Leopardi verso il Novecento: Il fu Mattia Pascal di L
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Leopardi verso il Novecento: Il fu Mattia Pascal di L
Leopardi verso il Novecento: Il fu Mattia Pascal di L. Pirandello e la crisi dell’io. Pirandello, Il fu Mattia Pascal (1904) Commento: il romanzo si apre con l’autopresentazione del narratore-protagonista, che offre una chiave di lettura delle sue memorie. Pirandello affida il punto di vista della narrazione a una persona che si accinge a scrivere le proprie memorie, mossa dal gusto di raccontare il proprio caso, apparentemente assurdo e inverosimile, di persona morta “due volte”, eppure ancora viva. L’unica certezza del protagonista è quella di chiamarsi Mattia Pascal, ma di non essere Mattia Pascal. Il nome, infatti, è una convenzione sociale grazie alla quale una persona è riconosciuta e si fa riconoscere, ma non dice nulla della sua esistenza. Non a caso, morto due volte, senza più possibilità di riconquistare un’identità sociale, il protagonista può vivere solo come “il fu Mattia Pascal”, cioè solo con quel passato remoto anteposto al nome che nel linguaggio burocratico sta a indicare una persona defunta, scomparsa per sempre. Attraverso un tipico attacco ex abrupto, cioè improvviso e spiazzante, Mattia Pascal concentra subito l’attenzione del lettore sul problema del suo nome, preannunciando così quella che sarà la tematica principale del romanzo: la vana ricerca di un’identità individuale. Nel presentare il suo anomalo caso, infatti, il protagonista lascia infatti intendere di essere morto già due volte e di aver perduto persino quella minima e fondamentale certezza di sé che ciascuno ripone nel suo nome proprio, emblema dell’unitarietà coerente del soggetto. Pirandello e la critica del progresso (Il fu Mattia Pascal, cap. XI) Pascal ha assunto l’identità di Adriano Meis e si reca a Milano, dove sperimenta la realtà delle macchine e dell’industrializzazione. Si aggira per le strade come “uno spettatore estraneo”, istupidito dal fragore delle macchine e dell’industrializzazione. Come uno spettatore, non vive, ma guarda vivere; essendo estraneo, non partecipa alla vita, ma la osserva da fuori. È l’esistenza stessa della folla e la prevalenza delle macchine a favorire questo atteggiamento distaccato. La meccanizzazione produce una sorta di estraniamento dell’uomo dalla vita vera. Il passo è tratto dal capitolo IX del romanzo Il fu Mattia Pascal scritto da L. Pirandello agli inizi del Novecento (1904). Quali analogie puoi riscontrare con la riflessione leopardiana al centro dell’operetta che hai letto? 1) In primo luogo la critica di una di una certa idea di progresso fondata sulla meccanizzazione e automazione di tutti i processi produttivi e delle mansioni affidati un tempo alla forza e al lavoro dell’uomo o degli animali. Tale progresso che sottrae all’uomo l’onere della fatica e dunque la sofferenza non equivale però alla felicità. 2) In secondo luogo le invenzioni moderne, come l’elettricità e il tram, pur semplificando la vita umana, ne hanno alterato i ritmi naturali (si pensi alla dilatazione del tempo attivo prodotta dall’invenzione dell’elettricità e della luce elettrica) e sono la causa di una vita frenetica all’insegna del rumore assordante. 3) E in ogni caso, pur facilitando la vita, le macchine non sono la risposta alla domanda di senso che è alla radice dell’esistenza umana: la vita è una briga vana, è un vano affannarsi, una corsa continua che le macchine rendono ancora più vana. La seconda parte del passo presenta una digressione sul dialogo con un canarino in gabbia, e serve a introdurre il tema della distanza tra uomo e natura. Quest’ultima appare leopardianamente distante e muta, oltre che indifferente alla sorte umana; Pirandello riprende e accentua un altro tema già caro a Leopardi: il trionfo dell’artificiale tecnologico comporta una accresciuta distanza dalla natura. Rifacendosi al modello filosofico leopardiano e attualizzandolo, Pirandello ha così modo di criticare la tradizione romantica e simbolistica (della seconda metà dell’Ottocento), che vede una corrispondenza e quasi un’intimità tra interiorità e natura, e di mettere al centro il tema nuovo e angoscioso dell’uomo del Novecdento, gettato in mezzo a una vita artificiale e privato della propria individualità autentica (alienazione).
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