalla diagnostica ecografia fetale durante la gravidanza, che quanto meno consente di individuare i casi sospetti o conclamati. L’epidemiologia del Reflusso Vescicoureterale ne evidenzia la sua presenza in circa il 25% - 40% dei bambini con infezioni urinarie e in circa l’8% degli adulti con stessa patologia. Se la storia clinica di un bambino evidenzia episodi febbrili recidivanti con pielonefriti e dolori addominali, deve essere seriamente considerata la presenza di Reflusso Vescicoureterale. La sintomatologia soggettiva classica, purtroppo non sempre presente, è l’insorgenza di dolore che dalla sede vescicale si irradia alla sede renale durante la minzione. La diagnostica per immagini svolge un ruolo fondamentale. Oltre a uno studio ecografico dettagliato, completato, se del caso, con TAC e/o RMN, rimane sempre valida l’indicazione a eseguire uno studio cistouretrografico minzionale con mezzo di contrasto tradizionale o radioisotopi, il quale potrà dimostrare il reflusso della sostanza dalla vescica all’interno dell’uretere, con eventuale opacizzazione della restante via escretrice in relazione alla gravità della patologia. In casi particolari dovranno essere eseguite indagini endoscopiche invasive. La terapia del Reflusso Vescicoureterale è medica e chirurgica; è molto complessa e dipende principalmente dall’età del paziente e dalle gravità e tipologia della malattia. La diagnostica tempestiva del Reflusso Vescicoureterale è di fondamentale importanza, perché è necessario tenere ben presente che la maggioranza dei pazienti sono principalmente bambini e una corretta strategia diagnostico-terapeutica può sicuramente contenere i gravi danni renali progressivi che possono svilupparsi. 7 SANITÀ IL DOLORE NEL NEONATO E LE SCALE DI VALUTAZIONE Mariangela Roccu “Il dolore è sempre una esperienza soggettiva; ogni individuo ne apprende il significato attraverso i vissuti correlati a una lesione durante i primi anni di vita” (International Association for the Study of Pain “IASP”). N el 1985 Jeffrey Lawson, un neonato pretermine, fu sottoposto a intervento chirurgico di chiusura del dotto di Botallo mediante toracotomia. Jeffrey morì alcuni giorni più tardi. Sua madre, Jill Lawson, venne a sapere che Jeffrey era stato operato senza anestesia, soltanto con l’utilizzazione di miorilassanti. Jill Lawson, denunciò i sanitari, sostenendo che al decesso di suo figlio avessero contribuito le mancate anestesia e analgesia e il processo che ne derivò si espresse a suo favore. Il caso di Jeffrey non era un caso isolato: infatti, fino alla metà degli anni ’80, era routine sottoporre i neonati a interventi di chirurgia senza anestesia e questo perché si riteneva che il neonato non sentisse dolore e che tanto più piccolo fosse, tanto meno erano sviluppati il sistema nervoso centrale e la capacità di sentire dolore. Quasi tutti gli interventi di chirurgia maggiore o minore venivano effettuati sui neonati senza anestesia o analgesia e i principali farmaci utilizzati erano i miorilassanti. Ne derivava che la chirurgia neonatale era gravata da elevatissima mortalità e, in casi di sopravvivenza, da gravissimi esiti. Anche l’analgesia postoperatoria era inapplicata. Uno dei principali problemi che avevano indotto e tuttora, talvolta, inducono alla sottovalutazione del dolore neonatale è l’immaturità del sistema nervoso centrale e periferico. Numerose ricerche di neuroanatomia, neurofisiologia, neurochimica e neonatologia hanno dimostrato in maniera inequivocabile che “il neonato”, anche il più piccolo prematuro, sente dolore e tale dolore va prevenuto. Il neonato, infatti, possiede tutte le componenti anatomiche e funzionali necessarie; ha una diminuita soglia del dolore, che aumenta con l’età gestazionale; ha più prolungati periodi di iperalgesia; ha memoria delle esperienze dolorose. 8 Gli effetti gravi a breve termine provocati dal dolore possono riassumersi in: alterazioni dei parametri vitali e alterazioni ormonali, rischio di emorragia intracranica, aumento del consumo e del fabbisogno di ossigeno e delle resistenze del circolo polmonare; sofferenza cerebrale fino alla possibile morte di cellule cerebrali. Gli effetti a lungo termine riconducibili al dolore riguardano: deficit neurologici e di sviluppo; difficoltà comportamentali, sociali ed emozionali; abbassamento della soglia del dolore; disordini cognitivi e di apprendimento. Il neonato ha memoria del dolore e possiede una soglia rispetto a esso che cresce con l’età gestazionale. È per questo che nelle attività della Terapia Intensiva Neonatale il dolore è rilevato come 5° parametro vitale in occasione di ogni intervento, procedura, situazione che lo provochi. Nella pratica clinica, i metodi di valutazione del dolore, oltre ai comuni parametri fisiologici, sono le scale uni-o multidimensionali e sono di competenza e di responsabilità infermieristiche e i dati raccolti sono indispensabili per offrire al piccolo paziente un intervento personalizzato in termini di decisioni clinico-terapeutiche, per confrontare le diverse scelte assistenziali, ma anche e soprattutto per definire l’utilizzo della scala del dolore da adottare. Le scale devono possedere le caratteristiche scientifiche di: validità, affidabilità, riproducibilità, sensibilità e specificità, praticità d’uso, semplicità mnemonica. Le principali scale validate e utilizzate, sono: Premature Infant Pain Profile (PIPP) che valuta il dolore procedurale e acuto nel neonato pretermine attraverso un punteggio fondato su parametri fisiologici; Echelle Douleur Inconfort Nouveau-né (EDIN) che valuta il dolore cronico, assegnando un punteggio in base alla valutazione di movimenti corporei, consolabilità, qualità del sonno, reazione al contatto con l’operatore; Dolore Acuto Neonatale (DAN) che valuta il dolore acuto nel neonato a termine e considera i parametri comportamentali; Neonatal Pain Assessment and Sedation Scale (NPASS), per neonato in terapia intensiva neonatale; Neonatal Infant Pain Scale (IPS), per dolore procedurale. Di facile compilazione, l’utilizzo sistematico di detti strumenti aumenta la sensibilità al problema e la capacità di osservazione dell’infermiere e del medico, consentendo interventi mirati di tipo farmacologico e non. Tra i punti di debolezza vi è la necessità della collaborazione di almeno due infermieri per l’osservazione di alcuni item. La prevenzione e il trattamento del dolore nel neonato, come per qualsiasi altra età della vita, sono gli indicatori del livello massimo di qualità assistenziale, perché richiedono la completa conoscenza del piccolo paziente, dei farmaci e degli approcci assistenziali, ma soprattutto, devono essere personalizzati e monitorati. IL PIEDE DIABETICO (neuropatia motoria) del piede facendo contrarre o rilasciare in modo coordinato tutta la complessa struttura del piede in funzione della necessità del cammino e della postura del corpo. Acernese Carlo Alberto L Il diabete mellito rappresenta una delle più frequenti malattie nel mondo occidentale, complessivamente il diabete mellito interesserà, secondo dati epidemiologici, il 9% della popolazione occidentale sopra i 65 anni. Il piede diabetico è una condizione morbosa dei pazienti diabetici costituita da “infezione, ulcerazione e/o distruzione dei tessuti profondi associata ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori“ (definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità OMS). Il diabete porta gradualmente negli anni a grosse alterazioni (Fig.1) a livello del piede che riguardano: - alterazioni della sensibilità complessiva del piede con graduale riduzione neuro sensoriale (neuropatia diabetica), - alterazione della circolazione arteriosa (arteriopatia cronica diabetica), - alterazioni dei legamenti che regolano lacomplessa architettura delle ossa e muscoli del piede. A queste alterazioni, proprie del diabete, che alterano completamente la funzione svolta dal piede si aggiunge l’infezione che spesso è la prima causa rivelatrice della malattia stessa ed è la causa determinante di un’amputazione. Per la lunghezza dell’argomento affronteremo in questo articolo soltanto le alterazioni sensoriali del piede (neuropatia diabetica). La neuropatia diabetica determina un danno importante alle terminazioni nervose sensitive dei piedi (neuropatia sensitiva) con ridotta sensibilità al caldo, freddo e al dolore. La mancanza della sensibilità a questi tre fattori porta gradualmente al peggioramento dello stato della cute del piede favorendo la formazione delle ulcere della cute. L’alterazione della sensibilità arriva a coinvolgere i nervi che regolano il movimento Fig. 1 Piede diabetico con ulcera plantare Quindi, mentre la neuropatia sensitiva sostanzialmente impedisce al cervello di ricevere ed elaborare tutte le informazioni che vengono dalla periferia (piede e gambe), la neuropatia motoria, impedendo l’arrivo in periferia degli stimoli provenienti dal cervello, determina l’atrofia di gruppi muscolari del piede con deformazione strutturale del piede stesso. A questa alterazione dei nervi sensitivi e motori si associa gradualmente, nella progressione della malattia, alla alterazione delle fibre nervose autonome della cute del piede (neuropatia autonomica) che determina una graduale secchezza della cute del piede e gamba (anidrosi) che facilita la comparsa di ulcerazioni della cute, aumento della temperatura cutanea ed edema dei piedi (Fig 2). La neuropatia del diabete non ha ancora una terapia specifica ma può essere prevenuta con un rigoroso controllo della malattia diabetica presso centri specializzati dove, almeno una volta all’anno, sarà visitato il piede e sarà educato il paziente a osservare e curare la cute dei propri piedi. Il paziente o un suo familiare sarà educato a come esplorare quotidianamente la cute del piede e delle aree interdigitali, a come lavare e soprattutto asciugare la cute dei piedi, al controllo della cute secca con creme adeguate, al taglio corretto delle unghie, alla ricerca visiva di vescicole o duroni e all’uso di scarpe corrette per piede diabetico. Fig. 2 Piede diabetico 9 IL CAMMINO DELLA MEDICINA L’EUGENISMO DELLA “RAZZA PERFETTA” A SOPPIANTARE L’EVOLUZIONISMO DI DARWIN Cap. LVI – Etica della ricerca sull’uomo; il Codice di Norimberga, e il topo oncogenetico di Harvard. Fabio Liguori C apostipite la pecora Dolly, la clonazione (metodo di riproduzione comune a piante e animali inferiori) di un mammifero è già stata portata a compimento (1997). Raramente si ammette, però, che ha richiesto centinaia di tentativi con fallimenti, aborti e mostruosità, svelando infine il forzoso “aumento d’età” che la (giovane) cellula embrionale ricevente eredita dalla cellula (adulta) donatrice del nucleo (da cui il precoce invecchiamento e la soppressione della famosa pecora). (Anni ‘30/’40) “La razza superiore” nazista Se per la comprensione di meccanismi biologici attualmente inspiegabili o poco conosciuti, la ricerca genetica sull’uomo appare moralmente necessaria per gli evidenti benefici che può apportare all’umanità; questa stessa ricerca diverrebbe necessariamente immorale quando pregiudicasse la dignità, l’individualità e la libertà della persona. Sarà, infatti, presto possibile modificare (o eliminare) caratteri genetici considerati negativi, e selezionare quelli ritenuti positivi. L’incessante sviluppo delle conoscenze sul nostro genoma comporterebbe, così, il rischio d’una selezione della specie 10 umana! L’eugenismo d’una razza “perfetta”, a soppiantare l’evoluzionismo darwiniano? Quali dunque le problematiche della ricerca sull’uomo? Un primo aspetto è di carattere normativo, cioè la disciplina delle tecniche di manipolazione genetica. Già la questione delle sperimentazioni su esseri umani si era posta in termini drammatici nel processo di Norimberga (1947) contro medici nazisti che avevano utilizzato pazienti e reclusi non consenzienti (compresi donne e bambini) quali inermi cavie. Sulla falsariga maltusiana d’essere la sovrappopolazione responsabile di povertà e fame nel mondo (inglese Malthus, 1798), la “pietosa eliminazione” di handicappati e sofferenti per malattie congenite celava l’insensato disegno razziale (Himmler, 1935): l’empirismo della “razza superiore”. tabile, e ciò che non lo è, non riguarda tanto la materia vivente o non vivente, ma quanto esiste in natura e quanto invece è inventato dall’uomo” (Corte Suprema Federale USA, 1986). In seguito la risoluzione n. 1100 del 1989 del Parlamento Europeo ha affermato: 1) l’impiego delle tecniche di ingegneria genetica deve essere di reale giovamento a pazienti e famiglie; 2) è inaccettabile l’uso per ragioni “eugenetiche”; 3) ogni individuo ha il diritto di conoscere (o meno) i propri geni, tranne casi in cui necessiti per un atto giudiziale (come per la “prova del DNA”); 4) sono vietate schedature genetiche individuali, sia in enti pubblici che privati. Infine, la Dichiarazione Universale sul genoma umano (UNESCO, Convenzione di Oviedo 1997) ha posto il divieto assoluto alla clonazione dell’uomo, persona unica e irripetibile: clonazione eticamente e giuridicamente illecita anche quando abbia un intento terapeutico, teso a ricreare tessuti o organi per trapianti futuri. È invece corretto esplorare altre vie della clonazione animale che approfondiscano le conoscenze su quanto accade alla struttura genica del vivente nel corso della vita. Ogni conquista tecnologica non può Al Codice di Norimberga, primo docu- che far progredire le conoscenze biologimento di etica della ricerca, ha fatto che. Inoltre, con soggetti geneticamente seguito la “Tutela dei diritti e del benes- identici si annullerebbe la diversa risposere dei soggetti coinvolti nella speri- sta legata alla variabilità individuale, mentazione umana” (Consiglio Interna- divenendo le sperimentazioni animali più zionale delle Scienze Mediche, 1993). sicure per l’uomo. Frattanto, l’Università di Harvard otteneva il brevetto sul famoso “topo oncogenetico” (modificato con l’inserimento di un gene tumorale, perciò più adatto a ricerche in campo oncologico), basato sul principio che: “la frontiera tra ciò che è brevet(1871) L’Evoluzionismo di Darwin Schegge Giandidiane N. 48b Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz N Pandac: Monumento a fra Apollinare dai Registri della Parrocchia di Lucban risultava aver ricevuto il Battesimo il 23 luglio 1815, avendo due giorni di vita, il che vuol dire che era nato il 22. Poiché i Registri furono distrutti nel bombardamento del 4 aprile 1945 e oggi non c’è più modo di accertare se erano stati letti bene, c’è chi in tempi recenti ha sentenziato che la data certa di nascita potesse ricavarsi solo da eventuali Se accogliessimo l’obiezione, dovremmo considerare inaffidabile qualsiasi libro o documento di cui non c’è più il manoscritto originale, mentre l’ovvio atteggiamento degli studiosi è invece di verificare se le attuali copie o citazioni concordino tra di loro e, qualora ci siano delle divergenze, valutare quale sia la più affidabile. Nelle prime biografie di Apollinare c’erano in effetti delle discordanze sulla data di nascita, ma furono fugate dal prof. Gregorio F. Zaide (19071988), il più insigne studioso filippino di Storia, autore di ben 67 testi storici adottati nelle Università e Scuole Superiori, tra cui uno del Le iscrizioni dei monumenti in Tayabas e in Manila indicano come anno di nascita il 1814 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz Almeno dal 1970 si diceva nelle sue biografie più dettagliate che egli altre fonti che non solo fossero coeve di fra Apollinare, ma ne fosse disponibile l’originale, e che tali due requisiti li vantava solo il Verbale dell’interrogatorio che Apollinare subì da incarcerato il 3 novembre 1841 in Tayabas, alla vigilia d’esser fucilato, e che egli sottoscrisse di suo pugno. 272 ell’Inserto dell’ottobre dello scorso anno accennammo di avere ospitato a Manila nell’Aula Magna un Convegno di Studio, voluto da un’Associazione Culturale del nostro Quartiere di Quiapo, in vista del Bicentenario della nascita del nostro confratello filippino fra Apollinare de la Cruz, che qui è annoverato tra gli eroi nazionali, ma la cui celebrazione ufficiale ricorre invece quest’anno, come è stato infine deliberato dalla Commissione Storica Nazionale, dopo aver convocato per un parere lo scorso 20 maggio dodici Enti pubblici e privati, tra cui anche noi Fatebenefratelli, per dirimere il dubbio se l’eroe nacque nel 1815, come indicato nei monumenti più antichi, come quello erettogli nella frazione natia di Pandac (Lucban), o nel 1814, come si legge in quelli più recenti in Tayabas e Manila. 273 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz 1970, intitolato Great Filipinos in History e nel quale v’è un profilo biografico di Apollinare, nel quale indica come sua data di nascita il 22 luglio 1815 e in calce la giustifica con questa nota: “Un buona parte dei profili biografici di Apollinare de la Cruz sostengono che nacque il 31 luglio 1815. Si tratta di un evidente errore perché il suo certificato di battesimo, che è disponibile, irrefutabilmente mostra che fu battezzato il 23 luglio 1815, quando aveva due giorni di vita”. Uno studioso serio che legga una tale affermazione, non si porrà il problema se i Registri esistono ancora, ma solo se il prof. Zaide sia stato un ricercatore affidabile. Una prova che lo fosse è che scorrendo la più documentata e ancora oggi insuperata biografia di Apollinare, che fu pubblicata dalla ricercatrice giapponese Setsuho Ikehata nel 1985 nella sua lingua e nel 1990 in inglese, scopriremo che ella addita il prof. Zaide come unica affidabile fonte riguardo alla data di nascita, ben sapendo della sua grande dimestichezza con gli antichi manoscritti spagnoli. Solo chi non sa nulla del prof. Zaide e della sua totale padronanza della lingua spagnola e delle ricerche innumerevoli che egli effettuò negli archivi di mezzo mondo, può osare di mettere in dubbio la sua drastica asserzione sulla data di nascita di Apollinare e formulare l’ingenuo assioma che meritano fede solo i documenti originali e che perciò, essendo andati perduti i Registri Parrocchiali, d’ora in poi il solo documento da utilizzare sia il citato Verbale del 1841, essendo l’unico di cui è conservato l’originale. Merita comunque esaminare tale documento e riproduco qui il brano dove appare menzionata l’età di Apollinare. All’inizio del Verbale viene precisato che egli aveva padronanza dello spagnolo, per cui depose in tale lingua, il che almeno menzionò giorno, mese e anno della nascita, ma solo che aveva ventisette anni, il che lascia indeterminato se li aveva compiuti o solo iniziati. Se in quel novembre del 1841 erano già compiuti, vuol dire che era nato nel 1814, ma se erano solamente iniziati, vuol dire che era nato nel 1815. Monumento erettogli in Tayabas ci rassicura che il Verbale non fu redatto in una traduzione approssimativa dal tagalog, ma riportò le esatte frasi pronunziate, prima delle quali egli alzò la mano destra, si fece il segno della Croce e giurò di dire la verità. La prima domanda fu di fornire nome, età, stato civile, Patria, Religione e impiego. Ecco il testo integrale della sua risposta, in modo da poterne analizzare l’autentico significato: Qualcuno può obiettare che in italiano, qualora non si aggiunga uno dei due aggettivi, significa che s’intende compiuti. Però questo non è vero nelle Filippine, dove per le persone di origine cinese, se non viene specificato l’aggettivo, s’intende che sono iniziati. Una conseguenza di questo modo di vedere è che mentre noi italiani il Centenario di un evento del 1915 lo facciamo partire nel 2015, loro lo fanno partire nel 2014 e tale modo di fare è diffuso non solo in Cina, ma anche in altre nazioni asiatiche che hanno subito l’influsso cinese, comprese pure le Filippine, dove però oggi viene fatto in maniera più sporadica, poiché nel frattempo il dominio coloniale statunitense ha inculcato la visione opposta. Al tempo però di Apollinare, i cinesi erano nelle Filippine uno dei settori più influenti della popolazione e non meravi- “Disse di chiamarsi Apollinare, de la Cruz, d’età di ventisette anni, celibe, nativo del Comune di Lucban, di questa Provincia di Tayabas, di religione Cattolica Apostolica Romana, attualmente senza alcuno impiego, essendo stato Oblato dell’Ospedale di San Giovanni di Dio in Manila”. La risposta fu esauriente per ogni punto della domanda, anzi fu sovrabbondante sull’impiego, in quanto oltre a segnalare che era al momento disoccupato, precisò che in precedenza era stato Oblato da noi a Manila, però sul punto della sua età rimase imprecisa, poiché non Manila: accanto al monumento c’è chi più preme per Beatificare l’eroe Queste mie considerazioni le esposi nella citata riunione dello scorso 20 maggio e furono ben accolte, per cui la Commissione Storica Nazionale decise che le celebrazioni del Bicentenario della nascita di fra Apollinare partissero dal luglio di quest’anno. A causa del notevole ritardo nel prendere tale decisione, restano ancora da definire nei dettagli la gran parte delle molteplici iniziative che si susseguiranno fino al luglio 2016, ma merita accennare che è già ultimato un film sulla vita di fra Apollinare e addirittura ce n’è un altro in programma. Già nel 2001, a motivo del 160° Anniversario della fucilazione, fu allestita e diffusa nelle Scuole una videocassetta di 24 minuti che illustrava la vita di questo martire della libertà. Tale documentario, curato in tagalog dalla “Arkipelago Productions” con il Patrocinio della Commissione Nazionale per la Cultura e l’Arte, aveva per titolo “Dalit ni Hermano Pule. Relihiyon at Rebolusyon: 1816-1841”, ossia “Il lamento di fra Apollinare. Religione e Rivoluzio- Quest’anno per fra Apollinare hanno fatto le cose più in grande Locandina del film su fra Apollinare che nel 2001, ossia non semplici documentari, ma dei film, però parimenti in tagalog: il primo, di cui riproduco qui la locandina, è stato girato in collaborazione con l’Associazione di Studi Storici di Lucban e dicono che andrebbe in distribuzione in agosto. Ha come titolo “Hermano Puli. Kasaysayan ng Isang Bayani”, ossia “Fra Apollinare. Storia di un Eroe”, e ne è stato regista e sceneggiatore Felino Tañada. Se ne può vedere qual- che sequenza nel sito Internet https://vimeo.com/116931377. Proprio poi in questi giorni è stata avviata la produzione di un altro film in tagalog, che dovrebbe essere terminato entro dicembre, così da partecipare al 41° Metro Manila Film Festival, nel quale è divenuto ormai di rigore presentare qualche film storico. Ne sarà regista Gil Portes e vanterà come interprete principale l’attore John Prats; tra le attrici prescelte figura anche la trentenne Alessandra Schiavone, in arte Alessandra De Rossi, che è italo-filippina e gode di un largo stuolo di fans. Verrà realizzato in collaborazione con la Commissione Storica Nazionale e con la Commissione Nazionale per la Cultura e l’Arte; s’intitolerà “Ang Hapis at Himagsik ni Apolinario Dela Cruz”, ossia “La Sofferenza e Rivolta di Apollinare Dela Cruz”. A proposito di tale titolo, si noti che un altro vezzo ortografico del moderno Tagalog è di fondere le parole “de la”, spesso presenti nei cognomi d’origine spagnola, che nelle Filippine sono quanto mai frequenti, ma quasi sempre non per lontani ascendenti spagnoli, che tra l’altro in tutto il periodo coloniale erano in media appena un cinquemila, ma perché in antico i cognomi erano rari e fu solo con Decreto del 23 novembre 1849 che il Governatore Narciso Clavería y Zaldúa obbligò i filippini ad averne uno, prendendolo da un “Catálogo alfabético de Apellidos”, da lui fatto stampare e che ne conteneva ben 60.662, non solo spagnoli, ma pure tagalog e cinesi, però per ovvi motivi opportunistici furono in molti a sceglierne uno spagnolo. Nel caso però di Apollinare, egli visse prima di tale Decreto, quando la gente iniziò spontaneamente a inventarsi un F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz Come codicillo finale, aggiungo che assolutamente non ci sono dubbi che Apollinare fu battezzato un 23 di luglio, poiché in quei tempi il calendario liturgico segnalava come Santo del giorno il vescovo Apollinare e allora nelle Filippine, imitando gli spagnoli, si usava dare al neonato il nome del Santo che era festeggiato alla data del suo Battesimo. ne: 1816-1841”. Si noti che in tale titolo l’appellativo “Hermano Pule” deriva dallo spagnolo “Hermano”, ossia fratello, e dal diminutivo “Pule”, che è l’abbreviazione di “Apolinario”, nome recepito immutato dallo spagnolo ed equivalente al nostro Apollinare; nell’ambito però della Provincia di Quezon, che è poi quella dove egli nacque, è invece usata la variante dialettale “Hermano Puli”, citata più avanti. 274 glia che il loro modo di contare gli anni della propria età, includendo anche quello appena iniziato, venisse spesso adottato anche da chi non era di etnia cinese, specie nelle zone, come Lucban, dove i benestanti erano quasi unicamente meticci cinesi. cognome di famiglia, ma purtroppo con assai scarsa fantasia, ricavandoli solo da alcuni Santi più noti o dalle devozioni più diffuse, il che portò ad omonimie a non finire, che pertanto non risolvevano i problemi d’identità catastale che indussero Clavería a proporre una lista di cognomi sufficientemente ampia. La produzione di questi due film certamente renderà ancora più popolare la figura di Apollinare, ma è facile prevedere che per rendere più avvincenti i due film, vi siano stati introdotti numerosi dettagli di pura fantasia, il che rende davvero urgente uno studio minuzioso delle fonti storiche. Un primo passo in tal senso potranno essere gli Incontri di Studio che durante l’anno del Bicentenario della nascita saranno dedicati a questo Eroe Nazionale così fuori dagli schemi, tanto che nel ritratto ufficiale, figurante dal 2011 nel Palazzo Presidenziale, hanno collocato questa targhetta, che introduce una categoria del tutto nuova di eroi, ossia quella di chi si è immolato per la libertà religiosa: 275 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz HNO. APOLINARIO DE LA CRUZ, OH 1815 – 1841 National Hero of religious freedom Vedremo nel prossimi Inserti di prendere in esame le novità che potranno emergere da tali Incontri o da pubblicazioni scientifiche, ma intanto ne anticipo una di quelle che esporrò il 22 luglio nella città di Lucena alla gioventù studentesca della provincia di Quezon, ossia la circostanza che probabilmente più influì nell’incoraggiare la vocazione ospedaliera di Apollinare. Nel periodo coloniale noi siamo stati presenti nelle Filippine dal 1611 al 1888, ma il nostro Archivio di Manila andò distrutto nell’ultima Guerra Mondiale e Lista inviata da p. Manuel Aldana alla Curia Generalizia di Madrid il 25 I 1831 pochi sono i dati ottenibili dagli Archivi Pubblici di Filippine, Spagna, Messico e perfino dal nostro di Granada, in cui però ho trovato una preziosa lista, che riproduco qui in alto, dei nostri Professi, sia Frati sia Oblati, appartenenti alla Provincia Filippina di San Raffaele alla data del 25 gennaio 1831, per ognuno dei quali si precisano i dati etnici. Scorrendo nomi e dati dei nostri Professi, si scopre qualcosa del tutto inusuale nelle Filippine, dove le Comunità degli Ordini Religiosi avevano Professi spagnoli, con rarissime presenze di filippini, accettati di norma solo come Oblati e con poca possibilità di divenire Oblati Professi e mai di divenire Frati Professi, ossia con diritto di voto. Dalla nostra lista risulta invece che da noi c’era già piena apertura alle vocazioni locali, il che solo dopo un secolo verrà nelle Filippine accettato da tutti. Non sappiamo la data esatta in cui fra Apollinare fu accolto nel nostro Ordine, ma pare che fu entro il 1831 e di certo dopo il 22 luglio 1830, giorno in cui compì i quindici anni, età minima fissata nel Capitolo Generale del maggio 1827 per l’ammissione all’anno di prova prima di divenire Oblato. Quando dunque entrò nel nostro Convento di Manila, vi trovò la Comunità che figura nella lista e in cui i filippini erano in maggioranza. Di spagnoli Professi c’erano infatti a Manila solo il Superiore Maggiore, fra Manuele Aldana, originario della Provincia di Granada, fra Vincenzo Anastasio Padilla, nato a Manila, e fra Luigi Buendia, nato a Madrid; c’era poi un mezzo spagnolo, fra Martino Alcantara Aranais, nato nel vicino sobborgo di Ermita da una coppia filippino-spagnola; e ben cinque filippini puro sangue, di cui due erano Oblati Professi e tre addirittura erano Frati Professi. (Segue) “IL MELOGRANO” UN DONO IN PUNTO DI MORTE Fra Giuseppe Magliozzi o.h. Q uando San Benedetto Menni nel 1912, durante un’Assemblea di Superiori Provinciali, presentò le sue dimissioni da Superiore Generale, la Santa Sede, in attesa che venisse celebrato il Capitolo Generale per eleggergli un successore, affidò a fra Agostino Koch la guida dei Fatebenefratelli, quale Vicario Generale. Frattanto purtroppo scoppiò la Prima Guerra Mondiale, che impedì fino al 1919 la convocazione del Capitolo Generale, per cui fra Koch non solamente dovette restare nell’incarico per sette anni, ma in più nel 1914, essendo bavarese, fu costretto a fuggire dall’Isola Tiberina e a rifugiarsi nella neutrale Svizzera, ospite della Comunità che avevamo a Zizers. Nonostante la sua lontananza fisica dalla Curia Generalizia, dove da allora rimase unicamente un suo ritratto, qui riprodotto e che era stato eseguito su tela nel 1912 da Scubernig, pittore suo connazionale, egli non venne mai meno alle responsabilità affidategli e anzi gli va dato merito di due importanti iniziative. La prima fu quella di ottenere che Benedetto XV, con Breve del 20 dicembre 1916 del quale celebreremo l’anno prossimo il centenario, dichiarasse Basilica Minore la Chiesa in Granada dove custodiamo il corpo di San Giovanni di Dio. L’altra, il cui centenario ricorre ora, fu l’ottenere il Rescritto del 12 agosto 1915, con il quale la Congregazione dei Religiosi concesse che anche ai nostri Oblati, come era già previsto per i Novizi, fosse data la possibilità d’essere ammessi all’immediata Professione dei Voti nel caso si fossero trovati in punto di morte. Per chi non ha idea di quale differenza ci sia tra Novizi e Oblati, va spiegato che la vocazione religiosa non nasce da qualche intuizione personale, ma è invece la libera risposta a un appello interiore del Signore: tale appello è totalmente gratuito, non si basa cioè sui nostri meriti ma sul piano che Iddio ha ipotizzato per ognuno di noi nel momento in cui iniziammo a esi- stere nel grembo di nostra madre, quando non ci era ancora possibile agire e, mediante tale nostro libero agire, poter meritare una speciale chiamata. La chiamata è speciale, perché Dio ci chiede di consacrargli non una porzione del nostro tempo, come chiede a tutti, ma per intera tutta la nostra vita. Questa consacrazione può essere a carattere individuale o entrando a far parte di un Istituto Religioso, e spetta alla Chiesa dare criteri per discernere sia l’autenticità dell’appello divino, sia come realizzarlo. Sono già oltre quattro secoli che i Fatebenefratelli sono stati approvati dalla Chiesa come Ordine Religioso, che può avere due tipi di membri: coloro che si consacrano interamente a Dio con Voti, dapprima Semplici, da rinnovare ogni anno, e infine Solenni, da osservare fino alla morte; e coloro che si consacrano interamente a Dio, ma senza pronunziare Voti e pertanto senza stabilire la durata della consacrazione. I primi sono detti Frati Professi, ma arrivano ai Voti solo dopo una fase di discernimento, chiamata Noviziato. Gli altri sono detti Oblati, cioè offerti a Dio, e concluso il discernimento, chiamato Probazione, ricevono l’abito religioso e condividono in pieno l’attività della Comunità, ma non emettono Voti e perciò possono in qualsiasi momento porre termine alla loro consacrazione. Nel caso dei Novizi, ossia di coloro che stanno preparandosi alla Professione, cui il Diritto Canonico permette di accedere solo dopo almeno un anno di Noviziato, la Chiesa ha concesso che se un Novizio si trovi in punto di morte, possa emettere i Voti immediatamente, così da volare in Cielo già da frate; se però scampasse alla morte, la sua Professione non ha valore e dovrà ripeterla dopo completato il tempo del Noviziato. Per gli Oblati non è invece prevista la Professione dei Voti, però la Chiesa ci autorizzò a lasciare loro Ritratto di fra Agostino Koch o.h. una possibilità di emetterli in un secondo momento, concedendo che, dopo dieci anni di vita esemplare spesa in Comunità, potessero essere ammessi in Noviziato e, se superato, di emettere i Voti e divenire così Oblati Professi. Per facilitare questa opzione, il nostro Capitolo Generale del giugno 1850 propose che la suddetta durata minima fosse dimezzata a cinque anni, il che fu approvato dalla Congregazione dei Religiosi con Rescritto del 3 luglio 1850. Tenuto conto che con tale opzione la vita da Oblato poteva essere paragonata a un tempo di discernimento per appurare se l’appello del Signore era solo di dedicarsi a tempo indeterminato al servizio degli infermi oppure di vivere codesto impegno fino all’ultimo giorno di vita, si fece strada l’idea che il tempo da Oblato potesse esser valutato come una sorta di Prenoviziato e che meritasse perciò dare anche agli Oblati la possibilità di emettere i Voti in punto di morte, pur non avendo ancora maturato i cinque anni di perseveranza, necessari per poter iniziare il Noviziato. Fu fra Agostino Koch a formalizzare tale richiesta, sottolineando che la Professione in punto di morte rimane senza effetto in caso di guarigione, sicché l’unico motivo, solo spirituale, di concederla non solamente ai Novizi, ma anche agli Oblati, era di accordare loro la “specialissima” indulgenza annessa alla Professione dei Voti. 15 LEADERSHIP SOLIDALE LA FORMA DELL’ACQUA Luigi Rugiero (Una metafora organizzativa) N el mito greco l’antinomia necessità-caso assumeva forme semplificate ma precisamente identificate: - la prima, Gaia, era una dea dalle solide fondamenta, una forza salda e stabile con potere di sostegno all’ordine del mondo, all’origine degli dei, al cammino regolato e senza inquietudine degli uomini; - il secondo, Chaos, era il lato oscuro del caso, una voragine oscura senza fondo, luogo indefinito di una caduta disordinata. I modellatori di tali forme erano poeti e filosofi, disposti infine a rivalutare il lato positivo del caso: «Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità» (Democrito). Anche il leader, dovendo affrontare gli aspetti della necessità e del caso, è a suo modo un modellatore di forme. Deve tra l’altro governare l’organizzazione nel gran mare dell’ambiente interno-esterno della leadership, dando forma ai suoi contenuti gestionali e operativi (strategia, struttura e processi) con l’adozione di modelli non burocratici di leading che possono ammettere vari gradi di discrezionalità-aleatorietà, non essendo necessariamente paradigmi prescrittivi. Tali modelli - comprensivi della cultura di impresa, dello stile di governance, della struttura e del comportamento organizzativo – possono confrontarsi metaforicamente con la forma dell’acqua, libera entro i vincoli di fattori ambientali stabili (che fungono da“contenitori fisici”) e variabili (che fungono da“agenti di cambiamento”) a fronte dei quali giocano un ruolo essenziale Gaia e Chaos, nonché la dinamica aleatoria della loro interazione. Emergono elementi di forte criticità nella ideazione-rappresentazione-attuazione del modello di leading ottimale soprattutto nei periodi di turbolenza e nelle situazioni di discontinuità (sociale, economica, tecnologica, ...), quando e dove i fattori ambientali casuali presentano una forte deriva verso i sintomi del caos: incontrollata dilatazione del contesto di riferimento; crescita accelerata di numero e mutevolezza delle variabili decisionali; informazione insufficiente, intempestiva, ambigua; diversificazione frastagliata dei sistemi valoriali. La leadership tende allora ad assumere una configurazione “frattale”, contraddistinta dal peso assunto dai fattori comportamentali locali e soggettivi, spesso privi di regolarità e pertanto imprevedibili, dello specifico gruppo e perfino dei singoli follower che gli appartengono. Occorre non dimenticare che in tali situazioni: - piccole differenze delle “condizioni iniziali” dell’ambiente interno-esterno incidono in misura più che lineare sugli effetti che la leadership dovrà governare acquisendo a regime una forma di leading adeguata; - il criterio di adeguatezza non può prescindere dalle “condizioni al contor- no” (vincoli sui valori della cultura organizzativa, dello stile di gestione, del modello di struttura) imposte dalle relazioni di frontiera tra ambiente interno ed esterno, particolarmente importanti nei sistemi sociali aperti alla solidarietà. Se il leader solidale trascura o sottovaluta tali condizioni, esse finiranno col manifestarsi negativamente in termini di significativi effetti collaterali imprevisti. Il modello di leading che meglio risponde alle suddette condizioni si ispira all’“adhocrazia”, caratterizzata dall’assenza di paradigmi burocratici, sostituiti funzionalmente da: - una struttura organizzativa flessibile, articolata in una costellazione di gruppi di follower autonomi e contestualizzati (Fig.1 Triangolo di Sierpinski), dotati tuttavia di comportamenti armonici, tesi all’adattamento reciproco e con l’ambiente esterno (fino all’integrazione solidale, nei contesti sociali con valori etici prevalenti); - gruppi di follower che riflettono e riproducono al loro interno la struttura globale, comprendendone compiutamente i diversi aspetti e seguendo strategie elaborate spontaneamente ma coerenti con quella della leadership (proprietà di “autosomiglianza”). La forma dell’acqua (Fig.1 Fiocco di neve di Koch), così come quelle di struttura e processo dell’adhocrazia, coniuga le leggi della necessità con i “capricci” del caso, entrambi comunque indispensabili alla fruttificazione dell’albero del processo evolutivo degli eventi sociali e organizzativi della leadership (Fig.1 Albero frattale). Fig.1 Forma dell’acqua e metafore organizzative per la leadership “adhocratica”: struttura e processo 16 OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA SAN PIETRO E PAOLO, CHI ERANO? Mattia De Maria L a festa dei santi Pietro e Paolo, patroni della città di Roma, ci riporta alle origini della fede e della evangelizzazione. Simone, detto Pietro da Gesù, fu uno degli apostoli del Messia e insignito dal Cristo dell’autorità di primo Papa della Chiesa cattolica. Nato in Galilea, pescatore di Cafarnao, fu uno dei primi chiamati da Gesù e lo seguì in tutte le predicazioni. Rispose lui alla domanda fondamentale del Messia sulla propria natura divina. Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Ritenuto l’atto di fondazione della Chiesa, in questo passo Gesù assegna a Simone il nome con cui passe- Aggregati rà alla storia, quello di Pietro. Seguì Gesù in tutte le sue predicazioni; celebre il passo in cui lo rinnega tre volte nel momento del suo arresto; dopo la Resurrezione viene posto alla Concelebrazione presieduta da mons. Guerino guida della comunità cristiana di GeDi Tora, vescovo ausiliare di Roma Nord rusalemme e diventa dunque il primo Papa. Fu anche vescovo di Antiochia per La sofferenza e la malattia, sono retaggio co30 anni, continuò a predicare a Roma dove mune dell’intera umanità, cari amici; è una morì, martire, durante le persecuzioni nero- di quelle realtà che ci fanno tornare a rifletniane: detenuto nel carcere Mamertino in- tere sul valore della vita, realtà ultime, l’alsieme a san Paolo, fu crocifisso per sua ri- dilà, la finitezza umana, l’assoluto e Dio. La chiesta a testa in giù, fra il 64 e il 67 dopo guarigione, il dono della salute, diventano Cristo. L’Ospedale nel quale oggi ci trovia- così una via di riscoperta di Gesù medico del mo è dedicato a san Pietro apostolo, patrono corpo, e salvatore dell’anima. della Provincia Romana Fatebenefratelli Tutti siamo chiamati, ognuno nella sua cadell’Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio. Sant’Agostino dice una cosa molto ve- pacità e ruolo: medico, infermiere, genitore, ra e bella; qualsiasi cura è la via per recupe- lavoratore, insegnante, figlio, ecc. ad essere rare la salute così fu della cura adottata da portatori di quella speranza che non delude Dio. Così fece la sapienza di Dio quando e che è racchiusa nel Cristo salvatore. volle curare l’uomo: per guarirlo. Egli offrì Siamo chiamati a farci prossimo, nelle più se stesso e divenne medico. variegate situazioni della vita, a chi è nella Le immagini del Cristo medico sono malattia, nel disagio, nel dubbio, nella soliquelle che maggiormente sono impresse tudine; con le forme più semplici e comuni nella tradizione cristiana primitiva, come del vivere quotidiano. Come ci insegna il noappare dalla massiccia testimonianza evan- stro vescovo, papa Francesco: con un sorrigelica che riprende so, un ascolto, uno stare vicino, una telefoanche la testimo- nata, un ricordo. Tutti possiamo essere e sianianza dell’Antico mo strumenti dei quali il Signore vuole serTestamento sul Dio virsi per condurre a Lui ogni creatura. Neld’Israele chiamato: l’occasione di questo importante giorno l’Or"Colui che guari- dine ospedaliero di san Giovanni di Dio Fatebenefratelli ha il piacere di accogliere 5 agsce". gregati: da sinistra, Mario Sanna, d.ssa AnAnche di Pietro tonia Galluccio, Mario Capone, d.ssa Carla che diventa il primo Borgia, Giuseppe D’Uva, onorificenza mascontinuatore della sima che si può riconoscere a un Collaboramissione di Gesù, tore nell’ambito della famiglia ospedaliera. di quel Pietro a cui Infine vengono consegnate 90 targhe per aveva affidato le chiavi per governa- i Collaboratori con 25 anni di attività nelre la Chiesa e tene- l’Ospedale san Pietro con i migliori auguri re uniti i discepoli; da parte del superiore provinciale fra Genegli Atti degli apo- rardo D’Auria, del direttore generale fra stoli si parla come Pietro dott. Cicinelli, del superiore fra Miguaritore di perso- chele Montemurri e di tutta la Famiglia ne malate, o morte. ospedaliera. 17 OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO SANTA TERESA D’AVILA: UN ESEMPIO DA SEGUIRE Il Sannita essere "pellegrina" in terra di Spagna per l'espansione del Carmelo. L’ampolla con il sangue ricorda la passione con cui santa Teresa ha avuto la sua esperienza di fede e carità. La trachea è forse una delle reliquie più preziose che ricorda a coloro che la venerano quello che Teresa fece della sua vita: cantare le Misericordie del Signore. Arrivo delle reliquie nel cortile N el cortile dell'Ospedale Fatebenefratelli di Benevento, le reliquie di santa Teresa d'Avila, dottore della chiesa, grande riformatrice dell’Ordine Carmelitano, giunte in occasione della peregrinatio del V Centenario della nascita, organizzata dalla Provincia napoletana dei Padri Carmelitani Scalzi, sono state esposte per un evento organizzato dalla Parrocchia di santa Maria di Costantinopoli che ha coinvolto la Famiglia ospedaliera del Fatebenefratelli. Per ben due volte le reliquie hanno avuto gradito accesso all’Ospedale. La prima il 19 giugno, sono state accolte da una moltitudine di fedeli, tra parrocchiani e componenti la Famiglia ospedaliera, e hanno partecipato alla Concelebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo emerito di Benevento, mons. Serafino Sprovieri, con il vicario generale e parroco di santa Maria di Costantinopoli, mons. Pompilio Cristino e padre Andrea L’Afflitto, carmelitano scalzo. Scenario fantastico con i fedeli raccolti in preghiera e gli ammalati e parenti affacciati alle finestre del cor- 18 tile per vivere la liturgia eucaristica. Il prezioso reliquiario principale, ne esistono molti, di santa Teresa d’Avila, a forma di Castello a tre piani, custodisce la cappa, una fiala di sangue e la trachea. La cappa, -mantello bianco usato dalla Santa in vita- ricorda la sua vita di preghiera e di unione con Dio e il suo Ma il secondo ingresso in ospedale, di una reliquia della Santa, a forma di cuore con un frammento d’osso, è avvenuto due giorni dopo, verso le 17,00, domenica 21 giugno, e ha rappresentato un momento di maggiore religiosità in quanto, la reliquia giunta in forma privata dalla Parrocchia da due Suore carmelitane e dal Padre Andrea, carmelitano scalzo, è stata portata dal superiore dell’Ospedale, fra Angelico Bellino, in processione, accompagnata dalle Suore dell’Ospedale e da un gruppo di volontari/e AVO in tutti i reparti iniziando dal Pronto Soccorso. Gli ammalati, gli operatori sanitari e non, parenti e visitatori hanno potuto contemplare e baciare il reliquiario e porsi in religioso raccoglimento a pregare per l’inaspettato do- Parte dei partecipanti no di aver vissuto un momento emozionante ed esaltante durante il quale sono state affidate al Signore, per intercessione di santa Teresa, le proprie sofferenze. Sono stati momenti unici in cui i fedeli e gli ammalati si sono abbandonati aprendo il cuore verso la Santa che tanto amore ha seminato nella sua vita terrena dedicato alla sofferenza altrui e al supporto della fede. E quale posto poteva essere più idoneo per manifestare tale funzione se non nei reparti di un ospedale e per di più di un Ordine religioso, i Fatebenefratelli, fondati da san Giovanni di Dio e che la Chiesa ha proclamato Patrono degli ospedali, malati e operatori sanitari? Padre Andrea, prepara la reliquia portata in processione in tutti i reparti per la benedizione e il bacio gi. Proclamata beata nel 1610 e poi santa da papa Gregorio XV nel 1622, fu annoverata tra i dottori della Chiesa nel 1970 da Paolo VI, insieme a Caterina da Siena. Fu la prima donna a ricevere tale titolo, fino allora concesso soltanto a uomini. A distanza di cinque secoli, santa Teresa d’Avila continua a lasciare le orme della sua missione spirituale, della nobiltà del suo cuore assetato di cattolicità, del suo amore spoglio di ogni affetto terreno per potersi dare totalmente alla Chiesa. Accogliamo questi insegnamenti arricchendo la nostra spiritualità. Concelebrazione: da sinistra don Pompilio, mons. Serafino Sprovieri e p. Andrea Ma chi era santa Teresa d’Avila? Impariamo a conoscerla. Teresa di Gesù, o d'Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (Ávila, 28 marzo 1515-Alba de Tormes, 15 ottobre 1582), terzogenita di Alfonso Sánchez de Cepeda e di Beatrice de Ahumada, è una religiosa e mistica spagnola. Entrata nel Carmelo di Avila a vent'anni divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e riformatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi. Fondò molti monasteri in diversi luoghi di Spagna. Morì ad Alba de Tormes nel 1582 durante uno dei suoi viag- Concelebrazione nel cortile dell’Ospedale 19 OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO FESTA DEL SACRO CUORE DI GESÙ Il Sannita I l 12 giugno 2015 la Famiglia ospedaliera dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù – Fatebenefratelli di Benevento ha celebrato la festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, la cui devozione appartiene alla spiritualità della Chiesa. Alle ore 10.15, nel cortile dell’Ospedale, si è svolta la solenne concelebrazione presieduta da S.E. Rev.ma mons. Andrea Mugione - arcivescovo metropolita di Benevento - , con il vicario generale e parroco della parrocchi di santa Maria di Costantinopoli, mons. Pompilio Crispino, il superiore dei Fatebenefratelli fra Angelico Bellino, il superiore provinciale dei Frati Minori, P. Sabino Iannuzzi e tanti altri sacerdoti e religiosi. La cerimonia, alla quale hanno partecipato il superiore provinciale della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, fra Gerardo D’Auria, il prefetto di Benevento, dr.ssa Paola Galeone, il questore di Benevento, dr. Antonio Borrelli, i direttori Amministrativo della struttura ospedaliera,dr. Giovanni Carozza, e Sanitario dr.ssa Adriana Sorrentino, altre autorità civili e militari cittadine, si è svolta nella splendida cornice del cortile interno del- Benedizione del bassorilievo di san Riccardo Pampuri 20 l’ospedale. La partecipazione è stata massiva. Gli operatori sanitari del nosocomio, i tanti fedeli, i visitatori hanno occupato tutti gli spazi e le persone in piedi erano sicuramente di più di quelle sedute. Gli ammalati, peraltro, hanno potuto assistere alla liturgia oltre alla trasmissione diretta televisiva di Tv 7, anche affacciati dalle finestre di alcuni reparti. L’intera cerimonia è stata impreziosita dall’animazione liturgica del coro del nostro Ospedale. Durante l’omelia l’arcivescovo Mugione ha lanciato il grido di dolore per un’epoca che stà trascurando elementi fondamentali della vita cristiana. “Il mondo è distante e i nostri sentimenti sono demoliti. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci porti un amore vero. E oggi è la festa della mitezza e della tenerezza di Dio” ha detto mons. Mugione che ha sottolineato come la giornata odierna volesse rappresentare il bisogno di affidarsi al “Sacratissimo Cuore di Gesù” e che la Chiesa oggi doveva “stringersi in adorazione e devozione verso il Padre e porre un atto di misericordia, ma nello stesso tempo di gioia e di perdono nei confronti di Dio”. Dopo la liturgia l’arcivescovo Mugione, seguito dai concelebranti e da tutti i convenuti ha raggiunto il corridoio della Radiologia, che collega l’atrio con gli ambulatori e il pronto soccorso, dove è stato scoperto e benedetto un bassorilievo metallico in ricordo di san Riccardo Pampuri, religioso medico dei Fatebenefratelli, in occasione del XXV della canonizzazione avvenuta il 1° novembre 1989, opera dello scultore Cavaiuolo Alfonso. A seguire, come è consuetudine, c’è stato un momento conviviale nella sala “san Riccardo Pampuri” con la partecipazione di tutti i convenuti. Momenti di allegria, di saluti, di scambio affettuoso di battute e riflessioni che ha visto l’attiva partecipazione dell’arcivescovo Mugione, del provinciale fra Gerardo, del superiore fra Angelico, del prefetto Galeone e di tanti altri che si sono fermati a interloquire con i fedeli. Il programma della “solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù” è proseguito nel pomeriggio con altri due appuntamenti: il primo alle ore 17,45 con i Vespri e dopo la Processione eucaristica nei reparti con la benedizione dei malati, e il secondo alle ore 19,00 con la Santa Messa della comunità parrocchiale, nel cortile dell’Ospedale, celebrata da mons. Pompilio Cristino – vicario generale e parroco. Questa festa susciti in tutti noi un rinnovato impegno nella vita spirituale, un servizio più attento e mani con più cuore verso i nostri fratelli malati”. Concelebrazione nel cortile dell’Ospedale ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO CHIUSURA DELL’ANNO SOCIALE 2014-2015 Fra Benedetto Possemato o.h. Tempo di chiusura è anche tempo di bilanci di qualsiasi attività dell’uomo A nche l’AFMaL, sezione di Genzano, è chiamata a fare il suo bilancio sull’attività dell’Ambulatorio mobile “Oasi della Salute”, donatoci dalla sezione AFMaL di Benevento alla fine di aprile di quest’anno 2015. Il 2 maggio scorso abbiamo fatto la prima uscita recandoci nella Parrocchia “san Giovanni Battista” in Campoleone e, nei sabati successivi, rispettivamente nelle Parrocchie “san Pietro in Formis” Campoverde; “Spirito Santo” in Aprilia e infine nella Parrocchia “santi Anna e Gioacchino” in Lavinio. Gli stessi appuntamenti sono stati ripetuti anche nel mese di giugno 2015. Ogni volta cambiava l’Équipe dei Collaboratori professionisti e delle altre Associazioni facenti parte. I Componenti del progetto “OASI DELLA SALUTE” sono: l’AFMaL sezione di Genzano, i Collaboratori dell’Istituto san Giovanni di Dio di Genzano, la Caritas diocesana di Albano laziale, Lavoro nel laboratorio l’Unitalsi sezione della diocesi di Albano, i Medici cattolici diocesani, gli Scouts e Agesci della diocesi di Albano, in una parola si è voluto che quest’attenzione agli ultimi fosse anche un’opera corale della Diocesi di Albano unita ai Fatebenefratelli. L’accoglienza da parte delle persone assistite è stata inizialmente un po’ guardin- ga, ma, superato il primo impatto nel quale veniva fatta conoscere la procedura che prevede l’anonimato delle prestazioni e con l’incoraggiamento reciproco, ognuno ha accolto con benevolenza il servizio offerto gratis delle visite mediche e a eventuali esami di laboratorio nonché a ricevere alcuni medicinali disponibili. Anche gli Operatori volontari che hanno partecipato al progetto hanno espresso le loro vedute soprattutto per aver conosciuto persone di altre culture, di altre religioni e, attraverso il colloquio, hanno potuto constatare le emozioni, i dubbi, le paure e le attese di fratelli che, venuti da lontano, cercano qui in Italia una migliore sistemazione di vita. Nella programmazione per l’anno sociale 2015 – 2016 è stato previsto l’allargamento ad altre Parrocchie che già fin d’ora hanno manifestato il desiderio di accogliere l’Ambulatorio “Oasi della salute” e dove è sensibile la presenza di persone provenienti da altri Paesi. Che il Signore e san Giovanni di Dio ci assistano e ci accompagnino in questa meravigliosa avventura. L’Équipe dei Collaboratori professionisti del 27 giugno Papa Francesco esorta “ogni Chiesa particolare a impegnarsi nell’essere presente dove maggiormente mancano la luce (beni indispensabili) e la vita (salute sufficiente) del Risorto”, cioè a uscire e andare verso gli ultimi, poveri, bisognosi di attenzione, perché dov’è il povero e il bisognoso lì c’è Dio. 21 O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O PROGETTI PER IL CENTRO DI ACCOGLIENZA NOTTURNO “BEATO PADRE OLALLO” Cettina Sorrenti L a sezione. locale AFMaL (Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani) dell’Ospedale da poco più di un anno ha avviato un progetto a favore di ogni persona bisognosa e senza fissa dimora: anziani, famiglie in difficoltà, ecc. senza discriminazioni razziali, culturali e religiose nel rispetto del carisma di san Giovanni di Dio. tati con contributi provenienti esclusivamente da donazioni di privati. Ora lo scopo è quello di arredare e completare gli ambienti. Per questo sono partiti i Il progetto mira a offrire un rifugio progetti: “Adotta temporaneo a chi vive in strada, innalzando una stanza”, la qualità della vita dei suoi ospiti. “Adotta un mattone”, “Adotta Refettorio da arredare Abbiamo realizzato, un Centro di Ac- una porta”, coglienza notturno, “Beato Padre Olallo” “Adotta l’ascen(Fatebenefratello vissuto a Cuba nella sore”. I progetti si rivolgono a chiunque: aperto una volta a settimana – e in conmetà dell’800). La nuova realtà è nata dal- famiglie, associazioni, studi professiona- temporanea un servizio di banco alimenla ricostruzione di una palazzina di pro- li, singoli individui, gruppi, imprese, enti tare, contribuendo al sostentamento di tanprietà dell’Ordine dei Fatebenefratelli, at- pubblici e privati, ecc. che vogliono con- te famiglie della zona. Attualmente abtigua all’Ospedale Buccheri La Ferla. Si tribuire a migliorare la vita di chi è meno biamo in carico ben 130 famiglie. Negli ultrova in Vicolo sant’Uffizio a Palermo. I la- fortunato. timi anni, abbiamo intrapreso un altro provori di ristrutturazione sono stati complegetto, ovvero quello della costruzione dei Una targa perso- posti letto notturni. Troppi nostri fratelli nalizzata, come hanno bisogno di un posto sotto il quale risegno di gratitu- pararsi. Abbiamo fatto nostro il monito di dine verrà apposta Papa Francesco di “andare nelle perifeall’esterno di ogni rie”. Il Centro è ormai completato, ma abstanza e ambiente, biamo bisogno di trovare altri fondi, sia per per segnalare la pagare i debiti che abbiamo contratto per generosità di chi la realizzazione dei lavori che per arredare ha reso possibile il Centro. Ogni contributo di ciascuno è l’acquisto degli prezioso. Anche una piccola cifra è imarredi. portante. Per questo chiediamo la partecipazione di tutti. Ben presto il Centro ver“Nel 2009 ab- rà aperto e accoglierà i primi ospiti. Quebiamo cominciato sta per noi è la priorità assoluta. – commenta il Per avere maggiori informazioni sui presidente della sezione locale del- singoli progetti telefonare ai numeri: 091 l’AFMaL, fra 479898, 091479219, o scrivere una e-mail Luigi Gagliardot- a: [email protected]; [email protected]. Per to, a occuparci le donazioni è possibile effettuare un bodelle persone più nifico, intestato a: AFMaL sezione. locabisognose. Per le di Palermo – Centro Beato Padre Olalloro, abbiamo lo- IBAN: IT 84 Y 05132 04684 realizzato un ser- 784570329534 - Causale: Inserire il nome Centro di Accoglienza Notturno vizio docce – del progetto scelto. 22 MISSIONI FILIPPINE NEWSLETTER SAN GIOVANNI GRANDE L’ultima volta che l’attuale Priore di Manila fu a Jerez de la Frontera per venerarvi la tomba di san Giovanni Grande, ne ebbe in dono una reliquia che lo scorso 3 giugno, ricorrendone la memoria liturgica, è stato ben lieto di esporre nella Cappella di Manila durante la Messa del Santo, presieduta dal nostro cappellano don Paolo Tran Xuan Lam e celebrando con lui don Giambattista Nguyen Quoc Thuan. Nel corso del Rito fra Pio A. Troyo, invocando il fraterno auspicio del Santo, ha rinnovato i Voti annuali di Povertà, Castità, Obbedienza e Ospitalità nelle mani del Delegato Provinciale fra Fermino O. Paniza, fungendo da testimoni il Priore di Manila e fra Vittorio Paglietti. Al termine della Messa, ma in maniera più privata, fra Fermino ha inoltre consegnato la Bibbia e il piccolo crocifisso dell’Ordine ai primi due candidati di etnia Kalinga e li ha affidati a fra Rocco T. Jusay, loro Maestro di Prepostulantato; altri due Kalinga sono ancora in discernimento e potrebbero entrare a novembre nel Prepostulantato di Amadeo. per l’Infanzia Disabile ha iniziato l’8 giugno il nuovo Anno Scolastico cominciando ad utilizzare gli ambienti al pianterreno e al piano rialzato resisi disponibili con la chiusura del Dispensario Antitubercolare e del Laboratorio Analisi e velocemente ristrutturati in poco più di due mesi, prima che riprendessero le lezioni. Attualmente la Scuola accoglie 15 bambini iscritti alle tre successive classi di preparazione alle Elementari. Altri 8 bambini sono iscritti al biennio di Addestramento Sociale per aiutare nelle attività della famiglia. Ci sono poi 36 ragazzi di varia età iscritti ai Corsi di Riabilitazione, di cui 26 in Terapia Occupazionale, 9 in Terapia del Linguaggio e solo uno in Fisioterapia, che però è frequentato anche da 5 adulti. Grazie al livello sofisticato della nostra attività riabilitativa, tre Università hanno concordato di mandarci i loro allievi in tirocinio per la Fisioterapia e per la Terapia Occupazionale. VERTICE REGIONALE Sotto la presidenza dell’australiano fra Giuseppe Smith si è svolto a Manila dal 7 al 9 giugno un Vertice Regionale dei Fatebenefratelli operanti RIAPRE LA SCUOLA in Estremo Oriente, Oceania e Nord A Manila la nostra Scuola Speciale America. Ha moderato l’Incontro il marista australiano, padre Michele Mullins, e vi hanno partecipato Superiori Maggiori di Portogallo, Oceania, Corea, Vietnam, Giappone, Papua Nuova Guinea, Filippine, Timor Est e delegati di India e Stati UniManila: foto ricordo della Cerimonia del 3 giugno ti, nonché pa- dre Giovanni Jung, da gennaio Direttore del Centro Interprovinciale di Formazione Ospedaliera, aperto a Quezon, nelle Filippine. Nell’Incontro ci si è trovati d’accordo nell'istituire nelle Filippine un Centro Formativo Regionale di lingua inglese per i Postulanti e per i Novizi di primo anno, approvandone il Programma di Studi e ipotizzando la composizione di un’équipe formativa interregionale. Poiché però i Formandi dovranno avere una buona padronanza dell'inglese, al momento si prevede che al primo corso, che potrebbe iniziare nel marzo 2016, potranno partecipare solo 4 Postulanti filippini e massimo sei del Vietnam. APPENA FUORI L’USCIO Seguire Gesù significa condividere il suo amore misericordioso per ogni essere umano, specialmente per chi vive in strada, proprio accanto al nostro uscio. A Manila ci sono varie famiglie che vivono accampate sui marciapiedi della nostra strada sicché, dopo averle intervistate ed esaminati i loro bisogni, abbiamo elaborato un articolato programma di aiuto e di promozione umana e sociale per tali famiglie, alla cui attuazione hanno aderito, oltre ovviamente ai frati e alle suore del nostro Centro, anche le Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e vari volontari laici. Tale programma ha avuto un primo parziale avvio il 20 giugno e a fine giugno queste erano le cifre iniziali delle persone accolte in alcuni ambiti divenuti già operativi: ogni sabato, istruzione scolastica per 4 adulti e classi di sostegno per 6 bambini iscritti alla Scuola dell’Infanzia e per 3 ragazzi iscritti alle Elementari; ogni giorno, addestramento di 8 mamme nella confezione di materassi e tappetini, che poi potranno vendere; cena quotidiana per 9 bambini malnutriti e 4 mamme allattanti; ogni sabato, cena per 40 adulti e programma ricreativo; lezioni di catechismo per 40 adulti. 23 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: CURIA GENERALIZIA www.ohsjd.org • ROMA Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta 263 - Cap 00164 Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina 39 - Cap 00186 Tel 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce 15 - Cap 00153 Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924 E-mail: [email protected] • CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel 06.69883422 Fax 06.69885361 • PALERMO Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine 197 - Cap 90123 Tel 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • ALGHERO (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo 55/b - Cap 07041 • ROMANO D’EZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060 Tel 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] MISSIONI • FILIPPINE St. John of God Social and Health Center 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo - 1001 Manila Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] http://ohpinoy.wix.com/phils Sede dello Scolasticato e del Noviziato della Delegazione Provinciale Filippina St. Richard Pampuri Rehabilitation Center 26 Bo. Salaban - Amadeo - 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede dell'Aspirantato e del Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina PROVINCIA ROMANA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.provinciaromanafbf.it [email protected] • ROMA Curia Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • GENZANO DI ROMA Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045 Tel 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.35011 - Fax 030.348255 [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Sede legale Via Pilastroni 4 - Cap 25125 e-mail: [email protected] Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513 E-mail: [email protected] Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica 341 - Cap 25123 Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour 2 - Cap 20063 Tel 02.92761 - Fax 02.9241285 Sede del Centro Studi e Formazione Centro Sant’Ambrogio Via Cavour 22 - Cap 20063 Tel 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail:a [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como 2 - Cap 22070 Tel 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia 23 - Cap 27020 Tel 038.293671 - Fax 038.2920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dell’Orto 3458 - Cap 30121 Tel 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik E-mail: [email protected] MISSIONI • NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni 220 - Cap 80123 Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036 Tel 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 • BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100 Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia 244 - Cap 34170 Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in: • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7
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