Aggiornamento 2014 - Provincia di Reggio Emilia
Transcript
Aggiornamento 2014 - Provincia di Reggio Emilia
Aggiornamento 2014 Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2008-2012 LA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA Sonia Masini L’ASSESSORE ALLE INFRASTRUTTURE, MOBILITÀ SOSTENIBILE e QUALITÀ DELL’ARIA, SPORT, CACCIA E PESCA Alfredo Gennari IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO INFRASTRUTTURE, MOBILITÀ SOSTENIBILE, PATRIMONIO, EDILIZIA Ing. Valerio Bussei IL SEGRETARIO GENERALE Dott. Doriana Sacchetti Approvato dal Consiglio Provinciale con atto n. 56 del 12/06/2014 Provincia di Reggio Emilia Assessorato Infrastrutture, Mobilità Sostenibile, Qualità dell’Aria, Sport, Caccia e Pesca Assessore Alfredo Gennari Gruppo di lavoro: Servizio Infrastrutture, Mobilità sostenibile, Patrimonio, Edilizia Dirigente Valerio Bussei U.O. Vigilanza, Caccia, Pesca e Forestazione: responsabile p.o. Andrea Gualerzi U.O. Fauna e Prevenzione danni: Sergio Santini, Giovanna Ligabue Collaboratore per l’organizzazione: Franca Ruggeri Servizio Pianificazione Territor., Ambiente e Pol. Cult.: Raffaele Scagliosi Servizio Sviluppo economico, Agricoltura e Promozione del territorio Dirigente Francesco Capuano U.O. Investimenti, sviluppo e multifunzionalita agricola: Giovanni Bonoretti U.O. Produzioni agroambientali e forestali: Maurizio Mercati Consulenza per la progettazione ed elaborazioni Ambrogio Lanzi (“Studio Geco”) Coordinamento generale Attilio Giacobbe (staff Assessorato Infrastrutture, Mobilità Sostenibile, Qualità dell’Aria, Sport, Caccia e Pesca) Collaborazione e contributi Maria Luisa Bargossi - Responsabile del Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie della Regione Emilia-Romagna Maria Luisa Zanni - Pianificazione faunistica e osservatorio per la gestione della fauna selvatica della Regione Emilia-Romagna Federica Dotti - Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie della Regione EmiliaRomagna Si ringraziano tutti coloro che con suggerimenti o materiali hanno contribuito a realizzare il presente lavoro. 1 PRESENTAZIONE Per inquadrare compiutamente questo documento, occorre preliminarmente precisare che il percorso del presente aggiornamento del Piano si inserisce in questa particolare fase dei processi di riordino degli assetti istituzionali riguardanti le Province, ormai da tempo, con alternanti e improvvise accelerazioni e conseguente evidente stato di incertezza. Nello specifico della materia faunistico venatoria, la Regione, anche a seguito di apposito confronto con le Province, con la Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 103/2013 ha confermato gli indirizzi vigenti per la pianificazione provinciale di settore ed ha approvato l’aggiornamento della “Carta delle vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, che si riferisce alle specie Capriolo, Cinghiale e Cervo. In attuazione delle disposizioni regionali abbiamo quindi confermato la validità dei Piano Faunistico Venatorio Provinciale vigente, assicurando così la continuità operativa nel settore, ed abbiamo proceduto al recepimento delle nuove disposizioni legate alle nuove carte regionali. Il presente aggiornamento si inserisce quindi in tale contesto e si pone in continuità con il Piano Faunistico Venatorio Provinciale approvato dal Consiglio provinciale nel 2008. In questi anni abbiamo visti confermati, ed abbiamo consolidato, gli obiettivi strategici già allora individuati che consistono sostanzialmente in: conservazione della fauna selvatica e degli ecosistemi; salvaguardia del tessuto produttivo agricolo; valorizzazione dell'attività venatoria e del ruolo dei cacciatori. Il nostro impegno si è conseguentemente rivolto alle fasi di attuazione, attraverso un lavoro continuo, caratterizzato dalla collaborazione tra cacciatori, agricoltori ed ambientalisti. Partendo da questa base, abbiamo elaborato il presente aggiornamento del Piano con la ferma convinzione che la pianificazione abbia anche valenza di strumento di lavoro, attraverso i suoi indirizzi che, improntati alla flessibilità e operatività, possano fornire un’utile guida per il bene comune, per una visione di futuro a cui fare riferimento con azioni concrete rivolte alla centralità del settore. Ci siamo posti quindi sul solco della vigente pianificazione, sviluppando le tematiche che possono ulteriormente migliorare le inter-relazioni fra gli aspetti di salvaguardia delle attività agricole e la gestione faunistico venatoria, nell’ambito comunque degli equilibri della fauna selvatica. L’elaborazione dei dati attualizzati sugli ungulati ha permesso di fornire un quadro conoscitivo in una visione d’insieme con gli andamenti e l’attuale stato delle consistenze delle specie di ungulati: capriolo; cinghiale, cervo, daino e muflone. Si sono implementati i dati relativi ai danni alle coltivazioni agricole e con le relative analisi. Si sono anche esaminati gli esiti della trascorsa gestione faunistica delle specie di ungulati, riferendo i risultati ottenuti ed eventuali opportunità di miglioramento. Sulla base del quadro conoscitivo, e tenendo conto degli indirizzi regionali, la parte di pianificazione è stata differenziata in base alle specie di ungulati: Cinghiale, Capriolo, Cervo, Daino e Muflone, ed ha individuato soluzioni per la specificità del nostro territorio. Mentre per il Daino e Muflone si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti della Pianificazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale vigente, per il Cervo la pianificazione e programmazione è recentemente (dal 2011) passata in capo dall’Areale Cervo Appennino 2 Tosco-Emiliano-Romagnolo che ha elaborato ed approvato il Piano poliennale di gestione e che coerentemente alle disposizioni regionali è da considerarsi come parte integrante del Piano faunistico venatorio. Sempre coerentemente agli indirizzi regionali, le nuove linee di pianificazione si rivolgono in particolare alle specie Cinghiale e Capriolo. Su tali contenuti pianificatori abbiamo voluto perseguire uno specifico lavoro di qualità, in modo che questo documento sia improntato alla maggiore aderenza alla realtà locale e sia al contempo caratterizzato da una marcata operatività. Per il cinghiale abbiamo così sviluppato uno “schema operativo della sequenza di attività”, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole, che consideri le possibili azioni “correttive” in funzione del grado di raggiungimento/superamento della soglie dei danni. Tale “schema operativo della sequenza di attività” ha l’obiettivo di fornire una guida chiara che si basa sul principio di attivare tutte le forme di caccia. A seguito di una puntuale disamina delle esperienze condotte, come anche sinteticamente illustrate nel presente documento, al capitolo 5 si individuano una serie di azioni. Nell’ottica di creare sinergie e di aumentare le forme di collaborazione si forniscono indirizzi agli Ambiti Territoriali di Caccia, da recepire nei rispettivi regolamenti, fra cui primariamente: effettuare un’organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole, proprio con l’obiettivo di consentire maggiore efficacia operativa e più stretta coerenza per la programmazione ed attuazione dei prelievi in funzione dei danni. Oppure l’introduzione di criteri di merito in funzione dei risultati ottenuti per le assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale, ed anche incrementare la prevenzione dei danni in agricoltura attraverso il supporto operativo dei cacciatori agli agricoltori e la partecipazione ad interventi di miglioramento ambientale. Inoltre è stato anche ulteriormente valorizzato l’indirizzo di procedere al monitoraggio in itinere dei prelievi così da avere sotto costante controllo le consistenze faunistiche ed i danni in agricoltura. Sono inoltre indicate azioni specifiche rivolte alla gestione faunistico venatoria, come ad esempio l’attuazione combinata di tutte le forme di prelievo: dal prelievo collettivo in braccata al prelievo selettivo, incrementando in tal modo le sinergie fra le diverse forme di gestione faunistico-venatoria e massimizzando così i risultati; l’ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata, privilegiando i cacciatori che si siano maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. Fra le azioni, si evidenzia anche l’importanza di attivare Piani di Controllo, per specifiche situazioni, anche all’inizio della stagione di gestione faunisticovenatoria, qualora le valutazioni sui danni alle coltivazioni agricole evidenzino l’avvicinamento/raggiungimento della “soglia dei danni” , e quindi anche a scopo cautelativo come misura preventiva. In aggiunta, la tutela delle colture agricole dovrà inoltre essere incrementata ancora nelle Aziende Faunistico Venatorie, anche sotto il profilo dei rimborsi dei danni in agricoltura. Per incrementare innovazione ed efficacia si pone anche l’accento sull’implementazione delle banche dati, in particolare della banca dati regionale sui danni in agricoltura, e sulla georeferianziazione delle informazioni, con sistemi quindi che consentano l’analisi territoriale 3 dei dati e anche sull’incremento dello scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia, attraverso flussi informativi periodici. Molte di queste azioni sono anche valide per la pianificazione sulla specie Capriolo, per il quale in questo documento, coerentemente agli indirizzi regionali, sono state individuate tre fasce territoriali per i fini gestionali: dalla fascia basso collinare, alla fascia alto collinare, fino alla fascia montana con le relative densità obiettivo. Anche per questa specie si è condotto un esame delle condizioni locali, riscontrando che le interferenze maggiori con le attività dell'uomo nelle zone di bassa collina, si verificano, come facilmente prevedibile, dove sono più ampiamente e diffusamente presenti le coltivazioni agricole e il tessuto urbano. Al fine quindi di ridurre i danni in tali zone si è fornito indirizzo di tendere ai valori più bassi del range di densità obiettivo indicati per tale fascia “bassocollinare” (tra i 3 e i 10 capi/km2). Prevedendo comunque una opportuna gradualità delle densità verso consistenze maggiori e più appropriate nei territori meno antropizzati. Il presente aggiornamento del piano ha voluto evidenziare lo sviluppo di importanti strategie di ottimizzazione ed incremento di efficienza, perseguire l’innovazione con l’informatizzazione, così come incrementare la partecipazione, riconoscere il merito ed aumentare la collaborazione fra agricoltori, cacciatori ed ambientalisti, in modo da consentire una visione più ampia dei sistemi complessi: uomo-territorio-natura, così da poter attuare azioni articolate ed integrate che meglio possano rispondere alle esigenze del territorio. Ringrazio i tecnici della Provincia, la Regione Emilia-Romagna nei tecnici e responsabile del Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie della Regione Emilia-Romagna, la Consulta venatoria provinciale e le Associazioni per il buon lavoro compiuto e per i suggerimenti, i contributi e le proposte offerte. Concludo sottolineando che è sempre e comunque auspicata una fattiva collaborazione fra Enti, ed in particolare con l’Ente di gestione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, e con le Aziende e Associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste, sia perla concreta ed efficace attuazione dello strumento di pianificazione sia per accrescere la coesione su una tematica a forte rilevanza sociale, nella volontà di dare sempre nuovo impulso all'attività venatoria, per elevare la qualità ambientale e garantire la salvaguardia delle attività agricole. Alfredo Gennari 4 Indice Indice 5 1. Introduzione 8 2. Quadro conoscitivo degli Ungulati 12 2.1. Ungulati: quadro sinottico 12 2.1.1. Distribuzione e consistenza 12 2.1.2. Gestione faunistico venatoria 13 2.1.3. Danni e prevenzione 14 2.2. Capriolo (Capreolus capreolus) 17 2.2.1. Distribuzione e consistenza 17 2.2.2. Gestione faunistico venatoria 18 2.2.3. Danni 27 2.3. Cervo (Cervus elaphus) 33 2.3.1. La nuova gestione con il Piano poliennale di gestione del Cervo 2011-2015 33 2.3.2. Distribuzione e consistenza 34 2.3.3. Gestione faunistico venatoria 38 2.3.4. Danni 41 2.4. Daino (Dama dama) 45 2.4.1. Distribuzione e consistenza 45 2.4.2. Gestione faunistico venatoria 46 2.4.3. Danni 51 2.5. Muflone (Ovis aries) 54 2.5.1. Distribuzione e consistenza 54 2.5.2. Gestione faunistico venatoria 55 2.5.3. Danni 56 2.6. Cinghiale (Sus scrofa) 57 2.6.1. Distribuzione e consistenza 57 2.6.2. Gestione faunistico venatoria 58 2.6.3. Danni 70 5 3. Nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche 76 3.1. Metodologia di realizzazione 76 3.1.1. Reticolo cartografico 76 3.1.2. Dati faunistici 76 3.1.3. Dati cartografici di base 76 3.1.4. Modelli 76 3.2. La vocazione del territorio provinciale per il Cinghiale 77 3.2.1. Dato biologico di riferimento 77 3.2.2. Modello di vocazione 77 3.2.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica 77 3.2.4. Carta di vocazione agroforestale 79 3.2.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali 81 3.3. La vocazione del territorio provinciale per il Cervo 82 3.3.1. Dato biologico di riferimento 82 3.3.2. Modello di vocazione 82 3.3.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica 82 3.3.4. Carta di vocazione agroforestale 84 3.3.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali 85 3.4. La vocazione del territorio provinciale per il Capriolo 86 3.4.1. Dato biologico di riferimento 86 3.4.2. Modello di vocazione 86 3.4.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica 86 3.4.4. Carta di vocazione agroforestale 88 3.4.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali 89 4. Recepimento delle carte regionali di vocazione e nuove densità obiettivo per le specie di Ungulati 90 4.1. Nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo 90 4.1.1. Potenzialità e vocazione biotica 90 4.1.2. Nuove densità obiettivo provinciali 95 4.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale 99 4.2.1. Potenzialità e vocazione biotica 99 6 4.2.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale 101 5. Aggiornamento 2014 del Piano faunistico venatorio provinciale 5.1. Il Cinghiale: gli obiettivi e le azioni 106 107 5.1.1. L’esperienza dell’attuazione di Piano, gli obiettivi mirati e le strategie 107 5.1.2. La gestione faunistico venatoria della specie cinghiale 113 5.1.3. Le azioni rivolte alla gestione faunistico-venatoria della specie Cinghiale 117 Schede descrittive delle azioni di Piano 122 5.2. La gestione faunistico venatoria della specie Capriolo 139 5.3. Conferma degli obiettivi e delle azioni per le specie Daino e Muflone 142 5.4. La gestione faunistico venatoria della specie Cervo 143 6. Affinamenti di azioni e linee gestionali 144 6.1. Incremento della sicurezza nell’attività venatoria 144 6.2. Aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) 148 7. Bibliografia 150 7 1. Introduzione Con il presente documento si effettua il recepimento di quanto previsto dalla Deliberazione dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna n. 103/2013 “Approvazione dell’Aggiornamento della Carta delle Vocazioni faunistiche di cui all’art. 4 della L.R. 15 febbraio 1994, n.8 e conferma degli indirizzi regionali per la pianificazione faunistica di cui all’art.5 della L.R. n.8 del 1994”. Nello specifico, si procede in conformità alla citata Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013 che prevede che: le Province provvedano ad inserire nei propri Piani faunistico-venatori la “Definizione delle densità obiettivo delle specie di Ungulati”, ivi compresa la densità prevista in caso di compresenza di più specie in un medesimo territorio e la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il prelievo della specie cinghiale, al fine di garantire la coerenza dei Piani medesimi con la “Carta delle vocazioni Faunistiche della Regione Emilia-Romagna” aggiornata, con la medesima deliberazione Assembleare. Con la sopradetta deliberazione assembleare n.103/2013 la Regione, ha inoltre confermato i vigenti indirizzi per la pianificazione faunstico-venatoria provinciale (già approvati con Deliberazione di Giunta regionale n.60/2006) fino all’approvazione dei “nuovi indirizzi” regionali. Tenuto conto della riconferma degli indirizzi e considerando che il Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP) è stato approvato nel 2008 (con Deliberazione del Consiglio Provinciale n.22 del 30/04/2008) riferendosi ad un periodo di validità quinquennale e che altresì occorre dare continuità alla gestione faunistico venatoria, la Provincia con propria deliberazione del Consiglio n.32 del 18/04/2013 ha confermato la validità del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale fino al recepimento dei nuovi indirizzi regionali, decidendo, al contempo, di procedere con le attività volte ad integrare il Piano Faunistico-Venatorio Provinciale in ottemperanza alla più volte citata deliberazione Assembleare regionale n. 103/2013. Nel presente documento si sono condotti approfondimenti conoscitivi e si è quindi proceduto ad un aggiornamento complessivo del “quadro conoscitivo” del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale, così da fornire le informazioni e dati relativi al quinquennio di applicazione e procedere alle relative analisi in modo da illustrare gli andamenti e l’attuale stato delle consistenze delle specie di ungulati: capriolo; cinghiale, cervo, daino e muflone. Si è quindi esaminata la trascorsa gestione faunistica delle specie di ungulati, riferendo i risultati ottenuti e eventuali aspetti che possano essere opportunità di miglioramento. Sono inoltre stati acquisiti, implementati ed elaborati i dati relativi ai danni da ungulati alle coltivazioni agricole, con il duplice obiettivo, da una parte, di recepire gli indirizzi regionali sviluppando le linee di pianificazione rivolte alla specie cinghiale in rapporto ai danni e, d’altra parte, di delineare un quadro complessivo dei danni dovuti alle altre specie di ungulati cogliendo quindi gli andamenti e situazioni presenti sul territorio provinciale e fornendo pertanto una visione d’insieme. 8 Si è quindi proceduto ad assumere le nuove carte “Carte delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna” relativamente al territorio provinciale di Reggio Emilia e costituite da “Carta della vocazione potenziale”, “Carta di vocazione biotica”, “Carta di vocazione agro-forestale” (detta anche “Carta di rischio agro-forestale”) per le specie di ungulati Capriolo e Cinghiale. La “densità biotica” espressa nella “Carta di vocazione biotica” rappresenta la densità che ciascuna specie può raggiungere considerando esclusivamente i fattori limitanti naturali che ne condizionano la dinamica, ed è slegata da ogni valutazione di tipo socio-economica. La “Carta di vocazione agroforestale” definisce la “densità agro-forestale”, e questa, eccetto che per il cinghiale posto gestionalmente in rapporto ai danni nell’ambito Del. Ass. Leg 103/2013, rappresenta la “densità obiettivo” e cioè la densità di riferimento per la programmazione faunistica. Si è passati quindi (capitolo 4.) ad applicare le metodologie e gli indirizzi della Del. Ass. Leg. RER n.103/2013 al livello provinciale, effettuando così il recepimento delle disposizioni regionali. Si è proceduto quindi a recepire le “Carte di vocazione agro-forestale” regionali giungendo quindi all’aggiornamento delle densità obiettivo per le specie di ungulati: capriolo e cinghiale. La metodologia che porta alla definizione della pianificazione faunistico venatoria provinciale, effettuata con il presente documento, si differenzia in base alle specie di ungulati: Cinghiale, Capriolo, Cervo, Daino e Muflone, per le quali viene rispettivamente di seguito sinteticamente riferito. Infatti per il Cinghiale, pur illustrandosi a livello conoscitivo la metodologia di programmazione per le densità obiettivo in base alle varie elaborazioni cartografiche, si è proceduto per definizione dei contenuti pianificatori, coerentemente con gli indirizzi regionali, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole. A tale proposito, tenendo in considerazione le analisi condotte per i danni si è proceduto alla definizione della “soglia di danni” in riferimento a gruppi di distretti di gestione, effettuandone un aggregazione per “macrozone” da utilizzare per la gestione faunistico venatoria sia in corso di sua effettuazione sia a base della programmazione per le successive annate venatorie. Data la variabilità sia degli andamenti delle consistenze della specie Cinghiale sia degli effettivi prelievi, a loro volta soggetti alla mutevolezza di molteplici condizioni di tipo biologico e climatico, e degli andamenti dell’attività venatoria in combinazione con gli assetti locali e delle coltivazioni, si è ritenuto quindi di adottare un principio di maggiore adeguatezza e flessibilità, attenendosi quanto più possibili vicini alle reali condizioni osservate territorialmente. Per il Cinghiale si è ritenuto pertanto di fissare la “soglia dei danni”, da attuarsi su base annuale, nell’ambito della definizione della programmazione da parte della Provincia, comunque oggetto di valutazione al completamento di un biennio di attività di gestione faunistico venatoria e di rilevazione dei danni, in modo da valutarne appunto l’adeguatezza rispetto alle reali ed attuali condizioni presenti sul territorio e ad aggiornarla, o meno, al valore evidenziatosi nell’ultima annata di gestione faunistico-venatoria. Per il Capriolo, le analisi effettuate nell’ambito del quadro conoscitivo sono state elaborate in coerenza con gli indirizzi regionali espressi nel documento “Carta delle Vocazioni Faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, risultando quindi nell’individuazione di tre fasce territoriali per i fini gestionali, aventi andamento grosso modo est-ovest e successione plano-altimetrica dalla fascia di 9 bassa collina con densità programmata tra i 3 e i 10 capi capi/km2, alla fascia alto collinare cuscinetto con densità fissata tra gli 11 e 15 capi capi/km2, fino alla fascia montana con densità superiori a 15 capi/km2. Per il Cervo vengono individuati in ambito regionale i comprensori, geografici e amministrativi, di gestione corrispondente agli areali distributivi delle singole popolazioni, come previsto dall'art. 7 del R.R. n. 1/2008. La gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo nell'ambito di ciascun comprensorio si realizza, i sensi dell'art. 9 del Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna 27 maggio 2008 numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 751 del 26 maggio 2008 (più avanti indicato per brevità come R.R. n. 1/2008), con l'attuazione di un Piano poliennale di gestione che è elaborato dall’Areale Cervo Appennino Tosco-EmilianoRomagnolo (A.C.A.T.E.R.) ed è da questi approvato e che definisce: a) gli obiettivi della gestione finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvopastorali; b) gli interventi diretti e indiretti da realizzarsi sulla popolazione; c) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria nel comprensorio. Il Piano poliennale di gestione pur non essendo unito al presente documento, come previsto dall'art. 9, comma 1, del R.R. n. 1/2008, è da considerarsi come parte integrante del Piano faunistico venatorio di ciascuna delle Province coinvolte nella gestione. Il Comprensorio A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato approvato dalla Commissione di Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 20112015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, dove sono fissati gli obiettivi gestionali della specie cervo 2011-2015 (Allegati quali parti integranti del presente aggiornamento del Piano faunistico venatorio provinciale). Il Programma annuale operativo (in base all’art. 9 del R.R. n.1/2008) è elaborato da A.C.A.T.E.R. e viene recepito dalla Provincia e costituisce invece lo strumento di attuazione delle attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano poliennale di gestione. Tale Programma annuale operativo costituisce pertanto il riferimento programmatorio per l’espletamento della gestione faunistico venatoria della specie cervo sul territorio provinciale. Per il Daino e il Muflone, non sono state elaborate le nuove Carte regionali delle Vocazioni Faunistiche, e pertanto non si è reso necessario procedere a specifiche elaborazione relative al territorio provinciale. Per completezza si è comunque proceduto all’aggiornamento dei dati fornendo quindi un quadro conoscitivo completo in riferimento a tali ungulati. Non si sono rilevate sostanziali variazioni nel tempo e pertanto restano confermati gli obiettivi già delineati nel vigente Piano Faunistico Venatorio Provinciale, rimanendo pertanto valide le densità obiettivo e la pianificazione ivi definita. In aggiunta a quanto sopra detto, nell’ambito della redazione del presente documento si è proceduto a valutare gli aggiornamenti conoscitivi contestualmente ad una più generale analisi dell’attuazione del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale anche in funzione della possibilità di effettuare affinamenti di azioni o di linee gestionali in base alle esperienze nel frattempo condotte ed alle evoluzioni del contesto socie-economico e territoriale, ai fini di ampliare le sinergie fra i 10 Soggetti coinvolti, di incrementare efficienza e di fornire opportunità di ottimizzazione per la gestione faunistico venatoria. 11 2. Quadro conoscitivo degli Ungulati L’aggiornamento dei dati e informazioni sulle specie di Ungulati oggetto delle nuove carte di Vocazione della Del. Ass. Leg RER n. 103/2013 è stato condotto in riferimento in ambito provinciale per le cinque specie: Capriolo, Cervo, Daino, Cinghiale e Muflone ai fini di fornire un quadro d’insieme e per delineare valutazioni complessive ed integrate. Nel Paragrafo 2.1. sono pertanto contenuti dati generali sugli Ungulati espressi sinteticamente che permettere di comparare le diverse specie, principalmente in ordine alla consistenza sul territorio provinciale, alla dinamica di popolazione, alla gestione faunistico venatoria e alle interferenze con le attività antropiche. I paragrafi successivi (dal 2.2. al 2.6.) trattano in maniera dettagliata ciascuna delle cinque specie presenti sul territorio provinciale e costituiscono quindi un aggiornamento del quadro conoscitivo degli ungulati rispetto a quanto rappresentato nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP). 2.1. Ungulati: quadro sinottico 2.1.1. Distribuzione e consistenza La distribuzione degli Ungulati in ambito provinciale mostra una ampia sovrapposizione degli areali distributivi delle diverse specie presenti. Il Capriolo è la specie più diffusa e occupa con continuità tutta la parte collinare e montana del territorio provinciale e ampie porzioni della pianura. La popolazione di Daino è principalmente localizzata nell’areale collinare, identificabile nei comuni di Vezzano sul Crostolo, Albinea e Viano. Alcuni esemplari, in particolare negli ultimi anni, sono tuttavia osservabili anche in altre zone collinari e montane. La distribuzione del Cervo interessa la fascia alto collinare-montana, in particolare il settore centro-orientale della provincia. Il Muflone è presente nel comprensorio collinare con la colonia di Vezzano sul Crostolo e nel comprensorio montano in alcune aree a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Il Cinghiale è presente in tutta la porzione collinare e montana della provincia. Le attività di osservazione e censimento a fondamento delle stime sono svolte da personale dei soggetti gestori del territorio e verificate con le attività svolte dalla Polizia Provinciale col supporto di volontari debitamente formati. Il quadro di sintesi delle consistenze stimate sulle base dei censimenti e osservazioni periodiche, sia in ambito degli AA.TT.CC. sia della AA.FF.VV., degli Ungulati sul territorio provinciale nel periodo dal 2005 al 2013 è illustrato in Tabella 1 e in Figura 1. SPECIE 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Capriolo 19.628 20.661 19.671 19.470 24.103 18.477 12.685 14.791 19.302 Cervo 282 353 324 492 648 701 737 968 997 Daino 768 799 883 1.058 1.201 1.132 1.133 1.028 1.183 Muflone 131 170 220 217 203 187 147 96 126 Cinghiale 1.142 2.011 2.165 2.240 4.841 3.664 3.789 3.966 4.317 12 Tabella 1 - Consistenze degli Ungulati nel periodo 2005-2013 Figura 1 - Consistenze degli Ungulati nel periodo 2005-2013 2.1.2. Gestione faunistico venatoria Se l’inizio della gestione faunistico venatoria di Capriolo, Daino, Muflone risale agli anni ’90, decisamente più recente è l’avvio di quella del Cervo: quest’ultima è infatti iniziata solo nella stagione venatoria 2012/13per quanto riguarda in nostro territorio, con la gestione della popolazione che insiste in un ambito più ampio ricadente tra le province di Reggio Emilia, Parma, Modena e Lucca. Il Cinghiale viene gestito principalmente attraverso forme di caccia collettiva, mentre le altre specie esclusivamente attraverso il prelievo selettivo. Il quadro di sintesi della gestione venatoria degli Ungulati in provincia è illustrato in Tabella 2 e in Figura 2. SPECIE 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 Capriolo 5.064 6.323 5.807 6.781 8.812 3.233 2.138 2.962 Cervo - - - - - - - 145 Daino 155 212 202 295 396 441 419 322 Muflone 8 15 24 32 23 14 7 0 Cinghiale 1.129 1.636 1.694 2.672 1.883 2.039 2.110 2.477 Tabella 2 - Capi prelevati nelle stagioni dalla 2005/06 alla 2012/13 (dati ATC e AFV) 13 Figura 2 - Capi prelevati nelle stagioni dalla 2005/06 alla 2012/13 (dati ATC e AFV) 2.1.3. Danni e prevenzione La presenza di Ungulati selvatici se da una parte rappresenta una positiva presenza nell’ottica eco sistemica e della biodiversità, dall’altra comporta una interazione spesso non trascurabile con le attività umane, in particolare con il settore agricolo. Nell’ultimo quinquennio i danni da Ungulati complessivamente accertati nel territorio provinciale si sono progressivamente ridotti, passando dai 315.058 euro dell’anno 2009 ai 47.574 euro dell’anno 2013. Alcuni degli elementi che possono aver contribuito a tale riduzione dell’impatto degli Ungulati sono: • attività di prevenzione danni con interventi più numerosi e diffusi sul territorio; • trasferimento di alcune zone di ripopolamento e cattura ubicate in ambito collinare e contestuale apertura di zone di protezione sul territorio in areale planiziale, finalizzato all’ottimizzazione della gestione degli ungulati; si precisa inoltre che i maggiori danneggiamenti in territorio collinare dovuti al cinghiale risultavano concentrati proprio nelle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) oggetto di intervento ed in un Centro Privato di Riproduzione della Fauna Selvatica (CPRFS) cui non è stata rinnovata l’autorizzazione a fine 2012 e pertanto in tali territori, a seguito dell’avvio della gestione venatoria nella stagione 2012-2013, si è osservata una radicale riduzione dei danni; • avvio della gestione venatoria del Cervo, con piani di prelievo che hanno interessato in particolare le aree sul territorio provinciale con maggiori danneggiamenti e che hanno comportato una rapida riduzione delle concentrazioni della specie che si è spostata dagli areali più favorevoli, e cioè a maggior presenza di coltivazioni agricole, verso zone meno antropizzate con conseguente drastica riduzione dei danneggiamenti in ambito locale; tale incidenza positiva ha significativamente contribuito alla riduzione dei danni da ungulati nel loro complesso; 14 • riduzione delle densità locali di cinghiale e capriolo in aree sensibili al danneggiamento attraverso l’attivazione del prelievo selettivo prioritariamente rivolto a tali aree; • ricorso al controllo faunistico della specie cinghiale nelle aree a maggior rischio di danneggiamento. In aggiunta occorre evidenziare che l’andamento climatico e le coperture nevose osservate nell’inverno e primavera 2012-2013 hanno contribuito al verificarsi di minori danneggiamenti delle coltivazioni agricole. Inoltre, le ampie condizioni di copertura nevosa protrattesi durante l’inverno 2012-2013 hanno comportato il prolungamento da parte della Regione Emilia-Romagna del periodo previsto per il prelievo selettivo degli ungulati, con conseguente recepimento pertanto anche nel calendario venatorio provinciale, consentendo così un maggiore avvicinamento delle consistenze degli ungulati alle densità obiettivo. Il riepilogo dei danni da Ungulati accertati in ambito provinciale è sintetizzato in Tabella 3, Figura 3 e Tabella 4. 2009 2010 2011 2012 2013 Provincia 125.063 104.648 94.575 100.744 8.301 ATC RE3 47.115 27.235 18.890 29.237 19.490 ATC RE4 142.880 83.025 60.760 52.577 19.783 Totale 315.058 214.908 174.225 182.558 47.574 Tabella 3 - Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 accertati da Provincia e ATC (Somme in €) Si evidenzia inoltre che la riduzione di danni osservata nel 2013, rispetto alle precedenti annualità, pur esseno un ottimo risultato da mantenere e perseguire sul territorio provinciale, dipende dall’attività gestione faunistico-venatoria svolta ma anche dalla combinazione favorevole di azioni e condizioni verificatesi sul territorio, come sopra esposte. Figura 3 – Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 accertati da Provincia e ATC 15 2009 2010 2011 2012 2013 Capriolo 42.240 23.747 15.204 9.976 11.626 Cervo 66.510 68.706 73.369 63.600 4.768 Daino 5.930 2.030 1.260 1.820 2.070 Muflone 0 0 0 0 0 Cinghiale 200.380 120.425 84.392 107.162 29.110 Totale 315.058 214.908 174.225 182.558 47.574 Tabella 4 – Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 ripartiti per specie responsabile (Somme in €) La prevenzione dei danni da Ungulati è stata principalmente rivolta a tutelare le coltivazioni (in particolare cereali, foraggere, vigneti e frutteti) da Cinghiale, Cervo e Capriolo. Mediamente sono stati investiti circa 50.000 € annui per l’acquisto di materiale, prevalentemente per la messa in opera di recinti elettrificati e recinzioni perimetrali per impedire agli Ungulati l’accesso alle coltivazioni (Tabella 5). In aggiunta agli interventi di prevenzione effettuati dagli ATC, sono stati effettuati interventi da parte degli agricoltori con il materiale fornito dalla Provincia, secondo il quadro della sottostante tabella. 2010 2011 2012 Numero Importo Numero Importo Numero Importo Provincia 11 17.644 6 4.856 6 4.747 ATC RE3 46 28.369 57 14.865 68 6.536 ATC RE4 53 15.078 125 21.741 246 36.513 Totale 110 61.121 188 41.462 320 47.796 Tabella 5 - Numero di interventi di prevenzione danni e costo degli interventi (Somme in €) Oltre ai danni alle attività agricole, la presenza degli Ungulati può essere causa di rischi per la circolazione stradale. Nella Tabella 6 sono riportati, ripartiti per specie coinvolta, gli incidenti stradali con Ungulati selvatici del periodo 2008-2012. Specie 2008 2009 2010 2011 2012 Capriolo 539 547 541 387 378 Cinghiale 21 11 12 10 14 Daino 15 19 12 14 9 Cervo 2 0 8 5 5 Totale 577 577 573 416 406 Tabella 6 - Numero di incidenti stradali con Ungulati selvatici 16 2.2. Capriolo (Capreolus capreolus) 2.2.1. Distribuzione e consistenza I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Capriolo in provincia derivano dalle operazioni annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia e dalle Aziende venatorie. Il Capriolo risulta pressoché diffuso su tutto il territorio provinciale posto a sud della Via Emilia, con le densità maggiori registrate nella porzione appenninica della provincia, in particolare nelle aree comprese tra i 150 e gli 800 m s.l.m. Le densità inferiori le ritroviamo in pianura e nelle aree di alta montagna a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano (Figura 4). L’occupazione da parte della specie del settore planiziale di circa 23.000 ettari compresi tra il tracciato stradale pedemontano e la Via Emilia, era già avvenuta nell’anno 2006 (Fontana & Lanzi, 2008) Il Capriolo è inoltre presente in diverse aree di pianura anche a nord della Via Emilia, dove tuttavia sono state effettuate solo parziali osservazioni. L’areale distributivo desunto dai conteggi primaverili dell’anno 2013 è di 112.638 ettari (Figura 4). Figura 4 - Distribuzione e densità primaverile del Capriolo nell’anno 2013 17 Nell’anno 2013 sono stati conteggiati in ambito provinciale 19.302 caprioli, 722 dei quali nelle aree di pianura poste a sud della Via Emilia. In ambito collinare e montano le densità rilevate risultano comprese tra 1 e 42,6 capi/100 ettari: su 184 aree oggetto di conteggio, 24 hanno registrato valori di densità compresi tra 1 e 10 capi/100 ettari, 69 hanno registrato valori di densità compresi tra 10 e 20 capi/100 ettari e 91 sono risultate essere al di sopra dei 20 capi/100 ettari. La densità media nelle aree di pianura è di 4,5 capi/100 ettari, con valori compresi tra 1 e 15,5 capi/100 ettari. Lo storico dei censimenti annuali e delle densità registrate in provincia è illustrato in Figura 5. Figura 5 - Consistenza e densità provinciali del Capriolo nel periodo 2000-2013 (dati ATC + AFV) 2.2.2. Gestione faunistico venatoria Per la gestione faunistico venatoria degli Ungulati, il territorio è suddiviso in distretti di gestione, come previsto dal Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna 27 maggio 2008 numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 751 del 26 maggio 2008 (più avanti indicato per brevità come R.R. n. 1/2008). I distretti di gestione rappresentano la base territoriale di intervento per l’organizzazione e localizzazione delle attività gestionali, compresi i prelievi. Per la gestione faunistico venatoria del Capriolo, il territorio provinciale è suddiviso in otto distretti di gestione (Tabella 7 e Figura 6). Per l’ottimizzazione dei censimenti e dei prelievi i distretti sono a loro volta suddivisi in aree di gestione in cui sono inclusi i diversi istituti faunistici. Ciascun distretto è pertanto costituito da un mosaico di aree quali: “aree di censimento e prelievo” degli ATC (con estensione di circa 400-500 ettari), Aziende venatorie (AFV e ATV), Zone per l’addestramento cani (ZAC e CAC) e aree protette (Parchi, Oasi, ZRC, in cui non è consentito il prelievo). Dalla programmazione provinciale in distretti risulta escluso il Parco nazionale dell’Appennino tosco18 emiliano. Riprendendo la suddivisione del territorio nei Comprensori faunistici definiti nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale , l’articolazione territoriale degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e dei distretti viene fornita nella sottostante Tabella 7, mentre la perimetrazione dei distretti è riportata in Figura 6. Comprensorio faunistico Ambito Territoriale di Caccia Distretto Superficie (ettari) Comprensorio Pianura ATC RE1, ATC RE2 Nessun distretto di gestione - 1C 19.134 2C 18.847 3C 17.068 4C 12.946 5C 10.507 1M 14.368 2M 13.402 3M 15.274 Comprensorio Collina Comprensorio Montagna ATC RE3 ATC RE4 Totale 121.548 Tabella 7 – Ripartizione del territorio provinciale in distretti di gestione Figura 6 – Perimetrazione dei distretti di gestione La gestione faunistico venatoria del Capriolo ha preso avvio nel 1997, con un piano di prelievo di 37 capi a fronte di una stima numerica provinciale di circa 9.000 esemplari. Nel corso degli anni 19 successivi, a fronte di una attività di monitoraggio della specie che ha evidenziato una distribuzione progressivamente più estesa e valori di densità sempre maggiori, si è reso necessario applicare tassi di prelievo corrispondentemente crescenti sino ad arrivare all’anno 2009 con un piano di prelievo di 10.783 capi, finalizzato a contenerne la crescita, corrispondente al 44,7% degli animali conteggiati sul territorio provinciale. In Tabella 8 e Figura 7 sono riportati i dati sul numero di capi censisti e prelevati nel corso degli anni a partire dal 2000/01 fino al 2013/14. La percentuale di realizzazione di piani di prelievo si è mantenuta piuttosto alta tra le stagioni 2002/03 e 2009/10 (con valori compresi tra 81,7% e 93,9%), per poi ridursi a seguito della contrazione numerica della specie osservata negli anni 2010 e 2011. Stagione Capi censiti Densità Capi/100 ha Capi assegnati Percentuale di assegnazione Capi prelevati Percentuale di realizzazione sui capi assegnati Percentuale di prelievo sui capi censiti 2000/01 8.195 12,7 793 9,7 567 71,5 6,9 2001/02 9.454 16,6 1.776 18,8 1.308 73,6 13,8 2002/03 13.119 17,4 2.595 19,8 2.306 88,9 17,6 2003/04 15.180 15,9 3.323 21,9 2.968 89,3 19,6 2004/05 17.903 20,4 4.230 23,6 3.708 87,7 20,7 2005/06 19.628 22,3 5.669 28,9 5.064 89,3 25,8 2006/07 20.661 23,5 6.990 33,8 6.323 90,5 30,6 2007/08 19.671 22,4 6.582 33,5 5.807 88,2 29,5 2008/09 19.470 22,2 7.218 37,1 6.781 93,9 34,8 2009/10 24.103 25,0 10.783 44,7 8.812 81,7 36,6 2010/11 18.477 19,3 6.809 36,9 3.233 47,5 17,5 2011/12* 12.324 12,9 2.821 22,9 2.138 75,8 17,3 2012/13* 14.300 15,0 3.953 27,6 2.962 74,9 20,7 2013/14* 18.580 19,2 6.324 34,0 - - - Tabella 8 - Storico provinciale della gestione faunistico venatoria del Capriolo (dati ATC + AFV) * = non sono stati conteggiati i Caprioli censiti in pianura 20 Figura 7 - Storico provinciale della gestione faunistico venatoria del Capriolo (dati ATC + AFV) L’andamento dei censimenti negli istituti faunistici (ATC e AFV) evidenzia come il picco dei conteggi dell’anno 2009 riportato in Figura 8 sia stato particolarmente marcato nell’ATC RE3: su 81 aree censite, 44 avevano evidenziato densità superiori ai 20 capi/100 ettari e 22 superiori ai 30 capi/100 ettari. A fronte di una progressiva crescita con valori di densità sempre maggiori, con conseguenti problematiche legate all’interferenza con le attività agricole e la circolazione stradale, nell’anno 2009 è stato predisposto un piano provinciale di prelievo che ha tenuto in considerazione l’intera popolazione conteggiata nei distretti (sia nelle aree cacciabili come ATC e AFV, che in altri istituti faunistici in cui non era consentito il prelievo degli Ungulati quali ZRC, ZAC e CAC, Centri privati per la riproduzione della fauna selvatica). La realizzazione di tale piano nella stagione 2009/10 esclusivamente negli istituti faunistici cacciabili, ha probabilmente comportato eccessive concentrazioni di prelievi nelle singole aree, con conseguente contrazione della popolazione provinciale (Figura 9). Il picco dei conteggi dell’anno 2009 appare meno marcato nell’ATC RE4, dove infatti, a differenza dell’ATC RE3, la superfice delle aree non cacciabili era decisamente inferiore. Il fenomeno è stato inoltre poco evidente nelle Aziende venatorie (AFV). Inoltre, nell’annata 2010, dopo il picco dell’anno precedente (2009) si osserva una netta diminuzione delle consistenze, che si riportano a valori inferiori a quelli osservati nel 2008, e comunque inferiori ai valori osservati dal 2005 al 2008, al contento l’annata venatoria mostra una minore efficienza dei prelievi essendo maggiore la divergenza fra capi assegnati e capi prelevati. Questo andamento è testimoniato dalla linea rossa nel diagramma di Figura 7. 21 Figura 8 – Andamento della consistenza negli istituti provinciali (ATC e AFV) Figura 9 - Andamento dei prelievi del Capriolo negli istituti provinciali (ATC e AFV) Dall’anno 2010 la gestione del Capriolo avviene nel rispetto di uno specifico protocollo tecnico sottoscritto tra la Provincia di Reggio Emilia e l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che definisce le modalità sia di acquisizione dei dati di consistenza che di stesura dei piani di prelievo selettivo della specie. Il protocollo prevede l’applicazione di tassi di prelievo differenziati a seconda delle densità riscontrate all’interno di ciascuna delle aree di gestione che compongono i distretti. In particolare, laddove le densità rilevate siano inferiori alla densità obiettivo, vengono programmati i prelievi secondo lo schema esposto in Tabella 9. In caso contrario si prosegue il prelievo come programmato senza incrementi differenziali. 22 Densità rilevata (capi/100 ha) Tasso massimo di prelievo 5 3% 6-7 8% 8-10 12% 11-15 18% 16-20 22% 21-25 25% Tabella 9 – Tasso di prelievo in funzione della densità Le linee guida per la gestione degli Ungulati (Raganella Pelliccioni et al., 2013) sottolineano tuttavia come i tassi di prelievo in funzione della densità non debbano essere applicati attraverso automatismi acritici, ma piuttosto devono essere adottati alla luce di una attenta analisi critica dei parametri relativi a ciascuna popolazione, in particolare dell’andamento demografico. Pertanto il protocollo definito e applicato dalla Provincia di Reggio Emilia, si pone in linea con le indicazioni della più recente letteratura di settore. Sulla scorta dei dati storici provinciali del periodo 2000-2013 viene condotta una prima analisi finalizzata a individuare il tasso di prelievo, da applicarsi nei piani di prelievo selettivo oggetto di prossima programmazione, necessario a stabilizzare la popolazione: l’azzeramento del tasso di crescita si ottiene con un prelievo complessivo pari al 32% della popolazione conteggiata (Figura 10). In altri termini, piani di prelievo inferiori al 32% dei caprioli censiti hanno come conseguenza un aumento della popolazione l’anno successivo, mentre piani di prelievo superiori al 32% hanno come conseguenza un calo della popolazione l’anno seguente. Figura 10 - Analisi di regressione sui dati provinciali 2000-2013 Per meglio comprendere le differenze in ambito provinciale e allo scopo di poter meglio orientare le scelte future, sono stati analizzati nel dettaglio i dati dell’ultimo decennio relativi alla gestione 23 del Capriolo. Per ciascun distretto, sulla base dei dati di demografia e di prelievo del periodo 20042013, è stata condotta un’analisi di regressione analoga a quella condotta a livello provinciale. Sono stati esclusi i distretti 4C e 5C di pianura per i quali sono disponibili dati di censimento solo per gli ultimi tre anni. I tassi di accrescimento della specie nei due distretti di bassa collina (1C e 2C) sono compresi tra il 30% e il 35%, nei due distretti alto collinari (3C e 1M) sono compresi tra il 20% e il 25%, mentre nei due distretti montani (2M e 3M) sono compresi tra il 17% e il 20%. La restituzione grafica dell’analisi dei dati demografici di ciascun distretto è fornita in Figura 11, Figura 12, Figura 13, Figura 14, Figura 15, Figura 16. Figura 11 - Distretto 1C: gestione faunistico venatoria e demografia Figura 12 - Distretto 2C: gestione faunistico venatoria e demografia 24 Figura 13 - Distretto 3C: gestione faunistico venatoria e demografia Figura 14 - Distretto 1M: gestione faunistico venatoria e demografia Figura 15 - Distretto 2M: gestione faunistico venatoria e demografia 25 Figura 16 - Distretto 3M: gestione faunistico venatoria e demografia Per i distretti 4C e 5C sono disponibili dati di censimento ottenuti con le metodiche previste dal Protocollo sottoscritto con l’ISPRA a partire dalla stagione 2011/12 (Tabella 10). 2011/12 2012/13 2013/14 Distretto Capi Densità Capi Densità Capi Densità 1C 2.941 15,8 3.583 19,3 4.359 23,5 2C 3.387 18,3 3.381 18,3 4.171 22,6 3C 1.869 11,0 2.522 14,8 3.345 19,5 4C 166 1,7 195 3,9 341 5,5 5C 195 2,4 296 3,8 381 3,9 1M 1.934 13,5 2.315 16,1 3.026 21,1 2M 1.018 8,5 1.227 9,6 1.876 14,3 3M 1.175 8,0 1.272 8,9 1.803 12,0 Totale 12.685 12,9* 14.791 15,0* 19.302 19,2* Tabella 10 – Capi censiti e densità negli otto distretti di gestione. * = nel calcolo della densità provinciale sono stati esclusi i capi conteggiati in pianura (distretti 4C e 5C) A seguire vengono riportati in forma tabulare i risultati della gestione faunistico venatoria del Capriolo della stagione 2012/13, ripartiti per distretto e per istituto faunistico. Istituto Superficie (ettari) Capi censiti ATC RE3 16.424 2.848 17,3 885 31,1 681 76,9 1C AFV Canossa 1331 418 31,4 168 40,2 148 88,1 64,5 2C Densità (capi/kmq) Capi assegnati Percentuale di assegnazione Capi prelevati Percentuale di realizzazione del prelievo Distretto AFV Pianzo 842 317 37,6 110 34,7 71 ATC RE3 12.904 2.293 17,8 729 31,8 580 79,6 AFV Visignolo 874 214 24,5 86 40,2 83 96,5 AFV Vendina Lupo 1.664 261 15,7 58 22,2 43 74,1 81,0 AFV Monte Evangelo 696 210 30,2 84 40 68 AFV Cà Del Vento 1.212 227 18,7 102 44,9 38 37,3 AFV San Giovanni Q. 1.113 176 15,8 40 22,7 18 45,0 3C ATC RE3 17.057 2.522 14,8 602 23,9 477 79,2 4C ATC RE3 4.949 195 3,9 0 0 0 0 26 5C ATC RE3 7.735 296 3,8 0 0 0 0 1M ATC RE4 14.368 2.315 16,1 668 28,9 492 73,7 2M ATC RE4 11.520 1.025 8,9 189 18,4 98 51,9 AFV Strambiana 1.288 202 15,7 45 22,3 44 97,8 AFV Ventasso 2.876 448 15,6 86 19,2 63 73,3 3M Totale ATC RE4 11.461 824 7,2 101 12,3 58 57,4 108.314 14.791 15,0 3.953 27,6 2.962 74,9 Tabella 11 – Sintesi della stagione faunistico venatoria 2012/13 Sul territorio regionale il prelievo del Capriolo è consentito annualmente in due periodi estivi per ciò che riguarda le classi maschili (dal 15 giugno al 15 luglio e dal 15 agosto al 30 settembre), e in un periodo invernale per le classi femminili e i piccoli (dal 1 gennaio al 15 marzo). Dalla stagione venatoria 2012/2013 il prelievo invernale delle femmine e dei piccoli risente dei periodi di sospensione imposti dal divieto di caccia su terreni innevati sancito dalla Legge 157/92. Nelle tre stagioni precedenti il calendario venatorio regionale, approvato con Legge regionale n. 1/2009, consentiva il prelievo selettivo anche nei terreni innevati. In merito ai piani di prelievo invernali emergono due principali problematiche: la prima, peraltro evidenziata anche nelle linee guida per la gestione degli Ungulati (Raganella Pelliccioni et al., 2013), riguarda la necessità di modificare il quadro normativo nazionale introducendo la possibilità di esercitare il prelievo selettivo degli Ungulati sul terreno innevato per poter effettivamente realizzare l'obiettivo programmato di mantenere la densità prevista, la seconda riguarda la programmazione temporale del prelievo. Il periodo invernale (1 gennaio – 15 marzo) coincide infatti con il periodo di prelievo selettivo delle classi femminili e dei piccoli di Capriolo, Daino e Cervo. Considerato che la periodo invernale dei piani di prelievo rappresenta il 64% del totale dei piani selettivi annuali degli Ungulati, ai fini di incrementare il prelievo effettivo potrebbe essere una utile valutazione quella di anticipare l’avvio del prelievo invernale al mese di dicembre. La caccia di selezione nel mese di dicembre risulta infatti compatibile con le altre forme di caccia (in forma vagante alla selvaggina stanziale e in forma collettiva al Cinghiale): la caccia vagante termina nella maggior parte del territorio provinciale la prima domenica di dicembre, mentre la caccia al cinghiale in braccata, esercitata prevalentemente in 2-3 giornate fisse settimanali, consentirebbe comunque ai selecontrollori di effettuare il prelievo selettivo, di norma previsto in cinque giornate settimanali, potendo quindi questi fruire anche delle forme di caccia sopracitate. In ambito provinciale allo scopo del mantenimento delle densità programmate di caprioli e per il contenimento dei danni alle colture e la prevenzione degli incidenti stradali è inoltre necessario attivare il prelievo selettivo nelle aree non vocate previste dal calendario venatorio regionale. 2.2.3. Danni Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 233 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni, per un danno complessivo pari a € 102.793; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 443. Le coltivazioni più vulnerabili si sono rivelate essere i vigneti, con € 59.086 di risarcimenti versati (Tabella 12 e Figura 17). Sui vigneti si sono registrati danni da Capriolo sia nel periodo primaverile, 27 per asportazione dei germogli, che nelle fasi di maturazione dell’uva per il consumo dei grappoli. Dal danneggiamento a opera dei caprioli sono interessati anche i nuovi impianti di vigneti a causa della distruzione delle barbatelle. In merito ai cereali i danni sono principalmente dovuti al calpestio. Il 60% dei danni è stato risarcito dalla Provincia e si riferisce ad aree in cui non è consentito il prelievo della specie, mentre il restante 40% è stato risarcito dall’ATC RE3 nell’ambito del relativo territorio cacciabile (Tabella 13). Osservando l’andamento nel corso degli anni dei risarcimenti da parte della Provincia (Figura 18) si può notare come esso rifletta approssimativamente l’evoluzione della consistenza della popolazione nello stesso periodo (Figura 7). Coltura Importo (€) Importo % Vigneti 59.086 58% Cereali 21.880 21% Foraggere 10.437 10% Frutteti 8.235 8% Impianti arborei 3.035 3% Totale 102.673 100% Tabella 12 – Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013 Figura 17 – Ripartizione del danno tra le colture danneggiate nel periodo 2009-2013 2009 2010 2011 2012 2013 Provincia 26.350 17.352 6.814 4.498 7.076 ATC RE3 15.890 6.395 8.270 5.478 4.550 ATC RE4 0 0 120 0 0 Totale 42.240 23.747 15.204 9.976 11.626 Tabella 13 – Ripartizione dei danni tra Provincia e ATC 28 Figura 18 – Andamento dei risarcimenti a carico della Provincia nel periodo 2001-2013 In merito alla distribuzione spaziale dei danni da Capriolo dell’ultimo quinquennio, va precisato che sono disponibili dati puntiformi georeferenziati solo per i danni accertati dalla Provincia (inseriti nella banca dati georeferenziata della Regione Emilia-Romagna). I danni risarciti da ATC RE3 e ATC RE4 sono stati archiviati e trasmessi alla Provincia fornendo come informazione territoriale dell’ubicazione dell’evento il solo codice numerico dell’area di gestione interessata e non le coordinate geografiche. Per ottenere una carta relativa alla distribuzione e all’incidenza complessiva dei danni è stato pertanto necessario uniformare le basi dati (Provincia e ATC) associando i danni puntiformi georeferenziati alle aree di gestione. La carta così ottenuta permette di individuare le aree in cui è più intensa l’attività di danneggiamento alle produzioni (Figura 19). In cartografia sono inoltre riportati i danni inseriti dalla Provincia di Reggio-Emilia nella della banca dati georeferenziata regionale. 29 Figura 19 - Danni medi annui nelle aree di gestione e ubicazione dei danni georeferenziati della Provincia I distretti dove è stata più intensa l’attività di danneggiamento del Capriolo sono i due distretti di bassa collina (1C e 2C) e il distretto di pianura 5C (Tabella 14). Danni non trascurabili sono stati accertati anche in altre aree di pianura di competenza dell’ATC RE2 (Comprensorio faunistico C1, al di fuori dei distretti di gestione), dove vigneti e frutteti sono particolarmente diffusi. Distretto Danni totali (€) 1C 22.801 2C 40.487 3C 7.400 4C 2.978 5C 13.740 1M 1.069 2M 0 3M 0 Aree di pianura al di fuori dei distretti di gestione (ATCRE2) 14.198 Totale 102.793 Tabella 14 – Distribuzione dei danni 30 Oltre ai danni alle attività agricole, la presenza degli Ungulati e in particolare quella del Capriolo, pone diversi problemi relativi alla circolazione stradale. Dalla banca dati degli incidenti stradali con fauna selvatica della Provincia di Reggio Emilia, nel periodo 2005-2012 risultano segnalati 3.515 casi di investimento di caprioli, con in media 439 sinistri all’anno. L’evoluzione degli incidenti nel periodo considerato ricalca con buona approssimazione la variazione di densità della specie rilevata nel corso degli anni (Figura 20). È stata successivamente creata una mappa delle aree critiche per la presenza del Capriolo sulla base della distribuzione degli incidenti nei comuni della provincia (Figura 21). Tali aree critiche sono individuabili principalmente lungo il tracciato stradale pedemontano, che segna il confine tra la collina e la pianura. In queste zone il territorio provinciale è caratterizzato da un’urbanizzazione diffusa, da un reticolo stradale fitto con intenso traffico veicolare. Le implicazioni gestionali derivanti dalla presenza del Capriolo in pianura sono state oggetto di uno specifico studio (Fontana & Lanzi, 2008), in collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia. Dalla ricerca è emerso che nelle aree di pianura il rischio di collisione tra caprioli e automezzi rappresenta l’elemento di criticità più rilevante. Anni 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Caprioli 299 362 462 539 547 541 387 378 Tabella 15 – Incidenti stradali con caprioli nel periodo 2005-2012 Figura 20 – Andamento degli incidenti con caprioli 31 Figura 21 – Aree critiche per gli incidenti stradali con caprioli 32 2.3. Cervo (Cervus elaphus) 2.3.1. La nuova gestione con il Piano poliennale di gestione del Cervo 2011-2015 La Regione Emilia-Romagna, con Deliberazione assembleare n. 103 del 16 gennaio 2013, ha stabilito che le Province debbano provvedere a inserire nei rispettivi Piani faunistico-venatori la “Definizione delle densità obiettivo delle specie di ungulati”, ivi compresa la densità prevista in caso di compresenza di più specie in un medesimo territorio e la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il prelievo della specie cinghiale, al fine di garantire la coerenza dei Piani medesimi con la “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna” aggiornata dal medesimo atto. Gli aggiornamenti della Carta regionale delle vocazioni riguardano le carte di Vocazione potenziale, biotica e agroforestale per Cinghiale, Cervo e Capriolo, con la definizione di densità obiettivo compatibili nei territori con presenza contemporanea di più specie. Se per quanto concerne il Capriolo e il Cinghiale la gestione faunistico-venatoria viene attuata da ogni Provincia secondo le linee e con gli obiettivi fissati dai propri piani faunistico venatori, diverso è quanto previsto dal quadro normativo regionale in merito alla gestione del Cervo. Quest’ultima specie, caratterizzata da ampi spazi vitali e notevoli capacità di spostamento, necessità di un approccio gestionale che vada oltre i confini amministrativi: i cervi presenti negli Ambiti territoriali di caccia e nelle Aziende venatorie non possono essere considerati come un’entità separata da quelli del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e delle province limitrofe. Per ciascuna popolazione di Cervo presente sul territorio regionale viene pertanto individuato un comprensorio, geografico e amministrativo, di gestione corrispondente all'areale distributivo complessivo della popolazione, come previsto dall'art. 7 del R.R. n. 1/2008. La gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo nell'ambito di ciascun comprensorio si realizza, i sensi dell'art. 9 del R.R. n. 1/2008, con l'attuazione di un Piano poliennale di gestione che definisce: • gli obiettivi della gestione finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali; • gli interventi diretti e indiretti da realizzarsi sulla popolazione; • l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria nel comprensorio. Il Piano poliennale di gestione è da considerarsi quale parte del Piano faunistico venatorio di ciascuna delle Province coinvolte nella gestione e deve essere approvato dalla Commissione di Coordinamento che è l'organo di gestione del comprensorio come previsto dall'art. 9, comma 1, del R.R. n. 1/2008. Il Comprensorio di riferimento per la Provincia di Reggio Emilia è l’A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale che interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato approvato dalla Commissione di 33 Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 2011-2015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale. Il Programma annuale operativo, come previsto dall'art. 9, comma 3, del R.R. n. 1/2008, costituisce invece lo strumento di attuazione delle attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi annuali previsti dal Piano poliennale di gestione. Tale Programma annuale operativo deve essere recepito dalla Provincia nell’ambito della programmazione delle attività venatorie, come previsto dall'art. 9, comma 4, del R.R. n. 1/2008. Nel programma annuale operativo sono contenuti: • l'individuazione cartografica e l'aggiornamento degli areali riproduttivo e annuale della popolazione; • l'individuazione dei distretti di gestione; • le attività necessarie alla valutazione della consistenza e della struttura della popolazione; • il programma per la valutazione delle caratteristiche biometriche della popolazione; • le metodologie di raccolta dei dati inerenti l'impatto della specie sulle attività antropiche; • l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria dei distretti di gestione; • la definizione degli interventi di miglioramento ambientale e di prevenzione dei danni alle produzioni agricole; • il piano di prelievo venatorio; • gli interventi di cattura per finalità di ricerca; • la definizione dei soggetti responsabili delle attività di cui sopra, nonché le modalità e i tempi per la realizzazione delle stesse. Il "Programma annuale operativo 2013-2014" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale è stato approvato dalla Commissione di Coordinamento in data 19/09/2013 e dalla Provincia di Reggio Emilia con Deliberazione di Giunta Provinciale n. 239 del 27/09/2013. Poiché il "Piano poliennale di gestione del cervo 2011-2015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale è da considerarsi quale parte integrante del Piano faunistico venatorio provinciale, appare evidente come il recepimento degli aggiornamenti dalla Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna dovrà essere effettuato in sede di prossima rielaborazione e revisione del Piano Poliennale del Cervo da parte di del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale. Tale principio di assunzione delle nuove carte regionale di vocazione faunistica, relativamente al cervo, all’interno dei Piani poliennali trova in effetti riscontro anche nel protocollo d’intesa tra Regione Emilia-Romagna e ISPRA per la “gestione degli ungulati rivolta alla riduzione dell’impatto sulle attività antropiche" approvato con D.G.R. n. 445/2011. Il quadro conoscitivo del Cervo è riportato, nei paragrafi seguenti, come estratto dai contenuti del "Programma annuale operativo 2013-2014" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale. 2.3.2. Distribuzione e consistenza L’areale di distribuzione complessivo del Cervo nell'A.C.A.T.E.R. Occidentale è stato ottenuto attraverso l’utilizzo delle seguenti informazioni: • censimenti al primo verde del mese di aprile dell’anno 2013; 34 • conteggi dei maschi al bramito del settembre dell’anno 2012; • schede di avvistamento della stagione 2012/13 per definire la struttura della popolazione; • dati trasmessi dai cervi dotati di collari GPS nell’anno 2012 (le province di Reggio Emilia e Modena hanno patrocinato uno specifico progetto di ricerca sulla specie tutt’ora in corso); • aree in cui si sono verificati danni alle attività agricole nell’anno 2012. L’areale di distribuzione complessivo della specie 2012/13 è di 49.678 ettari, aumentato di circa 1.100 ettari rispetto a quanto rilevato nella precedente stagione (+2,2%). L’areale riproduttivo è invece di 36.934 ettari, aumentato di 900 ettari rispetto alla stagione precedente (+2,5%). Le informazioni sulla distribuzione complessiva e sull’areale riproduttivo sono illustrate in Figura 22, Figura 23 e Tabella 16. Figura 22 – Areale distributivo complessivo del Cervo 35 Figura 23 – Areale riproduttivo del Cervo Distretto Superficie distretto (ha) Areale complessivo (ha) Areale riproduttivo (ha) DGRE01 23.106 6.035 4.402 DGRE02 32.948 31.511 27.692 DGRE03 17.067 10.505 4.840 DGRE04 37.984 1.627 0 TOTALE 111.105 49.678 36.934 Tabella 16 – Areale complessivo e riproduttivo del Cervo nei distretti di gestione provinciali La specie si è progressivamente affermata nel corso degli anni sul territorio provinciale con un tasso di accrescimento medio annuo del 25% (Figura 24). Nell’anno 2013 sono stati complessivamente conteggiati 997 cervi in 58 aree di gestione e all’interno del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. La popolazione complessiva dello stesso anno dell’intero comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale è di 3.385 capi (Tabella 17). 36 Figura 24 – Consistenza provinciale del Cervo nel periodo 2000-2013 e tendenza della popolazione Provincia N° Cervi Modena 1.253 Reggio Emilia 997 Parma 523 Lucca 612 Totale ACATER Occidentale 3.385 Tabella 17 – Consistenza della popolazione di Cervo del comprensorio ACATER Occidentale nell’anno 2013 La metodologia impiegata per la definizione della consistenza e della struttura della popolazione si basa sul il conteggio primaverile da punti fissi. È stato inoltre effettuato un conteggio dei maschi in bramito nel mese di settembre per ottenere un dato di confronto con il conteggio primaverile e al fine di aggiornare l’areale riproduttivo. I risultati dei censimenti primaverili dell’anno 2013 e le densità riscontrate, articolati sulla base della suddivisione territoriale provinciale in quattro distretti di gestione del Cervo, sono presentati in Tabella 18. La densità più elevata è stata riscontrata, come del resto anche negli anni precedenti, nel distretto “DGRE02”; in tale distretto la densità primaverile, ossia la densità calcolata nelle aree di gestione in cui sono stati osservati cervi durante i censimenti del mese di aprile, ha quasi raggiunto i 4 capi/100 ettari. Le densità primaverili rilevate nelle singole aree di gestione sono illustrate in Tabella 18 e Figura 25. 37 Distretto N° cervi Superficie distretto (ha) Superficie presenza primaverile (ha) Densità sul distretto (capi/100 ha) Densità primaverile (capi/100 ha) DGRE01 47 23.106 5.027 0,2 0,9 DGRE02 745 32.948 19.188 2,3 3,9 DGRE03 195 17.067 5.903 1,1 3,3 DGRE04 10 37.984 1.627 0,0 0,6 TOTALE 997 111.105 31.745 0,9 3,1 Tabella 18 – Cervi conteggiati e densità nei distretti provinciali Figura 25 – Distribuzione e densità del cervo nelle aree di gestione nell’anno 2013 2.3.3. Gestione faunistico venatoria La gestione faunistico venatoria della specie nel comprensorio ACATER occidentale ha preso avvio nella stagione 2012/13. In ambito provinciale il piano di prelievo è consistito in 193 capi assegnati, pari al 19,9% della popolazione conteggiata. Il primo anno di gestione venatoria della specie si è concluso con un prelievo di 145 capi su 193 assegnati, con una percentuale di prelievo del 75%. Il resoconto è riportato in Tabella 19. 38 Dati territoriali Piano di prelievo assegnato Piano di prelievo realizzato ISTITUTO DISTRETTO M1 M2 M3 F1-2 CL0 TOT. M1 M2 M3 F1-2 CL0 TOT %PDP ATC RE4 DGRE01 1 2 2 3 2 10 0 0 2 0 0 2 20% AFV Ventasso DGRE01 0 0 1 1 0 2 0 0 0 1 0 1 50% ATC RE4 DGRE02 12 17 17 71 30 147 6 4 13 57 29 109 74% AFV Strambiana DGRE02 1 1 1 3 2 8 1 1 1 3 2 8 100% ATC RE3 DGRE03 2 3 3 13 5 26 1 3 3 12 6 25 96% 16 23 24 91 39 193 8 8 19 73 37 145 75% TOTALE Tabella 19 – Piano di prelievo assegnato e realizzato nella stagione 2012/13 La distribuzione del prelievo nelle diverse classi è rappresentata in Figura 26. L’assegnazione dei piccoli ha previsto l’accorpamento tra maschie e femmine (M0 e F0), mentre quella delle femmine ha previsto l’accorpamento tra sottili e adulte (F1 e F2). La classe più “problematica” è risultata essere quella dei maschi sub-adulti (M2) che, complice la non sempre facile riconoscibilità, sono stati i meno prelevati (piano realizzato al 35%). La classe in cui la percentuale di prelievo è stata invece più alta è quella dei piccoli (CL0), con una percentuale di realizzazione pari al 95%. Figura 26 - Distribuzione del prelievo nelle classi di sesso ed età La distribuzione geografica del prelievo è rappresentata in Figura 27. Il prelievo ha interessato 32 aree di gestione, in un terzo delle quali è stato prelevato un solo capo per area. La densità media di prelievo è stata di 0,8 capi/100 ha. Nel distretto “DGRE03” più della metà del piano di prelievo è stato realizzato nell’area di gestione n° 33 (13 capi prelevati, con una densità di prelievo pari a 2,7 capi/100 ha). Nello stesso distretto una densità di prelievo di circa 1 capo/100 ha è stata ottenuta nelle aree n° 88 e 99. Nel distretto “DGRE02” la densità di prelievo più elevata ha riguardato l’area n° 33 (19 capi prelevati, pari a 5,1 capi/100 ha). 39 Figura 27 – Distribuzione del prelievo nelle aree di gestione dei distretti Nonostante l'incidenza della permanenza della copertura nevosa durante l’inverno, il prelievo nei distretti “DGRE02” e “DGRE03” è stato realizzato prevalentemente nelle aree in cui si sono rilevati i maggiori danni alle coltivazioni (paragrafo 2.3.4.), come da indicazione contenuta nel Piano annuale di gestione 2012/13 A.C.A.T.E.R. Occidentale. La buona corrispondenza tra aree in cui è stato concentrato il prelievo e le località in cui si sono registrati danni alle coltivazioni è osservabile in Figura 28. 40 Figura 28 – Distribuzione del prelievo e ubicazione dei danni alle coltivazioni Il piano di prelievo complessivo del comprensorio ACATER per la stagione 2013/14 è di 855 capi, pari al 25% della popolazione conteggiata nell’anno 2013 (Tabella 20). Provincia N° Cervi censiti N° Cervi assegnati Modena 1.253 437 Reggio Emilia 997 342 Parma 523 36 Lucca 612 40 Totale ACATER Occidentale 3.385 855 Tabella 20 – Capi censiti e piano di prelievo del comprensorio ACATER Occidentale per la stagione 2013/14 2.3.4. Danni L’importo dei danni accertati alle produzioni agricole in provincia di Reggio Emilia mostra un andamento crescente nell’ultimo decennio, con una inversione di tendenza nell’anno 2012 (Figura 29). Nell’anno 2012 sono stati accertati 32 distinti episodi di danneggiamento alle produzioni agricole, per un danno complessivamente liquidato pari a € 63.500,00. Le colture più danneggiate dal cervo nell’anno 2012 sono state le foraggere, in particolare l’erba medica (Tabella 21). I danni ad altre colture, come già evidenziato nei precedenti anni, sono di scarso rilievo. 41 Figura 29 – Danni da Cervo accertati dalla Provincia nel periodo 2002-2013 Incidenza percentuale sul totale 47.150,00 Importo medio per evento (€) 2.619,44 12 15.840,00 1.320,00 24,9% Uva 1 280,00 280,00 0,4% Orzo 1 230,00 280,00 0,4% Coltura N° eventi Importo (€) Erba medica 18 Prati da foraggio 74,3% Tabella 21 - Ripartizione dei danni da cervo dell’anno 2012 per tipologia di coltura Si evidenzia che dalla conclusione della stagione venatoria 2012-2013, i danni da Cervo sono passati in carico per l’accertamento ed indennizzo agli AATTCC, per il territorio di competenze. Per completezza d’informazione, comunque, si riferisce, come già detto nel precedente capitolo 2.1.3 illustrante il quadro sinottico dei danni complessivi delle varie specie di Ungulati, che anche per il cervo si è osservata una diminuzione dei danni relativamente all’anno 2013. Tale situazione è conseguente al precedente avvio della gestione venatoria della specie, con piani di prelievo che hanno interessato in particolare le aree sul territorio provinciale con maggiori danneggiamenti e che hanno comportato una rapida riduzione delle concentrazioni della specie che si è spostata dagli areali più favorevoli, e cioè a maggior presenza di coltivazioni agricole, verso zone meno antropizzate con conseguente drastica riduzione dei danneggiamenti in ambito locale. Come prima detto (vedi capitolo 2.1.3) la riduzione dei danni per il 2013, in aggiunta, è anche imputabile al prolungamento da parte della Regione Emilia-Romagna del periodo previsto per il prelievo selettivo degli ungulati, e quindi anche per il Cervo. La suddivisione degli importi dei danni per distretto evidenzia come sia il distretto “DGRE02” quello dove è stata maggiore l’attività di danneggiamento della specie a carico delle coltivazioni (Tabella 22). In particolare, le aree dove è stato maggiore il danneggiamento (aree di gestione n° 64, 86, 80) corrispondono alle località di Cinquecerri, Caprile, Piolo e Primaore nei comuni di Ligonchio e Villa Minozzo. La distribuzione spaziale dei danni da Cervo accertati dalla Provincia nell’anno 2012 è riportata in Figura 30. 42 Distretto N° eventi Importo (€) DGRE01 0 0 DGRE02 27 55.120,00 DGRE03 5 8.380,00 DGRE04 0 0 TOTALE 32 63.500,00 Tabella 22 – Ripartizione dei danni tra i distretti di gestione Figura 30 - Localizzazione tramite GPS dei danni da Cervo accertati nell’anno 2012 Gli interventi finalizzati alla protezione delle colture dal Cervo nell’anno 2012 sono stati 300 (Tabella 23). Tali interventi sono stati realizzati in modo diffuso in tutti i distretti di gestione e hanno riguardato la difesa di seminativi, medicai e vigneti, questi ultimi in particolare nel distretto “DGRE03”. In taluni casi si è osservato che le recinzione elettrificate potevano non avere altezza sufficiente a garantire la completa protezione dal Cervo e pertanto l’efficacia è stata minore del previsto. 43 Istituto Distretto Tipologia intervento Numero prevenzioni ATC RE4 DGRE01 – DGRE02 Recinzione elettrificata 246 AFV Ventasso DGRE01 Recinzione elettrificata 30 ATC RE3 DGRE03 Recinzione elettrificata 16 AFV Strambiana DGRE02 Recinzione elettrificata Totale interventi di prevenzione 8 300 Tabella 23 – Interventi di prevenzione danni 44 2.4. Daino (Dama dama) 2.4.1. Distribuzione e consistenza L’origine della popolazione che attualmente occupa il territorio pedecollinare e collinare della provincia è stata storicamente ricondotta alla fuoriuscita accidentale di animali da recinti presenti in alcuni parchi privati a partire dai primi anno ‘80. Sebbene in questi ultimi dieci anni si sia assistito a un evidente incremento numerico della specie, l’attuale areale di presenza, seppure aumentato in termini di superficie, risulta sostanzialmente riconducibile alle aree di liberazione dei primi nuclei di animali, a conferma di un forte legame che la specie mostra nei confronti delle aree di origine. I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Daino in provincia derivano dalle operazioni annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia e dalle Aziende venatorie. La popolazione reggiana di Daino (1.183 capi censiti nel 2013) è principalmente localizzata nell’areale “storico” basso collinare, identificabile nei comuni di Vezzano sul Crostolo, Albinea e Viano. Qui in alcune aree, in particolare nelle Aziende venatorie Vendina-Lupo, Cà del Vento e San Giovanni di Querciola, le densità sono superiori ai 10 capi/100 ha (Figura 31). Alcuni soggetti, in particolare nell’ultimo anno, sono stati tuttavia osservati anche in zone montane. L’areale distributivo desunto dai conteggi primaverili dell’anno 2013 è di circa 20.000 ettari. 45 Figura 31 - Distribuzione e densità primaverile del Daino nell’anno 2013 2.4.2. Gestione faunistico venatoria La gestione venatoria del Daino ha preso avvio nel 1997 con un piano di prelievo di 12 esemplari. La consistenza dei piani di prelievo è andata progressivamente aumentando sino a raggiungere i 612 capi assegnati nella stagione 2013/14. In particolare non è aumentata solamente la consistenza in termini assoluti dei piani, ma ciò che è andata progressivamente aumentando nel corso degli anni è la percentuale di assegnazione sui censiti (Tabella 24 e Figura 32). Allo scopo di produrre un contenimento della specie, obiettivo del vigente Piano faunistico venatorio provinciale, si sono infatti applicati tassi di prelievo che hanno raggiunto il 50% della consistenza della popolazione. Il Daino è specie da molto tempo naturalizzata sul territorio nazionale e quindi considerata para-autoctona (AA.VV., 2007) che, come tale, presenta problematiche maggiormente legate al contenimento delle popolazioni piuttosto che alla loro conservazione, anche in relazione ai fenomeni di competizione che può generare nei confronti di Cervo e Capriolo. L’areale italiano del Daino è infatti da ritenersi completamente artificiale, frutto di ripetute introduzioni iniziate già epoca storica. 46 Stagione Capi censiti Capi assegnati Percentuale di assegnazione Capi prelevati Percentuale di realizzazione sui capi assegnati Percentuale di prelievo sui capi censiti 2000/01 538 96 17,8 75 78,1 13,9 2001/02 629 96 15,3 58 60,4 9,2 2002/03 682 155 22,7 111 71,6 16,3 2003/04 647 164 25,3 104 63,4 16,1 2004/05 731 215 29,4 123 57,2 16,8 2005/06 768 229 29,8 155 67,7 20,2 2006/07 799 250 31,3 212 84,8 26,5 2007/08 883 301 34,1 202 67,1 22,9 2008/09 1.058 384 36,3 295 76,8 27,9 2009/10 1.201 532 44,3 396 74,4 33,0 2010/11 1.132 556 49,1 441 79,3 39,0 2011/12 1.133 585 51,6 419 71,6 37,0 2012/13 1.028 522 50,8 322 61,7 31,3 2013/14 1.183 612 51,7 - - - Tabella 24 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Daino (dati ATC + AFV) Figura 32 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Daino (dati ATC + AFV) Le linee di gestione suggerite per il Daino (Raganella Pelliccioni et al., 2013) prevedono per la nostra regione fondamentalmente la conservazione delle popolazioni maggiormente affermate nelle aree appenniniche; per questa in particolare deve essere previsto il congelamento dell’areale, attraverso la rimozione sistematica degli individui in dispersione e dei piccoli nuclei isolati. Il tasso di prelievo deve coincidere perlomeno con la capacità di incremento delle popolazioni. 47 Sulla scorta dei dati storici provinciali del periodo 2000-2013 è stata condotta una prima analisi di regressione finalizzata a individuare il tasso di prelievo necessario a stabilizzare la popolazione di Daino: l’azzeramento del tasso di crescita si ottiene con un prelievo complessivo pari a circa il 40% della popolazione annualmente conteggiata (Figura 33). Figura 33 - Analisi di regressione sui dati provinciali 2000-2013 La distribuzione del Daino nei distretti di gestione presenta notevoli differenze (Figura 34 e Tabella 25). In particolare, l’areale considerato localmente “storico” coincide con le aree a maggior densità dei distretti 1C e 2C e con alcune aree di gestione nei distretti 1M e 3C. Pochi soggetti in dispersione sono stati osservati nel solo anno 2013 nei distretti montani 2M e 3M. 48 Figura 34 – Distribuzione e densità del Daino nei distretti di gestione nell’anno 2013 2009 2010 2011 2012 2013 Distretto Capi Densità Capi Densità Capi Densità Capi Densità Capi Densità 1C 249 2.8 204 2.3 212 2.1 145 2.1 168 2.5 2C 859 8.0 881 7.8 874 9.0 822 7.5 939 10.4 3C 46 2.6 16 1.6 27 4.6 25 2.1 14 2.4 1M 47 4.3 31 2.8 20 1.8 36 3.3 46 4.2 2M 0 0 0 0 0 0 0 0 12 0.6 3M 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0.9 Totale* 1201 5.3 1132 5.1 1133 5.3 1028 5.1 1183 5.9 Tabella 25 - Consistenza e densità sulla superficie di effettiva presenza del Daino nei distretti (dati ATC + AFV) Sulla base dei dati di demografia e di prelievo del periodo 2009-2013, è stata condotta un’analisi di regressione limitata ai distretti 1C e 2C, al fine di individuare i tassi di accrescimento della specie nell’areale storico. I tassi di accrescimento della specie nei due distretti di bassa collina 1C e 2C sono risultati essere rispettivamente del 32% e del 38%. La restituzione grafica dell’analisi dei dati demografici è fornita in Figura 35 e Figura 36. 49 Figura 35 - Distretto 1C: gestione faunistico venatoria e demografia Figura 36 - Distretto 2C: gestione faunistico venatoria e demografia Una delle principali problematiche riscontrate nel perseguire il contenimento della popolazione di Daino deriva dalle difficoltà incontrate nella realizzazione dei piani di prelievo assegnati. L’elevata mobilità che caratterizza il Daino, in particolare nelle aree in cui la specie è presente in modo discontinuo durante l’anno e con nuclei di ridotte dimensioni, ha fatto si che negli ultimi anni mediamente in ambito provinciale siano stati prelevati il 72% dei capi assegnati. Il resoconto della stagione 2012/13 mostra, con alcune eccezioni, che nelle aree di presenza discontinua della specie, identificabili nelle Aziende venatorie Canossa, Visignolo, Monte Evangelo e nelle aree di gestione dell’ATC RE3 del distretto 3C, le percentuali di realizzazione dei piani sono tra le più basse in ambito provinciale (Tabella 26). Discorsi a parte riguardano invece il distretto 1M dell’ATC RE4 e l’Azienda venatoria San Giovanni di Querciola. Il contingente di daini del distretto 1M gravita lungo il torrente Tassobbio, che segna il confine tra distretto 1M (ATC RE4) e 1C (ATC RE3); i daini vengono spesso osservati in periodo primaverile nel distretto 1M, per poi disperdersi tra l’estate e l’inverno nel distretto 1C, rendendo di fatto difficoltosa la realizzazione del piano nell’ambito del territorio dell’ATC RE4. In merito all’Azienda venatoria San Giovanni di Querciola, ubicata in un’area storicamente colonizzata dalla specie (valle del torrente Tresinaro), è opportuno il raggiungimento di più alte percentuali di realizzazione dei piani di prelievo assegnati. 50 Distretto 1C 2C Istituto Superficie aree di presenza (ettari) Capi censiti Densità nelle aree di presenza (capi/kmq) Capi assegnati Percentuale di assegnazione Capi prelevati Percentuale di realizzazione del prelievo ATC RE3 4.642 135 2,9 67 49,6 44 65,7 10,0 AFV Canossa 1331 10 0,8 10 100 1 ATC RE3 5.390 129 2,4 65 50,4 52 80 AFV Visignolo 874 27 3,1 27 100 3 11,1 89,4 AFV Vendina Lupo 1.664 321 19,3 160 49,8 143 AFV Monte Evangelo 696 7 1,0 7 100 0 0 AFV Cà Del Vento 1.212 193 15,9 99 51,3 60 60,6 AFV San Giovanni Q. 1.113 145 13,0 74 51,0 16 21,6 3C ATC RE3 1.184 25 2,1 13 52,0 3 23,1 1M ATC RE4 1.097 36 3,3 0 0 0 0 19.203 1.028 5,4 522 50,8 322 61,7 Totale Tabella 26 - Sintesi della stagione faunistico venatoria 2012/13 Stante la situazione sopra illustrata, in merito alla pianificazione della presenza del Daino rimangono sostanzialmente confermati i principali obiettivi del vigente Piano faunistico venatorio, ossia il congelamento dell’areale storico con riduzione locale delle densità e la rimozione dei nuclei isolati nelle aree di nuova colonizzazione. La pianificazione della presenza del Daino nelle sole aree di bassa collina permette inoltre di evitare la sovrapposizione dell’areale distributivo della specie con quello del Cervo, la cui presenza è attualmente limitata alle zone alto collinari e montane (Distretti 3C, 1M, 2M e 3M), realizzando l’indirizzo regionale di limitare la compresenza di più specie di ungulati. Per il raggiungimento degli obiettivi, in considerazione dei tassi di accrescimento locali della popolazione e dei tassi di realizzazione dei piani, è opportuno prevedere una modulazione dei piani annuali di prelievo, che contempli un più alto tasso di assegnazione nelle aree di presenza consolidata della specie e assegnazioni pari al numero dei conteggiati nelle aree di recente colonizzazione. 2.4.3. Danni Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 28 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni, per un danno complessivo pari a € 13.110; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 468. Le coltivazioni più vulnerabili sono state i vigneti, con € 9.425 di risarcimenti versati (Tabella 27 e Figura 37). I danni sui vigneti sono dovuti sia alla brucatura dei germogli che alla rottura dei tralci, mentre i danni ai cereali sono principalmente conseguenza del calpestio. Tutti i danni arrecati dalla specie nel periodo considerato sono stati arrecati in aree cacciabili di competenza dell’ATC RE3 (Tabella 28). Non sono disponibili dati relativi ad eventuali danni prodotti dal Daino nelle Aziende venatorie, in alcune delle quali si registrano le maggiori concentrazioni della specie (AFV Vendina Lupo, AFV Cà del Vento, AFV San Giovanni di Querciola). In merito alla distribuzione spaziale dei danni da Daino dell’ultimo quinquennio, va precisato che non sono disponibili dati puntiformi georeferenziati per i danni accertati dall’ATC RE3. I danni risarciti dall’ATC RE3 sono stati archiviati e trasmessi alla Provincia fornendo come informazione territoriale dell’ubicazione dell’evento il 51 solo codice numerico dell’area di gestione interessata e non le coordinate geografiche. La carta relativa alla distribuzione dei danni alle produzioni mostra una maggiore incidenza del danneggiamento nei pressi delle aree di gestione in cui la specie raggiunge le maggiori concentrazioni (Figura 38). Nel complesso la presenza del Daino non comporta interazioni particolarmente problematiche con il settore agricolo. Coltura Importo (€) Importo % Vigneti 9.425 72% Cereali 3.130 24% Frutteti 300 2% Foraggere 255 2% Totale 13.110 100% Tabella 27 - Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013 Figura 37 - Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013 2009 2010 2011 2012 2013 Provincia 0 0 0 0 0 ATC RE3 5.930 2.030 1.260 1.820 2.070 ATC RE4 0 0 0 0 0 Totale 5.930 2.030 1.260 1.820 2.070 Tabella 28 - Ripartizione dei danni tra Provincia e ATC 52 Figura 38 - Danni medi annui nelle aree di gestione 53 2.5. Muflone (Ovis aries) 2.5.1. Distribuzione e consistenza La distribuzione provinciale del Muflone è limitata alla colonia collinare di Vezzano sul Crostolo e ad alcune aree montane a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano (Figura 39). La popolazione collinare ha preso origine dalla fuoriuscita accidentale di animali dal recinto del parco zoologico della Pinetina di Vezzano sul Crostolo, mentre le popolazioni montane derivano sia da immissioni realizzate a partire dalla fine degli anni ’60 dal Corpo Forestale dello Stato, che da traslocazioni di soggetti provenienti dal gregge di Vezzano sul Crostolo a opera dalla Provincia di Reggio Emilia tra gli anni ’80 e ‘90. I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Muflone in provincia derivano dalle operazioni annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia. Nell’anno 2013 sono stati complessivamente censiti 126 capi dei quali 47 in collina (ATC RE3) e 79 in montagna (ATC RE4). L’estensione dell’areale distributivo provinciale del Muflone è risultato sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio (3.072 ettari occupati nell’anno 2013). Figura 39 - Distribuzione e densità primaverile del Muflone nell’anno 2013 54 2.5.2. Gestione faunistico venatoria Nel complesso della gestione faunistico venatoria degli Ungulati, la gestione del Muflone, in quanto a capi censiti e capi prelevati, è attualmente marginale (Tabella 1 e Tabella 2). Le fluttuazioni numeriche della popolazione provinciale dipendono da fattori differenti a seconda che si tratti della colonia collinare o dei capi presenti in montagna. La popolazione di Vezzano sul Crostolo (Distretto 1C), dopo un lungo periodo di sostanziale stabilità, ha subito a partire dall’anno 2010 una forte contrazione dovuta principalmente alla predazione degli agnelli esercitata da un branco di Canidi stabilitisi nell’area. Tale branco di Canidi, ripetutamente osservato nell’area della Pinetina, è formato da una coppia Lupo/Cane e dalla relativa cucciolata di ibridi (come confermato dal laboratorio di genetica dell’ISPRA in base alle analisi effettuate sui campioni inviati dalla Polizia provinciale). Dall’anno 2010, considerato il trend negativo della colonia di mufloni, è stata interrotta la gestione venatoria della specie nel distretto 1C. Le fluttuazioni registrate in montagna dipendono invece dal comportamento spaziale delle popolazioni presenti. I mufloni del settore montano frequentano nel corso dell’anno sia il territorio del Parco nazionale che diverse aree di competenza dell’ATC RE4, queste ultime in particolare dal tardo autunno alla primavera. Accade pertanto che durante le operazioni annuali di censimento primaverile condotte dall’ATC RE4, parte dei soggetti non siano conteggiati in quanto presenti all’interno dell’area protetta (Tabella 29, Tabella 30, Figura 40). Capi prelevati Percentuale di realizzazione sui capi assegnati Percentuale di prelievo sui capi censiti Stagione Capi censiti Capi assegnati Percentuale di assegnazione 2009/10 203 35 17,2 23 65,7 11,3 2010/11 187 20 10,7 14 70,0 7,5 2011/12 147 17 11,6 7 41,2 4,8 2012/13 96 0 0 0 0 0 2013/14 126 15 11,9 - - - Tabella 29 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Muflone nell’ultimo quinquennio (Dati ATC) 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 2013/14 Distretto Censiti Prelev. Censiti Prelev. Censiti Prelev. Censiti Prelev. Censiti Prelev. 1C 104 12 85 0 78 0 54 0 47 - 3M 99 11 102 14 69 7 42 0 79 - Totale 203 23 187 14 147 7 96 0 126 - 2C 3C 1M 2M Tabella 30 – Capi censiti e capi prelevati nei distretti di gestione (Dati ATC) 55 Figura 40 - Distribuzione e densità del Muflone nei distretti di gestione nell’anno 2013 2.5.3. Danni Non sono stati accertati danni da Muflone nel periodo 2009-2013. 56 2.6. Cinghiale (Sus scrofa) 2.6.1. Distribuzione e consistenza L’areale di distribuzione del Cinghiale coincide con la porzione appenninica del territorio provinciale. A differenza degli altri Ungulati, raramente risulta attuabile una stima diretta della consistenza della specie (Monaco et al., 2003). Le indicazioni di densità riportate in Figura 41, ottenute attraverso stime di presenza (ottenute da osservazioni dirette, conteggi di impronte su fango e neve, ecc..) fornite da ATC e AFV (Tabella 33), indicano pertanto che: il Cinghiale risulta abbondante soprattutto nelle zone prossime al crinale rispetto al restante territorio. Figura 41 – Distribuzione e abbondanza del Cinghiale 57 2.6.2. Gestione faunistico venatoria La gestione faunistico venatoria del Cinghiale in ambito provinciale è principalmente attuata attraverso forme di caccia collettiva: principalmente in braccata e secondariamente con la tecnica della girata. Il prelievo selettivo fino a oggi si è rivelato marginale nella gestione della specie. La ripartizione del territorio provinciale in distretti di gestione del Cinghiale nel periodo 2009-2013 è rimasta sostanzialmente stabile nell’ATC RE3, mentre ha subito diverse riperimetrazioni nell’ATC RE4. Nell’ATC RE4 i distretti sono infatti passati dai tre delle stagioni 2009/10 e 2010/11, ai quattro delle due stagioni successive, per finire a cinque nella stagione 2013/14. Conseguentemente si sono avute modifiche anche nella ripartizione di ogni distretto in zone di caccia assegnate alle squadre. Dalla suddivisione provinciale in distretti risulta escluso il Parco nazionale dell’appennino tosco-emiliano. Le zone di caccia rappresentano le aree effettivamente utilizzate dagli ATC per la caccia al Cinghiale; le superfici dei distretti non occupate da tali zone ricadono in altri istituti faunistici, quali Aziende venatorie, Zone cinofile e ambiti protetti. La superficie dei nove distretti (Figura 42) e delle relative zone di caccia degli ATC RE3 e RE4 sono riportate in Tabella 31 e Tabella 32. 58 C1 C2 C3 C4 M1 M2 M3 M4 M5 Figura 42 – Distretti di gestione del Cinghiale della stagione 2013/14 Distretto Superficie distretto (ettari) Superficie zone di caccia ATCRE3 (ettari) Percentuale superficie zone di caccia ATCRE3 C1 17.507 12.817 73% C2 18.253 11.179 61% C3 12.226 11.957 98% C4 7.065 6.821 97% Totale 55.051 42.774 78% Tabella 31 – Superfici dei distretti e delle zone di caccia dell’ATC RE3 59 Distretto Superficie distretto (ettari) Superficie zone di caccia ATCRE4 (ettari) Percentuale superficie zone di caccia ATCRE4 M1 9.382 8.735 93% M2 13.132 11.249 86% M3 6.677 6.634 99% M4 9.061 6.185 68% M5 4.794 4.794 100% Totale 43.046 37.597 87% Tabella 32 - Superfici dei distretti e delle zone di caccia dell’ATC RE4 Nel quadro d’insieme della gestione del Cinghiale (Tabella 33 e Figura 43), vengono presentati anche i dati relativi alle stime di consistenza (sebbene come già anticipato rivelatesi spesso poco attendibili) in quanto annualmente utilizzate per la predisposizione dei piani di prelievo. Il R.R. n. 1/2008, all’art. 11, prevede infatti che la Provincia approvi annualmente i piani di prelievo del Cinghiale sulla scorta della stima oggettiva della consistenza della specie nei distretti di gestione. Complessivamente i prelievi annuali sono costantemente aumentati fino a raddoppiarsi nell’ultimo decennio. La stagione appena conclusa (2013/14) mostra invece una evidente inversione di tendenza, particolarmente significative per quanto riguarda l’ATC RE4 (Tabella 34, Figura 44): i prelievi sono dimezzati a fronte di stime di presenza indicanti una crescita nell’ammontare della popolazione. In effetti l’aumento dei carnieri registrato in ambito provinciale nel periodo 20092012 deriva in buona parte dall’aumento dei prelievi del solo ATC RE4. L’ATC RE3 e le nove AFV del comprensori collinare e montano hanno mostrato invece, a partire dalla stagione 2011/12, una solo lieve progressiva diminuzione dei capi sostanzialmente prelevati con la caccia collettiva. Capi assegnati caccia collettiva Percentuale di assegnazione Capi prelevati caccia collettiva Percentuale di realizzazione sui capi assegnati Percentuale di prelievo sui capi censiti Stagione Capi stimati 2000/01 1.645 1.259 76,5 2001/02 1.590 964 60,6 2002/03 1.690 915 54,1 2003/04 1.744 993 56,9 2004/05 1.052 1.850 175,9 1.091 59,0 103,7 2005/06 1.142 1.818 159,2 1.128 62,0 98,8 2006/07 2.011 2.093 104,1 1.635 78,1 81,3 2007/08 2.165 2.270 104,8 1.664 73,3 76,9 2008/09 2.240 2.854 127,4 2.656 93,1 118,6 2009/10 4.841 3.234 66,8 1.832 56,6 37,8 2010/11 3.664 2.761 75,4 1.947 70,5 53,1 2011/12 3.789 3.018 79,7 2.013 66,7 53,1 2012/13 3.966 3.139 79,1 2.337 74,5 58,9 2013/14 4.317 3.391 78,5 1.335 39,4 30,1 Tabella 33 - Sintesi provinciale della gestione del Cinghiale attraverso la caccia collettiva (dati ATC + AFV) 60 Figura 43 - Sintesi provinciale della gestione del Cinghiale attraverso la caccia collettiva (dati ATC + AFV) Anno Capi prelevati ATC RE3 Capi prelevati ATC RE4 Capi prelevati AFV Totale capi prelevati 2009/10 427 1.124 281 1.832 2010/11 280 1.325 342 1.947 2011/12 451 1.221 341 2.013 2012/13 400 1.666 271 2.337 2013/14 309 779 247 1.335 Tabella 34 - Ripartizione del prelievo collettivo tra ATC e AFV Figura 44 - Ripartizione del prelievo collettivo tra ATC e AFV Nell’ATC RE3 la caccia collettiva al Cinghiale viene esercitata in via esclusiva attraverso la braccata in tre distretti su quattro (C1, C3, C4); nel distretto C2 invece la girata rappresenta l’unica forma di 61 caccia collettiva utilizzata. Le zone di caccia in braccata interessano 31.595 ettari, mentre quelle assegnate alla caccia in girata ricoprono 11.179 ettari, pari al 26% della superficie totale delle zone di caccia dell’ATC RE3. I carnieri ottenuti in girata rappresentano circa il 13% del piano annualmente realizzato in ambito collinare (Tabella 35 e Figura 45). Nell’ATC RE4 la braccata rappresenta la forma di caccia esclusiva di tre distretti (M1, M4, M5), mentre nei distretti M2 e M3 vengono esercitate entrambe le forme di caccia. Le zone di caccia assegnate alla girata ricoprono 462 ettari, corrispondenti al 1,2% dei 37.597 ettari complessivi delle zone di caccia dell’ATC RE4. I carnieri ottenuti in girata rappresentano circa il 4% del piano annualmente realizzato in ambito montano (Tabella 36 e Figura 45). Il prelievo selettivo del Cinghiale è una forma di caccia ancora marginale nel contesto provinciale. Il ricorso a piani di prelievo selettivo avviene principalmente all’interno delle Aziende venatorie, mentre negli Ambiti di caccia stenta a prendere piede. La caccia di selezione al Cinghiale, assai diffusa oltralpe e nei paesi balcanici, risulterebbe praticabile ed efficace in gran parte del territorio provinciale. Considerate l’ampia finestra temporale in cui è consento il prelievo selettivo della specie (dal 15 aprile al 31 gennaio di ogni anni), potrebbe quindi contribuire positivamente a risolvere in diversi periodi dell’anno svariate situazioni di conflitto tra presenza della specie e attività agricole, senza necessariamente ricorrere ai piani di controllo di cui all’art. 16 della L.R. n. 8/1994 (Tabella 37). I piani di controllo, pur essendo efficaci, mostrano alcune complessità legate all’effettive condizioni presenti sul territorio provinciale. Infatti, per gli Ungulati abbattuti nell’ambito di piani di controllo, l’unica destinazione ammessa dal R.R. n. 1/2008 è il conferimento presso un centro di lavorazione carni (e la successiva commercializzazione è a cura della Provincia). Il ricorso al prelievo selettivo permette di semplificare i passaggi successivi al prelievo, consentendo al cacciatore assegnatario del capo, il conferimento a uno dei molteplici punti di raccolta e controllo dei capi abbattuti (di cui all’art. 4, comma 4, del R.R. n. 1/2008) allestiti in ambito provinciale per la caccia di selezione. Il numero dei Cinghiali abbattuti annualmente in provincia con interventi straordinari di controllo è sostanzialmente basso se confrontato con altre realtà regionali. Dalla banca dati della Regione Emilia-Romagna risulta infatti che nell’ultimo quinquennio il ricorso a piani di controllo abbia portato al prelievo di 400-1.700 capi annui a Bologna, 250-400 capi annui a Modena e 200-330 capi annui a Piacenza. Gli interventi di controllo hanno principalmente interessato alcune ZRC del comprensorio collinare (in particolare la ZRC Stiano e la ZRC San Valentino), alcune aree a ridosso del Parco nazionale e la zona dell’ex Centro privato di riproduzione della fauna selvatica in comune di Carpineti. 2009/10 Distretto Girata C1 C2 Braccata 2010/11 Girata 122 17 Braccata 2011/12 Girata 95 57 Braccata 2012/13 Girata 112 46 Braccata 2013/14 Girata 94 56 Braccata 78 65 C3 210 65 177 135 129 C4 78 63 116 115 37 Totale 17 410 57 223 46 405 56 344 65 244 62 Tabella 35 – Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE3 2009/10 Distretto Girata Braccata 2010/11 Girata 2011/12 Braccata Girata Girata 2013/14 Girata M2 294 20 365 27 350 34 471 4 191 545 39 702 50 536 12 837 6 204 M4 208 Braccata 223 62 173 Braccata M1 M3 199 2012/13 Braccata 85 129 104 108 M5 Totale 137 62 1.062 59 1.266 77 1.144 46 1.620 10 769 Tabella 36 - Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE4 Figura 45 – Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE3 (sinistra) e nell’ATC RE4 (destra) Anno Capi prelevati con piani di controllo 2000 51 2001 13 Capi prelevati con caccia di selezione 2002 5 2003 14 2004 2 2005 1 2006 1 2007 30 2008 16 2009 51 2010 60 32 2011 71 26 2012 77 63 Tabella 37 – Cinghiali prelevati con piani di controllo e con prelievo selettivo 63 Al fine di attenuare le interferenze tra presenza del Cinghiale e le attività agricole, nell’anno 2013 la Provincia ha provveduto alla revoca sia della ZRC Stiano (nel distretto C3) che della ZRC San Valentino (nel distretto C2). Sempre nell’anno 2013 non è stata inoltre rinnovata, in quanto non presentata dal Titolare istanza di rinnovo, l’autorizzazione del Centro privato di riproduzione della fauna selvatica (nel distretto C3). Tale riorganizzazione degli istituti faunistici provinciali del comprensorio collinare ha permesso di ampliare il territorio in cui è consentita la gestione venatoria del Cinghiale (Figura 46), e ha avuto come conseguenza una forte riduzione dei danni (Tabella 42). Nel comprensorio montano invece la gestione del Cinghiale è dipendente dalla presenza del Parco nazionale che, oltre ad occupare con il corpo principale circa 10.000 ettari di territorio di crinale, si estende con varie diramazioni attraversa buona parte del settore montano. In ambito provinciale pertanto molti delle problematiche di danno alle colture agricole e le complessità gestionale poste dalla presenza del Cinghiale derivano dalla netta suddivisione del territorio in istituti limitrofi di gestione faunistica con differenti finalità: da una parte quelli in cui è prevista l’attività venatoria (ATC, AFV, ecc.) e dall’altra quelli in cui la caccia è vietata (Parchi nazionali, Oasi, ZRC, ecc.). La presenza di istituti di protezione, spesso di dimensioni ridotte e dispersi all’interno del territorio cacciabile (come anche gli estendimenti del Parco nazionale), determina una sorta di “effetto spugna” per cui i cinghiali, a causa della pressione venatoria, tendono a concentrarsi in queste aree rifugio durante la stagione di caccia e a ridistribuirsi sul territorio nella restante parte dell’anno causando ingenti danni alle colture. In parte diversa risulta la situazione del settore di crinale del Parco nazionale, dove la presenza di vere e proprie popolazioni di cinghiali può dar luogo a un “effetto serbatoio”, che porta ad una permanente presenza e proliferazione della specie negli areali protetti e da cui si verifica un fenomeno di irradiamento continuo di animali verso i territori circostanti. L’attuale distribuzione degli istituti faunistici provinciali nei distretti di gestione (Figura 46) evidenzia come la maggior frammentazione territoriale si abbia nei due distretti di bassa collina C1 e C2 e in quest’ultimo in particolare siano maggiormente concentrate le Aziende venatorie. In tali istituti privati il periodo di caccia in forma collettiva non coincide con quello del distretto dell’ATC RE3 in cui ricadono (la caccia collettiva al Cinghiale è consentita nell’arco temporale massimo di tre mesi anche non consecutivi dal 1 ottobre al 31 gennaio). Per ottimizzare la gestione del suide può risultare utile fissare periodi di caccia unici per tutti gli istituti faunistici in cui è consentita l’attività venatoria. Dalla stagione venatoria 2012/2013 inoltre il prelievo collettivo risente dei periodi di sospensione imposti dal divieto di caccia su terreni innevati sancito dalla Legge 157/92. Nelle tre stagioni precedenti il calendario venatorio regionale, approvato con legge regionale n. 1/2009, consentiva alle Province, valutato lo stato d’attuazione del piano di prelievo, di autorizzare la caccia in forma collettiva anche sui terreni innevati. 64 Figura 46 – Istituti faunistici presenti nei distretti di gestione nell’anno 2013 Nell’ultima stagione venatoria sono state autorizzate in ambito provinciale 15 squadre per caccia in braccata e 9 gruppi di girata (Tabella 38). Nell’ATC RE3 le squadre cacciano in rotazione in tutte le zone del distretto di assegnazione, mentre nell’ATC RE4 le squadre hanno zone fisse di caccia all’interno del distretto. ATC RE3 RE4 Distretto N° squadre braccata C1 2 C2 7 C3 2 C4 1 M1 1 M2 3 1 M3 3 1 M4 1 M5 Totale N° gruppi di girata 2 15 9 Tabella 38 – Numero di squadre di braccata e di gruppi di girata autorizzati nei distretti degli ATC 65 A partire dalle informazioni raccolte durante la realizzazione dei prelievi collettivi della stagione 2013/14, è possibile evidenziare alcune differenze nella densità di popolazione nei distretti di gestione. Sebbene l’uso degli indici di prelievo permetta di ottenere informazioni sulle densità locali della popolazione più precise rispetto ai tradizionali metodi di stima numerica dei cinghiali di prassi adottate in ambito provinciale (Figura 41), è tuttavia raccomandabile anche in questo caso una certa prudenza nell’interpretazione dei risultati ottenuti (Monaco et al., 2003). Il prelievo del Cinghiale è infatti un fenomeno complesso al cui esito concorrono una serie di fattori difficilmente misurabili, come le condizioni ambientali e l’abilità dei soggetti che partecipano all’azione (cacciatori e cani). Pertanto, se da una parte è vero che in generale esiste una relazione diretta tra densità di popolazione e densità di prelievo, dall’altra non è scontato che, a parità di densità di cinghiali, due squadre ottengano analoghi risultati di prelievo. Dall’osservazione dei dati di prelievo 2013/14 in ambito provinciale (Tabella 39 e Tabella 40) emerge innanzitutto come la densità complessiva di prelievo del comprensorio montano (ATC RE4 e due AFV) sia più che doppia rispetto a quella del comprensorio collinare (ATC RE3 e sette AFV). In ambito collinare esistono poi differenze piuttosto marcate tra i vari distretti: i distretti 1C e 4C evidenziano rese di prelievo decisamente inferiori ai distretti 2C e 3C. Le rese di caccia elevate del distretto 2C sono in buona parte determinate dai prelievi realizzati nelle Aziende venatorie (108 capi prelevati in AFV contro 65 prelevati in ATC). In ambito montano le densità di prelievo nei distretti sono comprese tra 1,5 capi/100 ha del distretto 1M e 3,2 capi/100 ha del distretto 3M. Risultano a minor densità di popolazione i distretti M1 e M2, mentre si osservano densità più alte nei distretti M4 e M5 e in particolare nel distretto M3. La densità media di prelievo dei nove distretti di gestione provinciali è illustrata in Figura 47. Distretto Superficie Distretto (ha) Superficie Zone ATC (ha) Superficie AFV (ha) Superficie cacciabile distretto (ATC+AFV) N° capi prelevati Zone ATC N° capi prelevati AFV N° capi prelevati distretto (ATC+AFV) Densità di prelievo distretto (Capi/100 ha) 1C 17.507 12.817 2.173 14.990 78 26 104 0,7 2C 18.253 11.179 5.559 16.738 65 108 173 1,0 3C 12.226 11.957 0 11.957 129 0 129 1,1 4C 7.065 6.821 0 6.821 37 0 37 0,5 Totale Collina 55.051 42.774 7.732 50.506 309 134 443 0,9 Tabella 39 – Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nei distretti del comprensorio collinare (ATC RE3 e sette AFV) 66 Distretto Superficie Distretto (ha) Superficie Zone ATC (ha) Superficie AFV (ha) Superficie cacciabile distretto (ATC+AFV) N° capi prelevati Zone ATC N° capi prelevati AFV N° capi prelevati distretto (ATC+AFV) Densità di prelievo distretto (Capi/100 ha) 1M 9.382 8.735 0 8.735 129 0 129 1,5 2M 13.132 11.249 1.288 12.537 195 8 203 1,6 3M 6.677 6.634 0 6.634 210 0 210 3,2 4M 9.061 6.185 2.876 9.061 108 105 213 2,4 5M 4.794 4.794 0 4.794 137 0 137 2,9 Totale Montagna 43.046 37.597 4.164 41.761 779 113 892 2,1 Tabella 40 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nei distretti del comprensorio montano (ATC RE4 e due AFV) Sfruttando sempre la correlazione tra densità di popolazione e densità di prelievo, è possibile identificare con maggiore precisione le zone a maggior densità di popolazione, andando a calcolare sia sulla superficie cacciabile assegnata alle diverse squadre/gruppi, che sul territorio delle Aziende venatorie, il numero di cinghiali abbattuti per unità di superficie (Tabella 41). Dalla trasposizione grafica (Figura 48) di queste ultime informazioni dettagliate di prelievo per unità di superficie è possibile fare alcune considerazioni: • Nel territorio appenninico sono evidenti due fasce di densità, una a densità di prelievo inferiore al capo/kmq nel settore basso collinare (distretti C1, C2 e C4), e una a densità di prelievo compreso tra 1 e 2 capi/kmq nel settore alto collinare (distretti 3C, 1M e porzione settentrionale del distretto 4M). • Nelle Aziende venatorie della fascia basso collinare si hanno densità di prelievo decisamente superiori a quelle rilevate alle zone di caccia dell’ATC RE3, probabilmente in ragione sia del minor disturbo venatorio all’interno delle AFV (di norma si effettuano meno azioni di caccia rispetto al territorio cacciabile dell’ATC), che della maggior offerta trofica, costituta da coltivazioni a perdere e dispensatori di granaglie destinate alla piccola selvaggina e spesso utilizzati anche dal Cinghiale. Tale fenomeno è particolarmente evidente nell’AFV Visignolo, i cui carnieri (4 capi prelevati/100 ha) sono assimilabili a quelli delle zone a maggiore vocazione del comprensorio montano. • Nella porzione montana della provincia è evidente la funzione di “serbatoio” svolta dal territorio del Parco nazionale. Le più alte densità di prelievo si rinvengono infatti nei distretti M3, M5 e nella porzione occidentale del M2, tutte zone caratterizzate dall’essere confinanti sia con l’ampio settore di crinale del Parco che con le ramificazioni dello stesso. • Le alte densità di prelievo osservate nell’AFV Ventasso (Distretto M4) probabilmente derivano sia dalla relativa vicinanza del Parco nazionale, che da quanto detto in precedenza per le Aziende venatorie della fascia basso collinare. 67 Figura 47 – Densità di prelievo nei distretti Circa la mobilità del Cinghiale, studi condotti in ambiente appenninico, confermati peraltro da altre ricerche in ambito nazionale ed europeo, hanno evidenziato che gli spostamenti importanti (oltre 10km) degli individui della specie sono da considerarsi del tutto occasionali e che la maggior parte delle escursioni è di breve raggio (meno di 5 km). In particolare lo studio condotto nell’appennino bolognese (Monaco et al., 2003) ha mostrato che circa il 60% dei cinghiali catturati, marcati e successivamente rilasciati, è stato ripreso a una distanza non superiore ai 3 km dal sito di cattura, mentre la distanza massima di ricattura è risultata essere di 11 km. Il territorio occupato dall’unità di popolazione, calcolato come area del cerchio di raggio pari alla distanza massima di ricattura (11 km), è risultato pari a 38.000 ettari; considerato tuttavia che la maggior parte degli spostamenti osservati nel Cinghiale sono di breve raggio e al di sotto dei 5 km, può essere già considerata adeguata come unità di gestione (distretto) un’area di 8.000-10.000 ettari. Distretto Squadra/gruppo ATC o AFV Superficie cacciabile N° capi prelevati Densità di prelievo (Capi/100 ha) 1C ATC RE3 (tutte le squadre) 12.817 78 0,6 AFV Canossa 1.331 8 0,6 68 AFV Pianzo 842 ATC RE3 (tutti i gruppi) 11.179 65 0,6 AFV Vendina Lupo 1.664 29 1,7 AFV Monte Evangelo 696 3 0,4 AFV Visignolo 874 35 4,0 AFV San Giovanni Q. 1.113 15 1,3 AFV Cà del Vento 1.212 26 2,1 3C ATC RE3 (tutte le squadre) 11.957 129 1,1 4C ATC RE3 (tutte le squadre) 6.821 37 0,5 2C 1M 2M 3M 4M 5M 18 2,1 ATC RE4 (Squadra 1) 8.735 129 1,5 ATC RE4 (Squadra 5) 4.131 34 0,8 ATC RE4 (Squadra 4) 3.898 72 1,8 ATC RE4 (Squadra 3) 2.971 85 2,9 ATC RE4 (Gruppo 6) 249 4 1,6 AFV Strambiana 1.288 8 0,6 ATC RE4 (Squadra 9) 2.754 119 4,3 ATC RE4 (Squadra 7) 2.642 61 2,3 ATC RE4 (Squadra 10) 1.025 24 2,3 ATC RE4 (Gruppo 11) 213 6 2,8 ATC RE4 (Squadra 2) 6.185 108 1,7 AFV Ventasso 2.876 105 3,7 ATC RE4 (Squadra 8-12) 4.794 137 2,9 Tabella 41 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nelle zone di caccia assegnate alle squadre/gruppi di girata degli ATC e nelle Aziende venatorie (stagione 2013/14) I distretti utilizzati per la caccia collettiva al Cinghiale (Figura 42) sono di numero e con perimetrazione differenti da quelli utilizzati per il prelievo selettivo (Figura 6); tale differenza, con i confini dei distretti di gestione del cinghiale che intersecano in molti casi anche le singole aree di gestione utilizzate nel prelievo selettivo, rende problematica la predisposizione di piani di prelievo complessivi per distretto ripartiti tra caccia collettiva e caccia di selezione. L’utilizzo dei distretti impiegati nel prelievo selettivo permetterebbe inoltre di correggere anche alcune incoerenze attualmente presenti nella ripartizione territoriale adottata per la gestione del Cinghiale, quali: • presenza nell’ATC RE3 del distretto C4 di dimensioni esigue rispetto a quanto evidenziato in merito alla mobilità della specie; • presenza nell’ATC RE4 di due (distretti M3 e M5) di dimensioni ridotte, di cui uno (distretto M5) suddiviso inoltre in due distinte porzioni dal Parco nazionale; • distretto M4 che mostra, sulla scorta dei dati di prelievo, caratteristiche differenti tra la porzione settentrionale (a nord dell’AFV Ventasso), decisamente simile a quella del distretto M1, e la porzione meridionale (dall’AFV Ventasso compresa verso monte), simile invece al distretto M5 (Figura 48). 69 Figura 48 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nelle zone di caccia assegnate alle squadre/gruppi di girata degli ATC e nelle Aziende venatorie (stagione 2013/14) 2.6.3. Danni Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 481 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni, per un danno complessivo pari a € 541.469; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 1.125. Le coltivazioni più vulnerabili in ambito provinciale sono state le foraggere (prati e medicai), con € 438.590 di risarcimenti. In merito ai cereali i danni hanno riguardato principalmente il grano. Danni ad altre coltivazioni (es. vigneti) o ai manufatti, sono risultati del tutto marginali in ambito provinciale (accorpati nella categoria “altro” di Figura 49). 70 Figura 49 – Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013 In relazione alla tipologia e ubicazione dei danni, il 66% dei danni del periodo è stato risarcito dall’ATC RE4, mentre Provincia e ATC RE3 ne hanno risarcito rispettivamente il 18% e il 16% (Tabella 42). Gli importi risarciti dalla Provincia hanno risentito fino all’anno 2012 in modo particolare della presenza di alcuni istituti (ZRC Stiano, ZRC San Valentino e Centro privato di riproduzione della fauna selvatica) nel comprensorio collinare, che, come già anticipato, non sono più presenti a partire dall’anno 2013. Dal 2013 infatti la revoca delle due ZRC e la scadenza dell’autorizzazione del Centro privato hanno consentito una notevole riduzione dei danni. Nel periodo considerato si è assistito a un generalizzato fenomeno di diminuzione dei danni, particolarmente evidente nell’ATC RE4. 2009 2010 2011 2012 2013 Provincia 32.205 18.590 14.392 32.746 1.225 ATC RE3 25.295 18.810 9.360 21.839 10.700 ATC RE4 142.880 83.025 60.640 52.577 17.185 Totale 200.380 120.425 84.392 107.162 29.110 Tabella 42 – Ripartizione dei danni da Cinghiale tra Provincia e ATC In merito alla distribuzione spaziale dei danni da Cinghiale dell’ultimo quinquennio sono disponibili dati puntiformi georeferenziati (inseriti nella banca dati georeferenziata della Regione EmiliaRomagna) solo per i danni accertati dalla Provincia nel periodo 2009-2013 e dall’ATC RE4 per gli anni 2012 e 2013. Non sono disponibili dati relativamente alle Aziende venatorie. I danni risarciti dall’ATC RE3 nel periodo 2009-2013 e dall’ATC RE4 nel periodo 2009-2011 sono stati archiviati e trasmessi alla Provincia fornendo come informazione territoriale dell’ubicazione dell’evento il solo codice numerico dell’area di gestione interessata senza riferimenti alle coordinate geografiche. Per ottenere una carta relativa alla distribuzione e all’incidenza complessiva dei danni nel periodo 2009-2013 è stato pertanto necessario uniformare le basi dati (Provincia e ATC). Tale lavoro, 71 appositamente condotto dalla Provincia ed utilizzato per le analisi effettuate nel presente documento è stato eseguito associando i danni puntiformi georeferenziati alle aree di gestione, potendo quindi procedere ad elaborazioni di analisi territoriale. La carta così ottenuta permette di individuare le aree in cui è stata più intensa l’attività di danneggiamento alle produzioni (Figura 50) nel periodo 2009-2011. In cartografia sono inoltre riportati i danni rilevati con GPS inseriti dalla Provincia di Reggio-Emilia e dall’ATC RE4 nella banca dati georeferenziata regionale. Figura 50 - Danni medi annui nelle aree di gestione e ubicazione dei danni georeferenziati di Provincia e ATC RE4 Il comprensorio collinare è caratterizzato sostanzialmente da una diffusa distribuzione dei danni (inferiori a € 200/kmq all’anno) con alcune zone di particolare concentrazione (nei distretti C3 e C4), corrispondenti agli istituti in precedenza menzionati non più esistenti dal 2013. Nel comprensorio di montagna si osservano quattro principali zone di concentrazione dei danni: 72 1. le zone limitrofe al Parco nazionale nei pressi della Pietra di Bismantova e dei Gessi triassici (Distretto M1); 2. le zone comprese tra il corpo principale del Parco nazionale e la ramificazione che arriva alla zona dei Gessi triassici (Distretti M2 e M3); 3. la porzione orientale del distretto M2, nelle adiacenze dell’AFV Strambiana; 4. le zone del distretto M4 a confine con il distretti C1; 5. Le zone tra il distretto M3 e il distretto M5. La mappa così ottenuta, sebbene fornisca una visione piuttosto dettagliata delle problematiche riscontrate nel quinquennio appena trascorso, non risulta perfettamente funzionale alla futura programmazione, in quanto in molti casi rappresentativa di situazioni passate le cui dinamiche si sono rapidamente evolute nel tempo e pertanto non tutte indicative delle attuali situazioni. Alcuni esempi sono gli istituti di protezione che fungevano da “spugna” revocati nell’anno 2013 in cui attualmente è consentita la gestione venatoria della specie, e i danni particolarmente elevati sia del distretto M4 che tra i distretti M3 e M5, che risalgono in massima parte all’anno 2009. Considerato inoltre che il nuovo modello di gestione del Cinghiale indicato dalla D.G.R. n. 103/2013 prevede per la specie la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo, è opportuno utilizzare informazioni il più possibile recenti. L’anno 2013 è quello che meglio si presta allo scopo, in quanto, oltre a essere ovviamente il più recente, è quello che consente di rappresentare una situazione altamente cautelativa per la riduzione dei danni alle coltivazioni agricole, in quanto gli importi accertati dei danni sono i più bassi del quinquennio e per il quale sono disponibili le maggiori informazioni georeferenziate. Allo stesso tempo occorre evidenziare che il riferimento ad una singola annualità, sebbene la più recente, può essere suscettibile di maggiori variabilità e assenza di significato statistico rispetto a considerazioni riferite ad un arco di più anni, in quanto può essere ampiamente dipendente dalla modifica di alcuni assetti territoriali degli istituti faunistici, come prima detto. La ripartizione per distretto di gestione dei danni dell’anno 2013 con i relativi carnieri conseguiti nella stagione 2013/14 è stato comunque preso a riferimento a favore di maggiore cautela, avendo i valori più bassi per i danni in agricoltura dell’ultimo quinquennio, ed è stato pertanto posto quale punto di partenza per la definizione della soglia massima di danno sulla base della quale rapportare i piani di prelievo (Tabella 43 e Tabella 44), pur evidenziandosi quindi la necessaria accortezza di prevedere opportuni meccanismi che annualmente “testino” l’adeguatezza della soglia così definita rispetto alle effettive e reali condizioni osservate sul territorio e legate a molteplici variabili dipendenti sia da fattori biotici ed ambientali, legati alla diffusione della specie, sia alle dinamiche del settore agricolo, sia ai possibili mutamenti ed evoluzioni dei contesti territoriali locali. Considerato che anche il carniere delle AFV concorre a definire il prelievo complessivo del distretto in cui ricadono, è necessario che anche tali istituti provvedano all’inserimento degli eventi danno nell’archivio georeferenziato regionale. 73 Distretto Superficie Distretto (ha) Superficie cacciabile distretto (ATC+AFV) N° capi prelevati distretto (ATC+AFV) Densità di prelievo distretto (Capi/100 ha) Danni complessivi (€) 1C 17.507 14.990 104 0,7 1.660 9,48 2C 18.253 16.738 173 1,0 2.930 16,05 3C 12.226 11.957 129 1,1 4.590 37,54 4C 7.065 6.821 37 0,5 1.520 21,51 Totale Collina 55.051 50.506 443 0,9 10.700 19,44 Danni €/kmq Tabella 43 – Prelievo, danni e danni per unità di superficie dei distretti del comprensorio della collina Distretto Superficie Distretto (ha) Superficie cacciabile distretto (ATC+AFV) N° capi prelevati distretto (ATC+AFV) Densità di prelievo distretto (Capi/100 ha) Danni complessivi (€) Danni €/kmq 1M 9.382 8.735 129 1,5 4.478 47,73 2M 13.132 12.537 203 1,6 7.813 59,50 3M 6.677 6.634 210 3,2 1.586 23,75 4M 9.061 9.061 213 2,4 1.583 17,47 5M 4.794 4.794 137 2,9 1.725 35,98 Totale Montagna 43.046 41.761 892 2,1 17.185 39,92 Tabella 44 - Prelievo, danni e danni per unità di superficie dei distretti del comprensorio della montagna Confrontando nell’ATC RE4 l’andamento dei prelievi con i danni accertati nella stagione successiva, emerge una correlazione piuttosto evidente: all’aumentare dei prelievi corrisponde l’anno successivo una diminuzione dei danni (Figura 51 e Figura 52). Nel comprensorio collinare non è invece evidenziabile tale correlazione, probabilmente in ragione del fatto che le coltivazioni vulnerabili sono ampiamente diffuse e inframezzate agli spazi naturali e pertanto sono passibili di danneggiamento anche con densità di popolazione non elevate. 74 Figura 51 – Andamento dei prelievi e dei danni nell’ATC RE4 Figura 52 – Correlazione tra prelievi e danni nell’ATC RE4 75 3. Nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche La nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche, approvata con Deliberazione assembleare n. 103 del 16 gennaio 2013, è un aggiornamento della cartografia relativa alle vocazioni del territorio regionale rispetto alla precedente edizione della carta (Toso et al., 1999) per le seguenti specie: Cinghiale, Cervo, Capriolo. Tale aggiornamento è basato sull’utilizzo di nuova cartografia di maggiore dettaglio, di un nuovo reticolo cartografico a maglia più fine (pari a 1 km2), di nuove tecniche di analisi di complessità del territorio e di nuovi e più recenti dati faunistici. Nel presente capitolo sono state contestualizzate al territorio della provincia di Reggio Emilia le informazioni contenute nella nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche e pertanto sono riportate esclusivamente le carte di vocazione relative al contesto provinciale. 3.1. Metodologia di realizzazione 3.1.1. Reticolo cartografico Per la realizzazione delle carte di vocazione è stato utilizzato un reticolo ottenuto suddividendo gli elementi della Carta Tecnica Regionale (CTR) in scala 1: 5000. Da ogni elemento della CTR sono state ricavate successivamente 9 sotto-celle suddividendo i lati dell’elemento CTR per tre, sia in senso latitudinale sia in senso longitudinale. 3.1.2. Dati faunistici I dati faunistici utilizzati per la realizzazione delle carte di vocazione del Cinghiale sono gli stessi della precedente edizione, mentre quelli relativi a Capriolo e Cervo sono stati elaborati a partire dai dati recenti di censimento delle province di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Forlì-Cesena. 3.1.3. Dati cartografici di base E’ stato utilizzato il set di dati cartografici già utilizzati per la precedente versione della carta di vocazioni, con l’esclusione della copertura Corine Land Cover, sostituita dalla nuova Carta di Uso del Suolo 2008 realizzata dall’Istituto Cartografico della Regione Emilia-Romagna. E’ stato inoltre utilizzato un set di immagini satellitari Landsat riferite al 2001. 3.1.4. Modelli Le carte regionali di vocazione sono state ottenute attraverso l’uso di modelli matematici. Scopo dei modelli matematici è quello di fornire una sintesi dei complessi fenomeni di interazione tra ambiente (dati cartografici) e popolazioni di animali (dati faunistici). Il lavoro effettuato ha comportato in primo luogo un’analisi qualitativa del sistema in esame, quindi la misurazione delle sue caratteristiche, poi la formulazione dei vari modelli matematici e infine la redazione delle carte che offrissero una valida rappresentazione dei risultati ottenuti con l’applicazione dei modelli stessi. 76 3.2. La vocazione del territorio provinciale per il Cinghiale 3.2.1. Dato biologico di riferimento Per il Cinghiale le aree campione dalle quali derivano i dati di censimento state suddivise in 3 classi di densità: classe 0, pari a 0 individui/kmq; classe 1, con valori di densità compresi tra 0 e 10 individui/kmq; classe 2, con valori di densità superiori a 10 individui/kmq. 3.2.2. Modello di vocazione Nel modello di vocazione per il Cinghiale le variabili selezionate sono state il perimetro dei boschi, degli arbusteti, l’estensione delle colture temporanee associate alle colture permanenti e dei boschi a prevalenza di querce, carpini e castagni. 3.2.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica Il modello statistico è stato applicato sul territorio indicato come di presenza potenziale. E’ stata così creata una prima carta, indicata nel presente documento come “Carta di Vocazione potenziale del cinghiale” (Figura 53). La classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando tre categorie di vocazione, individuate dai numeri 0, 1 e 2, dove 0 indica le aree a vocazione nulla, 1 indica le aree con densità potenziale compresa entro 10 capi/kmq, 2 indica le aree con densità potenziale superiore a 10 capi/kmq. Occorre precisare che l’areale potenziale individuato in pianura deve intendersi come del tutto teorico, indicativo di condizioni ambientali in qualche misura compatibili con le esigenze ecologiche minime della specie, anche se non è al momento confermabile una diffusa tendenza alla colonizzazione né è al momento verosimile una gestione della specie in tale contesto territoriale. In accordo con le caratteristiche ecologiche della specie, si osserva che pressoché l’intera porzione collinare e montana della provincia presenta un qualche grado di vocazione per il Cinghiale, la quale si estende spesso fino a ridosso dei centri urbani e comunque in generale al limite della pianura. Le condizioni ambientali che in provincia sembrano emergere come particolarmente favorevoli al Cinghiale sono quelle che vedono la predominanza di estesi boschi di latifoglie miste, sia di tipo prevalentemente sciafilo (faggete e faggete miste), sia di tipo mesofilo (querceti, orno-ostrieti), oppure situazioni caratterizzate da frammentazione e diversificazione delle tipologie ambientali (boschi, coltivi, arbusteti o aree marginali), quali tipicamente si incontrano nella fascia collinare e in alcuni casi anche ad altitudini molto modeste, nelle quali la vocazione appare positivamente influenzata in misura maggiore dalla presenza di aree ad arbusteti o boschetti marginali che non da quella di formazioni forestali vere e proprie. Ciò può essere bene inquadrato con le caratteristiche comportamentali e trofiche del Cinghiale, in quanto mentre nella fascia propriamente montana, a causa della quasi totale assenza di coltivazioni, le risorse offerte dall’ambiente forestale costituiscono l’unica fonte trofica utilizzabile, laddove esistono aree coltivate l’abbondante offerta alimentare rende la presenza di estese aree boscate non necessaria, dal momento che, anche a fini di rifugio e rimessa, le aree marginali ad 77 arbusteti, incolti e boscaglie, rappresentano probabilmente un’alternativa migliore a quella dei boschi stessi. Questo aspetto va considerato con attenzione, rappresentando probabilmente uno degli elementi chiave nel determinare l’espansione di questa specie fino a ridosso di aree fortemente antropizzate. Già attualmente si possono evidenziare in ambito provinciale evidenti criticità da questo punto di vista, rappresentate dai punti in cui territori a massima vocazione per il cinghiale vengono a trovarsi adiacenti alla pianura, o comunque ad aree estesamente antropizzate, e a partire dai quali è possibile attendersi una elevata capacità di espansione nel breve-medio periodo. E’ stata quindi creata una seconda carta di vocazione definita biotica, più restrittiva, che esclude tutte le aree di pianura e la fascia pedecollinare a ridosso dell’area urbanizzata di pianura e prima collina, qui indicata come “Carta di vocazione biotica del Cinghiale” (Figura 54). La mobilità del Cinghiale è incompatibile con la fitta rete viaria e l’elevata urbanizzazione della fascia planiziale e pedecollinare. La nuova carta risulta più operativa, e rappresenta un punto di partenza più efficace per passare alla carta di vocazione agro-forestale utile alla gestione, in grado di minimizzare i conflitti tra cinghiale e tessuto antropizzato. Nelle carte di vocazione che seguono l'areale in bianco è a vocazione nulla. Figura 53 – Carta di vocazione potenzialedel Cinghiale 78 Figura 54 – “Carta di vocazione biotica del Cinghiale” 3.2.4. Carta di vocazione agroforestale Nel caso degli Ungulati, e soprattutto del Cinghiale, particolare importanza assume l’aspetto legato alle interazioni con le attività agricole e, di conseguenza, alle strategie gestionali da adottare al fine di minimizzarne l’impatto. Come noto, uno degli strumenti gestionali utilizzabili a questo scopo è rappresentato dalle carte di vocazione o rischio agro-forestale, le quali si possono ottenere sovrapponendo alla vocazione prettamente ambientale la stima degli impatti che la specie può determinare sulle varie colture. La “Carta di rischio agro-forestale” (Figura 55) è stata realizzata calcolando, sul sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della estensione dei seminativi, dei vigneti e dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate dal Cinghiale. Quindi è stata applicata una procedura automatica che prevede l’attribuzione della categoria di rischio elevato per le cellette nelle quali l’estensione delle colture a seminativi risulti superiore alla media provinciale, e l’attribuzione della categoria di rischio massimo alle cellette in cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio classificato in entrambe le categorie è stato sottratto alla vocazione biotica, identificandolo con i colori verde e giallo. Il territorio di pianura, pur presentando localmente un certo grado, benchè minimo, di vocazione biotica, è stato escluso a priori dalla applicazione della procedura descritta, risultando pertanto privo di colorazione, in 79 quanto nel complesso la pianura reggiana non può essere considerata attualmente idonea ad una effettiva gestione di questa specie. Con le elaborazioni condotte si è proceduto quindi a mettere in risalto le possibili criticità legate sia all’assetto agricolo del territorio, rappresentate ad esempio dalle aree in cui sono più abbondanti le colture sensibili, sia al fatto che, a seguito di condizioni locali, zone con alta vocazione per il Cinghiale possono venire a trovarsi immerse o a ridosso di vaste aree antropizzate e ampiamente coltivate, costituendo nuclei di potenziale espansione della specie. Il risultato della carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati è innanzitutto un significativo arretramento della linea di vocazione verso la fascia collinare e montana, con le porzioni di territorio situate nella prima collina che non afferiscono più ad ad alcuna vocazionalità per il cinghiale, inoltre ampi tratti del medio e dell’alto Appennino vengono in questo modo declassati anch’essi a vocazione nulla, in accordo con la distribuzione reale delle coltivazioni. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a vocazione nulla. Figura 55 – Carta di vocazione agro-forestale del Cinghiale 80 3.2.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali Data la mobilità della specie e la difficoltà obiettiva di arrivare a stime affidabili di densità per areali puntuali, nel caso del Cinghiale non è realistico prevedere valori soglia per le singole “celle” di un mosaico costituito da piccoli areali, rientranti in diverse, e talora molto discordanti, condizioni di vocazionalità. Ma oltre alle considerazioni appena dette, come da indicazioni regionali, sono i distretti di gestione o gruppi di distretti che costituiscono riferimento affinché il prelievo sia programmato annualmente in funzione soprattutto del livello di danno alle colture, prevedendo soglie massime di danno tollerabile. Sulla base delle densità locali di abbattimento e del livello di danno economico fissato come tollerabile, si determina ogni anno per ogni distretto il contingente da prelevare facendo ricorso a tutte le forme di caccia consentite ed in particolare alla selezione i cui tempi di esercizio ne garantiscono l’efficacia nelle zone maggiormente sensibili. 81 3.3. La vocazione del territorio provinciale per il Cervo 3.3.1. Dato biologico di riferimento Per la formulazione del modello di vocazione le aree campione con presenza della specie sono state suddivise in due gruppi, cioè aree con densità rilevata minore o maggiore di 2 capi/kmq, valore corrispondente alla media delle densità rilevate e coerente con i valori soglia normalmente attribuiti agli ambienti con potenzialità rispettivamente basse e elevate per questa specie. 3.3.2. Modello di vocazione Il modello di vocazione per il Cervo si è basato prevalentemente sull’abbondanza delle aree che possono offrire riparo dai predatori o aree maggiormente indisturbate (cover area), sulla diversità della composizione dei boschi e sull’estensione delle strade. 3.3.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica Il modello statistico è stato quindi applicato sul territorio indicato come di presenza potenziale. La classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando 3 categorie di vocazione, ottenute in base alla probabilità di appartenenza al gruppo 2, segnatamente: alla categoria di minore idoneità vengono attribuite le celle con probabilità non superiore al 50% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di idoneità intermedia vengono attribuite le celle con probabilità compresa tra il 50% e il 75% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di massima idoneità vengono attribuite le celle con probabilità superiore al 75% di appartenere al gruppo 2. In questo modo è stata creata una prima carta delle potenzialità del territorio provinciale (Figura 56). Occorre precisare che l’areale potenziale individuato in pianura deve intendersi come puramente teorico, indicativo di condizioni ambientali minime in qualche misura compatibili con le esigenze ecologiche della specie, ma che non tengono conto dell’organizzazione spaziale e della mobilità della specie. Si osserva che attualmente la massima idoneità ambientale risulta per la gran parte limitata alla fascia alto appenninica, entro un raggio compreso tra circa 5 e 15 km in linea d’aria dallo spartiacque, corrispondente a condizioni ambientali che vedono la predominanza di estesi boschi di latifoglie miste, sovente fustaie o cedui invecchiati di buona qualità, intercalati a prato-pascoli e praterie di altitudine, e con relativamente scarsa presenza di coltivazioni annuali. Non mancano tuttavia casi in cui la massima idoneità teorica si estende verso quote inferiori ben oltre la fascia indicata, così come esistono porzioni, anche di una certa estensione pur se non sempre direttamente collegate all’area principale, poste ad altitudini molto inferiori e che in taluni casi giungono alla fascia basso collinare. La carta evidenzia quindi non solo la possibilità di ulteriore espansione nella fascia montana ma anche il rischio di dispersione verso la collina, con conseguenze negative. E’ stata creata quindi una seconda carta biotica più operativa (Figura 57), che tiene maggiormente in conto le caratteristiche biologiche della specie, soprattutto per quanto riguarda la mobilità e gli spazi vitali. Così impostata, la nuova carta esclude tutta la fascia planiziale interna e la prima fascia 82 pedecollinare, dove le aree individuate come potenzialmente idonee sono in realtà spesso molto ristrette e disperse sul territorio. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a vocazione nulla. Figura 56 - Carta di vocazione potenziale del Cervo 83 Figura 57 - Carta di vocazione biotica del Cervo 3.3.4. Carta di vocazione agroforestale La carta di rischio agro-forestale (Figura 58) è stata realizzata partendo dalla carta di vocazione più operativa e calcolando, sul sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della estensione dei seminativi, dei vigneti e dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate dal cervo. Quindi è stata applicata una procedura automatica che prevede la attribuzione della categoria di rischio elevato per le cellette nelle quali l’estensione delle colture a seminativi risulti superiore a quella media provinciale,, e la attribuzione della categoria di rischio massimo alle cellette in cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio classificato in entrambe le categorie è stato sottratto alla vocazione biotica, identificandolo con i colori verde e giallo. Il risultato della carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati vede un sensibile arretramento della linea di vocazione verso la fascia alto-collinare. Nella carta che segue l’areale in bianco è a vocazione nulla. 84 Figura 58 - Carta di vocazione agro-forestale del Cervo 3.3.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali In prima approssimazione si può fissare come densità di riferimento (densità agro-forestale calcolata su ampie superfici in primavera) i valori 3-5 capi per kmq per le aree a elevata vocazionalità, 1-3 capi per kmq per le aree a media vocazionalità e fino a 1 capo per kmq per le aree a bassa vocazionalità. Ovviamente, in caso di compresenza significativa di altri ungulati e di conflitti con le attività agricole, è necessario programmare le densità sui valori minimi proposti. 85 3.4. La vocazione del territorio provinciale per il Capriolo 3.4.1. Dato biologico di riferimento Vista la distribuzione dei valori di densità osservati, per la formulazione del modello di vocazione del Capriolo sono state individuate due classi di densità utilizzando la mediana (18 ind./kmq) della distribuzione come soglia: classe 1, compresa tra 0 e 18 capi/kmq; classe 2, maggiore o uguale di 18 capi/kmq. 3.4.2. Modello di vocazione Il modello di vocazione per il Capriolo si basa prevalentemente su tre variabili: l’abbondanza di colture eterogenee, l’indice di diversità delle formazioni boscate e i perimetri dei boschi. Il modello ha previsto i seguenti passaggi: • Individuazione delle aree che potevano offrire riparo dai predatori o aree maggiormente indisturbate (cover area). Tali aree sono indispensabili nell’areale di presenza stabile per consentire adeguati livelli di riproduzione e la sopravvivenza delle classi di età giovanili, oltre che degli stessi adulti. • Per considerare i movimenti giornalieri che normalmente vengono effettuati dagli animali verso le aree aperte (escluse le perlustrazioni dovute a fenomeni di dispersione), l’area è stata estesa per 1 km rispetto alle cover area, ottenendo così una mappa di presenza preliminare. • Dalla mappa di presenza preliminare, sono state escluse le aree chiaramente non idonee alla presenza del capriolo (zone umide, corpi idrici, aree urbane, etc.). • Infine, sono state escluse le aree soggette a intenso disturbo antropico diretto (200 m intorno ai centri urbani). • L’area risultante rappresenta la distribuzione potenziale nel territorio provinciale. 3.4.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica A partire dall’analisi delle aree campione suddivise in due gruppi, cioè aree con densità rilevata compresa entro 18 capi/kmq, e aree con densità rilevata superiore a 18 capi/kmq, la classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando tre categorie di vocazione, ottenute in base alla probabilità di appartenenza alla categoria 2, segnatamente: alla categoria di minore idoneità vengono attribuite le celle con probabilità non superiore al 50% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di idoneità intermedia vengono attribuite le celle con probabilità compresa tra il 50% e il 75% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di massima idoneità vengono attribuite le celle con probabilità superiore al 75% di appartenere al gruppo 2. Tale classificazione permette la creazione di una prima carta delle potenzialità (Figura 59). Il territorio provinciale risulta pressoché ovunque, almeno nella fascia appenninica e pre-appenninica, potenzialmente ricettivo per questo ungulato, con idoneità da media a elevata. E’ importante sottolineare che una più congrua chiave 86 di lettura della carta delle potenzialità è quella che vede risaltare le aree maggiormente adatte alla specie, tenendo tuttavia in considerazione il fatto che il rimanente territorio mantiene una vocazione da discreta a buona. In altri termini, l’analisi dei dati attualmente disponibili per questa specie mostra che, laddove essa è presente, raggiunge densità che difficilmente scendono sotto i 6-7 capi/kmq. In base alla carta, si evidenzia che le condizioni ambientali maggiormente favorevoli al Capriolo sono quelle caratterizzate dalla massima frammentazione delle tipologie ambientali quali tipicamente si incontrano nella fascia collinare fino ad altitudini medie, mentre, al contrario, gran parte della fascia alto appenninica, che vede la predominanza di estesi boschi di latifoglie miste, presenta vocazione di grado inferiore. Nella fascia montana, la presenza di prati-pascolo in aree prevalentemente boscate aumenta localmente la vocazionalità. Questo effetto è tuttavia osservabile solo entro un certo limite altitudinale, in quanto oltre i 1200-1400 m s.l.m. è probabile che esso venga controbilanciato dall’effetto negativo delle condizioni climatiche. E’ stata quindi creata una seconda carta, di tipo operativo, che chiamiamo “Carta di vocazione biotica del Capriolo” (Figura 60), tenendo conto di alcune caratteristiche biologiche della specie, come la dispersione giovanile, la mobilità. Di conseguenza sono state escluse tutte le aree di pianura classificate inizialmente come idonee. La fitta rete viaria e l’intensa urbanizzazione annullano la ricettività potenziale della pianura della provincia. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a vocazione nulla. 87 Figura 59 – “Carta di vocazione potenziale del Capriolo” Figura 60 - Carta di vocazione biotica del Capriolo 3.4.4. Carta di vocazione agroforestale Anche nel caso del Capriolo, come di altri Ungulati, è necessario porre attenzione alle interazioni con le attività agricole e, più in generale, antropiche; pertanto è stata realizzata una carta di vocazione agro-forestale (Figura 61), ottenuta come in altri casi declassando la vocazione biotica nei casi di sovrapposizione con le colture che risultano maggiormente danneggiate dalla specie. La carta agro-forestale è stata realizzata partendo dalla carta della vocazione biotica e calcolando, sul sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della estensione dei vigneti e dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate dal capriolo. Quindi è stata applicata una procedura automatica che prevede l’attribuzione della categoria di rischio agroforestale alle cellette in cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio così classificato è stato sottratto alla vocazione biotica. Il risultato della carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati è un arretramento della linea di vocazione verso la fascia collinare, ma soprattutto una forte diminuzione delle aree a massima vocazione o la scomparsa di qualunque vocazione, ben 88 osservabile nei settori in cui sono presenti colture specializzate, segnatamente frutteti e vigneti. Nella carta che segue l’areale in bianco è a vocazione nulla. Figura 61 - Carta di vocazione agro-forestale del Capriolo 3.4.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali L’analisi dell’idoneità ambientale individua come aree altamente vocate quelle a maggiore diversità strutturale, i classici paesaggi rurali collinari a mosaico, con compresenza di elementi naturali (arbusteti, boschetti) e coltivazioni. Sebbene realistico, il modello di idoneità non si presta direttamente alla programmazione della gestione in funzione dei conflitti con le attività agricole. Ai fini gestionali è opportuno individuare tendenzialmente tre fasce: una basso-collinare a elevata conflittualità potenziale con attività agricole di pregio, con densità programmate tra i 3 e i 10 caprioli per kmq, una fascia alto-collinare cuscinetto con densità fissate a 11-15 capi/kmq e una fascia montana con densità superiori a 15 capi/kmq. Ovviamente, in caso di compresenza significativa di altri ungulati e di conflitti reali con le attività agricole, è necessario programmare le densità sui valori minimi proposti. 89 4. Recepimento delle carte regionali di vocazione e nuove densità obiettivo per le specie di Ungulati Il recepimento delle carte regionali di vocazione di cui alla Deliberazione dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna n. 103/2013, è stato effettuato per il Capriolo, con la definizione delle nuove densità obiettivo, e per il Cinghiale, con la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo della specie. In merito al Cervo, la gestione faunistico venatoria della specie nell’ambito di ciascun comprensorio interprovinciale si realizza con l’attuazione di un Piano poliennale di gestione che, come previsto dal R.R. n. 1/2008, è da considerarsi come parte integrante del Piano faunistico venatorio di ciascuna delle Province coinvolte. Il recepimento delle carte regionali di vocazione del cervo è pertanto da effettuarsi nell’ambito del Piano poliennale di gestione del Cervo del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, da parte del medesimo A.C.A.T.E.R.. Per Daino e Muflone non sono state elaborate nuove carte regionali di vocazione e pertanto non si è reso necessario procedere a specifiche elaborazioni relative al territorio provinciale. Per entrambe le specie restano pertanto confermati gli obiettivi già delineati nel Piano faunistico venatorio provinciale, rimanendo pertanto valide sia le densità obiettivo, che la pianificazione ivi definite. 4.1. Nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo 4.1.1. Potenzialità e vocazione biotica È stato effettuato un confronto iniziale tra le carte di vocazione potenziale e biotica del Capriolo prodotte dalla Regione Emilia-Romagna e i dati provinciali riguardanti la specie contenuti nel quadro conoscitivo. Tale confronto è stato sostanzialmente finalizzato ad effettuare possibili affinamenti alla scala locale attraverso la possibilità di rapportare il modello matematico utilizzato in ambito regionale per definire l’idoneità ambientale per il Capriolo rispetto ai dati rilevati di distribuzione e densità della specie. Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di vocazione biotica regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 62). Successivamente, sulla scorta dei dati di censimento dell’anno 2013, è stata realizzata una carta provinciale di confronto (Figura 63) in cui sono state evidenziate le aree con densità minore o maggiore a 18 capi/100 ettari (è stata utilizzata tale soglia conformemente a quanto usato per il modello regionale che utilizza 18 capi/100 ettari come valore di riferimento per separare le aree a bassa vocazione da quelle a vocazione medio-alta). Tale carta provinciale non evidenzia tuttavia la presenza del Capriolo in molte zone di pianura al di fuori dei distretti di gestione in quanto, sebbene la specie sia effettivamente presente, in tali aree non sono stati condotti censimenti con 90 le metodiche standardizzate utilizzate nei distretti e pertanto non risulta consigliabile estrapolare dati di densità. Figura 62 – Carta regionale della vocazione biotica del Capriolo e distretti di gestione Per i distretti di pianura (4C e 5C) l’idoneità ambientale mostrata localmente dal territorio provinciale può essere ad ulteriore affinamento ed arricchimento rispetto all’analisi delle elaborazioni modellistiche. La densità media nelle aree di alta pianura nell’anno 2013 è risultata essere di 4,5 capi/100 ettari (3,9 capi/100 ettari nel distretto 4C e 5,5 capi/100 ettari nel distretto 5C), con valori nelle singole aree compresi tra 1 e 15,5 capi/100 ettari. In effetti per fattori di scala e di dettaglio, nella modellistica elaborata sulla scala regionale, per le aree di pianura, non rientrano alcuni specifici aspetti che possono rivelarsi di interesse nel valutare l’effettiva idoneità del territorio planiziale per la specie. Il problema principale che incontra la specie nel colonizzare le aree di pianura è rappresentato dalla disponibilità di siti di rifugio durante il giorno. Il Capriolo nelle aree planiziali si è rivelato in grado di utilizzare tutte le tipologie ambientali in grado di nasconderlo alla vista, a prescindere dalla tipologia stessa. Analisi condotte in ambito locale (Fontana & Lanzi, 2008) hanno infatti confermato le evidenze su un utilizzo generalizzato e 91 opportunistico di qualunque habitat in grado di offrire copertura, fosse esso incolto, prato o coltivazione (quindi non necessariamente solo boschi e arbusteti). Per i distretti della porzione appenninica della provincia è stato inoltre effettuato in ambiente GIS un calcolo del numero delle celle (paragrafo 3.1.1.) della carta di vocazione biotica regionale afferenti ai diverso gradi di vocazionalità (Tabella 45). Tale conteggio permette di tradurre numericamente quanto rappresentato in Figura 62. DISTRETTO N° CELLE N° CELLE VOCAZIONE NULLA N° CELLE VOCAZIONE BASSA N° CELLE N° CELLE VOCAZIONE VOCAZIONE MEDIA ALTA 1C 294 11 110 63 110 2C 331 14 91 93 133 3C 265 3 109 55 98 1M 222 0 111 48 63 2M 197 11 110 26 50 3M 220 0 152 26 43 Tabella 45 – Carta di vocazione regionale: numero di celle di ciascun distretto afferenti ai diversi gradi di vocazione biotica 92 Figura 63 – Carta provinciale delle aree a densità inferiore e superiore a 18 capi/100 ha In merito ai distretti di bassa collina (1C e 2C) la carta regionale evidenzia una alta vocazione per il distretto 2C, mentre mostra maggiore disomogeneità nel distretto 1C con porzioni (37% del territorio) a bassa vocazione. I dati di conteggio ottenuti in ambito locale confermano l’alta vocazione complessiva del distretto 1C, ma possono indicare anche una maggiore vocazione per il distretto 1C, vocazione anche più diffusa rispetto a quanto previsto dalle elaborazioni modellistiche. Occorre inoltre evidenziare che in buona parte delle aree del distretto 1C nelle quali i conteggi hanno prodotto dati di densità inferiori a 18 caprioli/100 ettari, le densità osservate sono risultate prossime a tale valore e condizionate inoltre dal prelievo di parte della popolazione. Inoltre, l’alta vocazione biotica per il Capriolo delle zone di bassa collina può trovare ulteriore conferma nei tassi di accrescimento della specie osservati nei distretti 1C e 2C, risultati essere i più alti in ambito provinciale (Figura 11 e Figura 12). Anche per i territori di alta collina (distretti 3C e 1M) si può desumere una maggiore vocazione biotica del territorio provinciale rispetto a quanto evidenziato nella carta regionale, tenuto conto del fatto che spesso le densità inferiori a 18 capi/100 ettari sono conseguenza del prelievo venatorio di parte della popolazione finalizzato al raggiungimento delle attuali densità obiettivo. Per i distretti di montagna (2M e 3M) si osserva una più stretta corrispondenza tra la carta regionale di vocazione biotica e le evidenze dei recenti conteggi effettuati nell’anno 2013 . Sempre in ambiente GIS, utilizzando la Carta di Uso del Suolo 2008 realizzata dall’Istituto Cartografico della Regione Emilia-Romagna, è stata prodotta la caratterizzazione ambientale di ciascun distretto di gestione (Figura 64, Figura 65, Figura 66), finalizzata a ottenere sia ulteriori conferme sulla vocazionalità dei diversi territori per la specie, che indicazioni sulla presenza di colture danneggiabili da utilizzare in sede di definizione delle densità obiettivo. In ambito provinciale, oltre a una diffusa idoneità dei territori di pianura, le condizioni ambientali maggiormente favorevoli al Capriolo sono quelle caratterizzate dalla massima frammentazione delle tipologie ambientali con compresenza di territori boscati e agricoli (distretti 1C e 2C in particolare, ma anche 3C, 1M), mentre, al contrario, gran parte della fascia alto appenninica (distretti 2M e 3M), che vede la predominanza di estesi boschi di latifoglie, presenta vocazione di grado inferiore. Figura 64 – Principali categorie di uso del suolo dei distretti 1C e 2C 93 Figura 65 - Principali categorie di uso del suolo dei distretti 3C e 1M Figura 66 - Principali categorie di uso del suolo dei distretti 2M e 3M 94 Figura 67 – distribuzione provinciale delle principali colture danneggiabili dal Capriolo 4.1.2. Nuove densità obiettivo provinciali Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di rischio agro-forestale regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 68). Tale carta mostra come il rischio di danneggiamento delle coltivazioni, nello specifico vigneti e frutteti, si principalmente localizzato nei due distretti di pianura (4C e 5C) e nei due distretti di bassa collina (1C e 2C). 95 Figura 68 – Carta regionale del rischio agro-forestale Per la definizione delle nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo è stato tenuto conto di: • Indirizzi regionali per la pianificazione delle densità della specie secondo tre fasce: una basso-collinare a elevata conflittualità potenziale con attività agricole di pregio, con densità programmate tra i 3 e i 10 caprioli per kmq, una fascia alto-collinare cuscinetto con densità fissate a 11-15 capi/kmq e una fascia montana con densità superiori a 15 capi/kmq, come da indicazione contenuta Carta regionale delle vocazioni. • Carta regionale del rischio agroforestale (Figura 68) che evidenzia le aree a maggior rischio di danneggiamento ubicate nei distretti di pianura e nei distretti di bassa collina. • Dati derivanti dall’uso del suolo dei distretti che evidenziano come le coltivazioni potenzialmente danneggiabili dal capriolo (vigneti e frutteti) siano principalmente diffuse, oltre che in pianura, nei distretti di bassa collina (Figura 67). • Analisi dei danni arrecati dalla specie alle coltivazioni in ambito provinciale che confermano la criticità dei territori di pianura e di bassa collina (Figura 19). • Analisi dei dati riguardanti gli incidenti stradali che mostrano come la fascia di transizione tra collina e pianura sia la più problematica (Figura 21). 96 • Analisi dei danni effettuate nel quadro conoscitivo delle diverse specie dai quali risulta che i danni a carico dei vigneti sono principalmente a carico di Capriolo e Daino; i danni causati in ambito provinciale dal Daino (localizzati nei distretti 1C e 2C) sono tuttavia di scarsa entità e poco contribuiscono al quadro complessivo dei danni. In queste condizioni non è necessario programmare la densità del Capriolo, tenendo in considerazione delle incidenze derivanti dalla compresenza di altre specie di Ungulati. La nuova carta delle densità obiettivo provinciale del Capriolo (Figura 69) prevede: • Densità obiettivo pari a zero in tutti i territori di pianura, coincidenti con l’intero comprensorio faunistico C1 della pianura e con la porzione pianeggiante del comprensorio faunistico C2 della collina identificabile con i distretti 4C e 5C. • Densità obiettivo compresa tra 3 e 10 capi/kmq nella fascia di bassa collina coincidente con i distretti 1C e 2C del comprensorio faunistico C2. • Densità obiettivo compresa tra 11 e 15 capi/kmq nella fascia di alta collina coincidente con i distretti 2C e 1M, rispettivamente appartenenti al comprensori faunistici C2 e C3. • Densità obiettivo maggiore di 15 capi/kmq nei distretti montani 2M e 3M. 97 Figura 69 – Densità obiettivo provinciale del Capriolo 98 4.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale L’attuale ripartizione del territorio provinciale in nove distretti di gestione del Cinghiale attraverso la caccia collettiva ha evidenziato diverse complessità (in ordine alla dimensione, alle articolate caratteristiche morfologico-ambientali al loro interno, all’esigenza di incrementare l’effettuazione e funzionalità della caccia di selezione) che rendono difficoltosa la programmazione futura della specie secondo il nuovo modello gestionale. Le elaborazioni seguenti, finalizzate a determinare la soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale, saranno quindi effettuate sulla base della ripartizione dei distretti impiegati nel prelievi selettivo degli Ungulati 4.2.1. Potenzialità e vocazione biotica È stato effettuato un confronto iniziale tra le carte di vocazione potenziale e biotica del Cinghiale prodotte dalla Regione Emilia-Romagna e i dati provinciali riguardanti la specie contenuti nel quadro conoscitivo. Tale attività è sostanzialmente finalizzata a possibili affinamenti ed arricchimenti rispetto alle elaborazioni modellistiche di scalaregionale per definire l’idoneità ambientale per il Cinghiale tenendo anche conto delle evidenze di distribuzione e densità della specie sul territorio locale. Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di vocazione biotica regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione impiegati nel prelievi selettivo degli Ungulati (Figura 70). Successivamente, sulla scorta dei dati di prelievo della stagione 2013/14, è stata realizzata una carta provinciale di confronto (Figura 71) in cui sono state evidenziate le zone caratterizzate da differenti densità di prelievo, direttamente correlate alle differenti densità di popolazione. Si può osservare in generale una buona corrispondenza tra le due cartografie, a conferma quanto evidenziato in merito alla vocazionalità del territorio provinciale per il Cinghiale nel paragrafo 3.2.3. Le condizioni ambientali che in provincia sembrano emergere come particolarmente favorevoli al Cinghiale sono quelle che vedono la predominanza di estesi boschi di latifoglie miste (distretti 2M e 3M) oppure situazioni caratterizzate da frammentazione e diversificazione delle tipologie ambientali, quali tipicamente si incontrano nella fascia collinare (distretti 3M e 1M) e in alcuni casi anche ad altitudini molto modeste (distretti 1C e 2C), nelle quali la vocazione appare positivamente influenzata in misura maggiore dalla presenza di aree arbustate o marginali che non da quella di formazioni forestali vere e proprie. Per i distretti della porzione appenninica della provincia è stato inoltre effettuato in ambiente GIS un calcolo del numero delle celle (paragrafo 3.1.1.) della carta di vocazione biotica regionale 99 afferenti ai diverso gradi di vocazionalità (Tabella 46). Tale conteggio permette di tradurre numericamente quanto rappresentato in Figura 70. Figura 70 - Carta regionale della vocazione biotica del Cinghiale e distretti di gestione DISTRETTO N° CELLE N° CELLE VOCAZIONE NULLA N° CELLE VOCAZIONE MEDIO-BASSA N° CELLE VOCAZIONE ALTA 1C 294 61 178 55 2C 331 152 129 50 3C 265 4 180 81 1M 222 0 166 56 2M 197 0 84 113 3M 220 0 66 154 Tabella 46 - Carta di vocazione regionale: numero di celle di ciascun distretto afferenti ai diversi gradi di vocazione biotica 100 Figura 71 – Densità di prelievo del Cinghiale riferita ai distretti della caccia di selezione 4.2.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di rischio agro-forestale regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 72). Tale carta mostra come il rischio di danneggiamento delle coltivazioni, nello specifico seminativi, vigneti e frutteti, si principalmente localizzato nei quattro distretti collinari (1C, 2C, 3C, 1M) e in una porzione del distretto montano 2M. Per i distretti della porzione appenninica della provincia è stato inoltre effettuato in ambiente GIS un calcolo del numero delle celle della carta di rischio agro-forestale regionale afferenti ai diverso gradi di rischio (Tabella 46). Tale conteggio permette di tradurre numericamente quanto rappresentato in Figura 70 101 Figura 72 - Carta regionale del rischio agro-forestale del Cinghiale DISTRETTO N° CELLE VOCATE N° CELLE RISCHIO ELEVATO N° CELLE RISCHIO MASSIMO %° CELLE A RISCHIO 1C 233 168 9 76% 2C 179 99 27 70% 3C 261 193 4 75% 1M 222 125 6 59% 2M 197 45 2 24% 3M 220 3 0 1% Tabella 47 – Carta di vocazione regionale: numero di celle vocate di ciascun distretto afferenti ai diversi gradi di rischio agroforestale La seconda fase del lavoro è stata quella di calcolare per ogni distretto il danno complessivamente accertato dagli ATC e dalla Provincia nell’anno 2013 (Tabella 48). La scelta di basare la soglia economica di danno sull’anno 2013, come detto nel paragrafo 2.6.3., trova giustificazione nel fatto che: 102 • nell’anno 2013 i danni da Cinghiale sono stati i più bassi dell’ultimo quinquennio; • la maggior parte dei danni derivano dalla banca dati georeferenziata regionale; • l’utilizzo di dati recenti permette di non considerare in sede di pianificazione situazioni non più presenti sul territorio (es. ZRC revocate, ecc.). DISTRETTO DANNI COMPLESSIVI (€) DANNI €/KMQ 1C 3.000 15,68 2C 2.930 15,55 3C 5.610 32,87 1M 6.015 41,86 2M 8.313 62,03 3M 3.242 21,23 Tabella 48 – Danni accertati nei distretti nell’anno 2013 Per la definizione della soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale è stato tenuto conto di: • indicazioni circa la vocazione biotica del territorio provinciale (Figura 70) e della densità di prelievo (Figura 71) • indicazioni della carta regionale del rischio agro-forestale (Figura 72) • caratterizzazione ambientale dei distretti e distribuzione delle aree agricole (Figura 64, Figura 65, Figura 66); • presenza di vaste aree con funzione di serbatoio rappresentate ad esempio dal Parco nazionale; • necessità di mantenere un livello di danno estremamente basso nei distretti di bassa collina 1C e 2C; • accorpare i distretti a seconda delle problematiche gestionali emerse nel quadro conoscitivo della specie (presenza di istituti faunistici, aree protette, ecc.). La carta regionale di vocazione biotica mostra una idoneità maggiore per la specie cinghiale nei territori più tipicamente di alta montagna e montagna rispetto agli areali di collina, che degradano morfo-altimetricamente dall’alta collina alla bassa collina. Tale condizione deriva dalla naturale tendenza della specie verso gli ambiti boscati e con condizioni di maggiore naturalità. D’altra parte si è osservata già da molti anni l’adattabilità del cinghiale verso le zone collinari e conseguentemente la sua diffusione verso le zone collinari che in ambito provinciale sono caratterizzate da arbusteti alternati a boschetti e con presenza di zone meno acclivi con ampia e diffusa copertura erbacea. Inoltre, in riferimento alle zone montane sul territorio provinciale, occorre ricordare che la diffusione della fauna selvatica è anche facilitata dalla presenza di zone di protezione, come il Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano che è ricca sede di biodiversità e protezione 103 naturalistica, ove , nello specifico, la specie cinghiale può trovare rifugio e buone condizioni per la sua proliferazione e diffusione. Pertanto, relativamente alla definizione della soglia dei danni al cinghiale, si è individuata una “macrozona” montana che comprende i distretti di gestione 2M e 3M e che si distingue dal restante territorio provinciale per i caratteri sopra detti. Passando agli ambiti collinari, occorre rilevare, come confermato dalla carta del rischio agroforestale, che la diffusione del cinghiale verso le zone collinari è stata condizionata dal facile accesso alle fonti trofiche rappresentate dalle coltivazioni agricole. Ponendo l’attenzione specificatamente alla distribuzione delle colture agricole, e loro componenti di pregio, si evidenzia come non tutto il territorio provinciale che va dalla bassa collina fino a addentrarsi ed estendersi nell’alta collina mostri uguale configurazione. Infatti le zone di bassa collina mostrano carattere di maggiore e più diffuso grado di antropizzazione, ed in particolare in riferimento agli assetti dell’agricoltura, sono sede di coltivazioni di pregio, quali principalmente i vigneti. Tali considerazioni, per altro con specifico riferimento all’individuazione di soglie di danno alle coltivazioni agricole, suggeriscono l’esigenza di suddividere il territorio di collina in due “macrozone” per la soglie di danno, rispettivamente, per la bassa collina con aggregazione dei distretti 1C e 2C, e per l’alta collina con aggregazione dei distretti 3C e 1M. Il quadro riassuntivo relativo alla soglia massima di danno per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale, è di seguito indicato (e illustrato in Figura 73): • 5.930 €, pari a 15,61 €/kmq, per i distretti della fascia di bassa collina 1C e 2C; che formano quindi un areale qui denominato “macrozona di bassa collina”; • 11.625 €, pari a 36,98 €/kmq, per i distretti della fascia di alta collina 3C e 1M; che formano quindi un areale qui denominato “macrozona di alta collina”; • 11.555 €, pari a 40,30 €/kmq, per i distretti della fascia montana 2M e 3M; che formano quindi un areale qui denominato “macrozona di montagna”. Tenuto conto delle indicazioni della Carta regionale delle vocazioni faunistiche che evidenzia l’inopportunità della presenza del Cinghiale nei territori di pianura, si assume tale indicazione per la pianificazione provinciale e per la conseguente gestione fanustico-venatoria della specie. 104 Figura 73 - Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo del Cinghiale 105 5. Aggiornamento 2014 del Piano faunistico venatorio provinciale Questa sezione del presente documento illustra i contenuti pianificatori discendenti dalle analisi conoscitive condotte e delle elaborazioni effettuate in funzione del recepimento degli indirizzi della deliberazione dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna n.103/2013. Si rivolge l’attenzione agli ungulati primariamente alle specie cinghiale e capriolo, coerentemente agli indirizzi regionali. Richiamando gli obiettivi fondanti definiti nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale, relativamente al cinghiale si illustra l’esperienza di attuazione del piano e le evidenze che emergono dall’analisi conoscitiva al fine di definire “obiettivi mirati” per la gestione faunisticovenatoria della specie. Sulla base delle esperienze e dell’aggiornamento conoscitivo e in attuazione degli indirizzi regionali si definisce una nuova gestione faunistico-venatoria della specie cinghiale, che viene illustrata nel capitolo 5.1.2 e per la quale è stato redatto un apposito “schema operativo della sequenza di attività” da effettuarsi per attuare tale nuovo modello di gestione che consenta di coniugare il prelievo da programmarsi annualmente in funzione del livello di danno (soglie di danno). Nel successivo capitolo 5.1.3. si dettagliano le azioni di piano previste per la nuova gestione del cinghiale, anche con il supporto di apposite schede esplicative. Nel capitolo 5.2., si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda la gestione faunistico-venatoria della specie capriolo, che viene quindi articolata sul territorio provinciale in tre fasce territoriali aventi andamento grosso modo est-ovest e definite: “bassa collina”, “alto collinare” e “montana “ con le rispettive densità programmate coerenti con quelle indicate nella “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna” approvata con la citata Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013. Si passa poi alle specie Daino e Muflone, non oggetto di redazione di nuova “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna” e per le quali, sulla base degli approfondimenti conoscitivi condotti per il presente documento, si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti della pianificazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale e le azioni ivi contenute. Si forniscono altresì alcune indicazioni e perfezionamenti degli indirizzi per la gestione venatoria, alla luce delle evidenze conoscitive. In ultimo, a seguito della contestuale valutazione degli elementi conoscitivi rispetto ad una più generale analisi dell’attuazione del PFVP, anche in relazioni alle evoluzioni del contesto territoriale e di settore nel frattempo intervenute, si procede ad alcuni affinamenti di azioni del PFVP o linee gestionali, al fine di incrementare efficienza e di fornire opportunità di ottimizzazione per la gestione faunistico venatoria. 106 5.1. Il Cinghiale: gli obiettivi e le azioni Nel presente capitolo si fornisce una sintesi degli obiettivi e delle azioni per la gestione faunisticovenatoria del cinghiale sulla base degli approfondimenti conoscitivi esposti nei precedenti capitoli e, come precedentemente detto, al fine di recepire gli indirizzi regionali della deliberazione dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna n.103 del 16 gennaio 2013, in particolare tenendo conto delle analisi condotte sui danni in agricoltura. I contenuti del presente documento pertanto costituiscono aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale. Sono da ritenersi pienamente attuali gli obiettivi fondanti individuati nel Piano FaunisticoVenatorio Provinciale che sono qui di seguito richiamati: • conservazione della risorsa fauna selvatica e degli ecosistemi, tutela della biodiversità e dell’equilibrio biologico; • salvaguardia tessuto produttivo agricolo e stimolo allo sviluppo di un tessuto economico locale a lunga sostenibilità; • valorizzazione dell’attività venatoria e del ruolo dei cacciatori – valorizzazione delle componenti sociali dei portatori di interesse; • formazione degli operatori. Nell’ambito della redazione del presente documento si è proceduto a riesame complessivo nell’ottica dell’aggiornamento al Piano e, si è proceduto altresì ad affinamento degli obiettivi, rivolgendo il “focus” alla specie cinghiale, oggetto del presente aggiornamento da parte della Provincia. Pertanto nei prossimi paragrafi si procede a delineare obiettivi mirati alla specie cinghiale con relative strategie ed azioni da intraprendere per rendere più efficace la gestione venatoria, e rafforzare la collaborazione per rendere maggiormente flessibile e reattivo il sistema. 5.1.1. L’esperienza dell’attuazione di Piano, gli obiettivi mirati e le strategie In riferimento a quanto illustrato precedentemente sui danni alle colture agricole (vedi capitolo 2.6.3.), le maggiori criticità si sono riscontrate in alcune zone prossime al Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano a causa della conformazione del territorio, caratterizzato da aree boscate ad alta vocazione per molte specie animali, fra cui primariamente per gli ungulati e nello specifico il cinghiale, e da diffuse colture agricole all'esterno dei confini. La naturale proliferazione e la crescita della consistenza numerica degli ungulati nel Parco crea situazioni di diffusione delle specie nei territori limitrofi dove comporta il verificarsi di consistenti episodi di danneggiamenti alle colture, specialmente nei Comuni di Ligonchio, Villaminozzo e Castelnovo ne' Monti. Analogamente si è rilevato che gli areali di danno sono più concentrati, sia pure in misura minore, sul territorio provincialeadiacente a zone di Parco o altri istituti di protezione della fauna selvatica come anche in aree vicine a zone particolarmente vocate alla presenza dei cinghiali, ubicate nei limitrofi territori provinciali di Parma e Modena. Altre criticità significative sono state riscontrate nell'alta collina nei comune di Carpineti e Toano), seppure hanno contribuito a contrastarle alcune modificazioni che hanno portato alla recente 107 cessazione dell’attività di un centro privato di riproduzione della fauna selvatica e alla revoca di una zona di ripopolamento e cattura. Infatti, in queste zone, nell'ultima annata venatoria, essendo stato possibile esercitare l'attività venatoria ordinaria la consistenza degli ungulati, e, nello specifico del cinghiale, è nuovamente diminuita, abbassando conseguenzialmente la diffusione dei danni in agricoltura. La gestione venatoria della specie cinghiale sul territorio avviene principalmente attraverso la caccia in braccata nella fascia montana, e la braccata e la girata nella collina, e col ricorso al prelievo selettivo in entrambe le aree. Come illustrato nel precedente capitolo 2.6.3., si è evidenziato un andamento che mostra complessivamente al livello provinciale un contenimento dei danni nel tempo, salvo in alcune limitate porzioni di territorio più prossime al Parco, come più sopra riferito. Si valuta pertanto positivamente l’impegno svolto nelle trascorse stagioni venatorie attraverso le braccate e le girate. Occorre altresì perseguire il completamento annuale della programmazione faunistico-venatoria coniugandola per il conseguente obiettivo di contenimento dei danni ed a tale scopo si ritiene utile incrementare le sinergie fra le diverse forme di gestione faunistico-venatoria massimizzando così i risultati, coniugando pertanto l'attivazione di tutte le forme di prelievo consentite, dal prelievo collettivo in braccata, alla girata, al prelievo selettivo. A tale scopo, in sede degli AA.TT.CC. e nell’ambito della collaborazione fra gli AA.TT.CC. e la Provincia, si sono effettuati dei momenti di confronto e approfondimenti tecnici sulle varie pratiche di caccia. In particolare al centro dell'attenzione si sono trovate la definizione di zone di caccia fisse in alternativa alla rotazione delle squadre per distretto. La caccia in girata ha consentito ai cacciatori di sperimentare forme di prelievo a più contenuta incidenza ambientaleterritoriale, ed al contempo, produce risultati positivi in termini di carnieri e, più in generale, può contribuire in termini di flessibilità della gestione venatoria. Nell’ottica pertanto di perseguire l’obiettivo di incrementare la sinergia per rafforzare la gestione faunistico-venatoria si ritiene necessario adottare strategie volte all’ottimizzazione e all’incremento di efficacia del prelievo con l’utilizzo della tecnica di caccia che sia più appropriato rispetto alle condizioni fisiografiche e biotiche degli specifici siti ed areali oggetto di prelievo. A tal scopo, pur confermando l’indubbia validità della caccia in braccata, si ritiene utile dare impulso alla modalità della caccia in girata, come peraltro prevista dal Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna 27 maggio 2008 numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 751 del 26 maggio 2008. Pertanto, coerentemente a competenze, responsabilità e mansioni operative svolte dai capisquadra delle squadre di braccata, si ritiene opportuno che i capisquadra stessi possano decidere, piuttosto che procedere ad un’uscita in braccata, di avvalersi preferibilmente della tecnica della girata, in caso lo richiedano le specifiche condizioni ambientali, locali e dimensionali di un determinato areale di caccia, ad esempio qualora in contesti di dimensioni troppo ridotte per svolgere braccate, e dove la girata può contribuire a maggiore sicurezza e minore disturbo territoriale o sulle altre specie faunistiche. In questi casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in possesso dei requisiti prescritti che si siano maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. Pertanto la composizione dei gruppi dovrà essere definita utilizzando le graduatorie di merito definte dagli AATTCC. 108 Differentemente dalla girata, nel suo esercizio ordinario la forma della braccata o battuta necessita di una presenza consistente di cacciatori per poter essere efficace. Infatti la maggiore presenza di cacciatori effettivamente operanti è la principale garanzia della capacità delle squadre di effettuare un prelievo efficace anche in presenza di consistenze elevate della specie. Pertanto definire un numero minimo di cacciatori per azione di braccata ha la doppia valenza di perseguire uno standard minimo di efficacia per uscita della squadra e di disincentivare la persistenza di squadre a scarsa partecipazione e quindi meno pronte a gestire efficacemente un dato territorio di caccia. Anche questa considerazione costituisce quindi base per una azione nell’ambito del presente documento. Sempre nell’ottica di incrementare le sinergie che derivano dal coniugare le diverse tipologie e metodi di caccia, potendo così conseguire maggiore efficacia nella gestione venatoria, è utile realizzare una maggiore e progressiva affermazione del prelievo selettivo dei cinghiali, anche nelle zone storicamente a gestione prevalentemente collettiva. L’utilizzo del prelievo selettivo, in aggiunta alle altre forme di caccia, può anche rappresentare uno strumento significativo in quanto, effettuato in tutto il periodo previsto nel calendario venatorio, consente di estendere ed ampliare temporalmente il prelievo della specie cinghiale. In questo senso, occorre che gli AA.TT.CC. procedano celermente all’assegnazione dei capi ai singoli cacciatori, per dare avvio al prelievo. Apposita comunicazione almeno mensile dovrà essere effettuata da parte degli AA.TT.CC. alla Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per distretto. In caso che il livello di prelievo non sia linea rispetto agli obiettivi del prelievo programmato ovvero l'attività di selezione non sia realizzata privilegiando la finalità di prevenzione dei danni, la Provincia potrà richiedere all’AA.TT.CC. che essa effettui il ritiro e la ri-assegnazione dei capi ad altri selecontrollori, potendosi applicare, in caso di inosservanza, quanto previsto dall’art. 32 ter della L.R. n. 8/94. Come si diceva è indubbio il positivo contributo dei prelievi effettuati dalle squadre di braccata e dai gruppi di girata per il contenimento della specie cinghiale e quindi, allo scopo di perseguire le densità obiettivo in funzione del rispetto della soglia dei danni, è necessario trovare possibili spazi di ottimizzazione attraverso il coinvolgimento degli AA.TT.CC. e l’arricchimento che ne deriva in termini di apporto delle loro competenze tecniche e patrimonio di esperienza e conoscenza. In questo senso gli AA.TT.CC. devono affinare i propri regolamenti in modo da meglio identificare e definire i ruoli delle squadre e dei gruppi, articolando più dettagliatamente e specificando le attività da effettuarsi sul territorio. La finalità è quella di fare in modo che il territorio di caccia e le attività da svolgersi assumano sempre più valenza di zona di gestione commisurata alle esigenze di tutela delle colture e quindi di contenimento dei danni, coerentemente ai principi e alle soglie di danni oggetto della deliberazione dell’Assemblea della Regione Emilia-Romagna n. 103 del 16 gennaio 2013 e quindi con il primario perseguimento degli obiettivi di riduzione delle densità del cinghiale ai fini del rispetto della soglia dei danni e di predisposizione di misure di prevenzione dei danni da cinghiale alle coltivazioni agricole. Il protrarsi dell'attuale situazione di crisi economica ha ulteriormente aggravato le condizioni del sistema socio-economico locale, in particolare per le attività produttive agricole che è un settore primario e tradizionale per l’economia reggiana, con prodotti di eccellenza su varie filiere tipiche 109 agro-alimentari. In questa situazione, come più sopra riferito, occorre un ulteriore sforzo di miglioramento del sistema gestionale venatorio in modo da incrementare efficienza, flessibilità e partecipazione. In questo contesto, occorre anche offrire opportunità che permettano di riconoscere il merito, in funzione dei risultati ottenuti nell’anno precedente in termini di avvicinamento agli obiettivi di prelievo posti. Pertanto si fornisce tale indirizzo agli AA.TT.CC. da introdursi quale ulteriore criterio per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Sarà contemporaneamente necessario che gli AA.TT.C.C abbiano la possibilità di rivedere le assegnazioni della zona di braccata o di girata alla squadra o al gruppo in caso gli interventi gestionali non portino all’avvicinamento degli obiettivi, in particolare, del rispetto alla soglia dei danni. In aggiunta, le esperienze di gestione venatoria sin qui condotte hanno evidenziato come la creazione di una più stretta relazione tra le squadre di braccata e le realtà locali del distretto territoriale in cui esse operano, crea sinergia e comporta una responsabilizzazione delle squadre e maggiore chiarezza ed immediatezza dei rapporti con gli agricoltori e con la comunità locale, relativamente ai soggetti ai quali fare riferimento. Per tali motivi si ritiene utile proseguire tale attività ed incrementare le sinergie con specifiche azioni. Pertanto si da’ ulteriore indirizzo agli AA.TT.CC., da adottarsi in una prima fase come misura sperimentale, di incrementare le sinergie fra i cacciatori e gli agricoltori, potendo richiedere alle squadre la specifica collaborazione per l’attuazione di misure di prevenzione contro i danni da fauna selvatica alle coltivazioni agricole. Inoltre a seguito di verifica dei risultati di prelievo delle singole squadre da parte degli AA.TT.CC, tale collaborazione delle squadre potrà essere posta quale ulteriore criterio per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Nuove forme ed esperienze di collaborazione, pertanto andranno valorizzate e ulteriormente diffuse. Per l'effettuazione della caccia in braccata la dimensione delle squadre risulta essere un fattore determinante per la realizzazione efficace dei piani di prelievo e pertanto si fornisce indirizzo agli AA.TT.CC. di incentivare eventuali fusioni o accorpamenti di squadre allo scopo di elevare il numero medio di cacciatori nelle uscite di caccia, individuandolo come ulteriore criterio per l'assegnazione delle zone di caccia. Gli AA.TT.CC. potranno valutare l’introduzione di ulteriori misure ed azioni derivanti dalla loro esperienza e conoscenza per creare ottimizzazione e per migliorare l’efficacia del prelievo venatorio in rapporto ai danni in agricoltura, come, ad esempio l'introduzione di una compartecipazione economica finalizzata alla contribuzione alle imprese agricole per i danni subiti alle coltivazioni da erogarsi da parte dei cacciatori delle squadre di braccata e i gruppi di girata, e di un deposito cauzionale al momento della presentazione della squadra o del gruppo, definendone caratteristiche e modalità. Al fine di incidere sulla pressione esercitata dalla specie cinghiale sul territorio e sul tessuto antropico, ed in particolare per la tutela delle imprese agricole, è necessario realizzare compiutamente i piani di prelievo nelle Aziende Faunistico Venatorie (AFV). Allo stesso tempo è necessario aumentare l’omogeneità di prassi sul territorio provinciale e la collaborazione all’interno del sistema locale, creando maggiore coerenza fra il settore della gestione faunistico110 venatoria ed il settore produttivo agricolo. Nello specifico per rendere più responsabile la gestione da parte delle AFV agli indennizzi dei danni, si ritiene di prevedere nei relativi provvedimenti autorizzatori specifici riferimenti e/o prescrizioni in tal senso, come ad esempio apposite garanzie fideiussorie, la cui inosservanza può essere causa di revoca dell’autorizzazione. Più in generale, come strategia di ottimizzazione ed efficientamento, anche in riferimento ai prelievi è utile attuare uno specifico monitoraggio con verifiche periodiche intermedie e finali dei risultati raggiunti nella stagione venatoria, in modo da potere ri-orientare gli interventi di prelievo introducendo misure correttive per renderli più efficaci così da approssimarsi alle previste densità obiettivo, e di ricorrere anche a piani di controllo, anche a caccia aperta, qualora emergano criticità in termini di danni e il prelievo si riveli insufficiente per affrontarli. In caso durante la stagione venatoria i danni risultino eccedere le soglie fissate, i piani di prelievo potranno essere rimodulati per decrescere le densità nelle zone interessate, mentre nel breve la reattività del sistema richiede la collaborazione delle squadre per rendere risolutivi gli interventi di controllo. Come ulteriore elemento di reattività del sistema e di partecipazione, i proprietari o conduttori di fondi agricoli o loro collaboratori, in possesso delle qualificazioni richieste, potranno collaborare come interlocutori privilegiati agli interventi di controllo. Da un punto di vista del miglioramento ed aggiornamento delle conoscenze si è ampiamente evidenziato come la costituzione di banche date georeferenziate con l’implementazione dei dati relativi ai danni, (ad esempio relativamente agli areali, colture e soggetti) siano operativamente utili, ed assieme ad un più rapido ed efficiente flusso informativo fra gli AA.TT.CC e gli Enti, consentono di ri-orientare le priorità delle azioni di gestione venatoria sui settori territoriali provinciali che subiscono maggiore danneggiamento, contribuendo così significativamente e positivamente al contenimento dei danni. Occorre pertanto perseguire l’innovazione anche attraverso il popolamento della banca dati regionale sui danni e lo sviluppo, applicazione ed implementazione di procedure informatiche e sistemi che consentano l’analisi territoriale dei dati (ad esempio con GIS – Geographic Information Systems). Portando a sintesi le considerazioni che sono state sopra esposte, in base all’esperienza condotta nell’attuazione del Piano, e restando validi gli obiettivi fondanti del Piano Faunistico-Venatorio vigente, come prima riferiti, si è proceduto ad affinamento degli obiettivi, con particolare riferimento alla gestione del cinghiale, da attuarsi nei prossimi anni, e si sono quindi definiti degli obiettivi mirati che possono essere così elencati: A. Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di piano, sia applicando le azioni di prevenzione per il contenimento dei danni ove possibile con metodi ecologici, sia ricorrendo al controllo faunistico, in via mitigativa e/o preventiva; B. Portare annualmente a completamento la programmazione della gestione faunisticovenatoria della specie su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee; C. Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati; 111 D. Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni, e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunisticovenatoria e nella sua attuazione; E. Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione. Per il perseguimento degli obiettivi sarà utile che il sistema locale attivi e ponga enfasi sulle seguenti strategie: • Ottimizzare ed efficientare. Trovare all’interno di attività, pratiche o processi i possibili spazi di miglioramento ed ottimizzazione, così da aumentare l’efficacia dell’azione ed i risultati. • Perseguire l’innovazione con l’informatizzazione. Attuare l’implementazione delle banche dati regionali, e non, e darne sviluppo utilizzando i sistemi di georeferenziazione e gli applicativi utili all’analisi dei dati territoriali, procedendo a flussi informativi sempre più frequenti e trasversali ai vari Soggetti competenti. La qualità delle conoscenze e la loro immediata condivisione favorisce infatti approcci più dinamici e maggiore congruenza delle scelte e decisioni, rispetto alle mutevoli condizioni sul territorio, e consente maggiore flessibilità e possibilità di ri-orientamento delle scelte gestionali. • Incrementare la partecipazione e riconoscere il merito. La partecipazione favorisce la coesione e “agire insieme” incrementa l’efficacia dell’azione. Adottando criteri per riconoscere il merito si contribuisce all’equità e a un andamento positivo indirizzato all’efficacia dell’azione. • Aumentare la collaborazione fra i soggetti coinvolti. La collaborazione consente una visione più completa dei sistemi complessi, quale ad esempio: uomo-territorio-natura, così da poter individuare azioni articolate ed integrate che meglio possano rispondere alle esigenze. 112 5.1.2. La gestione faunistico venatoria della specie cinghiale In questo capitolo, si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda la gestione faunistico-venatoria della specie cinghiale. La Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013 prevede, fra l’altro, che le Province provvedano ad inserire nei propri Piani faunistico-venatori la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il prelievo della specie cinghiale. Come ulteriormente specificato nell’elaborato, approvato con citata Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013, riguardante la “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, il prelievo deve essere programmato annualmente in funzione soprattutto del livello di danno alle colture, prevedendo soglie massime di danno, per distretti o gruppo di distretti. Sulla base delle densità locali di abbattimento e del livello di danno economico fissato come tollerabile, si determina ogni anno per ogni distretto il contingente da prelevare. Nel precedente capitolo 4.2.2., è stata definita la soglia di danno a cui occorre riferirsi per costituire, annualmente, il contingente da prelevare. Quest’ultimo viene a sua volta indicato nel piano di prelievo approvato annualmente dalla Provincia nell'ambito calendario venatorio, e che rappresenta la programmazione annuale della gestione faunistico-venatoria, nello specifico, riferita alla specie cinghiale. Si è quindi proceduto a sviluppare un “schema operativo della sequenza di attività” (Figura 74) che, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole, consideri possibili azioni “correttive” in funzione del grado di raggiungimento/superamento della soglie dei danni. Tale schema contiene anche le principali azioni di piano in funzione del raggiungimento o meno della soglia dei danni. Le ulteriori azioni di piano saranno comunque attivate durante la stagione venatoria, come indicato in forma generica nella rappresentazione grafica dello schema operativo. Resta fermo che è prioritaria l’organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole e che tale obiettivo si fornisce quale prioritario indirizzo agli AATTCC ai fini di adottare tutti i possibili accorgimenti che consentano la maggiore aderenza fra la gestione venatoria ed il rispetto della soglia dei danni. Il processo su cui si fonda lo “schema operativo della sequenza di attività” si basa sul principio di attivare tutte le forme di caccia, per effettuare i prelievi programmati, ponendo particolare attenzione agli areali dove storicamente si sono verificati i maggiori/più frequenti danni alle coltivazioni agricole, e di prevedere una prima “fase” di valutazione dei danni stessi verificatisi in agricoltura, che sia intermedia ed effettuata durante il corso dell’annata venatoria, in modo da procedere all’attivazione dei Piani di controllo qualora si siano evidenziati avvicinamenti alla soglia. In tale modo si incrementano i prelievi rapportandoli alle soglie di danno al fine di ridurre i danni stessi in modo che non raggiungano la soglia definita. I Piani di controllo del cinghiale dovranno essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla L.157/1992 art. 19 comma 2, in 113 particolare con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA, prevedendo di norma l’impiego di tecniche venatorie selettive. Alla fine dell’annata agraria, si effettua la valutazione finale dei danni, commisurandola alla soglia di danno fissata, e qualora si osservi un grado elevato di avvicinamento della soglia o il raggiungimento della soglia, o , ancor più, essa sia stata superata, si prevede di attivare i Piani di Controllo del cinghiale all’inizio dell’annata venatoria successiva. Tale misura, in caso di superamento della soglia, ha valore mitigativo per la riduzione dei danni in agricoltura entro i limiti della soglia stessa, ed ha anche valore cautelativo come misura preventiva in caso di elevato grado di avvicinamento alla soglia. 114 Figura 74 – “Schema operativo della sequenza di attività” per la gestione faunistico-venatoria della specie Cinghiale. Annata venatoria 2014-2015 e successive annate TEMPISTICA PROVINCIA definizione CALENDARIO VENATORIO a seguito dell’approvazione del calendario venatorio regionale (aprile/maggio 2014) ATC e AFV presentazione alla Provincia del piano di gestione del cinghiale con stime presenze, proposte di prelievo, definizione zone di caccia e periodo di caccia PROVINCIA date da Regolamento regionale 1/2008 (aprile/luglio 2014) approvazione programmazione del prelievo selettivo e della caccia collettiva aprile/maggio 2014 OPERATORI VENATORI + OPERATORI VENATORI caccia collettiva (con attivazione di squadre di braccata e gruppi di selezione) at t i vi t à pr osi eguo AZI ONI DI PI ANO ATTIVAZIONE DI TUTTE LE FORME DI CACCIA PREVISTE periodi previsti da calendario venatorio provinciale (da aprile-maggio 2014) caccia di selezione (da ottobre 2014) ATC e AFV ATC e AFV fornitura mensile dei dati alla Provincia monitoraggio e conteggio dei prelievi in attuazione del calendario venatorio provinciale (maggio-gennaio) PROVINCIA ELEVATO o COMPLETO valutazione del grado di raggiungimento del prelievo programmato BASSO at t i vi t à pr osi eguo basso grado di avvicinamento della soglia danni PROVINCIA ATC e AFV VALUTAZIONI SULLE PRIME STIME DEI DANNI rilevazione e accertamento danni durante annata agraria entro 15 maggio 2014 alto grado di avvicinamento (1) o superamento della soglia danni PROVINCIA ATTIVAZIONE PIANO DI CONTROLLO (nei distretti di gestione dove sono avvenuti danni più frequenti / rilevanti) in corso di stagione venatoria (da aprile-maggio 2014 a gennaio 2015) CHIUSURA ANNATA VENATORIA data prevista in calendario venatorio (gennaio 2015) PROVINCIA VALUTAZIONE PRELIEVO ELEVATO o COMPLETO entro febbraio 2015 NON ELEVATO (2) o NON COMPLETO alto grado di avvicinamento (1) o superamento della soglia danni ATTIVAZIONE PIANO DI CONTROLLO AD INIZIO PROSSIMA STAGIONE VENATORIA con rotazione squadre (3) PROVINCIA VALUTAZIONI FINALI SUI DANNI PROVINCIA, ATC e AFV rilevazione e accertamento danni (completamento) basso grado di avvicinamento della soglia danni entro febbraio 2015 prima dell’inizio della successiva stagione venatoria 2015-2016 (febbraio-marzoparte aprile 2015) Il presente schema si ripete anche per le successive annate venatorie. Note: (1) alto grado di avvicinamento alla soglia dei danni = oltre il 90% stimato del valore della soglia dei danni. (2) NON ELEVATO = basso tasso di prelievo realizzato rispetto al programmato. (3) coinvolgimento di squadre diverse da quelle che hanno effettuato il prelievo (braccata e girata) durante l’annata venatoria precedente in una data zona di caccia. Legenda = attività = risultato delle valutazioni = azioni di piano (aprile/maggio 2014) = tra parentesi sono riportate le date indicative in base ai precedenti calendari venatori. 115 Nel diagramma di Figura 74 è illustrato nel dettaglio la “schema operativo della sequenza delle attività” per la gestione venatoria della specie cinghiale, tenuto conto dei dati dei prelevi e dei danni, sia in corso dell’annata venatoria stessa sia alla fine della medesima, per apportare i correttivi per la successiva annata venatoria, come prima detta. Sono quindi illustrati i casi in cui alle evidenze di bassi prelievi o alti prelievi sono incrociate le valutazione di bassi danni o di danni che approssimano/superano la soglia. Nello schema operativo, sono indicate le specifiche “azioni di piano” che si intende attivare con particolare riferimento ai casi di avvicinamento/superamento della soglia dei danni, mentre, sulla sinistra del diagramma è riportata l’attivazione generale delle azioni di piano (elencate nel successivo capitolo 5.1.3.) in quanto è prevista la loro costante attuazione in quanto ritenute comunque utili sia per diminuire l’incidenza degli ungulati sui settori antropici, in particolare l’agricoltura, sia per dare impulso ad un continuo accrescimento dell’efficacia della gestione venatoria. Resta fermo che nel caso in cui alla fine della stagione venatoria si siano evidenziati danni con basso grado di avvicinamento alla soglia, nonostante il contingente prelevato sia stato comunque inferiore a quello programmato si provvederà negli atti di programmazione provinciale, per la successiva annata venatoria, alla definizione di un numero di capi da prelevare che sia congruente. Occorre comunque procedere con tutte le azioni previste nel successivo capitolo 5.1.3. che possano creare efficientamento nella gestione faunistico-venatoria ed incrementare il livello del prelievo per meglio attuare gli obiettivi di programmazione. Come detto nella parte di analisi conoscitiva, tenendo in considerazione le analisi condotte per i danni si è proceduto alla definizione della “soglia di danni” in riferimento a gruppi di distretti, effettuandone un aggregazione per “macrozone” da utilizzare per la gestione faunistico venatoria, sia in corso di sua effettuazione sia a base della programmazione per le successive annate venatorie. Data la variabilità sia degli andamenti delle consistenze della specie sia degli effettivi prelievi, a loro volta soggetti alla mutevolezza di molteplici condizioni di tipo biologico e climatico, e degli andamenti dell’attività venatoria in combinazione con gli assetti locali e delle coltivazioni, si è ritenuto quindi di adottare un principio di maggiore adeguatezza e flessibilità, attenendosi quanto più possibili vicini alle reali condizioni che si osservano territorialmente. Occorre pertanto rispettare la “soglia dei danni”, da attuarsi su base annuale, nell’ambito della definizione della programmazione da parte della Provincia, comunque oggetto di valutazione al completamento di un biennio di attività di gestione faunistico venatoria e di rilevazione dei danni, in modo da valutarne appunto l’adeguatezza rispetto alle reali ed attuali condizioni presenti sul territorio e ad aggiornarla, o meno, al valore evidenziatosi nell’ultima annata di gestione faunistico-venatoria 116 5.1.3. Le azioni rivolte alla gestione faunistico-venatoria della specie Cinghiale Nel presente capitolo sono individuate le azioni per la gestione faunistico venatorie, in attuazione degli obiettivi e strategie attuative sopra poste, e secondo la nuova impostazione della gestione faunistico-venatoria della specie cinghiale illustrata nel capitolo precedente (vedi “schema operativo della sequenza di attività”, Figura 74) e sviluppata coerentemente con gli indirizzi regionali, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole. Le azioni sono state definite attingendo alle esperienze sin qui condotte e attraverso le analisi conoscitive effettuate per il presente aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale. Si prevedono pertanto le seguenti azioni: a) Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo. Attuazione di tutte le forme di prelievo consentite, dal prelievo collettivo in braccata, alla girata, al prelievo selettivo, incrementando in tal modo le sinergie fra le diverse forme di gestione faunistico-venatoria massimizzando così i risultati. b) Indirizzi agli Ambiti Territoriali di Caccia. Gli Ambiti Territoriali di Caccia ove si svolge la caccia collettiva al cinghiale sono tenuti a adeguare i propri regolamenti, entro 30 giorni dalla vigenza del presente documento, ai seguenti indirizzi: b1. Affinamento dei regolamenti e specificazione attività. Gli AATTCC devono affinare i propri regolamenti in modo da meglio identificare e definire i ruoli delle squadre e dei gruppi, articolando più dettagliatamente e specificando le attività da effettuarsi sul territorio, con il primario perseguimento degli obiettivi di riduzione delle densità del cinghiale e di predisposizione di misure di prevenzione dei danni da cinghiale alle coltivazioni agricole; b2. Introduzione di criteri di merito per le assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Gli AATTCC dovranno introdurre criteri per riconoscere il merito in funzione dei risultati ottenuti da applicarsi per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Gli AATTCC potranno altresì rivedere le assegnazioni della zona di braccata o di girata alla squadra in caso gli interventi gestionali non portino ad avvicinamento agli obiettivi; b3. Effettuazione di specifiche attività volte ad incrementare la prevenzione dei danni in agricoltura. Le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a incrementare le sinergie con gli agricoltori attraverso il supporto operativo e l’effettuazione di specifiche attività volte all’acquisizione, installazione e posa in opera degli strumenti e materiale di prevenzione dei danni; b4. Partecipazione ad interventi di miglioramento ambientale ed altre attività gestionali. Tutti i cacciatori sono tenuti a partecipare ad interventi di miglioramento ambientale e alle altre attività gestionali, in particolare le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a effettuare e incrementare la propria partecipazione alle attività di prevenzione dei danni in 117 agricoltura, valutando inoltre la possibilità che sia stabilita compartecipazione al rimborso dei danni in agricoltura; b5. Realizzazione del prelievo selettivo e monitoraggio in itinere. Gli AA.TT.CC. dovranno procedere celermente all’assegnazione di tutti i capi da prelevare in selezione ai singoli selecontrollori, anche tenendo conto criteri per riconoscere il merito, al fine di avviare senza ritardo il prelievo selettivo del cinghiale Apposita comunicazione almeno mensile dovrà essere effettuata da parte degli AA.TT.CC alla Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per distretto. In caso che il livello di prelievo non sia in linea rispetto agli obiettivi del prelievo programmato, la Provincia potrà richiedere all’AA.TT.CC. che esso effettui il ritiro e la riassegnazione dei capi ad altri selecontrollori, applicandosi in caso di inosservanza quanto previsto dall’art. 31 della L.R.8/94; b6. Organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole. Recependo gli indirizzi regionali che indicano la necessità di interrelazione fra la gestione venatoria del cinghiale e il rispetto della soglia di danno in agricoltura e tenendo in considerazione le analisi sui danni (vedi capitolo 2.6.3.) e il conseguente accorpamento di unità di gestione con analoghe caratteristiche per la definizione della soglia di danno (vedi capitolo 4.2.2.) si fornisce indirizzo agli AA.TT.CC. di adottare tutti i possibili accorgimenti che consentano la maggiore aderenza fra la gestione venatoria ed il rispetto della soglia dei danni. In particolare gli AA.TT.CC. dovranno valutare la conformazione areale dei distretti di gestione della caccia collettiva al cinghiale (braccata e girata) comparativamente ai distretti di caccia di selezione nell’ottica di renderle quanto più uniformi possibili sul territorio al fine del rispetto delle soglie di danno definite per le “macrozone” individuate nel presente documento (vedi capitolo 4.2.2.). Tale obiettivo è posto al fine di creare integrazione nella gestione venatoria degli ungulati e dare maggiore confrontabilità agli esiti della gestione e quindi consentire maggiore efficacia operativa e più stretta coerenza per la programmazione ed attuazione dei prelievi in funzione dei danni. Le proposte, elaborate in base ad opportune valutazioni faunistico-territoriali e di analisi dei danni in agricoltura e sviluppate attraverso opportuni percorsi di collaborazione e condivisione interna agli stessi Ambiti, saranno presentate alla Provincia per le proprie valutazioni ed adozione degli atti di competenza. c) Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata. Coerentemente a competenze, responsabilità e mansioni operative svolte dai capisquadra delle squadre di braccata, capisquadra stessi hanno facoltà di decidere di avvalersi preferibilmente della tecnica della girata in caso lo richieda le specifiche condizioni ambientali, locali e dimensioni di un determinato areale di caccia. In questi casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in possesso dei requisiti prescritti che si siano maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. A tal fine, la composizione dei gruppi dovrà essere definita utilizzando le graduatorie di merito definite dagli AA.TT.CC. 118 d) Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di girata. Il numero minimo di cacciatori impegnati in braccata non potrà essere inferiore a 25 per permettere un'adeguata copertura delle superfici boscate o accidentate, inoltre il numero medio di cacciatori impegnati nelle uscite della stagione venatoria sarà uno dei criteri per l'assegnazione delle zone di caccia per la stagione successiva; e) Attivazione del Piano di Controllo. Previa condivisione di appositi accordi operativi con la Provincia, in quanto competente ai sensi della L.R. n.8/1994, le squadre di braccata e i gruppi di girata forniranno adeguata collaborazione alla realizzazione, sotto il coordinamento della Polizia Provinciale, degli interventi di controllo faunistico in cui potranno essere coinvolti anche i proprietari e i conduttori dei fondi agricoli (o loro collaboratori), anche in una logica di autodifesa dell'agricoltore, qualora in possesso delle qualificazioni specifiche per il controllo faunistico della specie. I Piani di controllo dovranno essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla L.157/1992 art. 19 comma 2, in particolare con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA, prevedendo di norma l’impiego di tecniche venatorie selettive; f) Tutela dai danni nelle Aziende Faunistico Venatorie. Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) che effettuano la gestione faunistico-venatoria degli ungulati sono tenute all’effettuazione dei rimborsi dei danni in agricoltura. In caso le AFV non ottemperino alle prescrizioni di Legge o contenute nelle specifiche autorizzazioni, la Provincia può procedere a revoca dell’autorizzazione stessa, previa preventiva diffida. g) Collaborazione con Enti ed Aziende. Coordinamento della attività gestionali, coinvolgendo i vari Enti e Soggetti amministrativamente e territorialmente competenti, in particolare per l’Ente di gestione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ed altri parchi e zone di tutela, attraverso appositi atti e accordi; h) Banche dati e georeferianziazione. Implementazione da parte degli AA.TT.CC. e AA.FF.VV. della banca dati regionale sui danni in agricoltura, anche tramite popolamento delle informazioni con apposito trasferimento dati da esistenti locali banche dati informatizzate, e utilizzo di sistemi di georeferenziazione per i danni in agricoltura, con l’adozione di sistemi che consentano l’analisi territoriale dei dati (ad esempio con GIS – Geographic Information Systems) ed incremento dello scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia, attraverso flussi informativi periodici; i) Contrastare ogni forma di pasturazione. Contrastare ogni forma di pasturazione, con l'eccezione delle operazioni condotte per finalità di prevenzione dei danni o per motivi legati all’attività di controllo, prevedendo anche opportune misure di contrasto nei regolamenti degli AATTCC che prevedano possibili casi di sospensione dall’attività venatoria. 119 l) Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra l’attività venatoria ed i danni in agricoltura in funzione del modificarsi nel tempo degli assetti colturali agricoli sul territorio. Gli AATTCC sono tenuti ogni tre anni alla realizzazione di uno studio che sulla base delle interrelazioni fra le attività e risultati della gestione venatoria rispetto ai danni alle coltivazioni agricole e alle trasformazioni temporali e territoriali degli assetti colturali che evidenzi le situazione/areali maggiormente a rischio di danni da fauna selvatica e individui le dinamiche verificatesi e le azioni che possano produrre effetti di miglioramento nella riduzione dei danni in agricoltura.. m) Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della gestione faunistico-venatorio. La presente azione prevede l’attuazione di Piani di controllo della specie cinghiale all’inizio della stagione di gestione faunistico-venatoria, qualora, nell’annualità precedente, dopo la chiusura dell’attività venatoria, le valutazioni sui danni alle coltivazioni agricole evidenzino il raggiungimento della “soglia dei danni” o l’avvicinamento alla “soglia dei danni”, in misura superiore al 90% della medesima soglia, coerentemente a principi di cautela e prevenzione. Necessitando di valutazioni di raggiungimento o avvicinamento alla soglia dei danni, questa azione si può applicare segnatamente a partire dalle annate di gestione faunistico-venatoria successiva alla prima (2014-2015) e quindi dal 2015-2016 in poi. I Piani di controllo del cinghiale dovranno essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla L.157/1992 art. 19 comma 2, in particolare con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA, prevedendo di norma l’impiego di tecniche venatorie selettive. Alcune delle azioni sopra dette hanno più ampia valenza potendosi anche applicare, più in generale per le specie di ungulati oggetto di gestione venatoria, oltre che alla specie cinghiale. In tal senso esse costituiscono specificazione alla vigente pianificazione Faunistico Venatorio provinciale, potendo assumere pertanto operatività nelle prossime programmazioni riferite alle altre specie di ungulati, qualora pertinenti ed applicabili 120 Tabella 49 - Schema di lettura delle schede descrittive delle azioni di piano Titolo azione ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITA’ STATO DI ATTUAZIONE Descrizione sintetica dell’azione Obiettivi di Piano che l’azione persegue Si specifica se l’azione è da avviare oppure se è in prosecuzione, implementazione, affinamento di un’iniziativa in corso. Altresì si specifica se l’attuazione dell’azione è condizionata da altri strumenti di pianificazione e/o regolamentazione e/o disposizioni o necessita di supporto operativo di enti/aziende diverse dalla Provincia REFERENTE Soggetto di riferimento per l’attuazione dell’azione SOGGETTI COINVOLTI Soggetti pubblici e/o privati da coinvolgere nell’attuazione dell’azione FUNZIONE Si specifica se l’azione è preventiva (e quindi agisce sulla tutela del sistema faunistico-venatorio, dell’agricoltura e degli ecosistemi); mitigativa (compensa impatti o criticità); programmatoria (espleta la funzione di tipo programmatorio) SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO Si specificano i settori a cui è rivolta l’azione Si indica il periodo temporale in cui l’azione dispiega la sua efficacia, il quale può essere di breve/medio periodo (entro 3 anni) o periodo medio/lungo (superiore ai 3 anni e/o oltre) Ambito territoriale in cui va realizzata l’azione LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI Si indica un livello relativo del costo dell’azione Si fornisce un giudizio (o un’indicazione) sull’interesse ad attuare un’azione sulla base dei tempi e dei costi necessari e dell’intensità degli effetti attesi Sono esplicitati e descritti i fattori che possono eventualmente ridurre e limitare la fattibilità dell’azione classificati di natura tecnica, economica e sociale da intendere in relazione al grado di accettazione sociale delle realtà locali e degli operatori di settore 121 Schede descrittive delle azioni di Piano a Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Attuazione di tutte le forme di prelievo consentite, dal prelievo collettivo in braccata, alla girata, al prelievo selettivo, incrementando in tal modo le sinergie fra le diverse forme di gestione faunistico-venatoria massimizzando così i risultati. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, cacciatori FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 122 b.1 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: affinamento dei regolamenti e specificazione attività ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Gli AATTCC devono affinare i propri regolamenti in modo da meglio identificare e definire i ruoli delle squadre e dei gruppi, articolando più dettagliatamente e specificando le attività da effettuarsi sul territorio, con il primario perseguimento degli obiettivi di riduzione delle densità del cinghiale e di predisposizione di misure di prevenzione dei danni da cinghiale alle coltivazioni agricole. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 123 b.2 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: introduzione di criteri di merito per le assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Gli AATTCC dovranno introdurre criteri per riconoscere il merito in funzione dei risultati ottenuti da applicarsi per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Gli AATTCC potranno altresì rivedere le assegnazioni della zona di braccata o di girata alla squadra in caso gli interventi gestionali non portino ad avvicinamento agli obiettivi. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 124 b.3 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: effettuazione di specifiche attività volte ad incrementare la prevenzione dei danni in agricoltura ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a incrementare le sinergie con gli agricoltori attraverso il supporto operativo e l’effettuazione di specifiche attività volte all’acquisizione, installazione e posa in opera degli strumenti e materiale di prevenzione dei danni. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 125 b.4 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: partecipazione ad interventi di miglioramento ambientale ed altre attività gestionali ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Tutti i cacciatori sono tenuti a partecipare ad interventi di miglioramento ambientale e alle altre attività gestionali, in particolare le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a effettuare e incrementare la propria partecipazione alle attività di prevenzione dei danni in agricoltura, valutando inoltre che sia stabilita compartecipazione al rimborso dei danni in agricoltura. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 126 b.5 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: realizzazione del prelievo selettivo e monitoraggio in itinere ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Gli AATTCC dovranno procedere celermente all’assegnazione di tutti i capi da prelevare in selezione ai singoli selecontrollori, anche tenendo conto criteri per riconoscere il merito, al fine di avviare senza ritardo il prelievo selettivo del cinghiale. Apposita comunicazione almeno mensile dovrà essere effettuata da parte degli AATTCC alla Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per distretto. In caso che il livello di prelievo non sia in linea rispetto agli obiettivi del prelievo programmato, la Provincia potrà richiedere all’AATTCC che esso effettui il ritiro e la ri-assegnazione dei capi ad altri selecontrollori, applicandosi in caso di inosservanza quanto previsto dall’art. 31 della L.R.8/94. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AATTCC FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 127 b6 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Recependo gli indirizzi regionali che indicano la necessità di interrelazione fra la gestione venatoria del cinghiale e il rispetto della soglia di danno in agricoltura e tenendo in considerazione le analisi sui danni (vedi capitolo 2.6.3) e il conseguente accorpamento di unità di gestione con analoghe caratteristiche per la definizione della soglia di danno (vedi capitolo 4.2.2.) si fornisce indirizzo agli AATTCC di adottare tutti i possibili accorgimenti che consentano la maggiore aderenza fra la gestione venatoria ed il rispetto della soglia dei danni. In particolare gli AA.TT.CC. dovranno valutare la conformazione areale dei distretti di gestione della caccia collettiva al cinghiale (braccata e girata) comparativamente ai distretti di caccia di selezione nell’ottica di renderle quanto più uniformi possibili sul territorio al fine del rispetto delle soglie di danno definite per le “macrozone” individuate nel presente documento (vedi capitolo 4.2.2.). Le proposte, elaborate in base ad opportune valutazioni faunistico-territoriali e di analisi dei danni in agricoltura e sviluppate attraverso opportuni percorsi di collaborazione e condivisione interna agli stessi Ambiti, saranno presentate alla Provincia per le proprie valutazioni ed adozione degli atti di competenza. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE AATTCC SOGGETTI COINVOLTI Provincia FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 128 c Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Coerentemente a competenze, responsabilità e mansioni operative svolte dai capisquadra delle squadre di braccata, capisquadra stessi hanno facoltà di decidere di avvalersi preferibilmente della tecnica della girata in caso lo richieda le specifiche condizioni ambientali, locali e dimensioni di un determinato areale di caccia. In questi casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in possesso dei requisiti prescritti che si siano maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. Pertanto la composizione dei gruppi dovrà essere definita utilizzando le graduatorie di merito definite dagli AATTCC. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Squadre e gruppi di caccia al cinghiale SOGGETTI COINVOLTI Squadre e gruppi di caccia al cinghiale, cacciatori FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 129 d Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di girata ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Il numero minimo di persone impegnate in braccata non potrà essere inferiore a 25 per permettere un'adeguata copertura delle superfici boscate o accidentate, inoltre il numero medio di cacciatori impegnati nelle uscite della stagione venatoria sarà uno dei criteri per l'assegnazione delle zone di caccia per la stagione successiva. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Azione diretta della Provincia SOGGETTI COINVOLTI Squadre di braccata FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 130 e Attivazione del Piano di Controllo ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Previa condivisione di appositi accordi operativi con la Provincia, in quanto competente ai sensi della L.R. n.8/1994, le squadre di braccata e i gruppi di girata forniranno adeguata collaborazione alla realizzazione, sotto il coordinamento della Polizia Provinciale, degli interventi di controllo faunistico in cui saranno coinvolti anche i proprietari e i conduttori dei fondi agricoli (o loro collaboratori), anche in una logica di autodifesa dell'agricoltore, qualora in possesso delle qualificazioni specifiche per il controllo faunistico della specie. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Azione diretta della Provincia SOGGETTI COINVOLTI Squadre e gruppi di caccia al cinghiale, selecontrollori, …………… FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 131 f Tutela dei danni nelle Aziende Faunistico Venatorie ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) che effettuano la gestione faunistico-venatoria degli ungulati sono tenute all’effettuazione dei rimborsi dei danni in agricoltura. In caso le AFV non ottemperino alle prescrizioni di Legge o contenute nelle specifiche autorizzazioni, la Provincia può procedere a revoca dell’autorizzazione stessa, previa preventiva diffida. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Azione diretta della Provincia SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, AFV, ATV FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 132 g Collaborazione con Enti e Aziende ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Coordinamento della attività gestionali, coinvolgendo i vari Enti e Soggetti amministrativamente e territorialmente competenti, in particolare per l’Ente di gestione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ed altri parchi e zone di tutela, attraverso appositi atti e accordi. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Provincia SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, Parco nazionale, Province FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 133 h Banche dati e georefenziate ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Implementazione da parte degli AA.TT.CC. e AA.FF.VV. della banca dati regionale sui danni in agricoltura, anche tramite popolamento delle informazioni con apposito trasferimento dati da esistenti locali banche dati informatizzate, e utilizzo di sistemi di georeferenziazione per i danni in agricoltura, con l’adozione di sistemi che consentano l’analisi territoriale dei dati (ad esempio con GIS – Geographic Information Systems) ed incremento dello scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia, attraverso flussi informativi periodici. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Provincia SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia, Parco nazionale, ATC, AFV, ATV FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 134 i Contrastare ogni forma di pasturazione ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Contrastare ogni forma di pasturazione, con l'eccezione delle operazioni condotte per finalità di prevenzione dei danni o per motivi legati all’attività di controllo, prevedendo anche opportune misure di contrasto nei regolamenti degli AATTCC che prevedano possibili casi di sospensione dall’attività venatoria. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Azione diretta della Provincia SOGGETTI COINVOLTI Provincia di Reggio Emilia FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 135 l Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra l’attività venatoria ed i danni in agricoltura in funzione del modificarsi nel tempo degli assetti colturali agricoli sul territorio ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ Gli AATTCC sono tenuti ogni tre anni alla realizzazione di uno studio che sulla base delle interrelazioni fra le attività e risultati della gestione venatoria rispetto ai danni alle coltivazioni agricole e alle trasformazioni temporali e territoriali degli assetti colturali che evidenzi le situazione/areali maggiormente a rischio di danni da fauna selvatica e individui le dinamiche verificatesi e le azioni che possano produrre effetti di miglioramento nella riduzione dei danni in agricoltura. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE AATTCC SOGGETTI COINVOLTI FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA C.F.O. ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 136 m Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della gestione faunisticovenatoria ▼ DESCRIZIONE OBIETTIVI DI RIFERIMENTO ATTIVITÀ’ La presente azione prevede l’attuazione di Piani di controllo della specie cinghiale all’inizio della stagione di gestione faunistico-venatoria, qualora, nell’annualità precedente, dopo la chiusura dell’attività venatoria, le valutazioni sui danni alle coltivazioni agricole evidenzino il raggiungimento della “soglia dei danni”, 1 coerentemente a principi di cautela e prevenzione. Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al controllo faunistico Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio, qualificando ulteriormente i risultati Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione STATO DI ATTUAZIONE PROSECUZIONE DI AZIONE GIÀ ATTIVATA CONDIZIONATO DA STRUMENTI/SUPPORTI IMMEDIATO REFERENTE Azione diretta della Provincia SOGGETTI COINVOLTI FUNZIONE SETTORI D’INCIDENZA RISULTATI ATTESI AMBITO TERRITORIALE D’INTERVENTO PROGRAMMATORIA MITIGATIVA PREVENTIVA ALTRO SETTORE VENATORIO SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE SETTORE AGRICOLO ALTRO A BREVE / MEDIO TERMINE A MEDIO / LUNGO TERMINE PROVINCIA ISTITUTO FAUNISTICO ALTRO LIVELLI DI PRESTAZIONE LIVELLO COSTI ATTUAZIONE PRIORITA’ FATTORI LIMITANTI ALTO MEDIO BASSO NULLO NON QUANTIFICABILE ALTA MEDIA BASSA NON QUANTIFICABILE TECNICO ECONOMICO CARATTERISTICHE TERRITORIO ALTRO SOCIALE 1 Necessitando di valutazioni di raggiungimento della soglia dei danni, questa azione si può applicare segnatamente a partire dalle annate di gestione faunistico-venatoria successiva alla prima (2014-2015) e quindi dal 2015-2016 in poi. 137 Tabella 50 - Elenco riepilogativo delle azioni di Piano a Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo b.1 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: affinamento dei regolamenti e specificazione attività b.2 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: introduzione di criteri di merito per le assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale b.3 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: effettuazione di specifiche attività volte ad incrementare la prevenzione dei danni in agricoltura b.4 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: partecipazione ad interventi di miglioramento ambientale ed altre attività gestionali b.5 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: realizzazione del prelievo selettivo e monitoraggio in itinere b.6 Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole c Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata d Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di girata e Attivazione del Piano di Controllo f Tutela dei danni nelle Aziende Faunistico Venatorie g Collaborazione con Enti e Aziende h Banche dati e georefenziazione i Contrastare ogni forma di pasturazione l Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra l’attività venatoria ed i danni in agricoltura in funzione del modificarsi nel tempo degli assetti colturali agricoli sul territorio m Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della gestione faunistico- venatoria 138 5.2. La gestione faunistico venatoria della specie Capriolo In questo capitolo, si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda la gestione faunistico-venatoria della specie capriolo. Gli indirizzi indicati dalla Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013 per quanto riguarda la specie capriolo sono, nello specifico, espressi nel documento “Carta delle Vocazioni Faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, ove si prevede l’individuazione di tre fasce territoriali definite: a)“basso-collinare”, con densità programmata tra i 3 e i 10 capi capi/km2; b) “alto collinare” cuscinetto, con densità fissata tra gli 11 e 15 capi capi/km2; c) “montana”, con densità superiori a 15 capi/km2. Al fine di dare recepimento agli indirizzi regionali si è pertanto proceduto a confrontare le fasce territoriali regionali sopradette con l'attuale conformazione dei distretti di gestione faunisticovenatorio del capriolo sul territorio provinciale, da cui emerge che i distretti di gestione hanno andamento spaziale che è pienamente coerente ed aderente alla distinzione del territorio nelle tre fasce: "basso-collinare”, "alto-collinare" e "montana". Nello specifico, quindi, i confini settentrionali dei distretti di gestione di collina (Distretti C1 e C2, in ambito ATCRE3), che si attestano sul confine morfo-fisiografico fra l'alta pianura/pre-collina e la collina sul territorio provinciale (in prossimità della strada pedemontana) bene si prestano alla delimitazione settentrionale della fascia “basso-collinare". Analogamente gli stessi distretti, in quanto ricadenti nella collina un po’ più inoltrata, compongono la fascia di “basso-collinare” e la delimitano meridionalmente con la successiva fascia di “alto-collinare”. Similmente si è preceduto per i distretti individuati come 3C in ambito ATCRE3 e 1M in ambito ATCRE4, che quindi costituisco la fascia di “alto-collinare” definita dalla Regione; mentre rientrano nella fascia “montana” i distretti 2M e 3M dell'ATCRE4. Dalle analisi conoscitive condotte per il presente aggiornamento del Piano faunistico Venatorio Provinciale, emerge che le interferenze maggiori della specie capriolo con le attività dell'uomo, si verificano, come facilmente prevedibile, nelle zone della bassa collina più vicine alla pianura dove sono più ampiamente e diffusamente presenti le coltivazioni agricole, piuttosto che ambienti “strettamente” naturali, e dove altresì il tessuto urbano è più ampiamente sviluppato e con le infrastrutture antropiche più capillarmente presenti (strade, case isolate, frazioni urbane ecc....). In tali aree, si verificano i maggiori danneggiamenti alle colture agricole e interferenze (ad esempio incidenti stradali) con agli assetti antropici, rispetto alle più inoltrate zone di collina e montagna. Al fine quindi di ridurre i danni in agricoltura e le interferenze con il tessuto antropico, si individuano i valori più bassi (circa da 3 a 5 capi/km2) del range di densità obiettivo indicati per tale fascia “basso-collinare” (tra i 3 e i 10 capi/km2), quali valori a cui tendere preferenzialmente per l'attività di programmazione delle presenze in queste zone. Tale impostazione fornisce inoltre una opportuna gradualità delle densità di presenza del capriolo in modo che siano più basse nelle aree 139 più marcatamente antropizzate e che passino gradualmente a consistenze maggiori e più appropriate nei territori meno antropizzati. Al contrario, infatti, stante l’alta vocazionalità indicata dalle analisi condotte, per gli areali aventi maggiore carattere di naturalità nella fascia di “bassocollinare”, si ritiene di tendere ai valori più alti del range (circa da 7 a 10 capi/km2), anche, in ulteriore gradualità rispetto alla confinante fascia “alto-collinare”. Per la fascia “alto-collinare”, coincidente con i distretti 3C di ACTRE3 e di 1M ATCRE4, le densità previste sono già congruenti con la carta delle vocazioni agro-ambientali e pertantoè auspicabile tendere di norma ai valori più alti del range regionale che prevede densità tra 11 a 15 capi/km2, stante le basse evidenze di danni. Nella fascia montana, l’attuale assenza di interferenza con attività agricole permettendo di programmare densità superiori ai 15 capi/km2. Inoltre, in tutte le fasce occorrerà valutare di tendere ai valori più bassi dei rispettivi range di densità , ove si evidenzi, in base ai censimenti ed all’attività conoscitiva, la compresenza di più specie di ungulati, che incidano contemporaneamente e/o addizionalmente sul tessuto antropico circostante ed in particolare sul settore agricolo, essendo quindi tale compresenza un ulteriore fattore che possa essere causa di danno alle coltivazioni. In base a quanto emerso dall’analisi conoscitiva sulla presenza della specie Capriolo in pianura, seppure non ingente, coerentemente peraltro con la “Carta delle Vocazioni Faunistiche della 140 Regione Emilia-Romagna”, ed al contempo tenendo conto della presenza di danni in agricoltura, e comunque interferenze con le condizioni di estensiva antropizzazione di tali territori planiziali, si è definita una densità obiettivo tendente a zero per il capriolo in pianura. In aggiornamento al PFVP, occorrerà pertanto effettuare la gestione faunistico venatoria della specie Capriolo in pianura, attivando tutte le forme di gestione faunistico-venatoria, a cominciare dall’adozione di misure di prevenzione, prioritariamente con il ricorso a metodi ecologici, sino all’eventuale attivazione del prelievo selettivo, e qualora necessario mettendo in atto anche puntuali piani di controllo, laddove si evidenzino danni alle coltivazioni agricole, come ad esempio nei settori orientali più ampiamente caratterizzati da coltivazioni a frutteti, o in ambiti protetti ex art.19 L.R. 8/1994, come le zone di ripopolamento e cattura, anche al fine di evitare un inevitabile effetto “spugna” quale rifugio e serbatoi per lo sviluppo e diffusione della specie in pianura 141 5.3. Conferma degli obiettivi e delle azioni per le specie Daino e Muflone In base alle analisi conoscitive illustrate nei precedenti capitoli, riguardanti le specie Daino e Muflone, si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti della Pianificazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale e le azioni ivi contenute per la gestione della specie, e più in generale per il perseguimento degli obiettivi di equilibrio biologico ivi contenuti. Per la specie daino, da un punto di vista della programmazione, è opportuno prevedere una modulazione dei piani annuali di prelievo, che contempli un alto tasso di assegnazione nelle aree di presenza consolidata della specie, finalizzato alla stabilizzazione della popolazione, e assegnazioni pari al numero dei conteggiati nelle aree di recente colonizzazione. Per quanto riguarda la specie muflone, è stata interrotta la gestione venatoria della specie nel distretto 1C, già dall’anno 2010, considerato il trend negativo della colonia principale situata nell’area collinare .Si prevede comunque che la gestione faunistico-venatoria della specie possa riprendere in caso si osservino incrementi della consistenza della popolazione che possano portare al superamento delle densità obiettivo già riportate nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale. Le fluttuazioni registrate in montagna dipendono invece dal comportamento spaziale delle popolazioni presenti che trovano rifugio nel territorio del Parco nazionale e che pertanto possono non venire conteggiate durante le operazioni annuali di censimento primaverile condotte dall’ATC RE4, per tali casi è necessario proseguire ed incrementare un lavoro di collaborazione con Il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano al fine di monitorare l'andamento delle popolazioni e pertanto avere così un quadro complessivo della presenza della specie sul territorio provinciale. Tale azione rientra pertanto fra quelle già previste al capito 5.1.3. (azioni cinghiale) e si intende quindi da attivarsi anche per la specie muflone 142 5.4. La gestione faunistico venatoria della specie Cervo Da un punto di vista della gestione faunistico-venatoria della specie cervo, occorre precisare che la pianificazione e programmazione è recentemente (dal 2011) passata in capo dall’Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo (A.C.A.T.E.R.). Nello specifico, in ambito regionale per il Cervo sono stati individuati dei comprensori, e la gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo, nell'ambito di ciascun comprensorio si realizza, ai sensi dell'art. 9 del R.R. n. 1/2008, con l'attuazione di un Piano poliennale di gestione che è elaborato dall’Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo (A.C.A.T.E.R.), ed è da questi approvato, e che definisce: a) gli obiettivi della gestione finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali; b) gli interventi diretti e indiretti da realizzarsi sulla popolazione; c) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria nel comprensorio. Il Piano poliennale di gestione, come previsto dall'art. 9, comma 1, del R.R. n. 1/2008, è da considerarsi come parte integrante del Piano faunistico venatorio di ciascuna delle Province coinvolte nella gestione. Il Comprensorio A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato approvato dalla Commissione di Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 20112015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, dove sono fissati gli obiettivi gestionali della specie cervo 2011-2015, e pertanto si è unito al presente documento per facilità di consultazione, assumendo comunque valore di documento a cui doversi riferire per la gestione della specie in aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio Provinciale come richiesto dalla Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013. Il Programma annuale operativo (in base all’art. 9 del R.R. n.1/2008) è elaborato da A.C.A.T.E.R. e viene recepito dalla Provincia e costituisce invece lo strumento di attuazione delle attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano poliennale di gestione. Tale Programma annuale operativo costituisce pertanto il riferimento programmatorio per l’espletamento della gestione–faunistico venatoria della specie cervo sul territorio provinciale 143 6. Affinamenti di azioni e linee gestionali Nell’ambito della redazione del presente documento si è proceduto a più generale riesame dell’attuazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP), nell’ottica di effettuare i possibili affinamenti di azioni del PFVP o di linee gestionali in base alle esperienze nel frattempo condotte, e rivolte a tematiche sensibili, su cui mantenere sempre alta l’attenzione, o rivolte ad argomenti per i quali c’è stato un apporto di nuove conoscenze o evoluzione del quadro di riferimento e disposizioni, oppure atte a coadiuvare le attività della gestione faunistico venatoria ai fini di incrementare efficienza. Nel presente capitolo si forniscono affinamenti inerenti: • incremento della sicurezza nell’attività venatoria • aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) 6.1. Incremento della sicurezza nell’attività venatoria La sicurezza è uno dei principali obiettivi della Provincia di Reggio Emilia, perseguito estesamente nei vari settori di competenza dell’Ente e in particolare nei settori d’azione strategica attuati negli anni, così come l’imprescindibile ed importante finalità di salvaguardia della pubblica sicurezza in ambito venatorio. Infatti, fra le tante attività dell’uomo, l'esercizio venatorio richiede attenzione e massimo rispetto delle norme di sicurezza ed anche di tutte le prassi operative e degli accorgimenti che possano essere utili ai fini di sicurezza. In questo senso la sicurezza si rivolge al duplice obiettivo di tutela dell’incolumità dei cacciatori stessi durante l’attività venatoria e della tutela anche dei fruitori del territorio per le attività produttive, per il governo e gestione, per il tempo libero, per il turismo, ed altro. Inoltre si riscontra una progressiva espansione della problematica relativa alla sicurezza stradale a causa del numero elevato di incidenti stradali, causati nella massima parte dei casi da ungulati. Fra questi più frequentemente sono coinvolti caprioli e in questi casi la maggior concentrazione di questi eventi si realizza nella zona dell’alta pianura in corrispondenza della viabilità pedemontana. Relativamente ai casi sopra detti, elementi essenziali per la sicurezza sono forniti dalle disposizioni di cui alla L. 157/92 ed in particolare si richiama l’articolo 21 con i divieti generali, in cui sono esplicitati riferimenti per situazioni di tipo territoriale, urbanistico, di vie di comunicazione ed altro. Si evidenzia pertanto l’attenzione ad attenersi a tali norme e, come detto, alle prassi e procedure che incrementino la sicurezza per se e per gli altri. Stante l’importanza della sicurezza, si ritiene di attivare misure che possano contribuire ad elevare i livelli di sicurezza sia diminuendo le eventuali interferenze di tipo viabilistico, sia territoriale e di disturbo a terzi, sia di sensibilizzazione e formazione. 144 Sono state attivate sperimentazioni su alcune strade provinciali con applicazione di sistemi di prevenzione ed allontanamento della fauna selvatica dal reticolo stradale (catadiottri). Tali esperienze non hanno portato adeguati risultati, infatti gli effetti di allontanamento della fauna sono rapidamente decresciuti per assuefazione degli animali o per discontinuità di efficienza dipendente da specifiche condizioni di luminosità o ambientali (es. presenza di ostacoli, dislivelli, vegetazione, luminosità diffusa, ...). In queste condizioni è comunque opportuno che, per la tutela dell'incolumità degli utenti della strada in areali in cui si riscontrano presenze significative di caprioli, venga perseguita la sicurezza stradale potenziando gli strumenti gestionali. Pertanto, come indicato nel precedente capitolo 5.2. occorrerà effettuare la gestione faunistico venatoria della specie Capriolo nelle zone maggiormente antropizzate. In tal senso occorrerà estendere la gestione faunistico venatoria della specie anche in pianura, attivando tutte le forme di gestione, a cominciare dall’adozione di misure di prevenzione, prioritariamente con il ricorso a metodi ecologici, sino all’eventuale attivazione del prelievo selettivo, e qualora necessario mettendo in atto anche puntuali piani di controllo, laddove si evidenzino danni alle coltivazioni agricole, e le maggiori interferenze con il tessuto antropico e urbanizzato. Da un punto di vista territoriale, si ribadisce l’importanza di mantenere canali di ampia collaborazione e rapido scambio di informazione con i Comuni, relativamente alle aree oggetto di Ordinanze comunali ove è fatto divieto di esercizio dello sparo, legato ad esigenze di pubblica sicurezza. Sarà necessario che i Comuni informino i competenti uffici provinciali sui provvedimenti assunti al fine di mantenere aggiornato il quadro della situazione. In tal senso è indispensabile che i Comuni redigano e trasmettano tempestivamente idonea documentazione informativa e cartografica a favore di una più efficace gestione interna della Provincia. In una prospettiva di mantenimento di entrambe le funzioni di sicurezza pubblica e di gestione venatoria per questi territori, si conferma quanto già indicato dal Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2008-2013, sull’opportunità di promuovere l’istituzione di Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) anche in aree peri-urbane interessate da eventuali ordinanze sindacali di divieto di sparo o l’istituzione di Aree di Rispetto (AR) limitatamente ai quei territori in cui la presenza di Ungulati selvatici sia particolarmente significativa, o eventualmente di oasi di protezione qualora le caratteristiche ambientali risultino idonee. Resta inteso che le ZRC in aree periurbane interessate da ordinanze sindacali potranno essere istituite in quanto non pregiudicano la sicurezza introdotta dall’ordinanza e dopo una idonea valutazione tecnica. Inoltre, per incrementare le misure di sicurezza e diminuire il disturbo a terzi dell'azione di caccia e la conseguente conflittualità, si ritiene opportuno prevedere come prescrizione in sede di autorizzazione o rinnovo dell'autorizzazione per le Aziende Turistico Venatorie che i campi recintati per la caccia al cinghiale debbano rispettare una distanza dalle abitazioni non inferiore a 800 metri. Nell’ambito delle varie forme di sicurezza, rientra anche la sicurezza ambientale, nella forma di tutela dell’ambiente e, per ciò che riguarda l’interazione con il settore faunistico venatorio, i materiali delle munizioni per gli effetti sia sull’ambiente sia sulla fauna selvatica oggetto, e non, di gestione venatoria. 145 Dai contatti e dagli scambi di corrispondenza recenti fra Provincia e I.S.P.R.A., risulta auspicabile l'utilizzo di munizioni non contenenti piombo nella caccia agli ungulati a fronte della potenziale pericolosità di queste, in caso di frammentazione, nei confronti degli uccelli necrofagi, peraltro già nella stagione venatoria 2012-2013 è stata sperimentata con successo l'introduzione dell'utilizzo di munizioni senza piombo nella caccia di selezione al cervo, infatti tale sperimentazione ha prodotto il risultato della realizzazione del 25% del piano di prelievo con munizioni atossiche. Si ritiene pertanto di dover proseguire nella direzione di una graduale introduzione dell'utilizzo di munizioni senza piombo, incidendo così positivamente sul rispetto dell’ambiente e della biosfera, e, trasversalmente, anche nella prospettiva di stimolare il mercato a questa misura ecologicamente più compatibile, per la caccia di selezione prevedendo di incentivarne l'utilizzo anche nel prelievo per tutte le specie di ungulati. Da un punto di vista della sicurezza individuale e sociale è sicuramente utile proseguire e mantenere attività di formazione ed aggiornamento degli operatori e di sensibilizzazione, sulle tematiche chiave legate alla sicurezza nell'ambito dell'attività venatoria e legata alle caratteristiche dei luoghi di svolgimento che spesso comportano modalità di soccorso specifiche e in alcuni casi estreme come ad es. nel caso di soccorsi nel fitto del bosco e nel soccorso-recupero di persone o ausiliari in crepacci o altri luoghi di difficile raggiungibilità. Problematiche che possono accadere (malori o incidenti) consigliano azioni di formazione e aggiornamento rivolte al personale che può svolgere un ruolo spesso determinante in prima istanza (altri cacciatori sul luogo del fatto) e al personale deputato al soccorso (personale sanitario e veterinario, operatori del soccorso alpino, personale della Polizia Provinciale, Vigilanza Volontaria) in una logica di condivisione di correlazione. Le tematiche da sviluppare e condividere sono: • primo soccorso sanitario • primo soccorso veterinario • tecniche di soccorso in ambiente ostile e conoscenza dei protocolli operativi di soccorso • norme e prassi di sicurezza nell'utilizzo delle armi e per lo svolgimento dell'azione venatoria e materiali/sussidi e presidi volti alla sicurezza Portando a sintesi le considerazioni che sono state sopra esposte, in base all’esperienza condotta nell’attuazione del Piano e in concomitanza con le analisi conoscitive effettuate per il presente aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale, si prevedono pertanto le seguenti azioni per l’incremento di sicurezza: a) Rispetto delle norme relative alla sicurezza e adozione di prassi e procedure volte alla sicurezza. Rispetto di tutte le norme di sicurezza, e in particolare delle disposizioni di cui alla L. 157/92 e nello specifico si richiama l’articolo 21 con i divieti generali, in cui sono esplicitati riferimenti per situazioni di tipo territoriale, urbanistico, di vie di comunicazione ed altro. Si evidenzia inoltre l’attenzione ad attenersi strettamente a tutte le prassi e procedure che incrementino la sicurezza per se e per gli altri. 146 b) Contenimento degli incidenti stradali causati da fauna selvatica. Applicazione di tutte i possibili sistemi di prevenzione, anche in applicazione di nuove conoscenze, sistemi e tecniche impiegando con preferenza metodi ecologici e catture, e ricorrendo in zone critiche anche al prelievo selettivo nelle aree di pianura; c) Collaborazione e scambio informatico con i Comuni per aree con ordinanze di divieto di sparo. Proseguire un’ampia collaborazione e rapido scambio di informazione con i Comuni, relativamente alle aree oggetto di Ordinanze comunali di divieto di sparo. In tal senso è indispensabile che i Comuni redigano e trasmettano tempestivamente idonea documentazione informativa e cartografica a favore di una più efficace gestione interna e della Provincia; d) Incentivare l’istituzione di istituti di ripopolamento e/o protezione della fauna nelle aree periurbane. Incrementare ove possibile l’ubicazione di ZRC anche in aree peri-urbane interessate da eventuali ordinanze sindacali di divieto di sparo o l’istituzione di AR limitatamente ai quei territori in cui la presenza di Ungulati selvatici sia particolarmente significativa, o eventualmente di oasi di protezione qualora le caratteristiche ambientali risultino idonee. Resta inteso che le ZRC in aree perturbane interessate da ordinanze sindacali potranno essere istituite solo in quanto non pregiudicano la sicurezza introdotta dall’ordinanza e dopo una idonea valutazione tecnica; e) Incremento delle distanze fra ATV e abitazioni e zone urbane. Per incrementare le misure di sicurezza e diminuire il disturbo a terzi dell'azione di caccia e la conseguente conflittualità, si ritiene opportuno prevedere come prescrizione in sede di autorizzazione o rinnovo dell'autorizzazione per le Aziende Turistico Venatorie che i campi recintati per la caccia al cinghiale debbano rispettare una distanza dalle abitazioni non inferiore a 800 metri; f) Utilizzo di munizioni senza piombo nella caccia di selezione. Con tale utilizzo si incide positivamente sull’ambiente, sulla fauna selvatica non oggetto di caccia ed quindi in generale sulla biosfera, e, trasversalmente, si agisce anche per stimolare il mercato a questa misura ecologicamente più compatibile, per la caccia di selezione e prevedendo di incentivarne l'utilizzo anche nel prelievo di tutte le specie di ungulati; g) Formazione ed aggiornamento degli operatori e attività di sensibilizzazione, sulle tematiche chiave legate alla sicurezza. 147 6.2. Aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) Nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP) al capitolo 4 sono stati posti gli obiettivi fondanti della pianificazione e della programmazione faunistico venatoria, che, fra l’altro, individua l’importanza degli equilibri faunistici sia ai fini biologici e, allo stesso tempo, della valorizzazione della gestione faunistico venatoria. Ai fini del mantenimento degli equilibri, il piano individua gli assetti e gli istituti per la tutela della fauna selvatica, fra cui i principali sono le Zone di ripopolamento e Cattura (ZRC). Pur mantenendo validi gli obiettivi di destinazione di areali territoriali per tali Zone, come individuato nel PFVP, la gestione del trascorso quinquennio ha fornito utili elementi di valutazione. Infatti per mantenere l’efficienza di tipo naturalistico-biotico delle zone di Ripopolamento e cattura ed, al contempo, non creare maggiore diffusione di specie di ungulati che possono avere incidenza sul tessuto antropico e pertanto con l’obiettivo di salvaguardare le attività umane, è stato utile adottare un approccio dinamico alle funzioni territoriali rispetto alla loro individuazione geografica. Pertanto nel passato quinquennio le aree destinate a Zone di Ripopolamento e cattura si sono maggiormente diffuse e sviluppate nel territorio planiziale ove si assiste ad una minore diffusione degli ungulati, che, altrimenti, trovano in tali zone facili condizioni per aumentare di numero e densità. Inoltre l’ubicazione di Zone di Ripopolamento e cattura in settori territoriali a prevalente presenza di ungulati, pregiudica il raggiungimento degli obiettivi di densità faunistica, in particolare per quanto riguarda il cinghiale. Si è confermata pertanto l'opportunità di privilegiare l'individuazione delle zone di popolamento e cattura in pianura in quanto aree particolarmente vocate per la riproduzione naturale della piccola fauna stanziale, anche con l'obiettivo di creare maggiore separazione possibile fra la gestione faunistico-venatoria ed il tessuto antropico, ad esempio in aree caratterizzate da fitto reticolo stradale e margini periurbani . Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) sono, per intrinseca finalità, istituti volti alla gestione allo sviluppo della fauna selvatica, ed , in tal senso, possono contribuire alla diffusione della medesima nei circostanti areali. Discorso analogo vale per le Zone di Ripopolamento e Cattura, qualora gestite con criteri che prevedano l’irradiamento sul territorio circostante. Vista la necessità che queste realtà gestionali non subiscano interferenze reciproche che potrebbero pregiudicare lo svolgimento delle rispettive attività o la valutazione dei risultati di ciascun Istituto, si ritiene opportuno individuare una distanza minima di rispetto tra questi istituti pari a circa 500 metri da applicarsi come criterio vincolante alle nuove istituzioni o alle modiche di confine eventualmente da realizzarsi. Le linee operative di gestione per i casi sopra esposti, risultano quindi: 148 • incremento delle superfici territoriali destinate alla riproduzione naturale della specie, con priorità per l'istituzione di zone di ripopolamento e cattura (ZRC) in pianura e nelle aree ove meglio effettuare una separazione dell’attività gestionale rispetto al tessuto antropico; • per l’istituzione e/o la conferma di ZRC prediligere ubicazioni caratterizzate da limitata presenza di ungulati o che non pregiudichi i raggiungimento delle densità obiettivo, conducendo un’attenta valutazione sull'impatto gestionale; • adottare tutte le azioni e misure che consentano l’arricchimento biotico del territorio, comprese le zone di ripopolamento e cattura, in particolare per la piccola fauna stanziale, ricorrendo al ripopolamento con lepri di cattura di provenienza comunitaria, sentito il servizio veterinario competente. • stabilire che nuove Aziende Faunistico Venatorie (AFV) non potranno essere istituite ad una distanza inferiore di 500 metri da zone di ripopolamento e cattura; • istituzione di aree, anche a carattere sperimentale, in cui effettuare prelievo programmato 149 7. Bibliografia AA.VV., 2007 – Linee guida per l’immissione di specie faunistiche. Quad. Cons. Natura, 27, Min Ambiente – Ist. Naz. Fauna Selvatica. Fontana R. & Lanzi A., 2008 - Caprioli in pianura. Indagine nelle province di Modena e Reggio Emilia. Consorzio di gestione del Parco fluviale del Secchia. Collana Progetto Secchia, Vol. 1. Monaco A., Franzetti B., Pedrotti L., Toso S., 2003 - Linee guida per la gestione del Cinghiale. Min. Politiche Agricole e Forestali - Ist. Naz. Fauna Selvatica. Raganella Pelliccioni E., Riga F., Toso S., 2013 - Linee guida per la gestione degli Ungulati. Cervidi e Bovidi. Manuali e linee guida ISPRA 91/2013 Toso S., Turra T., Gellini S., Matteucci C., Benassi M.C., Zanni, M.L. (A cura di), 1999 - Carta delle vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna. Regione Emilia-Romagna. 150 151