abito il vento

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abito il vento
Club Alpino Italiano
Sezione di Treviso
ABITO IL VENTO
diario di un 'aiuto-rifugista
7 settembre 2004 - essere di pianura Essere di pianura è stare dentro le cose. Credo sia il paesaggio abitativo più miope
che ci sia. Tutto quello che guardi è lì. Più in là non puoi vedere. Per questo noi della
Bassa amiamo i pioppeti. Tra filari e filari di tronchi lo sguardo si muove, va veloce.
La collina sospinge, incuriosisce. Segno gentile dei profili; interrotto, segnato, come
una partitura musicale, dai vigneti.
I rilievi sono altro: viene voglia di prenderli, aggredirli, camminarli per andare oltre.
16 settembre - il Monte Matajur La montagna, per me che sono di pianura, è molto più di una variazione del
paesaggio. E' distanza, ampiezza, abbracciare l'orizzonte.
Quando cadeva la prima neve, zio Franco passava a prendere noi bambini. Ci
caricava e ci portava quassù, sul Matajur. La strada mi sembrava così lunga, le curve
così tortuose, la montagna così alta.
Il Matajur per me era la montagna. Paesaggio sconosciuto.
17 settembre - genesi Dopo molti anni trascorsi ad abitare la pianura, anche se in campagna, mi
propongono di fare un'indagine proprio qui, nelle Valli del Natisone.
A tutti chiedo:w Mi potreste trovare una casa nelle Valli?
Ridono, pensano sia una battuta.
Fra loro c'è Ilario, un gentiluomo vecchio stampo, che a dicembre mi telefona:- Se
vuole, c'è una casa libera qui a San Leonardo ...
E' una casa vecchia, umida e triste: il più bel regalo di Natale che abbia mai ricevuto.
Concorso per un racconto sul tema:
Primo Classificato, Tiziana Perini
“Dalla vetta o dalla valle, il senso del rifugio”
Rifugio Antelao, 22 luglio 2006
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18 settembre - timore di un incontro Ma il Matajur non lo tocco, non oso neppure avvicinarlo troppo.
Ogni volta che imbocco la strada per casa, prima di svoltare a destra, guardo la sua
cima. Nonostante la mia passione per le camminate e le esplorazioni, ci metterò un
anno per decidermi a salire. Ed è una folgorazione.
Non ha nulla: è nudo, spoglio, poche rocce, rari animali, fiori, anche se splendidi, che
mi sono sconosciuti.
Eppure la sua voce, la voce del Matajur è una presenza. Fievole, carezzevole, alle
volte impetuosa. Sussurra e canta, ma sa anche gridare, fare paura.
23 settembre - al Rifugio Pelizzo E ora, sono qui al Rifugio Pelizzo, ad aiutare Isabella e Stefano, che lo gestiscono
con dedizione e amore da quasi vent'anni. Questo rifugio io lo chiamo "il Magnifico",
semplicemente perché vivo questo e non un altro.
Altre case aperte agli ospiti, altri rifugi stanno sospesi come nidi tra i rami, tra le
montagne del Friuli. Telefonano, ogni tanto.
− C'è gente?
− Come state?
− Piove ancora?
Stare in un rifugio rende le comunicazioni più dirette. Si diventa più selvatici.
25 settembre -Il Matajur è femmina Trascorro le mie giornate e le notti sospesa nella mia camera di legno, proprio tra le
braccia del Matajur.
Questa montagna per me è femmina.
Il Monte Nero, lì dietro, è maschio.
Il Matajur è una femmina grande e morbida. Accogliente anche se selvatica,
travolgente. Una notte in cui la vetta mi chiamava e sono salita al buio, mi ha
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Primo Classificato, Tiziana Perini
“Dalla vetta o dalla valle, il senso del rifugio”
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corteggiata un grande gufo. Roteava basso, più basso, senza far rumore e sembrava
che quasi mi accompagnasse.
Dalla cima verso la pianura un degradare di profili più o meno scuri e poi un dilagare
di luci. Laggiù, lontana, la pianura in cui sono cresciuta. Là il paese aperto, il detto.
Mi sento a casa in questo buio stellato.
30 settembre - il Monte Nero Dall'alto forse si diventa presbiti: ci si dimentica dell'immediato, del vicino, non lo si
vede più.
Dalla cima del monte si viaggia e non ci sono luoghi irraggiungibili.
Così pensavo del Monte Nero, fino a quando non l 'ho salito.
Ma lassù, lassù è stata gioia pura. E da lassù ho visto il Matajur.
Come l 'ho amato. Così dolce e disteso, nel sole.
2 ottobre - il vento del Matajur Potente non è l'altezza, del Matajur.
Potente qui è il vento, che sembra venire da molto lontano.
Batte sulle pareti del rifugio, tintinna sui vetri, fischia tra i rami, scuote
incessantemente le foglie.
Scuro, barbaro, fuorilegge, fuori misura.
Noi stiamo dentro il rifugio. Con la stufa accesa.
Sembra che tutto il resto: le Valli, la pianura, il Friuli intero, siano spariti. C'è solo il
rifugio, sospeso, nel vento.
4 ottobre -la saggezza dei semplici Un giorno verso un calice di vino a Vitale e gli dico: - Salute!
Lui mi guarda con il calice sospeso, lo riappoggia e mi dice: - Che bella parola! -
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7 ottobre - mia sorella Elisabetta Che bella parola, salute.
A giugno dello scorso anno c'era qui in vacanza mia sorella Elisabetta, debole,
magrissima.
Il tumore si era ripresentato. Ma lei era serena, diceva che quella malattia l'aveva
fatta risvegliare, ripensare al senso più profondo della vita.
La vedo curva, seduta all'angolo, con il suo maglione arancio, a dipingere le etichette
per le torte di Isabella.
Qui in rifugio è stata la sua ultima vacanza e sento che lei continua a vivere anche un
po' qui.
10 ottobre - scoprire il paesaggio Il paesaggio era per me un insieme di frammenti.
Il mio sguardo si spostava di frammento in frammento, da mia sorella ho imparato lo
sguardo più ampio e più profondo.
Qui, in rifugio, abbiamo continuato a progettare il nostro ritorno sul Cammino di
Santiago, ma dall'inizio, questa volta.
Nel 2002 ascoltai una relatrice di Lugo che raccontava delle moure, fate d'acqua
galiziane. Mostrò delle diapositive e disse:- Là dietro c'è Santiago -. E io vidi in quella
montagna innevata il profilo del Mauyur. Bet e io partimmo l'anno dopo, a gennaio.
Quest' estate io ci sono ritornata da sola, come avevamo progettato. Ma non ero
sola. E quando sono tornata nelle Valli, il rifugio mi sembrava il posto più adatto per
continuare ad esercitare semplicità, riflessione, e, a modo mio, anche preghiera.
Oggi, qui in rifugio, arrivano due ragazzi, zaino sulle spalle, che hanno dormito in
cima, nonostante il vento gelato.
− Ci stiamo preparando, perché sabato partiamo per fare il Cammino di
Santiago - dicono.
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Parliamo, a lungo.
Loro sembrano essere passati, a loro insaputa, per non farmi dimenticare.
Semplicità, guardare le persone negli occhi, coltivare il bene, il buono.
Ancora qui, ancora questo.
Così ogni cammino diventa il Cammino. Così ogni giorno sono sempre più grata
d'essere qui.
Quando oserò
Vedrò il lampo
Dentro l'occhio sinistro
E il taglio obliquo
Del tempo
Nei polsi
Batterà
Il tempo ineguale
della mia vita
accordata
al vento
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