Editoriale Per non dimenticare Le voci dell`Avvocatura
Transcript
Editoriale Per non dimenticare Le voci dell`Avvocatura
n° 5-6 Notiziario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ANNO LXV SETTEMBRE – DICEMBRE 2015 Foro Romano La Notte Bianca della Legalità A Mille ce né... Editoriale Mauro Vaglio Per non dimenticare Filippo Maria Berardi Le voci dell’Avvocatura Pietro Di Tosto Essid Abdelaziz Bruno Andreozzi Alberta Brambilla Pisoni Giuseppe Carro Donatella Cerè Luigi Favino Albino Greco Stefano Radicioni Aldo Minghelli Attualità Forensi Giovanni Cipollone Sara Fusi Formazione continua Aggiornamento Albo Mauro Mazzoni Sommario n°5-6 3 Notiziario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma EDITORIALE La luce della Legalità illumina la notte Mauro Vaglio 4 5 7 9 FOCUS La Notte Bianca della Legalità A cura della Redazione “A Mille ce né...” Tratto da Festina Lente, foglio informativo dell’A.N.M. Roma Lazio – n. 12 PER NON DIMENTICARE Andrea Fratto Rosi, un Avvocato indimenticabile Filippo Maria Berardi Un libro per non dimenticare A cura della Redazione 10 LE VOCI DELL’AVVOCATURA La XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati A cura della Redazione 15 Il significato delle “Toghe d’Oro” Mauro Vaglio 16 Una cerimonia per riflettere Pietro Di Tosto 18 Un Nobel a tutti gli Avvocati romani per la pace mondiale e la difesa dei diritti dei più deboli Essid Abdelaziz 20 Operare tenendo presenti i principi sanciti dalla Costituzione Bruno Andreozzi 21 Dalla tragedia di Milano rinvigorito lo spirito di colleganza degli Avvocati Alberta Brambilla Pisoni 22 Io. Avvocato Giuseppe Carro 24 Riflettere sul rilievo sociale della professione forense Donatella Cerè 25 L’Aula di questa Corte d’Assise… Luigi Favino 27 Cinquant’anni non sono pochi! Albino Greco 28 Fieri e coraggiosi di essere avvocati Stefano Radicioni Foro Romano 1 Sommario 29 Conosciamo i Segretari della XXXVIII Conferenza Giuseppe Carro Emilio Galdieri Marco Noceta Guido Befani Giorgia Ippoliti 34 I percorsi dell’anima Aldo Minghelli 49 ATTUALITÀ FORENSI I contrasti giurisprudenziali e la nomofilachia Giovanni Cipollone 52 53 Caramelle dagli sconosciuti Sara Fusi Sono un Avvocato Sara Fusi 54 FORMAZIONE CONTINUA Convegni organizzati dall’Ordine degli Avvocati 58 AGGIORNAMENTO ALBO 59 La grande Famiglia degli Avvocati romani A cura di Mauro Mazzoni 2 Foro Romano Editorale La luce della Legalità illumina la notte Mauro Vaglio Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Roma Il 16 maggio all’interno della Città Giudiziaria di Roma, si è tenuta la “Notte Bianca della Legalità”, evento organizzato dalla Sezione di Roma e del Lazio dell’Associazione Nazionale Magistrati in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ufficio Scolastico Regionale. Circa ottocento studenti hanno partecipato all’iniziativa incontrando magistrati, avvocati, artisti e personalità di rilievo in quel che è, a tutti gli effetti, il più grande Tribunale d’Europa. Per sensibilizzare i giovani ai valori della Legalità e della Giustizia, l’Ordine degli Avvocati di Roma ha ritenuto opportuno donare ad ogni partecipante una confezione con una storia sul Tricolore e sull’inno “Fratelli d’Italia”, la Bandiera e la Coccarda Tricolore. Una iniziativa che ha scaldato il cuore dei ragazzi che hanno sventolato la Bandiera e cantato le magiche parole scritte da Mameli. Per l’importanza dell’evento, riportiamo il testo del saluto che il Presidente dell’Ordine degli Avvocati ha indirizzato agli studenti. C ari ragazzi, nella confezione che vi è stata consegnata, troverete la Bandiera Italiana ed una Coccarda Tricolore che rappresentano i simboli della nostra Patria. Essi assumono un significato profondo soprattutto perché si associano ai valori di LEGALITÀ e di GIUSTIZIA. Queste due parole, che definirei magiche, costituiscono il connotato di ogni paese civile. Esse regolano i rapporti tra cittadini e Istituzioni, indicano inoltre l’esistenza di leggi che sanciscono quei diritti e doveri basilari che tutti sono tenuti a rispettare: senza distinzione di razza, genere o religione. Noi Avvocati abbiamo collaborato con entusiasmo all’iniziativa di indire questa “NOTTE BIANCA DELLA LEGALITÀ” perché da sempre siamo chiamati ad attuare i suddetti princìpi, al fianco di ciascun cit- Foro Romano tadino e nel solco della Costituzione che ci ha assegnato l’alto compito di esercitare il DIRITTO DI DIFESA, definendo quest’ultimo come diritto fondamentale e addirittura INVIOLABILE. A nome di tutta l’Avvocatura romana, che ho l’onore di rappresentare, e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma auspico che questo evento, ed i princìpi a cui esso si ispira, rimangano impressi nei vostri cuori e vi guidino nelle scelte che sarete chiamati ad affrontare nel corso della vostra vita. Sono certo che il contributo di ciascuno di voi servirà a costruire un mondo sempre più rispettoso delle libertà pubbliche e private. L’Avvocatura, siatene certi, sarà sugli spalti e vigilerà che ciò avvenga: anche a costo di insorgere violentemente contro chi avesse la tentazione di ostacolare o anche rallentare il corso della Storia. Un caro saluto 3 La Notte Bianca della Legalità L a “Notte Bianca della Legalità” si propone come una vera e propria lezione di legalità per i ragazzi delle scuole superiori. All’interno della Città Giudiziaria di Roma gli studenti hanno avuto la possibilità di confrontarsi con una realtà differente rispetto a quella a cui sono abituati e, dialogando con gli avvocati, i magistrati e i rappresentanti delle forze dell’ordine, hanno toccato con mano il ruolo che il potere giudiziario svolge all’interno di un paese democratico. La grande adesione da parte di scuole provenienti da tutto il Lazio rende l’idea di quanto sia importante la comprensione del concetto di legalità per i ragazzi. Conoscendo in maniera diretta il lavoro che si svolge nelle aule dei tribunali si sono resi partecipi di un grande progetto che, da subito, ha guardato al futuro. Perché quello della legalità è un valore che va conquistato ogni giorno. Una vera e propria visita guidata all’interno della Città Giudiziaria, un viaggio segreto tra le aule e i fascicoli, per testare dal vivo cosa succede nei tribunali. I ragazzi hanno assistito alla simulazione di un processo in una vera aula giudiziaria trascorrendo poi la giornata tra seminari, spazi espositivi, dibattiti, concerti, film e spettacoli teatrali, alcuni dei quali messi in scena dagli stessi avvocati e magistrati. Un evento importante che ha sondato un terreno nuovo aprendo la strada alle iniziative future e ha visto la collaborazione di associazioni differenti riunite per promuovere la legalità. Molte le personalità di spicco che hanno preso parte all’iniziativa. Tra le autorità il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il Sindaco di Roma Ignazio Marino, il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, il Presidente del Tribunale di Roma Mario Bresciano, poi Luca Palamara e Paola Balducci come membri del Consiglio Superiore della Magistratura. Tanti anche i personaggi dello spettacolo, primo fra tutti Antonello Venditti. L’Ordine degli Avvocati di Roma, il più grande d’Europa, ha svolto un ruolo fondamentale, impegnandosi in prima linea nello sviluppo e nella realizzazione della “Notte Bianca della Legalità”. Il Presidente Mauro Vaglio ha sottolineato come la figura dell’avvocato rappresenti l’articolo 24 della Costituzione e dunque il Diritto alla Difesa. “Come se fosse l’altra faccia della medaglia, l’avvocato assolve a questa funzione sociale indispensabile per avere giustizia. La giustizia è alla base del nostro Paese, così il nostro lavoro e quello dei magistrati serve a portare avanti la democrazia e la bandiera italiana nel paese”, queste le parole del Presidente Vaglio che ha voluto regalare a tutti ragazzi una Bandiera e una Coccarda Tricolore. Soddisfatto per l’ottima riuscita dell’iniziativa l’ideatore dell’evento Giacomo Ebner, Presidente della sezione distrettuale di Roma dell’Associazione Nazionale dei Magistrati. “La scuola educa e la magistratura rieduca, condividiamo lo stesso entusiasmo e lo stesso senso di ottimismo verso i ragazzi e le nuove generazioni. Qui l’obiettivo è duplice, da una parte i ragazzi sono posti in una posizione centrale per parlare di legalità, incontrando avvocati, magistrati e personaggi delle istituzioni, dall’altra c’è una forte volontà di lavorare insieme creando sinergie positive nella società”, queste le parole di Ebner che spiega anche il Logo dell’iniziativa: “Abbiamo scelto lo stormo per far capire ai ragazzi quanto sia importante abbandonare il branco, che segue un solo capo, ed essere compagni l’un l’altro. Il titolo Portatori Sani di Legalità perché si vuole infettare positivamente la società con la testimonianza quotidiana, per non appaltare la legalità ai pochi, sottolineando l’importanza di un impegno quotidiano”. È giunto anche l’apprezzamento del Presidente Mattarella che, in una lettera al dottor Giacomo Ebner, sottolinea l’importanza dell’iniziativa nell’ottica di una crescita civile delle nuove generazioni. A chiusura dei lavori, il Presidente del Tribunale di Roma, Mario Bresciano, ha ricordato lo stretto legame tra la legalità e l’art. 3 della Costituzione, auspicando il proseguimento di un’interazione con la scuola e spiega come la legalità sia ciò che rende tutti uguali. 4 Foro Romano A mille ce n’è...* “A Affrettati lentamente: è quel misto di urgenza e di pazienza che ha il Magistrato in udienza mentre ragiona ascoltando il vociare e la tensione dell’aula mille ce n’è...” cominciavano così le fiabe della nostra infanzia, ed è difficile per noi trasmettervi la magia di quello che abbiamo vissuto il 16 maggio 2015 nel Tribunale di Roma. L’idea era semplice: aprire il Tribunale più grande d’Europa a 800 ragazzi delle scuole superiori e, utilizzando l’esca educativa di personaggi dello spettacolo e dello sport, farli confrontare con 400 magistrati, avvocati e persone delle istituzioni sul tema della legalità. C’era anche un secondo fine non troppo nascosto: imparare a lavorare assieme magistrati, insegnanti, avvocati, amministrativi, cittadini e istituzioni. Ore 15.00 arrivano i ragazzi, maglietta bianca con su scritto in nero “portatore sano di legalità”. Gli studenti erano stati precedentemente divisi in undici percorsi tematici intitolati a Claris Appiani, Ciampi, Galli, Ambrosoli, Chinnici, Falcone, Borsellino, Atria, Amato, Alessandrini e Livatino. Ad accoglierli per ogni percorso 10 magistrati ed avvocati, maglietta nera con la medesima scritta in bianco. Tanti i momenti emozionanti alla cerimonia di apertura: il Presidente del Tribunale Bresciano legge la lettera del Presidente della Repubblica Mattarella; Il Procuratore Nazionale Antimafia dott. Roberti e l’On. Chinnici, figlia del collega ucciso, consegnano il codice di udienza di Giovanni Falcone agli studenti che lo porteranno a Palermo il 23 maggio 2015… è un passaggio di testimone ideale tra generazioni; Antonello Venditti canta a cappella “Notte prima degli esami”; gli 800 studenti levano in alto la loro goccia nel mare ma 800 gocce sono un mare! Cominciano i lavori. Ogni percorso tematico prevedeva due eventi a scelta tra tavole rotonde sulla legalità in vari ambiti (bullismo, droga, ambiente, web, sport, tv, sofisticazione alimentare, arte, alcool, criminalità organizzata, corruzione) e altre attività (rappresentazioni teatrali di magistrati e avvocati, viaggio nel tribunale segreto, film “i nostri ragazzi” con Foro Romano gli attori, incontro con magistrati e avvocati scrittori, utilizzo del video gioco consapevole e le ludopatie, piccolo atlante della corruzione, corti e mostre dei ragazzi stessi). Del pomeriggio ci rimarranno impressi: lo stuzzicante dibattito sulla corruzione tra l’Avv. Coppi, gli ex P.M. di mani pulite Colombo e Ielo e il cantante Venditti; le lacrime nell’aula dove Tommaso ha raccontato di come è uscito dalla tossicodipendenza; i giocatori della Lazio ovunque; il grande nulla della criminalità organizzata mostrato agli studenti dai colleghi Roberti e Canepa e da Don Ciotti; le interessanti tavole rotonde sul bullismo e sulle insidie del web; il video dello youtuber Favij che non partiva; la straordinaria performance teatrale del collega Picozzi soprannominato ormai “lo Shakespeare de’ noantri”; il divertente mimo degli avvocati con Pannofino; i registi che litigavano nell’aula dove si parlava di Gomorra; i magistrati e avvocati scrittori; il movimentato dibattito sul doping; le file delle colleghe per vedere Gassman; l’emozione dei ragazzi che traversavano al buio i cunicoli percorsi dai carcerati per arrivare nelle aule ... e tanto altro. Ed è subito sera ... è l’ora degli scout che fanno servizio distribuendo la cena. Mangiamo tutti i panini, gentilmente offerti dall’A.n.m. Roma Lazio, e dunque per noi gustosissimi. Siamo tutti seduti nel piazzale del tribunale tra le palazzine A, B e C sotto la statua di Mercurio. Il tempo regge per fortuna. I ragazzi aspettano il concerto, mentre gli artisti provano ... La serata è divertente: magistrati, insegnanti e avvocati che chiacchierano assieme, persone sui terrazzi di fronte al Tribunale che ballano sulle note dei Rosso Antico, il gruppo musicale composto anche dal collega Dovinola e dall’Avv. Pascuzzo. Jimmy Ghione e l’Avv. Addessa presentano, tutti aspettano il cantante Mannarino, ma ci godiamo dell’ottima musica anche prima. Sul palco si alternano i Fuoricontrollo, Cassandra, Papasidero e l’Avv. Pannain 5 Morale della favola. Possono magistrati, insegnanti, avvocati, amministrativi, cittadini, istituzioni ... noi adulti insomma lavorare assieme per i ragazzi per restituire loro fiducia nella giustizia? Noi sette vi assicuriamo che si può... noto prestigiatore. Si torna a casa, tutti uniti studenti, magistrati, avvocati e amministrativi ... salutando il piazzale prima che torni a essere Tribunale. _________________ * Tratto da Festina Lente, foglio informativo dell’A.N.M. Roma Lazio – n. 12 6 Foro Romano Per non dimenticare Andrea Fratto Rosi, un Avvocato indimenticabile “I Filippo Maria Berardi Avvocato del Foro di Roma ricordi sono corni da caccia il cui suono muore nel vento”, così ammonisce Apollinaire. Ma avere l’onore di ricordare un grande Amico, allevia il dolore per la sua perdita. E già, caro Andrea, chi avrebbe mai immaginato che un giorno mi sarei trovato a scrivere di te. Non lo immaginavo certo quando, poco più che ragazzini, io e mio fratello eravamo tra i tuoi “lupetti” e tu nostro Capo Scout. Ci riunivamo, in una Roma degli anni Sessanta, nella Chiesa di S. lgnazio dove, dopo aver salito una interminabile scala a chiocciola giungevamo, stupiti, sulle terrazze della chiesa. Lassù le stanze di San Luigi troneggiavano, tra le pareti affrescate. E tu ci dividevi in gruppi: i bigi, i rossi, i neri. Era il mitico “Gruppo Roma 1”. Tu e Giovanni, tuo fratello maggiore, avevate una decina d’anni più di noi ed eravate anche voi figli di genitori anziani. Siete stati, con mio fratello, alunni del Collegio Nazareno, tra i più antichi di Roma ed anche Collegio di Verdone e De Sica. Padre Armando Pucci, storico preside del Collegio, intervenne assieme al Princeps dell’Accademia degli lncolti ai funerali di tua Madre. Ricordo tuo Padre, il Dott. Lucio, che nel suo studio in piazza Sant’Andrea della Valle tra una radiografia e I’altra, raccontava aneddoti romani. Tra i tanti ne memorizzai uno che riguardava mio padre, quando durante la seconda Guerra salvò, uno ad uno, trentasette ebrei: mi disse che lo chiamavano “l’avvocato dell’Argentina”, dall’ubicazione del suo studio sito in Largo Argentina. Un’altra volta sempre tuo padre ci convocò a casa vostra, sarà stato il 1970, e ci disse che, con tutto il rispetto dell’amicizia che aveva con la nostra famiglia, se non avessimo fatto smettere il nostro cane Rock di abbaiare in terrazza per tutta la notte, avrebbe “provveduto” lui stesso: provvedemmo immediatamente! Abitavamo in due palazzi prospicenti e dalle nostre terrazze, entrambe al quarto piano, spesso ci soffermavano a parlare. Poi, nella discrezione personificata, I’immagine di tua Foro Romano Madre, Donna Cecilia. Ricordi quando narrava che tua nonna, rimasta vedova in giovane età con uno stuolo di figlie femmine tra le quali lei stessa, fu consigliata dal Cardinale Gasparri di acquistare il vostro palazzo di Via del Teatro Valle? Se non ricordo male, correva l’anno 1922. Mi sto facendo guidare dalla memoria e spero di non commettere imprecisioni di date. Conservo una bellissima foto del 1985 nella quale, sottobraccio, tua Madre e la mia ormai entrambe vedove, camminano meste. Troppi sono gli aneddoti che si affastellano nella mia mente, ma provo a rammentarne qualcun altro. Nel 1978 tu, giovane avvocato laureato con una tesi in Diritto Minerario, per la quale materia avevi frequentato lo studio di mio padre, facevi ormai parte dello studio dei figli dell’avvocato Augusto Caroselli, Attilio e Massimo, in piazza della Pigna, a palazzo Berardi. Ti venivo a trovare spesso, e ricordo la cordiale simpatia del collega Massimo. Sempre in quell’anno, si era appena riaperto il tesseramento di via Bargoni della Democrazia Cristiana e tutti e quattro iniziammo la nostra modeste avventura politica. Ricordo Ie battaglie di Giovanni presso il comitato Romano in via dei Somaschi, dove il “capitano” era I’Avv. Aldo Corazzi. Tu spesso rappresentante di lista e, come me, membro del comitato politico circoscrizionale, mentre i nostri fratelli maggiori, Giovanni e Giuseppe Maria, consiglieri. Quanta acqua è passata sotto i ponti della vita da allora: oggi Giovanni è professore Ordinario di Scienze Cardiovascolari alla Sapienza e mio fratello Giuseppe è deceduto a 57 anni nello scorso mese di settembre 2014. Oggi tu, a 67 anni, lo hai raggiunto. Quando morì mio padre ed il suo studio si chiuse, avevo 25 anni, come te quando morì il tuo. Allora mi convocasti nel tuo nuovo studio in Corso Vittorio Emanuele ll, nel cosiddetto palazzo Baccelli, dove mi mostrasti la stanza di cui avrei potuto fruire gratuitamente. Era particolarissima, soprastante I’androne del palazzo 7 Per non dimenticare aveva la volta a botte, come la finestra incorniciata dai ferri battuti della parte alta del portone. Non ho mai dimenticato la tua straordinaria generosità. Oggi dal 1999 ho riaperto lo studio di famiglia, trasferendolo ai Parioli. Sei anni fa, in occasione del compimento dei miei 50 anni, organizzai presso la trattoria del Pallaro, dove con i nostri genitori siamo cresciuti, una cena per pochi, cari, amici. Non potevano certo mancare i fratelli Fratto. Ti ricordi quante risate, tra mille aneddoti: quando Giovanni parcheggiava la sua seicento azzurra elaborata, roboante, nell’androne del vostro palazzo. O quando entrambi partiste per il servizio militare ed io, anni dopo, con il tuo aiuto riuscii ad esserne dispensato, in quanto figlio di padre anziano e fratello di milite esente. Parlando poi delle nostre illustri parentele, ricordammo “Monsignore” o meglio S.E. il Vescovo di Campli Mons. Luigi Del Gallo di Roccagiovine. Più volte siamo andati a trovarlo nella sua splendida casa all’interno di palazzo Roccagiovine, al Foro Traiano. Si parlava di Mandela, dove lui era nato, situata esattamente a metà strada tra il “nostro” San Polo dei Cavalieri e il “vostro” Cineto Romano. Poi il tempo, inesorabile, è trascorso e tu, nonostante I’impegno profuso negli ultimi anni in associazioni giuridiche, non hai mai peccato di ambiziosi protagonismi. La tua estrema riservatezza, dettata da una educazione d’altri tempi, è sempre stata accompagnata da un forte spirito sarcastico e dissacratore, che si riconosceva in una visione della vita totalmente trascendente. Resta il tuo sorriso, la tua mai sbandierata competenza per la storia della società romana, la tua corretta e puntuale professionalità. E la Fede, fortissima. Sei stato, per tutta la tua esistenza, un vero Signore. Ora sono certo che tu sia definitivamente giunto nel Porto eterno della Pace e dell’Amore, là dove tutte le anime nobili e buone son destinate a migrare, dopo il breve volo della vita, secondo una divina Legge che trascende i confini della terra ed il segreto del tempo. Deus tecum! 8 Foro Romano Per non dimenticare Un libro per non dimenticare P er la prima volta nella storia dell’Ordine, il Consiglio ha ritenuto di dare alle stampe un volume riportante le storie dei colleghi che hanno raggiunto l’ambito traguardo dei 50, 60 e 70 anni di attività professionale in modo da raccogliere le loro esperienze (di studio, di professione e famigliari) per tramandarle alle nuove generazioni e come esempio per i giovani avvocati che si apprestano, con convinzione ed ardore, ad entrare a far parte della nobile Famiglia dell’Avvocatura romana. Un progetto ambizioso, certamente, ma derivante dal cuore e dai sentimenti di affetto, riconoscenza e devozione nei confronti di coloro che hanno combattuto per tanti lustri sul campo di battaglia della salvaguardia del Diritto. Tanti i colleghi che hanno risposto al nostro invito di raccontarci le loro storie, i loro sentimenti. Tante le porte che si sono aperte agli intervistatori. Emozionante il viaggio intrapreso con loro nei cassetti della memoria: alla ricerca di immagini, di fatti, delle motivazioni che li hanno spinti ad indossare la Toga. Gli anni sono passati, è vero, ma in tutti loro, nei loro occhi, abbiamo notato brillare la stessa luce: la luce della fierezza, la luce della libertà, la luce dell’indipendenza, la luce di stare ancora sul campo. Tutte le storie raccolte sono interessanti, perché ognuna è differente dall’altra. Il messaggio che abbiamo ottenuto è stato magnifico: quello che per nulla al mondo cambierebbero professione, che se potessero tornare indietro nel tempo rifarebbero esattamente quello che fecero all’epoca. Nessun rimpianto (ad eccezione di quello della gioventù e dei capelli ora bianchi, simbolo di saggezza, e sui quali tutti hanno speso parole scherzose), ma la voglia di continuare su questa strada come se gli anni non fossero trascorsi. Alzarsi ogni mattina e dire: ci sono, eccomi qui. Come dimenticare le parole di Francesco Oliveti che, dopo aver ricevuto l’invito alla cerimonia, così ha scritto al Presidente dell’Ordine: “...Con l’occasione Ti informo che continuerò ad esercitare la professione con lo stesso entusiasmo e la passione di sempre, ma fra una ventina di anni vorrei ritirarmi. Ritieni che sia ancora presto?”. Ne riparleremo tra 20 anni, caro Francesco, insieme, ed insieme rivolgeremo lo sguardo a chi ci sta vicino, ai Foro Romano nostri figli e nipoti, orgogliosi di quello che abbiamo fatto. Le parole di Francesco Caputo sono rivolte alla scelta della professione intesa come indipendenza: “Ringrazio il Presidente Vaglio e tutti i Consiglieri per avermi voluto tributare, fra gli altri, al cinquantesimo anno di iscrizione all’Albo, il riconoscimento per l’attività svolta che conserverò nel mio cuore con fierezza. Viva l’Avvocatura, sempre Libera!”. Ma proprio su questo argomento (l’orgoglio, la fierezza), ecco le parole di Mariano Petrina, classe 1928: “Ho svolto la mia professione con orgoglio e sono soddisfatto di quello che ho fatto, avendo avuto l’opportunità di vivere in un’epoca molto interessante e piena di speranza”. E sull’azione quotidiana svolta in rispetto alle regole, ecco il giudizio di Marcello Piga che ha ricoperto la carica di Ministro della Repubblica: “La mia attività professionale è stata sempre ispirata alla regola del rigoroso rispetto della legge ed al principio dettato dal grande maestro Piero Calamandrei, secondo cui la funzione dell’avvocato deve essere utile per aiutare i giudici a raggiungere la giustizia. Mi auguro che tale principio illumini anche le nuove generazioni”. Ma non possiamo esimerci dal riportare anche il sentimento di chi ha voluto dedicare parole di gratitudine all’Ordine, come quelle di Vito Antonio Mazzarelli: “Sono grato all’Ordine per il ricordo lungo cinquanta anni che la manifestazione mi consentirà di rivivere riportandomi ai sogni di giustizia che il risveglio in quest’epoca si è premurato di far dissolvere”. E proprio sull’attaccamento all’Ordine, inteso proprio come Famiglia, ecco l’esempio di Agapito Colamariani, classe 1914, originario di Palestrina (in provincia di Roma), che alla veneranda età di 101 anni continua ad essere iscritto in quanto non ha mai ritenuto di volersi cancellare dall’Ordine. Per lui si tratta di mantenere quel cordone ombelicale dal quale trarre la linfa quotidiana. Come dargli torto? Si può cancellare la propria Famiglia? Certamente NO. Ecco il perché del titolo che si è voluto dare a questa iniziativa editoriale: “La grande famiglia degli avvocati romani”. La nostra intenzione è quella di proseguire su questa strada, aiutati in questo cammino da tanti colleghi che ci porgeranno la mano per il passaggio del “testimonial” dell’esperienza. 9 Le Voci dell’Avvocatura La XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati N el 1968, Carlo Fornario, amato Presidente del nostro Ordine, accolse la proposta di Tommaso Bucciarelli e dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati di dar vita, a Roma, alla Conferenza dei Giovani Avvocati che, istituita nel 1967, si ispira ad una formula seguita per lunga tradizione da numerosi Ordini forensi di ogni parte del mondo. A partire dal 9 gennaio 1968, sono stati selezionati giovani destinati ad affermarsi come Avvocati di alto livello. Sulla scia di questa luminosa tradizione, anche quest’anno, è stato bandito un concorso, coordinato dal Presidente, Avv. Mauro Vaglio, con il supporto dell’Avv. Cristina Tamburro, articolato in prove scritte e orali, tendenti ad accertare la preparazione dei candidati sul piano umanistico, deontologico, tecnico, giuridico, oltre che nelle lingue straniere. I cinque vincitori sono stati proclamati “Segretari della Conferenza” e resteranno in carica per due anni. Durante gli anni in cui rimarranno in carica, i Segretari si dedicheranno a studi, conferenze e dibattiti, soprattutto su problemi che riguardino le giovani generazioni forensi; intratterranno, inoltre, rapporti con le istituzioni similari e con giovani Avvocati all’estero. Nel corso della Cerimonia ai Segretari proclamati è stata offerta una Toga d’Onore intitolata alla memoria di Avvocati romani deceduti che hanno dato lustro all’Ordine forense, nonché premi in denaro utilizzando anche la dotazione operata dall’Avv. Lucio Ghia in ricordo dell’Avv. Ferdinando D’Atena. Al primo Segretario è stata consegnata una targa offerta dalla Sezione di Roma dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati. La Cerimonia rappresenta per l’Ordine degli Avvocati di Roma l’occasione per affidare ai Giovani Avvocati il compito di continuare la luminosa tradizione del nostro Foro. - il Dott. Pasquale Ciccolo (Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione) - il Dott. Luciano Panzani (Presidente della Corte di Appello di Roma), - l’Avv. Bruno Andreozzi (a nome degli Avvocati premiati), - il Dott. Giorgio Santacroce (Primo Presidente della Corte di Cassazione a nome dei Magistrati collocati a riposo), - l’Avv. Stefano Radicioni (Segretario dell’O.U.A.Organismo Unitario dell’Avvocatura), - l’Avv. Donatella Cerè (del Consiglio Nazionale Forense), - l’Avv. Essid Abdelaziz (delegato dell’Ordine degli Avvocati della Tunisia insignito con il Premio Nobel della Pace 2015), - l’Avv. Alberta Brambilla Pisoni, madre del Collega Lorenzo Alberto Claris Appiani, le cui toccanti parole resteranno scolpite nella memoria dei partecipanti. La proclamazione dei Segretari della XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati con la consegna delle Toghe d’Onore, dei diplomi e dei premi ai Segretari della Conferenza. L’Avv. Giuseppe Carro, Primo Segretario, ha tenuto la conferenza sul tema «Io. Avvocato». Sono state inoltre consegnate le Toghe d’Onore ai migliori discenti della Scuola Forense “Vittorio Emanuele Orlando” (responsabile il Consigliere Avv. Riccardo Bolognesi). COMITATO D’ONORE Alessandro CRISCUOLO Presidente della Corte Costituzionale Giovanni LEGNINI Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura PROGRAMMA DELLA CERIMONIA Andrea ORLANDO Ministro della Giustizia Dopo il saluto del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avv. Mauro Vaglio, sono intervenuti: Giorgio SANTACROCE Presidente della Corte Suprema di Cassazione 10 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Pasquale CICCOLO Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione Giuseppe PIGNATONE Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Roma Luigi FRATI Rettore dell’Università “La Sapienza” Giorgio GIOVANNINI Presidente del Consiglio di Stato Giuseppe NOVELLI Rettore dell’Università “Tor Vergata” Antonio SEGRETO Presidente del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche Mario PANIZZA Rettore dell’Università “Roma Tre” Raffaele SQUITIERI Presidente della Corte dei Conti Francesco BONINI Rettore dell’Università “Luiss” Salvatore NOTTOLA Procuratore Generale della Corte dei Conti Giuseppe DALLA TORRE DEL TEMPIO DI SANGUINETTO Rettore dell’Università “Lumsa” Andrea MASCHERIN Presidente Consiglio Nazionale Forense Paolo RIDOLA Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” Nunzio LUCIANO Presidente Cassa Nazionale Forense Mirella CASIELLO Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana Gian Piero Giuseppe MILANO Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Tor Vergata” Federico BUCCI Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense Paolo BENVENUTI Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Roma Tre” Luciano PANZANI Presidente della Corte di Appello di Roma Antonio NUZZO Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Luiss” Luigi CIAMPOLI Procuratore Generale della Corte di Appello di Roma Angelo RINELLA Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Lumsa” Angelo Raffaele DE DOMINICIS Procuratore Generale della Sezione Lazio della Corte dei Conti COMMISSIONE D’ESAME La Commissione del concorso della XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati è stata presieduta, su delega del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, dall’Avv. Cristina Tamburro. Essa era composta, a norma del Regolamento della Conferenza, da: Mario BRESCIANO Presidente del Tribunale Ordinario di Roma Riccardo VIRGILIO Presidente f.f. del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Foro Romano 11 Le Voci dell’Avvocatura MEDAGLIE - Matteo Allena, Claudia Confortini, Valerio Vitale, Viviana Di Iorio, Fulvia Vitale (Segretari della XXXVI Conferenza) - Beka Tavartkiladze, Francesca Sbarra, Flaminia Aperio Bella, Giulia Crivellini, Francesco Schippa (Segretari della XXXVII Conferenza) - Giulio RUBINI (Sezione Romana dell’AIGA) - Alessandro GRAZIANI (Camera Civile) - Giandomenico CATALANO (Associazione Nazionale Forense) AVVOCATI CON 70 ANNI DI ISCRIZIONE Agapito COLAMARIANI Angelo CORSI Pietro DE RUGGIERI AVVOCATI CON 60 ANNI DI ISCRIZIONE Alberto ANDREUCCI Franco BARBETTI Vladimiro BERTOZZI Enrico BOTTAI Pietro CAMMARERI Marsilio CASALE Erodico CONSIGLIO (alla memoria) Dellarciprete ALFONSO Giuliano FLERES Antonio IANNACCI Giorgio MELUCCO Mariano PETRINA Marcello PIGA Francesco PIROCCHI Mario PUGGIONI Antonio ROSSINI Carlo SPIGARELLI SEGRETARI DELLA XXXVIII CONFERENZA Giuseppe CARRO Emilio GALDIERI Marco NOCETA Guido BEFANI Giorgia IPPOLITI I Segretario II Segretario III Segretario IV Segretario V Segretario TOGHE D’ONORE Lorenzo Alberto CLARIS APPIANI al Segretario Giuseppe Carro Franco COSENZA al Segretario Emilio Galdieri Bruno RICCIOTTI al Segretario Marco Noceta AVVOCATI CON 50 ANNI DI ISCRIZIONE Guido BERRI al Segretario Guido Befani Sabino ACCOMANDO Salvatore AJELLO Bruno ANDREOZZI Mario ANDREUCCIOLI Bernardo BENINCASA Corrado BUSCEMI Roberto CANESTRELLI Francesco CAPRIGLIONE Francesco CAPUTO Giuseppe CARIGLIA Valerio CELESTI Assunta CIACCIO AUGUGLIARO Domenico CONCETTI Guido CONTI Fabrizio Luigi CONTI Michele COSTA Paolo DE CATERINI Luciana BONIFAZI FRANCESCONI al Segretario Giorgia Ippoliti TOGHE D’ONORE AI VINCITORI DELLA SELEZIONE DELLA SCUOLA FORENSE ‘VITTORIO EMANUELE ORLANDO’ INTITOLATE ALLA MEMORIA DEGLI AVVOCATI Ciriaco FORGIONE I classificato Maria Elisa DRAGOTTA Alessandro MICHENZI II classificato Giulia DONATONI Francesco SPOSATO III classificato Alessandro RUGGIERO 12 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Corrado DE MARTINI Michele DEL RE Francesco D’ONOFRIO Luigi FAVINO Giulio FAVINO Giuseppe FERRETTI Fabio FONZO Antonio FUSILLO Riccardo GALDIERI Raffaele Genovesi Pietro Giuseppe GIGANTE Giancarlo GRAZIANO Albino GRECO Fiorenzo GROLLINO Domenico GUIDI Cesare IOPPOLI Francesco Giovanni ISGRÒ (alla memoria) Riccardo LAVITOLA Giovanni LEALE Ruggero LONGO Renato MARIANI Rodolfo MARTELLINO Massimo Filippo MARZI Vito Antonio MAZZARELLI Vincenzo MEZZACAPO Mauro MEZZETTI Luciano MUSSARI (alla memoria) Francesco OLIVETI Francesco PARADISI MICONI Corrado PASCASIO Ermanno PRASTARO Nicola RASTELLO Giancarlo RIGONI Antonio ROMBOLÀ Liliana ROSSI CARLEO Luigi Maria SANGUINETI Ludovico Ferdinando VILLANI (alla memoria) Antonio ZANUZZI Mario ADAMO Antonio AGRÒ Franco AMEDEO Umberto APICE Agostino BASTA Foro Romano Bruno BOVE Sergio BRESCIA Carlo Giuseppe BRUSCO Filippo M. CAPECE MINUTOLO DEL SASSO Melita CAVALLO Aldo CECCHERINI Mariangela CECERE Severo CHIEFFI Gianfranco CIANI Mario CICALA Gabriella COLETTI DE CESARE Renzo CONTI Francesco CORSARO Alberto COZZELLA Filippo CURCURUTO Filoreto D’AGOSTINO Mario Lucio D’ANDRIA Claudio DE ANGELIS Raffaele DE LIPSIS Antonio DE SALVO Carlo DESTRO Adolfo DI VIRGINIO (alla memoria) Vito Nicolò DIANA Pietro DUBOLINO Antonio ESPOSITO Pietro FALCONE Mario FINOCCHIARO Leonardo FRISANI Umberto GIORDANO Giorgio GIOVANNINI Claudio IAFOLLA Antonino INTELLISANO Antonio LAMORGESE Maria Gabriella LUCCIOLI Saverio Felice MANNINO Antonio MARINI Antonio MERONE Nicola MILO Giovanni MOCCI Brizio MONTINARO Massimo ODDO Elia ORCIUOLO Luigi PACIFICO Ciro PETTI Luigi PICCIALLI Giovanni Paolo POLIZZI MAGISTRATI 13 Le Voci dell’Avvocatura Italo RIGGIO Federico ROSELLI Luigi Antonio ROVELLI Libertino Alberto RUSSO Giuseppe SALMÈ Linda SANDULLI Giorgio SANTACROCE Pietro Antonio SIRENA Claudia SQUASSONI Paolo STILE Alfredo TERESI Maurizio TOCCA Luigi TOSTI Giuseppe TROCCOLI Guido VIDIRI Goffredo ZACCARDI Gaetanino ZECCA Giuseppe ZEZZA 14 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Il significato delle “Toghe d’Oro” L Mauro Vaglio Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma a cerimonia di consegna delle “Toghe d’Oro” e delle medaglie non costituisce un rito formale e ripetitivo ma la migliore testimonianza della vitalità di un’Avvocatura che prevale e vince sulle avversità e sulle mille difficoltà di questi nostri giorni. di un rappresentante per ciascuna categoria. Quest’anno poi, l’emozione sarà ancor più rilevante ed intensa. Saranno infatti presenti l’Avv. Abdelaziz Essid, componente del cosiddetto “Quartetto per il dialogo”, al quale è stato assegnato il premio Nobel per la Pace, ed i genitori del giovane Collega Lorenzo Claris Appiani, travolto dalla follia omicida mentre si trovava nel luogo di lavoro, e cioè nel Tribunale di Milano. Con le Toghe d’Oro s’intende dare un riconoscimento ai vincitori della Conferenza dei Giovani Avvocati ed ai discenti più meritevoli della Scuola Forense, mentre le medaglie vengono conferite a quei Colleghi che hanno compiuto 50, 60, 70 anni di professione e ai magistrati che sono andati in pensione durante l’anno in corso ed alla fine di quello precedente. Renderemo ONORE a questi ospiti. Essi testimoniano ancora una volta che l’Avvocato in tutti i tempi ed in ogni luogo è pronto a difendere le pubbliche e private libertà, manifestando un impegno ai limiti dell’eroismo fino al sacrificio della propria stessa vita. La giornata del 19 dicembre 2015 resterà pertanto impressa nelle menti e nei cuori di tutti, anche perché consacrata nella pubblicazione dal titolo “La grande Famiglia degli Avvocati romani” (edita dalla casa editrice Herald Editore di Roma) che costituisce una novità assoluta ed un ulteriore omaggio del Consiglio dell’Ordine a tutti i Premiati. Questo evento ci consegna, ogni anno, un messaggio nuovo ed emozionante: cambiano i protagonisti ma quello spirito e quella dedizione alla professione che sono di esempio per tutti noi restano immutati. Negli occhi dei colleghi, giovani e meno giovani, si può cogliere infatti sempre lo stesso entusiasmo ed una identica voglia di affrontare nuove battaglie. Un vero e proprio miracolo di vita della nostra centenaria istituzione. Sfogliandola avrete la gioia e l’emozione di trovare le vostre fotografie ed i vostri pensieri e potrete ricordare in maniera tangibile ed in qualunque momento una tappa indimenticabile della vostra vita professionale, che auguro ancora lunga e colma di ulteriori soddisfazioni. Questi aspetti, che già di per sé sarebbero più che sufficienti per costituire la ragion d’essere della celebrazione, assumono maggiore rilevanza grazie alla presenza di illustri esponenti delle Istituzioni e agli interventi Foro Romano 15 Le Voci dell’Avvocatura Una cerimonia per riflettere Pietro Di Tosto Q Consigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma uesta cerimonia, indubbiamente la più importante dell’Ordine degli Avvocati di Roma, offre sempre spunti nuovi ed importanti di riflessione a chi ami tanto l’Avvocatura da ragionare pragmaticamente sul suo futuro. cati e di aver difeso i diritti con la forza della voce e della scrittura. È stato un anno terribile per l’avvocatura, due colleghi deceduti nell’adempimento del loro dovere. Essa ci permette di onorare i Colleghi con 50, 60 e 70 anni di professione, di ringraziarli per i loro insegnamenti ed il loro esempio di vita, e di professione, e di trarre dalla loro esperienza, quanti più valori possibili, per il nostro presente e per il nostro futuro. Tanti colleghi sono in difficoltà, la nostra cara Italia diventa sempre di più un paese con meno diritti. I diritti non sono merce e c’è bisogno di una nuova stagione in cui qualcuno torni a dire ai poteri forti che non tutto è consentito. Quest’anno il mio personale pensiero va alle rappresentanze politiche stesse dell’Avvocatura, alla loro storia, alla storia dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ai grandi Avvocati che come Presidenti, Consiglieri ed iscritti lo hanno reso grande. Affinché non dettino regole impossibili a politici i quali coltivano il solo interesse a conservare il loro posto in Parlamento. Quel “qualcuno”, ormai è chiaro, deve essere l’Avvocatura. Oggi, due pericoli insidiano questa gloriosa istituzione che soggetta a continui tentativi, anche formali, di eliminarla. I politici continuano a dettare riforme del Codice di Procedura Civile, della Legge Fallimentare, delle esecuzioni, sempre a costo zero, senza investimenti, senza fornire personale e materiali adeguati. Da un lato, l’estremo tentativo esterno di certa politica di assoggettare la nostra Professione a regole e logiche che non ci appartengono. A tutto questo dovrebbe poter rispondere una Avvocatura autorevole, compatta, numericamente e politicamente forte. Dall’altro, il tentativo interno all’Avvocatura di impedire che le rappresentanze elettive degli Avvocati, quelle degli Ordini, si coalizzino creando un vero organismo istituzionale in grado di farsi ascoltare e far sentire la voce dell’Avvocatura, unica, non eludibile. Tuttavia, a fronte dello sforzo dell’Avvocatura di compattare una resistenza credibile, ipocriti disfattisti cercano di svilire le nostre rappresentanze, facendo finta di confonderne i fini e l’impegno, parlando di tutela della Democrazia che senza l’esercizio dei Diritti e l’accettazione della volontà della maggioranza è formula vuota ed anche stucchevole. Il mio pensiero va oggi ai due valorosi colleghi Lorenzo Claris Appiani e Mario Piccolino. Il primo ucciso da un folle a Milano mentre adempiva al proprio dovere di testimone e il secondo ucciso da una controparte per aver fatto valere le ragioni del proprio assistito davanti al giudice, due vittime inermi, colpiti senza alcuna difesa, per il fatto di essere avvo- L’Avvocatura è viva e forte e, per cultura, il proprio futuro è abituata a guadagnarselo, non è serva di nulla e non vuole diventare serva delle regole del 16 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura L’Avvocatura nonostante tutto è forte e resiste e guarda avanti. Commercio e del circuito commerciale. Se il Giudice è la bocca della Legge, l’Avvocato ne è le orecchie, gli occhi e la voce. Oggi i nostri decani sono la storia ed il presente dell’Avvocatura. Non c’è bisogno di rivoluzioni ma di garantire i diritti, primo dei quali quello di esercitare compiutamente i diritti della difesa e ottenere un giusto processo con tempi ragionevoli. Viene spontaneo immaginare il futuro. E nonostante tutto, ci sono delle speranze. Il Consiglio Nazionale Forense della Tunisia ha partecipato alla redazione della nuova costituzione ed ha ricevuto il Premio Nobel della Pace per l’anno 2015. Molti colleghi permettono alla giustizia di funzionare, prestando la loro attività nella Magistratura Onoraria, svolgendo quel lavoro oscuro e senza gloria che deriva dal rendere la Giustizia alla gente comune, quella che sembra debba essere sacrificata alle logiche del mercato, quella che non interessa a nessuno, quella su cui la politica vuole far cassa per poi accusare gli Avvocati di nutrirne i flussi. Molti altri colleghi permettono a tutti i cittadini di essere difesi, svolgendo la loro attività come difensori d’ufficio e garantendo il gratuito patrocinio, pur sapendo che non è certo il giorno in cui riceveranno il giusto compenso. Come sempre gli avvocati riescono a fare cose incredibili. Eppure alcuni degli avvocati della Tunisia hanno subito arresti, persecuzioni e azioni violente, ma hanno resistito e sono tornati ad essere protagonisti del futuro del loro paese. Solo l’unità tra le generazioni di Avvocati, quel sangue che scorre nel cuore dell’Avvocatura, assicura quella compattezza che garantisce le imprese più impensabili, da forza alla difesa dei diritti, da un senso a quella parola che tanto amiamo “Giustizia”. A causa della crisi economica in Italia più del 20% dei giudizi civili vengono proposti tramite il gratuito patrocinio. Foro Romano 17 Le Voci dell’Avvocatura Un Nobel a tutti gli Avvocati romani per la pace mondiale e la difesa dei diritti dei più deboli B Essid Abdelaziz Delegato dell’Ordine Nazionale degli Avvocati Tunisini, componente del “Quartetto della Pace” a cui è stato conferito il Nobel per la Pace 2015 uongiorno a tutti, ringrazio il Presidente e tutti i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati di Roma per questo invito. Veramente non so come nascondere la mia grande emozione. Dovete sapere che sono nato a Cartagine ed essere qua con voi in una seduta ufficiale, nel pieno centro di Roma, a parlarvi e a parlare in una platea dove ci sono illustri presenze mi rende veramente molto molto emozionato e molto onorato. Io oggi rappresento l’Ordine degli Avvocati della Tunisia, che è un ordine nazionale, in quanto non abbiamo ordini regionali ma un solo ordine. Dieci giorni fa siamo andati a Oslo per ritirare il premio Nobel per la Pace. È una cosa inconsueta, non è da tutti i giorni che un ordine degli avvocati sia premiato con il Nobel per la Pace. Ma cosa sarà successo? Una cosa eccezionale. Ebbene vorrei, con l’accordo dei miei amici dell’Ordine di Roma, raccontarvi brevemente l’opera dei vostri colleghi tunisini, cos’hanno fatto prima e dopo la rivoluzione e ho portato con me, per lasciarlo (col vostro permesso), nella biblioteca dell’ordine, questo libro che ritratta 120 anni di storia dell’avvocatura tunisina e di partecipazione a tutti i cambiamenti sociali della Tunisia. E qui potete leggere tutte le cose che hanno fatto gli avvocati contrari alle aberrazioni fatte dal regime di Ben Ali: quando c’era da manifestare abbiamo manifestato, quando c’era da partecipare a quei processi di opinione abbiamo partecipato, e quando la gente della Tunisia, la nostra popolazione ha deciso di scendere nelle piazze e nelle strade per manifestare abbiamo deciso di scendere anche noi, con le nostre Toghe per proteggere i manifestanti contro il regime di Ben Ali e contro le forze dell’ordine. Abbiamo sempre considerato che il cittadino va difeso sì nelle aule dei tribunali, ma anche nelle piazze e nelle strade dove lui è il più debole, non solo per difenderlo quando si tratta di un processo ma dovunque vi è la necessità di difenderlo. E questo l’abbiamo fatto, e l’avvocatura tunisina ha pagato un alto prezzo perché facendo questo abbiamo anche perso qualche collega che è stato ucciso in queste manifestazioni. Però questo è il prezzo della libertà, questo è il prezzo da pagare per difendere i nostri valori di libertà e di democrazia e l’abbiamo pagato molto volentieri. Quindi per questa opera (dopo che c’è stata la riuscita, per così dire, della rivoluzione), abbiamo potuto partecipare a guidare il paese nella via giusta perché c’erano scelte da fare, c’era il rischio di andare nella stessa via dove sono andati la Siria, la Libia, l’Egitto. E quella era veramente una scelta catastrofica, un rischio orribile. Noi abbiamo preso il Paese guidandolo nella direzione giusta con la collaborazione di altre organizzazioni come il sindacato, come l’Utica (la nostra Confindustria) e con la lega per la difesa dei diritti dell’uomo; e abbiamo fatto questa iniziativa, questa idea nuova di dialogo nazionale dove si discute, si decide ma non ci si affronta con le armi o con la violenza. E per nostra fortuna questa iniziativa, questa idea, è riuscita e per questo abbiamo vinto il “Nobel per la Pace”. Ho portato con me la Costituzione del mio Paese (di cui noi tutti Tunisini siamo fieri) perché è una concezione veramente all’avanguardia, e gli avvocati anche qua hanno fatto delle grandi battaglie per ogni emendamento, per ogni questione: l’eguaglianza fra uomini e donne, la libertà di coscienza, la libertà all’acqua, la difesa del diritto, la certezza del diritto, l’immunità per gli avvocati quando svolgono il loro dovere (articolo 105). Quindi abbiamo cercato di lavorare su questi testi e poi anche sulle altre leggi, perché dovevano essere adeguate alla nuova Costituzione. In questa fase, purtroppo, è mancato l’apporto e l’aiuto degli occidentali. Tutti credono che noi abbiamo sempre bisogno di soldi (forse sarà vero) o di posti di lavoro nell’Occidente, ma abbiamo anche bisogno di un altro tipo di aiuto, perché quando si sono aperti i “grandi cantieri” di lavoro per 18 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura la stesura di nuovi testi giuridici, come abbiamo avuto noi, avevamo bisogno dell’Occidente per essere aiutati in questa via. E qui vorrei aprire una parentesi per ringraziare un’amica che è venuta in Tunisia in quel momento (prima del conferimento del Nobel per la Pace), quando si sono aperti i “cantieri” di nuovi testi e ci ha aiutato con la sua esperienza e ha fatto convegni e incontri per agevolarci nella sua materia (che è il diritto costituzionale amministrativo) passando molto tempo a parlare con noi. Questa amica è membro del Consiglio dell’Ordine di Roma, ed è presente in quest’aula, e si chiama Isabella Stoppani. La storia ci insegna che noi abbiamo sempre cercato le nostre leggi in quel grande serbatoio universale che è il diritto romano. Ma la storia continua e in questi nuovi testi, Isabella, la tua impronta c’è perché hai partecipato, e di questo te ne sono molto grato. E dico inoltre che secondo me, essendo lei membro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, tutto il Consiglio dell’Ordine merita il Premio. Per questo una parte del nostro premio è anche vostra. Cerco di terminare (anche perché non posso parlare più a lungo di così), dicendo a tutti che anche adesso abbiamo una nuova sfida: il terrorismo. E voi sapete che la Tunisia, come nuova democrazia, è colpita da questo fenomeno che è oramai universale e ne stiamo soffrendo moltissimo. Foro Romano Ma anche in questa battaglia, in questa guerra al terrorismo, gli avvocati, credetemi, ci sono e in prima fila. Perché continuiamo sempre a difendere i valori della libertà e della democrazia e non lasceremo mai vincere il terrorismo. Però abbiamo bisogno dei nostri amici per aiutarci come hanno fatto finora, e ieri parlando con amici romani di questo fenomeno ho detto una cosa: per favore vi prego di non abbinare mai il terrorismo all’Islam, è un grande sbaglio, non dovete farlo né pensarlo. Perché l’Islam è una religione che ha 1.400 anni. Se il terrorismo deriva dell’Islam, allora tutta la storia dei musulmani sarà piena di terroristi. Adesso i musulmani sono un miliardo e mezzo nel mondo ma i terroristi sono poche migliaia, se il Corano era la ragione del terrorismo, allora tutto il miliardo e mezzo di musulmani sarà terrorista. Questo non è vero e poi noi tunisini non siamo tutti musulmani e siamo le prime vittime del terrorismo. Quindi è sbagliato abbinare o associare il terrorismo all’Islam, ma gli appartenenti all’Isis sono qualche migliaio e bisogna combatterli tutti. Noi, cristiani, musulmani ed ebri, dobbiamo combattere quel cancro. Sono criminali da togliere da mezzo, punto e basta. Quindi noi abbiamo cominciato questa battaglia e ora la parola d’ordine nel mio Paese è la “mobilitazione totale contro il terrorismo” e vi chiedo l’aiuto anche in questo campo. Grazie molte. 19 Le Voci dell’Avvocatura Operare tenendo presenti i principi sanciti dalla Costituzione I Bruno Andreozzi Avvocato del Foro di Roma o veramente non so se posso e debba pronunciarmi a nome dei colleghi che sono qui presenti, molti dei quali evidentemente non conosco perché nella nostra lunga, ormai, attività svolgiamo come dire due funzioni del tutto diverse. Parlo dei civilisti e dei penalisti: ci incontriamo, ci confrontiamo è vero, però abbiamo credo ciascuno di noi delle responsabilità soprattutto diverse. Gli anni passano anche per noi e sono pesanti, perché quando per cinquant’anni, sessant’anni, settant’anni, si fa il nostro lavoro c’è un’usura terribile, c’è un peso terribile. Viene sempre in mente quando abbiamo cominciato, la nostra prima causa. Ai tempi miei c’erano le Preture, c’erano situazioni un po’ particolari, e noi avvocati penalisti addirittura facevamo i pubblici ministeri a fianco del Pretore che poi avrebbe dovuto emettere la sentenza. L’abbiamo fatto per tanto tempo. Permettetemi un brevissimo ricordo personale. Tanti anni fa, diciamo forse una trentina di anni fa, un autorevolissimo leader politico mi convocò per dirmi che voleva presentarmi come candidato alle elezioni per il Parlamento. Rimasi un po’ interdetto perché proprio non mi aspettavo una proposta di questo tipo. Lui insistette: “perché la situazione è tale e c’è tutto il movimento studentesco di cui ti sei occupato in quanto avvocato, conosci questo, conosci quest’altro, forse ti stanno a sentire, perciò è utile che tu lo faccia”. Risposi: “ma se è proprio necessario posso pure accettarlo ma ad una condizione: che se mi eleggono il giorno dopo mi dimetto”. Questo mi guardò con gli occhi sbarrati. Continuai dicendo: “io faccio l’avvocato e voglio continuare a fare l’avvocato il che significa essere un uomo libero, una persona che non ha legami con questo e con quell’altro, con gruppi, con aziende, con l’industria ma anche e soprattutto nel campo penalistico”. Ritengo di aver fatto la scelta giusta, la scelta coerente che ho mantenuto per tutti gli anni fino ad ora e credo che ormai difficilmente continuerò a seguire anche se confesso sento sempre più la carenza, la mancanza dell’aula dove ci si confronta, dove ci si batte l’uno contro l’altro ma sempre e soprattutto nel rispetto reciproco che è di grandissima importanza. Il rispetto per il magistrato, il rispetto per i giudici, il rispetto per chi rappresenta la pubblica accusa e l’accusa privata ma anche per l’imputato, per la parte. E credo che il nostro compito principale debba essere quello di non immedesimarsi mai con la parte che si rappresenta: noi dobbiamo capirlo, dobbiamo studiare, dobbiamo tentare di afferrare qual è il nesso tra il comportamento di una persona e il crimine che eventualmente fosse stato commesso ed è da approntare (e qui sorge un problema puramente penalistico se volete ma evidentemente interessa anche gli altri colleghi) in quella sede la prova. È questo che caratterizza e deve caratterizzare il dibattimento, il confronto e quindi l’emanazione di un provvedimento sulla base di qualcosa che non è impressione che non è suggestione che non è come dire un rilassamento ma è una valutazione su quello che nel dibattimento si è trovato. Appunto la prova. Termino ringraziando il Consiglio dell’Ordine di Roma perché anno per anno ci convoca qui per confrontarci, per ricordare che siamo stati dei perni della giustizia a Roma e che abbiamo sempre tenuto presente quei principi che sono sanciti dalla Costituzione, che non dobbiamo mai dimenticare. 20 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Dalla tragedia di Milano rinvigorito lo spirito di colleganza degli Avvocati B Alberta Brambilla Pisoni Avvocato del Foro di Milano uongiorno, sono la mamma di Lorenzo Claris Appiani, il giovane avvocato che è stato ucciso nel Tribunale di Milano il 9 aprile ultimo scorso e sono un avvocato anche io. Voglio rendervi partecipi di alcune tra le tante mie riflessioni, due soltanto. Man mano che passano i giorni dalla morte di Lorenzo percepivo che in tutta Italia la quasi totalità degli avvocati stava vivendo l’evento con grande partecipazione come se ad ognuno di loro fosse venuto a mancare un amico, un compagno, un socio. Lorenzo è stato l’occasione per rinvigorire lo spirito di colleganza, il bisogno di sentirsi appartenenti ad un gruppo. Tutti hanno capito subito che quello che era successo a Lorenzo poteva succedere ad ognuno di loro, perché Lorenzo non era un eroe, non era un nome noto, Lorenzo era solo un Avvocato che svolgeva con serietà il suo lavoro di cui andava orgoglioso e fiero. Mi piacerebbe poter credere che lo spirito di colleganza manifestatosi così forte in quei giorni possa perdurare con la stessa forza nel tempo e che insieme si possa dimostrare al mondo intero quanta passione, serietà e rigore, c’è dentro al nostro lavoro. Un’altra riflessione ho fatto che forse è ancora più importante: con la loro morte il dottor Fernando Ciampi e Lorenzo hanno dato l’occasione a tutti gli operatori del diritto, magistrati, avvocati, cancellieri di sentirsi parte dello stesso cordoglio. La Sezione Imprese del Tribunale di Milano dove svolgeva il suo lavoro il dottor Ciampi ha mandato in Duomo una corona di fiori con un unico nastro con scritto “a Fernando e Lorenzo”. Nella sua semplicità, nella sua essenzialità, queste parole secondo me hanno fatto più di tanti e tanti discorsi, quelle due bare vicine di due persone, due persone normali, seri entrambi, un anziano giudice e un giovane avvocato, secondo me hanno veramente creato un grande ponte di comprensione e Foro Romano solidarietà. Io vorrei che ciò continuasse. Ho pensato che da quel giorno, da quel momento ogni avvocato, ogni giudice avrebbe avuto una maggiore reciproca comprensione e rispetto nella consapevolezza che la giustizia si fa insieme e nella consapevolezza che entrambi sono servitori del diritto ed entrambi, con tutto quello che ne può conseguire, ne subiscono le conseguenze e i rischi. Questi sono pochi pensieri ma io credo che siano pensieri importanti. In casa mia io ho sempre vissuto l’unione tra questi due mondi perché sono anche la mamma di un magistrato, di una giovane collega; in casa mia di diritto si è sempre discusso: quando i miei ragazzi litigavano, ognuno riteneva che la sua funzione fosse più importante ma nel momento del confronto e del bisogno si ricercavano, avevano bisogno entrambi di unire quello che poteva essere il ragionamento dell’avvocato e quello del giudice. Io penso che nella tragedia qualcosa di bello è successo, cioè è un segnale, un grosso segnale aldilà di tutte le parole, di tutto quello che si può scrivere quando su quel nastro c’era scritto “a Fernando e Lorenzo” credo che la commozione sia stata uguale sia per gli avvocati che per i magistrati. Ringrazio il Foro di Roma che non ha mai perso occasione di dimostrarci la sua vicinanza. Ringrazio il Presidente, Avvocato Mauro Vaglio, che ha permesso che Lorenzo venisse ricordato, sia con gli scritti sia con le parole, lo ringrazio per le belle parole che ha detto. Ugualmente ringrazio l’avvocato Stefano Radicioni, Segretario dell’O.U.A., che anche lui ha dimostrato di aver capito profondamente il significato di quest’evento e ringrazio anche della vostra capacità ed il vostro cuore di saper sfruttare quest’evento. Perché quest’evento va sfruttato. Dal male deve nascere qualcosa che possa essere positivo. 21 Le Voci dell’Avvocatura Io. Avvocato Giuseppe Carro Avvocato del Foro di Roma, Primo Segretario della XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati Il discorso tenuto dall’Avv. Giuseppe Carro merita di essere pubblicato e letto attentamente. In una sintesi ammirevole, Egli ha descritto i sentimenti e le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere questa professione e le difficoltà che ha dovuto superare prima di raggiungere il traguardo. Nel sentirlo, ciascuno dei presenti ha rivissuto la propria esperienza professionale e avvertito il peso della responsabilità e dell’ansia connessa a ogni incarico professionale. Tutti hanno apprezzato il tono e lo spirito con i quali, il giovane ma già valoroso collega, ha saputo dar vita a sensazioni forse sopite, ma sempre vive nell’anima di ciascun Avvocato. Q Avv. Alessandro Cassiani uando ho saputo che dovevo tenere un discorso davanti a una platea così importante e prestigiosa, in un’aula quasi sacra, non vi nascondo che un brivido ha percorso la mia schiena… mi sono subito chiesto “ce la farò?”, “sarò in grado di sostenere questo onere e onore?”. Poi, passato il primo attimo di smarrimento, ho ripensato a tutti i sacrifici che ho sostenuto, a tutte le fatiche che giorno dopo giorno ho dovuto affrontare per arrivare dove sono oggi, e mi sono risposto semplicemente “Io sono avvocato. Ce la farò”. Ed è di questo che oggi vorrei parlare – con i semplici occhi di un giovane – dell’orgoglio di essere avvocati, dell’onore di esserlo e del prestigio che solo questa professione può darci. Mi ricordo che, sin da bambino, per me era un sogno diventare avvocato, a differenza degli altri compagni di scuola io non volevo fare il calciatore, io volevo fare l’avvocato (diciamo che anche la mia conformazione faceva protendere per una professione “meno fisica”, anche se in questi anni sto scoprendo che pure la tenuta del corpo ha un ruolo centrale per la professione, soprattutto quando lavori tutti i giorni). Anche a casa la notizia fu accolta con favore, dato che mio padre mi ripeteva che per quanto parlavo dovevo per forza fare l’avvocato… E così ho intrapreso questo lunghissimo percorso, ricco di insidie e di difficoltà, di paure e dubbi, compagni di viaggio inseparabili di speranza e forza di volontà. Così un bel giorno, dopo che mi hanno messo una corona di alloro in testa e mi hanno proclamato dottore in giurisprudenza, ecco che mi sono posto la fatidica domanda: “ma per fare l’avvocato?”, quasi chiedessi l’indicazione di una via nel mezzo di un incrocio. Quello è stato il momento più duro, perché, a chiunque chiedessi, le risposte erano sempre le stesse “chi te lo fa fare… gli avvocati sono troppi… prima che diventi avvocato ti passa la voglia… etc. etc.”. Ma l’affermazione che più di tutte mi turbava era “se non sei figlio di avvocati non vai da nessuna parte…”: terribile sentirselo dire per chi non lo è davvero. Eppure io volevo fare l’avvocato. Così non mi sono perso d’animo (come avrebbe fatto di sicuro un avvocato!) e ho continuato il mio percorso, sempre con lo stesso entusiasmo e ardore, perché questo volevo e questo avrei ottenuto. Rimboccate le maniche della camicia, imparato a fare il nodo della cravatta (per la felicità di mio padre e del mio Dominus) è cominciata la dura pratica forense, dura, però, nel senso ristretto del termine, perché in fin dei conti stavo cominciando a realizzare ciò che avevo sempre desiderato. Non vi racconto la felicità di quando ho saputo che avevo superato il fatidico esame di abilitazione, perché tutti i presenti in platea sanno bene cosa si prova. E la cosa buffa? Di nuovo – questa volta tanti futuri colleghi – a dirmi “chi te lo fa fare… siamo in tanti… non c’è lavoro… 22 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Bisogna sentirsi fieri di questa professione, entusiasti di poterla esercitare, coraggiosi di affrontare tutte le sfide che ci attendono, in particolar modo a noi giovani. A tal proposito, il mio pensiero è oggi rivolto a Lorenzo Alberto Claris Appiani, che nel pieno della realizzazione del suo sogno è divenuto martire della professione. Ringrazio il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma che mi ha accolto nella sua famiglia e che ha dato la possibilità a un giovane avvocato come me di pronunciare questo discorso davanti a una prestigiosa platea come quella di oggi. Ed è a questi colleghi più grandi ed esperti di me e alle istituzioni che rivolgo il mio ultimo pensiero. Ho fatto ingresso da poco tempo nella professione forense, e come il maggiorenne che una volta compiuti diciott’anni deve necessariamente assumersi le sue responsabilità e tutti i rischi del caso, potendo contare sempre su una famiglia alle spalle che nei momenti più difficili ti sostiene e incoraggia, allo stesso modo, spero e mi auguro, che questa nuova famiglia forense, una volta che mi ha accolto, possa continuare a incitare e sostenere me e tutti i giovani che si affacciano in questo magnifico mondo. Io, dal mio canto, posso promettere che ogni giorno mi impegnerò ad onorare questa professione, orgoglioso e fiero di poter dire: “Io sono Avvocato”. Grazie a tutti. pochi guadagni… molte spese…” e via dicendo. Tante fatiche per sentirsi dire di nuovo le stesse cose. Ecco, vedete, le difficoltà sono davanti agli occhi di tutti, ma tutti noi, e soprattutto noi giovani avvocati, dobbiamo continuare con tutte le nostre forze a lavorare e ad amare questa professione, perché le soddisfazioni e le conquiste che si ottengono con questa attività nessun altro lavoro le potrà mai avvicinare. Come si potrebbe descrivere la sensazione di quando il proprio assistito ti guarda dritto negli occhi stringendo la sua mano sul tuo avambraccio, sì proprio lì, tra gomito e mano, perché proprio in quel punto si prende una persona quando si ha realmente bisogno, e pronuncia le parole “avvocato mi aiuti”. Già solo questo sarebbe sufficiente a rappresentare l’importanza e il rilievo che il difensore ha nella vita di tutti giorni, perché noi rivestiamo un ruolo insostituibile per l’intera collettività, arsi dalla passione della toga. Mi sia permesso, a tal riguardo, prendere umilmente in prestito le parole che ha utilizzato il grande professore e avvocato Franco Coppi, quando per la commemorazione di un altro immenso avvocato quale è stato Luciano Revel così ha definito la toga: “questa corazza che ci protegge e ci esalta, questo cilicio che ci vincola all’osservanza del più sacro dei doveri: la difesa di chi ha bisogno di noi, specialmente quando chi chiede questo aiuto è un debole che la prepotenza del più forte sta per travolgere”. Foro Romano 23 Le Voci dell’Avvocatura Riflettere sul rilievo sociale della professione forense A Donatella Cerè Avvocato del Foro di Roma, Consigliere C.N.F. utorità, signori magistrati, signori avvocati, amici consiglieri, presidente Vaglio, cari familiari di chi oggi è premiato permettetemi di porgervi il saluto di tutto il Consiglio Nazionale Forense alla quale mi onoro di appartenere e in particolar modo quello del suo Presidente, Avvocato Andrea Mascherin, che in questo giorno di festa così importante che vede riconosciuti e premiati avvocati e magistrati che hanno raggiunto 50, 60 e 70 anni di carriera mi ha chiesto di porgervi il proprio affettuoso augurio. Questa cerimonia, così solenne ed emozionante, invita anche se pur brevemente a riflettere ancora una volta sul rilievo sociale della professione forense e in particolare sulla centralità del ruolo costituzionale dell’avvocatura. Tale esigenza è particolarmente viva nell’attuale frangente storico in cui la pesante crisi economica e finanziaria chiama la società tutta, e in particolare gli operatori del diritto, ad adoperarsi per far riprendere il cammino della crescita e dello sviluppo del nostro Paese assicurando al contempo giustizia, equità e piena tutela dei diritti. Non posso che riprendere con apprezzamento a questo proposito le posizioni espresse più volte negli ultimi mesi dal Consiglio Nazionale Forense e dall’avvocatura tutta, tesa a ribadire la piena disponibilità degli avvocati italiani alla collaborazione con gli attori istituzionali nel tentativo di dar vita agli interventi e a tutte le riforme necessarie per garantire quella ripresa economica nei settori che più direttamente investono l’esercizio della professione forense. Di tali sforzi vi è traccia nelle frequenti riflessioni e proposizioni promosse dal C.N.F. e del significativo sforzo di analisi delle recenti innovazioni normative introdotte dalle manovre degli ultimi mesi. Allo stesso tempo non si può dimenticare che proprio recentemente l’avvocatura, al pari di tutte le altre professioni regolamentate, è interessata da significativi tentativi di riforma che pur suscitando (ne sono consapevole) preoccupazione e perplessità nella classe forense, hanno e debbono mantenere ben saldo l’obiettivo di favorire un profondo efficace miglioramento delle con- dizioni dell’esercizio della professione nel rispetto dei principi costituzionali del diritto dell’Unione Europea ma anche e soprattutto della irrinunciabile autonomia dell’avvocatura medesima. La garanzia dell’indipendenza dell’avvocato, infatti, appare un requisito irrinunciabile di ogni tentativo di riforma che voglia tenere assieme efficienza concorrenza e soprattutto salvaguardia e valorizzazione della funzione dell’avvocato quale soggetto centrale nel sistema di tutela dei diritti dei singoli. Coscienza del ruolo quindi costituzionale dell’avvocatura e miglioramento del sistema di amministrazione della giustizia non possono pertanto prescindere da una riforma delle professioni che sia rispettosa della sua autonomia e della sua vocazione di presidio della tutela di tutti i diritti. Ma oggi si parla della tradizionale sensibilità dell’avvocato e questa cerimonia ne è la prova tangibile, la tradizionale sensibilità dell’avvocato, verso tutte quelle che sono le istanze di protezione dei diritti, ha da sempre determinato una particolare propensione della classe forense verso l’impegno civile e politico. Da Cicerone in poi la gestione della cosa pubblica ha attinto tra gli avvocati alcune delle proprie risorse più preziose e fruttifere. Si pensi solo per fare un esempio all’apporto degli avvocati in assemblea costituente con nomi del calibro quale De Nicola, Orlando, Calamandrei, Leone e molti altri. Ma anche più di recente peraltro nell’area del Mediterraneo la classe forense si è saputa distinguere come fattore di impulso e sensibilizzazione in processi talora faticosi di transizione da regimi totalitari a regimi democratici. Allo stesso tempo, laddove la cappa dell’oppressione sembra ancora dura da sollevare, l’azione degli avvocati si distingue come sicuro faro di orientamento della parte più avanzata della coscienza pubblica e il mio pensiero commosso ed emozionato va proprio in questo momento ai quattro colleghi tunisini Nobel per la Pace che con la loro azione hanno creato veramente un momento di grande serenità, pace e condivisione. 24 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura L’Aula di questa Corte d’Assise… A Luigi Favino Avvocato del Foro di Roma quindici anni, ancora non sapevo se da grande avrei fatto l’avvocato, malgrado le letture notturne di mezza biblioteca di mio padre e l’apprendimento quotidiano nel suo Studio, dove assistevo a discussioni con colleghi e clienti paterni. Francamente pensavo anche a qualcosa di artistico, tra l’architettura e l’archeologia. Decisiva fu, però, in quel periodo degli anni Cinquanta, l’aver assistito ad un processo al Palazzaccio in cui mio padre difendeva una giovane, vittima di una violenza da parte di un attempato signore di campagna. Il processo era indiziario e alla difesa dell’uomo sedeva Bruno Cassinelli. Mi ricordo ancora che era l’aula della VI Penale (presieduta da Leonida Albano) quella dove oggi è l’ufficio postale. Dimostrando qualche anno di più, fu facile per papà farmi rimanere a sentire il dibattimento che si svolgeva a porte chiuse e con una ferrea disciplina da parte del Presidente. Mi ricordo lo scarno dibattito con domande che venivano sintetizzate, “purgate” o comunque vietate da chi dirigeva il dibattimento, secondo il vecchio codice di rito, ogni tanto ravvivato dai fulminei interventi di Cassinelli, che con la toga svolazzante saliva e scendeva la pedana per controllare il processo verbale del cancelliere. Mi ricordo della sua chioma argentea e di un grande fazzoletto bianco che pareva muoversi insieme alla toga nel taschino della giacca; dell’autista che ogni tanto gli raccoglieva i libri che cadevano dal tavolo, ma soprattutto della sua voce stentore con toni e semitoni che sembrava passare da quella di tenore a quella di baritono, con una facilità impressionante e dal sorriso sgargiante che attirava soltanto simpatia. Pur non avendolo mai visto, di Cassinelli avevo già letto quel capolavoro che è “La storia della pazzia” che fu per me una vera scoperta. Fui folgorato da questo “spettacolo” inaspettato non meno, altra parte che dall’atteggiamento guardingo, (come quello di un pugile) che mio padre Alfonso (gioForo Romano cando di rimessa) riusciva a segnare punti con domande logiche, stringenti fino all’estremo, citando pagine, e cogliendo l’imputato in più contraddizioni. Per non parlare poi delle arringhe dei difensori: sembravano qualcosa di “melodioso”, per me che non avevo mai sentito dei duelli oratorii: sfioravano la poesia, precipitavano nel dramma con movimenti del “visus” da consumati attori, che nelle pause studiavano il tono giusto con l’argomento “clou” consequenziale a quello trattato in precedenza. Ne uscii frastornato alle dieci di sera, ma non tanto da non notare la stretta di mano calorosa tra mio padre e Castinelli, la fuga delle parti verso angoli bui dei corridoi per parlare e commentare la condanna che era stata pronunciata poco prima. Ricordo anche i miei cento perché sull’avvenimento rivolti al genitore, per qualche giorno. Ma ormai la decisione l’avevo presa, “Farò il penalista”, mi dicevo e subito iniziai il vero tirocinio con papà tutti i pomeriggi che il Liceo mi consentiva, per parlare, ascoltare, ed apprendere i segreti di questa nobile professione. Il Palazzaccio, però, mi aveva stregato a tal punto che anche nei giorni in cui avevo meno da studiare, riuscivo ad andarvi per assistere ai processi di altri grandi avvocati. Di solito, questo avveniva per le discussioni che si presentavano complesse, tipiche dei procedimenti cumulativi, dove si rinviava la discussione e la seduta al pomeriggio. Così ebbi a conoscere Giuseppe Sotgiu, Remo Pannain, Titta Madia e il figlio Nicola e perfino Francesco Carnelutti, Giacomo Primo Augenti, Giuseppe Sabatini e Alfredo De Marsico che in casi eccezionali, preferivano discutere di sera. In tal modo acquisivo pratica variata e dottrina all’avanguardia. Nel tempo universitario cominciato subito dopo, trovai il modo, grazie alle conoscenze di giornalisti che presenziavano alle udienze, per sapere gli esiti delle sentenze, ebbi modo di iniziare la pratica giornalistica al “Momento Sera” che usciva allora in tre edizioni giornaliere. Fui fortunato ad entrarvi come collaboratore 25 Le Voci dell’Avvocatura perché in quel periodo il giornale era in competizione con il “Paese Sera” ed aveva necessità di rafforzare la cronaca giudiziaria, che specie per l’ultima edizione serale, aveva molti lettori. Furono anni indimenticabili che mi permisero di divenire giornalista pubblicista e non mi impedirono di laurearmi in tempo, malgrado lavorassi intensamente tutta la mattina e facessi tardi la sera. La cronaca dei processi, specie quelle importanti richiedeva di dettare il “pezzo in diretta” agli stenografi del giornale; così dovetti fare per il processo a carico di Fenaroli (accusato dell’omicidio della moglie) che si svolse proprio in questa aula di Corte di Assise per molti mesi. In questa stessa aula mi trovai con mio padre a difendere imputati detenuti di rapine ed omicidi, colpevoli e innocenti, persone emarginate senza diritti a cui davamo voce con l’aiuto del Signore. Ma fu nel 1968 che capitò il processo che mi costrinse a starvi giorno e notte, quasi per due anni: il processo per il gravissimo fatto di sangue dell’omicidio dei due fratelli Menegazzo, avvenuto nel 1967 a Roma in Via Gatteschi. Assieme al collega più anziano Rinaldo Taddei, ero alla difesa del cosiddetto “miope”, Franco Torreggiani, che perse gli occhiali sul luogo della rapina andata a male per l’intervento folle del bandito Cimino che cominciò a sparare. Accadde che dopo che erano stati sentiti quasi tutti i testi e gli imputati, il processo fu annullato per la morte di un giudice popolare. Fu allora che venne introdotto con legge l’obbligo della presenza di giudici supplenti nella Corte d’Assise. Ripreso il processo che durò altri sei mesi, si giunse alla sentenza che irrogando un ergastolo e pene varie, concesse le attenuanti generiche al miope salvandolo dal carcere a vita. Oltre la sua confessione, decisivo fu anche il perdono che questi chiese alla madre dei due fratelli in una udienza drammatica sotto la guida del Presidente Orlando Falco. Mi ricordo ancora la folla che assediava il Palazzaccio dal mattino e che andò via oltre la mezzanotte per ascoltare il dispositivo della sentenza. Altro non è bene ricordare per ragioni di spazio, tuttavia a pensare che l’evento dei 50 anni di professione troverà la sua celebrazione nella stessa aula della Corte d’Assise di un tempo, mi riempie di commozione ma anche di gioia. Per la commozione dedico la medaglia alla memoria di mio padre Alfonso, non solo perché siamo stati per anni insieme in quest’aula a difendere buoni, cattivi e soprattutto dando voce a chi non l’aveva; ma anche perché Alfonso Favino non poté raggiungere lo stesso mio traguardo per essere morto dopo aver discusso una causa in un’aula del Tribunale di Piazzale Clodio il 24 settembre del 1982 dopo aver discusso un difficile processo. Non fu possibile infatti soccorrerlo in tempo e concretamente per la mancanza di un defibrillatore nel Tribunale. La presenza oggi con me di mio fratello Giulio, bravissimo avvocato civilista, è la ragione anche della gioia per l’evento, dopo una vita di lavoro assieme nello stesso studio paterno. 26 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Cinquant’anni non sono pochi! C Albino Greco Avvocato del Foro di Roma l’Avvocato svolge non tanto e non solo nel “sistema giudiziario”, ma anche e non poco nella società civile. C’è di più: la “nostra” professione comporta abnegazione, sacrifici, rinunce, impegni di studio e di aggiornamento – tenuto conto del rapido mutamento dei tempi, della profonda innovazione tecnologica, del magico “sistema” di informatizzazione e della straordinaria innovazione del “digitale” – e comporta anche la consapevolezza dei doveri deontologici e morali, non rispettando i quali l’Avvocato non può espletare l’essenziale funzione che, nel sistema giuridico-costituzionale, gli è demandata. E non è poco! Auguro di cuore che – superato il momento difficile che attraversa (e non per sua colpa!) – l’Avvocatura possa e sappia riscoprire e ritrovare autorevolezza, credibilità e dignità: valori che la caratterizzano e la esaltano. inquant’anni non sono pochi! Se potessi tornare indietro e se dovessi scegliere il mio futuro professionale, sceglierei – senza esitazione alcuna – la “nostra” professione forense: la più bella, la più stimolante e la più libera tra le libere professioni. Con assoluta consapevolezza e con serenità d’animo, posso affermare che ho svolto – e svolgo – l’attività professionale non solo con impegno, passione e correttezza, ma anche con rispetto verso i Colleghi, verso i Magistrati e verso i Clienti. Mi sia consentito aggiungere: ho indossato – ed indosso – la “toga” con onore, orgoglio, dignità ed anche con umiltà. Non solo: ho considerato – e considero – la professione forense non già come un “mestiere”, ma come una “missione”, che – non va dimenticato! – implica la “consapevolezza” della particolare importanza del ruolo, che Foro Romano 27 Le Voci dell’Avvocatura Fieri e coraggiosi di essere avvocati R Stefano Radicioni Avvocato del Foro di Roma - Segretario dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura - O.U.A. Siate dunque coraggiosi nell’essere avvocati e magistrati: come lo è stato Lorenzo Appiani nel giorno in cui si è recato a testimoniare in tribunale, chiamato dalla difesa dell’uomo che di lì a poco sarebbe divenuto la persona che avrebbe posto fine alla sua vita. Ci saranno sicuramente dei momenti in cui sarà per voi difficile essere avvocati; ma non dimenticate mai le parole solenni del giuramento che avete prestato, perché sarà nei momenti di maggiore difficoltà che dovrete ricordare quelle parole. Sono state proprio quelle parole e quel giuramento ad aver aiutato tanti colleghi avvocati, che vedete oggi qui tra noi, nei momenti più difficili della loro carriera: momenti duri che avranno avuto anche i magistrati, nel loro giornaliero dedicarsi all’amministrazione della giustizia, uno dei compiti più importanti per uno Stato. ingrazio per l’invito il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avvocato Mauro Vaglio. Saluto le autorità presenti a nome dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura; saluto quindi gli avvocati che oggi ricevono il premio per i cinquanta, i sessanta ed i settant’anni di professione nonché i magistrati collocati a riposo nel 2014. È sempre una forte emozione partecipare ad eventi come questo: mentre ascoltavo l’intervento della collega Donatella Ceré, ho scorto le espressioni sui volti dei magistrati presenti e ho pensato a quanti giorni della loro vita essi abbiano dedicato all’amministrazione della giustizia, insieme agli avvocati. Quindi invito i colleghi più giovani ad essere sempre fieri e coraggiosi nell’indossare quella toga: la dovete indossare con orgoglio fin dal primo giorno e per tutta la durata della vostra carriera. 28 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Conosciamo i Segretari della XXXVIII Conferenza S Giuseppe Carro ono Giuseppe Carro, nato a Torino il 17 maggio 1987. Ho frequentato le scuole dell’infanzia, fino alla terza media, nella mia città natale, e poi all’età di 14 anni mi sono trasferito con tutta la mia famiglia, per questioni lavorative dei miei genitori, a Roma. Qui, posso dire, ho compiuto la prima scelta decisiva in vista del sogno di diventare avvocato, cioè iscrivermi al liceo classico, e precisamente all’istituto “G. De Sanctis”. Dopo avere ottenuto il diploma, con grandissimo entusiasmo mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma. Non ho mai avuto il minimo dubbio su quale percorso intraprendere, perché già durante l’infanzia era maturata pienamente la ferma volontà di diventare avvocato, per cui la scelta è avvenuta con il “cuore”. Non sono nato in una famiglia di avvocati, né tantomeno di magistrati o di notai, nessun parente o amico, nemmeno lontano, ha mai svolto una professione in ambito giudiziario, e questo, più di tutti, ha significato per me un forte stimolo per cercare di raggiungere, con le sole proprie forze, l’agognato traguardo. Il percorso universitario è stato un ricco connubio di asperità e soddisfazioni che mi ha portato a conseguire la laurea all’età di 24 anni, discutendo la tesi in diritto bancario dal titolo “L’Arbitro Bancario Finanziario”, avendo come relatore il Prof. Ferro Luzzi. Nemmeno qualche giorno dopo e già mi sono recato presso uno studio legale per cominciare finalmente a svolgere la pratica forense. Nel frattempo ho frequentato anche la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università La Sapienza, ottenendo nel maggio del 2013 il relativo diploma. Il primo approccio lavorativo non è stato dei più entusiasmanti, sebbene l’ambiente di studio sia stato molto accogliente, perché, in sostanza, mi occupavo di ambiti del diritto a me poco graditi. Il mio sogno, ispirato da vecchi romanzi e famosi film, era quello di diventare un avvocato penalista, di vedere all’opera questi maestri della parola e dell’arte retorica, di veder agitare la mitica toga in un’impetuosa arringa. Foro Romano Sono sempre stato affascinato dalla figura dell’avvocato penalista, del suo ruolo di difesa del cittadino, che nel momento di massima angoscia trova nel suo difensore, allo stesso tempo, spada e scudo davanti a coloro che lo giudicheranno. Per questa ragione, non perdendomi mai d’animo, mi sono messo alla ricerca di uno studio che si occupasse solo di diritto penale. Anche in questa occasione la mia forza di volontà, unita alla mia incrollabile decisione, mi ha portato a varcare le porte dello studio dell’Avv. Massimiliano Parla, che per tutto il mio percorso di praticante avvocato è stato non solo mentore, ma Maestro. Durante questo periodo ho svolto anche un tirocinio formativo presso la Procura della Repubblica di Roma nell’ambito del percorso curriculare della Scuola di Specializzazione, e inoltre, ho frequentato e concluso il Corso di formazione tecnica e deontologica dell’avvocato penalista presso la Camera Penale di Roma. Nel giugno 2014 ho superato, al primo tentativo, l’esame scritto per l’abilitazione alla professione di avvocato e nel novembre dello stesso anno ho superato anche la prova orale. Nel gennaio del 2015 con grande gioia e orgoglio sono entrato a far parte della Avvocatura, prestando l’impegno solenne innanzi il prestigioso Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Attualmente continuo a lavorare nello studio dell’Avv. Massimiliano Parla, oggi divenuto MM&Partners, occupandomi sempre di diritto penale, in particolare di penale d’impresa e di responsabilità penale del medico. Dal giugno 2015 sono membro del Progetto Giovani Avvocati, istituito presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. La mia aspirazione non può essere che quella di continuare ad imparare e a migliorare nell’ambito della professione, prendendo esempio dai migliori avvocati, non solo per le loro qualità professionali ma anche umane, perché nessuna professione più di questa deve saper coniugare la capacità all’umanità. 29 Le Voci dell’Avvocatura E Emilio Galdieri milio Galdieri nasce a Roma il 26 settembre 1987, figlio di Maurizio e di Teresa Corridoni. Nel 2006 consegue il diploma di maturità classica presso il prestigioso Collegio San Giuseppe – Istituto De Merode, dopo aver trascorso il quarto anno del liceo negli Stati Uniti d’America tramite AFSIntercultura Onlus, studiando presso la Shaker Heights High School, ospite di una famiglia statunitense. Concluse le scuole superiori, si iscrive all’Università LUISS Guido Carli di Roma, conseguendo il 13 luglio 2011 la Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza con 110 e lode, discutendo una tesi in Diritto Tributario dell’Impresa dal titolo “Profili societari e tributari dei conferimenti di prestazioni d’opera o di servizi nelle s.r.l.”, avendo quale relatrice la Prof.ssa Avv. Livia Salvini. Durante gli studi universitari partecipa all’edizione 2009 (svoltasi presso l’Università di Barcellona) della EUCOTAX Wintercourse, progetto di cooperazione nell’attività di ricerca di diritto tributario a cui partecipano rinomate Università europee e americane, contribuendo con uno studio sulle “General anti-avoidance rules and doctrines” condotto con il Prof. Avv. Giuseppe Melis. Nel corso degli anni matura significativa esperienza presso primari studi legali, fornendo assistenza a importanti operatori economici nazionali e internazionali nello svolgimento della loro attività d’impresa, occupandosi in un primo momento dei relativi profili tributari per poi passare a curare quelli attinenti al diritto commerciale. In particolare, dal 2011 al 2013 svolge la pratica forense presso l’ufficio romano dello studio legale Cleary Gottlieb Steen & Hamilton, sotto l’attenta guida del suo dominus, l’Avv. Carlo Ferdinando Emanuele, e lavorando assiduamente con il team di tributaristi guidato dall’Avv. Vania Petrella. Successivamente, inizia una proficua collaborazione – che dura ancora oggi – con lo studio legale Bussoletti Nuzzo & Associati, dove ha modo di dedicarsi completamente all’approfondimento del diritto commerciale, avendo quali Maestri il Prof. Avv. Mario Bussoletti e il Prof. Avv. Raffaele Torino e venendo spesso coinvolto in complesse operazioni straordinarie con profili transfrontalieri. Dall’11 dicembre 2014 è iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma. Nel 2015 vede finalmente la luce il suo primo contributo in materia di diritto societario dal titolo “Fusioni, scissioni e trasformazioni transfrontaliere”, pubblicato nel “Trattato società di persone” diretto da F. Preite ed edito dalla UTET Giuridica. Il motivo per il quale ha scelto la professione forense? “Una volta, da piccolo, ebbi modo di assistere alla trasposizione cinematografica del 1962 del romanzo ‘Il buio oltre la siepe’ di Harper Lee. Rimasi molto colpito in particolare dal personaggio di Atticus Finch, così come interpretato magistralmente da Gregory Peck: un avvocato paladino dell’uguaglianza e della giustizia che si batte per difendere un imputato ingiustamente accusato a causa della difficoltà della gente ad aprirsi agli altri e a giudicare il prossimo senza cadere in facili pregiudizi. Pensai che da grande mi sarebbe piaciuto potergli assomigliare almeno un po’ e così, piano piano, ho percorso il lungo cammino per diventare avvocato”. Quali sono le Sue aspirazioni? “Maturare sempre di più sia come persona che come professionista, difendendo i diritti e le libertà dei nostri consociati e fornendo il mio personale contributo per un migliore funzionamento della giustizia, con un costante dialogo e una proficua collaborazione con i vari soggetti che in essa vi operano quotidianamente, in primis avvocati e magistrati”. Ha qualche passione particolare al di fuori della professione forense? “Amo molto il cinema e il modo in cui attraverso tale forma d’arte si possano trasmettere messaggi importanti, unendo immagini e suoni. Recentemente, ho avuto la grande opportunità di realizzare un cortometraggio scritto e diretto da me. È stata una grande emozione e spero davvero che una simile occasione si ripresenti anche in futuro”. 30 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura M Marco Noceta Forense “Vittorio Emanuele Orlando” presso l’Ordine Avvocati di Roma. Partecipa al seminario promosso dall’associazione “Agire e Informare” dal titolo: “La negoziazione assistita nel risarcimento del danno: profili operativi e decadenze”. arco Noceta nasce a Roma il 21 agosto del 1988. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico Statale “Stanislao Cannizzaro”, si iscrive all’Università degli Studi di “Roma Tre”, corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, conseguendo la laurea il 22 Marzo 2013 con una tesi in Diritto del Lavoro dal titolo “La riforma delle pensioni”, Relatore il Prof. Giampiero Proia. Comincia l’attività di praticantato il 15 aprile dello stesso anno presso lo studio dell’avvocato Marianna Antenucci, operando nel settore Civile: recupero crediti (procedimento monitorio e processo di esecuzione), ricorsi in materia previdenziale, risarcimento danni, procedimenti per sfratto. Da marzo a novembre del 2014 frequenta la Scuola Foro Romano Quale il motivo che l’ha portata a scegliere la professione forense e quali le prospettive future? “L’influenza di mio padre, avvocato, di sicuro è stata rilevante riguardo la scelta del mio percorso professionale. Relativamente alle mie prospettive future, il mio obiettivo è diventare titolare di uno studio legale, specializzato in diritto civile, anche su questioni di interesse transnazionale”. 31 Le Voci dell’Avvocatura N Guido Befani Quali motivi l’hanno spinta a diventare avvocato? “Non avendo esperienze dirette in famiglia, ho voluto sperimentare sul campo pratico del ‘diritto vivente’ tutte le difficoltà e le problematiche puramente teoriche affrontate durante gli studi per poter mettere al servizio della collettività quel bagaglio di conoscenze ed esperienze che avevo via via maturato durante gli anni di preparazione universitaria. In parallelo all’attività accademica, pertanto, nell’aprile del 2012, ho deciso di iscrivermi nel registro dei praticanti avvocati del Foro di Roma, dove sotto l’attenta e saggia supervisione del mio Dominus, l’avvocato Giovanni Valeri, e anche grazie a tutti i suoi straordinari collaboratori, ho avuto la grandissima opportunità di vedere in prima persona l’imprescindibile funzione sociale del ruolo dell’Avvocato, quale professionista libero, altamente qualificato e prestatore di un’opera intellettuale da sempre posta a garanzia dei fondamentali diritti di libertà”. ato a Roma il 3 Giugno 1988, Guido Befani consegue la Maturità presso il Liceo Scientifico Statale “Democrito” di Roma con la votazione di 100/100. Il 15 Marzo 2012 consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “Roma Tre” discutendo una tesi di laurea in Diritto Amministrativo dal titolo “I Fondi Sovrani”, Relatore il Prof. Giampaolo Rossi, votazione: 110 su 110. Nell’Aprile dello stesso anno vince il concorso per l’accesso al Corso di Dottorato in Impresa, Stato e Mercato bandito dal Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche dell’Università della Calabria, dove ha svolto un progetto di ricerca in Diritto Amministrativo e Diritto Pubblico dell’Economia sulla regolamentazione delle maggiori problematiche concernenti il finanziamento del settore energetico italiano ed europeo. Titolo della tesi di dottorato: “L’interesse energetico tra logiche di mercato e nuove forme di intervento pubblico” che sarà discussa nella sessione calendarizzata per il mese di Gennaio 2016. Ha avuto diverse esperienze di studio all’estero, nel 2010 ha frequentato una Summer School in Competition Law and Policy: Controlling Private Power presso la London School of Economics and Political Science; per il semestre Maggio-Ottobre 2014 è stato PhD Visiting Scholar presso il Departamento de Derecho Administrativo y Procesal dell’Università di Valencia nonché PhD Invited Scholar presso il Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law di Heidelberg nei mesi di SettembreOttobre 2015. Cosa si aspetta dal futuro? “Sono Avvocato dal 23 Ottobre del 2014 ed in questo primo anno di attività professionale ho imparato a non dare mai niente per scontato e a dover sempre cercare di dare il massimo per poter essere all’altezza del titolo acquisito. Per il futuro ho scelto di mettermi in proprio e confido che l’esperienza che sarò chiamato a maturare in seno alla Conferenza dei Giovani Avvocati possa contribuire alla mia crescita personale e professionale e che mi permetta di esprimere al meglio tutte le mie potenzialità per contribuire a dare lustro a questa categoria dal secolare e indiscusso prestigio, cercando sempre di seguire l’esempio dei grandi Maestri del passato e del presente”. 32 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura G Giorgia Ippoliti iorgia Ippoliti nasce a Roma il 20 marzo 1989. Il papà, Enzo, lavora in una società che commercializza componenti elettronici mentre la mamma, Rossella Santoro, è commerciante; ha un fratello più piccolo, Federico. Dopo aver studiato al liceo magistrale indirizzo Psico socio pedagogico presso l’Istituto “San Paolo”, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Roma Tor Vergata, dove si laurea il 12 dicembre 2013 con una tesi in Diritto Romano dal titolo “La societas Romana tra consensus e consortium” con il Prof. Riccardo Cardilli. Ha svolto il praticantato nello studio dell’avvocato Marcella Foro Romano Attisano di Roma, con cui continua a collaborare. Il motivo per il quale ha scelto la professione forense? “Perché ho sempre pensato che fosse una delle professioni di maggior levatura morale. Ritengo che il poter garantire ad ogni individuo il diritto alla difesa, sia il massimo dell’aspirazione”. Cosa si aspetta dal futuro? “Di divenire un buon avvocato e di esercitare nel settore del diritto di famiglia operando a contatto con i soggetti minori, che considero maggiormente esposti a rischi”. 33 Le Voci dell’Avvocatura I percorsi dell’anima Parte IV Aldo Minghelli Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma SOMMARIO: ...Segue – 11. Il dono del cervo – 12. Il Santo degli architetti e delle donne sterili, il più antico abitante della Spagna e un insipido risotto –13. Amata Burgos dai ruscelli di sidro – 14. Il nulla, nel grano – Segue... 11. Il dono del cervo (29.07.09) distanza prevista. È piacevole parlare con Alfredo e Michela, sono due persone colte e gli argomenti non mancano mai. Forse, alcune volte, manca da parte mia un po’ di silenzio. È un vizio che ho. Quando ci fermiamo a prendere un caffè, ascoltiamo dalla televisione spagnola la notizia della bomba di Burgos, la grande città nella quale stiamo per arrivare. Sembra sia stato un attentato dell’E.T.A., ci sono dei morti che il terrorismo basco, negli ultimi anni, non aveva mai fatto. È un avvenimento che segna un inatteso e violento acuirsi della lotta dell’indipendentismo basco. Nei bar le televisioni mostrano le immagini di un palazzo sventrato. Solo gli infiniti ed assolati campi di grano che attraversiamo, riescono a rimuovere ogni preoccupazione e turbamento. Conosciamo un francese di nome Eric. Passa. Sorride. Inizia a chiacchierare in spagnolo e viene accolto. È un parigino che vive però a Madrid, dove insegna Francese. È simpatico. Con lui entriamo nella grande e storica provincia spagnola di Castiglia e Leon. Mentre attraversiamo una lunga distesa gialla, percorrendo uno sterrato, Eric ad un certo punto esclama: “un Bambi!”. Riverso sul lato ed, evidentemente, senza vita, per via del rigor mortis, giace un piccolo cerbiatto. Non ci sono tracce dei predatori, almeno sul lato che vediamo. Bella colazione e partenza tranquilla all’interno dell’alberge. Il cesto delle offerte si riempie. I Pellegrini che stanno per arrivare troveranno una ricca cena. Se dieci volte ho mutato carne è per incontrare un’altra terra. È dentro al tuo immenso amore che mi è dato ora il privilegio del sangue. Ogni respiro ti rendo in voce, se tu mi sostieni, anche nel canto. Sai già qual’è la fine di ogni nota, dove sospira l’ultimo suono. Alfredo e Michela hanno tempi più ristretti dei miei e li faccio aspettare. Così, mentre sto per uscire, vedo arrivare una delle ragazze siciliane, mia compagna di canto in quel di Najera. Porta brutte notizie sulla tappa notturna. Il gruppo si è perso dopo qualche chilometro nel nulla ed hanno dovuto attendere la luce del giorno per ritrovare la strada. In tutta la notte hanno percorso solo la strada fino a Grañon. Unica nota positiva è che l’attrice siciliana sembra aver concupito il ragazzo francese che le piaceva e al quale, tutta sorridente, si accompagna. Invio un messaggio ad Olmina per salutarla e rinfrancarla ma ricevo una risposta che mi fa molto arrabbiare. E giù subito a martoriarmi il dito. Uscendo dal paesino di montagna gustiamo l’aria e le bellezze naturali e artistiche che lì non mancano. Un pozzo antico su una piazza elegante, un gran panorama che affaccia sugli altipiani delle Mesetas, ormai vicine. Un palazzo antico ci porta verso l’ultima svolta e siamo in Cammino verso Tosantos, ventitre chilometri la Gli occhi sembrano quelli neri e fissi di un peluche. Le gambe sono dritte, il corpo è rigido, sembra uno degli animali di plastica che avevo da bambino. Il manto è intatto, sembra morto da poco. Mi viene in mente una canzone italiana, “Il dono del cervo” e mi metto a cantarla. Parla di un cervo che incontra un cacciatore e che, mentre sta per essere ucciso, rende se stesso a Dio, arrendendosi al suo assassino, in un gesto estremo 34 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura d’amore, restituisce ciò che gli è stato dato. È quanto ho sempre colto guardando nella dignità degli animali e degli uomini che muoiono. Arriviamo a Redecilla del Camino che, come Belorado, ha una chiesa che le guide dicono ispirata all’arte di Santiago, ma passo avanti. Michela e Alfredo fanno qualche fotografia ai grandi nidi che stanno sui tetti. Hanno raggiunto di mattina questo rifugio con il bus, in compagnia dei gemelli. Ci salutiamo freddamente. Noi dovremo continuare fino al paese seguente. Eppure siamo così stanchi quando che vediamo appena il santuario dell’Ermita de la Virgen de la Peňa. Per un attimo, anche per di Alfredo che vede Michela stanca, ho il timore di non riuscire a trovare un posto per dormire. Cerco di comunicare la mia fede incrollabile: “non vi preoccupate, se si chiude una porta, si apre un portone”. Nella frazione successiva, Villambistia, troviamo accoglienza a non caro prezzo presso un alberge privato, molto pulito e familiare. L’Hospitalero per cena preparerà la sua paella. Siamo in tutto in sette, con tre docce e tre bagni per i soli uomini, quattro in tutto. Oltre a noi, altri quattro. Una donna ceca, una austriaca, due ragazzi tedeschi che sono una coppia, mi accorgerò poco dopo. Preparo un messaggio da mandare ad Olmina, ma non lo mando. Ceniamo ascoltando brani classici di Flamenco. Beviamo molto vino. La notte che arriva sarà di sogni agitati. Mi vedo arrestato alla presenza di mia sorella Viviana davanti al Tribunale. Chi mi arresta è un agente del Commissariato di Polizia interno che considero un amico ma che in quel momento mi tratta come un delinquente. Sono stato sorpreso a fumare. Mi risveglio sudato, poi torno a dormire. In mezzo tra le due città, dalle parti di Viloria de Rioja, patria di Santo Domingo, passando su una strada polverosa, vedo sporgersi dalla cima di una collinetta, oltre una ringhiera di legno e di bandiere colorate, una ragazza ed un ragazzo. Mi salutano. Sono Jesùs e Maria, con Abel ed Esther. Anche loro hanno fatto parte della spedizione notturna. Non hanno dormito per tutta la notte. Sono esausti. Sono arrivati in quel luogo prendendo un taxi lungo la strada che da qualche chilometro corre parallela al nostro sentiero. Sono contenti di vedermi e mi invitano a sostare per qualche ora di relax. Il posto è davvero accogliente. La piscina, come ovunque in quella parte di Spagna, è quasi gratuita. Con Michela e Alfredo ci spogliamo direttamente per gettarci in acqua. Ci concediamo un lungo bagno, un ricco pranzo e un breve riposo sul prato che circonda la piscina. C’è anche Eric. Più giù, seduta ad un tavolo, riconosco un’amica. Sinead tiene banco come al solito, con un foulard al collo e una birra ghiacciata in mano. Ha intorno April, Mylan, un tedesco, Diego, un argentino, e una canadese di nome Reann. Saranno tutti compagni nel viaggio. Mai come quando il corpo è provato apprezziamo il gentile richiamo che alla pelle fanno piccole cose, come la rugiada su un filo d’erba o come il fresco di una piscina imprevista. È tardi quando riprendiamo a camminare verso Tosantos, ma prima di partire faccio portare una birra a Sinead. Le arriverà mentre mi allontano. Sulla provinciale c’è il milanese che sta prendendo un taxi. Dodici chilometri dopo arriviamo a destinazione, ma presso il rifugio di San Francisco de Asis non veniamo accolti. L’Hospitalero è un prete italiano che, nonostante guidi un alberge noto per la sua accoglienza, ci chiude le porte in faccia. Tra gli ospiti accolti ci sono invece Olmina e Paola. Foro Romano 12. Il Santo degli architetti e delle donne sterili, il più antico abitante della Spagna e un insipido risotto (30.07.09) Ci fermiamo per la colazione davanti ad un bar all’entrata di Espinosa del Camino, dove, seduto al bar ad un incrocio tra strade, mi colpisce una donna triste che, con un vestito verde, siede sul bordo, come in attesa. Al bar arriva anche Sinead che mi ringrazia per la birra. Mangiamo degli ottimi quarti di focaccia, beviamo un ottimo caffè. Ci attende una camminata non lunga, ma dura, visto che ormai i miei piedi e il ginocchio di Michela fanno le bizze, davanti ad un Alfredo sempre paziente. Sinead va avanti con il suo gruppo e mi da appuntamento a Burgos, da dove potrebbe partire per raggiungere il suo ragazzo. Lungo la strada, seguendo una larga mulattiera nel bosco, incontro ancora Maria Sun, altra persona che mi 35 Le Voci dell’Avvocatura informa che, forse, partirà anche lei per tornare a Santander, la sua città. Maria Sun, vengo a sapere, oltre ad essere un altro 4x4 basco, nella vita è una industriale farmaceutica di medicina alternativa. Conosce le piante come un druido. Gli è accanto quel tipo buffo e baffuto incontrato disteso sul letto a mettersi crema sulle natiche. È simpatico e arguto, fa lo scrittore e si intende di cinema spagnolo ed internazionale. Mentre parliamo di Fellini ed Almodovar, Michela e Alfredo allungano, vedendomi al sicuro con Maria Sun, che ha la pazienza delle suore più devote, sebbene scienziata laica. Quell’anziano che accompagnava non era suo amico, ma era un uomo gentile e semplice. Chi ora è con lei non lo conosce, ma ha dolori all’osso sacro, è come se il Cammino gli avesse divorato le ossa. Cerca di raggiungere Burgos per tornare dalle parti di Valencia. Ad un certo punto vediamo per terra solo le gambe di quello che sembra un cinghiale di piccola taglia, che è stato sbranato, con un unico morso, per metà. Lo avverto come cattivo presagio per le mie gambe. Ma il baffone sembra non farci caso. Dopo il cinema, l’argomento diventa la musica e i ponti tra Italia e Spagna, Mina e Raffaella Carrà vs. Julio Iglesias. Maria Sun ama “Margherita” di Cocciante. La canto e la traduco per lei. Passiamo accanto ad una donna asiatica che cammina lentamente, piccolo passo dopo piccolo passo. Va più lentamente di noi che viaggiamo rilassati e doloranti. Maria Sun la conosce e spiega. È coreana, ha gravi problemi alle gambe. Cammina lentamente e parte prestissimo la mattina. Ma vuole arrivare. È irriducibile. A lei, più avanti, ripenserò spesso. Non si può non passare davanti alla chiesa di San Juan de Ortega provenendo dalla nostra strada. L’edificio compare imponente alla nostra destra. È la chiesa del Santo protettore degli Architetti, perché San Juan fu costruttore di ponti e di rotte sulla via Jacopea ed anche ideatore della cappella che è alla base dell’odierno complesso. San Juan è considerato il protettore delle donne sterili in conseguenza del “miracolo della luce” che avviene nella sua chiesa nella quale è sepolto dal 1163. L’unico capitello romanico rimasto integro tra gli elementi strutturali dell’antica chiesa, che raffigura l’Annunciazione, viene colpito dalla luce diretta delle finestre solo nei giorni di equinozio (21 marzo e 21 settembre) nei periodi in cui la natura muta volto, verso la rinascita e verso la morte dell’anno, verso l’Alpha o verso l’Omega. La maestria del costruttore nell’arte dell’edificare e in quella di calcolare le posizioni degli astri nel cielo crea un miracolo di speranza per quelle donne che non riescono ad aver un bambino. È un protettorato che a San Juan ha portato fortuna. La ristrutturazione integrale del monumento del 1477 si attribuisce all’intervento particolare di Isabella di Castiglia, devota a San Juan proprio a causa della sua sterilità. La regina ampliò la chiesa, fece innalzare un mausoleo sul sepolcro del Santo. Conservò la parte mistica del lavoro già compiuto. L’interno della chiesa regala spazi ampi per gli occhi, dominati da una luce fredda e immobile che resta sospesa con l’aria. Davanti all’entrata si apre la scalinata di una grande cripta, la luce relega gli sfondi al buio per regalarti l’evidenza dei ricami di trine di marmo, scolpite sulle navate, sul pulpito, sul presbiterio, che rendono prezioso l’ambiente. Si soffermano Michela e, soprattutto, Alfredo che è architetto. Fuori dall’edificio incontro di nuovo Paola e Olmina, sempre fredde. Mi dicono che raggiungeranno Burgos e di là partiranno verso Santiago. C’è di nuovo Eric. Tra i volti noti, spunta il milanese che, gagliardissimo e tosto, con la sua solita espressione da uomo esperto ed affinato, si dirige verso i napoletani con aria amicale e, pronuncia uno dei classici del repertorio nelle imitazioni che lo riguarderanno: “ueeeeè, Sicilia, finito di far casino!”. Non mi scorderò mai più la faccia fortemente infastidita di Alfredo, uno degli uomini più tranquilli, silenziosi e napoletani, che io abbia mai conosciuto, che lo guar- La segnaletica frattanto ci indica che il nostro obiettivo è ancora lontano (576 chilometri). Nei pressi di San Juan de Hortega viene verso di noi un vecchio ciclista con una barba lunga, da saggio indiano, e con il corpo abbronzato, come cucinato dalla strada polverosa e dall’età. Si ferma, scende e abbraccia Maria Sun che lo saluta con calore. Parlano in basco. Non comprendo nulla del loro dialogo, ma osservo Maria Sun. Questo improvviso sopravvenire di gente positiva mi lascia un bel senso di gioia mentre mi avvicino ad una chiesa che intendo vedere. Maria Sun preannuncia che partirà e mi spiace. È materna e presente, attenta e gentile, come una zietta incontrata sul Cammino. 36 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura da e con un’espressione appena increspata di disprezzo al lato della bocca e dice: “veramente saremmo napoletani...”. Da quel momento in poi, ogni tanto, affiorando dai silenzi del Cammino, partirà, in corretta imitazione, un “ueeeè, Sicilia”... Tanto per non scordare. Eric decide di venire ancora con noi. Sarà il quarto se troveremo un albergo. Mi chiede, con un tono preoccupato: “tu roncas?”, cioè: “tu russi?”. Non ho in quel momento il coraggio di dire la verità... Ma ben presto dovrò pentirmene e fare ammenda. Il povero Eric, grazie a me passerà una notte insonne. tre stanze dell’ostello, doppie, una via di mezzo tra un normale albergo e un alberge, leggermente più costose, due delle quali subito occupiamo, prima che si riversino su quella stessa unica struttura il mare di Pellegrini in avvicinamento. Molti vengono rifiutati o, quelli che accettano, fatti accomodare di fuori, nel giardino. Giungono anche Paola e Olmina, che vengono rifiutate. Poi i quattro di Barcellona che si sdraiano comodi nel giardino per riposare prima di riprendere il Cammino. È l’ultima volta che ho visto Jesùs. Arrivano anche i gemelli che sono nativi di Burgos e dimostrano di avere amici nella loro terra. Entriamo finalmente in piena Castiglia e Leon e il Cammino inizia ad essere segnalato da pietre miliari che riportano il nome della regione e una grande concha stilizzata. Cerchiamo un posto ad Atapuerca, destinazione ultima, dove contiamo di arrivare presto, visto che, nonostante il dolore, la strada è piacevole e ci facciamo grasse risate ripensando al mitico milanese. Se non dovessimo trovare posto lì, la seguente tappa sarebbe a sette chilometri e questo sì che sarebbe brutto. Da giorni ormai soffro come un cane solo per raggiungere la meta. Ogni imprevisto diventa una tortura. Camminiamo ancora ai lati di sterminati campi di grano, fino al nostro arrivo ad Atapuerca, cittadina nota per essere il luogo di ritrovamento del corpo umano più antico di Europa, un essere vissuto nel periodo Paleolitico, rimasto indisturbato chiuso nella sua grotta per qualche milione di anni. L’Hospitalero li accoglie fino a che, dopo qualche ora, vengono a prenderli alcuni amici. C’è una ragazza, che è la fidanzata del gemello che ha il difetto al braccio, come me, e un cane, che è di entrambi. Quello che sembra un addio ai gemelli, è invece solo un arrivederci a Burgos. Chi ha preso una camera vicina alla nostra è Maria Cristina, la ragazza che avevo non generosamente maltrattato a Najera quando uno dei due anziani baschi mi aveva sottratto la crema d’aloe per massaggiarle le gambe. Al contrario di me si dimostra subito molto simpatica. È un’attrice. Si muove con una ragazzetta di Barcellona di nome Cristina, sembrano due sorelle, è molto colta e sportiva, la mattina vola via come una rondine e la sera è fresca e riposata. È magrissima, riccia e rossa, con un mare di capelli. Ha conosciuto il milanese e apprezza l’imitazione. C’è familiarità. Con il sostegno di Alfredo e Michela, Maria Cristina propone di visitare i resti dell’uomo primitivo di Atapuerca, ma è ormai impossibile perché i posti sul pullman che conduce al sito archeologico non ci sono più e il prossimo viaggio è il giorno dopo. Decidiamo allora di sfruttare bene la cucina quasi esclusiva del nostro ostello. Raggiungiamo il più vicino negozio, e cerchiamo un’idea per la cena. Bocciato un secondo approccio alla pasta Gallo spagnola, salvata nel gusto a Pamplona sono da pancetta e cipolla, decidiamo di fare un bel risotto ai funghi, io ne sarò l’incaricato esecutore. Cerco di mettere in quel piatto tutta la mia perizia di cuoco ma è arduo. I fornelli sono elettrici e l’acqua non bolle mai, il sale è fino, i funghi sono lessati, come per essere messi sott’olio, praticamente non hanno sapore. Le uniche cose che sanno effettivamente di qualcosa Camminando incrociamo alcuni cartelli sui quali viene ricostruito l’aspetto probabile dell’antico progenitore, così come l’ha immaginato il medesimo computer che viene utilizzato dalla polizia per ricostruire il volto dei cadaveri scheletrici e senza nome. Il viso dello scheletro pietrificato ritrovato in quella terra è gentile e scimmiesco. A me, personalmente e per motivi di cuore giallorosso, viene in mente Bruno Conti. I primi segni di insediamento rintracciati in quelle terre risalgono a ottocentomila anni fa. Già a quel tempo qualcuno percorreva il nostro stesso Cammino, in cerca di sopravvivenza o in cerca di Dio o di entrambe o di chissà cosa. Seguendo la cartellonistica arriviamo finalmente ad Atapuerca. L’alberge sarebbe pieno, ma restano libere Foro Romano 37 Le Voci dell’Avvocatura sono la pancetta e il burro. Il prodotto finito è mangiabile, sebbene non sia un trionfo di sapori che restano in realtà molto sfumati. È insipido, ma la fame e l’allegria compiono il piccolo miracolo e del risotto non resta che qualche chicco disperso. Il vino bevuto favorisce le risate, troppe evidentemente perché intorno alle undici, dalla quarta stanza dell’ostello, compare un signore mai visto prima, un peruviano, che con parole inequivocabili ci invita al silenzio (“desparite!”). Ci ritiriamo in buon ordine, chi verso il sonno, chi – Eric – verso il Calvario. avanti per stare un po’ da solo. Non lo vedremo più perché dopo Burgos se ne ritornerà a a casa a Madrid. Quella sera non ci vedremo, resterà nel suo albergo, al sicuro, a riposare. Di nuovo in tre ci immettiamo lungo il tragitto che attraversa l’Altipiano di Atapuerca, sormontato alla sua sommità da una grande croce di legno, conficcata su un cumulo di massi. Anche qui la suggestione di Paolo Coelho, che frattanto continuo a leggere, è grande. La natura sta per dare l’addio al colore. Intorno c’è tanto verde. La terra è umida e argillosa, ubertosa. Le mosche sono tante, ma sono tante anche le farfalle, gialle o striate di nero. Ne vedo molte simili a quelle che inseguivo, quando ero bambino, dalle parti di Tor San Lorenzo. I fiori sono rossi e sanguigni, l’aria è fresca. Tra quelle alture si gode un panorama profondo lungo la schiena della terra. Su quelle alture si trova anche una grande spirale di sassi formata dai contributi deposti dai Pellegrini. Esistono sul percorso diverse “opere comuni”, lasciate a testimonianza del passaggio continuo verso Santiago, tutte nell’apparenza spontanee. 13. Amata Burgos dai ruscelli di sidro (31.07.09) Il 31 luglio è una data topica del mio Cammino, innanzitutto perché, avendo fatto male i miei calcoli, senza considerare che il mese di luglio ha trentuno giorni, mi sono reso conto solo quel giorno di avere un giorno d’anticipo sulla tabella che deve congiungermi ad Aida. Il trentuno luglio è l’ultimo giorno prima delle Mesetas. È l’ultima tappa della prima parte del percorso, quella fisica. È l’ultima tappa prima del dolore della parte psicologica del Cammino. Alfredo e Michela, compatibilmente con la loro necessità di cercare un alloggio per la notte, vanno avanti e poi mi aspettano, comunque si sincerano che io sia in compagnia prima di allontanarsi. Ho una famiglia che pensa a me. Mi rallenta anche lo zaino, troppo pesante e gonfio. Due fettucce, quella per tenere in squadra lo zaino sulle spalle all’altezza dello sterno e quella sulla pancia che ha più o meno lo stesso compito, hanno ceduto e lo zaino grava prevalentemente sulle anche e preme inesorabilmente sulle spalle che iniziano ad essere insensibili. Tengo su le spalle, diversamente dal solito, e la schiena non mi duole. Insieme alle gambe rimangono la mia unica certezza. Non so ancora che quello sarà uno dei giorni più divertenti del mio Cammino personale, uno dei giorni da ricordare. Quella mattina – ricordo – Eric esce dalla stanza frastornato, sorridendo nervosamente. Mentre facciamo la colazione decisa il giorno prima con gli acquisti alla tiendas, mi dice di non essere riuscito a chiudere occhio. Devo aver russato come un trapano. Andrà Quella profonda, lunga, spirale, sembra nata dall’ispirazione dei Pellegrini sulla rotta Jacopea, sembra lo sfogo necessario di un punto d’energia della terra, perché, solo osservandola dal centro all’ultimo cerchio, costruita sasso su sasso, quella sterminata spirale composta da tutti, anche da me, sembra sfruttare un atto necessitato, non il gesto artistico di qualcuno. La steppa sterminata di Castiglia è già minacciosa agli occhi. Già da lontano sembra rovente, piatta e senza rifugi, sormontata da vette troppo alte da scalare. All’orizzonte, ben presto, compare l’isola di Burgos, immersa nel giallo bruciato. L’ingresso in città è lungo. C’è ancora tempo per un altro bucolico siparietto con il redivivo milanese. Chiedendo a Michela e Alfredo, che sono sempre con me, di attendermi, prendo uno sterrato laterale che dirige ad un albero isolato per soddisfare un rapido bisogno. Da una fratta, che è un groviglio rovi collocato alla sinistra dell’albero, mentre io ho già estratto tutto il necessario per una corretta esecuzione dei miei propositi sicuro di non essere visto, esce fuori 38 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura il milanese che, forse non rendendosi conto del momento in cui mi ha sorpreso o con la solita faccia di bronzo imperturbabile nel suo essere inopportuna, mi guarda e dice: “ueeè romano!!! Come andiamo questa mattina...”. Riesco a rispondere in un toscano viscerale: “la si ‘ampicchia, la si ‘ampicchia”, cercando di nascondere le mie intimità. Una buona cartellonistica ci ricorda di osservare a fondo il panorama. Ci invita ad osservare i luoghi dove si svolsero battaglie antiche e moderne, tanto terribili e sanguinose, quanto lontane dal nostro attuale percorso di Pellegrini. palazzo, passiamo davanti alla Cattedrale. Ho un appuntamento. Accompagno Michela e Alfredo all’alberge. Io prenderò una stanza nell’albergo “Casa del Cid” e, per la gentilezza dell’albergatore presente al momento dell’arrivo, mi sarà data una stanza con una ampia finestra aperta sopra le guglie della Cattedrale di Burgos. Lo sfondo degno di un pomeriggio di pace corporale. Ho un altro appuntamento, nella vicina piazza, alle sette. Esco dal letto. A fatica mi metto sotto la doccia. Do fondo agli ultimi vestiti ancora non sporchi che ho nello zaino. C’è quella notte in Burgos la Festa del Sidro, il liquore di mela, che io detesto. Sediamo in un ampio tavolo al centro della piazza. Siamo in tanti. Ci siamo noi, April, Sinead e tutti i suoi amici. C’è Pepe, un insegnante di Barcellona con il suo gruppo di Pellegrini, Estevan, Cristina, c’è l’altra Maria Cristina, con altri amici, saremo più o meno trenta. Prima del sidro mi concedo una birra e sento nostalgia di una sigaretta. Fumano, praticamente, tutti. Anche se mi elogiano per il fatto che io stia evitando di fumare. Reann, che è una ragazza canadese intelligente ed ironica esperta paramedica, mi dice che per lei sono “a big ispiration” mentre aspira da una sigaretta una lunga boccata, con un bicchiere nell’altra mano. È davvero stramba. Sa mutare il timbro di voce, molto femminile e dolce, in una durissima voce demoniaca. C’è anche Mylan e altri tedeschi. È in questa cornice di musica e gente che Sinead mi rivela di aver deciso di continuare il Cammino, almeno fino a Leon. Il fidanzato aspetterà. Gli aveva proposto di partire con lei ma non è voluto venire. Ora sta troppo bene per rinunciare al suo viaggio e non sarebbe giusto. La Festa del Sidro ha inizio quando, al passaggio di una banda davanti ai bar che aderiscono all’iniziativa, alcuni figuranti porta-bevande in veste d’epoca girano tra i tavoli a mietere vittime. Con un’ampolla di vetro, trasparente e dal lungo becco, versano direttamente nelle bocche aperte degli avventori profonde sorsate di sidro, oppure, facendo ruotare l’ampolla dietro alla schiena, riempiono sul lato opposto i bicchieri, gettandone litri a terra ma con mossa coreografica. I camerieri iniziano a fare avanti e indie- Superato l’aeroporto, ci immettiamo nei sobborghi. Incontriamo di nuovo Diego, l’argentino di Londra, già incontrato alla piscina. Nella vita fa la maschera al teatro dell’opera della capitale inglese. È simpatico e rende lieve l’ingresso in città, la prima così grande, dopo Logroňo. Anche a Burgos le donne anziane, anche con scelte di nicchia, sono quelle che curano di più l’aspetto. Le nonnette psichedeliche dettano legge a Burgos. Quando, dopo una visita alle chiese incontrate sul percorso, raggiungiamo il centro, dopo quartieri residenziali piuttosto grandi, sentiamo una musica dal parco, dove un coreografo del comune fa ballare i bambini in piazza. Non lontana la statua dedicata al grande eroe Rodrigo Diaz De Vivar, detto El Cid Campeador. El Cid è una di quelle figure che oscilla tra mito e storia. Intorno al 1081, venuto a contrasto con il suo Re, quello di Castiglia, Rodrigo venne bandito dalla sua terra e scelse di vivere, sfruttando la sua abilità di guerriero e un manipolo di trecento uomini fedeli, combattendo per un Re moro, quello di Saragozza, contro il Re moro di Valencia, alleato dei Catalani. Mai rivolse le sue armi contro la sua terra e il suo monarca, fedele nel cuore solo al Re di Castiglia. Nel 1094 divenne egli stesso Re di Valencia fino al 1099, anno in cui morì. El Cid è un mito della Reconquista ed il suo corpo è sepolto nella Cattedrale di Burgos. Burgos è decisamente una città di grande pregio artistico, con un centro storico ben conservato e monumenti rilevanti. Seguendo la via che porta all’alberge municipale, grande e moderno, seppur inserito in un antico Foro Romano 39 Le Voci dell’Avvocatura tro con le caraffe e tutti gli spagnoli si esibiscono in peripezie per versarlo nei boccali. Il sidro lo danno via per due soldi, ma anche la buona birra spagnola non è costosa ed invita ad abusarne. Bevo anche il sidro ma continua a non piacermi. Sulla piazza arrivano anche gli altri protagonisti del Cammino, i nativi di Burgos, Andreas e Ignatio, che passano con uno stuolo di amiche, cani e fidanzate. Con loro ci sono Paola e Olmina. Si dicono esperti della movida burgense. Mi invitano e li seguo. Quella notte non ho problemi a rincasare più tardi, anche se ho un terribile male ai piedi. Conosco la gente che conosce i gemelli. Tutta la città, quindi, fatta eccezione per alcuni stranieri. Bevo un cocktail con Coca Cola e vino che i burgensi apprezzano molto. A me non piace neanche quello. Torno a dormire all’una, troppo tardi avendo un appuntamento alle sei e trenta. Metto a breve riposo le gambe. Troppo breve. to. Le scarpe chiuse la polvere le ha irrigidite. Non posso più tenerle ai piedi, perché sono gonfi, perché premono sulla scarpa da ogni parte. Indosso il sandalo con il calzino, come i tedeschi in vacanza. Sono comodi e hanno un accenno di plantare. Le calze, che mi disegneranno il loro segno sul piede, complice il sole, servono per evitare che le bolle struscino sui legacci delle calzature che devono essere stretti, perché il piede non balli. Al frettoloso corso degli eventi, si frappone anche il guardiano notturno della hall, che dorme alla grossa e non si trova. Alla fine tutto bene, perché anche tutti gli altri arrivano con dieci minuti di ritardo. La festa – penso – deve essere continuata anche dentro l’alberge. Inizia il Cammino verso Hontanas, lungo i ventinove chilometri iniziali delle famigerate Mesetas. Le guide insistono nell’esaltare le ampie aperture delle piane di Castiglia, in realtà quello che si vede è un panorama fisso, di grano, ovunque. Le guide insistono anche nel consigliare di portarsi sempre dietro una buona scorta d’acqua. Per diciassette chilometri, avvertono, mancherà quel giorno qualsiasi fonte. 14. Il nulla, nel grano (01.08.09 – 02.08.09 – 03.08.09 – 04.08.09) Anche l’ultimo telegiornale ascoltato distrattamente prima di uscire dalla stanza d’albergo, ci ha informato dei risvolti dell’indagine sulla bomba di Burgos e del fatto che la Spagna sta vivendo una delle estati più torride degli ultimi anni. Ma la notizia non giunge inattesa al nostro manipolo di Pellegrini sulla rotta Jacopea. Vengono fatti dei paragoni con la situazione in Italia, dove, come in Spagna, si sta vivendo un’estate torrida con punte di quaranta cinque gradi. Penso a mia nonna, da sola a Roma. Prego per lei e per la sua salute. Chiedo a Dio che non faccia scherzi. Devo abbracciarla ancora quando sarò di nuovo a casa. Al caldo torrido fino ad allora non avevamo fatto molto caso, tra docce, piscine, fontane e fiumi, anche se, personalmente, ero arrivato a bere anche sei litri di acqua al giorno e a sudarne altrettanta. La provvista d’acqua non è mai stata il primo dei problemi. Delle quattro giornate che seguono, complice il crescente dolore, il gran caldo e la sete, non ho un ricordo distinto. Per ricostruirle in questo capitolo mi sono affidato spesso ai timbri impressi sulla mia Credencial, alle annotazioni del mio diario, alle foto degli amici, ai loro ricordi e ai percorsi tracciati dalle guide. Rammento solo, ossessivamente, una strada infinita verso un nulla di grano, deserto e caldissimo, dove era impossibile riparo o conforto. Rammento i miei pensieri annebbiati e la sete inesorabile che asciugava la bocca. Il panorama aureo delle Mesetas. Non ci sono parole, solo il desolato racconto. Inizia la parte psicologica del Cammino. Le condizioni delle mie gambe acuiscono nei tratti più solitari e silenziosi le mie paure. La sveglia è puntata alle ore sei. L’appuntamento è alle sei e mezza. Indosso, per la prima volta, i sandali comperati in una farmacia di Corso Vittorio a Roma, dove una farmacista già Pellegrina a Santiago si era appassionata al mio proget- All’inizio procediamo in piccoli branchi e a nessuno sembra il caso di forzare. Nonostante il cielo, anche molto nuvoloso, le grandi masse bianche nel cielo terso, pur scure e minacciose, non promettono pioggia. 40 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura Piuttosto le nuvole sono le protagoniste di uno strano effetto Morgana che si nota avanti guardando l’orizzonte. Per quanto ci si avvicini, le nuvole, pur basse, sembrano costantemente, ritrarsi. Un po’ come accade alla cupola di San Pietro a Roma, da quella terrazza sull’Aurelia antica che i romani ben conoscono. Non si riesce a valutare una distanza e questo aumenta il disagio, soprattutto quando si rimane soli. Mai come in questo tratto vengono fuori le differenze di passo e con loro, le difficoltà del singolo Pellegrino. fanno brutte cadute. Sono costretto ad indossare la cerata che ho nel mio equipaggiamento, mentre le gambe affondano sempre più nel fango, trascinando con sé l’erba. Ho le ferite dei piedi bagnate e sporche. La pianta del piede scivola sul plantare. La scarpa aperta sciacqua. La pelle brucia come assalita da mille infezioni. È con questa disposizione di corpo e di spirito che raggiungo la triste Hontanas. Fino a pochi metri prima della discesa che porta ad Hontanas, resa dalla pioggia un torrente di fango, la cittadina nemmeno si intravede, essendo posta ad un livello più basso della strada. Poi dietro un’ultima salita appare l’agglomerato. Nessuno può permettersi di attendere sotto il sole o di fare un passo in più. Ci si guarda da lontano e ci si rincontra alla prima area de descanso, cioè di riposo. La leggerezza garantita dalle nuove calzature si scontra con il facile ingresso dei sassi sotto la pianta del piede. Divento sempre più lento e, a tre chilometri l’ora, dovrò camminare per oltre dieci ore fino a Hontanas, dove conto di arrivare intorno alle ore diciassette. Superato qualche paese, in uno dei quali ci fermiamo a fare un po’ di spesa, mentre torniamo dentro al nulla giallo preannunciato da alcune case coloniche colorate ma disabitate all’improvviso scende un muro d’acqua. Molti ciclisti restano impantanati e i pedoni cercano rifugio. Noi, io, Alfredo, Michela e Diego, finiamo sul soppalco stretto e lungo di una casa disabitata. Hanno trovato rifugio sotto lo stesso tetto un gruppo di giovanissimi ragazzi francesi. I genitori, fra di loro amici, li hanno portati sul Cammino, a partire da Roncisvalle, e li mandano lungo il percorso, seguendoli con la macchina. Sembrano giudiziosi. Abbiamo con noi del pomodoro, delle noci, del formaggio, un avocado, di cui Diego è ghiotto, dei salumi. Ci attrezziamo per una sorta di pranzo anticipato perché è ancora presto ma dobbiamo sostare. Dopo circa un’ora riprendiamo il Cammino. Nel desolante paesaggio seguente, il sentiero è sassoso e duro e le pietre premono sulla pianta del piede che affonda nel fango, che impregna le calze. Mi sposto sui lati del sentiero. Sull’erba il fango regge e non si sentono sassi. Solo dopo ore, apparsa chissà da dove e diretta in altra direzione, una strada interseca il sentiero. Anche guardando al meno molle asfalto ogni rifugio sembra lontano. Ad un certo punto, il ritmo della pioggia aumenta e torna ad essere tamburellante. Non c’è riparo. Diversi ciclisti, che almeno su quel rettilineo potevano correre, Foro Romano Sono venti case attorno ad una chiesa. Non sono pochi quelli che la ricordano carina quella città. Io l’ho detestata e vissuta solo come necessario rifugio. Per me è un ricordo sbiadito e, comunque, solo a tratti piacevole. L’alberge centrale, peraltro moderno e abbastanza pulito, è pieno. Michela e Alfredo, arrivando prima, sono riusciti a prendere posti nei letti a castello di una sala spogliatoio messa a disposizione dal Comune, visto il numero dei Pellegrini attesi. Sono uno accanto all’altro, tutti pieni. A me è toccato un letto al piano rialzato dal quale faccio fatica a scendere e salire, non un buon viatico per la notte. Nella sala dormono Diego, Mylan, Reann, Cristina, Alfredo e Michela. Mi sento a mio agio ma inizio a pensare se, viste le caratteristiche del percorso – un lungo piano rettilineo – e la situazione delle mie gambe, non sia meglio affittare una bicicletta da portare sino a Leon, ma nessuno – mi informo – offre questo tipo di servizio. Passo molto tempo, all’arrivo a curare con attenzione e delicatezza l’igiene complessiva e la salute dei piedi. Quando finalmente esco di casa, verso le sette e trenta, trovo tutti i miei compagni già seduti all’aperto, con una birra in mano, davanti alla chiesa. Hanno prenotato la cena e il “Menù del Pellegrino”. Mi adeguo. Controllo da un terminale nel bar di un alberge la posta elettronica e registro gli indirizzi che porto da giorni nelle tasche, quello di Sinead, Eva, Lotte, Tony, Thomeu, Antonio, Emilio, Stefania, Paola, Olmina, Mathiew, Diego, Anna, Abel, Jesus. Ricordo, con piacere, quella birra al calare del sole. Sinead, come al solito, ride e scherza con tutti. 41 Le Voci dell’Avvocatura Reann, con attrezzatura da paramedica canadese e guanti verdi in gomma, cura i piedi di Mylan, il tedesco, che sono un lazzaretto di vesciche, come i miei. ti per eliminarne anche il ricordo. La struttura, nella sua complessità, si rivela enorme, anche se ormai è un rudere diroccato. Forse tutta questa feroce distruzione è dovuta al fatto che la cittadina fu teatro di guerre continue tra cristiani e arabi e ciò fino a quando venne annessa al Regno di Castiglia nel 1131. È giovane e sorridente ed April e Reann giocano a fargli da mammine. Chi gli cura i piedi, chi gli versa birra. Mi vergogno a chiedere ma vorrei anche io trovare qualcuno che mi curi. Ma sapendo come sono ridotti i miei piedi mi vergogno, forse stupidamente, a chiedere. Il mio è un gruppo allegro ma stanco. Ci fermiamo in un bar gestito da due simpatici signori anziani nella prima piazza utile della cittadina. Hanno magnifici boccadillos ed eccellente marmellata. Più avanti approfittiamo anche di una tienda. Compriamo acqua e cibo, soprattutto frutta che c’è sulla strada ma con quel caldo assassino non basta mai. Incrocio qui, per la prima volta gli unici due cavalieri incontrati sul Cammino di Santiago. Sono padre e figlia. Lui è separato dalla moglie e, quando può portarla con sé, cerca avvenuture che si possano ricordare. Viaggiano verso il sepolcro di San Giacomo con il cavallo. Seguono una via certa che, giorno per giorno, li porta verso gli alberge in grado di accogliere anche i cavalli, che sono una forma di trasporto desueta ma classica e, come detto, ammessa dalla Tradizione del Cammino. I due cavalieri ci dicono che anche a cavallo è faticoso per le gambe. Non faccio fatica a credergli. A cena andiamo nel bar ristorante connesso ad un alberge privato. Conosco Thomas, amico di Diego, un ragazzo danese, infaticabile e sportivo, taciturno ma con il viso molto espressivo e simpatico. La cena del Pellegrino non offre novità. La notte ci sarà una festa in piscina. Io decido di non partecipare. Sono stanco, dolorante e infreddolito. Per la prima volta ho indosso la giacca che ho con me. In camera, con Mylan, iniziamo a scherzare facendo il verso ai Muppet Show: “Mananana! Tuturururu!”. Smettiamo solo quando alcuni Pellegrini ci fanno capire che lo scherzo è durato anche troppo. La monotonia del giorno dopo continua sulla strada che scende verso la base dell’altipiano assolato dove si trova Hontanas. La tappa odierna è di trentacinque chilometri fino a Fromista. Maria Cristina, Alfredo e Michela volano presto via per garantirci un posto per la notte. Solo alla fine di una lunga discesa, accanto ad una strada che rimane deserta mentre la attraversiamo, si vedono un po’ di alberi, un po’ di fresco verso la cittadina seguente, Castrojeritz. È un luogo che, al contrario di Hontanas, ricordo con piacere. A me è sembrata bella, incastonata tra un declinare d’altopiano e di montagna isolata sulla quale appoggia. Lungo la strada confinante con canali di scolo e irrigazione incontro i miei vecchi amici gamberi d’acqua. Ne tolgo qualcuno dal centro della strada. Loro, come al solito, irosi, non ringraziano, ma agitano, minacciosi, le chele. Entriamo in Castrojeritz attraverso la grande arcatura romanico-gotica di un monastero abbandonato. Le sculture delle arcate gotiche che decoravano le pareti laterali sono state distrutte, come se una mano si fosse accanita su ciascuno degli angeli che vi sono raffigura- Chiedo se è possibile affittare un cavallo fino a Leon, visto che non posso avere la bicicletta, ma non esiste neanche quel tipo di servizio. Dobbiamo ancora fare ventotto chilometri. Dopo cinque arriviamo all’Alto de Mosterales, da dove, guardando il basso, vedo l’intera Castrojeritz. Ci fermiamo per il pranzo con Mylan, Sinead, Reann, Diego, April. Michela e Alfredo sono avanti. Thomas e Maria Cristina neanche a parlarne. Come al solito si scherza o si ride o si pensa ai fatti propri. Di qui in poi un lungo Cammino, doloroso, su un sentiero di terra battuta, in una piana infinita, al quale si unisce, per fortuna, Massimo, un ingegnere piemontese, molto gentile e pieno di iniziativa. Lo scorso anno è partito da Roncisvalle e fino a Pamplona. Quest’anno non andrà oltre Leon. Ama molto la fotografia e tra i suoi soggetti prediletti ci sono i cartelloni stradali. La motivazione di questo interesse è, in realtà, molto pratica. Nel ricostruire la consecuzione delle foto è più facile rintracciare la progressione nel tempo degli scat42 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura ti se i cartelli ti aiutano a ricostruire passaggi che la memoria può saltare ma che una cartina cristallizza. Mi sembra una motivazione pratica valida. Con lui e il dolorante Mylan copro i dieci chilometri di nulla prima di Itero della Vega dove ci sono i canali di irrigazione con acqua imbevibile che aumentano i rimpianti della bocca. Sono enormi canali stagnanti che servono i campi. Sono intervallati da vasche, dove l’acqua si raccoglie. A Boadilla del Camino, troviamo una fonte romana antica. l’approvvigionamento d’acqua per l’irrigazione, che sfociano in un impetuoso torrente di acqua lurida e maleodorante nei pressi dell’ingresso cittadino che si raggiunge proprio attraversando un ponte. La parte seguente è una lunga strada che ci immette nel centro del paese, dove già ci aspettano i nostri amici presso l’alberge. Nel giungere non posso non osservare con piacere la chiesa di San Martin a Fromista. Anche questa piccola meraviglia, che sembra un castello è monumento tradizionalmente legato al dominio del Templari. Faceva parte di un monastero costruito in quella terra nel 1066. Anche in questa chiesa ritornano gli spazi ottagonali e le inattese decorazioni dei capitelli, ricche di allegorie e significati simbolici. Il nome della città è legato al frumento del quale Fromista era grande produttrice ed esportatrice e guardandosi intorno non si fa fatica a crederlo. Nell’alberge, chi prima, chi dopo, io, comunque, per ultimo, arriviamo tutti. Giungono anche gruppi di Pellegrini già visti ma mai associati al nostro Cammino. Persino quello strano prete francese di Graňon, troppo curioso e malizioso, che rivedo lì per la seconda volta. Non c’è Sinead, che insieme a Reann ed April ha ceduto alle lusinghe di Boadilla ed è rimasta indietro. Una grande ruota di metallo al centro di una grossa pietra andrebbe girata per pompare acqua verso l’alto. Sembra una fontana davvero antica ma l’acqua di quelle parti, normalmente sa solo di moderno cloro. Non sono pochi inoltre ad aver dovuto gestire brutte gastroenteriti dopo aver ceduto alle lusinghe di sgangherate, seppur antiche e venerabili, fontane. Non bevo, ma entro in un vicino alberge per acquistare dell’acqua. Il giovane Hospitalero che è all’interno mi vede arrivare zoppicante e, prima che io parli, mi chiede se ho bisogno di sale. Gli rispondo che voglio comprare dell’acqua. Lui mi ribatte che per quella c’è la fontana per poi, non recedendo nel mio intento, tirare fuori una bottiglia d’acqua minerale che, in sua presenza, tracanno. Gli chiedo perché volesse darmi del sale, con quel caldo. Mi risponde che la miglior cura per i miei piedi malati, come sanno tutti gli Hospitaleri, è un bagno non caldo di acqua con sale, iodato, insieme ad una tazzina d’aceto. Rimango sorpreso e, a voce alta, mi chiedo perché nessuno negli alberge precedenti me lo abbia detto. E lui, con aria birbona, mi dice che più si va avanti nel Cammino e meno umanità si trova. Gli chiedo da dove venga. È basco e, per questo, mi è già simpatico. Ci invita a rimanere. Noi, però, abbiamo già i nostri appuntamenti e, nonostante la bella musica che il suo stereo diffonde, siamo costretti a riprendere la marcia. Diego, che è il meno dolorante, va subito avanti e scompare. Io, Massimo e Mylan ci facciamo forza insieme, negli ultimi chilometri, ad una lentezza esasperante che però non vince la nostra pazienza. L’ultimo tratto in entrata a Fromista è caratterizzato da enormi lavori di ingegneria idraulica, che garantisce Foro Romano Il rifugio è stracolmo e ci viene dato un letto a castello in un corridoio. Diego, che dorme con me, si piazza nel letto in basso. Il fatto mi infastidisce perché, vedendomi camminare ogni giorno, non può non sapere quanto io stia soffrendo e che condanna sia dormire in alto, ma evito polemiche. Ceniamo tutti insieme in un locale poco distante. Anche Thomas si è unito a noi. Al ritorno dalla cena notiamo – e ci avevano preavvertito – che qualcuno ha messo le mani nei nostri zaini. Ripenso all’Hospitalero di Boadilla. È proprio vero. Se c’è qualcuno che, essendo Pellegrino, crede giusto derubare altri Pellegrini, è proprio la praticità a mancargli, non la stupidità e la faccia tosta. Ho con me tutti i documenti necessari, i contanti e il bancomat. Visto che nessuno ha toccato la sacca con le conchiglie per la Cruz de Hierro, che peraltro è stata profanata, non possono avermi rubato nulla di importante. Se qualcono ha rubato qualcosa se la porterà dietro lui. Di notte mi sveglio più volte per andare in bagno. Sono 43 Le Voci dell’Avvocatura costretto a battere a terra i palmi dei piedi per scendere e a poggiarli su dure e fredde sbarre di legno per salire. La situazione delle mie gambe sta rendendo impresa ogni più piccolo e necessario movimento. Per quel letto a castello passo momenti terribili, mentre tutti dormono ed io cerco di non svegliare nessuno. La mattina dopo il progetto è quello di coprire trentasette chilometri, fino a Calzadilla de la Cueza, superando la cittadina di Carriòn de los Condes che è a soli venti chilometri. Ho fretta di arrivare a Leon perché lì potrò sfruttare i due giorni di anticipo che ho accumulato in tabella, per riposare. Alfredo e Michela devono tenere un passo svelto perché il loro aereo li aspetta a Santiago il 19 agosto e loro vorrebbero arrivare qualche giorno prima per proseguire a Finisterrae. troviamo, non arriverà a Calzadilla de la Cueza. Inganniamo il tempo facendo una suntuosa spesa in una tienda locale. Con Mylan comperiamo e poi mangiamo una quantità di cibo enorme. Al momento di partire divido quanto rimasto e tengo per me un sacchetto di arance. Incontriamo Thomas e Diego, poco dopo arriva Sinead, Reann ed April. Con Sinead, che sa del mio Cammino verso l’incontro di Sarria, ci diamo il prossimo appuntamento nella città di Leòn, dove già prevedo di fermarmi per due giorni, per curare le gambe. Finiamo un lauto pasto e ci concediamo il tempo per una foto ricordo d’insieme. Nell’ordine, nella foto di gruppo, ci sono: Diego, Avril, Reann, Mylan, Sinead (con me nascosto dietro), Massimo e Thomas. Il panorama in uscita da Fromista è di nuovo sconfortante, ma ben presto, nei pressi di Villarmentero, inizia un comodo sentiero pedonale, rettilineo e parallelo alla strada asfaltata P 980. Entriamo in provincia di Palencia. La segnaletica del Cammino diventa in questo punto sovrabbondante. Il percorso è marcato da continue colonnine in pietra con il simbolo della conchiglia che danno un po’ di movimento ad un paesaggio senza punti di riferimento insieme ad alcune croci. Appena possibile, ci fermiamo per la colazione. Troviamo un’oasi di verde all’interno di un giardino chiuso da un muro e da una cancellata. Dentro c’è un piccolo bar gestito da una ragazza austriaca. Ci sono i canti gregoriani in sottofondo. Su un’amaca nel giardino già riposa Thomas, che solleva la testa solo per vedere chi arriva, prima di addormentarsi. La ripresa per me, è una vera e propria via crucis. Sulla strada mi metto alle quattordici, sotto il sole più cocente. Forse appesantito dal tanto cibo mangiato, forse ormai giunto al punto di pagare dazio per gli sforzi fatti nei giorni precedenti con le gambe già in una brutta condizione, impiego una vita per coprire i successivi diciassette chilometri. La strada, piana, è per me terribile, tanto è sassosa e cosparsa di ghiaia, assolata e priva di acqua. All’inizio non sono solo. Il paziente Massimo e il dolorante Mylan sono con me. Veniamo raggiunti da una coppia di siciliani, catanesi, già incontrati a Hontanas. Sono marito e moglie. Viaggiano sempre da soli, anche perché sono lentissimi. Maria Cristina, con un SMS, mi ha fatto sapere che dopo qualche chilometro dovrebbe esserci un chiosco dove vendono acqua, birra e gelati. Riesco a mettermi a sedere proprio mentre Alfredo e Michela stanno per riprendere il Cammino. Andranno come al solito avanti. Maria Cristina che, ormai, è chiamata farfalla, gazzella, e quant’altro a sottolineare la sua velocità, ha fatto colazione in quel posto circa un’ora prima ed è già quasi a destinazione. Quando mi rimetto in marcia, per coprire i seguenti undici chilometri impiego circa quattro ore. Solo Massimo e Mylan sono con me. Arrivo a Carriòn de los Condes che è quasi mezzogiorno. Via telefono, Sinead mi prega di aspettarla, anche se non ha ancora smaltito la festa e si fermerà dove ci Insisto a volerlo cercare e il siciliano, superato il luogo dove, presuntivamente, quel bar doveva essere (in realtà aveva già chiuso), mi guarda in faccia e mi chiede se, per caso, io non abbia avuto un’allucinazione. Sono troppo stanco anche per mandarlo dove dovrebbe andare. Inizio, infatti, a boccheggiare quasi subito. Bevo e bevo. Dopo qualche chilometro mi accorgo che la gamba destra si è interamente gonfiata. Tra coscia e polpaccio non c’è più nessuna differenza. Scendo, senza accorgermene, ad una velocità di non più di due chilometri, due chilometri e mezzo. Il dolore che ho 44 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura alle piante dei piedi è allucinante. Mi rimprovero di non aver chiesto a Reann, per non sembrare invadente, di curarmi i piedi come ha fatto con Mylan che sembra aver un po’ recuperato ed insieme a Massimo, dopo aver tanto resistito e su mio invito, allunga il passo. Di nuovo quel calore insopportabile, di nuovo quelle condotte di irrigazione che rimandano quell’odore di terra bagnata e di acqua sporca. Il mio corpo è talmente stanco che, in certi momenti, mi vengono colpi di sonno camminando. In altri momenti mi viene da ridere, tanto mi sembra assurda e pericolosa la mia situazione e, in quello stato d’animo, più di una volta mi chiedo se non stia per caso impazzendo sotto quel caldo incredibile che non mi da tregua. Continuo a togliermi e rimettermi il cappello. Se lo metto, grondo di sudore. Se lo tolgo mi brucia il cuoio capelluto e il viso. Sono bagnato ovunque e tra le gambe, che muovo male per i dolori, la pelle, a forza di sfregare, si è infiammata. Ad un certo punto mi accorgo che è finita anche l’acqua, quando sono in un punto da cui è possibile solo ipotizzare una distanza residua. Cerco di farmi coraggio. Canto un po’, soprattutto canzoni su Roma. Davanti e dietro non ho più nessuno. Dopo un po’ l’arsura mi smorza anche la voce. Con un gesto meccanico, che in quei giorni ripeterò spesso, sfilo dalla tasca laterale dei miei pantaloni il passaporto e lo infilo, in bella vista, nella tasca alta dello zaino, quella con le conchiglie della Cruz de Hierro. Se mi dovesse accadere qualcosa – ragiono – sarà più facile a chi mi soccorre capire chi sono e avvertire i miei familiari e, se è di buon cuore, comprendere il senso delle e conchiglie e, per miracolo, portarle a destinazione. Inizio a pensare a quelli a cui voglio bene, mentre la sete mi asciuga la bocca e la gola. Ai lati delle labbra si formano crosticine che per un po’ tolgo, poi lascio indurire. Mi viene in mente mio padre, mia nonna, mia nipote e, in quegli attimi, mi sembra di stare meglio, perché mi aggrappo a tutte le forze che ho e a quelle che non sapevo di avere. Provo a camminare fingendo di avere piedi sani, un messaggio al mio cervello in controtendenza. Pochi passi e il dolore abbatte ogni maschera. Penso molto a mia madre. Ora che ho paura che il mio tempo stia finendo, vorrei abbracciarla, vorrei sentirla. Provo a chiamarla al cellulare. Non risponde. È fuori dall’Italia, ricordo. Avevi ragione tu a dire che non ce l’avrei fatta, sospiro Foro Romano e mi dico. Poi con l’indice do martirio al pollice, per non perdere concentrazione e trovare la forza, per smettere di inviare al mio corpo, sotto stress, pensieri di resa. Ce la posso fare, ce la farò... In quel mentre avverto alle mie spalle giungere dei ciclisti. Li sento parlare in italiano. “Ma quando finisce ‘sta rottura di coglioni, sarà un’ora che stiamo su quest’altipiano” dice il primo, a petto nudo, giovane e abbronzato, provocandomi un moto di stizza, il secondo replica “dai, su, che manca meno di un chilometro e tra cinque minuti siamo a Calzadilla”. Al primo avrei buttato una pietra tra i raggi della ruota anteriore, il secondo mi lascia un senso di speranza... Entrambi, però, al contrario di quel che usa tra i Pellegrini a piedi, si sono ben guardati dall’offrirmi dell’acqua o, almeno, dal chiedermi se avessi bisogno di qualcosa... Proseguo strenuamente. Ripenso più volte alla ragazza coreana che avevo visto con Maria Sun. Mi ripeto più volte che se ce l’ha fatta lei, dovrò farcela anche io. L’ultima volta che li ho sentiti, Alfredo e Michela mi hanno detto che la cittadina è segnalata da un campanile del cimitero, che è il primo edificio che si vede. Più vado avanti, più non vedo nulla, solo il solito albero dalla distanza indefinibile. Ad un certo punto inizio ad incespicare e per quanto cerchi di camminare dritto non ci riesco più. Le mie forze vanno esaurendosi. Rischio più volte di cadere, con lo zaino che mi balla imbizzarrito sulla schiena. Sono almeno dodici ore che cammino. Allo stremo delle forze vedo comparire una strana vegetazione, come rossastra, che sembra in movimento verso di me. Sgrano gli occhi. Sono i capelli di Maria Cristina che mi viene incontro sorridente. Erano tutti preoccupati e lei si è offerta di venirmi a cercare. La abbraccio. Mi viene da piangere. Siamo quasi arrivati, mi rassicura. Insiste per portarmi lo zaino. Io rifiuto. L’incubo, per quel giorno, è quasi finito. Arrivo davanti ad un complesso di costruzioni. La hall sembra progettata negli anni settanta; l’edificio dove veniamo messi a dormire invece è una vecchia stalla dal quale è stato ricavato l’alberge. All’arrivo, vedo legati i soliti due cavalli. Anche i nostri cavalieri, padre e figlia, hanno trovato alloggio lì. Dipinto sulla parete c’è un bellissimo murales in cui è rappresentato un Pellegrino hippy, con chitarra, seduto su uno sfondo blu cielo. Lo circondano i simboli di 45 Le Voci dell’Avvocatura tutte le religioni, monoteistiche e non e disegnato c’è anche il Bambulè. È sincretismo Rasta. piedi e sul punto di partire. Pier e Maria Cristina sono già partiti. Mylan non si trova. Alfredo e Michela sono scandalizzati da quanto ho potuto russare quella notte. Thomas si è addirittura alzato per andare a dormire altrove ma è finito in una camera dove un’altro russava più di me. Alla fine è tornato. Anche i miei compagni sono arrabbiati. Sono svegli e vogliono partire. Andranno avanti. Ci ritroveremo a El Burgo Ranero a trentasette chilometri e mezzo, tantissimi. Sono mortificato, ma non sono proprio in grado di controllare quello che faccio di notte, dormendo. Visto che alcune notti, come a Hontanas, nessuno si è lamentato, deve esserci un motivo per cui alcune sere russo più forte. Non fumando ormai da circa due settimane, speravo che la situazione fosse migliorata, mi giustifico. Un forte prurito sul braccio sinistro, inoltre, mi fa scoprire che la mia pelle, per il sudore e per gli acari dei materassi lerci su cui dormo da giorni, si è riempito di fastidiose bollicine. Anche quella notte, per via del lenzuolo che ho portato, troppo piccolo per me, mi ricordo di essermi svegliato con il corpo sul materassino a terra nel dormiveglia seguito a quei confusi rumori. Prendo una decisione. Per ragioni igieniche e nel rispetto del mio e altrui sonno cercherò di prendere solo stanze singole di albergo nel prosieguo, rinunciando, se possibile, agli alberge. Chiedo ad Alfredo e Michela di cercarmi una stanza, quindi, non un letto, quando arriveranno a destinazione. Accendo il mio cellulare e scopro un sms di Sinead. Alle tre di notte mi informava di essere davanti al nostro alberge, pregandomi di andare ad aprire. Non mi sono accorto di nulla e glielo dico con un sms di risposta. Quando scendo, con grande sforzo, a fare la doccia prima di partire, sento dei rumori nel locale cucina. Apro la porta e trovo Mylan accoccolato dentro ad un sacco a pelo con Avril. Due le notizie positive: una nuova passione, frutto insperato del mio russare; due, qualcuno ha aperto a Sinead e al suo gruppo... Meno male, non sono rimaste senza un tetto. Prima di partire, faccio appena in tempo, complice l’Hospitalera, a mangiare il latte, il caffè, il pane, il burro e la marmellata destinati a quelli che hanno prenotato, che giacciono comodi nei loro letti. Massimo, irriducibile, è l’unico che parte con me... Attraversiamo Lédigos e Terradillos de Templarios, due cittadine dimenticate da Dio. Nella prima cittadina, L’alberge è stracolmo. I due ciclisti che mi hanno sorpassato sono stati rifiutati e ora si rifocillano prima di ripartire. Ma chi è senza peccato... Venendo infatti in contrasto alle regole del Cammino, i giovanissimi Hospitaleri brasiliani che gestiscono l’alberge, hanno prenotato un’intera sala ad un gruppo di Pellegrini che arriveranno in pullman quella sera. Attendo qualche minuto le operazioni di registrazione e nel frattempo mi guardo attorno. Arriva il pullman. Scendono uomini e donne con abiti troppo puliti, per essere quelli di un Pellegrino. C’è anche chi li serve scaricando e sistemando pesanti borse con annessi zaini, a questo punto meramente esornativi. Scendono dal bus simulando stanchezza e insofferenza che davvero mi infastidisce. Il Cammino è di tutti, cavalieri, ciclisti, pedoni. L’autobus che ti segue tra tappe verso Santiago è un mezzo non conforme. In quel momento rivendico il diritto del Pellegrino e i due ciclisti mi fanno pena. Per di più i nuovi arrivati, vedendoci polverosi e maleodoranti, non dimostrano comprensione, ma sembrano infastiditi. Meno male che scorgo una piscina alle spalle dell’alberge dove molti dei miei amici sono già con i piedi a mollo. Vado nella camera assegnata per posare lo zaino, prendere confidenza con il giaciglio e curarmi i piedi. Ovunque sulle scarpe ci sono tracce di sangue, filtrate attraverso i piccoli fori per l’aerazione del piede. Ci sono enormi pezzi di pelle morta che mi pendono dai piedi che non riesco a togliere tanto sono spesse. Bolle ovunque, ‘ampullas’. Ad accogliermi ci sono ancora Alfredo e Michela che, tra una battuta e l’altra in memoria del milanese, che sembra sparito, riescono a farmi sorridere. Mi faccio una doccia e quando riesco a scendere in piscina è già ora della cena. Non mangerei, se non fosse che ho bisogno d’energia. Maria Cristina, nella camera che ci è stata data, conosce Pier, un bell’uomo canadese, con il quale si nota subito una certa sintonia. Di notte, mentre dormo, ad un certo punto avverto movimenti nella camera. Mi riaddormento. Alla sveglia, trovo Diego e Thomas già in 46 Foro Romano Le Voci dell’Avvocatura mentre la sto attraversando, piomba – di nuovo! – il pullman dei pellegrini domenicali di Calzadilla de la Cueza, con gran fragore di cimbali. Tutti scendono, come affaticati dalla levataccia, e si sgranchiscono le gambe in faccia a noi che già camminiamo da quattro e più chilometri, circa due ore. Allontanandomi faccio in tempo a veder predisporre alcuni tavoli con vivande. Evviva il pic-nic! Dopo un chilometro, giunge alle mie spalle una delle signore dell’autobus, credo, con sua figlia, preannunciate da un ticche-ticche di doppio bastone. Fanno la camminata alla “svedese”. la punì radendola al suolo, sterminando o riducendo in schiavitù la sua popolazione. Nel medioevo era considerata la Cluny di Spagna, cioè una città di eccellenza culturale. Oggi è una città senza carattere, nella quale io e Massimo ci addentriamo parlando dei nostri rispettivi lavori. Passiamo davanti all’alberge cittadino dove ci fermiamo per apporre un sello, il timbro, notando, oltre all’immagine stilizzata di Santiago, i ben noti cavalli parcheggiati all’esterno. Davanti all’ingresso di quell’antico ed enorme palazzo e incontriamo anche, per la terza volta, quello strano prete francese che, non richiesto, ci dice di essere lì ad attendere la sorella. Tant’è... I due bastoni vengono posti davanti al corpo per supportare, con la forza delle braccia, le gambe e distribuire il peso dello zaino su schiena e anche. Le due signore avanzano a busto eretto, mandando avanti i bastoni che non toccano neanche a terra come se sbattessero uova. La più grande di età indossa un abitino da montagna bianco con sopra una magliettina rosa pallido, tonalità ideali per un cammino polveroso. Sulle spalle ha un piccolo divertente zaino con Hello Kitty. Ha capelli neri raccolti in lunga, spessa treccia. La più giovane è un suo clone. Differisce solo per il colore della maglia. La sua è verde pallido. Sono entrambe molto profumate e truccate in quella landa deserta e assolata. Quando mi sorpassano, vista la mia lentezza più che la mia velocità, sempre con il loro incessante e nervoso ticche-ticche di rami sbattuti, la prima mi guarda con aria compassionevole frammista ad un pizzico di riprovazione e si produce in un: “animo, animo! Ultreia!”, saluto intensificato, che si fa scherzosamente a chi si pensa batta la fiacca. Non riesco a trattenere un sonoro e immediato, “ma vaffanculo!” che sgorga come canto libero dal cuore e che la convince a procedere spedita sulla sua strada senza più guardarmi. La seconda cittadina, Terradillos de los Templarios, nel nome, rammenta il dominio dei cavalieri Templari. Della loro grandezza però lì non è rimasto nulla. Superata, nel consueto deserto giallo e polveroso, anche S. Nicolàs del Real Camino, nota solo come rifugio di Pellegrini e lebbrosi, dopo circa tre chilometri ci lasciamo alle spalle la Provincia di Palencia. La città seguente è Sahagùn che altro non è che l’antica Sagunto, ben nota per le numerose volte in cui Roma Foro Romano Ci fermiamo per fare un po’ di spesa. Mangio un panino enorme e dell’uva, tanta fresca uva. Compro due litri d’acqua. La dura lezione del giorno precedente non l’ho scordata. In uscita da Shagun passo sul Puente del Canto, che supera il fiume dove l’Emiro Aigolando ha combattuto l’esercito di Carlo Magno. Fu, secondo la leggenda, uno scontro cruento. Alla fine in quarantamila giacevano sul terreno, ma le lance cristiane conficcate in terra fiorirono. Sulle sponde del fiume Diego, Thomas e un ragazzo di origine slovena riposano al sole. Io, che ormai sono lentissimo, non posso riposare e scelgo di non prendere la variante antica per la Calzada Romana, la via Traianea, che va direttamente a Mansilla della Mulas, allungando di qualche chilometro. Traiano, che fu il primo Imperatore romano proveniente dalla Provincia Iberica, sottomessa a Roma, creando o ristrutturando vie preesistenti, rese pregevole servizio, durante il suo impero, alla sua terra d’origine che, a quel tempo, era la prima fornitrice di Roma per ferro e argento (le pietre che si incontrano nel Cammino, da queste parti, sono argentate perché contengono tracce del nobile minerale). Dalla sua terra aveva ricevuto l’Imperium grazie agli eserciti spagnoli guidati fino all’acclamazione ad Imperator. Accorgendosi però che l’argento spagnolo per le monete non gli bastava, non diede corso legale all’oro, come accadrà più tardi provocando una forte spinta inflazionistica e finanziaria, ma grazie al suo enormemente ingrandito esercito imperiale rese servi- 47 Le Voci dell’Avvocatura gio a Roma, sottomettendo la Dacia, dalle ricche miniere di argento, sterminando gli autoctoni e imponendo i costumi di Roma con l’incoraggiare lo stabilimento di coloni contadini-guerrieri romani in quella regione che, da allora e per questo motivo, si chiamò Romania. Scelgo, anche per non perdere la compagnia di Michela e Alfredo, di compiere gli ultimi diciotto chilometri fino a El Burgo Ranero, la destinazione finale. parrocchiale dove in tanti sembrano convergere, Massimo decide di fermarsi nella cittadina di Bercianos del Real Camino. Mi invita a rimanere. Io ci penso un po’, davanti ad un caffè, ma alla fine proseguo, per tenere fede ai napoletani. Mancano a quel punto otto chilometri. Alla mia velocità, tre ore e mezza e più di Cammino. Preannunciato da una telefonata ai miei amici, arrivo a El Burgo Ranero all’ora di cena, sorpassato sulla strada da Thomas e dallo slavo che pur si erano concessi una sosta. Alfredo mi raggiunge all’arrivo. Mi ha trovato posto in albergo cittadino. Ci sono anche Michela, Maria Cristina e Piero, ormai a pieno titolo accolto nel gruppo. Non ho parole, riesco solo a dire: “dov’è l’albergo?”. In seguito Alfredo, al riguardo, mi dirà: “avevi una faccia talmente brutta che non mi è sembrato il caso di contraddirti”. Ceniamo tutti assieme dopo una doccia, uscito dalla quale sbatto la testa come non accadeva da giorni. La cittadina è piena di Pellegrini ma anche di giovani madri a spasso con due o più figli, segno di una popolazione in crescita e in salute. L’aria è sempre molto buona quando il caldo fa respirare. Vado a letto presto, per rilassarmi e riprendermi. Domani arriveremo nella grande città di Leon, ma non prima di altri trentasette chilometri. Lì potrò riposare, ma dovrò abbandonare il gruppo. Cosa che, in quel momento, temo di più. Superati i sobborghi di Sagunto, attraverso un viale che costeggia camping e centri sportivi, il Cammino continua su uno sterrato al bordo di una grande strada. Ad ogni incrocio tra la nostra e le strade che servono i vicini campi che incontriamo, è stata posta una croce. Alcune sono disegnate come le croci templari, hanno forma di una spada, dipinta di rosso, sulla sommità e un basamento giallo ocra. Altre invece, con la forma di piccole colonne decorate sormontate da una semplice croce, sono bifronti. Da una parte c’è il Cristo in croce, dall’altra l’Assunzione di Maria. Il significato è quello dell’Alpha e dell’Omega. Da un lato c’è il Divino che si fa Umano, dall’altra l’Umano che si fa divino nel consueto gioco di specchi. Questo tipo di croci domina l’intera Provincia di Leòn. Attratto dalla rinomata ospitalità fraterna di un rifugio Segue... 48 Foro Romano Attualità Forensi I contrasti giurisprudenziali e la nomofilachia C Giovanni Cipollone Avvocato del Foro di Roma i occuperemo oggi di un argomento di particolare importanza, quale è quello relativo ai “contrasti di giurisprudenza e alla nomofilachia”, che è stato oggetto di un convegno di studi che ha avuto luogo a Roma in data 20 marzo 2014, in occasione del IX Congresso per l’aggiornamento professionale. Le relazioni di insigni giuristi che hanno partecipato ai lavori sono state pubblicate su “Rassegna Forense”, la rivista trimestrale del Consiglio Nazionale Forense, di luglio-dicembre 2014. Come è noto, il termine “nomofilachia”, deriva dal greco e significa “osservanza delle leggi” o, forse meglio, “custodia delle leggi”, tenuto altresì conto delle eventuali discordanze tra la legge vigente e la realtà della vita. È un tema senz’altro affascinante che riguarda l’evoluzione del diritto nel tempo, i diversi indirizzi interpretativi, nell’intento di raggiungere la certezza del “diritto vivente”. Un esempio lampante di contrasto giurisprudenziale è fornito da alcune sentenze, pronunciate dalle Sezioni Unite sia in ambito civilistico che penalistico. Un grande giurista, Giovanni Fiandaca sosteneva la “creatività ermeneutica del giudice penale” affermando che “il re è nudo”. Ribadiva che “il giudice penale deve sempre misurarsi con il dato ed il fatto da inquadrare in poliedriche prospettive”. È infatti il giudice che alla fine deve scegliere l’abito più adatto a corredo della sua decisione finale. È stato più volte sostenuto che la vera funzione del giudice è quella di attuare “il diritto penale applicato”. Esiste cioè un momento creativo nell’interpretazione giudiziale che può discostarsi dall’astratto principio normativo previsto dalla legislazione originaria. Anche il Calamandrei sosteneva che, al di là della sacralità della norma, residuano, in capo al giudice, margini di libertà ermeneutiche che possono arrecare danno al raggiungimento della certezza del diritto. Si appalesa pertanto la indispensabilità dell’intervento della Corte di Cassazione e, alle volte della Corte Foro Romano Costituzionale per assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto oggettivo nazionale. Oltre ai numerosi studi in tale controversa materia, si devono apprezzare le considerazioni del Procuratore generale Gianfranco Ciani sul concetto di funzione nomofilattica. Sostiene l’illustre studioso che la “prima formula normativa (assicurare la ‘‘esatta osservanza della legge”) ricalca appieno la filosofia illuminista del rapporto giuridico-legge. Quest’ultima ha un’oggettività di significato univoca e l’interprete (il giudice è chiamato solo ad “estrarlo” da essa; prestando “osservanza” al testo normativo). Per ciò stesso è assicurata la nomofiliachia, potendosi dalla norma ricavare solo univocamente un significato. Dunque, se il giudice “osserva” la legge (nel duplice senso: a) di prestare osservanza, sottomettendosi ad essa; b) di scrutarne attentamente il suo senso letterale e logico) non vi può essere problema di divergenza interpretativa. Se l’osservazione della norma è “esatta” – secondo l’ideale, ancora una volta, illuminista, di un approccio geometrico dell’interprete – allora l’interpretazione garantisce la certezza giuridica, essendo uno ed uno soltanto il risultato ermeneutico possibile e giustificato dalla logica. Il giudice ancora è sempre “bocca della legge”. La Cassazione interviene solo allorquando tale “osservanza” non è, appunto, “esatta”: e cioè frutto di una presbiopia da parte del giudice, che non è attento nell’estrazione dell’univoco significato normativo e che dunque non ha correttamente osservato il precetto. Anche Cesare Beccaria, circa l’interpretazione della legge, parlava di “costante e fissa voce della legge” e di “errante instabilità dell’interpretazione”. Aggiunge il Ciani che “Inoltre, si concentra in capo alla Corte di Cassazione e l’attività di nomofilachia “delle norme” ed esclusivamente di esse. L’uniformità non è cioè funzionale alla “applicazione” delle norme, ma semplicemente della loro “interpretazione”. Non essen49 Attualità Forensi do un giudice di terza istanza, la Cassazione non può occuparsi né di “applicazioni” eterodosse della norma, ancorché correttamente interpretata dal giudice (perché ciò significherebbe far risaltare il “caso concreto” e dunque il fatto che vi sta alla base); né, tantomeno, di prassi giudiziarie non corrette. La “suprema” Corte fornisce solo un’interpretazione di norme, riducendo la pluralità ad unità ed esigendo l’adeguamento a tale “dictum” ermeneutico da parte dei giudici: e ciò, nonostante l’attività nomofilattica non si fondi sul valore vincolante del precedente, né la giurisdizione conosca una sovraordinazione gerarchica tra vertice di legittimità e giudici di merito. Vanno ricordati nella evoluzione storica del diritto gli sforzi profusi dai giuristi di ogni epoca per pervenire alla unificazione delle fonti del diritto. Nella antichità il re era fonte di produzione delle leggi. Il sistema romano poi, nell’esempio delle conquiste democratiche della civiltà greca, previde la molteplicità degli organi di produzione del diritto. Vogliamo ricordare che nel medioevo in un editto carolingio si legge “Lex consensu populi et constitutione regis fit” in quanto le norme volute dal re erano chiamate “capitula”, mentre quelle essenziali dell’assemblea erano “leges”. Più recentemente si dette vita alla metafora dello specchio in cui si riflette la fenomenologia giuridica, soggetta all’interpretazione del giurista. Con la scuola del Savigny: l’origine del diritto è nella coscienza popolare. Del resto, Cicerone nel “De Repubblica” aveva messo in risalto l’importanza del “populus” quale “coetus multitudinis iuris cosensu et utilitatis communione sociatus”. Va inoltre ricordata l’evoluzione storica delle funzioni attribuite alla Suprema Corte di Cassazione. Nella seconda metà del 1800 esistevano le Corti di Cassazione regionali. Il Regio Decreto 6 dicembre 1865, n. 2626, all’articolo 122 prevedeva che alla Corte di Cassazione spettava semplicemente di assicurare la “esatta osservanza delle leggi”. Con il Regio Decreto del 31 gennaio 1941, n. 12, all’articolo 65 del nuovo testo dell’ordinamento giudiziario, veniva stabilito che Compito della Corte di Cassazione era quello di “assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge per conseguire l’unità del diritto oggettivo nazionale. Successivamente, agli inizi degli anni ’90, nella previsione di allargare le funzioni del giudice di legittimità e probabilmente per il sovrapporsi delle leggi, alle volte tra loro contrastanti, gli orizzonti decisionali della Cassazione sono stati ampliati. Alla Corte non ci si rivolge esclusivamente per enunciare un principio di diritto, bensì di “estrarre una serie casistica, ottenuta per tipizzazione cui applicare quel principio” (cfr. Gianfranco Ciani nel suo predetto intervento al IX Congresso per l’aggiornamento professionale, Roma 20 marzo 2014). Con la nomofilachia, funzione istituzionale della Corte di Cassazione, si dovrebbe raggiungere l’obiettivo della certezza del diritto in ambito nazionale. Ben altre problematiche sorgono in materia di armonica uniformità interpretativa per pervenire alla “reductio ad unum”, in ambito di Comunità Europea, se si tengono presenti i parametri seguiti dalla giurisprudenza delle Corti europee di Strasburgo e Lussemburgo, che dovrebbero essere vincolanti per tutti i processi che fanno parte della Comunità Europea. Si tengano presenti, ad esempio, i temi relativi al giudicato penale e si considerino le soluzioni sovranazionali sui principi che afferiscono alla “ingiustizia del processo”. Sono due mondi paralleli che ruotano in irriducibili spazi di incertezza. Al momento non è possibile prevedere il futuro ed individuare i cerchi concentrici in cui collocare la discrezionalità dei giudicanti, probabilmente nel rispetto di schemi prestabiliti di sovranità limitata. Nel prendere ora in esame gli aspetti interpretativi della attuale normativa, relativa al codice deontologico forense, che ha abrogato le precedenti disposizioni legislative, tra cui la obbligatorietà delle tariffe minime ed il ripristino della quota lite, equiparando la attività forense a quella di un mercante (neppure qualificato), si sono verificate situazioni inqualificabili ed episodi di sconcertante denigrazione della attività professionale da lasciare allibiti. È ormai arcinota la notizia relativa ad una bancarella posta avanti l’ingresso di un Tribunale di una città del Nord Italia in cui un “collega” offriva al pubblico i suoi servizi, mostrando due cartelli che indicavano i prezzi molto contenuti delle sue prestazioni professionali. Sotto l’aspetto disciplinare da molti si è posto il proble50 Foro Romano Attualità Forensi pop-up di alcun tipo”. Non mancano attualmente attenti e severi conservatori, appartenenti al recente passato, che stigmatizzano la violazione deontologica meritevole di sanzione dell’intraprendente gestore della bancarella forense. Fra gli addetti ai lavori, un vecchio consigliere ha ricordato una sentenza disciplinare risalente al 1973 (Consiglio Nazionale Forense 25 febbraio 1972, in Rassegna Forense 1973, 512) che aveva sanzionato con la censura un avvocato il quale aveva avuto l’ardire di installare alla finestra del proprio studio due grandi scritte con l’indicazione del suo studio legale. Forse, dal punto di vista disciplinare, a prescindere da qualsiasi altra valutazione circa la esatta fattispecie normativa da inquadrare e interpretare e al di fuori di convincenti schemi concettuali, bisogna tenere presente l’art. 5 del vigente Codice Deontologico Forense che così recita: “l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro”. ma se nel caso in esame si possa configurare un illecito per aver posto in essere un metodo di accaparramento di clientela non consentito o se si verta nella ipotesi di concorrenza sleale. Il nuovo Codice Deontologico Forense, in applicazione del Decreto Legislativo 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248 negli articoli 17 e 17 bis ha dettato nuovi principi stabilendo che il contenuto e la forma dell’informazione debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, secondo criteri di trasparenza e veridicità, ricalcando in parte la vecchia disciplina ma aggiungendo nuovi precetti specialmente sulla modalità della informazione professionale. Il nuovo articolo 17 bis, nell’adeguarsi alle moderne tecnologie, ha anche previsto la utilizzazione dei siti web però sottolineando nell’ultimo comma che “il sito non può contenere riferimenticommerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o Foro Romano 51 Attualità Forensi Caramelle dagli sconosciuti T Sara Fusi Avvocato del Foro di Latina utta l’infanzia mi sono sentita ripetere da mia madre di non aprire la porta di casa e di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Mia madre aveva la capacità di impiantarti i suoi ordini in testa a una tale profondità che anni fa, cercando un regalo di nozze per degli amici, mi sono resa conto che giravo tra i cristalli esposti con le mani congiunte dietro la schiena (“mani dietro la schiena Sara! Se non tocchi nulla non rompi nulla!”). Da praticante e i primi tempi da avvocato ho vissuto nel bozzolo del grande studio, dove i clienti sono delle entità abbastanza astratte (quasi sempre dirigenti di società) che sai che esistono ma che solitamente non vedi, o se li vedi è in quel bell’ambiente protetto della mega sala riunioni con il tuo supercapo e altri come te. Quando hai uno studio tuo, o quando lavori in uno studio non mega, devi invece imparare ad aprire la porta agli sconosciuti e, anzi, doverlo fare è quasi una benedizione, perché quelle persone sono dei clienti, che alimentano la tua attività professionale. Ti trovi così davanti a persone sotto enorme stress e che spesso, soprattutto se ti occupi di penale, non sono esattamente degli stinchi di santo. Imputati in un processo penale o meno, le persone che ti trovi davanti hanno un problema e sono arrabbiate e frustrate per questo. Vedono in te la persona che li può salvare ma, al tempo stesso, una persona che guadagnerà grazie ai loro guai e un po’ ti odieranno, perché aver bisogno del tuo aiuto e dover pagare per averlo aumenta la loro frustrazione. E qui mi pongo, per la milionesima volta, il solito interrogativo: perché l’italiano medio è disposto a lasciare 300 euro sul tavolo di un medico per una visita eseguita in modalità Gesù Cristo (cioè senza spostarsi dall’al- tra parte della sua scrivania) ma gli prende una sincope anche per la minima parcella preparata secondo i parametri fissati dalla legge? Non lo sapremo mai, eppure ci dovremo combattere sempre. D’altro canto, come mi ripeteva il mio Dominus come molti altri Avvocati di esperienza, “a volte il cliente è il nostro peggiore nemico”. Combattiamo contro le sue menzogne, con le verità che saltano fuori in udienza all’improvviso; combattiamo contro i suoi silenzi a fronte delle nostre richieste, trovandoci a depositare all’ultimo secondo utile un documento richiesto mesi prima e sollecitato mille volte; combattiamo contro i suoi comportamenti scorretti, che ci scoprono a contatto con persone cui non vorremmo e dovremmo avere a che fare o che ci mettono in situazioni nelle quali non avremmo mai voluto trovarci; combattiamo contro la sua inadempienza perché, sempre più spesso, non ci paga. Il 2015 mi ha insegnato che il cliente può essere il nostro peggiore nemico anche perché può spararci in tribunale. E allora ripenso agli insegnamenti di mia mamma e mi domando: come ci difendiamo da tutto questo? In parte è fondamentale il ruolo dei Consigli dell’Ordine, che devono essere il punto di riferimento quando abbiamo un dubbio o quando, abbandonato il nido del Dominus, ci troviamo a volare nella tempesta con delle ali che ancora non hanno perso completamente il primo piumaggio. In parte, però, non possiamo difenderci, perché saremo sempre costretti ad aprire la porta agli sconosciuti, sperando e pregando che le caramelle non siano avvelenate. 52 Foro Romano Attualità Forensi Sono un Avvocato S Sara Fusi Avvocato del Foro di Latina ono quello da cui vieni quando sei nei guai, quando sei arrabbiato, quando hai un problema e non sai dove sbattere la testa. Sono quello che per andare a lavoro ogni giorno paga: l’affitto, le bollette, la macchina, la segretaria, la carta, le marche da bollo, il caffè per stare svegli a studiare. Sono quello che ti apre la porta di studio quando non ne puoi più del tuo matrimonio, quando lui/lei ti ha lasciato, quando ti pignorano casa, quando non paghi i tuoi debiti e quando i tuoi debitori non pagano te. Sono quello che ti fa uscire da studio anche se non hai versato quanto dovuto, mentre nemmeno al discount ti fanno portare via un litro di latte senza averlo pagato. Sono quello che quando gli sparano alle spalle in un tribunale, in una mattina di inizio primavera, lo pensano solo gli altri Avvocati, perché sono tutti preoccupati del magistrato e delle misure di sicurezza. Sono quello che viene svegliato alle tre del mattino perché ti sei fatto fermare in stato di ebbrezza, che salta la comunione del nipotino perché ti hanno fissato l’interrogatorio il sabato mattina, che non vede il saggio di danza della figlia perché la tua udienza finisce alle dieci di sera. Sono un Avvocato, forse lo sono sempre stato, anche prima di cominciare a esercitare, e sicuramente lo sarò tutta la vita, anche quando non metterò più piede in tribunale. Sono quello che sta dalla tua parte quando gli altri ti vorrebbero linciare, che ascolta le tue cazzate quando nemmeno tua madre ne vuole più sapere di te. Sono un Avvocato, e prima di usare questa parola senza sapere quanta sostanza c’è dentro, quanta fatica e passione c’è dietro, ecco prima di usare questa parola devi pensare. Sono quello che per fare il suo lavoro ha studiato tanti anni, poi ha fatto una pratica faticosa e spesso gratuita, e dopo di nuovo l’esame, la gavetta, l’incertezza, la paura, la responsabilità e l’aggiornamento continuo. Foro Romano Poi magari taci che è meglio. 53 Formazione continua Convegni organizzati dall’Ordine degli Avvocati 06.07 – Il DDL ‘Madia’ - Novità in arrivo in materia di organizzazione della P.A., procedimento amministrativo, società pubbliche e servizi pubblici 22.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (VIII giornata) 07.07 – Minori e uso di internet: opportunità o rischio? “Connetti anche la testa!” - Il progetto dell’Ordine degli Avvocati di Roma nei Licei romani 23.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (IX giornata) 07.07 – I grandi processi della storia - Alcibiade e Clodio 24.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (X giornata) 13.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (I giornata) 08.09 – III Convegno del Comitato Cina Europa China Law Society - Ripristinando la Strada della Seta (giuridica ed economica) (I giornata) 14.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (II giornata) 09.09 – III Convegno del Comitato Cina Europa China Law Society - Ripristinando la Strada della Seta (giuridica ed economica) (II giornata) 14.07 – RC Auto e DDL Concorrenza. Bilanciamento tra la tutela dei diritti e l’economia - Tavola Rotonda 17.09 – Ultime novità sui procedimenti di ADR 15.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (III giornata) 17.09 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (I giornata) 15.07 – La Voluntary Disclosure e il nuovo reato di autoriciclaggio 23.09 – Corso di formazione per tutori (I giornata) 24.09 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (II giornata) 16.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (IV giornata) 29.09 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del D.Lgs. 231/01 (I giornata) 17.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (V giornata) 30.09 – Corso di formazione per tutori (II giornata) 05.10 – Corso di formazione per tutori (III giornata) 20.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (VI giornata) 06.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del D.Lgs. 231/01 (II giornata) 06.10 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (I giornata) 21.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano all’Ordinamento (VII giornata) 54 Foro Romano Formazione continua 08.10 – Le recenti riforme in materia di fisco e giustizia: riflessi sulla professione D.Lgs. 231/01 (IV giornata) 28.10 – La responsabilità da reato degli Enti ex Decreto Legislativo 231/2001 - Indicazioni operative - La redazione dei modelli organizzativi - Il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza 12.10 – Corso di formazione per tutori (IV giornata) 13.10 – Giustizia e sicurezza come volano per il rilancio del Paese 28.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (III giornata) 13.10 – Fondi europei una risorsa per tutti: Avvocati e clienti 02.11 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (IV giornata) 14.10 – Subordinazione e autonomia dopo il D.Lgs. 81/2015 05.11 – Incontri sui riflessi della L. 7 agosto 2015 n. 124 (Legge Madia) sulle regole dell’azione amministrativa – Luci e ombre della Riforma “Madia” (L. n. 124 del 2015) 15.10 – La Mediazione: tra libertà di forma e vincoli deontologici 15.10 – La giustizia nel calcio: FIFA e FIGC a confronto 05.11 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (V giornata) 16.10 – Locazione: la morosità sopravvenuta (Le sentenze c.c. 169/2015 e Cassazione c.c. SS.UU. nn. 18213/15 e 18214/15) 09.11 – Spazi visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film Un pesce di nome Wanda (Un film commedia del 1988, diretto da Charles Crichton) 19.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (I giornata) 09.11 – L’alleanza educativa fra scuola e famiglia: criticità e prospettive 20.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del D.Lgs. 231/01 (III giornata) 10.11 – La difesa degli indifesi 20.10 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (II giornata) 10.11 – Conseguimento e mantenimento del titolo di Avvocato specialista nella materia del diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori (D.M. 12 agosto 2015 n. 144) 21.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (II giornata) 11.11 – Contratti infrasocietari per la gestione dei gruppi di imprese 23.10 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (IV giornata) 12.11 – Due percorsi per la soluzione rapida del conflitto: 1) stragiudiziale (adr) – 2) giudiziale (art. 185 bis cpc e 702 bis cpc) 27.10 – La legge fallimentare. Novità di una riforma non annunciata 27.10 – Il contributo unificato alla luce della decisione della Corte di Giustizia 6 ottobre 2015 13.11 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (V giornata) 27.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del Foro Romano 55 Formazione continua 16.11 – Le specializzazioni forensi: considerazioni “a prima lettura” 25.11 – Ti amo da morire... Amore e possesso nelle dinamiche nella violenza di genere. In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne 17.11 – Verso la conferenza Nazionale dell’Avvocatura: “Per un nuovo governo della Giustizia” 25.11 – Il pubblico impiego privatizzato dopo la Riforma Madia 17.11 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (III giornata) 25.11 – Omosessualità e Transessualismo nell’orizzonte giurisprudenziale 18.11 – Il nuovo codice deontologico e le funzioni del C.D.D. La nuova regolamentazione per l’accesso alla professione, la formazione e il titolo di Avvocato Specialista 27.11 – Interpello e ruling internazionale: le recenti novità della delega fiscale e il principio di collaborazione tra Stati 30.11 – Il diritto penale dell’ambiente. Responsabilità amministrativa degli Enti ex D.Lgs. 231/2011 18.11 – Incontri sui riflessi della L. 7 agosto 2015 n. 124 (Legge Madia) sulle regole dell’azione amministrativa – Focus: i riflessi della L. n. 124 del 2015 sull’azione amministrativa 30.11 – Condominio: le ultime riforme legislative 30.11 – Spazi visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film ‘I pirati della Silicon Valley’ (è un film del 1999 diretto da Martyn Burke) 20.11 – La responsabilità giuridica delle guide e degli istruttori nelle immersioni subacquee 20.11 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (VI giornata) 01.12 – Alimentazione, diete e percorsi dimagranti sicuri. Riflessioni dopo l’Expo 23.11 – Pubblica Amministrazione e Giudice Amministrativo alla luce della Legge n. 124 del 2015 Seminario di studio 01.12 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (V giornata) 23.11 – Spazi Visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film ‘Avvocato’ - Il processo di Torino al Nucleo storico delle Brigate Rosse - Un film del 2005 di Alessandro Melano e Marina Bronzino 04.12 – Consenso informato, responsabilità professionale e tutela della privacy all’interno delle strutture sanitarie. Profili ideologici e spunti di riflessione 10.12 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari 24.11 – Codice delle Assicurazioni dopo 10 anni dall’entrata in vigore. Luci ed ombre 11.12 – Responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c. anche nei confronti della Pubblica Amministrazione 24.11 – Problemi dell’arbitrato con pluralità di parti 11.12 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (VII giornata) 24.11 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (IV giornata) 12.12 – Superare il conflitto familiare al di fuori delle aule del Tribunale: mediazione e negoziazione a confronto 25.11 – Giornata mondiale contro la violenza sulla donna 56 Foro Romano Formazione continua 14.12 – La Mediazione: profili pratici e deontologici 16.12 – Locazione: l’esecuzione dello sfratto fra teoria e prassi 14.12 – Italia-Cina: prospettive di investimento e tutela legale 16.12 – Il nuovo concordato preventivo e altro 15.12 – Giochi pubblici: quale futuro senza confini certi del mercato legale? 18.12 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e Operatori del Servizio Sociale (VIII giornata) 15.12 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello (VI giornata) Foro Romano 21.12 – Ruolo e deontologia dell’Avvocato nell’era del Processo Telematico 57 Aggiornamento Albo a cura di Mauro Mazzoni Alla data del 31 dicembre 2015: Avvocati 16.747 Totale 24.910 Albo ordinario 22.701 Cassazionisti 8.163 di cui 888 Elenco Speciale Avvocati stabiliti 1.060 Praticanti (dall’1/1/2006) 4.693 Totale 6.179 261 Professori Abilitati 58 1.486 Foro Romano Aggiornamento Albo La grande Famiglia degli Avvocati romani Nel corso del secondo semestre del 2015, hanno prestato Giuramento 425 Avvocati. Questi i nominativi: Adunanza del 9 luglio Massimiliano BRACCI Gaetano BRIGUGLIO Elisa BRUNELLI Stefano CARNEVALI Gianni CECILIA Margherita CIRILLO Solange CIVICO Stefano CONTI Vincenzo CURIA Claudia D’ALESSIO Fabio DAMIANI PALUMBO Clara DATTI Claudia DE SANTIS Belkis ESPINAL CEBALLOS Micaela Patrizia FANELLI Claudio FELICETTI Simone FIORESE Alessandra FRANZIN Valentina GAROFANI Eleonora GIORGETTI Gabriele GIUSTI Massimo JERVOLINO Daniela LEZZERINI Chiara LETIZIA Monica MACRO Giuseppe MAROTTOLI Marco MARTINO Giuseppina MICELI Alessandro MOGGI Alessandro MONZIO COMPAGNONI Eleonora MUSCI Silvia ONOFRI Enrico Maria RINALDI Francesco RIPANDELLI Chiara RIVERUZZI Cristina ROMITI Alessia ROSATI Oscar ROSSI David SANCHEZ QUINTOS Francesca SEGARELLI Francesca SORRENTI Foro Romano Maurizia SQUINTU Lina STACHEZZINI Francesco VIVIANI Adunanza del 23 luglio Laura BATTAGLIA Francesca BRICCOLI Lucia BRUNI Andrea CASTELLANI Alessandro CORPOLONGO Giulia DAL CO Maria Valentina DI FAZIO Ermanno EREDDIA Pierpaolo FATIGA Maria Pia FLORE Donatella GIORDANO Rosa GIORDANO Paolo GIOVANELLI Giacinta GRAZIOSI Marco LAURICELLA Marta LONGO Valentina MASSARA Giovanni MAURI Claudio MAZZA Maria Pia MAZZOCCO Isabella MERLO Daniela MOGGI Giuseppe MORREALE Giordano MOSCATELLI Salvatore PEDICINI Raffaella PIAGGESI Giorgia TRIPOLI Marco VULTERINI Adunanza del 17 settembre Miriam ALIQUÒ Lorenzo ALLEGRUCCI Adelaide ANGELELLI Arianna ANGELUCCI Marco ANTONUCCI Aldo BELLOMO Valeria BICCHI 59 Aggiornamento Albo Claudia CALUORI Sarah CAPELLA Valentina CARMINUCCI Federico CASTORINA Susan Jane CLEMENTS Priscilla CONTI Simona CONTI Maria Sole CONTINIELLO Alessandro COPPOLA SURIANI Francesca CRIBARI Marta CUBISINO Carmela D’ALESSANDRO Ludovica D’APRILE Roberto DIMITRIO Paola DISTANTE Alessandra FABBRINI Matteo FERRANTE Roberto FERRARESI Mario FIUMARELLA, Filippo FOLLATELLO Oscar GRANATIERO Maria Jesus JUAN PARRA Nicola LA TRIGLIA Francesca MARCACCI Donatella MECCA Domenico MUSSO Raffaele MUZIO Alessia NEBBIOSO Giordano NOCCHI Elisabetta OLIVERI Silvia ORNELLO Cristiano Maria PACIFICI Manuela PETRONSI Federica PICA Caterina PISTOIA Roberta PERRELLA Sara REVERSO Antonia QUATTROMINI Edoardo ROMANI Massimiliano ROMANI Nazime RUSHITAJ Eugenio SANTAGATA Maria SAVARESE Teresa SERGI Giovanni SERINELLI Gisella SEVARDI Andrea SILVESTRI Claudia SPERANDII Ilaria STABILE Mattia TALLERICO Fabrizio TROTTA Maria Elena VALANZANO Federica VALENTE Francesca ZACCHIA Adunanza dell’8 ottobre Luisa ACCIARI Margherita AMITRANO ZINGALE Francesco BERNARDINI Silvia CALEFFI Silvia CANNISTRÀ Alessandro CAPONI Martina CARSETTI Ilaria CARTIGIANO Elisa CASCINU Lidia Maria Grazia CATENA Gloria CECCARELLI Fabiana CESARETTI Pamela Lidia CHIELLO Lorenzo Maria CIOCCOLINI Flavio CIOTTI Cecilia COGGIATTI Carmelo CONTENTE Matteo CORBÒ Davide CORTELLESI Flaminia COTONE Simona CRISTOFORI Dino CRIVELLARI Luca D’AMORE Lorenzo Saverio D’ATTILIA Antonio DE LUCIA Rocco DE NICOLA Ottavio DE STEFANI Cristina DE VITO Giuseppe DEIANA Valentina DELLE PIANE Goffredo DI NOTA Sabrina DUIELLA Manuel FALLARINO Alice FERRARI Francesco FERRI Valerio GIAMBUSSO 60 Foro Romano Aggiornamento Albo Antonio Pasquale GRASSANO Tomaso Giuseppe G.N. GRECO Claudio GRISOGONI Massimo GUIDI Maria Lilia LA PORTA Jacopo LIBERTINI Eleonora LISOTTI Elisa LOCATELLI Salvatore LOMBARDO Giada LOPPO Francesca LOTTA Maria Teresa LUCIBELLO Roberta LUGARÀ Giulia MARIUZ Carmelo Lorenzo MAZZEO Flavia MELILLO Carmine Antonio Andrea PERRONE Monica PIERONI Stefano SANTORI Giandomenico SCOLARO Enrico SIMONCINI Francesca ZINZI Nicolò GIACCAGLIA Fabrizio GIORGINI Ilaria GRAMACCIONI Martina GRIMALDI Giuseppe IMBROGNO Andrea INDINO Simona INTINI Gianlorenzo IOANNIDES Marco ISCERI Luca LANZI Mario LEDDA Marina LEONE Antonello LIARDI Virginia LOMBARDI Sara LUCIA Fabio LUONGO Francesco MAGNI Silvia MAISANO Francesca MANCINELLI Cristiana MARCHETTI Gillian MARCONI Gioia MARIANI Marco MARIANI Maria Teresa MARZANO Valeria MAURO Alessandro MERCANTI Federico Maria MERCURI Michela MERELLA Marianna MERIANI Francesca MIGLIAZZO Francesco MILO Pasquale MOSELLA Roberto MURONI Chiara NUZZO Silvia OTTAVIANI Daniele PACIONI Giovanni PALMIERI Chiara PALOMBI Gloria PANACCIONE Francisca PANSONI Daria PARAVANO Ludovica PAROLETTI Francesco PASTORELLO Luisa PECORARO Olivia PELO Paolo PEPE Adunanza del 29 ottobre Marco AFELTRA Valerio ARMANDOLA Marco BELLUCCI Paola BEVERE Giovanni Paolo BOSSI Riccardo BUCCI Maria Rosaria CAMARDI Alviana CANULLI Antonio CASTUCCI Francesco CAVALCANTI Francesca CERNUTO Celeste CHIARIELLO Alessio CICCHINELLI Maddalena DE ANGELIS Sonia DE BIASE Fabiola DE FABIANI Gabriele DI TRAPANI Cecilia FAZIO Chiara FERRARESI Michele FERRARI Eleonora FRANCO Giorgia GEMINI Foro Romano 61 Aggiornamento Albo Federica PIRAINO Manuela PISTOLESE Marianna PISTOLESE Claudia PRIORESCHI Marzia PROIETTI Luigi QUARATINO Annalisa RIGHINI Anna RINALDI Alfeo RIZZELLI Alessandra ROSSI Vincenzo SALVATI Giulia SANGERMANO Enrica SCARANTINO Eleonora SCHNEIDER Massimiliano Luigi SCIALLA Laura SDRUBOLINI Inyoung SHIN Valentina SICILIANI Linda SICILIANO Luca SPORTELLI Andrea STRAFACI Mariafrancesca TARANTINO Danilo TIGLIO Vincenza VALENTE Daniela VITALE Fabrizio ZENOBIO Chiara DI GIGLIO Maria Paola DIAMANTI Marilena FIORAVANTI Carlotta Guglielmina O. FRATTARI Francesco GIGLIONI Elena GIORGI Lavinia LUCARONI Eleonora MASINI Anna NATALE Daniele PITROLO Duccio POGGIANTI Enrico PROVENZANO Artemisia RICCIO Fabio RINALDI Vittoria Elvira SARDELLA Andrea STABILE Lorenzo STIPA Andrea TUNTURRO Giorgio VALENTINI Adunanza del 3 dicembre Carlo Alexios Neokli BARONE Pasquale Francesco BATTAGLIA Leopoldo BENEDUCE Giulia BOLDI Eduardo BRANDI Valerio CRESCENZI Daniela CANDELORO Marco DELLA CROCE Carmine DI MAMBRO Anna FAVA Giulio FIORAVANTI Michele FLORIO Alfredo FRATESCHI Barbara FUBELLI Luca GASPERINI Paolo GASPERINI Paola GIANNONE Sara GRECO Chiara MACCARI Martina MARMO Andrea PAGANO Luciana PICILLO Daniele POMPEI Lorenzo PADULO Federico PALUMBO Adunanza del 19 novembre Giovanni ACIERNO Benedetta AMBROSIO Claudia AURNIA Martina BARTOLOCCI Francesca BIANCHINI Enrico BIZZARRI Maria Stella BONOMI Francesca BRUNETTI Carlo CACCETTA Claudia CAPECELATRO Michele CARELLI Marta CAVALLO Federica CHIAPPETTA Valerio CIARROCCA Fabiana CIAVARELLA Cristina CORRIERO Daniela CORSETTI Francesca D’EMILIA 62 Foro Romano Aggiornamento Albo Giulia PIERINI Maria Letizia PLATANIA Letizia PROSPERO Maria Rosaria RASPANTI Giacinta RUSPOLI Roberta SCARINCI Luigi SECCIA Barbara TOZZOLI Giulia TREPIEDI Marta Giulia VILLANI Renato NIGRO Caterina PISTOCCHI Alessandra PRINCI Pierfrancesco QUADRI Marika RAGNI Federica RIZZO Guido SALVI Dora Paola SPOSATO Edoardo TOSCANI Domenico VOZZA Adunanza del 10 dicembre Eugenia ALVISI Laura BIELLI Valeria BORDI Giuseppe CARLOMAGNO Valentina CASERTA Doriana CAUCCI Benedetto CESARINI Maria Elena DI CARA Benedetta DI NOTO Laura DIONISI Luigi DONATO Alessio ELIA Ludovica Wanda Rita M. FUOCHI Nicola GALIZIA Lucia GALLO Alfonso GAMBARDELLA Letizia GIANNI Gianfranco GIORGIO Teresa GRATTERI Eleonora GRECO Alessio IODICE Alessandro LADELFA Francesca MAZZILLI Marco MERCURI Marco MIRAGLIA Edoardo MOLINARI Caterina MORO Alessandro MUSCIA Matteo NENZI Foro Romano Adunanza del 17 dicembre Riccardo ARCERI Edoardo CAMPO Manuela CARUCCI Davide DI FRANCESCO Anna GARRITANO Elisa GUARDIANI Laura LATINO Luca MANNINO Francesca Romana MARCHIONI Maria Francesca MEOMARTINI Lucilla MUSU Federico NARDI Rossana Maria OFFEDDU Sibilla OTTONI Martina PIANCONE Francesca RENZI Valentina ROMOLI Camilla ROSSI Paolo ROSSI Maria RUSSO Maria Rosaria SCIGLIANO Andrea SPAGNOLI Sarah SUPINO Davide Tommaso TECCI Luca VETTORI Benedetta VOLTAGGIO Gabriele VOLTAGGIO Claudia ZACCHIA Anastasia ZANDRI 63 Aggiornamento Albo Di seguito l’elenco dei 27 colleghi che ci hanno lasciato nel secondo semestre 2015: Luglio Giovanni DELLA PORTA – 01/09/1932 – Roma Andrea FRATTO – 19/08/1948 – Roma Michele GIORDANO – 14/03/1918 – Perdifumo Daniele TOSCA – 30/04/1977 – Castel San Giovanni Antonio TURCHETTO – 26/09/1921 – Latisana Carlo NERI – 27/06/1937 – Rimini Alessandra SANSONETTI – 09/11/1958 – Roma Ottobre Costantino CUTOLO – 18/12/1974 – Vico Equense Giacomo MEREU – 18/12/1921 – Cagliari Agosto Donato BRUNO – 26/11/1948 – Noci Valentino CALANDRELLI – 16/07/1946 – Stimigliano Marco CAVALIERE – 02/03/1958 – Roma Carmine CUOMO – 16/03/1943 – Vibo Valentia Gianrico PITTALUGA – 12/09/1921 – Roma Adriano VISENTIN – 14/07/1936 – Roma Novembre Francescantonio BORELLO – 05/03/1967 – Catanzaro Franco DELL’ERBA – 04/05/1937 – Monteroni Paolo FANINI – 23/06/1950 – Ascoli Piceno Camillo LORIEDO – 02/01/1946 – Roma Alessandro MICHENZI – 10/02/1966 – Roma Dicembre Luigi CHESSA – 05/03/1964 – Roma Angelo CORSI – 05/08/1917 – Grottaferrata Mario LANA – 26/10/1931 – Firenze Giovanni LOPEZ – 28/11/1934 – Gravina Di Puglia Settembre Massimo BARONI – 29/12/1934 – Roma Giuseppe GIDARO – 05/11/1963 – S. Andrea Ap. Jonio Paolo LUCERI – 21/08/1949 – Roma 64 Foro Romano