Aggiornamento 2014 - Provincia di Reggio Emilia

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Aggiornamento 2014 - Provincia di Reggio Emilia
Aggiornamento 2014
Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2008-2012
LA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
Sonia Masini
L’ASSESSORE ALLE INFRASTRUTTURE,
MOBILITÀ SOSTENIBILE e QUALITÀ DELL’ARIA,
SPORT, CACCIA E PESCA
Alfredo Gennari
IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO
INFRASTRUTTURE, MOBILITÀ SOSTENIBILE,
PATRIMONIO, EDILIZIA
Ing. Valerio Bussei
IL SEGRETARIO GENERALE
Dott. Doriana Sacchetti
Approvato dal Consiglio Provinciale
con atto n. 56 del 12/06/2014
Provincia di Reggio Emilia
Assessorato Infrastrutture, Mobilità Sostenibile, Qualità dell’Aria, Sport, Caccia e Pesca
Assessore Alfredo Gennari
Gruppo di lavoro:
Servizio Infrastrutture, Mobilità sostenibile, Patrimonio, Edilizia
Dirigente Valerio Bussei
U.O. Vigilanza, Caccia, Pesca e Forestazione: responsabile p.o. Andrea Gualerzi
U.O. Fauna e Prevenzione danni: Sergio Santini, Giovanna Ligabue
Collaboratore per l’organizzazione: Franca Ruggeri
Servizio Pianificazione Territor., Ambiente e Pol. Cult.: Raffaele Scagliosi
Servizio Sviluppo economico, Agricoltura e Promozione del territorio
Dirigente Francesco Capuano
U.O. Investimenti, sviluppo e multifunzionalita agricola: Giovanni Bonoretti
U.O. Produzioni agroambientali e forestali: Maurizio Mercati
Consulenza per la progettazione ed elaborazioni
Ambrogio Lanzi (“Studio Geco”)
Coordinamento generale
Attilio Giacobbe (staff Assessorato Infrastrutture, Mobilità Sostenibile, Qualità dell’Aria, Sport,
Caccia e Pesca)
Collaborazione e contributi
Maria Luisa Bargossi - Responsabile del Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie
della Regione Emilia-Romagna
Maria Luisa Zanni - Pianificazione faunistica e osservatorio per la gestione della fauna selvatica
della Regione Emilia-Romagna
Federica Dotti - Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie della Regione EmiliaRomagna
Si ringraziano tutti coloro che con suggerimenti o materiali hanno contribuito a realizzare il
presente lavoro.
1
PRESENTAZIONE
Per inquadrare compiutamente questo documento, occorre preliminarmente precisare che il
percorso del presente aggiornamento del Piano si inserisce in questa particolare fase dei
processi di riordino degli assetti istituzionali riguardanti le Province, ormai da tempo, con
alternanti e improvvise accelerazioni e conseguente evidente stato di incertezza.
Nello specifico della materia faunistico venatoria, la Regione, anche a seguito di apposito
confronto con le Province, con la Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 103/2013 ha
confermato gli indirizzi vigenti per la pianificazione provinciale di settore ed ha approvato
l’aggiornamento della “Carta delle vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, che si
riferisce alle specie Capriolo, Cinghiale e Cervo. In attuazione delle disposizioni regionali
abbiamo quindi confermato la validità dei Piano Faunistico Venatorio Provinciale vigente,
assicurando così la continuità operativa nel settore, ed abbiamo proceduto al recepimento
delle nuove disposizioni legate alle nuove carte regionali.
Il presente aggiornamento si inserisce quindi in tale contesto e si pone in continuità con il
Piano Faunistico Venatorio Provinciale approvato dal Consiglio provinciale nel 2008. In questi
anni abbiamo visti confermati, ed abbiamo consolidato, gli obiettivi strategici già allora
individuati che consistono sostanzialmente in: conservazione della fauna selvatica e degli
ecosistemi; salvaguardia del tessuto produttivo agricolo; valorizzazione dell'attività venatoria
e del ruolo dei cacciatori. Il nostro impegno si è conseguentemente rivolto alle fasi di
attuazione, attraverso un lavoro continuo, caratterizzato dalla collaborazione tra cacciatori,
agricoltori ed ambientalisti.
Partendo da questa base, abbiamo elaborato il presente aggiornamento del Piano con la ferma
convinzione che la pianificazione abbia anche valenza di strumento di lavoro, attraverso i suoi
indirizzi che, improntati alla flessibilità e operatività, possano fornire un’utile guida per il
bene comune, per una visione di futuro a cui fare riferimento con azioni concrete rivolte alla
centralità del settore. Ci siamo posti quindi sul solco della vigente pianificazione, sviluppando
le tematiche che possono ulteriormente migliorare le inter-relazioni fra gli aspetti di
salvaguardia delle attività agricole e la gestione faunistico venatoria, nell’ambito comunque
degli equilibri della fauna selvatica.
L’elaborazione dei dati attualizzati sugli ungulati ha permesso di fornire un quadro conoscitivo
in una visione d’insieme con gli andamenti e l’attuale stato delle consistenze delle specie di
ungulati: capriolo; cinghiale, cervo, daino e muflone. Si sono implementati i dati relativi ai
danni alle coltivazioni agricole e con le relative analisi. Si sono anche esaminati gli esiti della
trascorsa gestione faunistica delle specie di ungulati, riferendo i risultati ottenuti ed
eventuali opportunità di miglioramento.
Sulla base del quadro conoscitivo, e tenendo conto degli indirizzi regionali, la parte di
pianificazione è stata differenziata in base alle specie di ungulati: Cinghiale, Capriolo, Cervo,
Daino e Muflone, ed ha individuato soluzioni per la specificità del nostro territorio.
Mentre per il Daino e Muflone si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti della
Pianificazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale vigente, per il Cervo la pianificazione
e programmazione è recentemente (dal 2011) passata in capo dall’Areale Cervo Appennino
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Tosco-Emiliano-Romagnolo che ha elaborato ed approvato il Piano poliennale di gestione e che
coerentemente alle disposizioni regionali è da considerarsi come parte integrante del Piano
faunistico venatorio.
Sempre coerentemente agli indirizzi regionali, le nuove linee di pianificazione si rivolgono in
particolare alle specie Cinghiale e Capriolo.
Su tali contenuti pianificatori abbiamo voluto perseguire uno specifico lavoro di qualità, in
modo che questo documento sia improntato alla maggiore aderenza alla realtà locale e sia al
contempo caratterizzato da una marcata operatività.
Per il cinghiale abbiamo così sviluppato uno “schema operativo della sequenza di attività”,
mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole,
che consideri le possibili azioni “correttive” in funzione del grado di
raggiungimento/superamento della soglie dei danni. Tale “schema operativo della sequenza di
attività” ha l’obiettivo di fornire una guida chiara che si basa sul principio di attivare tutte le
forme di caccia.
A seguito di una puntuale disamina delle esperienze condotte, come anche sinteticamente
illustrate nel presente documento, al capitolo 5 si individuano una serie di azioni.
Nell’ottica di creare sinergie e di aumentare le forme di collaborazione si forniscono indirizzi
agli Ambiti Territoriali di Caccia, da recepire nei rispettivi regolamenti, fra cui
primariamente: effettuare un’organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in
funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole, proprio con
l’obiettivo di consentire maggiore efficacia operativa e più stretta coerenza per la
programmazione ed attuazione dei prelievi in funzione dei danni. Oppure l’introduzione di
criteri di merito in funzione dei risultati ottenuti per le assegnazioni delle zone di prelievo
alle squadre di caccia al cinghiale, ed anche incrementare la prevenzione dei danni in
agricoltura attraverso il supporto operativo dei cacciatori agli agricoltori e la partecipazione
ad interventi di miglioramento ambientale. Inoltre è stato anche ulteriormente valorizzato
l’indirizzo di procedere al monitoraggio in itinere dei prelievi così da avere sotto costante
controllo le consistenze faunistiche ed i danni in agricoltura.
Sono inoltre indicate azioni specifiche rivolte alla gestione faunistico venatoria, come ad
esempio l’attuazione combinata di tutte le forme di prelievo: dal prelievo collettivo in
braccata al prelievo selettivo, incrementando in tal modo le sinergie fra le diverse forme di
gestione faunistico-venatoria e massimizzando così i risultati; l’ulteriore impulso alla modalità
della caccia in girata, privilegiando i cacciatori che si siano maggiormente impegnati nelle
opere di prevenzione. Fra le azioni, si evidenzia anche l’importanza di attivare Piani di
Controllo, per specifiche situazioni, anche all’inizio della stagione di gestione faunisticovenatoria, qualora le valutazioni sui danni alle coltivazioni agricole evidenzino
l’avvicinamento/raggiungimento della “soglia dei danni” , e quindi anche a scopo cautelativo
come misura preventiva.
In aggiunta, la tutela delle colture agricole dovrà inoltre essere incrementata ancora nelle
Aziende Faunistico Venatorie, anche sotto il profilo dei rimborsi dei danni in agricoltura.
Per incrementare innovazione ed efficacia si pone anche l’accento sull’implementazione delle
banche dati, in particolare della banca dati regionale sui danni in agricoltura, e sulla
georeferianziazione delle informazioni, con sistemi quindi che consentano l’analisi territoriale
3
dei dati e anche sull’incremento dello scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia,
attraverso flussi informativi periodici.
Molte di queste azioni sono anche valide per la pianificazione sulla specie Capriolo, per il quale
in questo documento, coerentemente agli indirizzi regionali, sono state individuate tre fasce
territoriali per i fini gestionali: dalla fascia basso collinare, alla fascia alto collinare, fino alla
fascia montana con le relative densità obiettivo.
Anche per questa specie si è condotto un esame delle condizioni locali, riscontrando che le
interferenze maggiori con le attività dell'uomo nelle zone di bassa collina, si verificano, come
facilmente prevedibile, dove sono più ampiamente e diffusamente presenti le coltivazioni
agricole e il tessuto urbano. Al fine quindi di ridurre i danni in tali zone si è fornito indirizzo
di tendere ai valori più bassi del range di densità obiettivo indicati per tale fascia “bassocollinare” (tra i 3 e i 10 capi/km2). Prevedendo comunque una opportuna gradualità delle
densità verso consistenze maggiori e più appropriate nei territori meno antropizzati.
Il presente aggiornamento del piano ha voluto evidenziare lo sviluppo di importanti strategie
di ottimizzazione ed incremento di efficienza, perseguire l’innovazione con
l’informatizzazione, così come incrementare la partecipazione, riconoscere il merito ed
aumentare la collaborazione fra agricoltori, cacciatori ed ambientalisti, in modo da consentire
una visione più ampia dei sistemi complessi: uomo-territorio-natura, così da poter attuare
azioni articolate ed integrate che meglio possano rispondere alle esigenze del territorio.
Ringrazio i tecnici della Provincia, la Regione Emilia-Romagna nei tecnici e responsabile del
Servizio Territorio rurale e attività faunistico-venatorie della Regione Emilia-Romagna, la
Consulta venatoria provinciale e le Associazioni per il buon lavoro compiuto e per i
suggerimenti, i contributi e le proposte offerte.
Concludo sottolineando che è sempre e comunque auspicata una fattiva collaborazione fra
Enti, ed in particolare con l’Ente di gestione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco
Emiliano, e con le Aziende e Associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste, sia perla
concreta ed efficace attuazione dello strumento di pianificazione sia per accrescere la
coesione su una tematica a forte rilevanza sociale, nella volontà di dare sempre nuovo impulso
all'attività venatoria, per elevare la qualità ambientale e garantire la salvaguardia delle
attività agricole.
Alfredo Gennari
4
Indice
Indice
5
1. Introduzione
8
2. Quadro conoscitivo degli Ungulati
12
2.1. Ungulati: quadro sinottico
12
2.1.1. Distribuzione e consistenza
12
2.1.2. Gestione faunistico venatoria
13
2.1.3. Danni e prevenzione
14
2.2. Capriolo (Capreolus capreolus)
17
2.2.1. Distribuzione e consistenza
17
2.2.2. Gestione faunistico venatoria
18
2.2.3. Danni
27
2.3. Cervo (Cervus elaphus)
33
2.3.1. La nuova gestione con il Piano poliennale di gestione del Cervo 2011-2015
33
2.3.2. Distribuzione e consistenza
34
2.3.3. Gestione faunistico venatoria
38
2.3.4. Danni
41
2.4. Daino (Dama dama)
45
2.4.1. Distribuzione e consistenza
45
2.4.2. Gestione faunistico venatoria
46
2.4.3. Danni
51
2.5. Muflone (Ovis aries)
54
2.5.1. Distribuzione e consistenza
54
2.5.2. Gestione faunistico venatoria
55
2.5.3. Danni
56
2.6. Cinghiale (Sus scrofa)
57
2.6.1. Distribuzione e consistenza
57
2.6.2. Gestione faunistico venatoria
58
2.6.3. Danni
70
5
3. Nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche
76
3.1. Metodologia di realizzazione
76
3.1.1. Reticolo cartografico
76
3.1.2. Dati faunistici
76
3.1.3. Dati cartografici di base
76
3.1.4. Modelli
76
3.2. La vocazione del territorio provinciale per il Cinghiale
77
3.2.1. Dato biologico di riferimento
77
3.2.2. Modello di vocazione
77
3.2.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
77
3.2.4. Carta di vocazione agroforestale
79
3.2.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
81
3.3. La vocazione del territorio provinciale per il Cervo
82
3.3.1. Dato biologico di riferimento
82
3.3.2. Modello di vocazione
82
3.3.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
82
3.3.4. Carta di vocazione agroforestale
84
3.3.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
85
3.4. La vocazione del territorio provinciale per il Capriolo
86
3.4.1. Dato biologico di riferimento
86
3.4.2. Modello di vocazione
86
3.4.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
86
3.4.4. Carta di vocazione agroforestale
88
3.4.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
89
4. Recepimento delle carte regionali di vocazione e nuove densità obiettivo per le specie di
Ungulati
90
4.1. Nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo
90
4.1.1. Potenzialità e vocazione biotica
90
4.1.2. Nuove densità obiettivo provinciali
95
4.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il
prelievo del Cinghiale
99
4.2.1. Potenzialità e vocazione biotica
99
6
4.2.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale
rapportare il prelievo del Cinghiale
101
5. Aggiornamento 2014 del Piano faunistico venatorio provinciale
5.1. Il Cinghiale: gli obiettivi e le azioni
106
107
5.1.1. L’esperienza dell’attuazione di Piano, gli obiettivi mirati e le strategie
107
5.1.2. La gestione faunistico venatoria della specie cinghiale
113
5.1.3. Le azioni rivolte alla gestione faunistico-venatoria della specie Cinghiale
117
Schede descrittive delle azioni di Piano
122
5.2. La gestione faunistico venatoria della specie Capriolo
139
5.3. Conferma degli obiettivi e delle azioni per le specie Daino e Muflone
142
5.4. La gestione faunistico venatoria della specie Cervo
143
6. Affinamenti di azioni e linee gestionali
144
6.1. Incremento della sicurezza nell’attività venatoria
144
6.2. Aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC)
148
7. Bibliografia
150
7
1. Introduzione
Con il presente documento si effettua il recepimento di quanto previsto dalla Deliberazione
dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna n. 103/2013 “Approvazione
dell’Aggiornamento della Carta delle Vocazioni faunistiche di cui all’art. 4 della L.R. 15 febbraio
1994, n.8 e conferma degli indirizzi regionali per la pianificazione faunistica di cui all’art.5 della L.R.
n.8 del 1994”.
Nello specifico, si procede in conformità alla citata Deliberazione dell’Assemblea legislativa
regionale n.103/2013 che prevede che: le Province provvedano ad inserire nei propri Piani
faunistico-venatori la “Definizione delle densità obiettivo delle specie di Ungulati”, ivi compresa la
densità prevista in caso di compresenza di più specie in un medesimo territorio e la definizione di
una soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il
prelievo della specie cinghiale, al fine di garantire la coerenza dei Piani medesimi con la “Carta
delle vocazioni Faunistiche della Regione Emilia-Romagna” aggiornata, con la medesima
deliberazione Assembleare.
Con la sopradetta deliberazione assembleare n.103/2013 la Regione, ha inoltre confermato i
vigenti indirizzi per la pianificazione faunstico-venatoria provinciale (già approvati con
Deliberazione di Giunta regionale n.60/2006) fino all’approvazione dei “nuovi indirizzi” regionali.
Tenuto conto della riconferma degli indirizzi e considerando che il Piano Faunistico Venatorio
Provinciale (PFVP) è stato approvato nel 2008 (con Deliberazione del Consiglio Provinciale n.22 del
30/04/2008) riferendosi ad un periodo di validità quinquennale e che altresì occorre dare
continuità alla gestione faunistico venatoria, la Provincia con propria deliberazione del Consiglio
n.32 del 18/04/2013 ha confermato la validità del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale fino al
recepimento dei nuovi indirizzi regionali, decidendo, al contempo, di procedere con le attività
volte ad integrare il Piano Faunistico-Venatorio Provinciale in ottemperanza alla più volte citata
deliberazione Assembleare regionale n. 103/2013.
Nel presente documento si sono condotti approfondimenti conoscitivi e si è quindi proceduto ad
un aggiornamento complessivo del “quadro conoscitivo” del Piano Faunistico-Venatorio
Provinciale, così da fornire le informazioni e dati relativi al quinquennio di applicazione e
procedere alle relative analisi in modo da illustrare gli andamenti e l’attuale stato delle consistenze
delle specie di ungulati: capriolo; cinghiale, cervo, daino e muflone. Si è quindi esaminata la
trascorsa gestione faunistica delle specie di ungulati, riferendo i risultati ottenuti e eventuali
aspetti che possano essere opportunità di miglioramento. Sono inoltre stati acquisiti,
implementati ed elaborati i dati relativi ai danni da ungulati alle coltivazioni agricole, con il duplice
obiettivo, da una parte, di recepire gli indirizzi regionali sviluppando le linee di pianificazione
rivolte alla specie cinghiale in rapporto ai danni e, d’altra parte, di delineare un quadro
complessivo dei danni dovuti alle altre specie di ungulati cogliendo quindi gli andamenti e
situazioni presenti sul territorio provinciale e fornendo pertanto una visione d’insieme.
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Si è quindi proceduto ad assumere le nuove carte “Carte delle Vocazioni faunistiche della Regione
Emilia-Romagna” relativamente al territorio provinciale di Reggio Emilia e costituite da “Carta della
vocazione potenziale”, “Carta di vocazione biotica”, “Carta di vocazione agro-forestale” (detta
anche “Carta di rischio agro-forestale”) per le specie di ungulati Capriolo e Cinghiale. La “densità
biotica” espressa nella “Carta di vocazione biotica” rappresenta la densità che ciascuna specie può
raggiungere considerando esclusivamente i fattori limitanti naturali che ne condizionano la
dinamica, ed è slegata da ogni valutazione di tipo socio-economica. La “Carta di vocazione agroforestale” definisce la “densità agro-forestale”, e questa, eccetto che per il cinghiale posto
gestionalmente in rapporto ai danni nell’ambito Del. Ass. Leg 103/2013, rappresenta la “densità
obiettivo” e cioè la densità di riferimento per la programmazione faunistica.
Si è passati quindi (capitolo 4.) ad applicare le metodologie e gli indirizzi della Del. Ass. Leg. RER
n.103/2013 al livello provinciale, effettuando così il recepimento delle disposizioni regionali. Si è
proceduto quindi a recepire le “Carte di vocazione agro-forestale” regionali giungendo quindi
all’aggiornamento delle densità obiettivo per le specie di ungulati: capriolo e cinghiale.
La metodologia che porta alla definizione della pianificazione faunistico venatoria provinciale,
effettuata con il presente documento, si differenzia in base alle specie di ungulati: Cinghiale,
Capriolo, Cervo, Daino e Muflone, per le quali viene rispettivamente di seguito sinteticamente
riferito.
Infatti per il Cinghiale, pur illustrandosi a livello conoscitivo la metodologia di programmazione per
le densità obiettivo in base alle varie elaborazioni cartografiche, si è proceduto per definizione dei
contenuti pianificatori, coerentemente con gli indirizzi regionali, mettendo in relazione il
contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole. A tale proposito, tenendo in
considerazione le analisi condotte per i danni si è proceduto alla definizione della “soglia di danni”
in riferimento a gruppi di distretti di gestione, effettuandone un aggregazione per “macrozone” da
utilizzare per la gestione faunistico venatoria sia in corso di sua effettuazione sia a base della
programmazione per le successive annate venatorie. Data la variabilità sia degli andamenti delle
consistenze della specie Cinghiale sia degli effettivi prelievi, a loro volta soggetti alla mutevolezza
di molteplici condizioni di tipo biologico e climatico, e degli andamenti dell’attività venatoria in
combinazione con gli assetti locali e delle coltivazioni, si è ritenuto quindi di adottare un principio
di maggiore adeguatezza e flessibilità, attenendosi quanto più possibili vicini alle reali condizioni
osservate territorialmente. Per il Cinghiale si è ritenuto pertanto di fissare la “soglia dei danni”, da
attuarsi su base annuale, nell’ambito della definizione della programmazione da parte della
Provincia, comunque oggetto di valutazione al completamento di un biennio di attività di gestione
faunistico venatoria e di rilevazione dei danni, in modo da valutarne appunto l’adeguatezza
rispetto alle reali ed attuali condizioni presenti sul territorio e ad aggiornarla, o meno, al valore
evidenziatosi nell’ultima annata di gestione faunistico-venatoria.
Per il Capriolo, le analisi effettuate nell’ambito del quadro conoscitivo sono state elaborate in
coerenza con gli indirizzi regionali espressi nel documento “Carta delle Vocazioni Faunistiche della
Regione Emilia-Romagna”, risultando quindi nell’individuazione di tre fasce territoriali per i fini
gestionali, aventi andamento grosso modo est-ovest e successione plano-altimetrica dalla fascia di
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bassa collina con densità programmata tra i 3 e i 10 capi capi/km2, alla fascia alto collinare
cuscinetto con densità fissata tra gli 11 e 15 capi capi/km2, fino alla fascia montana con densità
superiori a 15 capi/km2.
Per il Cervo vengono individuati in ambito regionale i comprensori, geografici e amministrativi, di
gestione corrispondente agli areali distributivi delle singole popolazioni, come previsto dall'art. 7
del R.R. n. 1/2008. La gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo nell'ambito di
ciascun comprensorio si realizza, i sensi dell'art. 9 del Regolamento per la gestione degli ungulati in
Emilia-Romagna 27 maggio 2008 numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n.
751 del 26 maggio 2008 (più avanti indicato per brevità come R.R. n. 1/2008), con l'attuazione di
un Piano poliennale di gestione che è elaborato dall’Areale Cervo Appennino Tosco-EmilianoRomagnolo (A.C.A.T.E.R.) ed è da questi approvato e che definisce: a) gli obiettivi della gestione
finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvopastorali; b) gli interventi diretti e indiretti da realizzarsi sulla popolazione; c) l'organizzazione della
gestione faunistico-venatoria nel comprensorio.
Il Piano poliennale di gestione pur non essendo unito al presente documento, come previsto
dall'art. 9, comma 1, del R.R. n. 1/2008, è da considerarsi come parte integrante del Piano
faunistico venatorio di ciascuna delle Province coinvolte nella gestione.
Il Comprensorio A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale
interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato
approvato dalla Commissione di Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 20112015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, dove sono fissati gli obiettivi gestionali della
specie cervo 2011-2015 (Allegati quali parti integranti del presente aggiornamento del Piano
faunistico venatorio provinciale).
Il Programma annuale operativo (in base all’art. 9 del R.R. n.1/2008) è elaborato da A.C.A.T.E.R. e
viene recepito dalla Provincia e costituisce invece lo strumento di attuazione delle attività
gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano poliennale di gestione.
Tale Programma annuale operativo costituisce pertanto il riferimento programmatorio per
l’espletamento della gestione faunistico venatoria della specie cervo sul territorio provinciale.
Per il Daino e il Muflone, non sono state elaborate le nuove Carte regionali delle Vocazioni
Faunistiche, e pertanto non si è reso necessario procedere a specifiche elaborazione relative al
territorio provinciale. Per completezza si è comunque proceduto all’aggiornamento dei dati
fornendo quindi un quadro conoscitivo completo in riferimento a tali ungulati. Non si sono rilevate
sostanziali variazioni nel tempo e pertanto restano confermati gli obiettivi già delineati nel vigente
Piano Faunistico Venatorio Provinciale, rimanendo pertanto valide le densità obiettivo e la
pianificazione ivi definita.
In aggiunta a quanto sopra detto, nell’ambito della redazione del presente documento si è
proceduto a valutare gli aggiornamenti conoscitivi contestualmente ad una più generale analisi
dell’attuazione del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale anche in funzione della possibilità di
effettuare affinamenti di azioni o di linee gestionali in base alle esperienze nel frattempo condotte
ed alle evoluzioni del contesto socie-economico e territoriale, ai fini di ampliare le sinergie fra i
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Soggetti coinvolti, di incrementare efficienza e di fornire opportunità di ottimizzazione per la
gestione faunistico venatoria.
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2. Quadro conoscitivo degli Ungulati
L’aggiornamento dei dati e informazioni sulle specie di Ungulati oggetto delle nuove carte di
Vocazione della Del. Ass. Leg RER n. 103/2013 è stato condotto in riferimento in ambito
provinciale per le cinque specie: Capriolo, Cervo, Daino, Cinghiale e Muflone ai fini di fornire un
quadro d’insieme e per delineare valutazioni complessive ed integrate. Nel Paragrafo 2.1. sono
pertanto contenuti dati generali sugli Ungulati espressi sinteticamente che permettere di
comparare le diverse specie, principalmente in ordine alla consistenza sul territorio provinciale,
alla dinamica di popolazione, alla gestione faunistico venatoria e alle interferenze con le attività
antropiche. I paragrafi successivi (dal 2.2. al 2.6.) trattano in maniera dettagliata ciascuna delle
cinque specie presenti sul territorio provinciale e costituiscono quindi un aggiornamento del
quadro conoscitivo degli ungulati rispetto a quanto rappresentato nel Piano Faunistico Venatorio
Provinciale (PFVP).
2.1. Ungulati: quadro sinottico
2.1.1. Distribuzione e consistenza
La distribuzione degli Ungulati in ambito provinciale mostra una ampia sovrapposizione degli areali
distributivi delle diverse specie presenti. Il Capriolo è la specie più diffusa e occupa con continuità
tutta la parte collinare e montana del territorio provinciale e ampie porzioni della pianura. La
popolazione di Daino è principalmente localizzata nell’areale collinare, identificabile nei comuni di
Vezzano sul Crostolo, Albinea e Viano. Alcuni esemplari, in particolare negli ultimi anni, sono
tuttavia osservabili anche in altre zone collinari e montane. La distribuzione del Cervo interessa la
fascia alto collinare-montana, in particolare il settore centro-orientale della provincia. Il Muflone è
presente nel comprensorio collinare con la colonia di Vezzano sul Crostolo e nel comprensorio
montano in alcune aree a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Il Cinghiale è
presente in tutta la porzione collinare e montana della provincia.
Le attività di osservazione e censimento a fondamento delle stime sono svolte da personale dei
soggetti gestori del territorio e verificate con le attività svolte dalla Polizia Provinciale col supporto
di volontari debitamente formati. Il quadro di sintesi delle consistenze stimate sulle base dei
censimenti e osservazioni periodiche, sia in ambito degli AA.TT.CC. sia della AA.FF.VV., degli
Ungulati sul territorio provinciale nel periodo dal 2005 al 2013 è illustrato in Tabella 1 e in Figura 1.
SPECIE
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Capriolo
19.628
20.661
19.671
19.470
24.103
18.477
12.685
14.791
19.302
Cervo
282
353
324
492
648
701
737
968
997
Daino
768
799
883
1.058
1.201
1.132
1.133
1.028
1.183
Muflone
131
170
220
217
203
187
147
96
126
Cinghiale
1.142
2.011
2.165
2.240
4.841
3.664
3.789
3.966
4.317
12
Tabella 1 - Consistenze degli Ungulati nel periodo 2005-2013
Figura 1 - Consistenze degli Ungulati nel periodo 2005-2013
2.1.2. Gestione faunistico venatoria
Se l’inizio della gestione faunistico venatoria di Capriolo, Daino, Muflone risale agli anni ’90,
decisamente più recente è l’avvio di quella del Cervo: quest’ultima è infatti iniziata solo nella
stagione venatoria 2012/13per quanto riguarda in nostro territorio, con la gestione della
popolazione che insiste in un ambito più ampio ricadente tra le province di Reggio Emilia, Parma,
Modena e Lucca. Il Cinghiale viene gestito principalmente attraverso forme di caccia collettiva,
mentre le altre specie esclusivamente attraverso il prelievo selettivo. Il quadro di sintesi della
gestione venatoria degli Ungulati in provincia è illustrato in Tabella 2 e in Figura 2.
SPECIE
2005/06
2006/07
2007/08
2008/09
2009/10
2010/11
2011/12
2012/13
Capriolo
5.064
6.323
5.807
6.781
8.812
3.233
2.138
2.962
Cervo
-
-
-
-
-
-
-
145
Daino
155
212
202
295
396
441
419
322
Muflone
8
15
24
32
23
14
7
0
Cinghiale
1.129
1.636
1.694
2.672
1.883
2.039
2.110
2.477
Tabella 2 - Capi prelevati nelle stagioni dalla 2005/06 alla 2012/13 (dati ATC e AFV)
13
Figura 2 - Capi prelevati nelle stagioni dalla 2005/06 alla 2012/13 (dati ATC e AFV)
2.1.3. Danni e prevenzione
La presenza di Ungulati selvatici se da una parte rappresenta una positiva presenza nell’ottica eco
sistemica e della biodiversità, dall’altra comporta una interazione spesso non trascurabile con le
attività umane, in particolare con il settore agricolo. Nell’ultimo quinquennio i danni da Ungulati
complessivamente accertati nel territorio provinciale si sono progressivamente ridotti, passando
dai 315.058 euro dell’anno 2009 ai 47.574 euro dell’anno 2013. Alcuni degli elementi che possono
aver contribuito a tale riduzione dell’impatto degli Ungulati sono:
• attività di prevenzione danni con interventi più numerosi e diffusi sul territorio;
• trasferimento di alcune zone di ripopolamento e cattura ubicate in ambito collinare e
contestuale apertura di zone di protezione sul territorio in areale planiziale, finalizzato
all’ottimizzazione della gestione degli ungulati; si precisa inoltre che i maggiori
danneggiamenti in territorio collinare dovuti al cinghiale risultavano concentrati proprio
nelle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) oggetto di intervento ed in un Centro Privato
di Riproduzione della Fauna Selvatica (CPRFS) cui non è stata rinnovata l’autorizzazione a
fine 2012 e pertanto in tali territori, a seguito dell’avvio della gestione venatoria nella
stagione 2012-2013, si è osservata una radicale riduzione dei danni;
• avvio della gestione venatoria del Cervo, con piani di prelievo che hanno interessato in
particolare le aree sul territorio provinciale con maggiori danneggiamenti e che hanno
comportato una rapida riduzione delle concentrazioni della specie che si è spostata dagli
areali più favorevoli, e cioè a maggior presenza di coltivazioni agricole, verso zone meno
antropizzate con conseguente drastica riduzione dei danneggiamenti in ambito locale; tale
incidenza positiva ha significativamente contribuito alla riduzione dei danni da ungulati nel
loro complesso;
14
• riduzione delle densità locali di cinghiale e capriolo in aree sensibili al danneggiamento
attraverso l’attivazione del prelievo selettivo prioritariamente rivolto a tali aree;
•
ricorso al controllo faunistico della specie cinghiale nelle aree a maggior rischio di
danneggiamento.
In aggiunta occorre evidenziare che l’andamento climatico e le coperture nevose osservate
nell’inverno e primavera 2012-2013 hanno contribuito al verificarsi di minori danneggiamenti delle
coltivazioni agricole. Inoltre, le ampie condizioni di copertura nevosa protrattesi durante l’inverno
2012-2013 hanno comportato il prolungamento da parte della Regione Emilia-Romagna del
periodo previsto per il prelievo selettivo degli ungulati, con conseguente recepimento pertanto
anche nel calendario venatorio provinciale, consentendo così un maggiore avvicinamento delle
consistenze degli ungulati alle densità obiettivo.
Il riepilogo dei danni da Ungulati accertati in ambito provinciale è sintetizzato in Tabella 3, Figura 3
e Tabella 4.
2009
2010
2011
2012
2013
Provincia
125.063
104.648
94.575
100.744
8.301
ATC RE3
47.115
27.235
18.890
29.237
19.490
ATC RE4
142.880
83.025
60.760
52.577
19.783
Totale
315.058
214.908
174.225
182.558
47.574
Tabella 3 - Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 accertati da Provincia e ATC (Somme in €)
Si evidenzia inoltre che la riduzione di danni osservata nel 2013, rispetto alle precedenti annualità,
pur esseno un ottimo risultato da mantenere e perseguire sul territorio provinciale, dipende
dall’attività gestione faunistico-venatoria svolta ma anche dalla combinazione favorevole di azioni
e condizioni verificatesi sul territorio, come sopra esposte.
Figura 3 – Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 accertati da Provincia e ATC
15
2009
2010
2011
2012
2013
Capriolo
42.240
23.747
15.204
9.976
11.626
Cervo
66.510
68.706
73.369
63.600
4.768
Daino
5.930
2.030
1.260
1.820
2.070
Muflone
0
0
0
0
0
Cinghiale
200.380
120.425
84.392
107.162
29.110
Totale
315.058
214.908
174.225
182.558
47.574
Tabella 4 – Danni da Ungulati nel periodo 2009-2013 ripartiti per specie responsabile (Somme in €)
La prevenzione dei danni da Ungulati è stata principalmente rivolta a tutelare le coltivazioni (in
particolare cereali, foraggere, vigneti e frutteti) da Cinghiale, Cervo e Capriolo. Mediamente sono
stati investiti circa 50.000 € annui per l’acquisto di materiale, prevalentemente per la messa in
opera di recinti elettrificati e recinzioni perimetrali per impedire agli Ungulati l’accesso alle
coltivazioni (Tabella 5). In aggiunta agli interventi di prevenzione effettuati dagli ATC, sono stati
effettuati interventi da parte degli agricoltori con il materiale fornito dalla Provincia, secondo il
quadro della sottostante tabella.
2010
2011
2012
Numero
Importo
Numero
Importo
Numero
Importo
Provincia
11
17.644
6
4.856
6
4.747
ATC RE3
46
28.369
57
14.865
68
6.536
ATC RE4
53
15.078
125
21.741
246
36.513
Totale
110
61.121
188
41.462
320
47.796
Tabella 5 - Numero di interventi di prevenzione danni e costo degli interventi (Somme in €)
Oltre ai danni alle attività agricole, la presenza degli Ungulati può essere causa di rischi per la
circolazione stradale. Nella Tabella 6 sono riportati, ripartiti per specie coinvolta, gli incidenti
stradali con Ungulati selvatici del periodo 2008-2012.
Specie
2008
2009
2010
2011
2012
Capriolo
539
547
541
387
378
Cinghiale
21
11
12
10
14
Daino
15
19
12
14
9
Cervo
2
0
8
5
5
Totale
577
577
573
416
406
Tabella 6 - Numero di incidenti stradali con Ungulati selvatici
16
2.2. Capriolo (Capreolus capreolus)
2.2.1. Distribuzione e consistenza
I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Capriolo in provincia derivano dalle operazioni
annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia e dalle Aziende
venatorie. Il Capriolo risulta pressoché diffuso su tutto il territorio provinciale posto a sud della Via
Emilia, con le densità maggiori registrate nella porzione appenninica della provincia, in particolare
nelle aree comprese tra i 150 e gli 800 m s.l.m. Le densità inferiori le ritroviamo in pianura e nelle
aree di alta montagna a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano (Figura 4).
L’occupazione da parte della specie del settore planiziale di circa 23.000 ettari compresi tra il
tracciato stradale pedemontano e la Via Emilia, era già avvenuta nell’anno 2006 (Fontana & Lanzi,
2008) Il Capriolo è inoltre presente in diverse aree di pianura anche a nord della Via Emilia, dove
tuttavia sono state effettuate solo parziali osservazioni. L’areale distributivo desunto dai conteggi
primaverili dell’anno 2013 è di 112.638 ettari (Figura 4).
Figura 4 - Distribuzione e densità primaverile del Capriolo nell’anno 2013
17
Nell’anno 2013 sono stati conteggiati in ambito provinciale 19.302 caprioli, 722 dei quali nelle aree
di pianura poste a sud della Via Emilia. In ambito collinare e montano le densità rilevate risultano
comprese tra 1 e 42,6 capi/100 ettari: su 184 aree oggetto di conteggio, 24 hanno registrato valori
di densità compresi tra 1 e 10 capi/100 ettari, 69 hanno registrato valori di densità compresi tra 10
e 20 capi/100 ettari e 91 sono risultate essere al di sopra dei 20 capi/100 ettari. La densità media
nelle aree di pianura è di 4,5 capi/100 ettari, con valori compresi tra 1 e 15,5 capi/100 ettari. Lo
storico dei censimenti annuali e delle densità registrate in provincia è illustrato in Figura 5.
Figura 5 - Consistenza e densità provinciali del Capriolo nel periodo 2000-2013 (dati ATC + AFV)
2.2.2. Gestione faunistico venatoria
Per la gestione faunistico venatoria degli Ungulati, il territorio è suddiviso in distretti di gestione,
come previsto dal Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna 27 maggio 2008
numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 751 del 26 maggio 2008 (più avanti
indicato per brevità come R.R. n. 1/2008). I distretti di gestione rappresentano la base territoriale
di intervento per l’organizzazione e localizzazione delle attività gestionali, compresi i prelievi. Per
la gestione faunistico venatoria del Capriolo, il territorio provinciale è suddiviso in otto distretti di
gestione (Tabella 7 e Figura 6). Per l’ottimizzazione dei censimenti e dei prelievi i distretti sono a
loro volta suddivisi in aree di gestione in cui sono inclusi i diversi istituti faunistici. Ciascun distretto
è pertanto costituito da un mosaico di aree quali: “aree di censimento e prelievo” degli ATC (con
estensione di circa 400-500 ettari), Aziende venatorie (AFV e ATV), Zone per l’addestramento cani
(ZAC e CAC) e aree protette (Parchi, Oasi, ZRC, in cui non è consentito il prelievo). Dalla
programmazione provinciale in distretti risulta escluso il Parco nazionale dell’Appennino tosco18
emiliano. Riprendendo la suddivisione del territorio nei Comprensori faunistici definiti nel Piano
Faunistico Venatorio Provinciale , l’articolazione territoriale degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC)
e dei distretti viene fornita nella sottostante Tabella 7, mentre la perimetrazione dei distretti è
riportata in Figura 6.
Comprensorio
faunistico
Ambito Territoriale di
Caccia
Distretto
Superficie
(ettari)
Comprensorio
Pianura
ATC RE1, ATC RE2
Nessun distretto di
gestione
-
1C
19.134
2C
18.847
3C
17.068
4C
12.946
5C
10.507
1M
14.368
2M
13.402
3M
15.274
Comprensorio
Collina
Comprensorio
Montagna
ATC RE3
ATC RE4
Totale
121.548
Tabella 7 – Ripartizione del territorio provinciale in distretti di gestione
Figura 6 – Perimetrazione dei distretti di gestione
La gestione faunistico venatoria del Capriolo ha preso avvio nel 1997, con un piano di prelievo di
37 capi a fronte di una stima numerica provinciale di circa 9.000 esemplari. Nel corso degli anni
19
successivi, a fronte di una attività di monitoraggio della specie che ha evidenziato una
distribuzione progressivamente più estesa e valori di densità sempre maggiori, si è reso necessario
applicare tassi di prelievo corrispondentemente crescenti sino ad arrivare all’anno 2009 con un
piano di prelievo di 10.783 capi, finalizzato a contenerne la crescita, corrispondente al 44,7% degli
animali conteggiati sul territorio provinciale. In Tabella 8 e Figura 7 sono riportati i dati sul numero
di capi censisti e prelevati nel corso degli anni a partire dal 2000/01 fino al 2013/14. La
percentuale di realizzazione di piani di prelievo si è mantenuta piuttosto alta tra le stagioni
2002/03 e 2009/10 (con valori compresi tra 81,7% e 93,9%), per poi ridursi a seguito della
contrazione numerica della specie osservata negli anni 2010 e 2011.
Stagione
Capi
censiti
Densità
Capi/100
ha
Capi
assegnati
Percentuale
di
assegnazione
Capi
prelevati
Percentuale di
realizzazione
sui capi
assegnati
Percentuale di
prelievo sui
capi censiti
2000/01
8.195
12,7
793
9,7
567
71,5
6,9
2001/02
9.454
16,6
1.776
18,8
1.308
73,6
13,8
2002/03
13.119
17,4
2.595
19,8
2.306
88,9
17,6
2003/04
15.180
15,9
3.323
21,9
2.968
89,3
19,6
2004/05
17.903
20,4
4.230
23,6
3.708
87,7
20,7
2005/06
19.628
22,3
5.669
28,9
5.064
89,3
25,8
2006/07
20.661
23,5
6.990
33,8
6.323
90,5
30,6
2007/08
19.671
22,4
6.582
33,5
5.807
88,2
29,5
2008/09
19.470
22,2
7.218
37,1
6.781
93,9
34,8
2009/10
24.103
25,0
10.783
44,7
8.812
81,7
36,6
2010/11
18.477
19,3
6.809
36,9
3.233
47,5
17,5
2011/12*
12.324
12,9
2.821
22,9
2.138
75,8
17,3
2012/13*
14.300
15,0
3.953
27,6
2.962
74,9
20,7
2013/14*
18.580
19,2
6.324
34,0
-
-
-
Tabella 8 - Storico provinciale della gestione faunistico venatoria del Capriolo (dati ATC + AFV) * = non sono
stati conteggiati i Caprioli censiti in pianura
20
Figura 7 - Storico provinciale della gestione faunistico venatoria del Capriolo (dati ATC + AFV)
L’andamento dei censimenti negli istituti faunistici (ATC e AFV) evidenzia come il picco dei
conteggi dell’anno 2009 riportato in Figura 8 sia stato particolarmente marcato nell’ATC RE3: su 81
aree censite, 44 avevano evidenziato densità superiori ai 20 capi/100 ettari e 22 superiori ai 30
capi/100 ettari. A fronte di una progressiva crescita con valori di densità sempre maggiori, con
conseguenti problematiche legate all’interferenza con le attività agricole e la circolazione stradale,
nell’anno 2009 è stato predisposto un piano provinciale di prelievo che ha tenuto in
considerazione l’intera popolazione conteggiata nei distretti (sia nelle aree cacciabili come ATC e
AFV, che in altri istituti faunistici in cui non era consentito il prelievo degli Ungulati quali ZRC, ZAC
e CAC, Centri privati per la riproduzione della fauna selvatica). La realizzazione di tale piano nella
stagione 2009/10 esclusivamente negli istituti faunistici cacciabili, ha probabilmente comportato
eccessive concentrazioni di prelievi nelle singole aree, con conseguente contrazione della
popolazione provinciale (Figura 9). Il picco dei conteggi dell’anno 2009 appare meno marcato
nell’ATC RE4, dove infatti, a differenza dell’ATC RE3, la superfice delle aree non cacciabili era
decisamente inferiore. Il fenomeno è stato inoltre poco evidente nelle Aziende venatorie (AFV).
Inoltre, nell’annata 2010, dopo il picco dell’anno precedente (2009) si osserva una netta
diminuzione delle consistenze, che si riportano a valori inferiori a quelli osservati nel 2008, e
comunque inferiori ai valori osservati dal 2005 al 2008, al contento l’annata venatoria mostra una
minore efficienza dei prelievi essendo maggiore la divergenza fra capi assegnati e capi prelevati.
Questo andamento è testimoniato dalla linea rossa nel diagramma di Figura 7.
21
Figura 8 – Andamento della consistenza negli istituti provinciali (ATC e AFV)
Figura 9 - Andamento dei prelievi del Capriolo negli istituti provinciali (ATC e AFV)
Dall’anno 2010 la gestione del Capriolo avviene nel rispetto di uno specifico protocollo tecnico
sottoscritto tra la Provincia di Reggio Emilia e l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale (ISPRA), che definisce le modalità sia di acquisizione dei dati di consistenza che di
stesura dei piani di prelievo selettivo della specie. Il protocollo prevede l’applicazione di tassi di
prelievo differenziati a seconda delle densità riscontrate all’interno di ciascuna delle aree di
gestione che compongono i distretti. In particolare, laddove le densità rilevate siano inferiori alla
densità obiettivo, vengono programmati i prelievi secondo lo schema esposto in Tabella 9. In caso
contrario si prosegue il prelievo come programmato senza incrementi differenziali.
22
Densità rilevata
(capi/100 ha)
Tasso massimo di
prelievo
5
3%
6-7
8%
8-10
12%
11-15
18%
16-20
22%
21-25
25%
Tabella 9 – Tasso di prelievo in funzione della densità
Le linee guida per la gestione degli Ungulati (Raganella Pelliccioni et al., 2013) sottolineano
tuttavia come i tassi di prelievo in funzione della densità non debbano essere applicati attraverso
automatismi acritici, ma piuttosto devono essere adottati alla luce di una attenta analisi critica dei
parametri relativi a ciascuna popolazione, in particolare dell’andamento demografico. Pertanto il
protocollo definito e applicato dalla Provincia di Reggio Emilia, si pone in linea con le indicazioni
della più recente letteratura di settore.
Sulla scorta dei dati storici provinciali del periodo 2000-2013 viene condotta una prima analisi
finalizzata a individuare il tasso di prelievo, da applicarsi nei piani di prelievo selettivo oggetto di
prossima programmazione, necessario a stabilizzare la popolazione: l’azzeramento del tasso di
crescita si ottiene con un prelievo complessivo pari al 32% della popolazione conteggiata (Figura
10). In altri termini, piani di prelievo inferiori al 32% dei caprioli censiti hanno come conseguenza
un aumento della popolazione l’anno successivo, mentre piani di prelievo superiori al 32% hanno
come conseguenza un calo della popolazione l’anno seguente.
Figura 10 - Analisi di regressione sui dati provinciali 2000-2013
Per meglio comprendere le differenze in ambito provinciale e allo scopo di poter meglio orientare
le scelte future, sono stati analizzati nel dettaglio i dati dell’ultimo decennio relativi alla gestione
23
del Capriolo. Per ciascun distretto, sulla base dei dati di demografia e di prelievo del periodo 20042013, è stata condotta un’analisi di regressione analoga a quella condotta a livello provinciale.
Sono stati esclusi i distretti 4C e 5C di pianura per i quali sono disponibili dati di censimento solo
per gli ultimi tre anni. I tassi di accrescimento della specie nei due distretti di bassa collina (1C e
2C) sono compresi tra il 30% e il 35%, nei due distretti alto collinari (3C e 1M) sono compresi tra il
20% e il 25%, mentre nei due distretti montani (2M e 3M) sono compresi tra il 17% e il 20%. La
restituzione grafica dell’analisi dei dati demografici di ciascun distretto è fornita in Figura 11,
Figura 12, Figura 13, Figura 14, Figura 15, Figura 16.
Figura 11 - Distretto 1C: gestione faunistico venatoria e demografia
Figura 12 - Distretto 2C: gestione faunistico venatoria e demografia
24
Figura 13 - Distretto 3C: gestione faunistico venatoria e demografia
Figura 14 - Distretto 1M: gestione faunistico venatoria e demografia
Figura 15 - Distretto 2M: gestione faunistico venatoria e demografia
25
Figura 16 - Distretto 3M: gestione faunistico venatoria e demografia
Per i distretti 4C e 5C sono disponibili dati di censimento ottenuti con le metodiche previste dal
Protocollo sottoscritto con l’ISPRA a partire dalla stagione 2011/12 (Tabella 10).
2011/12
2012/13
2013/14
Distretto
Capi
Densità
Capi
Densità
Capi
Densità
1C
2.941
15,8
3.583
19,3
4.359
23,5
2C
3.387
18,3
3.381
18,3
4.171
22,6
3C
1.869
11,0
2.522
14,8
3.345
19,5
4C
166
1,7
195
3,9
341
5,5
5C
195
2,4
296
3,8
381
3,9
1M
1.934
13,5
2.315
16,1
3.026
21,1
2M
1.018
8,5
1.227
9,6
1.876
14,3
3M
1.175
8,0
1.272
8,9
1.803
12,0
Totale
12.685
12,9*
14.791
15,0*
19.302
19,2*
Tabella 10 – Capi censiti e densità negli otto distretti di gestione. * = nel calcolo della densità provinciale
sono stati esclusi i capi conteggiati in pianura (distretti 4C e 5C)
A seguire vengono riportati in forma tabulare i risultati della gestione faunistico venatoria del
Capriolo della stagione 2012/13, ripartiti per distretto e per istituto faunistico.
Istituto
Superficie
(ettari)
Capi
censiti
ATC RE3
16.424
2.848
17,3
885
31,1
681
76,9
1C
AFV Canossa
1331
418
31,4
168
40,2
148
88,1
64,5
2C
Densità
(capi/kmq)
Capi
assegnati
Percentuale di
assegnazione
Capi
prelevati
Percentuale di
realizzazione
del prelievo
Distretto
AFV Pianzo
842
317
37,6
110
34,7
71
ATC RE3
12.904
2.293
17,8
729
31,8
580
79,6
AFV Visignolo
874
214
24,5
86
40,2
83
96,5
AFV Vendina Lupo
1.664
261
15,7
58
22,2
43
74,1
81,0
AFV Monte Evangelo
696
210
30,2
84
40
68
AFV Cà Del Vento
1.212
227
18,7
102
44,9
38
37,3
AFV San Giovanni Q.
1.113
176
15,8
40
22,7
18
45,0
3C
ATC RE3
17.057
2.522
14,8
602
23,9
477
79,2
4C
ATC RE3
4.949
195
3,9
0
0
0
0
26
5C
ATC RE3
7.735
296
3,8
0
0
0
0
1M
ATC RE4
14.368
2.315
16,1
668
28,9
492
73,7
2M
ATC RE4
11.520
1.025
8,9
189
18,4
98
51,9
AFV Strambiana
1.288
202
15,7
45
22,3
44
97,8
AFV Ventasso
2.876
448
15,6
86
19,2
63
73,3
3M
Totale
ATC RE4
11.461
824
7,2
101
12,3
58
57,4
108.314
14.791
15,0
3.953
27,6
2.962
74,9
Tabella 11 – Sintesi della stagione faunistico venatoria 2012/13
Sul territorio regionale il prelievo del Capriolo è consentito annualmente in due periodi estivi per
ciò che riguarda le classi maschili (dal 15 giugno al 15 luglio e dal 15 agosto al 30 settembre), e in
un periodo invernale per le classi femminili e i piccoli (dal 1 gennaio al 15 marzo). Dalla stagione
venatoria 2012/2013 il prelievo invernale delle femmine e dei piccoli risente dei periodi di
sospensione imposti dal divieto di caccia su terreni innevati sancito dalla Legge 157/92. Nelle tre
stagioni precedenti il calendario venatorio regionale, approvato con Legge regionale n. 1/2009,
consentiva il prelievo selettivo anche nei terreni innevati. In merito ai piani di prelievo invernali
emergono due principali problematiche: la prima, peraltro evidenziata anche nelle linee guida per
la gestione degli Ungulati (Raganella Pelliccioni et al., 2013), riguarda la necessità di modificare il
quadro normativo nazionale introducendo la possibilità di esercitare il prelievo selettivo degli
Ungulati sul terreno innevato per poter effettivamente realizzare l'obiettivo programmato di
mantenere la densità prevista, la seconda riguarda la programmazione temporale del prelievo. Il
periodo invernale (1 gennaio – 15 marzo) coincide infatti con il periodo di prelievo selettivo delle
classi femminili e dei piccoli di Capriolo, Daino e Cervo. Considerato che la periodo invernale dei
piani di prelievo rappresenta il 64% del totale dei piani selettivi annuali degli Ungulati, ai fini di
incrementare il prelievo effettivo potrebbe essere una utile valutazione quella di anticipare l’avvio
del prelievo invernale al mese di dicembre. La caccia di selezione nel mese di dicembre risulta
infatti compatibile con le altre forme di caccia (in forma vagante alla selvaggina stanziale e in
forma collettiva al Cinghiale): la caccia vagante termina nella maggior parte del territorio
provinciale la prima domenica di dicembre, mentre la caccia al cinghiale in braccata, esercitata
prevalentemente in 2-3 giornate fisse settimanali, consentirebbe comunque ai selecontrollori di
effettuare il prelievo selettivo, di norma previsto in cinque giornate settimanali, potendo quindi
questi fruire anche delle forme di caccia sopracitate.
In ambito provinciale allo scopo del mantenimento delle densità programmate di caprioli e per il
contenimento dei danni alle colture e la prevenzione degli incidenti stradali è inoltre necessario
attivare il prelievo selettivo nelle aree non vocate previste dal calendario venatorio regionale.
2.2.3. Danni
Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 233 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni,
per un danno complessivo pari a € 102.793; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 443.
Le coltivazioni più vulnerabili si sono rivelate essere i vigneti, con € 59.086 di risarcimenti versati
(Tabella 12 e Figura 17). Sui vigneti si sono registrati danni da Capriolo sia nel periodo primaverile,
27
per asportazione dei germogli, che nelle fasi di maturazione dell’uva per il consumo dei grappoli.
Dal danneggiamento a opera dei caprioli sono interessati anche i nuovi impianti di vigneti a causa
della distruzione delle barbatelle. In merito ai cereali i danni sono principalmente dovuti al
calpestio. Il 60% dei danni è stato risarcito dalla Provincia e si riferisce ad aree in cui non è
consentito il prelievo della specie, mentre il restante 40% è stato risarcito dall’ATC RE3 nell’ambito
del relativo territorio cacciabile (Tabella 13). Osservando l’andamento nel corso degli anni dei
risarcimenti da parte della Provincia (Figura 18) si può notare come esso rifletta
approssimativamente l’evoluzione della consistenza della popolazione nello stesso periodo (Figura
7).
Coltura
Importo (€)
Importo %
Vigneti
59.086
58%
Cereali
21.880
21%
Foraggere
10.437
10%
Frutteti
8.235
8%
Impianti arborei
3.035
3%
Totale
102.673
100%
Tabella 12 – Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013
Figura 17 – Ripartizione del danno tra le colture danneggiate nel periodo 2009-2013
2009
2010
2011
2012
2013
Provincia
26.350
17.352
6.814
4.498
7.076
ATC RE3
15.890
6.395
8.270
5.478
4.550
ATC RE4
0
0
120
0
0
Totale
42.240
23.747
15.204
9.976
11.626
Tabella 13 – Ripartizione dei danni tra Provincia e ATC
28
Figura 18 – Andamento dei risarcimenti a carico della Provincia nel periodo 2001-2013
In merito alla distribuzione spaziale dei danni da Capriolo dell’ultimo quinquennio, va precisato
che sono disponibili dati puntiformi georeferenziati solo per i danni accertati dalla Provincia
(inseriti nella banca dati georeferenziata della Regione Emilia-Romagna). I danni risarciti da ATC
RE3 e ATC RE4 sono stati archiviati e trasmessi alla Provincia fornendo come informazione
territoriale dell’ubicazione dell’evento il solo codice numerico dell’area di gestione interessata e
non le coordinate geografiche. Per ottenere una carta relativa alla distribuzione e all’incidenza
complessiva dei danni è stato pertanto necessario uniformare le basi dati (Provincia e ATC)
associando i danni puntiformi georeferenziati alle aree di gestione. La carta così ottenuta permette
di individuare le aree in cui è più intensa l’attività di danneggiamento alle produzioni (Figura 19). In
cartografia sono inoltre riportati i danni inseriti dalla Provincia di Reggio-Emilia nella della banca
dati georeferenziata regionale.
29
Figura 19 - Danni medi annui nelle aree di gestione e ubicazione dei danni georeferenziati della Provincia
I distretti dove è stata più intensa l’attività di danneggiamento del Capriolo sono i due distretti di
bassa collina (1C e 2C) e il distretto di pianura 5C (Tabella 14). Danni non trascurabili sono stati
accertati anche in altre aree di pianura di competenza dell’ATC RE2 (Comprensorio faunistico C1,
al di fuori dei distretti di gestione), dove vigneti e frutteti sono particolarmente diffusi.
Distretto
Danni totali (€)
1C
22.801
2C
40.487
3C
7.400
4C
2.978
5C
13.740
1M
1.069
2M
0
3M
0
Aree di pianura al di fuori dei
distretti di gestione (ATCRE2)
14.198
Totale
102.793
Tabella 14 – Distribuzione dei danni
30
Oltre ai danni alle attività agricole, la presenza degli Ungulati e in particolare quella del Capriolo,
pone diversi problemi relativi alla circolazione stradale. Dalla banca dati degli incidenti stradali con
fauna selvatica della Provincia di Reggio Emilia, nel periodo 2005-2012 risultano segnalati 3.515
casi di investimento di caprioli, con in media 439 sinistri all’anno. L’evoluzione degli incidenti nel
periodo considerato ricalca con buona approssimazione la variazione di densità della specie
rilevata nel corso degli anni (Figura 20). È stata successivamente creata una mappa delle aree
critiche per la presenza del Capriolo sulla base della distribuzione degli incidenti nei comuni della
provincia (Figura 21). Tali aree critiche sono individuabili principalmente lungo il tracciato stradale
pedemontano, che segna il confine tra la collina e la pianura. In queste zone il territorio
provinciale è caratterizzato da un’urbanizzazione diffusa, da un reticolo stradale fitto con intenso
traffico veicolare. Le implicazioni gestionali derivanti dalla presenza del Capriolo in pianura sono
state oggetto di uno specifico studio (Fontana & Lanzi, 2008), in collaborazione con la Provincia di
Reggio Emilia. Dalla ricerca è emerso che nelle aree di pianura il rischio di collisione tra caprioli e
automezzi rappresenta l’elemento di criticità più rilevante.
Anni
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Caprioli
299
362
462
539
547
541
387
378
Tabella 15 – Incidenti stradali con caprioli nel periodo 2005-2012
Figura 20 – Andamento degli incidenti con caprioli
31
Figura 21 – Aree critiche per gli incidenti stradali con caprioli
32
2.3. Cervo (Cervus elaphus)
2.3.1. La nuova gestione con il Piano poliennale di gestione del Cervo 2011-2015
La Regione Emilia-Romagna, con Deliberazione assembleare n. 103 del 16 gennaio 2013, ha
stabilito che le Province debbano provvedere a inserire nei rispettivi Piani faunistico-venatori la
“Definizione delle densità obiettivo delle specie di ungulati”, ivi compresa la densità prevista in
caso di compresenza di più specie in un medesimo territorio e la definizione di una soglia massima
di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il prelievo della specie
cinghiale, al fine di garantire la coerenza dei Piani medesimi con la “Carta delle Vocazioni
faunistiche della Regione Emilia-Romagna” aggiornata dal medesimo atto. Gli aggiornamenti della
Carta regionale delle vocazioni riguardano le carte di Vocazione potenziale, biotica e agroforestale
per Cinghiale, Cervo e Capriolo, con la definizione di densità obiettivo compatibili nei territori con
presenza contemporanea di più specie. Se per quanto concerne il Capriolo e il Cinghiale la gestione
faunistico-venatoria viene attuata da ogni Provincia secondo le linee e con gli obiettivi fissati dai
propri piani faunistico venatori, diverso è quanto previsto dal quadro normativo regionale in
merito alla gestione del Cervo. Quest’ultima specie, caratterizzata da ampi spazi vitali e notevoli
capacità di spostamento, necessità di un approccio gestionale che vada oltre i confini
amministrativi: i cervi presenti negli Ambiti territoriali di caccia e nelle Aziende venatorie non
possono essere considerati come un’entità separata da quelli del Parco nazionale dell’Appennino
tosco-emiliano e delle province limitrofe. Per ciascuna popolazione di Cervo presente sul territorio
regionale viene pertanto individuato un comprensorio, geografico e amministrativo, di gestione
corrispondente all'areale distributivo complessivo della popolazione, come previsto dall'art. 7 del
R.R. n. 1/2008. La gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo nell'ambito di ciascun
comprensorio si realizza, i sensi dell'art. 9 del R.R. n. 1/2008, con l'attuazione di un Piano
poliennale di gestione che definisce:
• gli obiettivi della gestione finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di
compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali;
• gli interventi diretti e indiretti da realizzarsi sulla popolazione;
• l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria nel comprensorio.
Il Piano poliennale di gestione è da considerarsi quale parte del Piano faunistico venatorio di
ciascuna delle Province coinvolte nella gestione e deve essere approvato dalla Commissione di
Coordinamento che è l'organo di gestione del comprensorio come previsto dall'art. 9, comma 1,
del R.R. n. 1/2008.
Il Comprensorio di riferimento per la Provincia di Reggio Emilia è l’A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo
Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale che interessa le province di Reggio Emilia,
Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato approvato dalla Commissione di
33
Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 2011-2015" del Comprensorio
A.C.A.T.E.R. Occidentale.
Il Programma annuale operativo, come previsto dall'art. 9, comma 3, del R.R. n. 1/2008, costituisce
invece lo strumento di attuazione delle attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli
obiettivi annuali previsti dal Piano poliennale di gestione. Tale Programma annuale operativo deve
essere recepito dalla Provincia nell’ambito della programmazione delle attività venatorie, come
previsto dall'art. 9, comma 4, del R.R. n. 1/2008.
Nel programma annuale operativo sono contenuti:
• l'individuazione cartografica e l'aggiornamento degli areali riproduttivo e annuale della
popolazione;
• l'individuazione dei distretti di gestione;
• le attività necessarie alla valutazione della consistenza e della struttura della popolazione;
• il programma per la valutazione delle caratteristiche biometriche della popolazione;
• le metodologie di raccolta dei dati inerenti l'impatto della specie sulle attività antropiche;
• l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria dei distretti di gestione;
• la definizione degli interventi di miglioramento ambientale e di prevenzione dei danni alle
produzioni agricole;
• il piano di prelievo venatorio;
• gli interventi di cattura per finalità di ricerca;
• la definizione dei soggetti responsabili delle attività di cui sopra, nonché le modalità e i
tempi per la realizzazione delle stesse.
Il "Programma annuale operativo 2013-2014" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale è stato
approvato dalla Commissione di Coordinamento in data 19/09/2013 e dalla Provincia di Reggio
Emilia con Deliberazione di Giunta Provinciale n. 239 del 27/09/2013.
Poiché il "Piano poliennale di gestione del cervo 2011-2015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R.
Occidentale è da considerarsi quale parte integrante del Piano faunistico venatorio provinciale,
appare evidente come il recepimento degli aggiornamenti dalla Carta delle Vocazioni faunistiche
della Regione Emilia-Romagna dovrà essere effettuato in sede di prossima rielaborazione e
revisione del Piano Poliennale del Cervo da parte di del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale.
Tale principio di assunzione delle nuove carte regionale di vocazione faunistica, relativamente al
cervo, all’interno dei Piani poliennali trova in effetti riscontro anche nel protocollo d’intesa tra
Regione Emilia-Romagna e ISPRA per la “gestione degli ungulati rivolta alla riduzione dell’impatto
sulle attività antropiche" approvato con D.G.R. n. 445/2011.
Il quadro conoscitivo del Cervo è riportato, nei paragrafi seguenti, come estratto dai contenuti del
"Programma annuale operativo 2013-2014" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale.
2.3.2. Distribuzione e consistenza
L’areale di distribuzione complessivo del Cervo nell'A.C.A.T.E.R. Occidentale è stato ottenuto
attraverso l’utilizzo delle seguenti informazioni:
• censimenti al primo verde del mese di aprile dell’anno 2013;
34
• conteggi dei maschi al bramito del settembre dell’anno 2012;
• schede di avvistamento della stagione 2012/13 per definire la struttura della popolazione;
• dati trasmessi dai cervi dotati di collari GPS nell’anno 2012 (le province di Reggio Emilia e
Modena hanno patrocinato uno specifico progetto di ricerca sulla specie tutt’ora in corso);
• aree in cui si sono verificati danni alle attività agricole nell’anno 2012.
L’areale di distribuzione complessivo della specie 2012/13 è di 49.678 ettari, aumentato di circa
1.100 ettari rispetto a quanto rilevato nella precedente stagione (+2,2%). L’areale riproduttivo è
invece di 36.934 ettari, aumentato di 900 ettari rispetto alla stagione precedente (+2,5%).
Le informazioni sulla distribuzione complessiva e sull’areale riproduttivo sono illustrate in Figura
22, Figura 23 e Tabella 16.
Figura 22 – Areale distributivo complessivo del Cervo
35
Figura 23 – Areale riproduttivo del Cervo
Distretto
Superficie
distretto (ha)
Areale complessivo
(ha)
Areale riproduttivo
(ha)
DGRE01
23.106
6.035
4.402
DGRE02
32.948
31.511
27.692
DGRE03
17.067
10.505
4.840
DGRE04
37.984
1.627
0
TOTALE
111.105
49.678
36.934
Tabella 16 – Areale complessivo e riproduttivo del Cervo nei distretti di gestione provinciali
La specie si è progressivamente affermata nel corso degli anni sul territorio provinciale con un
tasso di accrescimento medio annuo del 25% (Figura 24). Nell’anno 2013 sono stati
complessivamente conteggiati 997 cervi in 58 aree di gestione e all’interno del Parco nazionale
dell’Appennino tosco-emiliano. La popolazione complessiva dello stesso anno dell’intero
comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale è di 3.385 capi (Tabella 17).
36
Figura 24 – Consistenza provinciale del Cervo nel periodo 2000-2013 e tendenza della popolazione
Provincia
N° Cervi
Modena
1.253
Reggio Emilia
997
Parma
523
Lucca
612
Totale ACATER Occidentale
3.385
Tabella 17 – Consistenza della popolazione di Cervo del comprensorio ACATER Occidentale nell’anno 2013
La metodologia impiegata per la definizione della consistenza e della struttura della popolazione si
basa sul il conteggio primaverile da punti fissi. È stato inoltre effettuato un conteggio dei maschi in
bramito nel mese di settembre per ottenere un dato di confronto con il conteggio primaverile e al
fine di aggiornare l’areale riproduttivo. I risultati dei censimenti primaverili dell’anno 2013 e le
densità riscontrate, articolati sulla base della suddivisione territoriale provinciale in quattro
distretti di gestione del Cervo, sono presentati in Tabella 18. La densità più elevata è stata
riscontrata, come del resto anche negli anni precedenti, nel distretto “DGRE02”; in tale distretto la
densità primaverile, ossia la densità calcolata nelle aree di gestione in cui sono stati osservati cervi
durante i censimenti del mese di aprile, ha quasi raggiunto i 4 capi/100 ettari. Le densità
primaverili rilevate nelle singole aree di gestione sono illustrate in Tabella 18 e Figura 25.
37
Distretto
N° cervi
Superficie
distretto (ha)
Superficie presenza
primaverile (ha)
Densità sul
distretto
(capi/100 ha)
Densità
primaverile
(capi/100 ha)
DGRE01
47
23.106
5.027
0,2
0,9
DGRE02
745
32.948
19.188
2,3
3,9
DGRE03
195
17.067
5.903
1,1
3,3
DGRE04
10
37.984
1.627
0,0
0,6
TOTALE
997
111.105
31.745
0,9
3,1
Tabella 18 – Cervi conteggiati e densità nei distretti provinciali
Figura 25 – Distribuzione e densità del cervo nelle aree di gestione nell’anno 2013
2.3.3. Gestione faunistico venatoria
La gestione faunistico venatoria della specie nel comprensorio ACATER occidentale ha preso avvio
nella stagione 2012/13. In ambito provinciale il piano di prelievo è consistito in 193 capi assegnati,
pari al 19,9% della popolazione conteggiata. Il primo anno di gestione venatoria della specie si è
concluso con un prelievo di 145 capi su 193 assegnati, con una percentuale di prelievo del 75%. Il
resoconto è riportato in Tabella 19.
38
Dati territoriali
Piano di prelievo assegnato
Piano di prelievo realizzato
ISTITUTO
DISTRETTO
M1
M2
M3
F1-2
CL0
TOT.
M1
M2
M3
F1-2
CL0
TOT
%PDP
ATC RE4
DGRE01
1
2
2
3
2
10
0
0
2
0
0
2
20%
AFV Ventasso
DGRE01
0
0
1
1
0
2
0
0
0
1
0
1
50%
ATC RE4
DGRE02
12
17
17
71
30
147
6
4
13
57
29
109
74%
AFV
Strambiana
DGRE02
1
1
1
3
2
8
1
1
1
3
2
8
100%
ATC RE3
DGRE03
2
3
3
13
5
26
1
3
3
12
6
25
96%
16
23
24
91
39
193
8
8
19
73
37
145
75%
TOTALE
Tabella 19 – Piano di prelievo assegnato e realizzato nella stagione 2012/13
La distribuzione del prelievo nelle diverse classi è rappresentata in Figura 26. L’assegnazione dei
piccoli ha previsto l’accorpamento tra maschie e femmine (M0 e F0), mentre quella delle femmine
ha previsto l’accorpamento tra sottili e adulte (F1 e F2). La classe più “problematica” è risultata
essere quella dei maschi sub-adulti (M2) che, complice la non sempre facile riconoscibilità, sono
stati i meno prelevati (piano realizzato al 35%). La classe in cui la percentuale di prelievo è stata
invece più alta è quella dei piccoli (CL0), con una percentuale di realizzazione pari al 95%.
Figura 26 - Distribuzione del prelievo nelle classi di sesso ed età
La distribuzione geografica del prelievo è rappresentata in Figura 27. Il prelievo ha interessato 32
aree di gestione, in un terzo delle quali è stato prelevato un solo capo per area. La densità media
di prelievo è stata di 0,8 capi/100 ha. Nel distretto “DGRE03” più della metà del piano di prelievo è
stato realizzato nell’area di gestione n° 33 (13 capi prelevati, con una densità di prelievo pari a 2,7
capi/100 ha). Nello stesso distretto una densità di prelievo di circa 1 capo/100 ha è stata ottenuta
nelle aree n° 88 e 99. Nel distretto “DGRE02” la densità di prelievo più elevata ha riguardato l’area
n° 33 (19 capi prelevati, pari a 5,1 capi/100 ha).
39
Figura 27 – Distribuzione del prelievo nelle aree di gestione dei distretti
Nonostante l'incidenza della permanenza della copertura nevosa durante l’inverno, il prelievo nei
distretti “DGRE02” e “DGRE03” è stato realizzato prevalentemente nelle aree in cui si sono rilevati
i maggiori danni alle coltivazioni (paragrafo 2.3.4.), come da indicazione contenuta nel Piano
annuale di gestione 2012/13 A.C.A.T.E.R. Occidentale. La buona corrispondenza tra aree in cui è
stato concentrato il prelievo e le località in cui si sono registrati danni alle coltivazioni è osservabile
in Figura 28.
40
Figura 28 – Distribuzione del prelievo e ubicazione dei danni alle coltivazioni
Il piano di prelievo complessivo del comprensorio ACATER per la stagione 2013/14 è di 855 capi,
pari al 25% della popolazione conteggiata nell’anno 2013 (Tabella 20).
Provincia
N° Cervi censiti
N° Cervi assegnati
Modena
1.253
437
Reggio Emilia
997
342
Parma
523
36
Lucca
612
40
Totale ACATER Occidentale
3.385
855
Tabella 20 – Capi censiti e piano di prelievo del comprensorio ACATER Occidentale per la stagione 2013/14
2.3.4. Danni
L’importo dei danni accertati alle produzioni agricole in provincia di Reggio Emilia mostra un
andamento crescente nell’ultimo decennio, con una inversione di tendenza nell’anno 2012 (Figura
29). Nell’anno 2012 sono stati accertati 32 distinti episodi di danneggiamento alle produzioni
agricole, per un danno complessivamente liquidato pari a € 63.500,00. Le colture più danneggiate
dal cervo nell’anno 2012 sono state le foraggere, in particolare l’erba medica (Tabella 21). I danni
ad altre colture, come già evidenziato nei precedenti anni, sono di scarso rilievo.
41
Figura 29 – Danni da Cervo accertati dalla Provincia nel periodo 2002-2013
Incidenza percentuale sul
totale
47.150,00
Importo medio per
evento (€)
2.619,44
12
15.840,00
1.320,00
24,9%
Uva
1
280,00
280,00
0,4%
Orzo
1
230,00
280,00
0,4%
Coltura
N° eventi
Importo (€)
Erba medica
18
Prati da foraggio
74,3%
Tabella 21 - Ripartizione dei danni da cervo dell’anno 2012 per tipologia di coltura
Si evidenzia che dalla conclusione della stagione venatoria 2012-2013, i danni da Cervo sono
passati in carico per l’accertamento ed indennizzo agli AATTCC, per il territorio di competenze. Per
completezza d’informazione, comunque, si riferisce, come già detto nel precedente capitolo 2.1.3
illustrante il quadro sinottico dei danni complessivi delle varie specie di Ungulati, che anche per il
cervo si è osservata una diminuzione dei danni relativamente all’anno 2013. Tale situazione è
conseguente al precedente avvio della gestione venatoria della specie, con piani di prelievo che
hanno interessato in particolare le aree sul territorio provinciale con maggiori danneggiamenti e
che hanno comportato una rapida riduzione delle concentrazioni della specie che si è spostata
dagli areali più favorevoli, e cioè a maggior presenza di coltivazioni agricole, verso zone meno
antropizzate con conseguente drastica riduzione dei danneggiamenti in ambito locale. Come prima
detto (vedi capitolo 2.1.3) la riduzione dei danni per il 2013, in aggiunta, è anche imputabile al
prolungamento da parte della Regione Emilia-Romagna del periodo previsto per il prelievo
selettivo degli ungulati, e quindi anche per il Cervo.
La suddivisione degli importi dei danni per distretto evidenzia come sia il distretto “DGRE02”
quello dove è stata maggiore l’attività di danneggiamento della specie a carico delle coltivazioni
(Tabella 22). In particolare, le aree dove è stato maggiore il danneggiamento (aree di gestione n°
64, 86, 80) corrispondono alle località di Cinquecerri, Caprile, Piolo e Primaore nei comuni di
Ligonchio e Villa Minozzo. La distribuzione spaziale dei danni da Cervo accertati dalla Provincia
nell’anno 2012 è riportata in Figura 30.
42
Distretto
N° eventi
Importo (€)
DGRE01
0
0
DGRE02
27
55.120,00
DGRE03
5
8.380,00
DGRE04
0
0
TOTALE
32
63.500,00
Tabella 22 – Ripartizione dei danni tra i distretti di gestione
Figura 30 - Localizzazione tramite GPS dei danni da Cervo accertati nell’anno 2012
Gli interventi finalizzati alla protezione delle colture dal Cervo nell’anno 2012 sono stati 300
(Tabella 23). Tali interventi sono stati realizzati in modo diffuso in tutti i distretti di gestione e
hanno riguardato la difesa di seminativi, medicai e vigneti, questi ultimi in particolare nel distretto
“DGRE03”. In taluni casi si è osservato che le recinzione elettrificate potevano non avere altezza
sufficiente a garantire la completa protezione dal Cervo e pertanto l’efficacia è stata minore del
previsto.
43
Istituto
Distretto
Tipologia intervento
Numero
prevenzioni
ATC RE4
DGRE01 – DGRE02
Recinzione elettrificata
246
AFV Ventasso
DGRE01
Recinzione elettrificata
30
ATC RE3
DGRE03
Recinzione elettrificata
16
AFV Strambiana
DGRE02
Recinzione elettrificata
Totale interventi di prevenzione
8
300
Tabella 23 – Interventi di prevenzione danni
44
2.4. Daino (Dama dama)
2.4.1. Distribuzione e consistenza
L’origine della popolazione che attualmente occupa il territorio pedecollinare e collinare della
provincia è stata storicamente ricondotta alla fuoriuscita accidentale di animali da recinti presenti
in alcuni parchi privati a partire dai primi anno ‘80. Sebbene in questi ultimi dieci anni si sia
assistito a un evidente incremento numerico della specie, l’attuale areale di presenza, seppure
aumentato in termini di superficie, risulta sostanzialmente riconducibile alle aree di liberazione dei
primi nuclei di animali, a conferma di un forte legame che la specie mostra nei confronti delle aree
di origine. I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Daino in provincia derivano dalle
operazioni annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia e dalle
Aziende venatorie. La popolazione reggiana di Daino (1.183 capi censiti nel 2013) è principalmente
localizzata nell’areale “storico” basso collinare, identificabile nei comuni di Vezzano sul Crostolo,
Albinea e Viano. Qui in alcune aree, in particolare nelle Aziende venatorie Vendina-Lupo, Cà del
Vento e San Giovanni di Querciola, le densità sono superiori ai 10 capi/100 ha (Figura 31). Alcuni
soggetti, in particolare nell’ultimo anno, sono stati tuttavia osservati anche in zone montane.
L’areale distributivo desunto dai conteggi primaverili dell’anno 2013 è di circa 20.000 ettari.
45
Figura 31 - Distribuzione e densità primaverile del Daino nell’anno 2013
2.4.2. Gestione faunistico venatoria
La gestione venatoria del Daino ha preso avvio nel 1997 con un piano di prelievo di 12 esemplari.
La consistenza dei piani di prelievo è andata progressivamente aumentando sino a raggiungere i
612 capi assegnati nella stagione 2013/14. In particolare non è aumentata solamente la
consistenza in termini assoluti dei piani, ma ciò che è andata progressivamente aumentando nel
corso degli anni è la percentuale di assegnazione sui censiti (Tabella 24 e Figura 32). Allo scopo di
produrre un contenimento della specie, obiettivo del vigente Piano faunistico venatorio
provinciale, si sono infatti applicati tassi di prelievo che hanno raggiunto il 50% della consistenza
della popolazione. Il Daino è specie da molto tempo naturalizzata sul territorio nazionale e quindi
considerata para-autoctona (AA.VV., 2007) che, come tale, presenta problematiche maggiormente
legate al contenimento delle popolazioni piuttosto che alla loro conservazione, anche in relazione
ai fenomeni di competizione che può generare nei confronti di Cervo e Capriolo. L’areale italiano
del Daino è infatti da ritenersi completamente artificiale, frutto di ripetute introduzioni iniziate già
epoca storica.
46
Stagione
Capi
censiti
Capi
assegnati
Percentuale
di
assegnazione
Capi
prelevati
Percentuale di
realizzazione
sui capi
assegnati
Percentuale di
prelievo sui
capi censiti
2000/01
538
96
17,8
75
78,1
13,9
2001/02
629
96
15,3
58
60,4
9,2
2002/03
682
155
22,7
111
71,6
16,3
2003/04
647
164
25,3
104
63,4
16,1
2004/05
731
215
29,4
123
57,2
16,8
2005/06
768
229
29,8
155
67,7
20,2
2006/07
799
250
31,3
212
84,8
26,5
2007/08
883
301
34,1
202
67,1
22,9
2008/09
1.058
384
36,3
295
76,8
27,9
2009/10
1.201
532
44,3
396
74,4
33,0
2010/11
1.132
556
49,1
441
79,3
39,0
2011/12
1.133
585
51,6
419
71,6
37,0
2012/13
1.028
522
50,8
322
61,7
31,3
2013/14
1.183
612
51,7
-
-
-
Tabella 24 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Daino (dati ATC + AFV)
Figura 32 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Daino (dati ATC + AFV)
Le linee di gestione suggerite per il Daino (Raganella Pelliccioni et al., 2013) prevedono per la
nostra regione fondamentalmente la conservazione delle popolazioni maggiormente affermate
nelle aree appenniniche; per questa in particolare deve essere previsto il congelamento
dell’areale, attraverso la rimozione sistematica degli individui in dispersione e dei piccoli nuclei
isolati. Il tasso di prelievo deve coincidere perlomeno con la capacità di incremento delle
popolazioni.
47
Sulla scorta dei dati storici provinciali del periodo 2000-2013 è stata condotta una prima analisi di
regressione finalizzata a individuare il tasso di prelievo necessario a stabilizzare la popolazione di
Daino: l’azzeramento del tasso di crescita si ottiene con un prelievo complessivo pari a circa il 40%
della popolazione annualmente conteggiata (Figura 33).
Figura 33 - Analisi di regressione sui dati provinciali 2000-2013
La distribuzione del Daino nei distretti di gestione presenta notevoli differenze (Figura 34 e Tabella
25). In particolare, l’areale considerato localmente “storico” coincide con le aree a maggior densità
dei distretti 1C e 2C e con alcune aree di gestione nei distretti 1M e 3C. Pochi soggetti in
dispersione sono stati osservati nel solo anno 2013 nei distretti montani 2M e 3M.
48
Figura 34 – Distribuzione e densità del Daino nei distretti di gestione nell’anno 2013
2009
2010
2011
2012
2013
Distretto
Capi
Densità
Capi
Densità
Capi
Densità
Capi
Densità
Capi
Densità
1C
249
2.8
204
2.3
212
2.1
145
2.1
168
2.5
2C
859
8.0
881
7.8
874
9.0
822
7.5
939
10.4
3C
46
2.6
16
1.6
27
4.6
25
2.1
14
2.4
1M
47
4.3
31
2.8
20
1.8
36
3.3
46
4.2
2M
0
0
0
0
0
0
0
0
12
0.6
3M
0
0
0
0
0
0
0
0
4
0.9
Totale*
1201
5.3
1132
5.1
1133
5.3
1028
5.1
1183
5.9
Tabella 25 - Consistenza e densità sulla superficie di effettiva presenza del Daino nei distretti (dati ATC +
AFV)
Sulla base dei dati di demografia e di prelievo del periodo 2009-2013, è stata condotta un’analisi di
regressione limitata ai distretti 1C e 2C, al fine di individuare i tassi di accrescimento della specie
nell’areale storico. I tassi di accrescimento della specie nei due distretti di bassa collina 1C e 2C
sono risultati essere rispettivamente del 32% e del 38%. La restituzione grafica dell’analisi dei dati
demografici è fornita in Figura 35 e Figura 36.
49
Figura 35 - Distretto 1C: gestione faunistico venatoria e demografia
Figura 36 - Distretto 2C: gestione faunistico venatoria e demografia
Una delle principali problematiche riscontrate nel perseguire il contenimento della popolazione di
Daino deriva dalle difficoltà incontrate nella realizzazione dei piani di prelievo assegnati. L’elevata
mobilità che caratterizza il Daino, in particolare nelle aree in cui la specie è presente in modo
discontinuo durante l’anno e con nuclei di ridotte dimensioni, ha fatto si che negli ultimi anni
mediamente in ambito provinciale siano stati prelevati il 72% dei capi assegnati. Il resoconto della
stagione 2012/13 mostra, con alcune eccezioni, che nelle aree di presenza discontinua della
specie, identificabili nelle Aziende venatorie Canossa, Visignolo, Monte Evangelo e nelle aree di
gestione dell’ATC RE3 del distretto 3C, le percentuali di realizzazione dei piani sono tra le più basse
in ambito provinciale (Tabella 26). Discorsi a parte riguardano invece il distretto 1M dell’ATC RE4 e
l’Azienda venatoria San Giovanni di Querciola. Il contingente di daini del distretto 1M gravita lungo
il torrente Tassobbio, che segna il confine tra distretto 1M (ATC RE4) e 1C (ATC RE3); i daini
vengono spesso osservati in periodo primaverile nel distretto 1M, per poi disperdersi tra l’estate e
l’inverno nel distretto 1C, rendendo di fatto difficoltosa la realizzazione del piano nell’ambito del
territorio dell’ATC RE4. In merito all’Azienda venatoria San Giovanni di Querciola, ubicata in
un’area storicamente colonizzata dalla specie (valle del torrente Tresinaro), è opportuno il
raggiungimento di più alte percentuali di realizzazione dei piani di prelievo assegnati.
50
Distretto
1C
2C
Istituto
Superficie
aree di
presenza
(ettari)
Capi
censiti
Densità
nelle aree
di presenza
(capi/kmq)
Capi
assegnati
Percentuale di
assegnazione
Capi
prelevati
Percentuale di
realizzazione
del prelievo
ATC RE3
4.642
135
2,9
67
49,6
44
65,7
10,0
AFV Canossa
1331
10
0,8
10
100
1
ATC RE3
5.390
129
2,4
65
50,4
52
80
AFV Visignolo
874
27
3,1
27
100
3
11,1
89,4
AFV Vendina Lupo
1.664
321
19,3
160
49,8
143
AFV Monte Evangelo
696
7
1,0
7
100
0
0
AFV Cà Del Vento
1.212
193
15,9
99
51,3
60
60,6
AFV San Giovanni Q.
1.113
145
13,0
74
51,0
16
21,6
3C
ATC RE3
1.184
25
2,1
13
52,0
3
23,1
1M
ATC RE4
1.097
36
3,3
0
0
0
0
19.203
1.028
5,4
522
50,8
322
61,7
Totale
Tabella 26 - Sintesi della stagione faunistico venatoria 2012/13
Stante la situazione sopra illustrata, in merito alla pianificazione della presenza del Daino
rimangono sostanzialmente confermati i principali obiettivi del vigente Piano faunistico venatorio,
ossia il congelamento dell’areale storico con riduzione locale delle densità e la rimozione dei nuclei
isolati nelle aree di nuova colonizzazione. La pianificazione della presenza del Daino nelle sole aree
di bassa collina permette inoltre di evitare la sovrapposizione dell’areale distributivo della specie
con quello del Cervo, la cui presenza è attualmente limitata alle zone alto collinari e montane
(Distretti 3C, 1M, 2M e 3M), realizzando l’indirizzo regionale di limitare la compresenza di più
specie di ungulati. Per il raggiungimento degli obiettivi, in considerazione dei tassi di
accrescimento locali della popolazione e dei tassi di realizzazione dei piani, è opportuno prevedere
una modulazione dei piani annuali di prelievo, che contempli un più alto tasso di assegnazione
nelle aree di presenza consolidata della specie e assegnazioni pari al numero dei conteggiati nelle
aree di recente colonizzazione.
2.4.3. Danni
Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 28 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni,
per un danno complessivo pari a € 13.110; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 468. Le
coltivazioni più vulnerabili sono state i vigneti, con € 9.425 di risarcimenti versati (Tabella 27 e
Figura 37). I danni sui vigneti sono dovuti sia alla brucatura dei germogli che alla rottura dei tralci,
mentre i danni ai cereali sono principalmente conseguenza del calpestio. Tutti i danni arrecati dalla
specie nel periodo considerato sono stati arrecati in aree cacciabili di competenza dell’ATC RE3
(Tabella 28). Non sono disponibili dati relativi ad eventuali danni prodotti dal Daino nelle Aziende
venatorie, in alcune delle quali si registrano le maggiori concentrazioni della specie (AFV Vendina
Lupo, AFV Cà del Vento, AFV San Giovanni di Querciola). In merito alla distribuzione spaziale dei
danni da Daino dell’ultimo quinquennio, va precisato che non sono disponibili dati puntiformi
georeferenziati per i danni accertati dall’ATC RE3. I danni risarciti dall’ATC RE3 sono stati archiviati
e trasmessi alla Provincia fornendo come informazione territoriale dell’ubicazione dell’evento il
51
solo codice numerico dell’area di gestione interessata e non le coordinate geografiche. La carta
relativa alla distribuzione dei danni alle produzioni mostra una maggiore incidenza del
danneggiamento nei pressi delle aree di gestione in cui la specie raggiunge le maggiori
concentrazioni (Figura 38). Nel complesso la presenza del Daino non comporta interazioni
particolarmente problematiche con il settore agricolo.
Coltura
Importo (€)
Importo %
Vigneti
9.425
72%
Cereali
3.130
24%
Frutteti
300
2%
Foraggere
255
2%
Totale
13.110
100%
Tabella 27 - Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013
Figura 37 - Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013
2009
2010
2011
2012
2013
Provincia
0
0
0
0
0
ATC RE3
5.930
2.030
1.260
1.820
2.070
ATC RE4
0
0
0
0
0
Totale
5.930
2.030
1.260
1.820
2.070
Tabella 28 - Ripartizione dei danni tra Provincia e ATC
52
Figura 38 - Danni medi annui nelle aree di gestione
53
2.5. Muflone (Ovis aries)
2.5.1. Distribuzione e consistenza
La distribuzione provinciale del Muflone è limitata alla colonia collinare di Vezzano sul Crostolo e
ad alcune aree montane a ridosso del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano (Figura 39).
La popolazione collinare ha preso origine dalla fuoriuscita accidentale di animali dal recinto del
parco zoologico della Pinetina di Vezzano sul Crostolo, mentre le popolazioni montane derivano
sia da immissioni realizzate a partire dalla fine degli anni ’60 dal Corpo Forestale dello Stato, che
da traslocazioni di soggetti provenienti dal gregge di Vezzano sul Crostolo a opera dalla Provincia
di Reggio Emilia tra gli anni ’80 e ‘90.
I dati relativi alla distribuzione e alla consistenza del Muflone in provincia derivano dalle
operazioni annuali di censimento primaverile condotte dagli Ambiti territoriali di caccia. Nell’anno
2013 sono stati complessivamente censiti 126 capi dei quali 47 in collina (ATC RE3) e 79 in
montagna (ATC RE4). L’estensione dell’areale distributivo provinciale del Muflone è risultato
sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio (3.072 ettari occupati nell’anno 2013).
Figura 39 - Distribuzione e densità primaverile del Muflone nell’anno 2013
54
2.5.2. Gestione faunistico venatoria
Nel complesso della gestione faunistico venatoria degli Ungulati, la gestione del Muflone, in
quanto a capi censiti e capi prelevati, è attualmente marginale (Tabella 1 e Tabella 2). Le
fluttuazioni numeriche della popolazione provinciale dipendono da fattori differenti a seconda che
si tratti della colonia collinare o dei capi presenti in montagna. La popolazione di Vezzano sul
Crostolo (Distretto 1C), dopo un lungo periodo di sostanziale stabilità, ha subito a partire dall’anno
2010 una forte contrazione dovuta principalmente alla predazione degli agnelli esercitata da un
branco di Canidi stabilitisi nell’area. Tale branco di Canidi, ripetutamente osservato nell’area della
Pinetina, è formato da una coppia Lupo/Cane e dalla relativa cucciolata di ibridi (come confermato
dal laboratorio di genetica dell’ISPRA in base alle analisi effettuate sui campioni inviati dalla Polizia
provinciale). Dall’anno 2010, considerato il trend negativo della colonia di mufloni, è stata
interrotta la gestione venatoria della specie nel distretto 1C. Le fluttuazioni registrate in montagna
dipendono invece dal comportamento spaziale delle popolazioni presenti. I mufloni del settore
montano frequentano nel corso dell’anno sia il territorio del Parco nazionale che diverse aree di
competenza dell’ATC RE4, queste ultime in particolare dal tardo autunno alla primavera. Accade
pertanto che durante le operazioni annuali di censimento primaverile condotte dall’ATC RE4, parte
dei soggetti non siano conteggiati in quanto presenti all’interno dell’area protetta (Tabella 29,
Tabella 30, Figura 40).
Capi
prelevati
Percentuale di
realizzazione
sui capi
assegnati
Percentuale di
prelievo sui
capi censiti
Stagione
Capi
censiti
Capi
assegnati
Percentuale
di
assegnazione
2009/10
203
35
17,2
23
65,7
11,3
2010/11
187
20
10,7
14
70,0
7,5
2011/12
147
17
11,6
7
41,2
4,8
2012/13
96
0
0
0
0
0
2013/14
126
15
11,9
-
-
-
Tabella 29 - Sintesi provinciale della consistenza e della gestione del Muflone nell’ultimo quinquennio (Dati ATC)
2009/10
2010/11
2011/12
2012/13
2013/14
Distretto
Censiti
Prelev.
Censiti
Prelev.
Censiti
Prelev.
Censiti
Prelev.
Censiti
Prelev.
1C
104
12
85
0
78
0
54
0
47
-
3M
99
11
102
14
69
7
42
0
79
-
Totale
203
23
187
14
147
7
96
0
126
-
2C
3C
1M
2M
Tabella 30 – Capi censiti e capi prelevati nei distretti di gestione (Dati ATC)
55
Figura 40 - Distribuzione e densità del Muflone nei distretti di gestione nell’anno 2013
2.5.3. Danni
Non sono stati accertati danni da Muflone nel periodo 2009-2013.
56
2.6. Cinghiale (Sus scrofa)
2.6.1. Distribuzione e consistenza
L’areale di distribuzione del Cinghiale coincide con la porzione appenninica del territorio
provinciale. A differenza degli altri Ungulati, raramente risulta attuabile una stima diretta della
consistenza della specie (Monaco et al., 2003). Le indicazioni di densità riportate in Figura 41,
ottenute attraverso stime di presenza (ottenute da osservazioni dirette, conteggi di impronte su
fango e neve, ecc..) fornite da ATC e AFV (Tabella 33), indicano pertanto che: il Cinghiale risulta
abbondante soprattutto nelle zone prossime al crinale rispetto al restante territorio.
Figura 41 – Distribuzione e abbondanza del Cinghiale
57
2.6.2. Gestione faunistico venatoria
La gestione faunistico venatoria del Cinghiale in ambito provinciale è principalmente attuata
attraverso forme di caccia collettiva: principalmente in braccata e secondariamente con la tecnica
della girata. Il prelievo selettivo fino a oggi si è rivelato marginale nella gestione della specie.
La ripartizione del territorio provinciale in distretti di gestione del Cinghiale nel periodo 2009-2013
è rimasta sostanzialmente stabile nell’ATC RE3, mentre ha subito diverse riperimetrazioni nell’ATC
RE4. Nell’ATC RE4 i distretti sono infatti passati dai tre delle stagioni 2009/10 e 2010/11, ai quattro
delle due stagioni successive, per finire a cinque nella stagione 2013/14. Conseguentemente si
sono avute modifiche anche nella ripartizione di ogni distretto in zone di caccia assegnate alle
squadre. Dalla suddivisione provinciale in distretti risulta escluso il Parco nazionale dell’appennino
tosco-emiliano. Le zone di caccia rappresentano le aree effettivamente utilizzate dagli ATC per la
caccia al Cinghiale; le superfici dei distretti non occupate da tali zone ricadono in altri istituti
faunistici, quali Aziende venatorie, Zone cinofile e ambiti protetti. La superficie dei nove distretti
(Figura 42) e delle relative zone di caccia degli ATC RE3 e RE4 sono riportate in Tabella 31 e Tabella
32.
58
C1
C2
C3
C4
M1
M2
M3
M4
M5
Figura 42 – Distretti di gestione del Cinghiale della stagione 2013/14
Distretto
Superficie
distretto
(ettari)
Superficie zone
di caccia
ATCRE3 (ettari)
Percentuale
superficie zone di
caccia ATCRE3
C1
17.507
12.817
73%
C2
18.253
11.179
61%
C3
12.226
11.957
98%
C4
7.065
6.821
97%
Totale
55.051
42.774
78%
Tabella 31 – Superfici dei distretti e delle zone di caccia dell’ATC RE3
59
Distretto
Superficie
distretto
(ettari)
Superficie zone
di caccia
ATCRE4 (ettari)
Percentuale
superficie zone di
caccia ATCRE4
M1
9.382
8.735
93%
M2
13.132
11.249
86%
M3
6.677
6.634
99%
M4
9.061
6.185
68%
M5
4.794
4.794
100%
Totale
43.046
37.597
87%
Tabella 32 - Superfici dei distretti e delle zone di caccia dell’ATC RE4
Nel quadro d’insieme della gestione del Cinghiale (Tabella 33 e Figura 43), vengono presentati
anche i dati relativi alle stime di consistenza (sebbene come già anticipato rivelatesi spesso poco
attendibili) in quanto annualmente utilizzate per la predisposizione dei piani di prelievo. Il R.R. n.
1/2008, all’art. 11, prevede infatti che la Provincia approvi annualmente i piani di prelievo del
Cinghiale sulla scorta della stima oggettiva della consistenza della specie nei distretti di gestione.
Complessivamente i prelievi annuali sono costantemente aumentati fino a raddoppiarsi nell’ultimo
decennio. La stagione appena conclusa (2013/14) mostra invece una evidente inversione di
tendenza, particolarmente significative per quanto riguarda l’ATC RE4 (Tabella 34, Figura 44): i
prelievi sono dimezzati a fronte di stime di presenza indicanti una crescita nell’ammontare della
popolazione. In effetti l’aumento dei carnieri registrato in ambito provinciale nel periodo 20092012 deriva in buona parte dall’aumento dei prelievi del solo ATC RE4. L’ATC RE3 e le nove AFV del
comprensori collinare e montano hanno mostrato invece, a partire dalla stagione 2011/12, una
solo lieve progressiva diminuzione dei capi sostanzialmente prelevati con la caccia collettiva.
Capi
assegnati
caccia
collettiva
Percentuale
di
assegnazione
Capi
prelevati
caccia
collettiva
Percentuale di
realizzazione
sui capi
assegnati
Percentuale di
prelievo sui
capi censiti
Stagione
Capi
stimati
2000/01
1.645
1.259
76,5
2001/02
1.590
964
60,6
2002/03
1.690
915
54,1
2003/04
1.744
993
56,9
2004/05
1.052
1.850
175,9
1.091
59,0
103,7
2005/06
1.142
1.818
159,2
1.128
62,0
98,8
2006/07
2.011
2.093
104,1
1.635
78,1
81,3
2007/08
2.165
2.270
104,8
1.664
73,3
76,9
2008/09
2.240
2.854
127,4
2.656
93,1
118,6
2009/10
4.841
3.234
66,8
1.832
56,6
37,8
2010/11
3.664
2.761
75,4
1.947
70,5
53,1
2011/12
3.789
3.018
79,7
2.013
66,7
53,1
2012/13
3.966
3.139
79,1
2.337
74,5
58,9
2013/14
4.317
3.391
78,5
1.335
39,4
30,1
Tabella 33 - Sintesi provinciale della gestione del Cinghiale attraverso la caccia collettiva (dati ATC + AFV)
60
Figura 43 - Sintesi provinciale della gestione del Cinghiale attraverso la caccia collettiva (dati ATC + AFV)
Anno
Capi prelevati
ATC RE3
Capi prelevati
ATC RE4
Capi prelevati
AFV
Totale capi
prelevati
2009/10
427
1.124
281
1.832
2010/11
280
1.325
342
1.947
2011/12
451
1.221
341
2.013
2012/13
400
1.666
271
2.337
2013/14
309
779
247
1.335
Tabella 34 - Ripartizione del prelievo collettivo tra ATC e AFV
Figura 44 - Ripartizione del prelievo collettivo tra ATC e AFV
Nell’ATC RE3 la caccia collettiva al Cinghiale viene esercitata in via esclusiva attraverso la braccata
in tre distretti su quattro (C1, C3, C4); nel distretto C2 invece la girata rappresenta l’unica forma di
61
caccia collettiva utilizzata. Le zone di caccia in braccata interessano 31.595 ettari, mentre quelle
assegnate alla caccia in girata ricoprono 11.179 ettari, pari al 26% della superficie totale delle zone
di caccia dell’ATC RE3. I carnieri ottenuti in girata rappresentano circa il 13% del piano
annualmente realizzato in ambito collinare (Tabella 35 e Figura 45).
Nell’ATC RE4 la braccata rappresenta la forma di caccia esclusiva di tre distretti (M1, M4, M5),
mentre nei distretti M2 e M3 vengono esercitate entrambe le forme di caccia. Le zone di caccia
assegnate alla girata ricoprono 462 ettari, corrispondenti al 1,2% dei 37.597 ettari complessivi
delle zone di caccia dell’ATC RE4. I carnieri ottenuti in girata rappresentano circa il 4% del piano
annualmente realizzato in ambito montano (Tabella 36 e Figura 45).
Il prelievo selettivo del Cinghiale è una forma di caccia ancora marginale nel contesto provinciale.
Il ricorso a piani di prelievo selettivo avviene principalmente all’interno delle Aziende venatorie,
mentre negli Ambiti di caccia stenta a prendere piede. La caccia di selezione al Cinghiale, assai
diffusa oltralpe e nei paesi balcanici, risulterebbe praticabile ed efficace in gran parte del territorio
provinciale. Considerate l’ampia finestra temporale in cui è consento il prelievo selettivo della
specie (dal 15 aprile al 31 gennaio di ogni anni), potrebbe quindi contribuire positivamente a
risolvere in diversi periodi dell’anno svariate situazioni di conflitto tra presenza della specie e
attività agricole, senza necessariamente ricorrere ai piani di controllo di cui all’art. 16 della L.R. n.
8/1994 (Tabella 37). I piani di controllo, pur essendo efficaci, mostrano alcune complessità legate
all’effettive condizioni presenti sul territorio provinciale. Infatti, per gli Ungulati abbattuti
nell’ambito di piani di controllo, l’unica destinazione ammessa dal R.R. n. 1/2008 è il conferimento
presso un centro di lavorazione carni (e la successiva commercializzazione è a cura della Provincia).
Il ricorso al prelievo selettivo permette di semplificare i passaggi successivi al prelievo,
consentendo al cacciatore assegnatario del capo, il conferimento a uno dei molteplici punti di
raccolta e controllo dei capi abbattuti (di cui all’art. 4, comma 4, del R.R. n. 1/2008) allestiti in
ambito provinciale per la caccia di selezione. Il numero dei Cinghiali abbattuti annualmente in
provincia con interventi straordinari di controllo è sostanzialmente basso se confrontato con altre
realtà regionali. Dalla banca dati della Regione Emilia-Romagna risulta infatti che nell’ultimo
quinquennio il ricorso a piani di controllo abbia portato al prelievo di 400-1.700 capi annui a
Bologna, 250-400 capi annui a Modena e 200-330 capi annui a Piacenza. Gli interventi di controllo
hanno principalmente interessato alcune ZRC del comprensorio collinare (in particolare la ZRC
Stiano e la ZRC San Valentino), alcune aree a ridosso del Parco nazionale e la zona dell’ex Centro
privato di riproduzione della fauna selvatica in comune di Carpineti.
2009/10
Distretto
Girata
C1
C2
Braccata
2010/11
Girata
122
17
Braccata
2011/12
Girata
95
57
Braccata
2012/13
Girata
112
46
Braccata
2013/14
Girata
94
56
Braccata
78
65
C3
210
65
177
135
129
C4
78
63
116
115
37
Totale
17
410
57
223
46
405
56
344
65
244
62
Tabella 35 – Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE3
2009/10
Distretto
Girata
Braccata
2010/11
Girata
2011/12
Braccata
Girata
Girata
2013/14
Girata
M2
294
20
365
27
350
34
471
4
191
545
39
702
50
536
12
837
6
204
M4
208
Braccata
223
62
173
Braccata
M1
M3
199
2012/13
Braccata
85
129
104
108
M5
Totale
137
62
1.062
59
1.266
77
1.144
46
1.620
10
769
Tabella 36 - Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE4
Figura 45 – Ripartizione del prelievo collettivo tra girata e braccata nell’ATC RE3 (sinistra) e nell’ATC RE4
(destra)
Anno
Capi prelevati
con piani di
controllo
2000
51
2001
13
Capi prelevati
con caccia di
selezione
2002
5
2003
14
2004
2
2005
1
2006
1
2007
30
2008
16
2009
51
2010
60
32
2011
71
26
2012
77
63
Tabella 37 – Cinghiali prelevati con piani di controllo e con prelievo selettivo
63
Al fine di attenuare le interferenze tra presenza del Cinghiale e le attività agricole, nell’anno 2013
la Provincia ha provveduto alla revoca sia della ZRC Stiano (nel distretto C3) che della ZRC San
Valentino (nel distretto C2). Sempre nell’anno 2013 non è stata inoltre rinnovata, in quanto non
presentata dal Titolare istanza di rinnovo, l’autorizzazione del Centro privato di riproduzione della
fauna selvatica (nel distretto C3). Tale riorganizzazione degli istituti faunistici provinciali del
comprensorio collinare ha permesso di ampliare il territorio in cui è consentita la gestione
venatoria del Cinghiale (Figura 46), e ha avuto come conseguenza una forte riduzione dei danni
(Tabella 42). Nel comprensorio montano invece la gestione del Cinghiale è dipendente dalla
presenza del Parco nazionale che, oltre ad occupare con il corpo principale circa 10.000 ettari di
territorio di crinale, si estende con varie diramazioni attraversa buona parte del settore montano.
In ambito provinciale pertanto molti delle problematiche di danno alle colture agricole e le
complessità gestionale poste dalla presenza del Cinghiale derivano dalla netta suddivisione del
territorio in istituti limitrofi di gestione faunistica con differenti finalità: da una parte quelli in cui è
prevista l’attività venatoria (ATC, AFV, ecc.) e dall’altra quelli in cui la caccia è vietata (Parchi
nazionali, Oasi, ZRC, ecc.). La presenza di istituti di protezione, spesso di dimensioni ridotte e
dispersi all’interno del territorio cacciabile (come anche gli estendimenti del Parco nazionale),
determina una sorta di “effetto spugna” per cui i cinghiali, a causa della pressione venatoria,
tendono a concentrarsi in queste aree rifugio durante la stagione di caccia e a ridistribuirsi sul
territorio nella restante parte dell’anno causando ingenti danni alle colture. In parte diversa risulta
la situazione del settore di crinale del Parco nazionale, dove la presenza di vere e proprie
popolazioni di cinghiali può dar luogo a un “effetto serbatoio”, che porta ad una permanente
presenza e proliferazione della specie negli areali protetti e da cui si verifica un fenomeno di
irradiamento continuo di animali verso i territori circostanti.
L’attuale distribuzione degli istituti faunistici provinciali nei distretti di gestione (Figura 46)
evidenzia come la maggior frammentazione territoriale si abbia nei due distretti di bassa collina C1
e C2 e in quest’ultimo in particolare siano maggiormente concentrate le Aziende venatorie. In tali
istituti privati il periodo di caccia in forma collettiva non coincide con quello del distretto dell’ATC
RE3 in cui ricadono (la caccia collettiva al Cinghiale è consentita nell’arco temporale massimo di tre
mesi anche non consecutivi dal 1 ottobre al 31 gennaio). Per ottimizzare la gestione del suide può
risultare utile fissare periodi di caccia unici per tutti gli istituti faunistici in cui è consentita l’attività
venatoria. Dalla stagione venatoria 2012/2013 inoltre il prelievo collettivo risente dei periodi di
sospensione imposti dal divieto di caccia su terreni innevati sancito dalla Legge 157/92. Nelle tre
stagioni precedenti il calendario venatorio regionale, approvato con legge regionale n. 1/2009,
consentiva alle Province, valutato lo stato d’attuazione del piano di prelievo, di autorizzare la
caccia in forma collettiva anche sui terreni innevati.
64
Figura 46 – Istituti faunistici presenti nei distretti di gestione nell’anno 2013
Nell’ultima stagione venatoria sono state autorizzate in ambito provinciale 15 squadre per caccia
in braccata e 9 gruppi di girata (Tabella 38). Nell’ATC RE3 le squadre cacciano in rotazione in tutte
le zone del distretto di assegnazione, mentre nell’ATC RE4 le squadre hanno zone fisse di caccia
all’interno del distretto.
ATC
RE3
RE4
Distretto
N° squadre
braccata
C1
2
C2
7
C3
2
C4
1
M1
1
M2
3
1
M3
3
1
M4
1
M5
Totale
N° gruppi di
girata
2
15
9
Tabella 38 – Numero di squadre di braccata e di gruppi di girata autorizzati nei distretti degli ATC
65
A partire dalle informazioni raccolte durante la realizzazione dei prelievi collettivi della stagione
2013/14, è possibile evidenziare alcune differenze nella densità di popolazione nei distretti di
gestione. Sebbene l’uso degli indici di prelievo permetta di ottenere informazioni sulle densità
locali della popolazione più precise rispetto ai tradizionali metodi di stima numerica dei cinghiali di
prassi adottate in ambito provinciale (Figura 41), è tuttavia raccomandabile anche in questo caso
una certa prudenza nell’interpretazione dei risultati ottenuti (Monaco et al., 2003). Il prelievo del
Cinghiale è infatti un fenomeno complesso al cui esito concorrono una serie di fattori difficilmente
misurabili, come le condizioni ambientali e l’abilità dei soggetti che partecipano all’azione
(cacciatori e cani). Pertanto, se da una parte è vero che in generale esiste una relazione diretta tra
densità di popolazione e densità di prelievo, dall’altra non è scontato che, a parità di densità di
cinghiali, due squadre ottengano analoghi risultati di prelievo. Dall’osservazione dei dati di
prelievo 2013/14 in ambito provinciale (Tabella 39 e Tabella 40) emerge innanzitutto come la
densità complessiva di prelievo del comprensorio montano (ATC RE4 e due AFV) sia più che doppia
rispetto a quella del comprensorio collinare (ATC RE3 e sette AFV). In ambito collinare esistono poi
differenze piuttosto marcate tra i vari distretti: i distretti 1C e 4C evidenziano rese di prelievo
decisamente inferiori ai distretti 2C e 3C. Le rese di caccia elevate del distretto 2C sono in buona
parte determinate dai prelievi realizzati nelle Aziende venatorie (108 capi prelevati in AFV contro
65 prelevati in ATC). In ambito montano le densità di prelievo nei distretti sono comprese tra 1,5
capi/100 ha del distretto 1M e 3,2 capi/100 ha del distretto 3M. Risultano a minor densità di
popolazione i distretti M1 e M2, mentre si osservano densità più alte nei distretti M4 e M5 e in
particolare nel distretto M3. La densità media di prelievo dei nove distretti di gestione provinciali è
illustrata in Figura 47.
Distretto
Superficie
Distretto
(ha)
Superficie
Zone ATC
(ha)
Superficie
AFV (ha)
Superficie
cacciabile
distretto
(ATC+AFV)
N° capi
prelevati
Zone ATC
N° capi
prelevati
AFV
N° capi
prelevati
distretto
(ATC+AFV)
Densità di
prelievo
distretto
(Capi/100 ha)
1C
17.507
12.817
2.173
14.990
78
26
104
0,7
2C
18.253
11.179
5.559
16.738
65
108
173
1,0
3C
12.226
11.957
0
11.957
129
0
129
1,1
4C
7.065
6.821
0
6.821
37
0
37
0,5
Totale
Collina
55.051
42.774
7.732
50.506
309
134
443
0,9
Tabella 39 – Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nei distretti del comprensorio collinare (ATC
RE3 e sette AFV)
66
Distretto
Superficie
Distretto
(ha)
Superficie
Zone ATC
(ha)
Superficie
AFV (ha)
Superficie
cacciabile
distretto
(ATC+AFV)
N° capi
prelevati
Zone ATC
N° capi
prelevati
AFV
N° capi
prelevati
distretto
(ATC+AFV)
Densità di
prelievo
distretto
(Capi/100 ha)
1M
9.382
8.735
0
8.735
129
0
129
1,5
2M
13.132
11.249
1.288
12.537
195
8
203
1,6
3M
6.677
6.634
0
6.634
210
0
210
3,2
4M
9.061
6.185
2.876
9.061
108
105
213
2,4
5M
4.794
4.794
0
4.794
137
0
137
2,9
Totale
Montagna
43.046
37.597
4.164
41.761
779
113
892
2,1
Tabella 40 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nei distretti del comprensorio montano (ATC
RE4 e due AFV)
Sfruttando sempre la correlazione tra densità di popolazione e densità di prelievo, è possibile
identificare con maggiore precisione le zone a maggior densità di popolazione, andando a
calcolare sia sulla superficie cacciabile assegnata alle diverse squadre/gruppi, che sul territorio
delle Aziende venatorie, il numero di cinghiali abbattuti per unità di superficie (Tabella 41). Dalla
trasposizione grafica (Figura 48) di queste ultime informazioni dettagliate di prelievo per unità di
superficie è possibile fare alcune considerazioni:
• Nel territorio appenninico sono evidenti due fasce di densità, una a densità di prelievo
inferiore al capo/kmq nel settore basso collinare (distretti C1, C2 e C4), e una a densità di
prelievo compreso tra 1 e 2 capi/kmq nel settore alto collinare (distretti 3C, 1M e porzione
settentrionale del distretto 4M).
• Nelle Aziende venatorie della fascia basso collinare si hanno densità di prelievo
decisamente superiori a quelle rilevate alle zone di caccia dell’ATC RE3, probabilmente in
ragione sia del minor disturbo venatorio all’interno delle AFV (di norma si effettuano meno
azioni di caccia rispetto al territorio cacciabile dell’ATC), che della maggior offerta trofica,
costituta da coltivazioni a perdere e dispensatori di granaglie destinate alla piccola
selvaggina e spesso utilizzati anche dal Cinghiale. Tale fenomeno è particolarmente
evidente nell’AFV Visignolo, i cui carnieri (4 capi prelevati/100 ha) sono assimilabili a quelli
delle zone a maggiore vocazione del comprensorio montano.
• Nella porzione montana della provincia è evidente la funzione di “serbatoio” svolta dal
territorio del Parco nazionale. Le più alte densità di prelievo si rinvengono infatti nei
distretti M3, M5 e nella porzione occidentale del M2, tutte zone caratterizzate dall’essere
confinanti sia con l’ampio settore di crinale del Parco che con le ramificazioni dello stesso.
• Le alte densità di prelievo osservate nell’AFV Ventasso (Distretto M4) probabilmente
derivano sia dalla relativa vicinanza del Parco nazionale, che da quanto detto in precedenza
per le Aziende venatorie della fascia basso collinare.
67
Figura 47 – Densità di prelievo nei distretti
Circa la mobilità del Cinghiale, studi condotti in ambiente appenninico, confermati peraltro da
altre ricerche in ambito nazionale ed europeo, hanno evidenziato che gli spostamenti importanti
(oltre 10km) degli individui della specie sono da considerarsi del tutto occasionali e che la maggior
parte delle escursioni è di breve raggio (meno di 5 km). In particolare lo studio condotto
nell’appennino bolognese (Monaco et al., 2003) ha mostrato che circa il 60% dei cinghiali catturati,
marcati e successivamente rilasciati, è stato ripreso a una distanza non superiore ai 3 km dal sito di
cattura, mentre la distanza massima di ricattura è risultata essere di 11 km. Il territorio occupato
dall’unità di popolazione, calcolato come area del cerchio di raggio pari alla distanza massima di
ricattura (11 km), è risultato pari a 38.000 ettari; considerato tuttavia che la maggior parte degli
spostamenti osservati nel Cinghiale sono di breve raggio e al di sotto dei 5 km, può essere già
considerata adeguata come unità di gestione (distretto) un’area di 8.000-10.000 ettari.
Distretto
Squadra/gruppo ATC o AFV
Superficie
cacciabile
N° capi
prelevati
Densità di
prelievo
(Capi/100 ha)
1C
ATC RE3 (tutte le squadre)
12.817
78
0,6
AFV Canossa
1.331
8
0,6
68
AFV Pianzo
842
ATC RE3 (tutti i gruppi)
11.179
65
0,6
AFV Vendina Lupo
1.664
29
1,7
AFV Monte Evangelo
696
3
0,4
AFV Visignolo
874
35
4,0
AFV San Giovanni Q.
1.113
15
1,3
AFV Cà del Vento
1.212
26
2,1
3C
ATC RE3 (tutte le squadre)
11.957
129
1,1
4C
ATC RE3 (tutte le squadre)
6.821
37
0,5
2C
1M
2M
3M
4M
5M
18
2,1
ATC RE4 (Squadra 1)
8.735
129
1,5
ATC RE4 (Squadra 5)
4.131
34
0,8
ATC RE4 (Squadra 4)
3.898
72
1,8
ATC RE4 (Squadra 3)
2.971
85
2,9
ATC RE4 (Gruppo 6)
249
4
1,6
AFV Strambiana
1.288
8
0,6
ATC RE4 (Squadra 9)
2.754
119
4,3
ATC RE4 (Squadra 7)
2.642
61
2,3
ATC RE4 (Squadra 10)
1.025
24
2,3
ATC RE4 (Gruppo 11)
213
6
2,8
ATC RE4 (Squadra 2)
6.185
108
1,7
AFV Ventasso
2.876
105
3,7
ATC RE4 (Squadra 8-12)
4.794
137
2,9
Tabella 41 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nelle zone di caccia assegnate alle
squadre/gruppi di girata degli ATC e nelle Aziende venatorie (stagione 2013/14)
I distretti utilizzati per la caccia collettiva al Cinghiale (Figura 42) sono di numero e con
perimetrazione differenti da quelli utilizzati per il prelievo selettivo (Figura 6); tale differenza, con i
confini dei distretti di gestione del cinghiale che intersecano in molti casi anche le singole aree di
gestione utilizzate nel prelievo selettivo, rende problematica la predisposizione di piani di prelievo
complessivi per distretto ripartiti tra caccia collettiva e caccia di selezione. L’utilizzo dei distretti
impiegati nel prelievo selettivo permetterebbe inoltre di correggere anche alcune incoerenze
attualmente presenti nella ripartizione territoriale adottata per la gestione del Cinghiale, quali:
• presenza nell’ATC RE3 del distretto C4 di dimensioni esigue rispetto a quanto evidenziato in
merito alla mobilità della specie;
• presenza nell’ATC RE4 di due (distretti M3 e M5) di dimensioni ridotte, di cui uno (distretto
M5) suddiviso inoltre in due distinte porzioni dal Parco nazionale;
• distretto M4 che mostra, sulla scorta dei dati di prelievo, caratteristiche differenti tra la
porzione settentrionale (a nord dell’AFV Ventasso), decisamente simile a quella del
distretto M1, e la porzione meridionale (dall’AFV Ventasso compresa verso monte), simile
invece al distretto M5 (Figura 48).
69
Figura 48 - Cinghiali prelevati per kmq di superficie cacciabile nelle zone di caccia assegnate alle
squadre/gruppi di girata degli ATC e nelle Aziende venatorie (stagione 2013/14)
2.6.3. Danni
Nel periodo 2009-2013 sono stato accertati 481 episodi di danneggiamento a carico di coltivazioni,
per un danno complessivo pari a € 541.469; l’esborso medio per ciascun evento è stato di € 1.125.
Le coltivazioni più vulnerabili in ambito provinciale sono state le foraggere (prati e medicai), con €
438.590 di risarcimenti. In merito ai cereali i danni hanno riguardato principalmente il grano.
Danni ad altre coltivazioni (es. vigneti) o ai manufatti, sono risultati del tutto marginali in ambito
provinciale (accorpati nella categoria “altro” di Figura 49).
70
Figura 49 – Colture danneggiate e importi accertati nel periodo 2009-2013
In relazione alla tipologia e ubicazione dei danni, il 66% dei danni del periodo è stato risarcito
dall’ATC RE4, mentre Provincia e ATC RE3 ne hanno risarcito rispettivamente il 18% e il 16%
(Tabella 42). Gli importi risarciti dalla Provincia hanno risentito fino all’anno 2012 in modo
particolare della presenza di alcuni istituti (ZRC Stiano, ZRC San Valentino e Centro privato di
riproduzione della fauna selvatica) nel comprensorio collinare, che, come già anticipato, non sono
più presenti a partire dall’anno 2013. Dal 2013 infatti la revoca delle due ZRC e la scadenza
dell’autorizzazione del Centro privato hanno consentito una notevole riduzione dei danni. Nel
periodo considerato si è assistito a un generalizzato fenomeno di diminuzione dei danni,
particolarmente evidente nell’ATC RE4.
2009
2010
2011
2012
2013
Provincia
32.205
18.590
14.392
32.746
1.225
ATC RE3
25.295
18.810
9.360
21.839
10.700
ATC RE4
142.880
83.025
60.640
52.577
17.185
Totale
200.380
120.425
84.392
107.162
29.110
Tabella 42 – Ripartizione dei danni da Cinghiale tra Provincia e ATC
In merito alla distribuzione spaziale dei danni da Cinghiale dell’ultimo quinquennio sono disponibili
dati puntiformi georeferenziati (inseriti nella banca dati georeferenziata della Regione EmiliaRomagna) solo per i danni accertati dalla Provincia nel periodo 2009-2013 e dall’ATC RE4 per gli
anni 2012 e 2013. Non sono disponibili dati relativamente alle Aziende venatorie. I danni risarciti
dall’ATC RE3 nel periodo 2009-2013 e dall’ATC RE4 nel periodo 2009-2011 sono stati archiviati e
trasmessi alla Provincia fornendo come informazione territoriale dell’ubicazione dell’evento il solo
codice numerico dell’area di gestione interessata senza riferimenti alle coordinate geografiche. Per
ottenere una carta relativa alla distribuzione e all’incidenza complessiva dei danni nel periodo
2009-2013 è stato pertanto necessario uniformare le basi dati (Provincia e ATC). Tale lavoro,
71
appositamente condotto dalla Provincia ed utilizzato per le analisi effettuate nel presente
documento è stato eseguito associando i danni puntiformi georeferenziati alle aree di gestione,
potendo quindi procedere ad elaborazioni di analisi territoriale. La carta così ottenuta permette di
individuare le aree in cui è stata più intensa l’attività di danneggiamento alle produzioni (Figura 50)
nel periodo 2009-2011. In cartografia sono inoltre riportati i danni rilevati con GPS inseriti dalla
Provincia di Reggio-Emilia e dall’ATC RE4 nella banca dati georeferenziata regionale.
Figura 50 - Danni medi annui nelle aree di gestione e ubicazione dei danni georeferenziati di Provincia e ATC
RE4
Il comprensorio collinare è caratterizzato sostanzialmente da una diffusa distribuzione dei danni
(inferiori a € 200/kmq all’anno) con alcune zone di particolare concentrazione (nei distretti C3 e
C4), corrispondenti agli istituti in precedenza menzionati non più esistenti dal 2013. Nel
comprensorio di montagna si osservano quattro principali zone di concentrazione dei danni:
72
1. le zone limitrofe al Parco nazionale nei pressi della Pietra di Bismantova e dei Gessi triassici
(Distretto M1);
2. le zone comprese tra il corpo principale del Parco nazionale e la ramificazione che arriva
alla zona dei Gessi triassici (Distretti M2 e M3);
3. la porzione orientale del distretto M2, nelle adiacenze dell’AFV Strambiana;
4. le zone del distretto M4 a confine con il distretti C1;
5. Le zone tra il distretto M3 e il distretto M5.
La mappa così ottenuta, sebbene fornisca una visione piuttosto dettagliata delle problematiche
riscontrate nel quinquennio appena trascorso, non risulta perfettamente funzionale alla futura
programmazione, in quanto in molti casi rappresentativa di situazioni passate le cui dinamiche si
sono rapidamente evolute nel tempo e pertanto non tutte indicative delle attuali situazioni. Alcuni
esempi sono gli istituti di protezione che fungevano da “spugna” revocati nell’anno 2013 in cui
attualmente è consentita la gestione venatoria della specie, e i danni particolarmente elevati sia
del distretto M4 che tra i distretti M3 e M5, che risalgono in massima parte all’anno 2009.
Considerato inoltre che il nuovo modello di gestione del Cinghiale indicato dalla D.G.R. n.
103/2013 prevede per la specie la definizione di una soglia massima di danno tollerabile per unità
di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo, è opportuno utilizzare informazioni il più
possibile recenti. L’anno 2013 è quello che meglio si presta allo scopo, in quanto, oltre a essere
ovviamente il più recente, è quello che consente di rappresentare una situazione altamente
cautelativa per la riduzione dei danni alle coltivazioni agricole, in quanto gli importi accertati dei
danni sono i più bassi del quinquennio e per il quale sono disponibili le maggiori informazioni
georeferenziate. Allo stesso tempo occorre evidenziare che il riferimento ad una singola annualità,
sebbene la più recente, può essere suscettibile di maggiori variabilità e assenza di significato
statistico rispetto a considerazioni riferite ad un arco di più anni, in quanto può essere
ampiamente dipendente dalla modifica di alcuni assetti territoriali degli istituti faunistici, come
prima detto.
La ripartizione per distretto di gestione dei danni dell’anno 2013 con i relativi carnieri conseguiti
nella stagione 2013/14 è stato comunque preso a riferimento a favore di maggiore cautela,
avendo i valori più bassi per i danni in agricoltura dell’ultimo quinquennio, ed è stato pertanto
posto quale punto di partenza per la definizione della soglia massima di danno sulla base della
quale rapportare i piani di prelievo (Tabella 43 e Tabella 44), pur evidenziandosi quindi la
necessaria accortezza di prevedere opportuni meccanismi che annualmente “testino”
l’adeguatezza della soglia così definita rispetto alle effettive e reali condizioni osservate sul
territorio e legate a molteplici variabili dipendenti sia da fattori biotici ed ambientali, legati alla
diffusione della specie, sia alle dinamiche del settore agricolo, sia ai possibili mutamenti ed
evoluzioni dei contesti territoriali locali.
Considerato che anche il carniere delle AFV concorre a definire il prelievo complessivo del
distretto in cui ricadono, è necessario che anche tali istituti provvedano all’inserimento degli
eventi danno nell’archivio georeferenziato regionale.
73
Distretto
Superficie
Distretto (ha)
Superficie
cacciabile
distretto
(ATC+AFV)
N° capi
prelevati
distretto
(ATC+AFV)
Densità di
prelievo
distretto
(Capi/100 ha)
Danni
complessivi
(€)
1C
17.507
14.990
104
0,7
1.660
9,48
2C
18.253
16.738
173
1,0
2.930
16,05
3C
12.226
11.957
129
1,1
4.590
37,54
4C
7.065
6.821
37
0,5
1.520
21,51
Totale
Collina
55.051
50.506
443
0,9
10.700
19,44
Danni €/kmq
Tabella 43 – Prelievo, danni e danni per unità di superficie dei distretti del comprensorio della collina
Distretto
Superficie
Distretto (ha)
Superficie
cacciabile
distretto
(ATC+AFV)
N° capi
prelevati
distretto
(ATC+AFV)
Densità di
prelievo
distretto
(Capi/100 ha)
Danni
complessivi
(€)
Danni €/kmq
1M
9.382
8.735
129
1,5
4.478
47,73
2M
13.132
12.537
203
1,6
7.813
59,50
3M
6.677
6.634
210
3,2
1.586
23,75
4M
9.061
9.061
213
2,4
1.583
17,47
5M
4.794
4.794
137
2,9
1.725
35,98
Totale
Montagna
43.046
41.761
892
2,1
17.185
39,92
Tabella 44 - Prelievo, danni e danni per unità di superficie dei distretti del comprensorio della montagna
Confrontando nell’ATC RE4 l’andamento dei prelievi con i danni accertati nella stagione successiva,
emerge una correlazione piuttosto evidente: all’aumentare dei prelievi corrisponde l’anno
successivo una diminuzione dei danni (Figura 51 e Figura 52). Nel comprensorio collinare non è
invece evidenziabile tale correlazione, probabilmente in ragione del fatto che le coltivazioni
vulnerabili sono ampiamente diffuse e inframezzate agli spazi naturali e pertanto sono passibili di
danneggiamento anche con densità di popolazione non elevate.
74
Figura 51 – Andamento dei prelievi e dei danni nell’ATC RE4
Figura 52 – Correlazione tra prelievi e danni nell’ATC RE4
75
3. Nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche
La nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche, approvata con Deliberazione assembleare n.
103 del 16 gennaio 2013, è un aggiornamento della cartografia relativa alle vocazioni del territorio
regionale rispetto alla precedente edizione della carta (Toso et al., 1999) per le seguenti specie:
Cinghiale, Cervo, Capriolo. Tale aggiornamento è basato sull’utilizzo di nuova cartografia di
maggiore dettaglio, di un nuovo reticolo cartografico a maglia più fine (pari a 1 km2), di nuove
tecniche di analisi di complessità del territorio e di nuovi e più recenti dati faunistici.
Nel presente capitolo sono state contestualizzate al territorio della provincia di Reggio Emilia le
informazioni contenute nella nuova Carta regionale delle vocazioni faunistiche e pertanto sono
riportate esclusivamente le carte di vocazione relative al contesto provinciale.
3.1. Metodologia di realizzazione
3.1.1. Reticolo cartografico
Per la realizzazione delle carte di vocazione è stato utilizzato un reticolo ottenuto suddividendo gli
elementi della Carta Tecnica Regionale (CTR) in scala 1: 5000. Da ogni elemento della CTR sono
state ricavate successivamente 9 sotto-celle suddividendo i lati dell’elemento CTR per tre, sia in
senso latitudinale sia in senso longitudinale.
3.1.2. Dati faunistici
I dati faunistici utilizzati per la realizzazione delle carte di vocazione del Cinghiale sono gli stessi
della precedente edizione, mentre quelli relativi a Capriolo e Cervo sono stati elaborati a partire
dai dati recenti di censimento delle province di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Forlì-Cesena.
3.1.3. Dati cartografici di base
E’ stato utilizzato il set di dati cartografici già utilizzati per la precedente versione della carta di
vocazioni, con l’esclusione della copertura Corine Land Cover, sostituita dalla nuova Carta di Uso
del Suolo 2008 realizzata dall’Istituto Cartografico della Regione Emilia-Romagna. E’ stato inoltre
utilizzato un set di immagini satellitari Landsat riferite al 2001.
3.1.4. Modelli
Le carte regionali di vocazione sono state ottenute attraverso l’uso di modelli matematici. Scopo
dei modelli matematici è quello di fornire una sintesi dei complessi fenomeni di interazione tra
ambiente (dati cartografici) e popolazioni di animali (dati faunistici). Il lavoro effettuato ha
comportato in primo luogo un’analisi qualitativa del sistema in esame, quindi la misurazione delle
sue caratteristiche, poi la formulazione dei vari modelli matematici e infine la redazione delle carte
che offrissero una valida rappresentazione dei risultati ottenuti con l’applicazione dei modelli
stessi.
76
3.2. La vocazione del territorio provinciale per il Cinghiale
3.2.1. Dato biologico di riferimento
Per il Cinghiale le aree campione dalle quali derivano i dati di censimento state suddivise in 3 classi
di densità: classe 0, pari a 0 individui/kmq; classe 1, con valori di densità compresi tra 0 e 10
individui/kmq; classe 2, con valori di densità superiori a 10 individui/kmq.
3.2.2. Modello di vocazione
Nel modello di vocazione per il Cinghiale le variabili selezionate sono state il perimetro dei boschi,
degli arbusteti, l’estensione delle colture temporanee associate alle colture permanenti e dei
boschi a prevalenza di querce, carpini e castagni.
3.2.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
Il modello statistico è stato applicato sul territorio indicato come di presenza potenziale. E’ stata
così creata una prima carta, indicata nel presente documento come “Carta di Vocazione potenziale
del cinghiale” (Figura 53). La classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando tre categorie
di vocazione, individuate dai numeri 0, 1 e 2, dove 0 indica le aree a vocazione nulla, 1 indica le
aree con densità potenziale compresa entro 10 capi/kmq, 2 indica le aree con densità potenziale
superiore a 10 capi/kmq. Occorre precisare che l’areale potenziale individuato in pianura deve
intendersi come del tutto teorico, indicativo di condizioni ambientali in qualche misura compatibili
con le esigenze ecologiche minime della specie, anche se non è al momento confermabile una
diffusa tendenza alla colonizzazione né è al momento verosimile una gestione della specie in tale
contesto territoriale. In accordo con le caratteristiche ecologiche della specie, si osserva che
pressoché l’intera porzione collinare e montana della provincia presenta un qualche grado di
vocazione per il Cinghiale, la quale si estende spesso fino a ridosso dei centri urbani e comunque in
generale al limite della pianura. Le condizioni ambientali che in provincia sembrano emergere
come particolarmente favorevoli al Cinghiale sono quelle che vedono la predominanza di estesi
boschi di latifoglie miste, sia di tipo prevalentemente sciafilo (faggete e faggete miste), sia di tipo
mesofilo (querceti, orno-ostrieti), oppure situazioni caratterizzate da frammentazione e
diversificazione delle tipologie ambientali (boschi, coltivi, arbusteti o aree marginali), quali
tipicamente si incontrano nella fascia collinare e in alcuni casi anche ad altitudini molto modeste,
nelle quali la vocazione appare positivamente influenzata in misura maggiore dalla presenza di
aree ad arbusteti o boschetti marginali che non da quella di formazioni forestali vere e proprie. Ciò
può essere bene inquadrato con le caratteristiche comportamentali e trofiche del Cinghiale, in
quanto mentre nella fascia propriamente montana, a causa della quasi totale assenza di
coltivazioni, le risorse offerte dall’ambiente forestale costituiscono l’unica fonte trofica utilizzabile,
laddove esistono aree coltivate l’abbondante offerta alimentare rende la presenza di estese aree
boscate non necessaria, dal momento che, anche a fini di rifugio e rimessa, le aree marginali ad
77
arbusteti, incolti e boscaglie, rappresentano probabilmente un’alternativa migliore a quella dei
boschi stessi. Questo aspetto va considerato con attenzione, rappresentando probabilmente uno
degli elementi chiave nel determinare l’espansione di questa specie fino a ridosso di aree
fortemente antropizzate. Già attualmente si possono evidenziare in ambito provinciale evidenti
criticità da questo punto di vista, rappresentate dai punti in cui territori a massima vocazione per il
cinghiale vengono a trovarsi adiacenti alla pianura, o comunque ad aree estesamente
antropizzate, e a partire dai quali è possibile attendersi una elevata capacità di espansione nel
breve-medio periodo. E’ stata quindi creata una seconda carta di vocazione definita biotica, più
restrittiva, che esclude tutte le aree di pianura e la fascia pedecollinare a ridosso dell’area
urbanizzata di pianura e prima collina, qui indicata come “Carta di vocazione biotica del Cinghiale”
(Figura 54). La mobilità del Cinghiale è incompatibile con la fitta rete viaria e l’elevata
urbanizzazione della fascia planiziale e pedecollinare. La nuova carta risulta più operativa, e
rappresenta un punto di partenza più efficace per passare alla carta di vocazione agro-forestale
utile alla gestione, in grado di minimizzare i conflitti tra cinghiale e tessuto antropizzato. Nelle
carte di vocazione che seguono l'areale in bianco è a vocazione nulla.
Figura 53 – Carta di vocazione potenzialedel Cinghiale
78
Figura 54 – “Carta di vocazione biotica del Cinghiale”
3.2.4. Carta di vocazione agroforestale
Nel caso degli Ungulati, e soprattutto del Cinghiale, particolare importanza assume l’aspetto
legato alle interazioni con le attività agricole e, di conseguenza, alle strategie gestionali da
adottare al fine di minimizzarne l’impatto. Come noto, uno degli strumenti gestionali utilizzabili a
questo scopo è rappresentato dalle carte di vocazione o rischio agro-forestale, le quali si possono
ottenere sovrapponendo alla vocazione prettamente ambientale la stima degli impatti che la
specie può determinare sulle varie colture. La “Carta di rischio agro-forestale” (Figura 55) è stata
realizzata calcolando, sul sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della
estensione dei seminativi, dei vigneti e dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate
dal Cinghiale. Quindi è stata applicata una procedura automatica che prevede l’attribuzione della
categoria di rischio elevato per le cellette nelle quali l’estensione delle colture a seminativi risulti
superiore alla media provinciale, e l’attribuzione della categoria di rischio massimo alle cellette in
cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio classificato in entrambe le categorie è stato
sottratto alla vocazione biotica, identificandolo con i colori verde e giallo. Il territorio di pianura,
pur presentando localmente un certo grado, benchè minimo, di vocazione biotica, è stato escluso
a priori dalla applicazione della procedura descritta, risultando pertanto privo di colorazione, in
79
quanto nel complesso la pianura reggiana non può essere considerata attualmente idonea ad una
effettiva gestione di questa specie.
Con le elaborazioni condotte si è proceduto quindi a mettere in risalto le possibili criticità legate
sia all’assetto agricolo del territorio, rappresentate ad esempio dalle aree in cui sono più
abbondanti le colture sensibili, sia al fatto che, a seguito di condizioni locali, zone con alta
vocazione per il Cinghiale possono venire a trovarsi immerse o a ridosso di vaste aree antropizzate
e ampiamente coltivate, costituendo nuclei di potenziale espansione della specie. Il risultato della
carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati è innanzitutto un significativo arretramento della
linea di vocazione verso la fascia collinare e montana, con le porzioni di territorio situate nella
prima collina che non afferiscono più ad ad alcuna vocazionalità per il cinghiale, inoltre ampi tratti
del medio e dell’alto Appennino vengono in questo modo declassati anch’essi a vocazione nulla, in
accordo con la distribuzione reale delle coltivazioni. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a
vocazione nulla.
Figura 55 – Carta di vocazione agro-forestale del Cinghiale
80
3.2.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
Data la mobilità della specie e la difficoltà obiettiva di arrivare a stime affidabili di densità per
areali puntuali, nel caso del Cinghiale non è realistico prevedere valori soglia per le singole “celle”
di un mosaico costituito da piccoli areali, rientranti in diverse, e talora molto discordanti,
condizioni di vocazionalità. Ma oltre alle considerazioni appena dette, come da indicazioni
regionali, sono i distretti di gestione o gruppi di distretti che costituiscono riferimento affinché il
prelievo sia programmato annualmente in funzione soprattutto del livello di danno alle colture,
prevedendo soglie massime di danno tollerabile. Sulla base delle densità locali di abbattimento e
del livello di danno economico fissato come tollerabile, si determina ogni anno per ogni distretto il
contingente da prelevare facendo ricorso a tutte le forme di caccia consentite ed in particolare alla
selezione i cui tempi di esercizio ne garantiscono l’efficacia nelle zone maggiormente sensibili.
81
3.3. La vocazione del territorio provinciale per il Cervo
3.3.1. Dato biologico di riferimento
Per la formulazione del modello di vocazione le aree campione con presenza della specie sono
state suddivise in due gruppi, cioè aree con densità rilevata minore o maggiore di 2 capi/kmq,
valore corrispondente alla media delle densità rilevate e coerente con i valori soglia normalmente
attribuiti agli ambienti con potenzialità rispettivamente basse e elevate per questa specie.
3.3.2. Modello di vocazione
Il modello di vocazione per il Cervo si è basato prevalentemente sull’abbondanza delle aree che
possono offrire riparo dai predatori o aree maggiormente indisturbate (cover area), sulla diversità
della composizione dei boschi e sull’estensione delle strade.
3.3.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
Il modello statistico è stato quindi applicato sul territorio indicato come di presenza potenziale. La
classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando 3 categorie di vocazione, ottenute in base
alla probabilità di appartenenza al gruppo 2, segnatamente: alla categoria di minore idoneità
vengono attribuite le celle con probabilità non superiore al 50% di appartenere al gruppo 2; alla
categoria di idoneità intermedia vengono attribuite le celle con probabilità compresa tra il 50% e il
75% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di massima idoneità vengono attribuite le celle con
probabilità superiore al 75% di appartenere al gruppo 2. In questo modo è stata creata una prima
carta delle potenzialità del territorio provinciale (Figura 56). Occorre precisare che l’areale
potenziale individuato in pianura deve intendersi come puramente teorico, indicativo di condizioni
ambientali minime in qualche misura compatibili con le esigenze ecologiche della specie, ma che
non tengono conto dell’organizzazione spaziale e della mobilità della specie. Si osserva che
attualmente la massima idoneità ambientale risulta per la gran parte limitata alla fascia alto
appenninica, entro un raggio compreso tra circa 5 e 15 km in linea d’aria dallo spartiacque,
corrispondente a condizioni ambientali che vedono la predominanza di estesi boschi di latifoglie
miste, sovente fustaie o cedui invecchiati di buona qualità, intercalati a prato-pascoli e praterie di
altitudine, e con relativamente scarsa presenza di coltivazioni annuali. Non mancano tuttavia casi
in cui la massima idoneità teorica si estende verso quote inferiori ben oltre la fascia indicata, così
come esistono porzioni, anche di una certa estensione pur se non sempre direttamente collegate
all’area principale, poste ad altitudini molto inferiori e che in taluni casi giungono alla fascia basso
collinare. La carta evidenzia quindi non solo la possibilità di ulteriore espansione nella fascia
montana ma anche il rischio di dispersione verso la collina, con conseguenze negative.
E’ stata creata quindi una seconda carta biotica più operativa (Figura 57), che tiene maggiormente
in conto le caratteristiche biologiche della specie, soprattutto per quanto riguarda la mobilità e gli
spazi vitali. Così impostata, la nuova carta esclude tutta la fascia planiziale interna e la prima fascia
82
pedecollinare, dove le aree individuate come potenzialmente idonee sono in realtà spesso molto
ristrette e disperse sul territorio. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a vocazione nulla.
Figura 56 - Carta di vocazione potenziale del Cervo
83
Figura 57 - Carta di vocazione biotica del Cervo
3.3.4. Carta di vocazione agroforestale
La carta di rischio agro-forestale (Figura 58) è stata realizzata partendo dalla carta di vocazione più
operativa e calcolando, sul sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della
estensione dei seminativi, dei vigneti e dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate
dal cervo. Quindi è stata applicata una procedura automatica che prevede la attribuzione della
categoria di rischio elevato per le cellette nelle quali l’estensione delle colture a seminativi risulti
superiore a quella media provinciale,, e la attribuzione della categoria di rischio massimo alle
cellette in cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio classificato in entrambe le categorie è
stato sottratto alla vocazione biotica, identificandolo con i colori verde e giallo. Il risultato della
carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati vede un sensibile arretramento della linea di
vocazione verso la fascia alto-collinare. Nella carta che segue l’areale in bianco è a vocazione nulla.
84
Figura 58 - Carta di vocazione agro-forestale del Cervo
3.3.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
In prima approssimazione si può fissare come densità di riferimento (densità agro-forestale
calcolata su ampie superfici in primavera) i valori 3-5 capi per kmq per le aree a elevata
vocazionalità, 1-3 capi per kmq per le aree a media vocazionalità e fino a 1 capo per kmq per le
aree a bassa vocazionalità. Ovviamente, in caso di compresenza significativa di altri ungulati e di
conflitti con le attività agricole, è necessario programmare le densità sui valori minimi proposti.
85
3.4. La vocazione del territorio provinciale per il Capriolo
3.4.1. Dato biologico di riferimento
Vista la distribuzione dei valori di densità osservati, per la formulazione del modello di vocazione
del Capriolo sono state individuate due classi di densità utilizzando la mediana (18 ind./kmq) della
distribuzione come soglia: classe 1, compresa tra 0 e 18 capi/kmq; classe 2, maggiore o uguale di
18 capi/kmq.
3.4.2. Modello di vocazione
Il modello di vocazione per il Capriolo si basa prevalentemente su tre variabili: l’abbondanza di
colture eterogenee, l’indice di diversità delle formazioni boscate e i perimetri dei boschi. Il modello
ha previsto i seguenti passaggi:
• Individuazione delle aree che potevano offrire riparo dai predatori o aree maggiormente
indisturbate (cover area). Tali aree sono indispensabili nell’areale di presenza stabile per
consentire adeguati livelli di riproduzione e la sopravvivenza delle classi di età giovanili,
oltre che degli stessi adulti.
• Per considerare i movimenti giornalieri che normalmente vengono effettuati dagli animali
verso le aree aperte (escluse le perlustrazioni dovute a fenomeni di dispersione), l’area è
stata estesa per 1 km rispetto alle cover area, ottenendo così una mappa di presenza
preliminare.
• Dalla mappa di presenza preliminare, sono state escluse le aree chiaramente non idonee
alla presenza del capriolo (zone umide, corpi idrici, aree urbane, etc.).
• Infine, sono state escluse le aree soggette a intenso disturbo antropico diretto (200 m
intorno ai centri urbani).
• L’area risultante rappresenta la distribuzione potenziale nel territorio provinciale.
3.4.3. Carta delle potenzialità e carta di vocazione biotica
A partire dall’analisi delle aree campione suddivise in due gruppi, cioè aree con densità rilevata
compresa entro 18 capi/kmq, e aree con densità rilevata superiore a 18 capi/kmq, la
classificazione del territorio è stata ottenuta utilizzando tre categorie di vocazione, ottenute in
base alla probabilità di appartenenza alla categoria 2, segnatamente: alla categoria di minore
idoneità vengono attribuite le celle con probabilità non superiore al 50% di appartenere al gruppo
2; alla categoria di idoneità intermedia vengono attribuite le celle con probabilità compresa tra il
50% e il 75% di appartenere al gruppo 2; alla categoria di massima idoneità vengono attribuite le
celle con probabilità superiore al 75% di appartenere al gruppo 2. Tale classificazione permette la
creazione di una prima carta delle potenzialità (Figura 59). Il territorio provinciale risulta pressoché
ovunque, almeno nella fascia appenninica e pre-appenninica, potenzialmente ricettivo per questo
ungulato, con idoneità da media a elevata. E’ importante sottolineare che una più congrua chiave
86
di lettura della carta delle potenzialità è quella che vede risaltare le aree maggiormente adatte alla
specie, tenendo tuttavia in considerazione il fatto che il rimanente territorio mantiene una
vocazione da discreta a buona. In altri termini, l’analisi dei dati attualmente disponibili per questa
specie mostra che, laddove essa è presente, raggiunge densità che difficilmente scendono sotto i
6-7 capi/kmq. In base alla carta, si evidenzia che le condizioni ambientali maggiormente favorevoli
al Capriolo sono quelle caratterizzate dalla massima frammentazione delle tipologie ambientali
quali tipicamente si incontrano nella fascia collinare fino ad altitudini medie, mentre, al contrario,
gran parte della fascia alto appenninica, che vede la predominanza di estesi boschi di latifoglie
miste, presenta vocazione di grado inferiore. Nella fascia montana, la presenza di prati-pascolo in
aree prevalentemente boscate aumenta localmente la vocazionalità. Questo effetto è tuttavia
osservabile solo entro un certo limite altitudinale, in quanto oltre i 1200-1400 m s.l.m. è probabile
che esso venga controbilanciato dall’effetto negativo delle condizioni climatiche. E’ stata quindi
creata una seconda carta, di tipo operativo, che chiamiamo “Carta di vocazione biotica del
Capriolo” (Figura 60), tenendo conto di alcune caratteristiche biologiche della specie, come la
dispersione giovanile, la mobilità. Di conseguenza sono state escluse tutte le aree di pianura
classificate inizialmente come idonee. La fitta rete viaria e l’intensa urbanizzazione annullano la
ricettività potenziale della pianura della provincia. Nelle carte che seguono l’areale in bianco è a
vocazione nulla.
87
Figura 59 – “Carta di vocazione potenziale del Capriolo”
Figura 60 - Carta di vocazione biotica del Capriolo
3.4.4. Carta di vocazione agroforestale
Anche nel caso del Capriolo, come di altri Ungulati, è necessario porre attenzione alle interazioni
con le attività agricole e, più in generale, antropiche; pertanto è stata realizzata una carta di
vocazione agro-forestale (Figura 61), ottenuta come in altri casi declassando la vocazione biotica
nei casi di sovrapposizione con le colture che risultano maggiormente danneggiate dalla specie. La
carta agro-forestale è stata realizzata partendo dalla carta della vocazione biotica e calcolando, sul
sottoinsieme delle cellette ricadenti nella fascia collinare, il valore della estensione dei vigneti e
dei frutteti, cioè delle colture maggiormente danneggiate dal capriolo. Quindi è stata applicata una
procedura automatica che prevede l’attribuzione della categoria di rischio agroforestale alle
cellette in cui sono presenti frutteti o vigneti. Il territorio così classificato è stato sottratto alla
vocazione biotica. Il risultato della carta ottenuta applicando i criteri su evidenziati è un
arretramento della linea di vocazione verso la fascia collinare, ma soprattutto una forte
diminuzione delle aree a massima vocazione o la scomparsa di qualunque vocazione, ben
88
osservabile nei settori in cui sono presenti colture specializzate, segnatamente frutteti e vigneti.
Nella carta che segue l’areale in bianco è a vocazione nulla.
Figura 61 - Carta di vocazione agro-forestale del Capriolo
3.4.5. Modalità di definizione delle densità obiettivo provinciali
L’analisi dell’idoneità ambientale individua come aree altamente vocate quelle a maggiore
diversità strutturale, i classici paesaggi rurali collinari a mosaico, con compresenza di elementi
naturali (arbusteti, boschetti) e coltivazioni. Sebbene realistico, il modello di idoneità non si presta
direttamente alla programmazione della gestione in funzione dei conflitti con le attività agricole.
Ai fini gestionali è opportuno individuare tendenzialmente tre fasce: una basso-collinare a elevata
conflittualità potenziale con attività agricole di pregio, con densità programmate tra i 3 e i 10
caprioli per kmq, una fascia alto-collinare cuscinetto con densità fissate a 11-15 capi/kmq e una
fascia montana con densità superiori a 15 capi/kmq. Ovviamente, in caso di compresenza
significativa di altri ungulati e di conflitti reali con le attività agricole, è necessario programmare le
densità sui valori minimi proposti.
89
4. Recepimento delle carte regionali di vocazione e nuove
densità obiettivo per le specie di Ungulati
Il recepimento delle carte regionali di vocazione di cui alla Deliberazione dell’Assemblea Legislativa
della Regione Emilia-Romagna n. 103/2013, è stato effettuato per il Capriolo, con la definizione
delle nuove densità obiettivo, e per il Cinghiale, con la definizione di una soglia massima di danno
tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il prelievo della specie.
In merito al Cervo, la gestione faunistico venatoria della specie nell’ambito di ciascun
comprensorio interprovinciale si realizza con l’attuazione di un Piano poliennale di gestione che,
come previsto dal R.R. n. 1/2008, è da considerarsi come parte integrante del Piano faunistico
venatorio di ciascuna delle Province coinvolte. Il recepimento delle carte regionali di vocazione del
cervo è pertanto da effettuarsi nell’ambito del Piano poliennale di gestione del Cervo del
Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, da parte del medesimo A.C.A.T.E.R..
Per Daino e Muflone non sono state elaborate nuove carte regionali di vocazione e pertanto non si
è reso necessario procedere a specifiche elaborazioni relative al territorio provinciale. Per
entrambe le specie restano pertanto confermati gli obiettivi già delineati nel Piano faunistico
venatorio provinciale, rimanendo pertanto valide sia le densità obiettivo, che la pianificazione ivi
definite.
4.1. Nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo
4.1.1. Potenzialità e vocazione biotica
È stato effettuato un confronto iniziale tra le carte di vocazione potenziale e biotica del Capriolo
prodotte dalla Regione Emilia-Romagna e i dati provinciali riguardanti la specie contenuti nel
quadro conoscitivo. Tale confronto è stato sostanzialmente finalizzato ad effettuare possibili
affinamenti alla scala locale attraverso la possibilità di rapportare il modello matematico utilizzato
in ambito regionale per definire l’idoneità ambientale per il Capriolo rispetto ai dati rilevati di
distribuzione e densità della specie.
Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di vocazione
biotica regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 62).
Successivamente, sulla scorta dei dati di censimento dell’anno 2013, è stata realizzata una carta
provinciale di confronto (Figura 63) in cui sono state evidenziate le aree con densità minore o
maggiore a 18 capi/100 ettari (è stata utilizzata tale soglia conformemente a quanto usato per il
modello regionale che utilizza 18 capi/100 ettari come valore di riferimento per separare le aree a
bassa vocazione da quelle a vocazione medio-alta). Tale carta provinciale non evidenzia tuttavia la
presenza del Capriolo in molte zone di pianura al di fuori dei distretti di gestione in quanto,
sebbene la specie sia effettivamente presente, in tali aree non sono stati condotti censimenti con
90
le metodiche standardizzate utilizzate nei distretti e pertanto non risulta consigliabile estrapolare
dati di densità.
Figura 62 – Carta regionale della vocazione biotica del Capriolo e distretti di gestione
Per i distretti di pianura (4C e 5C) l’idoneità ambientale mostrata localmente dal territorio
provinciale può essere ad ulteriore affinamento ed arricchimento rispetto all’analisi delle
elaborazioni modellistiche. La densità media nelle aree di alta pianura nell’anno 2013 è risultata
essere di 4,5 capi/100 ettari (3,9 capi/100 ettari nel distretto 4C e 5,5 capi/100 ettari nel distretto
5C), con valori nelle singole aree compresi tra 1 e 15,5 capi/100 ettari. In effetti per fattori di scala
e di dettaglio, nella modellistica elaborata sulla scala regionale, per le aree di pianura, non
rientrano alcuni specifici aspetti che possono rivelarsi di interesse nel valutare l’effettiva idoneità
del territorio planiziale per la specie. Il problema principale che incontra la specie nel colonizzare
le aree di pianura è rappresentato dalla disponibilità di siti di rifugio durante il giorno. Il Capriolo
nelle aree planiziali si è rivelato in grado di utilizzare tutte le tipologie ambientali in grado di
nasconderlo alla vista, a prescindere dalla tipologia stessa. Analisi condotte in ambito locale
(Fontana & Lanzi, 2008) hanno infatti confermato le evidenze su un utilizzo generalizzato e
91
opportunistico di qualunque habitat in grado di offrire copertura, fosse esso incolto, prato o
coltivazione (quindi non necessariamente solo boschi e arbusteti).
Per i distretti della porzione appenninica della provincia è stato inoltre effettuato in ambiente GIS
un calcolo del numero delle celle (paragrafo 3.1.1.) della carta di vocazione biotica regionale
afferenti ai diverso gradi di vocazionalità (Tabella 45). Tale conteggio permette di tradurre
numericamente quanto rappresentato in Figura 62.
DISTRETTO
N° CELLE
N° CELLE
VOCAZIONE
NULLA
N° CELLE
VOCAZIONE
BASSA
N° CELLE
N° CELLE
VOCAZIONE VOCAZIONE
MEDIA
ALTA
1C
294
11
110
63
110
2C
331
14
91
93
133
3C
265
3
109
55
98
1M
222
0
111
48
63
2M
197
11
110
26
50
3M
220
0
152
26
43
Tabella 45 – Carta di vocazione regionale: numero di celle di ciascun distretto afferenti ai diversi gradi di
vocazione biotica
92
Figura 63 – Carta provinciale delle aree a densità inferiore e superiore a 18 capi/100 ha
In merito ai distretti di bassa collina (1C e 2C) la carta regionale evidenzia una alta vocazione per il
distretto 2C, mentre mostra maggiore disomogeneità nel distretto 1C con porzioni (37% del
territorio) a bassa vocazione. I dati di conteggio ottenuti in ambito locale confermano l’alta
vocazione complessiva del distretto 1C, ma possono indicare anche una maggiore vocazione per il
distretto 1C, vocazione anche più diffusa rispetto a quanto previsto dalle elaborazioni
modellistiche. Occorre inoltre evidenziare che in buona parte delle aree del distretto 1C nelle quali
i conteggi hanno prodotto dati di densità inferiori a 18 caprioli/100 ettari, le densità osservate
sono risultate prossime a tale valore e condizionate inoltre dal prelievo di parte della popolazione.
Inoltre, l’alta vocazione biotica per il Capriolo delle zone di bassa collina può trovare ulteriore
conferma nei tassi di accrescimento della specie osservati nei distretti 1C e 2C, risultati essere i più
alti in ambito provinciale (Figura 11 e Figura 12).
Anche per i territori di alta collina (distretti 3C e 1M) si può desumere una maggiore vocazione
biotica del territorio provinciale rispetto a quanto evidenziato nella carta regionale, tenuto conto
del fatto che spesso le densità inferiori a 18 capi/100 ettari sono conseguenza del prelievo
venatorio di parte della popolazione finalizzato al raggiungimento delle attuali densità obiettivo.
Per i distretti di montagna (2M e 3M) si osserva una più stretta corrispondenza tra la carta
regionale di vocazione biotica e le evidenze dei recenti conteggi effettuati nell’anno 2013 .
Sempre in ambiente GIS, utilizzando la Carta di Uso del Suolo 2008 realizzata dall’Istituto
Cartografico della Regione Emilia-Romagna, è stata prodotta la caratterizzazione ambientale di
ciascun distretto di gestione (Figura 64, Figura 65, Figura 66), finalizzata a ottenere sia ulteriori
conferme sulla vocazionalità dei diversi territori per la specie, che indicazioni sulla presenza di
colture danneggiabili da utilizzare in sede di definizione delle densità obiettivo. In ambito
provinciale, oltre a una diffusa idoneità dei territori di pianura, le condizioni ambientali
maggiormente favorevoli al Capriolo sono quelle caratterizzate dalla massima frammentazione
delle tipologie ambientali con compresenza di territori boscati e agricoli (distretti 1C e 2C in
particolare, ma anche 3C, 1M), mentre, al contrario, gran parte della fascia alto appenninica
(distretti 2M e 3M), che vede la predominanza di estesi boschi di latifoglie, presenta vocazione di
grado inferiore.
Figura 64 – Principali categorie di uso del suolo dei distretti 1C e 2C
93
Figura 65 - Principali categorie di uso del suolo dei distretti 3C e 1M
Figura 66 - Principali categorie di uso del suolo dei distretti 2M e 3M
94
Figura 67 – distribuzione provinciale delle principali colture danneggiabili dal Capriolo
4.1.2. Nuove densità obiettivo provinciali
Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di rischio
agro-forestale regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 68). Tale
carta mostra come il rischio di danneggiamento delle coltivazioni, nello specifico vigneti e frutteti,
si principalmente localizzato nei due distretti di pianura (4C e 5C) e nei due distretti di bassa collina
(1C e 2C).
95
Figura 68 – Carta regionale del rischio agro-forestale
Per la definizione delle nuove densità obiettivo provinciali del Capriolo è stato tenuto conto di:
• Indirizzi regionali per la pianificazione delle densità della specie secondo tre fasce: una
basso-collinare a elevata conflittualità potenziale con attività agricole di pregio, con densità
programmate tra i 3 e i 10 caprioli per kmq, una fascia alto-collinare cuscinetto con densità
fissate a 11-15 capi/kmq e una fascia montana con densità superiori a 15 capi/kmq, come
da indicazione contenuta Carta regionale delle vocazioni.
• Carta regionale del rischio agroforestale (Figura 68) che evidenzia le aree a maggior rischio
di danneggiamento ubicate nei distretti di pianura e nei distretti di bassa collina.
• Dati derivanti dall’uso del suolo dei distretti che evidenziano come le coltivazioni
potenzialmente danneggiabili dal capriolo (vigneti e frutteti) siano principalmente diffuse,
oltre che in pianura, nei distretti di bassa collina (Figura 67).
• Analisi dei danni arrecati dalla specie alle coltivazioni in ambito provinciale che confermano
la criticità dei territori di pianura e di bassa collina (Figura 19).
• Analisi dei dati riguardanti gli incidenti stradali che mostrano come la fascia di transizione
tra collina e pianura sia la più problematica (Figura 21).
96
• Analisi dei danni effettuate nel quadro conoscitivo delle diverse specie dai quali risulta che i
danni a carico dei vigneti sono principalmente a carico di Capriolo e Daino; i danni causati
in ambito provinciale dal Daino (localizzati nei distretti 1C e 2C) sono tuttavia di scarsa
entità e poco contribuiscono al quadro complessivo dei danni. In queste condizioni non è
necessario programmare la densità del Capriolo, tenendo in considerazione delle incidenze
derivanti dalla compresenza di altre specie di Ungulati.
La nuova carta delle densità obiettivo provinciale del Capriolo (Figura 69) prevede:
• Densità obiettivo pari a zero in tutti i territori di pianura, coincidenti con l’intero
comprensorio faunistico C1 della pianura e con la porzione pianeggiante del comprensorio
faunistico C2 della collina identificabile con i distretti 4C e 5C.
• Densità obiettivo compresa tra 3 e 10 capi/kmq nella fascia di bassa collina coincidente con
i distretti 1C e 2C del comprensorio faunistico C2.
• Densità obiettivo compresa tra 11 e 15 capi/kmq nella fascia di alta collina coincidente con
i distretti 2C e 1M, rispettivamente appartenenti al comprensori faunistici C2 e C3.
• Densità obiettivo maggiore di 15 capi/kmq nei distretti montani 2M e 3M.
97
Figura 69 – Densità obiettivo provinciale del Capriolo
98
4.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base
della quale rapportare il prelievo del Cinghiale
L’attuale ripartizione del territorio provinciale in nove distretti di gestione del Cinghiale attraverso
la caccia collettiva ha evidenziato diverse complessità (in ordine alla dimensione, alle articolate
caratteristiche morfologico-ambientali al loro interno, all’esigenza di incrementare l’effettuazione
e funzionalità della caccia di selezione) che rendono difficoltosa la programmazione futura della
specie secondo il nuovo modello gestionale. Le elaborazioni seguenti, finalizzate a determinare la
soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il
prelievo del Cinghiale, saranno quindi effettuate sulla base della ripartizione dei distretti impiegati
nel prelievi selettivo degli Ungulati
4.2.1. Potenzialità e vocazione biotica
È stato effettuato un confronto iniziale tra le carte di vocazione potenziale e biotica del Cinghiale
prodotte dalla Regione Emilia-Romagna e i dati provinciali riguardanti la specie contenuti nel
quadro conoscitivo. Tale attività è sostanzialmente finalizzata a possibili affinamenti ed
arricchimenti rispetto alle elaborazioni modellistiche di scalaregionale per definire l’idoneità
ambientale per il Cinghiale tenendo anche conto delle evidenze di distribuzione e densità della
specie sul territorio locale.
Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di vocazione
biotica regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione impiegati nel prelievi
selettivo degli Ungulati (Figura 70). Successivamente, sulla scorta dei dati di prelievo della stagione
2013/14, è stata realizzata una carta provinciale di confronto (Figura 71) in cui sono state
evidenziate le zone caratterizzate da differenti densità di prelievo, direttamente correlate alle
differenti densità di popolazione.
Si può osservare in generale una buona corrispondenza tra le due cartografie, a conferma quanto
evidenziato in merito alla vocazionalità del territorio provinciale per il Cinghiale nel paragrafo
3.2.3. Le condizioni ambientali che in provincia sembrano emergere come particolarmente
favorevoli al Cinghiale sono quelle che vedono la predominanza di estesi boschi di latifoglie miste
(distretti 2M e 3M) oppure situazioni caratterizzate da frammentazione e diversificazione delle
tipologie ambientali, quali tipicamente si incontrano nella fascia collinare (distretti 3M e 1M) e in
alcuni casi anche ad altitudini molto modeste (distretti 1C e 2C), nelle quali la vocazione appare
positivamente influenzata in misura maggiore dalla presenza di aree arbustate o marginali che non
da quella di formazioni forestali vere e proprie.
Per i distretti della porzione appenninica della provincia è stato inoltre effettuato in ambiente GIS
un calcolo del numero delle celle (paragrafo 3.1.1.) della carta di vocazione biotica regionale
99
afferenti ai diverso gradi di vocazionalità (Tabella 46). Tale conteggio permette di tradurre
numericamente quanto rappresentato in Figura 70.
Figura 70 - Carta regionale della vocazione biotica del Cinghiale e distretti di gestione
DISTRETTO
N° CELLE
N° CELLE
VOCAZIONE
NULLA
N° CELLE
VOCAZIONE
MEDIO-BASSA
N° CELLE
VOCAZIONE
ALTA
1C
294
61
178
55
2C
331
152
129
50
3C
265
4
180
81
1M
222
0
166
56
2M
197
0
84
113
3M
220
0
66
154
Tabella 46 - Carta di vocazione regionale: numero di celle di ciascun distretto afferenti ai diversi gradi di
vocazione biotica
100
Figura 71 – Densità di prelievo del Cinghiale riferita ai distretti della caccia di selezione
4.2.2. Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale
rapportare il prelievo del Cinghiale
Il primo passaggio ha previsto la trasposizione provinciale in ambiente GIS della carta di rischio
agro-forestale regionale con la successiva sovrapposizione dei distretti di gestione (Figura 72). Tale
carta mostra come il rischio di danneggiamento delle coltivazioni, nello specifico seminativi,
vigneti e frutteti, si principalmente localizzato nei quattro distretti collinari (1C, 2C, 3C, 1M) e in
una porzione del distretto montano 2M. Per i distretti della porzione appenninica della provincia è
stato inoltre effettuato in ambiente GIS un calcolo del numero delle celle della carta di rischio
agro-forestale regionale afferenti ai diverso gradi di rischio (Tabella 46). Tale conteggio permette
di tradurre numericamente quanto rappresentato in Figura 70
101
Figura 72 - Carta regionale del rischio agro-forestale del Cinghiale
DISTRETTO
N° CELLE
VOCATE
N° CELLE
RISCHIO
ELEVATO
N° CELLE
RISCHIO
MASSIMO
%° CELLE A
RISCHIO
1C
233
168
9
76%
2C
179
99
27
70%
3C
261
193
4
75%
1M
222
125
6
59%
2M
197
45
2
24%
3M
220
3
0
1%
Tabella 47 – Carta di vocazione regionale: numero di celle vocate di ciascun distretto afferenti ai diversi
gradi di rischio agroforestale
La seconda fase del lavoro è stata quella di calcolare per ogni distretto il danno complessivamente
accertato dagli ATC e dalla Provincia nell’anno 2013 (Tabella 48). La scelta di basare la soglia
economica di danno sull’anno 2013, come detto nel paragrafo 2.6.3., trova giustificazione nel fatto
che:
102
• nell’anno 2013 i danni da Cinghiale sono stati i più bassi dell’ultimo quinquennio;
• la maggior parte dei danni derivano dalla banca dati georeferenziata regionale;
• l’utilizzo di dati recenti permette di non considerare in sede di pianificazione situazioni non
più presenti sul territorio (es. ZRC revocate, ecc.).
DISTRETTO
DANNI COMPLESSIVI (€)
DANNI €/KMQ
1C
3.000
15,68
2C
2.930
15,55
3C
5.610
32,87
1M
6.015
41,86
2M
8.313
62,03
3M
3.242
21,23
Tabella 48 – Danni accertati nei distretti nell’anno 2013
Per la definizione della soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della
quale rapportare il prelievo del Cinghiale è stato tenuto conto di:
• indicazioni circa la vocazione biotica del territorio provinciale (Figura 70) e della densità di
prelievo (Figura 71)
• indicazioni della carta regionale del rischio agro-forestale (Figura 72)
• caratterizzazione ambientale dei distretti e distribuzione delle aree agricole (Figura 64,
Figura 65, Figura 66);
• presenza di vaste aree con funzione di serbatoio rappresentate ad esempio dal Parco
nazionale;
• necessità di mantenere un livello di danno estremamente basso nei distretti di bassa
collina 1C e 2C;
• accorpare i distretti a seconda delle problematiche gestionali emerse nel quadro
conoscitivo della specie (presenza di istituti faunistici, aree protette, ecc.).
La carta regionale di vocazione biotica mostra una idoneità maggiore per la specie cinghiale nei
territori più tipicamente di alta montagna e montagna rispetto agli areali di collina, che degradano
morfo-altimetricamente dall’alta collina alla bassa collina. Tale condizione deriva dalla naturale
tendenza della specie verso gli ambiti boscati e con condizioni di maggiore naturalità. D’altra parte
si è osservata già da molti anni l’adattabilità del cinghiale verso le zone collinari e
conseguentemente la sua diffusione verso le zone collinari che in ambito provinciale sono
caratterizzate da arbusteti alternati a boschetti e con presenza di zone meno acclivi con ampia e
diffusa copertura erbacea.
Inoltre, in riferimento alle zone montane sul territorio provinciale, occorre ricordare che la
diffusione della fauna selvatica è anche facilitata dalla presenza di zone di protezione, come il
Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano che è ricca sede di biodiversità e protezione
103
naturalistica, ove , nello specifico, la specie cinghiale può trovare rifugio e buone condizioni per la
sua proliferazione e diffusione.
Pertanto, relativamente alla definizione della soglia dei danni al cinghiale, si è individuata una
“macrozona” montana che comprende i distretti di gestione 2M e 3M e che si distingue dal
restante territorio provinciale per i caratteri sopra detti.
Passando agli ambiti collinari, occorre rilevare, come confermato dalla carta del rischio
agroforestale, che la diffusione del cinghiale verso le zone collinari è stata condizionata dal facile
accesso alle fonti trofiche rappresentate dalle coltivazioni agricole. Ponendo l’attenzione
specificatamente alla distribuzione delle colture agricole, e loro componenti di pregio, si evidenzia
come non tutto il territorio provinciale che va dalla bassa collina fino a addentrarsi ed estendersi
nell’alta collina mostri uguale configurazione. Infatti le zone di bassa collina mostrano carattere di
maggiore e più diffuso grado di antropizzazione, ed in particolare in riferimento agli assetti
dell’agricoltura, sono sede di coltivazioni di pregio, quali principalmente i vigneti. Tali
considerazioni, per altro con specifico riferimento all’individuazione di soglie di danno alle
coltivazioni agricole, suggeriscono l’esigenza di suddividere il territorio di collina in due
“macrozone” per la soglie di danno, rispettivamente, per la bassa collina con aggregazione dei
distretti 1C e 2C, e per l’alta collina con aggregazione dei distretti 3C e 1M.
Il quadro riassuntivo relativo alla soglia massima di danno per unità di gestione sulla base della
quale rapportare il prelievo del Cinghiale, è di seguito indicato (e illustrato in Figura 73):
• 5.930 €, pari a 15,61 €/kmq, per i distretti della fascia di bassa collina 1C e 2C; che formano
quindi un areale qui denominato “macrozona di bassa collina”;
• 11.625 €, pari a 36,98 €/kmq, per i distretti della fascia di alta collina 3C e 1M; che formano
quindi un areale qui denominato “macrozona di alta collina”;
• 11.555 €, pari a 40,30 €/kmq, per i distretti della fascia montana 2M e 3M; che formano
quindi un areale qui denominato “macrozona di montagna”.
Tenuto conto delle indicazioni della Carta regionale delle vocazioni faunistiche che evidenzia
l’inopportunità della presenza del Cinghiale nei territori di pianura, si assume tale indicazione per
la pianificazione provinciale e per la conseguente gestione fanustico-venatoria della specie.
104
Figura 73 - Soglia massima di danno tollerabile per unità di gestione sulla base della quale rapportare il
prelievo del Cinghiale
105
5. Aggiornamento 2014 del Piano faunistico venatorio
provinciale
Questa sezione del presente documento illustra i contenuti pianificatori discendenti dalle analisi
conoscitive condotte e delle elaborazioni effettuate in funzione del recepimento degli indirizzi
della deliberazione dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna n.103/2013.
Si rivolge l’attenzione agli ungulati primariamente alle specie cinghiale e capriolo, coerentemente
agli indirizzi regionali.
Richiamando gli obiettivi fondanti definiti nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale,
relativamente al cinghiale si illustra l’esperienza di attuazione del piano e le evidenze che
emergono dall’analisi conoscitiva al fine di definire “obiettivi mirati” per la gestione faunisticovenatoria della specie. Sulla base delle esperienze e dell’aggiornamento conoscitivo e in
attuazione degli indirizzi regionali si definisce una nuova gestione faunistico-venatoria della specie
cinghiale, che viene illustrata nel capitolo 5.1.2 e per la quale è stato redatto un apposito “schema
operativo della sequenza di attività” da effettuarsi per attuare tale nuovo modello di gestione che
consenta di coniugare il prelievo da programmarsi annualmente in funzione del livello di danno
(soglie di danno).
Nel successivo capitolo 5.1.3. si dettagliano le azioni di piano previste per la nuova gestione del
cinghiale, anche con il supporto di apposite schede esplicative.
Nel capitolo 5.2., si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda la
gestione faunistico-venatoria della specie capriolo, che viene quindi articolata sul territorio
provinciale in tre fasce territoriali aventi andamento grosso modo est-ovest e definite: “bassa
collina”, “alto collinare” e “montana “ con le rispettive densità programmate coerenti con quelle
indicate nella “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione Emilia-Romagna” approvata con la
citata Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013.
Si passa poi alle specie Daino e Muflone, non oggetto di redazione di nuova “Carta delle Vocazioni
faunistiche della Regione Emilia-Romagna” e per le quali, sulla base degli approfondimenti
conoscitivi condotti per il presente documento, si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti
della pianificazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale e le azioni ivi contenute. Si
forniscono altresì alcune indicazioni e perfezionamenti degli indirizzi per la gestione venatoria, alla
luce delle evidenze conoscitive.
In ultimo, a seguito della contestuale valutazione degli elementi conoscitivi rispetto ad una più
generale analisi dell’attuazione del PFVP, anche in relazioni alle evoluzioni del contesto territoriale
e di settore nel frattempo intervenute, si procede ad alcuni affinamenti di azioni del PFVP o linee
gestionali, al fine di incrementare efficienza e di fornire opportunità di ottimizzazione per la
gestione faunistico venatoria.
106
5.1. Il Cinghiale: gli obiettivi e le azioni
Nel presente capitolo si fornisce una sintesi degli obiettivi e delle azioni per la gestione faunisticovenatoria del cinghiale sulla base degli approfondimenti conoscitivi esposti nei precedenti capitoli
e, come precedentemente detto, al fine di recepire gli indirizzi regionali della deliberazione
dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna n.103 del 16 gennaio 2013, in particolare tenendo
conto delle analisi condotte sui danni in agricoltura. I contenuti del presente documento pertanto
costituiscono aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale.
Sono da ritenersi pienamente attuali gli obiettivi fondanti individuati nel Piano FaunisticoVenatorio Provinciale che sono qui di seguito richiamati:
• conservazione della risorsa fauna selvatica e degli ecosistemi, tutela della biodiversità e
dell’equilibrio biologico;
• salvaguardia tessuto produttivo agricolo e stimolo allo sviluppo di un tessuto economico
locale a lunga sostenibilità;
• valorizzazione dell’attività venatoria e del ruolo dei cacciatori – valorizzazione delle
componenti sociali dei portatori di interesse;
• formazione degli operatori.
Nell’ambito della redazione del presente documento si è proceduto a riesame complessivo
nell’ottica dell’aggiornamento al Piano e, si è proceduto altresì ad affinamento degli obiettivi,
rivolgendo il “focus” alla specie cinghiale, oggetto del presente aggiornamento da parte della
Provincia. Pertanto nei prossimi paragrafi si procede a delineare obiettivi mirati alla specie
cinghiale con relative strategie ed azioni da intraprendere per rendere più efficace la gestione
venatoria, e rafforzare la collaborazione per rendere maggiormente flessibile e reattivo il sistema.
5.1.1. L’esperienza dell’attuazione di Piano, gli obiettivi mirati e le strategie
In riferimento a quanto illustrato precedentemente sui danni alle colture agricole (vedi capitolo
2.6.3.), le maggiori criticità si sono riscontrate in alcune zone prossime al Parco Nazionale
dell'Appennino Tosco-Emiliano a causa della conformazione del territorio, caratterizzato da aree
boscate ad alta vocazione per molte specie animali, fra cui primariamente per gli ungulati e nello
specifico il cinghiale, e da diffuse colture agricole all'esterno dei confini. La naturale proliferazione
e la crescita della consistenza numerica degli ungulati nel Parco crea situazioni di diffusione delle
specie nei territori limitrofi dove comporta il verificarsi di consistenti episodi di danneggiamenti
alle colture, specialmente nei Comuni di Ligonchio, Villaminozzo e Castelnovo ne' Monti.
Analogamente si è rilevato che gli areali di danno sono più concentrati, sia pure in misura minore,
sul territorio provincialeadiacente a zone di Parco o altri istituti di protezione della fauna selvatica
come anche in aree vicine a zone particolarmente vocate alla presenza dei cinghiali, ubicate nei
limitrofi territori provinciali di Parma e Modena.
Altre criticità significative sono state riscontrate nell'alta collina nei comune di Carpineti e Toano),
seppure hanno contribuito a contrastarle alcune modificazioni che hanno portato alla recente
107
cessazione dell’attività di un centro privato di riproduzione della fauna selvatica e alla revoca di
una zona di ripopolamento e cattura. Infatti, in queste zone, nell'ultima annata venatoria, essendo
stato possibile esercitare l'attività venatoria ordinaria la consistenza degli ungulati, e, nello
specifico del cinghiale, è nuovamente diminuita, abbassando conseguenzialmente la diffusione dei
danni in agricoltura.
La gestione venatoria della specie cinghiale sul territorio avviene principalmente attraverso la
caccia in braccata nella fascia montana, e la braccata e la girata nella collina, e col ricorso al
prelievo selettivo in entrambe le aree. Come illustrato nel precedente capitolo 2.6.3., si è
evidenziato un andamento che mostra complessivamente al livello provinciale un contenimento
dei danni nel tempo, salvo in alcune limitate porzioni di territorio più prossime al Parco, come più
sopra riferito. Si valuta pertanto positivamente l’impegno svolto nelle trascorse stagioni venatorie
attraverso le braccate e le girate. Occorre altresì perseguire il completamento annuale della
programmazione faunistico-venatoria coniugandola per il conseguente obiettivo di contenimento
dei danni ed a tale scopo si ritiene utile incrementare le sinergie fra le diverse forme di gestione
faunistico-venatoria massimizzando così i risultati, coniugando pertanto l'attivazione di tutte le
forme di prelievo consentite, dal prelievo collettivo in braccata, alla girata, al prelievo selettivo.
A tale scopo, in sede degli AA.TT.CC. e nell’ambito della collaborazione fra gli AA.TT.CC. e la
Provincia, si sono effettuati dei momenti di confronto e approfondimenti tecnici sulle varie
pratiche di caccia. In particolare al centro dell'attenzione si sono trovate la definizione di zone di
caccia fisse in alternativa alla rotazione delle squadre per distretto. La caccia in girata ha
consentito ai cacciatori di sperimentare forme di prelievo a più contenuta incidenza ambientaleterritoriale, ed al contempo, produce risultati positivi in termini di carnieri e, più in generale, può
contribuire in termini di flessibilità della gestione venatoria. Nell’ottica pertanto di perseguire
l’obiettivo di incrementare la sinergia per rafforzare la gestione faunistico-venatoria si ritiene
necessario adottare strategie volte all’ottimizzazione e all’incremento di efficacia del prelievo con
l’utilizzo della tecnica di caccia che sia più appropriato rispetto alle condizioni fisiografiche e
biotiche degli specifici siti ed areali oggetto di prelievo. A tal scopo, pur confermando l’indubbia
validità della caccia in braccata, si ritiene utile dare impulso alla modalità della caccia in girata,
come peraltro prevista dal Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna 27
maggio 2008 numero 1 , approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 751 del 26 maggio
2008. Pertanto, coerentemente a competenze, responsabilità e mansioni operative svolte dai
capisquadra delle squadre di braccata, si ritiene opportuno che i capisquadra stessi possano
decidere, piuttosto che procedere ad un’uscita in braccata, di avvalersi preferibilmente della
tecnica della girata, in caso lo richiedano le specifiche condizioni ambientali, locali e dimensionali
di un determinato areale di caccia, ad esempio qualora in contesti di dimensioni troppo ridotte per
svolgere braccate, e dove la girata può contribuire a maggiore sicurezza e minore disturbo
territoriale o sulle altre specie faunistiche. In questi casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in
possesso dei requisiti prescritti che si siano maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione.
Pertanto la composizione dei gruppi dovrà essere definita utilizzando le graduatorie di merito
definte dagli AATTCC.
108
Differentemente dalla girata, nel suo esercizio ordinario la forma della braccata o battuta
necessita di una presenza consistente di cacciatori per poter essere efficace. Infatti la maggiore
presenza di cacciatori effettivamente operanti è la principale garanzia della capacità delle squadre
di effettuare un prelievo efficace anche in presenza di consistenze elevate della specie. Pertanto
definire un numero minimo di cacciatori per azione di braccata ha la doppia valenza di perseguire
uno standard minimo di efficacia per uscita della squadra e di disincentivare la persistenza di
squadre a scarsa partecipazione e quindi meno pronte a gestire efficacemente un dato territorio di
caccia. Anche questa considerazione costituisce quindi base per una azione nell’ambito del
presente documento.
Sempre nell’ottica di incrementare le sinergie che derivano dal coniugare le diverse tipologie e
metodi di caccia, potendo così conseguire maggiore efficacia nella gestione venatoria, è utile
realizzare una maggiore e progressiva affermazione del prelievo selettivo dei cinghiali, anche nelle
zone storicamente a gestione prevalentemente collettiva. L’utilizzo del prelievo selettivo, in
aggiunta alle altre forme di caccia, può anche rappresentare uno strumento significativo in quanto,
effettuato in tutto il periodo previsto nel calendario venatorio, consente di estendere ed ampliare
temporalmente il prelievo della specie cinghiale. In questo senso, occorre che gli AA.TT.CC.
procedano celermente all’assegnazione dei capi ai singoli cacciatori, per dare avvio al prelievo.
Apposita comunicazione almeno mensile dovrà essere effettuata da parte degli AA.TT.CC. alla
Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per distretto. In caso che il livello di prelievo non
sia linea rispetto agli obiettivi del prelievo programmato ovvero l'attività di selezione non sia
realizzata privilegiando la finalità di prevenzione dei danni, la Provincia potrà richiedere
all’AA.TT.CC. che essa effettui il ritiro e la ri-assegnazione dei capi ad altri selecontrollori,
potendosi applicare, in caso di inosservanza, quanto previsto dall’art. 32 ter della L.R. n. 8/94.
Come si diceva è indubbio il positivo contributo dei prelievi effettuati dalle squadre di braccata e
dai gruppi di girata per il contenimento della specie cinghiale e quindi, allo scopo di perseguire le
densità obiettivo in funzione del rispetto della soglia dei danni, è necessario trovare possibili spazi
di ottimizzazione attraverso il coinvolgimento degli AA.TT.CC. e l’arricchimento che ne deriva in
termini di apporto delle loro competenze tecniche e patrimonio di esperienza e conoscenza. In
questo senso gli AA.TT.CC. devono affinare i propri regolamenti in modo da meglio identificare e
definire i ruoli delle squadre e dei gruppi, articolando più dettagliatamente e specificando le
attività da effettuarsi sul territorio. La finalità è quella di fare in modo che il territorio di caccia e le
attività da svolgersi assumano sempre più valenza di zona di gestione commisurata alle esigenze di
tutela delle colture e quindi di contenimento dei danni, coerentemente ai principi e alle soglie di
danni oggetto della deliberazione dell’Assemblea della Regione Emilia-Romagna n. 103 del 16
gennaio 2013 e quindi con il primario perseguimento degli obiettivi di riduzione delle densità del
cinghiale ai fini del rispetto della soglia dei danni e di predisposizione di misure di prevenzione dei
danni da cinghiale alle coltivazioni agricole.
Il protrarsi dell'attuale situazione di crisi economica ha ulteriormente aggravato le condizioni del
sistema socio-economico locale, in particolare per le attività produttive agricole che è un settore
primario e tradizionale per l’economia reggiana, con prodotti di eccellenza su varie filiere tipiche
109
agro-alimentari. In questa situazione, come più sopra riferito, occorre un ulteriore sforzo di
miglioramento del sistema gestionale venatorio in modo da incrementare efficienza, flessibilità e
partecipazione. In questo contesto, occorre anche offrire opportunità che permettano di
riconoscere il merito, in funzione dei risultati ottenuti nell’anno precedente in termini di
avvicinamento agli obiettivi di prelievo posti. Pertanto si fornisce tale indirizzo agli AA.TT.CC. da
introdursi quale ulteriore criterio per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle
squadre di caccia al cinghiale. Sarà contemporaneamente necessario che gli AA.TT.C.C abbiano la
possibilità di rivedere le assegnazioni della zona di braccata o di girata alla squadra o al gruppo in
caso gli interventi gestionali non portino all’avvicinamento degli obiettivi, in particolare, del
rispetto alla soglia dei danni.
In aggiunta, le esperienze di gestione venatoria sin qui condotte hanno evidenziato come la
creazione di una più stretta relazione tra le squadre di braccata e le realtà locali del distretto
territoriale in cui esse operano, crea sinergia e comporta una responsabilizzazione delle squadre e
maggiore chiarezza ed immediatezza dei rapporti con gli agricoltori e con la comunità locale,
relativamente ai soggetti ai quali fare riferimento. Per tali motivi si ritiene utile proseguire tale
attività ed incrementare le sinergie con specifiche azioni. Pertanto si da’ ulteriore indirizzo agli
AA.TT.CC., da adottarsi in una prima fase come misura sperimentale, di incrementare le sinergie
fra i cacciatori e gli agricoltori, potendo richiedere alle squadre la specifica collaborazione per
l’attuazione di misure di prevenzione contro i danni da fauna selvatica alle coltivazioni agricole.
Inoltre a seguito di verifica dei risultati di prelievo delle singole squadre da parte degli AA.TT.CC,
tale collaborazione delle squadre potrà essere posta quale ulteriore criterio per la definizione delle
assegnazioni dei territori di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale. Nuove forme ed esperienze
di collaborazione, pertanto andranno valorizzate e ulteriormente diffuse. Per l'effettuazione della
caccia in braccata la dimensione delle squadre risulta essere un fattore determinante per la
realizzazione efficace dei piani di prelievo e pertanto si fornisce indirizzo agli AA.TT.CC. di
incentivare eventuali fusioni o accorpamenti di squadre allo scopo di elevare il numero medio di
cacciatori nelle uscite di caccia, individuandolo come ulteriore criterio per l'assegnazione delle
zone di caccia.
Gli AA.TT.CC. potranno valutare l’introduzione di ulteriori misure ed azioni derivanti dalla loro
esperienza e conoscenza per creare ottimizzazione e per migliorare l’efficacia del prelievo
venatorio in rapporto ai danni in agricoltura, come, ad esempio l'introduzione di una
compartecipazione economica finalizzata alla contribuzione alle imprese agricole per i danni subiti
alle coltivazioni da erogarsi da parte dei cacciatori delle squadre di braccata e i gruppi di girata, e
di un deposito cauzionale al momento della presentazione della squadra o del gruppo,
definendone caratteristiche e modalità.
Al fine di incidere sulla pressione esercitata dalla specie cinghiale sul territorio e sul tessuto
antropico, ed in particolare per la tutela delle imprese agricole, è necessario realizzare
compiutamente i piani di prelievo nelle Aziende Faunistico Venatorie (AFV). Allo stesso tempo è
necessario aumentare l’omogeneità di prassi sul territorio provinciale e la collaborazione
all’interno del sistema locale, creando maggiore coerenza fra il settore della gestione faunistico110
venatoria ed il settore produttivo agricolo. Nello specifico per rendere più responsabile la gestione
da parte delle AFV agli indennizzi dei danni, si ritiene di prevedere nei relativi provvedimenti
autorizzatori specifici riferimenti e/o prescrizioni in tal senso, come ad esempio apposite garanzie
fideiussorie, la cui inosservanza può essere causa di revoca dell’autorizzazione.
Più in generale, come strategia di ottimizzazione ed efficientamento, anche in riferimento ai
prelievi è utile attuare uno specifico monitoraggio con verifiche periodiche intermedie e finali dei
risultati raggiunti nella stagione venatoria, in modo da potere ri-orientare gli interventi di prelievo
introducendo misure correttive per renderli più efficaci così da approssimarsi alle previste densità
obiettivo, e di ricorrere anche a piani di controllo, anche a caccia aperta, qualora emergano
criticità in termini di danni e il prelievo si riveli insufficiente per affrontarli.
In caso durante la stagione venatoria i danni risultino eccedere le soglie fissate, i piani di prelievo
potranno essere rimodulati per decrescere le densità nelle zone interessate, mentre nel breve la
reattività del sistema richiede la collaborazione delle squadre per rendere risolutivi gli interventi di
controllo.
Come ulteriore elemento di reattività del sistema e di partecipazione, i proprietari o conduttori di
fondi agricoli o loro collaboratori, in possesso delle qualificazioni richieste, potranno collaborare
come interlocutori privilegiati agli interventi di controllo.
Da un punto di vista del miglioramento ed aggiornamento delle conoscenze si è ampiamente
evidenziato come la costituzione di banche date georeferenziate con l’implementazione dei dati
relativi ai danni, (ad esempio relativamente agli areali, colture e soggetti) siano operativamente
utili, ed assieme ad un più rapido ed efficiente flusso informativo fra gli AA.TT.CC e gli Enti,
consentono di ri-orientare le priorità delle azioni di gestione venatoria sui settori territoriali
provinciali che subiscono maggiore danneggiamento, contribuendo così significativamente e
positivamente al contenimento dei danni. Occorre pertanto perseguire l’innovazione anche
attraverso il popolamento della banca dati regionale sui danni e lo sviluppo, applicazione ed
implementazione di procedure informatiche e sistemi che consentano l’analisi territoriale dei dati
(ad esempio con GIS – Geographic Information Systems).
Portando a sintesi le considerazioni che sono state sopra esposte, in base all’esperienza condotta
nell’attuazione del Piano, e restando validi gli obiettivi fondanti del Piano Faunistico-Venatorio
vigente, come prima riferiti, si è proceduto ad affinamento degli obiettivi, con particolare
riferimento alla gestione del cinghiale, da attuarsi nei prossimi anni, e si sono quindi definiti degli
obiettivi mirati che possono essere così elencati:
A. Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle azioni
di piano, sia applicando le azioni di prevenzione per il contenimento dei danni ove possibile
con metodi ecologici, sia ricorrendo al controllo faunistico, in via mitigativa e/o preventiva;
B. Portare annualmente a completamento la programmazione della gestione faunisticovenatoria della specie su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione tendente a
zero della specie nelle fasce non idonee;
C. Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati;
111
D. Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni, e
i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione faunisticovenatoria e nella sua attuazione;
E. Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione.
Per il perseguimento degli obiettivi sarà utile che il sistema locale attivi e ponga enfasi sulle
seguenti strategie:
• Ottimizzare ed efficientare.
Trovare all’interno di attività, pratiche o processi i possibili spazi di miglioramento ed
ottimizzazione, così da aumentare l’efficacia dell’azione ed i risultati.
• Perseguire l’innovazione con l’informatizzazione.
Attuare l’implementazione delle banche dati regionali, e non, e darne sviluppo utilizzando i
sistemi di georeferenziazione e gli applicativi utili all’analisi dei dati territoriali, procedendo
a flussi informativi sempre più frequenti e trasversali ai vari Soggetti competenti. La qualità
delle conoscenze e la loro immediata condivisione favorisce infatti approcci più dinamici e
maggiore congruenza delle scelte e decisioni, rispetto alle mutevoli condizioni sul
territorio, e consente maggiore flessibilità e possibilità di ri-orientamento delle scelte
gestionali.
• Incrementare la partecipazione e riconoscere il merito.
La partecipazione favorisce la coesione e “agire insieme” incrementa l’efficacia dell’azione.
Adottando criteri per riconoscere il merito si contribuisce all’equità e a un andamento
positivo indirizzato all’efficacia dell’azione.
• Aumentare la collaborazione fra i soggetti coinvolti.
La collaborazione consente una visione più completa dei sistemi complessi, quale ad
esempio: uomo-territorio-natura, così da poter individuare azioni articolate ed integrate
che meglio possano rispondere alle esigenze.
112
5.1.2. La gestione faunistico venatoria della specie cinghiale
In questo capitolo, si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda
la gestione faunistico-venatoria della specie cinghiale.
La Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013 prevede, fra l’altro, che le
Province provvedano ad inserire nei propri Piani faunistico-venatori la definizione di una soglia
massima di danno tollerabile per unità di gestione, sulla base della quale rapportare il prelievo
della specie cinghiale.
Come ulteriormente specificato nell’elaborato, approvato con citata Deliberazione dell’Assemblea
legislativa regionale n.103/2013, riguardante la “Carta delle Vocazioni faunistiche della Regione
Emilia-Romagna”, il prelievo deve essere programmato annualmente in funzione soprattutto del
livello di danno alle colture, prevedendo soglie massime di danno, per distretti o gruppo di
distretti. Sulla base delle densità locali di abbattimento e del livello di danno economico fissato
come tollerabile, si determina ogni anno per ogni distretto il contingente da prelevare.
Nel precedente capitolo 4.2.2., è stata definita la soglia di danno a cui occorre riferirsi per
costituire, annualmente, il contingente da prelevare. Quest’ultimo viene a sua volta indicato nel
piano di prelievo approvato annualmente dalla Provincia nell'ambito calendario venatorio, e che
rappresenta la programmazione annuale della gestione faunistico-venatoria, nello specifico,
riferita alla specie cinghiale.
Si è quindi proceduto a sviluppare un “schema operativo della sequenza di attività” (Figura 74)
che, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture agricole,
consideri possibili azioni “correttive” in funzione del grado di raggiungimento/superamento della
soglie dei danni.
Tale schema contiene anche le principali azioni di piano in funzione del raggiungimento o meno
della soglia dei danni. Le ulteriori azioni di piano saranno comunque attivate durante la stagione
venatoria, come indicato in forma generica nella rappresentazione grafica dello schema operativo.
Resta fermo che è prioritaria l’organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in
funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture agricole e che tale obiettivo si
fornisce quale prioritario indirizzo agli AATTCC ai fini di adottare tutti i possibili accorgimenti che
consentano la maggiore aderenza fra la gestione venatoria ed il rispetto della soglia dei danni.
Il processo su cui si fonda lo “schema operativo della sequenza di attività” si basa sul principio di
attivare tutte le forme di caccia, per effettuare i prelievi programmati, ponendo particolare
attenzione agli areali dove storicamente si sono verificati i maggiori/più frequenti danni alle
coltivazioni agricole, e di prevedere una prima “fase” di valutazione dei danni stessi verificatisi in
agricoltura, che sia intermedia ed effettuata durante il corso dell’annata venatoria, in modo da
procedere all’attivazione dei Piani di controllo qualora si siano evidenziati avvicinamenti alla
soglia. In tale modo si incrementano i prelievi rapportandoli alle soglie di danno al fine di ridurre i
danni stessi in modo che non raggiungano la soglia definita. I Piani di controllo del cinghiale
dovranno essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla L.157/1992 art. 19 comma 2, in
113
particolare con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA, prevedendo di norma l’impiego di
tecniche venatorie selettive.
Alla fine dell’annata agraria, si effettua la valutazione finale dei danni, commisurandola alla soglia
di danno fissata, e qualora si osservi un grado elevato di avvicinamento della soglia o il
raggiungimento della soglia, o , ancor più, essa sia stata superata, si prevede di attivare i Piani di
Controllo del cinghiale all’inizio dell’annata venatoria successiva. Tale misura, in caso di
superamento della soglia, ha valore mitigativo per la riduzione dei danni in agricoltura entro i limiti
della soglia stessa, ed ha anche valore cautelativo come misura preventiva in caso di elevato grado
di avvicinamento alla soglia.
114
Figura 74 – “Schema operativo della sequenza di attività” per la gestione faunistico-venatoria della
specie Cinghiale. Annata venatoria 2014-2015 e successive annate
TEMPISTICA
PROVINCIA
definizione
CALENDARIO
VENATORIO
a seguito dell’approvazione
del calendario
venatorio regionale
(aprile/maggio 2014)
ATC e AFV
presentazione
alla Provincia del piano di
gestione del cinghiale con
stime presenze, proposte di
prelievo, definizione zone di
caccia e periodo di caccia
PROVINCIA
date da Regolamento
regionale 1/2008
(aprile/luglio 2014)
approvazione
programmazione
del prelievo
selettivo e della
caccia collettiva
aprile/maggio 2014
OPERATORI VENATORI
+
OPERATORI VENATORI
caccia collettiva
(con attivazione
di squadre di
braccata e gruppi
di selezione)
at t i vi t à
pr osi eguo
AZI ONI DI PI ANO
ATTIVAZIONE
DI TUTTE LE
FORME DI
CACCIA
PREVISTE
periodi previsti da
calendario venatorio
provinciale
(da aprile-maggio 2014)
caccia di
selezione
(da ottobre 2014)
ATC e AFV
ATC e AFV
fornitura
mensile dei
dati alla
Provincia
monitoraggio
e conteggio
dei prelievi
in attuazione del calendario
venatorio provinciale
(maggio-gennaio)
PROVINCIA
ELEVATO o
COMPLETO
valutazione
del grado di
raggiungimento
del prelievo
programmato
BASSO
at t i vi t à
pr osi eguo
basso grado di
avvicinamento
della soglia
danni
PROVINCIA
ATC e AFV
VALUTAZIONI
SULLE PRIME
STIME DEI
DANNI
rilevazione e
accertamento
danni
durante annata agraria
entro
15 maggio 2014
alto grado di
avvicinamento (1)
o superamento
della soglia danni
PROVINCIA
ATTIVAZIONE
PIANO DI CONTROLLO
(nei distretti di
gestione dove sono
avvenuti danni più
frequenti / rilevanti)
in corso di stagione
venatoria
(da aprile-maggio 2014
a gennaio 2015)
CHIUSURA ANNATA VENATORIA
data prevista in calendario
venatorio (gennaio 2015)
PROVINCIA
VALUTAZIONE
PRELIEVO
ELEVATO o
COMPLETO
entro
febbraio 2015
NON ELEVATO (2)
o NON COMPLETO
alto grado di
avvicinamento (1)
o superamento
della soglia danni
ATTIVAZIONE
PIANO DI CONTROLLO
AD INIZIO PROSSIMA
STAGIONE VENATORIA
con rotazione squadre (3)
PROVINCIA
VALUTAZIONI
FINALI SUI
DANNI
PROVINCIA,
ATC e AFV
rilevazione e
accertamento
danni
(completamento)
basso grado di
avvicinamento
della soglia
danni
entro
febbraio 2015
prima dell’inizio della
successiva stagione
venatoria 2015-2016
(febbraio-marzoparte aprile 2015)
Il presente schema si ripete anche per le successive annate venatorie.
Note:
(1) alto grado di avvicinamento alla soglia dei danni = oltre il 90% stimato del valore della soglia dei danni.
(2) NON ELEVATO = basso tasso di prelievo realizzato rispetto al programmato.
(3) coinvolgimento di squadre diverse da quelle che hanno effettuato il prelievo (braccata e girata) durante l’annata venatoria precedente in una
data zona di caccia.
Legenda
= attività
= risultato delle valutazioni
= azioni di piano
(aprile/maggio 2014) = tra parentesi sono riportate le date indicative in base ai precedenti calendari venatori.
115
Nel diagramma di Figura 74 è illustrato nel dettaglio la “schema operativo della sequenza delle
attività” per la gestione venatoria della specie cinghiale, tenuto conto dei dati dei prelevi e dei
danni, sia in corso dell’annata venatoria stessa sia alla fine della medesima, per apportare i
correttivi per la successiva annata venatoria, come prima detta. Sono quindi illustrati i casi in cui
alle evidenze di bassi prelievi o alti prelievi sono incrociate le valutazione di bassi danni o di danni
che approssimano/superano la soglia.
Nello schema operativo, sono indicate le specifiche “azioni di piano” che si intende attivare con
particolare riferimento ai casi di avvicinamento/superamento della soglia dei danni, mentre, sulla
sinistra del diagramma è riportata l’attivazione generale delle azioni di piano (elencate nel
successivo capitolo 5.1.3.) in quanto è prevista la loro costante attuazione in quanto ritenute
comunque utili sia per diminuire l’incidenza degli ungulati sui settori antropici, in particolare
l’agricoltura, sia per dare impulso ad un continuo accrescimento dell’efficacia della gestione
venatoria.
Resta fermo che nel caso in cui alla fine della stagione venatoria si siano evidenziati danni con
basso grado di avvicinamento alla soglia, nonostante il contingente prelevato sia stato comunque
inferiore a quello programmato si provvederà negli atti di programmazione provinciale, per la
successiva annata venatoria, alla definizione di un numero di capi da prelevare che sia congruente.
Occorre comunque procedere con tutte le azioni previste nel successivo capitolo 5.1.3. che
possano creare efficientamento nella gestione faunistico-venatoria ed incrementare il livello del
prelievo per meglio attuare gli obiettivi di programmazione.
Come detto nella parte di analisi conoscitiva, tenendo in considerazione le analisi condotte per i
danni si è proceduto alla definizione della “soglia di danni” in riferimento a gruppi di distretti,
effettuandone un aggregazione per “macrozone” da utilizzare per la gestione faunistico venatoria,
sia in corso di sua effettuazione sia a base della programmazione per le successive annate
venatorie. Data la variabilità sia degli andamenti delle consistenze della specie sia degli effettivi
prelievi, a loro volta soggetti alla mutevolezza di molteplici condizioni di tipo biologico e climatico,
e degli andamenti dell’attività venatoria in combinazione con gli assetti locali e delle coltivazioni, si
è ritenuto quindi di adottare un principio di maggiore adeguatezza e flessibilità, attenendosi
quanto più possibili vicini alle reali condizioni che si osservano territorialmente. Occorre pertanto
rispettare la “soglia dei danni”, da attuarsi su base annuale, nell’ambito della definizione della
programmazione da parte della Provincia, comunque oggetto di valutazione al completamento di
un biennio di attività di gestione faunistico venatoria e di rilevazione dei danni, in modo da
valutarne appunto l’adeguatezza rispetto alle reali ed attuali condizioni presenti sul territorio e ad
aggiornarla, o meno, al valore evidenziatosi nell’ultima annata di gestione faunistico-venatoria
116
5.1.3. Le azioni rivolte alla gestione faunistico-venatoria della specie Cinghiale
Nel presente capitolo sono individuate le azioni per la gestione faunistico venatorie, in attuazione
degli obiettivi e strategie attuative sopra poste, e secondo la nuova impostazione della gestione
faunistico-venatoria della specie cinghiale illustrata nel capitolo precedente (vedi “schema
operativo della sequenza di attività”, Figura 74) e sviluppata coerentemente con gli indirizzi
regionali, mettendo in relazione il contingente da prelevare con il livello di danno alle colture
agricole.
Le azioni sono state definite attingendo alle esperienze sin qui condotte e attraverso le analisi
conoscitive effettuate per il presente aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale. Si
prevedono pertanto le seguenti azioni:
a) Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo. Attuazione di tutte le forme di prelievo
consentite, dal prelievo collettivo in braccata, alla girata, al prelievo selettivo, incrementando in tal
modo le sinergie fra le diverse forme di gestione faunistico-venatoria massimizzando così i
risultati.
b) Indirizzi agli Ambiti Territoriali di Caccia. Gli Ambiti Territoriali di Caccia ove si svolge la caccia
collettiva al cinghiale sono tenuti a adeguare i propri regolamenti, entro 30 giorni dalla vigenza del
presente documento, ai seguenti indirizzi:
b1. Affinamento dei regolamenti e specificazione attività. Gli AATTCC devono affinare i propri
regolamenti in modo da meglio identificare e definire i ruoli delle squadre e dei gruppi,
articolando più dettagliatamente e specificando le attività da effettuarsi sul territorio, con il
primario perseguimento degli obiettivi di riduzione delle densità del cinghiale e di
predisposizione di misure di prevenzione dei danni da cinghiale alle coltivazioni agricole;
b2. Introduzione di criteri di merito per le assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di
caccia al cinghiale. Gli AATTCC dovranno introdurre criteri per riconoscere il merito in funzione
dei risultati ottenuti da applicarsi per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo
alle squadre di caccia al cinghiale. Gli AATTCC potranno altresì rivedere le assegnazioni della
zona di braccata o di girata alla squadra in caso gli interventi gestionali non portino ad
avvicinamento agli obiettivi;
b3. Effettuazione di specifiche attività volte ad incrementare la prevenzione dei danni in
agricoltura. Le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a incrementare le sinergie
con gli agricoltori attraverso il supporto operativo e l’effettuazione di specifiche attività volte
all’acquisizione, installazione e posa in opera degli strumenti e materiale di prevenzione dei
danni;
b4. Partecipazione ad interventi di miglioramento ambientale ed altre attività gestionali. Tutti i
cacciatori sono tenuti a partecipare ad interventi di miglioramento ambientale e alle altre
attività gestionali, in particolare le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a
effettuare e incrementare la propria partecipazione alle attività di prevenzione dei danni in
117
agricoltura, valutando inoltre la possibilità che sia stabilita compartecipazione al rimborso dei
danni in agricoltura;
b5. Realizzazione del prelievo selettivo e monitoraggio in itinere. Gli AA.TT.CC. dovranno
procedere celermente all’assegnazione di tutti i capi da prelevare in selezione ai singoli
selecontrollori, anche tenendo conto criteri per riconoscere il merito, al fine di avviare senza
ritardo il prelievo selettivo del cinghiale Apposita comunicazione almeno mensile dovrà essere
effettuata da parte degli AA.TT.CC alla Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per
distretto. In caso che il livello di prelievo non sia in linea rispetto agli obiettivi del prelievo
programmato, la Provincia potrà richiedere all’AA.TT.CC. che esso effettui il ritiro e la riassegnazione dei capi ad altri selecontrollori, applicandosi in caso di inosservanza quanto
previsto dall’art. 31 della L.R.8/94;
b6. Organizzazione gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di
rispetto della soglia dei danni alle colture agricole. Recependo gli indirizzi regionali che
indicano la necessità di interrelazione fra la gestione venatoria del cinghiale e il rispetto della
soglia di danno in agricoltura e tenendo in considerazione le analisi sui danni (vedi capitolo
2.6.3.) e il conseguente accorpamento di unità di gestione con analoghe caratteristiche per la
definizione della soglia di danno (vedi capitolo 4.2.2.) si fornisce indirizzo agli AA.TT.CC. di
adottare tutti i possibili accorgimenti che consentano la maggiore aderenza fra la gestione
venatoria ed il rispetto della soglia dei danni. In particolare gli AA.TT.CC. dovranno valutare la
conformazione areale dei distretti di gestione della caccia collettiva al cinghiale (braccata e
girata) comparativamente ai distretti di caccia di selezione nell’ottica di renderle quanto più
uniformi possibili sul territorio al fine del rispetto delle soglie di danno definite per le
“macrozone” individuate nel presente documento (vedi capitolo 4.2.2.). Tale obiettivo è posto
al fine di creare integrazione nella gestione venatoria degli ungulati e dare maggiore
confrontabilità agli esiti della gestione e quindi consentire maggiore efficacia operativa e più
stretta coerenza per la programmazione ed attuazione dei prelievi in funzione dei danni. Le
proposte, elaborate in base ad opportune valutazioni faunistico-territoriali e di analisi dei
danni in agricoltura e sviluppate attraverso opportuni percorsi di collaborazione e condivisione
interna agli stessi Ambiti, saranno presentate alla Provincia per le proprie valutazioni ed
adozione degli atti di competenza.
c) Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata. Coerentemente a competenze,
responsabilità e mansioni operative svolte dai capisquadra delle squadre di braccata, capisquadra
stessi hanno facoltà di decidere di avvalersi preferibilmente della tecnica della girata in caso lo
richieda le specifiche condizioni ambientali, locali e dimensioni di un determinato areale di caccia.
In questi casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in possesso dei requisiti prescritti che si siano
maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. A tal fine, la composizione dei gruppi dovrà
essere definita utilizzando le graduatorie di merito definite dagli AA.TT.CC.
118
d) Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di girata. Il numero minimo di
cacciatori impegnati in braccata non potrà essere inferiore a 25 per permettere un'adeguata
copertura delle superfici boscate o accidentate, inoltre il numero medio di cacciatori impegnati
nelle uscite della stagione venatoria sarà uno dei criteri per l'assegnazione delle zone di caccia per
la stagione successiva;
e) Attivazione del Piano di Controllo. Previa condivisione di appositi accordi operativi con la
Provincia, in quanto competente ai sensi della L.R. n.8/1994, le squadre di braccata e i gruppi di
girata forniranno adeguata collaborazione alla realizzazione, sotto il coordinamento della Polizia
Provinciale, degli interventi di controllo faunistico in cui potranno essere coinvolti anche i
proprietari e i conduttori dei fondi agricoli (o loro collaboratori), anche in una logica di autodifesa
dell'agricoltore, qualora in possesso delle qualificazioni specifiche per il controllo faunistico della
specie. I Piani di controllo dovranno essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla
L.157/1992 art. 19 comma 2, in particolare con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA,
prevedendo di norma l’impiego di tecniche venatorie selettive;
f) Tutela dai danni nelle Aziende Faunistico Venatorie. Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) che
effettuano la gestione faunistico-venatoria degli ungulati sono tenute all’effettuazione dei
rimborsi dei danni in agricoltura. In caso le AFV non ottemperino alle prescrizioni di Legge o
contenute nelle specifiche autorizzazioni, la Provincia può procedere a revoca dell’autorizzazione
stessa, previa preventiva diffida.
g) Collaborazione con Enti ed Aziende. Coordinamento della attività gestionali, coinvolgendo i vari
Enti e Soggetti amministrativamente e territorialmente competenti, in particolare per l’Ente di
gestione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ed altri parchi e zone di tutela,
attraverso appositi atti e accordi;
h) Banche dati e georeferianziazione. Implementazione da parte degli AA.TT.CC. e AA.FF.VV. della
banca dati regionale sui danni in agricoltura, anche tramite popolamento delle informazioni con
apposito trasferimento dati da esistenti locali banche dati informatizzate, e utilizzo di sistemi di
georeferenziazione per i danni in agricoltura, con l’adozione di sistemi che consentano l’analisi
territoriale dei dati (ad esempio con GIS – Geographic Information Systems) ed incremento dello
scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia, attraverso flussi informativi periodici;
i) Contrastare ogni forma di pasturazione. Contrastare ogni forma di pasturazione, con l'eccezione
delle operazioni condotte per finalità di prevenzione dei danni o per motivi legati all’attività di
controllo, prevedendo anche opportune misure di contrasto nei regolamenti degli AATTCC che
prevedano possibili casi di sospensione dall’attività venatoria.
119
l) Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra l’attività venatoria ed i danni in
agricoltura in funzione del modificarsi nel tempo degli assetti colturali agricoli sul territorio. Gli
AATTCC sono tenuti ogni tre anni alla realizzazione di uno studio che sulla base delle interrelazioni
fra le attività e risultati della gestione venatoria rispetto ai danni alle coltivazioni agricole e alle
trasformazioni temporali e territoriali degli assetti colturali che evidenzi le situazione/areali
maggiormente a rischio di danni da fauna selvatica e individui le dinamiche verificatesi e le azioni
che possano produrre effetti di miglioramento nella riduzione dei danni in agricoltura..
m) Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della gestione faunistico-venatorio. La
presente azione prevede l’attuazione di Piani di controllo della specie cinghiale all’inizio della
stagione di gestione faunistico-venatoria, qualora, nell’annualità precedente, dopo la chiusura
dell’attività venatoria, le valutazioni sui danni alle coltivazioni agricole evidenzino il
raggiungimento della “soglia dei danni” o l’avvicinamento alla “soglia dei danni”, in misura
superiore al 90% della medesima soglia, coerentemente a principi di cautela e prevenzione.
Necessitando di valutazioni di raggiungimento o avvicinamento alla soglia dei danni, questa azione
si può applicare segnatamente a partire dalle annate di gestione faunistico-venatoria successiva
alla prima (2014-2015) e quindi dal 2015-2016 in poi. I Piani di controllo del cinghiale dovranno
essere realizzati nei casi e con le modalità previste dalla L.157/1992 art. 19 comma 2, in particolare
con acquisizione del prescritto parere dell’ISPRA, prevedendo di norma l’impiego di tecniche
venatorie selettive.
Alcune delle azioni sopra dette hanno più ampia valenza potendosi anche applicare, più in
generale per le specie di ungulati oggetto di gestione venatoria, oltre che alla specie cinghiale. In
tal senso esse costituiscono specificazione alla vigente pianificazione Faunistico Venatorio
provinciale, potendo assumere pertanto operatività nelle prossime programmazioni riferite alle
altre specie di ungulati, qualora pertinenti ed applicabili
120
Tabella 49 - Schema di lettura delle schede descrittive delle azioni di piano
Titolo azione
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI
RIFERIMENTO
ATTIVITA’
STATO DI
ATTUAZIONE
Descrizione sintetica dell’azione
Obiettivi di Piano che l’azione persegue
Si specifica se l’azione è da avviare oppure se è in prosecuzione,
implementazione, affinamento di un’iniziativa in corso. Altresì si specifica se
l’attuazione dell’azione è condizionata da altri strumenti di pianificazione e/o
regolamentazione e/o disposizioni o necessita di supporto operativo di
enti/aziende diverse dalla Provincia
REFERENTE
Soggetto di riferimento per l’attuazione dell’azione
SOGGETTI
COINVOLTI
Soggetti pubblici e/o privati da coinvolgere nell’attuazione dell’azione
FUNZIONE
Si specifica se l’azione è preventiva (e quindi agisce sulla tutela del sistema
faunistico-venatorio, dell’agricoltura e degli ecosistemi); mitigativa (compensa
impatti o criticità); programmatoria (espleta la funzione di tipo programmatorio)
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
Si specificano i settori a cui è rivolta l’azione
Si indica il periodo temporale in cui l’azione dispiega la sua efficacia, il quale può
essere di breve/medio periodo (entro 3 anni) o periodo medio/lungo (superiore
ai 3 anni e/o oltre)
Ambito territoriale in cui va realizzata l’azione
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI
LIMITANTI
Si indica un livello relativo del costo dell’azione
Si fornisce un giudizio (o un’indicazione) sull’interesse ad attuare un’azione sulla
base dei tempi e dei costi necessari e dell’intensità degli effetti attesi
Sono esplicitati e descritti i fattori che possono eventualmente ridurre e limitare
la fattibilità dell’azione classificati di natura tecnica, economica e sociale da
intendere in relazione al grado di accettazione sociale delle realtà locali e degli
operatori di settore
121
Schede descrittive delle azioni di Piano
a
Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Attuazione di tutte le forme di prelievo consentite, dal prelievo collettivo in braccata,
alla girata, al prelievo selettivo, incrementando in tal modo le sinergie fra le diverse
forme di gestione faunistico-venatoria massimizzando così i risultati.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla
riduzione tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche
al controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni,
Associazioni e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e
programmazione faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, cacciatori
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
122
b.1
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: affinamento dei regolamenti e
specificazione attività
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Gli AATTCC devono affinare i propri regolamenti in modo da meglio identificare e
definire i ruoli delle squadre e dei gruppi, articolando più dettagliatamente e
specificando le attività da effettuarsi sul territorio, con il primario perseguimento degli
obiettivi di riduzione delle densità del cinghiale e di predisposizione di misure di
prevenzione dei danni da cinghiale alle coltivazioni agricole.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
123
b.2
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: introduzione di criteri di merito per le
assegnazioni delle zone di prelievo alle squadre di caccia al cinghiale
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Gli AATTCC dovranno introdurre criteri per riconoscere il merito in funzione dei risultati
ottenuti da applicarsi per la definizione delle assegnazioni dei territori di prelievo alle
squadre di caccia al cinghiale. Gli AATTCC potranno altresì rivedere le assegnazioni della
zona di braccata o di girata alla squadra in caso gli interventi gestionali non portino ad
avvicinamento agli obiettivi.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
124
b.3
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: effettuazione di specifiche attività volte
ad incrementare la prevenzione dei danni in agricoltura
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Le squadre di braccata e i gruppi di girata sono tenuti a incrementare le sinergie con gli
agricoltori attraverso il supporto operativo e l’effettuazione di specifiche attività volte
all’acquisizione, installazione e posa in opera degli strumenti e materiale di prevenzione
dei danni.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
125
b.4
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: partecipazione ad interventi di
miglioramento ambientale ed altre attività gestionali
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Tutti i cacciatori sono tenuti a partecipare ad interventi di miglioramento ambientale e
alle altre attività gestionali, in particolare le squadre di braccata e i gruppi di girata sono
tenuti a effettuare e incrementare la propria partecipazione alle attività di prevenzione
dei danni in agricoltura, valutando inoltre che sia stabilita compartecipazione al rimborso
dei danni in agricoltura.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC, squadre e gruppi di caccia al cinghiale
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
126
b.5
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: realizzazione del prelievo selettivo e
monitoraggio in itinere
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Gli AATTCC dovranno procedere celermente all’assegnazione di tutti i capi da prelevare
in selezione ai singoli selecontrollori, anche tenendo conto criteri per riconoscere il
merito, al fine di avviare senza ritardo il prelievo selettivo del cinghiale. Apposita
comunicazione almeno mensile dovrà essere effettuata da parte degli AATTCC alla
Provincia evidenziando l’andamento del prelievo per distretto. In caso che il livello di
prelievo non sia in linea rispetto agli obiettivi del prelievo programmato, la Provincia
potrà richiedere all’AATTCC che esso effettui il ritiro e la ri-assegnazione dei capi ad altri
selecontrollori, applicandosi in caso di inosservanza quanto previsto dall’art. 31 della
L.R.8/94.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Ambiti Territoriali di Caccia AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AATTCC
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
127
b6
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: organizzazione gestionale e territoriale
dell’attività venatoria in funzione dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle
colture agricole
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Recependo gli indirizzi regionali che indicano la necessità di interrelazione fra la gestione venatoria
del cinghiale e il rispetto della soglia di danno in agricoltura e tenendo in considerazione le analisi
sui danni (vedi capitolo 2.6.3) e il conseguente accorpamento di unità di gestione con analoghe
caratteristiche per la definizione della soglia di danno (vedi capitolo 4.2.2.) si fornisce indirizzo agli
AATTCC di adottare tutti i possibili accorgimenti che consentano la maggiore aderenza fra la
gestione venatoria ed il rispetto della soglia dei danni. In particolare gli AA.TT.CC. dovranno
valutare la conformazione areale dei distretti di gestione della caccia collettiva al cinghiale
(braccata e girata) comparativamente ai distretti di caccia di selezione nell’ottica di renderle
quanto più uniformi possibili sul territorio al fine del rispetto delle soglie di danno definite per le
“macrozone” individuate nel presente documento (vedi capitolo 4.2.2.).
Le proposte, elaborate in base ad opportune valutazioni faunistico-territoriali e di analisi dei danni
in agricoltura e sviluppate attraverso opportuni percorsi di collaborazione e condivisione interna
agli stessi Ambiti, saranno presentate alla Provincia per le proprie valutazioni ed adozione degli atti
di competenza.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
AATTCC
SOGGETTI COINVOLTI
Provincia
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
128
c
Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Coerentemente a competenze, responsabilità e mansioni operative svolte dai
capisquadra delle squadre di braccata, capisquadra stessi hanno facoltà di decidere di
avvalersi preferibilmente della tecnica della girata in caso lo richieda le specifiche
condizioni ambientali, locali e dimensioni di un determinato areale di caccia. In questi
casi, occorrerà privilegiare i cacciatori in possesso dei requisiti prescritti che si siano
maggiormente impegnati nelle opere di prevenzione. Pertanto la composizione dei
gruppi dovrà essere definita utilizzando le graduatorie di merito definite dagli AATTCC.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Squadre e gruppi di caccia al cinghiale
SOGGETTI
COINVOLTI
Squadre e gruppi di caccia al cinghiale, cacciatori
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
129
d
Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di girata
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Il numero minimo di persone impegnate in braccata non potrà essere inferiore a 25 per
permettere un'adeguata copertura delle superfici boscate o accidentate, inoltre il
numero medio di cacciatori impegnati nelle uscite della stagione venatoria sarà uno dei
criteri per l'assegnazione delle zone di caccia per la stagione successiva.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Azione diretta della Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Squadre di braccata
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
130
e
Attivazione del Piano di Controllo
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Previa condivisione di appositi accordi operativi con la Provincia, in quanto competente
ai sensi della L.R. n.8/1994, le squadre di braccata e i gruppi di girata forniranno
adeguata collaborazione alla realizzazione, sotto il coordinamento della Polizia
Provinciale, degli interventi di controllo faunistico in cui saranno coinvolti anche i
proprietari e i conduttori dei fondi agricoli (o loro collaboratori), anche in una logica di
autodifesa dell'agricoltore, qualora in possesso delle qualificazioni specifiche per il
controllo faunistico della specie.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Azione diretta della Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Squadre e gruppi di caccia al cinghiale, selecontrollori, ……………
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
131
f
Tutela dei danni nelle Aziende Faunistico Venatorie
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) che effettuano la gestione faunistico-venatoria
degli ungulati sono tenute all’effettuazione dei rimborsi dei danni in agricoltura. In caso
le AFV non ottemperino alle prescrizioni di Legge o contenute nelle specifiche
autorizzazioni, la Provincia può procedere a revoca dell’autorizzazione stessa, previa
preventiva diffida.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Azione diretta della Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, AFV, ATV
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
132
g
Collaborazione con Enti e Aziende
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Coordinamento della attività gestionali, coinvolgendo i vari Enti e Soggetti
amministrativamente e territorialmente competenti, in particolare per l’Ente di gestione
del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ed altri parchi e zone di tutela,
attraverso appositi atti e accordi.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, Parco nazionale, Province
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
133
h
Banche dati e georefenziate
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Implementazione da parte degli AA.TT.CC. e AA.FF.VV. della banca dati regionale sui
danni in agricoltura, anche tramite popolamento delle informazioni con apposito
trasferimento dati da esistenti locali banche dati informatizzate, e utilizzo di sistemi di
georeferenziazione per i danni in agricoltura, con l’adozione di sistemi che consentano
l’analisi territoriale dei dati (ad esempio con GIS – Geographic Information Systems) ed
incremento dello scambio di conoscenze fra AA.TT.CC. e la Provincia, attraverso flussi
informativi periodici.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia, Parco nazionale, ATC, AFV, ATV
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
134
i
Contrastare ogni forma di pasturazione
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Contrastare ogni forma di pasturazione, con l'eccezione delle operazioni condotte per
finalità di prevenzione dei danni o per motivi legati all’attività di controllo, prevedendo
anche opportune misure di contrasto nei regolamenti degli AATTCC che prevedano
possibili casi di sospensione dall’attività venatoria.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Azione diretta della Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
Provincia di Reggio Emilia
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
135
l
Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra l’attività venatoria ed i
danni in agricoltura in funzione del modificarsi nel tempo degli assetti colturali
agricoli sul territorio
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
Gli AATTCC sono tenuti ogni tre anni alla realizzazione di uno studio che sulla base delle
interrelazioni fra le attività e risultati della gestione venatoria rispetto ai danni alle
coltivazioni agricole e alle trasformazioni temporali e territoriali degli assetti colturali
che evidenzi le situazione/areali maggiormente a rischio di danni da fauna selvatica e
individui le dinamiche verificatesi e le azioni che possano produrre effetti di
miglioramento nella riduzione dei danni in agricoltura.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
AATTCC
SOGGETTI
COINVOLTI
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
C.F.O.
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
136
m
Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della gestione faunisticovenatoria
▼
DESCRIZIONE
OBIETTIVI DI RIFERIMENTO
ATTIVITÀ’
La presente azione prevede l’attuazione di Piani di controllo della specie cinghiale
all’inizio della stagione di gestione faunistico-venatoria, qualora, nell’annualità
precedente, dopo la chiusura dell’attività venatoria, le valutazioni sui danni alle
coltivazioni agricole evidenzino il raggiungimento
della “soglia dei danni”,
1
coerentemente a principi di cautela e prevenzione.
Mantenere la densità obiettivo su tutto il territorio provinciale, puntando alla riduzione
tendente a zero della specie nelle fasce non idonee
Contenere i danni alle colture agricole entro le soglie definite dando attuazione alle
azioni di prevenzione, applicando dove possibile metodi ecologici, e ricorrendo anche al
controllo faunistico
Ampliare e intensificare le sinergie per incrementare l’efficacia del prelievo venatorio,
qualificando ulteriormente i risultati
Incrementare la collaborazione e le sinergie fra le Istituzioni, Organizzazioni, Associazioni
e i portatori di interesse che sono coinvolti nella pianificazione e programmazione
faunistico-venatoria e nella sua attuazione
Incrementare flessibilità e modernità attraverso la conoscenza e l’innovazione
STATO DI
ATTUAZIONE
PROSECUZIONE DI AZIONE
GIÀ ATTIVATA
CONDIZIONATO DA
STRUMENTI/SUPPORTI
IMMEDIATO
REFERENTE
Azione diretta della Provincia
SOGGETTI
COINVOLTI
FUNZIONE
SETTORI
D’INCIDENZA
RISULTATI ATTESI
AMBITO
TERRITORIALE
D’INTERVENTO
PROGRAMMATORIA
MITIGATIVA
PREVENTIVA
ALTRO
SETTORE VENATORIO
SETTORE AMBIENTALE-SOCIALE
SETTORE AGRICOLO
ALTRO
A BREVE / MEDIO TERMINE
A MEDIO / LUNGO TERMINE
PROVINCIA
ISTITUTO FAUNISTICO
ALTRO
LIVELLI DI PRESTAZIONE
LIVELLO COSTI
ATTUAZIONE
PRIORITA’
FATTORI LIMITANTI
ALTO
MEDIO
BASSO
NULLO
NON QUANTIFICABILE
ALTA
MEDIA
BASSA
NON QUANTIFICABILE
TECNICO
ECONOMICO
CARATTERISTICHE
TERRITORIO
ALTRO
SOCIALE
1
Necessitando di valutazioni di raggiungimento della soglia dei danni, questa azione si può applicare
segnatamente a partire dalle annate di gestione faunistico-venatoria successiva alla prima (2014-2015) e
quindi dal 2015-2016 in poi.
137
Tabella 50 - Elenco riepilogativo delle azioni di Piano
a
Attuazione combinata di tutte le forme di prelievo
b.1
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: affinamento dei
regolamenti e specificazione attività
b.2
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: introduzione di
criteri di merito per le assegnazioni delle zone di prelievo alle
squadre di caccia al cinghiale
b.3
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: effettuazione di
specifiche attività volte ad incrementare la prevenzione dei danni
in agricoltura
b.4
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: partecipazione ad
interventi di miglioramento ambientale ed altre attività
gestionali
b.5
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: realizzazione del
prelievo selettivo e monitoraggio in itinere
b.6
Indirizzo agli Ambiti Territoriali di Caccia per: organizzazione
gestionale e territoriale dell’attività venatoria in funzione
dell’obiettivo di rispetto della soglia dei danni alle colture
agricole
c
Ulteriore impulso alla modalità della caccia in girata
d
Composizione numerica delle squadre di braccata e dei gruppi di
girata
e
Attivazione del Piano di Controllo
f
Tutela dei danni nelle Aziende Faunistico Venatorie
g
Collaborazione con Enti e Aziende
h
Banche dati e georefenziazione
i
Contrastare ogni forma di pasturazione
l
Effettuazione di studi ed approfondimenti sulle relazioni fra
l’attività venatoria ed i danni in agricoltura in funzione del
modificarsi nel tempo degli assetti colturali agricoli sul territorio
m
Attivazione dei Piani di Controllo all’inizio dell’annualità della
gestione faunistico- venatoria
138
5.2. La gestione faunistico venatoria della specie Capriolo
In questo capitolo, si procede a specifico recepimento degli indirizzi regionali per quanto riguarda
la gestione faunistico-venatoria della specie capriolo.
Gli indirizzi indicati dalla Deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013 per quanto
riguarda la specie capriolo sono, nello specifico, espressi nel documento “Carta delle Vocazioni
Faunistiche della Regione Emilia-Romagna”, ove si prevede l’individuazione di tre fasce territoriali
definite: a)“basso-collinare”, con densità programmata tra i 3 e i 10 capi capi/km2; b) “alto
collinare” cuscinetto, con densità fissata tra gli 11 e 15 capi capi/km2; c) “montana”, con densità
superiori a 15 capi/km2.
Al fine di dare recepimento agli indirizzi regionali si è pertanto proceduto a confrontare le fasce
territoriali regionali sopradette con l'attuale conformazione dei distretti di gestione faunisticovenatorio del capriolo sul territorio provinciale, da cui emerge che i distretti di gestione hanno
andamento spaziale che è pienamente coerente ed aderente alla distinzione del territorio nelle tre
fasce: "basso-collinare”, "alto-collinare" e "montana". Nello specifico, quindi, i confini
settentrionali dei distretti di gestione di collina (Distretti C1 e C2, in ambito ATCRE3), che si
attestano sul confine morfo-fisiografico fra l'alta pianura/pre-collina e la collina sul territorio
provinciale (in prossimità della strada pedemontana) bene si prestano alla delimitazione
settentrionale della fascia “basso-collinare". Analogamente gli stessi distretti, in quanto ricadenti
nella collina un po’ più inoltrata, compongono la fascia di “basso-collinare” e la delimitano
meridionalmente con la successiva fascia di “alto-collinare”.
Similmente si è preceduto per i distretti individuati come 3C in ambito ATCRE3 e 1M in ambito
ATCRE4, che quindi costituisco la fascia di “alto-collinare” definita dalla Regione; mentre rientrano
nella fascia “montana” i distretti 2M e 3M dell'ATCRE4.
Dalle analisi conoscitive condotte per il presente aggiornamento del Piano faunistico Venatorio
Provinciale, emerge che le interferenze maggiori della specie capriolo con le attività dell'uomo, si
verificano, come facilmente prevedibile, nelle zone della bassa collina più vicine alla pianura dove
sono più ampiamente e diffusamente presenti le coltivazioni agricole, piuttosto che ambienti
“strettamente” naturali, e dove altresì il tessuto urbano è più ampiamente sviluppato e con le
infrastrutture antropiche più capillarmente presenti (strade, case isolate, frazioni urbane ecc....). In
tali aree, si verificano i maggiori danneggiamenti alle colture agricole e interferenze (ad esempio
incidenti stradali) con agli assetti antropici, rispetto alle più inoltrate zone di collina e montagna. Al
fine quindi di ridurre i danni in agricoltura e le interferenze con il tessuto antropico, si individuano
i valori più bassi (circa da 3 a 5 capi/km2) del range di densità obiettivo indicati per tale fascia
“basso-collinare” (tra i 3 e i 10 capi/km2), quali valori a cui tendere preferenzialmente per l'attività
di programmazione delle presenze in queste zone. Tale impostazione fornisce inoltre una
opportuna gradualità delle densità di presenza del capriolo in modo che siano più basse nelle aree
139
più marcatamente antropizzate e che passino gradualmente a consistenze maggiori e più
appropriate nei territori meno antropizzati. Al contrario, infatti, stante l’alta vocazionalità indicata
dalle analisi condotte, per gli areali aventi maggiore carattere di naturalità nella fascia di “bassocollinare”, si ritiene di tendere ai valori più alti del range (circa da 7 a 10 capi/km2), anche, in
ulteriore gradualità rispetto alla confinante fascia “alto-collinare”.
Per la fascia “alto-collinare”, coincidente con i distretti 3C di ACTRE3 e di 1M ATCRE4, le densità
previste sono già congruenti con la carta delle vocazioni agro-ambientali e pertantoè auspicabile
tendere di norma ai valori più alti del range regionale che prevede densità tra 11 a 15 capi/km2,
stante le basse evidenze di danni. Nella fascia montana, l’attuale assenza di interferenza con
attività agricole permettendo di programmare densità superiori ai 15 capi/km2.
Inoltre, in tutte le fasce occorrerà valutare di tendere ai valori più bassi dei rispettivi range di
densità , ove si evidenzi, in base ai censimenti ed all’attività conoscitiva, la compresenza di più
specie di ungulati, che incidano contemporaneamente e/o addizionalmente sul tessuto antropico
circostante ed in particolare sul settore agricolo, essendo quindi tale compresenza un ulteriore
fattore che possa essere causa di danno alle coltivazioni.
In base a quanto emerso dall’analisi conoscitiva sulla presenza della specie Capriolo in pianura,
seppure non ingente, coerentemente peraltro con la “Carta delle Vocazioni Faunistiche della
140
Regione Emilia-Romagna”, ed al contempo tenendo conto della presenza di danni in agricoltura, e
comunque interferenze con le condizioni di estensiva antropizzazione di tali territori planiziali, si è
definita una densità obiettivo tendente a zero per il capriolo in pianura.
In aggiornamento al PFVP, occorrerà pertanto effettuare la gestione faunistico venatoria della
specie Capriolo in pianura, attivando tutte le forme di gestione faunistico-venatoria, a cominciare
dall’adozione di misure di prevenzione, prioritariamente con il ricorso a metodi ecologici, sino
all’eventuale attivazione del prelievo selettivo, e qualora necessario mettendo in atto anche
puntuali piani di controllo, laddove si evidenzino danni alle coltivazioni agricole, come ad esempio
nei settori orientali più ampiamente caratterizzati da coltivazioni a frutteti, o in ambiti protetti ex
art.19 L.R. 8/1994, come le zone di ripopolamento e cattura, anche al fine di evitare un inevitabile
effetto “spugna” quale rifugio e serbatoi per lo sviluppo e diffusione della specie in pianura
141
5.3. Conferma degli obiettivi e delle azioni per le specie Daino e Muflone
In base alle analisi conoscitive illustrate nei precedenti capitoli, riguardanti le specie Daino e
Muflone, si riconfermano le densità obiettivo ed i contenuti della Pianificazione del Piano
Faunistico Venatorio Provinciale e le azioni ivi contenute per la gestione della specie, e più in
generale per il perseguimento degli obiettivi di equilibrio biologico ivi contenuti.
Per la specie daino, da un punto di vista della programmazione, è opportuno prevedere una
modulazione dei piani annuali di prelievo, che contempli un alto tasso di assegnazione nelle aree
di presenza consolidata della specie, finalizzato alla stabilizzazione della popolazione, e
assegnazioni pari al numero dei conteggiati nelle aree di recente colonizzazione.
Per quanto riguarda la specie muflone, è stata interrotta la gestione venatoria della specie nel
distretto 1C, già dall’anno 2010, considerato il trend negativo della colonia principale situata
nell’area collinare .Si prevede comunque che la gestione faunistico-venatoria della specie possa
riprendere in caso si osservino incrementi della consistenza della popolazione che possano portare
al superamento delle densità obiettivo già riportate nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale.
Le fluttuazioni registrate in montagna dipendono invece dal comportamento spaziale delle
popolazioni presenti che trovano rifugio nel territorio del Parco nazionale e che pertanto possono
non venire conteggiate durante le operazioni annuali di censimento primaverile condotte dall’ATC
RE4, per tali casi è necessario proseguire ed incrementare un lavoro di collaborazione con Il Parco
Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano al fine di monitorare l'andamento delle popolazioni e
pertanto avere così un quadro complessivo della presenza della specie sul territorio provinciale.
Tale azione rientra pertanto fra quelle già previste al capito 5.1.3. (azioni cinghiale) e si intende
quindi da attivarsi anche per la specie muflone
142
5.4. La gestione faunistico venatoria della specie Cervo
Da un punto di vista della gestione faunistico-venatoria della specie cervo, occorre precisare che la
pianificazione e programmazione è recentemente (dal 2011) passata in capo dall’Areale Cervo
Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo (A.C.A.T.E.R.).
Nello specifico, in ambito regionale per il Cervo sono stati individuati dei comprensori, e la
gestione faunistico venatoria della popolazione di Cervo, nell'ambito di ciascun comprensorio si
realizza, ai sensi dell'art. 9 del R.R. n. 1/2008, con l'attuazione di un Piano poliennale di gestione
che è elaborato dall’Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo (A.C.A.T.E.R.), ed è da
questi approvato, e che definisce: a) gli obiettivi della gestione finalizzati alla conservazione della
specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali; b) gli interventi diretti e
indiretti da realizzarsi sulla popolazione; c) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria nel
comprensorio.
Il Piano poliennale di gestione, come previsto dall'art. 9, comma 1, del R.R. n. 1/2008, è da
considerarsi come parte integrante del Piano faunistico venatorio di ciascuna delle Province
coinvolte nella gestione.
Il Comprensorio A.C.A.T.E.R. (Areale Cervo Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo) Occidentale
interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Lucca. In data 13/04/2011 è stato
approvato dalla Commissione di Coordinamento il "Piano poliennale di gestione del cervo 20112015" del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Occidentale, dove sono fissati gli obiettivi gestionali della
specie cervo 2011-2015, e pertanto si è unito al presente documento per facilità di consultazione,
assumendo comunque valore di documento a cui doversi riferire per la gestione della specie in
aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio Provinciale come richiesto dalla Deliberazione
dell’Assemblea legislativa regionale n.103/2013.
Il Programma annuale operativo (in base all’art. 9 del R.R. n.1/2008) è elaborato da A.C.A.T.E.R. e
viene recepito dalla Provincia e costituisce invece lo strumento di attuazione delle attività
gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano poliennale di gestione.
Tale Programma annuale operativo costituisce pertanto il riferimento programmatorio per
l’espletamento della gestione–faunistico venatoria della specie cervo sul territorio provinciale
143
6. Affinamenti di azioni e linee gestionali
Nell’ambito della redazione del presente documento si è proceduto a più generale riesame
dell’attuazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP), nell’ottica di effettuare i
possibili affinamenti di azioni del PFVP o di linee gestionali in base alle esperienze nel frattempo
condotte, e rivolte a tematiche sensibili, su cui mantenere sempre alta l’attenzione, o rivolte ad
argomenti per i quali c’è stato un apporto di nuove conoscenze o evoluzione del quadro di
riferimento e disposizioni, oppure atte a coadiuvare le attività della gestione faunistico venatoria
ai fini di incrementare efficienza.
Nel presente capitolo si forniscono affinamenti inerenti:
• incremento della sicurezza nell’attività venatoria
• aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC)
6.1. Incremento della sicurezza nell’attività venatoria
La sicurezza è uno dei principali obiettivi della Provincia di Reggio Emilia, perseguito estesamente
nei vari settori di competenza dell’Ente e in particolare nei settori d’azione strategica attuati negli
anni, così come l’imprescindibile ed importante finalità di salvaguardia della pubblica sicurezza in
ambito venatorio.
Infatti, fra le tante attività dell’uomo, l'esercizio venatorio richiede attenzione e massimo rispetto
delle norme di sicurezza ed anche di tutte le prassi operative e degli accorgimenti che possano
essere utili ai fini di sicurezza. In questo senso la sicurezza si rivolge al duplice obiettivo di tutela
dell’incolumità dei cacciatori stessi durante l’attività venatoria e della tutela anche dei fruitori del
territorio per le attività produttive, per il governo e gestione, per il tempo libero, per il turismo, ed
altro.
Inoltre si riscontra una progressiva espansione della problematica relativa alla sicurezza stradale a
causa del numero elevato di incidenti stradali, causati nella massima parte dei casi da ungulati. Fra
questi più frequentemente sono coinvolti caprioli e in questi casi la maggior concentrazione di
questi eventi si realizza nella zona dell’alta pianura in corrispondenza della viabilità pedemontana.
Relativamente ai casi sopra detti, elementi essenziali per la sicurezza sono forniti dalle disposizioni
di cui alla L. 157/92 ed in particolare si richiama l’articolo 21 con i divieti generali, in cui sono
esplicitati riferimenti per situazioni di tipo territoriale, urbanistico, di vie di comunicazione ed
altro. Si evidenzia pertanto l’attenzione ad attenersi a tali norme e, come detto, alle prassi e
procedure che incrementino la sicurezza per se e per gli altri.
Stante l’importanza della sicurezza, si ritiene di attivare misure che possano contribuire ad elevare
i livelli di sicurezza sia diminuendo le eventuali interferenze di tipo viabilistico, sia territoriale e di
disturbo a terzi, sia di sensibilizzazione e formazione.
144
Sono state attivate sperimentazioni su alcune strade provinciali con applicazione di sistemi di
prevenzione ed allontanamento della fauna selvatica dal reticolo stradale (catadiottri). Tali
esperienze non hanno portato adeguati risultati, infatti gli effetti di allontanamento della fauna
sono rapidamente decresciuti per assuefazione degli animali o per discontinuità di efficienza
dipendente da specifiche condizioni di luminosità o ambientali (es. presenza di ostacoli, dislivelli,
vegetazione, luminosità diffusa, ...). In queste condizioni è comunque opportuno che, per la tutela
dell'incolumità degli utenti della strada in areali in cui si riscontrano presenze significative di
caprioli, venga perseguita la sicurezza stradale potenziando gli strumenti gestionali. Pertanto,
come indicato nel precedente capitolo 5.2. occorrerà effettuare la gestione faunistico venatoria
della specie Capriolo nelle zone maggiormente antropizzate. In tal senso occorrerà estendere la
gestione faunistico venatoria della specie anche in pianura, attivando tutte le forme di gestione, a
cominciare dall’adozione di misure di prevenzione, prioritariamente con il ricorso a metodi
ecologici, sino all’eventuale attivazione del prelievo selettivo, e qualora necessario mettendo in
atto anche puntuali piani di controllo, laddove si evidenzino danni alle coltivazioni agricole, e le
maggiori interferenze con il tessuto antropico e urbanizzato.
Da un punto di vista territoriale, si ribadisce l’importanza di mantenere canali di ampia
collaborazione e rapido scambio di informazione con i Comuni, relativamente alle aree oggetto di
Ordinanze comunali ove è fatto divieto di esercizio dello sparo, legato ad esigenze di pubblica
sicurezza. Sarà necessario che i Comuni informino i competenti uffici provinciali sui provvedimenti
assunti al fine di mantenere aggiornato il quadro della situazione. In tal senso è indispensabile che
i Comuni redigano e trasmettano tempestivamente idonea documentazione informativa e
cartografica a favore di una più efficace gestione interna della Provincia.
In una prospettiva di mantenimento di entrambe le funzioni di sicurezza pubblica e di gestione
venatoria per questi territori, si conferma quanto già indicato dal Piano Faunistico Venatorio
Provinciale 2008-2013, sull’opportunità di promuovere l’istituzione di Zone di Ripopolamento e
Cattura (ZRC) anche in aree peri-urbane interessate da eventuali ordinanze sindacali di divieto di
sparo o l’istituzione di Aree di Rispetto (AR) limitatamente ai quei territori in cui la presenza di
Ungulati selvatici sia particolarmente significativa, o eventualmente di oasi di protezione qualora
le caratteristiche ambientali risultino idonee. Resta inteso che le ZRC in aree periurbane
interessate da ordinanze sindacali potranno essere istituite in quanto non pregiudicano la
sicurezza introdotta dall’ordinanza e dopo una idonea valutazione tecnica.
Inoltre, per incrementare le misure di sicurezza e diminuire il disturbo a terzi dell'azione di caccia e
la conseguente conflittualità, si ritiene opportuno prevedere come prescrizione in sede di
autorizzazione o rinnovo dell'autorizzazione per le Aziende Turistico Venatorie che i campi
recintati per la caccia al cinghiale debbano rispettare una distanza dalle abitazioni non inferiore a
800 metri.
Nell’ambito delle varie forme di sicurezza, rientra anche la sicurezza ambientale, nella forma di
tutela dell’ambiente e, per ciò che riguarda l’interazione con il settore faunistico venatorio, i
materiali delle munizioni per gli effetti sia sull’ambiente sia sulla fauna selvatica oggetto, e non, di
gestione venatoria.
145
Dai contatti e dagli scambi di corrispondenza recenti fra Provincia e I.S.P.R.A., risulta auspicabile
l'utilizzo di munizioni non contenenti piombo nella caccia agli ungulati a fronte della potenziale
pericolosità di queste, in caso di frammentazione, nei confronti degli uccelli necrofagi, peraltro già
nella stagione venatoria 2012-2013 è stata sperimentata con successo l'introduzione dell'utilizzo di
munizioni senza piombo nella caccia di selezione al cervo, infatti tale sperimentazione ha prodotto
il risultato della realizzazione del 25% del piano di prelievo con munizioni atossiche.
Si ritiene pertanto di dover proseguire nella direzione di una graduale introduzione dell'utilizzo di
munizioni senza piombo, incidendo così positivamente sul rispetto dell’ambiente e della biosfera,
e, trasversalmente, anche nella prospettiva di stimolare il mercato a questa misura
ecologicamente più compatibile, per la caccia di selezione prevedendo di incentivarne l'utilizzo
anche nel prelievo per tutte le specie di ungulati.
Da un punto di vista della sicurezza individuale e sociale è sicuramente utile proseguire e
mantenere attività di formazione ed aggiornamento degli operatori e di sensibilizzazione, sulle
tematiche chiave legate alla sicurezza nell'ambito dell'attività venatoria e legata alle
caratteristiche dei luoghi di svolgimento che spesso comportano modalità di soccorso specifiche e
in alcuni casi estreme come ad es. nel caso di soccorsi nel fitto del bosco e nel soccorso-recupero
di persone o ausiliari in crepacci o altri luoghi di difficile raggiungibilità.
Problematiche che possono accadere (malori o incidenti) consigliano azioni di formazione e
aggiornamento rivolte al personale che può svolgere un ruolo spesso determinante in prima
istanza (altri cacciatori sul luogo del fatto) e al personale deputato al soccorso (personale sanitario
e veterinario, operatori del soccorso alpino, personale della Polizia Provinciale, Vigilanza
Volontaria) in una logica di condivisione di correlazione.
Le tematiche da sviluppare e condividere sono:
• primo soccorso sanitario
• primo soccorso veterinario
• tecniche di soccorso in ambiente ostile e conoscenza dei protocolli operativi di soccorso
• norme e prassi di sicurezza nell'utilizzo delle armi e per lo svolgimento dell'azione venatoria
e materiali/sussidi e presidi volti alla sicurezza
Portando a sintesi le considerazioni che sono state sopra esposte, in base all’esperienza condotta
nell’attuazione del Piano e in concomitanza con le analisi conoscitive effettuate per il presente
aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale, si prevedono pertanto le seguenti
azioni per l’incremento di sicurezza:
a) Rispetto delle norme relative alla sicurezza e adozione di prassi e procedure volte alla sicurezza.
Rispetto di tutte le norme di sicurezza, e in particolare delle disposizioni di cui alla L. 157/92 e
nello specifico si richiama l’articolo 21 con i divieti generali, in cui sono esplicitati riferimenti per
situazioni di tipo territoriale, urbanistico, di vie di comunicazione ed altro. Si evidenzia inoltre
l’attenzione ad attenersi strettamente a tutte le prassi e procedure che incrementino la sicurezza
per se e per gli altri.
146
b) Contenimento degli incidenti stradali causati da fauna selvatica. Applicazione di tutte i possibili
sistemi di prevenzione, anche in applicazione di nuove conoscenze, sistemi e tecniche impiegando
con preferenza metodi ecologici e catture, e ricorrendo in zone critiche anche al prelievo selettivo
nelle aree di pianura;
c) Collaborazione e scambio informatico con i Comuni per aree con ordinanze di divieto di sparo.
Proseguire un’ampia collaborazione e rapido scambio di informazione con i Comuni, relativamente
alle aree oggetto di Ordinanze comunali di divieto di sparo. In tal senso è indispensabile che i
Comuni redigano e trasmettano tempestivamente idonea documentazione informativa e
cartografica a favore di una più efficace gestione interna e della Provincia;
d) Incentivare l’istituzione di istituti di ripopolamento e/o protezione della fauna nelle aree
periurbane. Incrementare ove possibile l’ubicazione di ZRC anche in aree peri-urbane interessate
da eventuali ordinanze sindacali di divieto di sparo o l’istituzione di AR limitatamente ai quei
territori in cui la presenza di Ungulati selvatici sia particolarmente significativa, o eventualmente di
oasi di protezione qualora le caratteristiche ambientali risultino idonee. Resta inteso che le ZRC in
aree perturbane interessate da ordinanze sindacali potranno essere istituite solo in quanto non
pregiudicano la sicurezza introdotta dall’ordinanza e dopo una idonea valutazione tecnica;
e) Incremento delle distanze fra ATV e abitazioni e zone urbane. Per incrementare le misure di
sicurezza e diminuire il disturbo a terzi dell'azione di caccia e la conseguente conflittualità, si
ritiene opportuno prevedere come prescrizione in sede di autorizzazione o rinnovo
dell'autorizzazione per le Aziende Turistico Venatorie che i campi recintati per la caccia al cinghiale
debbano rispettare una distanza dalle abitazioni non inferiore a 800 metri;
f) Utilizzo di munizioni senza piombo nella caccia di selezione. Con tale utilizzo si incide
positivamente sull’ambiente, sulla fauna selvatica non oggetto di caccia ed quindi in generale sulla
biosfera, e, trasversalmente, si agisce anche per stimolare il mercato a questa misura
ecologicamente più compatibile, per la caccia di selezione e prevedendo di incentivarne l'utilizzo
anche nel prelievo di tutte le specie di ungulati;
g) Formazione ed aggiornamento degli operatori e attività di sensibilizzazione, sulle tematiche
chiave legate alla sicurezza.
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6.2. Aggiornamenti sulle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC)
Nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP) al capitolo 4 sono stati posti gli obiettivi fondanti
della pianificazione e della programmazione faunistico venatoria, che, fra l’altro, individua
l’importanza degli equilibri faunistici sia ai fini biologici e, allo stesso tempo, della valorizzazione
della gestione faunistico venatoria.
Ai fini del mantenimento degli equilibri, il piano individua gli assetti e gli istituti per la tutela della
fauna selvatica, fra cui i principali sono le Zone di ripopolamento e Cattura (ZRC). Pur mantenendo
validi gli obiettivi di destinazione di areali territoriali per tali Zone, come individuato nel PFVP, la
gestione del trascorso quinquennio ha fornito utili elementi di valutazione. Infatti per mantenere
l’efficienza di tipo naturalistico-biotico delle zone di Ripopolamento e cattura ed, al contempo,
non creare maggiore diffusione di specie di ungulati che possono avere incidenza sul tessuto
antropico e pertanto con l’obiettivo di salvaguardare le attività umane, è stato utile adottare un
approccio dinamico alle funzioni territoriali rispetto alla loro individuazione geografica. Pertanto
nel passato quinquennio le aree destinate a Zone di Ripopolamento e cattura si sono
maggiormente diffuse e sviluppate nel territorio planiziale ove si assiste ad una minore diffusione
degli ungulati, che, altrimenti, trovano in tali zone facili condizioni per aumentare di numero e
densità.
Inoltre l’ubicazione di Zone di Ripopolamento e cattura in settori territoriali a prevalente presenza
di ungulati, pregiudica il raggiungimento degli obiettivi di densità faunistica, in particolare per
quanto riguarda il cinghiale.
Si è confermata pertanto l'opportunità di privilegiare l'individuazione delle zone di popolamento e
cattura in pianura in quanto aree particolarmente vocate per la riproduzione naturale della piccola
fauna stanziale, anche con l'obiettivo di creare maggiore separazione possibile fra la gestione
faunistico-venatoria ed il tessuto antropico, ad esempio in aree caratterizzate da fitto reticolo
stradale e margini periurbani .
Le Aziende Faunistico Venatorie (AFV) sono, per intrinseca finalità, istituti volti alla gestione allo
sviluppo della fauna selvatica, ed , in tal senso, possono contribuire alla diffusione della medesima
nei circostanti areali. Discorso analogo vale per le Zone di Ripopolamento e Cattura, qualora
gestite con criteri che prevedano l’irradiamento sul territorio circostante. Vista la necessità che
queste realtà gestionali non subiscano interferenze reciproche che potrebbero pregiudicare lo
svolgimento delle rispettive attività o la valutazione dei risultati di ciascun Istituto, si ritiene
opportuno individuare una distanza minima di rispetto tra questi istituti pari a circa 500 metri da
applicarsi come criterio vincolante alle nuove istituzioni o alle modiche di confine eventualmente
da realizzarsi.
Le linee operative di gestione per i casi sopra esposti, risultano quindi:
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• incremento delle superfici territoriali destinate alla riproduzione naturale della specie, con
priorità per l'istituzione di zone di ripopolamento e cattura (ZRC) in pianura e nelle aree
ove meglio effettuare una separazione dell’attività gestionale rispetto al tessuto antropico;
• per l’istituzione e/o la conferma di ZRC prediligere ubicazioni caratterizzate da limitata
presenza di ungulati o che non pregiudichi i raggiungimento delle densità obiettivo,
conducendo un’attenta valutazione sull'impatto gestionale;
• adottare tutte le azioni e misure che consentano l’arricchimento biotico del territorio,
comprese le zone di ripopolamento e cattura, in particolare per la piccola fauna stanziale,
ricorrendo al ripopolamento con lepri di cattura di provenienza comunitaria, sentito il
servizio veterinario competente.
• stabilire che nuove Aziende Faunistico Venatorie (AFV) non potranno essere istituite ad una
distanza inferiore di 500 metri da zone di ripopolamento e cattura;
• istituzione di aree, anche a carattere sperimentale, in cui effettuare prelievo programmato
149
7. Bibliografia
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Toso S., Turra T., Gellini S., Matteucci C., Benassi M.C., Zanni, M.L. (A cura di), 1999 - Carta delle
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