Lezione 2 - A. Venturi
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Lezione 2 - A. Venturi
LANDART DIALOGHI CON IL BOSCO LANDART Forma d’arte contemporanea, nota anche come Earth Art, Earth Works («arte della terra», «lavori di terra»), nata verso il 1967-68 negli Stati Uniti e caratterizzata dall’abbandono dei mezzi artistici tradizionali per un intervento diretto dell’operatore nella natura e sulla natura. Il nome derivava da una mostra tenutasi a New York nel ‘68 in cui vi era un elemento che accumunava tutti i lavori, la terra. In tale scelta era insito un rifiuto del museo, come luogo dell’opera d’arte, e del mercato artistico: le opere hanno per lo più carattere effimero e restano affidate specialmente alla documentazione fotografica e video, a progetti, schizzi ecc. Gli artisti che hanno individuato nella natura la loro area operativa, infatti, non puntano tanto al risultato quanto al processo e alla realizzazione di un’esperienza esemplare; donde l’affinità che lega questo tipo di ricerca all’arte concettuale e, più in generale, all’arte di comportamento. Fu il film Land Art, realizzato da Gerry Schum, a dare il nome al movimento artistico. Il titolo del film, nato come abbreviazione di LANDSCAPE ART (arte nel paesaggio) divenne un ‘marchio’ per tutte le opere d’arte realizzate nel paesaggio, e che utilizzavano il paesaggio come materiale. Schum, che ricoprì i ruoli di regista, produttore e operatore, cercava un nuovo spazio per l’arte e pensava che la tv fosse adatta a democratizzare l’arte: il film fu presentato come una esposizione televisiva alla quale parteciparono otto artisti americani e europei. Il film fu trasmesso un’unica volta. http://www.artribune.com/2015/09/land-art-oltre-il-sublime-in-un-filmla-grande-avventura-di-un-gruppo-di-artisti-pionieri/ A fianco, l’opera di Jan Dibbets che consisteva nel riprendere un’escavatrice che andava avanti e indietro su una spiaggia, mentre tracciava un trapezio. In tv il trapezio veniva percepito come un quadrato. Spesso le opere di Land art si basano sulla serialità, l’uso di forme minimali, semplici e a volte prevedono persino l’utilizzo di materiali industriali. La prima opera di Land art è quella di Herbert Bayer quando viene incaricato nel ‘55 di realizzareun parco. L’architetto realizza Earth Mound, una collina artificiale che cambia radicalmente la visione del paesaggio. Le opere in America sono spesso molto costose, modificano in modo aggressivo il terreno e sono molto più grandi, mentre in Europa le opere sono più semplici e più contenute nelle dimensioni. WALTER DE MARIA ambientò il suo celebre Lightning Field del ‘77 in un’arida, selvaggia pianura del Nuovo Messico circondata da montagne. L’opera consiste in una serie di sottili pali d’acciaio, alti sei metri circa, disposti in file distribuite su una superficie di circa un chilometro quadrato. I pali si evidenziano riflettendo la luce dell’alba e del tramonto, e durante i temporali attirano i fulmini, mettendo così in risalto la forza degli elementi. La risposta europea alle monumentali opere americane la dà l’artista britannico RICHARD LONG, realizzando opere di Land art con la sola azione del camminare. Richard Long, opere pittoriche La Land Art nasce da un atteggiamento che si oppone al figurativismo della Pop Art e alle fredde geometrie della Minimal Art, e che, con il richiamo a temi ecologici, vuole contrapporsi al tecnicismo e all’urbanesimo esasperati della società contemporanea. Tra gli artisti più noti gli statunitensi W. De Maria e R. Smithson, gli inglesi R. Long e B. Flanagan, gli olandesi M. Boezem e J. Dibbets. L’opera è progettata in funzione del luogo nel quale sorgerà, tenendo presenti le caratteristiche ambientali per sottolinearne alcuni aspetti: questo tipo di opere sono oggi definite site specific. Alcune volte vengono utilizzati materie e materiali presenti sul posto nel quale l’artista lascia il proprio segno. Talvolta le opere sono interventi nel/sul paesaggio che sottolineano il passare del tempo o, in altri casi, l’opera si configura come recupero ambientale. Si ricordano i solchi tracciati in un campo di grano e sulla riva ghiacciata di un fiume, nonché lo scavo profondissimo effettuato nel deserto del Nevada, a opera, rispettivamente, degli statunitensi D. Oppenheim e M. Heizer; o anche i numerosi impacchettamenti con materiale plastico e corde di isole, monumenti e terreni a opera di Christo e Jeanne Claude. CHRISTO e JEANNE-CLAUDE, The Gates, 1979-2005 Risale al 2005 l’installazione temporanea di una monumentale opera d’arte realizzata da Christo e Jeanne-Claude a Central Park. Concepito già nel 1979 e respinto dall’amministrazione di New York City nel 1981, il progetto fu approvato dall’amministrazione Bloomberg nel 2003. L’opera era composta di 7503 porte di vinile alte quasi 5 metri con pannelli di tessuto color zafferano, disposte su 37 chilometri di vialetti del parco. The Gates è una sorta di fiume color zafferano, e le persone che attraversano a piedi queste porte monumentali hanno l’impressione di trovarsi un soffitto dorato sopra la testa. Interamente finanziata dalla coppia di artisti l’installazione è rimasta al suo posto per sedici giorni, poi è stata rimossa e i materiali riciclati. Si è trattato di un evento storico, un’esperienza piacevole e memorabile per gli abitanti della città e per i turisti. ROBERT SMITHSON Nel ’67 l’artista ideò una serie di opere poi esposte in galleria, definite Nonsites. Consistevano in fotografie aeree o carte topografiche di un luogo particolare, di fronte alle quali si trovavano contenitori a forma di trapezio con terra, rocce, o altri elementi provenienti dal luogo rappresentato. I Nonsites erano espressione di una dialettica fra lo spazio esterno e quello interno. In un’altra serie di opere che vennero esposte in galleria, Rock Salt and Mirror Square, dei pezzi di sale solidificati, posti su uno specchio, si scioglievano gradualmente. Nell’aprile del ’70 l’artista iniziò a lavorare alla famosa Spiral Jetty in una zona industriale abbandonata dell’Utah, dove si trovava il Great Salt Lake: si tratta di un’enorme spirale nel lago, formata da 6.500 tonnellate di terra e rocce. Prima di realizzarla, Smithson si documentò sulla mitologia, la biologia, la geologia e la storia della regione. In un saggio pubblicato in seguito, egli descrisse questo paesaggio devastato da cercatori d’oro, di petrolio e dalle miniere. “Tutte quelle strutture incoerenti mi davano grande piacere. Mettevano in risalto una serie di interventi umani, impantanati in speranze abbandonate”. Quest’opera, che pochi poterono vedere, è conosciuta attraverso fotografie e un film dell’artista, dove vengono evidenziate le trasformazioni subite da quella parte di terra nel corso delle ere geologiche, mentre passato e futuro s’intersecano e sovrappongono nella visione dell’autore. https://www.youtube.com/watch?v=Cg_iJp6LAUc http://spiraledmind.tumblr.com/spiraljetty Il pensiero di Smithson, espresso in parecchi saggi che ebbero notevole influenza, è incentrato sull’idea di entropia: tutte le cose stanno perdendo energia e si disgregano, l’universo ritornerà a uno stato dove la materia è indifferenziata. La terra e l’uomo sono coinvolti in questo processo cosmico verso la dissoluzione: in questa visione pessimistica ogni idea di progresso non ha senso. Egli preferiva ambientare le sue opere in luoghi che rivelassero la loro storia geologica, i disastri e i sommovimenti nel corso dei millenni, ma anche la storia dello sfruttamento da parte dell’uomo, come miniere o zone industriali abbandonate, squallide periferie che ricordavano i paesaggi desolati di alcuni scrittori di fantascienza. Per le sue opere più note, realizzate negli anni seguenti in spazi aperti, Smithson usò materiali come colla, cemento, vetro frantumato, asfalto, talvolta attirando su di sé le critiche degli ambientalisti, anche se in realtà egli si proponeva di risanare e recuperare gli spazi abbandonati e devastati dalla produzione industriale e auspicava per l’arte un ruolo di mediatrice tra industria ed ecologia. Progetto per Spiral Jetty Yucatan Mirror Displacements In Italia esperienze di Land art si sono avute soprattutto in rapporto con la corrente dell’Arte Povera. Anche questi artisti utilizzano materiali “poveri” o in disuso (terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali) con la volontà di ricreare un’espressione originale, spesso con il ricorso alla forma dell’installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente e a quella della “performance” un’azione artistica, generalmente presentata a un pubblico, che spesso investe aspetti di interdisciplinarità. GLI ANTECEDENTI IN SINTESI Boccioni, all’inizio del Novecento, aveva già ipotizzato un dialogo diretto tra la scultura e l’ambiente in cui essa si trovava e in seguito è Duchamp a dare un primo contributo all’arte ambientale quando, negli anni ‘30 a Parigi, appende al soffitto milleduecento sacchi di carbone rovesciati e vuoti un ambiente scuro che costringono il visitatore ad aggirarsi con una torcia in mano. Nel 1949 Lucio Fontana usa le lampade di Wood, un tipo particolare di sorgente fluorescente priva di polveri interne al tubo, inventata nel 1913, in grado di produrre la cosiddetta luce nera. Egli crea forme astratte e immateriali che provocano uno spaesamento nell’osservatore. Negli anni ‘60 l’opera di Pino Pascali 32 metri di mare può essere letta come opera ambientale perché l’opera interagisce con lo spazio. Nel ‘59 Pinot Gallizio mette in scena un ambiente che chiama la caverna, l’artista utilizza terra dipinta per ricoprire le pareti, il soffitto e il pavimento dello spazio espositivo, creando cosi una sorta di caverna primordiale. Pino Pascali, 32 metri di mare M.Duchamp. A destra, la caverna dell’antimateria di Pinot Gallizio Lucio Fontana Negli ultimi anni la tecnologia ha offerto agli artisti nuove sorgenti luminose da utilizzare nei modi più disparati. I LED, in particolare, essendo potenti ma miniaturizzati, sono stati scelti per grandi interventi di land art e anche per installazioni adatte agli interni. Un rappresentante del gruppo dell’Arte Povera per il quale è fondamentale lavorare nella natura è Giuseppe Penone: egli ricerca con essa una relazione diretta, quasi fisica. In una delle sue prime opere, impresse la forma del suo corpo sulla corteccia di un albero: la sagoma fu conservata e inglobata dall’albero nel processo di crescita. L’albero è un elemento ricorrente nella produzione di Penone, in opere che sottolineano il passaggio del tempo. Secondo il suo modo di sentire “non è tanto l’uomo che si immerge nella vasta totalità della natura, ma è quest’ultima che s’infiltra nelle cose e le penetra. La “memoria del bosco” impregna il mondo naturale e diviene una visione fantastica della vita quotidiana. L’identificazione con le forze naturali è evidenziata anche da opere come Patate o Zucche, forme vegetali riprodotte in bronzo, dove l’artista ha modellato i tratti del proprio volto, in seguito mescolate a tuberi naturali. Questo sembra alludere a un desiderio di sparizione, alla negazione della propria identità. Le sue opere ricordano anche la tradizione manierista dei “grotteschi” per l’atteggiamento ludico e fantastico, il confondersi di mondo vegetale e mondo umano. L’idea di metamorfosi è fondamentale nella sua arte: presente sia nella tradizione germanica (il pensiero di Goethe) sia in quella italiana (Ovidio, Dante, la Dafne del Bernini). ARTE SELLA Arte Sella è un’iniziativa nata nel 1986 a Sella Valsugana, a 9 km. da Borgo Valsugana, in Trentino, per offrire ad artisti delle regioni dell’arco alpino un’occasione di vita e di lavoro in comune nella natura e per creare una sorta di museo all’aperto. Dalla terza edizione si costituisce un comitato scientifico internazionale che invita gli artisti e valuta i progetti. Interessanti i criteri ai quali il Centro si sarebbe ispirato, così delineati: 1. “L’artista non è più il protagonista assoluto, come avveniva solo qualche anno prima con l’esperienza della Land Art, caratterizzata da segni fortemente “impressivi” nel territorio. 2. La natura va difesa come “scrigno della memoria” dell’individuo. 3. Il rapporto con l’ecologia si modifica: la natura è interpretata nella sua essenza, è una fonte di sapere e di esperienza. 4. Le opere fanno parte di uno spazio e di un tempo specifici al luogo di intervento. Non fanno parte di un luogo circoscritto e privilegiano l’uso di materiali organici non artificiali. Le opere escono dal paesaggio, lo abitano per poi tornare secondo i tempi della natura a farvi parte”. L’attività di Arte Sella continua tuttora. È stato creato un percorso di quattro chilometri nei boschi della valle che si arricchisce ogni anno di nuove opere, mentre altre sono state distrutte dagli elementi e riassorbite dalla terra. LA CATTEDRALE VEGETALE di Giuliano Mauri Dal catalogo“Arte Sella 2001”: La Cattedrale Vegetale, ideata dall’artista lombardo Giuliano Mauri, è il progetto principale dell’edizione 2001 di Arte Sella nell’ambito degli “Incontri Internazionali Arte Natura” ed è stata realizzata con l’apporto fondamentale del Servizio Ripristino e Valorizzazione Ambientale della Provincia Autonoma di Trento. È ubicata nei pressi di Malga Costa ed ha le dimensioni di una vera cattedrale gotica composta da tre navate formate da ottanta colonne di rami intrecciati, alte dodici metri e di un metro di diametro; all’interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane carpino. Le piante cresceranno di circa 50 centimetri all’anno. Con i tagli e le potature saranno adattate a formare fra qualche anno una vera e propria Cattedrale Vegetale. La struttura ha un rettangolo di base di 82 metri per 15, un’altezza di 12 metri e copre un’area di 1.230 metri quadrati. Nel corso degli anni gli artifici costruiti per accompagnare la crescita delle piante marciranno e lasceranno completamente il posto ai carpini: allora la natura avrà preso il sopravvento. Rimarrà però indelebile la traccia del dialogo con l’uomo che la natura non dimenticherà. GIULIANO MAURI, altre opere Voliera per umani, Parco di Monza L’albero dei cento nidi, Lecco Nel 1992 il progetto dell’Albero dei cento nidi, una gigantesca quercia, isolata nell’aperta campagna lodigiana, viene caricata dall’artista di un centinaio di manufatti vegetali intrecciati, ognuno diverso, che si mimetizzano, ma non in misura completa, tra le fronde dell’albero in primavera e in estate e danno di questo un’immagine inedita nel lungo inverno di neve. La Casa della memoria, St. Louis, Missouri “Nel 1997 al Laumeier Sculpture Park & Museum di St. Louis nel Missouri, ho impalcato una grande costruzione elicoidale, La casa della memoria, inerpica il cielo e produce un percorso abitativo. E più allarghi la base, più alzi il potenziale di sviluppo: un vortice gioioso di prati, di pascoli, di animali.” Non si può parlare di Land Art senza citare Joseph Beuys , nato nel 1921 in Germania, figura profetica ed emblematica, uno dei personaggi più significativi delle correnti concettualistiche della seconda metà del Novecento, precursore di problematiche ambientali, politiche e culturali. Fu anche fondatore del movimento dei Verdi in Germania, dell’Organizzazione per la Diretta Democrazia e della Free International University. Durante la seconda guerra mondiale è pilota dell’aviazione tedesca. Prende parte all’offensiva tedesca contro i russi, ma il suo aereo viene abbattuto. Beuys riesce a salvarsi perché trovato, quasi assiderato, da un gruppo di tartari nomadi che lo curano ricoprendolo di grasso e pelli di feltro. Questa esperienza e la crisi di coscienza a essa legata condizioneranno la sua futura attività artistica. Le azioni concettuali, le installazioni, le performance sociali, naturalistiche ed ambientalistiche, diventano per l’artista tedesco un impegno morale, didattico e politico. Attraverso le sue opere, trascendenti e geniali, e gli oggetti realizzati con l’impiego di materiali come il feltro e il grasso, Beuys vuole generare consapevolezza critica nel pubblico, suscitare in ognuno una propria personale percezione del valore dell’arte, ricongiungendosi al pensiero di Goethe “una volta assicurata l’esistenza, l’uomo è creativo”. In ogni sua opera è alla ricerca incessante di un’armonia profonda con se stesso, gli uomini e la natura. Per l’artista tedesco, l’uomo è il custode di un’energia in grado di modificare il mondo, dunque ciò che conta è la palingenesi, la scoperta individuale di questo potenziale d’energia per trasformare il pianeta. Motore fondamentale di tale processo è la creatività. JOSEPH BEUYS, SCIAMANO DELL’ARTE Per diffondere la sensibilità ecologica tra la gente Beuys dà vita a quello che viene considerato il suo capolavoro. Si tratta del progetto Difesa della Natura che inizia nel 1982 e si protrae fin dopo la sua morte, avvenuta nel 1986. Esso consiste nella piantumazione di 7.000 querce nella città di Kassel e di 7.000 piante diverse e rare a Bolognano in Italia. 14.000 sculture vive. Occorreranno 300 anni perché le 7.000 querce diventino il bosco immaginato da Beuys che è riuscito a trasformare un’azione ordinaria come quella di piantare alberi in un grande rito collettivo capace di evocare i significati più profondidel rapporto fra l’uomo e la natura, e di ripensare il ruolo sociale dell’artista. Il credo di Beuys, la sua filosofia e i suoi slogan diffondono amore e fraterna collaborazione fra uomini liberi, valori di cultura, rispetto ambientale, integrazione interculturale e interdisciplinare: “Arte =Vita”, “Ogni uomo è artista”, “La rivoluzione siamo noi”, “Difesa della Natura”. La necessità della rivalutazione della parte naturale di noi per la formazione di un uomo nuovo, in armonia con se stesso e creativo, è il tema fondamentale del pensiero di Beuys, quale ritorna prepotentemente anche l’idea romantica di natura, concepita come l’Unità del Tutto, dove l’uomo è un frammento di questa unità. Per Beuys, che si ispira a Steiner, oltre che a Schiller, Schelling, Goethe e ai romantici tedeschi, in tutte le cose, anche nei minerali, vive lo Spirito, che trova la sua massima espressione nell’autocoscienza umana. LANDART? Abbiamo dunque visto che il termine Land Art - e le opere a esso riconducibili- è variabile, complesso e denso di significati. Le prime forme di quella che sarebbe stata definita poi Land Art (ma che avrebbe compreso anche Earth Art, Eco Art e Art in Nature), nata nel crocevia culturale di New York e nei territori sconfinati dell'Ovest americano, in seguito definisce una serie di artisti ed opere caratterizzati da approcci differenti, spesso contrastanti fra loro. Per questo aspetto la Land Art non può essere accettata come movimento, ma come una fitta e impalpabile trama di opere con affinità concettuali e che hanno l’ambiente come oggetto. Questi progetti sono principalmente scultorei, in quanto creazioni tridimensionali o basati sulla performance, in quanto orientati verso un processo, un luogo, un tempo. Il fine di tali opere è di documentare il modo in cui il tempo e le forze naturali mutano gli oggetti e i gesti, alternando aggressività e senso di protezione nei confronti del paesaggio. Le opere riconducibili alla etichetta Land Art e all’Arte Ambientale includono un’ampia gamma di realizzazioni artistiche: • progetti di scultura in un’area specifica, che utilizzano • i materiali dell’ambiente per creare forme nuove o per modificare la nostra idea di paesaggio; • programmi che inseriscono oggetti nuovi e inconsueti nel contesto naturale con scopi analoghi; • attività individuali incentrate sul concetto dell’azione del tempo sul paesaggio; • interventi di gruppo con finalità sociali; • quasi tutte le esperienze sono realizzate in situ (site specific). Nido di drago, opera di Land art di Marco Nones nella Foresta dei Draghi del Latemar (Predazzo. Gardoné) Per cercare di individuare meglio le principali opere di Land Art e per comprendere l’evoluzione che questo tipo di arte ha subito o altre forme artistiche che, in qualche modo, ha generato, si possono distinguere quattro principali gruppi di opere suddivisi in base al gesto principale che l’artista intraprende per realizzarle e che costruisce una relazione con gli elementi naturali. MANIPOLARE AGGIUNGERE IMPRIMERE MOSTRARE IMMAGINARE MANIPOLARE R.Long S. Meyer M.Heizer D.Oppenheim Artisti come Smithson, Oppenheim, De Maria e Heizer si dedicarono a pratiche finalizzate a smantellare l'oggetto artistico tradizionale, tra cui: • l’asportazione (tagli, buchi etc.), • la durata (lo spazio mutante come fattore temporale), • il deterioramento (decomposizione di materiali organici e inorganici), • la sostituzione (trasferimento di materiali da un contesto all'altro), • la dispersione (disegni prodotti dalla forza di gravità sotto forma di macchie, colate, frane, etc), • la crescita (semina e raccolta), • i segni (motivi temporanei e casuali realizzati su superfici pubbliche) • il trasferimento di energia (decomposizione, sterilizzazione). AGGIUNGERE Man Ray Christo e Jean Claude Anish Kapoor Gli artisti attraverso questa azione esprimono il tentativo di stabilire un legame tra l'ambiente e l'attività umana attraverso l'uso di materiali ed elementi artificiali ed estranei al luogo. Ne è esempio il lavoro di Christo e Jean Claude, con i loro impacchettamenti di monumenti e di luoghi naturali. Le loro opere furono spesso oggetto di critiche, per il fatto che non usassero materiali compatibili con l’ambiente e che mettessero a rischio la purezza del contesto in cui operavano, richiamando l’attenzione più su tutto il processo preparatorio che sul risultato senza permettere di conoscere meglio la natura. Christo, nelle sue opere prende ispirazione dall’opera L’enigma di Isidore Ducasse (dove una macchina per cucire è avvolta in una coperta con dello spago) di Man Ray. Utilizza l’impacchettamento come maniera per rendere più evidente il mistero che avvolge l’oggetto nella civiltà. Artista eclettica fu Nancy Holt, moglie di Robert Smithson, che realizza principalmente strutture con l’idea di rinchiudere e circondare gli spettatori puntando sull’idea di percezione dello spazio e dell’ambiente. I pattern della luce solare e del chiaro di luna, gli allineamenti astronomici e o i riflessi dell’acqua costituiscono una parte essenziale di molte sue sculture (Sun Tunnels). Nelle sue Buried Poem (1969-1971), la Holt dedica a Micheal Heizer, Carl Andre, John Perrault o Robert Smithson delle poesie che poi sotterra in luoghi le cui caratteristiche fisiche, spaziali e atmosferiche siano legate ad ogni singolo destinatario a cui fa recapitare una mappa con cui poter trovare la poesia, corredata con foglie o campioni di rocce provenienti dai luoghi di sepoltura. IMPRIMERE Ana Mendieta L’artista imprimendo instaura un rapporto intimo con la natura. Talvolta crea mediante il corpo, un legame con l’ambiente organico basato sulla performance e le dimensioni della sue opere sono in relazione con quelle del corpo stesso. L’attenzione per il legame primitivo e simbolico con la terra dà luogo a moderne forme di rito. Talaltra, invece, reagisce alla monumentalità della prima Land Art con opere effimere, tra cui le sculture nate dalla semplice azione di camminare negli spazi naturali, in cui si limita a riallineare elementi per segnalare il proprio passaggio. In altri casi il corpo diventa uno strumento per tracciare una mappa del paesaggio e l’opera è la documentazione fotografica di tali percorsi. Richard Long Si ricorda qui il lavoro di Ana Mendieta (1948-1935) cubana di nascita e americana d’adozione, nella serie Silueta (1979), intagli ed earthwork creati in paesaggi naturali in cui imprimeva la propria presenza nel paesaggio con fango, rocce, muschio, fiori, il cui significato si accompagnava ai riti individuali di guarigione, purificazione e trascendenza. Memorabili sono le performance di imprimatur sull’erba del già citato Richard Long che cammina per giorni spesso in luoghi lontani dalla presenza umana. Queste esperienze le cui tracce sono documentate con mappe e fotografie in bianco e nero, sono spesso corredate a sculture realizzate con materiali naturali trovati nell’ambiente. A line made by walking (1967) è la fotografia di una linea impressa sull’erba camminando.ripetutamente avanti indietro in linea retta. MOSTRARE A.Denes Tree Mountain A living time capsule H. Haacke Oltre a produrre innovazioni estetiche e formali la Land Art accelerò la ricercasull’ambiente come ecosistema e depositario di un patrimonio sociale e politico. Gli artisti contestarono la visione della natura come risorsa sfruttabile all’infinito: esplorandola come un sistema dinamico e interattivo, ne evidenziarono le analogie con le strutture sociali e politiche e l’influenza reciproca. Le opere di questa sezione dimostrano che le relazioni dell’uomo con l’ambiente naturale sono basate non solo sulla percezione e sul piacere, ma anche sullo sfruttamento, sullo spreco e sulla distruzione. Inquinamento globale e alienazione sociale sono percepiti come conseguenze dello sviluppo industriale, dell’espansione urbana, dell’agricoltura intensiva e dell’intervento scientifico nei fenomeni naturali. Le pratiche artistiche esaminate, che spaziano dalla scultura alla performance, propongono risposte che associano una critica incisiva e strategie pratiche risolutive perseguibili anche da un solo individuo. La poetica concettuale di Hans Haacke, si esprime nei primi anni Settanta con alcune sue opere che mostrano i pericoli o i danni provocati sull’ambiente dall’attività umana: ad esempio, Fog, Flooding, Erosion (1969) allude ai problemi legati ad un’irrigazione artificiale eccessiva. Dopo i primi lavori dedicati alla rappresentazione di processi fisici e organici, lo sguardo di Haacke si è progressivamente spostato sul contesto socio-politico in cui l’arte viene esposta e commercializzata. Un’altra artista femminile le cui opere girano intorno a problematiche ecologiche, sociali e culturali e realizzate come sorgenti di effetti positivi sull’ambiente, è Agnes Denes la cui opera più famosa è WheatfieldA confrontation (1982), un campo di grano di 8000 metri quadrati, piantato e mietuto in pieno centro a Manhattan nell’arco temporale di quattro mesi; le fotografie uniche testimoni dell’opera, illustrano la presenza di siti storici dell’isola come le Twin Towers o la Statua della Libertà. Un altro progetto monumentale è Tree Mountain-A Living time capsule (1982 progetto, 1992 realizzazione) un enorme montagna artificiale di forma ellittica in cui diecimila persone di tutto il mondo, piantarono altrettanti alberi presso una cava di ghiaia a Pinziö in Finlandia, seguendo un complesso schema matematico derivato dalla combinazione tra la sezione aurea e i pattern di ananas e girasoli. Questa opera è il più grande monumento sulla terra di portata internazionale e durata ineguagliabile. IMMAGINARE H. Haacke L’azione ci porta a una concezione del paesaggio inteso non come una realtà materiale, bensì come una metafora. Alcune opere evocano le strutture dei formal gardens, in cui le piante, la statuaria e le stravaganze architettoniche facevano parte di una ricca iconografia che esprimeva la cultura, la civiltà e la morte. Analogamente gli artisti contemporanei considerano l’ambiente come una narrazione storica, che fornisce un repertorio di simboli efficaci utilizzabili anche per descrivere la società di oggi. Prendiamo a esempio l’inglese Andy Goldsworthy che crea opere nel paesaggio usando materiali di recupero che plasma egli stesso con le sue mani e processi naturali, come il congelamento, che innesca per ottenere nuove forme che spesso hanno brevissima durata e che vengono documentate da foto o video. IMMAGINI E IDEE
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