esame procura

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esame procura
SENTOSCRIVO Società Cooperativa
cardiocircolatorio
alquanto
labile.
Le
alterazioni
cardiocircolatorie e respiratorie trovano la loro ragione
in questi molteplici fattori: in primo luogo l’infarto
miocardico che era in corso, che avrebbe dovuto escludere
categoricamente
per
questa
vascolari
l’indicazione
persona.
associati
anestetici
In
alla
impiegati,
peggiorativo
della
all’intervento
secondo
luogo
somministrazione
(inc.)
dinamica
chirurgico
gli
effetti
dei
farmaci
modificazioni
in
senso
respiratoria
che
sono
cagionate dall’intervento chirurgico stesso sul torace.
La caduta anche delle resistenze vascolari periferiche in
quanto i farmaci provocano una li vasodilatazione, quindi
questo
ulteriormente
determina
condizioni
di
scompenso
cardiocircolatorio e quindi l’intervento chirurgico ebbe
un
ruolo
fondamentale
condizioni
nel
cagionare
cardiocircolatorie
e
il
quindi
crollo
la
delle
rottura
di
questo delicato equilibro di compenso cardiocircolatorio
molto
labile.
Quindi,
in
altre
parole,
la
morte
fu
letteralmente anticipata rispetto a quella che avrebbe
potuto essere la scadenza naturale proprio a causa di
questi
effetti
negativi
sinergicamente
causati
dall’intervento chirurgico. È stata anche ipotizzata, in
un documento allegato alla cartella clinica, una morte
cagionata per fibrillazione ventricolare. In effetti non
si
è
anche
trovata
se
si
alcuna
fosse
prova
documentale
trattato
di
una
di
ciò.
Invero
fibrillazione
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ventricolare
sarebbe
o
ben
di
un’ulteriore
difficile
non
recidiva
ammettere
che
infartuale
gli
effetti
negativi dell’intervento chirurgico abbiano concausato in
modo
significativo
recidiva,
ma
e
ripeto
determinante
noi
non
questa
abbiamo
trovato
ulteriore
traccia,
prova documentale di questi fibrillazione ventricolare.
Dunque sono queste le ragioni che ci hanno indotto a
ritenere la sussistenza di questo nesso causale fra gli
effetti negativi dell’intervento chirurgico e la morte.
P.M. DOTT.SSA PRADELLA - Dottoressa Marenghi ci può spiegare
innanzitutto se le controindicazione assoluta di cui ci
parlava il Professor Ronchi di un intervento in presenza
di un infarto recente acuto, che cosa s’intende per acuto
- e ci possiamo arrivare - ma qual è la qualifica medica
di infarto recente, cioè quanti giorni prima grossomodo
rispetto all’intervento?
C.T. MARENGHI – Per infarto recente s’intende un infarto entro
i
trenta
giorni.
Quindi
nella
quale
situazione
assolutamente
recente
noi
abbiamo,
l’infarto
al
siamo
è
momento
un
in
una
infarto
dell’intervento
chirurgico, perché già al momento del suo ingresso in
pronto soccorso il paziente mostrava dei segni che erano
abbastanza
significativi
assolutamente
molto
per
grave.
una
situazione
Infatti
oltre
al
cardiaca
problema
elettrocardiografico ed evidente che si poneva in visione
avevamo
anche
una
emogasanalisi
che
ci
dimostrava
in
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questo già poneva il paziente in una condizione, se non
fosse
stato
sufficiente
vedere
l’elettrocardiogramma
e
vedere soprattutto una condizione di pressione... insomma
aveva una pressione che era 80 di pressione massima su
50, quindi era un paziente ipoteso, era soporoso, tutti
indici di diminuita perfusione organica, di conseguenza
il
paziente
è
entrato
già
in
condizioni
estremamente
gravi ed è stato... oltretutto questo circolo che doveva
in qual qualche modo essere supportato è stato supportato
con dei farmaci, con delle amine che sono farmaci molto
potenti che vengono dati proprio quando il paziente è in
condizioni gravi. Veniva data questa dopamina che è un
farmaco che addirittura si da in microgrammi pro chilo al
minuto,
cioè
microgrammi
che
sono
millesima
parte
del
milligrammo per darvi la dimensione di quanto siano anche
potenti questi farmaci. Quindi il povero paziente è stato
supportato
in
questo
modo
e
si
stava
in
realtà...
stava... era riuscito ad arrivare ad un certo tipo di
equilibrio. Ma l’anestesista quando lo vede ovviamente
dice che è un ASA 4, cos’è la classificazione ASA? È una
classificazione che usiamo noi anestesisti per inquadrare
il paziente nelle sue reali condizioni. Noi abbiamo l’ASA
1 che è il paziente normale, quello che è il paziente, il
ragazzo di 18 anni, per intenderci, che viene e deve fare
una
appendicectomia
piuttosto
che
un’ernia.
Via
via
andiamo aumentando l’ASA. L’ASA 2 è un paziente che ha
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una malattia sistemica lieve, l’ASA 3 è un paziente che
ha una malattia sistemica grave ma che non compromette le
funzioni normali; l’ASA 4 è il paziente grave che è in
pericolo
di
vita,
all’intervento
non
per
chirurgico
le
condizioni
intendiamoci,
che
ma
portano
per
la
condizione generale. Il paziente non aveva una patologia
chirurgica che l’avrebbe portato a morte in quel momento,
ma
aveva
una
patologia
sistemica,
in
questo
caso
cardiologica, che l’avrebbe portato a morte. Non so se...
PRESIDENTE – È chiarissima.
C.T. MARENGHI - A questo punto che cosa succede? Che io sono
autorizzata ad operare un paziente ASA 4 quando? Quando
le
condizioni
inevitabilmente
susseguenti
a
morte.
a
una
Faccio
un
malattia
esempio:
mi
portano
arriva
un
paziente che ha un infarto ma ha l’aorta rotta, cioè un
aneurisma dell’aorta che si sia rotto, a questo punto io
lo devo operare perché morto per morto... cioè io provo a
riparare l’aorta perché se no muore comunque. In questo
caso lui aveva un piccolo nodulo neoplastico sicuramente
certo, ma non avrebbe portato a morte in quel momento. Il
paziente doveva essere stabilizzato dal punto di vista
cardiocircolatorio e poi eventualmente se ci fosse stata
l’opportunità e l’occasione e soprattutto se il rischio
beneficio fosse stato sufficiente fosse operato, ma non
in quel momento e non in quella condizione.
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P.M.
-
Professor
Sartori,
una
patologia
come
quella
poi
trovata peraltro in sede istologica dal chirurgo poteva
giustificare un intervento, è comunque da ritenersi come
intervento salvavita?
C.T. SARTORI – No, assolutamente no. Mi pare che la Dottoressa
Marenghi
abbia
chiarito
molto
bene
la
situazione
di
questo signore. Un signore di 89 anni con uno scompenso
cardiocircolatorio,
ipoteso,
soporoso,
con
segni
d’infarto recente, non deve mai essere operate se non per
un caso ancora più grave, l’esempio è quello dei un’aorta
che si rompe. Ma un carcinoma polmonare delle dimensioni
di 1 centimetro e mezzo, 2, può comunque permettere una
sopravvivenza anche di un anno e forse più, mentre le
condizioni
cardiocircolatorie
sicuramente
non
davano
questa prospettiva di sopravvivenza. Quindi ecco il nesso
utilità dell’intervento ad altissimo rischio, beneficio
nullo, si vede subito che non c’è un’indicazione. Inoltre
qui
l’intervento
minitoracotomia,
ma
non
è
stato
è
stata
una
una
semplice
toracotomia
con
un’asportazione extrapleurica con lisi di aderenze che
hanno, tutto sommato, causato un sanguinamento nel primo
giorno di 700 cc di sangue e sono stati causa anche, da
delle radiografie eseguite nell’immediato, causa di un
enfisema
sottocutaneo
imponente.
Quindi
vuol
dire
che
oltre che un’emostasi imperfetta è stata fatta anche una
aerostasi
imperfetta
e
queste
cose
hanno
sicuramente
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influito sull’esito della malattia.
P.M.
–
Scusi
Professore,
sullo
scherma
c’è
il
numero
dei
campioni inviati. Qui abbiamo, tra le altre cose, alla
lettera B una resezione polmonare laterale lobo medio di
centimetro
8x4x2;
resezione
così
ma
quale
ampia,
anche
giustificazione
ha
ammettendo
assurdo
per
una
l’ipotesi della finalità diagnostica?
C.T. SARTORI - Beh no, qui non siamo di fronte a una resezione
segmentaria
tipica,
qui
siamo
di
fronte
alle
solite
direi, perché la resezione segmentaria è un intervento
serio, qui siamo di fronte alle solite asportazioni alla
domanda.
Quindi
per
asportare
una
neoplasia
di
1
centimetro e mezzo o 2 o quello che era, l’asportazione
di 8x4x2 mi sembra congrua, non esiste un problema di
questo tipo. È che si asporta una neoplasia era innocua
in questo caso, aveva sbagliato ospite.
P.M. – Cioè un’asportazione che non doveva essere fatta perché
non bisognava... non c’era urgenza di diagnosi rispetto
alla condizione del...
C.T. SARTORI - Nessuna urgenza né di operarlo e neanche di
fare
una
tumore,
diagnosi.
ed
sbagliata,
era
perché
un
Perché
se
tumore,
sarebbe
anche
aveva
morta
quello
scelto
prima
la
la
fosse
un
persona
persona
del
tumore.
PRESIDENTE – Dottor Squicciarini, intende...
C.T. SQUICCIARINI – Una cosa importante che ho dimenticato è
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farmaci per l’anestesia, o perlomeno quasi tutti tranne
un
farmaco
inutile
che
non
andare
in
viene
quasi
dettagli
più
proprio
utilizzato,
specifici,
ma
è
tutti
i
farmaci dell’anestesia danno una depressione miocardica
grave. Di conseguenza c’è una ulteriore diminuzione della
performance, della funzionalità del miocardio, in questo
caso ovviamente ampliata dal fatto che il paziente era
già cardiopatico grave di suo. Di conseguenza che cosa
succede? Che una volta indotta l’anestesia e mantenuta
l’anestesia non si può subito procedere, ma cercano un
riassetto,
in
un
riequilibrio
del
sistema
cardiocircolatorio, cioè gli devono rimettere le amine
che erano state sospese perché il paziente di suo aveva
trovato un equilibrio. È chiaro che dandogli un ulteriore
stimolo depressivo come quello dell’anestesia, che uno
stimolo
grave,
farmaci
per
è
stato
mantenere
necessario
la
funzione
poi
reintrodurre
cardiaca.
A
i
questo
punto ulteriormente se si fosse avuto bisogno di altre
evidenze
che
il
paziente
era
un
cardiopatico
grave,
questa era effettivamente... cioè la prova provata, non
so
come
dire
altro.
Cioè
un
paziente
che
non
stava
reggendo l’anestesia, ha avuto bisogno in qualche modo di
essere supportato in maniera importante.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO - Mi scusi, la mia collega è quella
molto tecnica, io uso un linguaggio probabilmente che vi
farà inorridire ma... si tenta di addormentarlo, aveva
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già
un
infarto
in
atto,
ho
capito
bene
che
aveva
un
infarto in atto?
C.T. MARENGHI – Sì.
P.M.
DOTT.SSA
SICILIANO
-
Non
regge,
si
sospende
l’intervento...
C.T. MARENGHI – Sì, ma non è che lo svegliano.
P.M.
DOTT.SSA
SICILIANO
–
No
no,
non
lo
svegliano
ma
sospendono le attività... non era stato ancora tagliato?
C.T. MARENGHI – No.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Quindi si poteva...
C.T. MARENGHI – Certo, si poteva svegliare...
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Si poteva tranquillamente recedere
dalla decisione insomma.
C.T. MARENGHI – Si poteva svegliare sì sì sì.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Si poteva svegliare.
C.T. MARENGHI – Assolutamente sì.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – È un po' atecnico quello che dico,
ma per capire.
C.T. MARENGHI – No no, assolutamente, nel momento in cui non
era ancora stata fatta la breccia chirurgica il paziente
si poteva tranquillamente svegliare.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Si poteva fermarsi e svegliarlo.
C.T. MARENGHI – Certo, sì.
P.M.
DOTT.SSA
SICILIANO
-
Quanto
tempo
rimane
questo
sospensione dell’attività chirurgica? Mi scusi ma...
C.T. MARENGHI - Questo non me lo ricordo, ma mi pare una
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ventina di minuti, però dovrei andarlo a vedere dalla
cartella.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Il paziente viene riportato... e
questo punto si addormenta sul serio per l’operazione.
C.T. MARENGHI – No no, allora l’anestesia è fatta da vari
stadi.
vengono
La
prima
fatti
l’immediata
parte
dei
è
l’induzione
farmaci
sospensione
della
che
dell’anestesia,
danno
coscienza
praticamente
e
insieme
a
questi farmaci vengono dati dei farmaci analgesici perché
i farmaci che danno la sospensione della coscienza non
sono antianalgesici. In seguito durante l’anestesia si
somministrano in maniera diversa o per via endovenosa o
per via inalatoria, perché il paziente una volta che è
stata sospesa la coscienza ed è stato curarizzato non ha
neanche
bloccati
più
i
la
funzione
muscoli
e
respiratoria,
quindi
respira
perché
in
vengono
qualche
modo
attraverso una macchina che è il ventilatore polmonare. I
farmaci dell’anestesia, cioè che continuano, vengono dati
durante tutto il corso dell’anestesia e vengono sospesi
al momento della fine dell’intervento chirurgico, quindi
l’anestesia è... permettetemi la cosa alla demande cioè
dipende
e
dura
per
l’intera
sequenza
dell’intervento
chirurgico. Quindi è chiaro che uno dà l’induzione e poi
si può fermare e può risvegliare il paziente esattamente
come se fosse alla fine dell’anestesia.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Cioè non era obbligatorio andare
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avanti a tutti i costi, visto che tagliare non era...
C.T. MARENGHI – No, assolutamente no.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Un altro chiarimento...
PRESIDENTE – Scusi, sono sempre gli stessi farmaci che vengono
utilizzati
sia
nella
fase
dell’induzione
che
durante
l’intervento o solo il dosaggio?
C.T. MARENGHI – No, cioè possono essere gli stessi farmaci se
viene fatta un’anestesia endovenosa oppure possono essere
altri farmaci se viene usato... possono essere dei gas
che vengono somministrati come miscela d’ossigeno; ma i
gas
ha
breve
una
come
emivita,
tutti
i
cioè
hanno
farmaci
una
vita
dell’anestesia,
estremamente
quindi
una
volta sospesi in pochi minuti si riprende la coscienza.
Quindi è per questo che vengono somministrati in continuo
durante l’intervento chirurgico.
PRESIDENTE
–
Quindi
la
durata
dell’intervento
incide
ovviamente sul dosaggio dei farmaci e quindi sull’effetto
collaterale che ha l’anestesia sul paziente.
C.T. MARENGHI – Beh, più che il... dunque, sicuramente più è
lunga l’anestesia e peggio è la situazione.
PRESIDENTE – Più incide quindi.
C.T. MARENGHI – Certo più incide. Ma soprattutto a questo
punto è anche la breccia toracica che viene fatta, cioè
un
intervento
intervento
di
sul
torace
chirurgia
è
comunque
maggiore,
considerato
soprattutto
un
un
intervento di chirurgia resettiva, cioè dove si levi un
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pezzo
di
polmone
o
pezzo...
cioè
quando
si
fa
una
chirurgia resettiva viene considerato un intervento di
chirurgia maggiore e l’intervento di chirurgia maggiore
pone già di per sé il paziente più a rischio. Non esiste
un intervento chirurgico che sia a rischio zero, perché
la
natura
non
prevede
che
si
entri
nel
torace
delle
persone, o nella pancia, con bisturi e altro, quindi non
esiste un intervento che abbia rischio zero, tutti gli
interventi
hanno
un
rischio.
È
chiaro
che
maggiore
è
complessità dell’intervento maggiore è il rischio che si
ha.
A
questo
si
somma
poi
le
condizioni
estremamente
gravi del paziente e il rischio operatorio diventa a mio
parere in questo caso inaccettabile.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO - Professor Sartori, due chiarimenti a
lei...
PRESIDENTE – Chiedo scusa un attimo, perché se n la Corte ha
qualche
difficoltà.
L’anestesia
come
incide
sulla
fibrillazione? Perché prima ci ha spiegato come incide...
C.T. MARENGHI – Allora, il paziente è in fibrillazione atriale
cronica, quindi è un paziente che ha trovato in qualche
modo
un
suo
equilibro
fibrillazione
diminuzione
soprattutto
atriale
della
se
è
nella...
è
aritmia
che
è
performance
ad
altra
di
frequenza.
chiaro
che
determina
questo
In
la
una
cuore,
questo
caso
paziente aveva una... era stato controllato perché gli
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erano stati dati anche dei farmaci per controllarla, di
conseguenza l’anestesia, è chiaro insieme ad una serie di
concause,
cioè
la
vasodilatazione,
può
peggiorare
la
fibrillazione nel senso che può farla diventare più ad
alta
frequenza
e
quindi
sicuramente
diminuire
la
performance ulteriormente del cuore. Cioè l’anestesia non
fa bene da questo punto di vista.
PRESIDENTE – D’accordo, grazie.
P.M. DOTT.SSA SICILIANO – Due chiarimenti Professor Sartori.
Allora leggo che è stato necessario intervenire per delle
lacerazione parenchimali, ci può spiegare che cosa sono?
Soltanto un chiarimento tecnico.
C.T.
SARTORI
–
Allora,
io
credo
che
qui
l’intervento
sia
iniziato con l’intenzione di fare una videotoracoscopia,
poi per effetto di aderenze tenaci fra polmone e parete
toracica si sia dovuti alla toracotomia. In toracotomia
si è fatta una lisi di aderenze, cioè è stata eseguita la
sezione
di
quelle
aderenze
che
tenevano
ancorato
il
polmone alla parete toracica. È un polmone fragile di un
signore di novant’anni ed è molto probabile che ci siano
state delle lacerazioni multiple del parenchima polmonare
e questo è dimostrato dall’enfisema sottocutaneo che si è
visto nel post operatorio e da quei 700 cc di sangue che
non
si
spiegano
altrimenti
se
non,
ripeto
con
una
aerostasi imperfetta e con un’emostasi imperfetta.
P.M.
DOTT.SSA
SICILIANO
–
Un
altro
chiarimento
sempre
da
N. R.G. C.A. 13/12 - R.G.N.R. 25477/08 - 10/06/2013 c/BREGA MASSONE PIER PAOLO + ALTRI
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