La scure di Murdoch Chiuso il tabloid pietra dello scandalo
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La scure di Murdoch Chiuso il tabloid pietra dello scandalo
Esteri 19 Corriere della Sera Venerdì 8 Luglio 2011 Il caso Il premier: portare i responsabili a giudizio ✒ Il commento La scure di Murdoch Chiuso il tabloid pietra dello scandalo QUANDO IL CINISMO VA OLTRE OGNI LIMITE SEGUE DALLA PRIMA Arresto per l’ex portavoce di Cameron Con l’acqua alla gola Rupert Murdoch e Rebekah Brooks DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Lei. Proprio lei la regina della «gutter press», della stampa pettegola di bassa fattura, lei, la Rebekah Brooks che dirigeva nel 2002 il tabloid degli spioni, nel primo pomeriggio di ieri ha avuto il coraggio di presentarsi in redazione e di annunciare allo staff quello che poi James Murdoch avrebbe più tardi pubblicamente confermato: «Il News of the World chiude». E chiude subito, travolto e affondato dall’«hackgate», il Watergate britannico. Domenica sarà l’ultimo numero in edicola dopo 168 anni di storia, di gossip amorosi e sessuali sfrenati, di intrusioni, di porcherie gonfiate e di scoop. Due milioni e 800 mila copie di diffusione domenicale che spariscono. L’immagine della testata è compromessa. Ha pianto Rebekah, davanti ai suoi collaboratori. Ma erano lacrimoni ipocriti perché quando il News of the World rubava i messaggi e le conversazioni dai cellulari di tre ragazzine-bambine sequestrate e uccise, quando li rubava dai cellulari dei militari morti in Afghanistan e Iraq, era la rossa Rebekah che stava alla testa del giornale. Però la signora si è giustificata sostenendo che era in vacanza e non sapeva che alcuni reporter avevano ordinato all’investigatore privato Glenn Mulcaire di intercettare 4 mila ignari cittadini e di scipparne le confidenze. Rebekah Brooks ha scalato il gruppo Murdoch, è diventata la numero uno di News International, la società attraverso la quale lo «Squalo» controlla quotidiani inglesi e americani, e, cinica e perfida, ha scaricato le sue responsabilità. Chi paga sono i giornalisti e gli amministrativi del News of the World, 500 dipendenti, quelli che con la storiaccia nulla hanno a che spartire in quanto ai tempi dell’hackeraggio dal 2002 al 2006 non c’erano o di altro si occupavano. «Ma è lei la responsabile», si sono ribellati. Il leader laburista Ed Miliband li appoggia: «Se c’è una persona che deve andare via è Rebekah Brooks». I Murdoch, il boss Rupert e il figlio James, sono con l’acqua alla gola. L’«hackgate» li sta travolgendo. Sacrificano il News of The World sull’altare. E salvano (per quanto?) la loro Rebekah, con la quale però — dice la Sky News londinese — avrebbero già discusso le dimissioni. Le azioni perdono quota. Gli inserzionisti pubblicitari scappano. E la conquista di BSkyB, la piattaforma per le trasmissioni satellitari, l’affare televisivo del secolo (una decina di miliardi di dollari), che sembrava chiuso, slitta a dopo l’estate. Rebekah la rossa Per il momento sembra salva la poltrona dell’ex direttrice Rebekah Brooks, ora manager È uno scandalo. Nessuno ne è fuori. Nessuno può scappare: i pesci piccoli e i pesci grossi. Finalmente il muro dell’omertà si sgretola. Il Times, che pure è della scuderia Murdoch, annuncia arresti imminenti fra i manager di News International. Che stia per scoccare l’ora di Rebekah? I rumor portano a più indirizzi eccellenti. Il primo è quello della «Lady» che licenzia i colleghi. Poi quello dell’ex direttore di News of the World, Andy Coulson, che dal giornalismo pettegolo e spione era passato direttamente nel circolo dei più influenti collaboratori del premier David Cameron. Andy Coulson ha lasciato Downing Street dove era responsabile della comunicazione, ma nel mirino degli investigatori è rimasto. Che cosa sapeva dell’hackeraggio? Amelia Hill del Guardian, in tarda serata, annuncia che Scotland Yard l’avrebbe già allertato: domani (oggi per chi legge) Andy Coulson sarà arrestato. Per Cameron, se l’indiscrezione è fondata, si apre una voragine politica. Il capo del governo ha promesso «una rigorosa commissione d’indagine pubblica», ma fra gli stessi conservatori, a cominciare dal sindaco di Londra Boris Johnson, gli si chiede più coraggio, gli si chiede di spezzare i legami con Andy Coulson (ormai alla vigilia della prigione) e con Rebekah Brooks, pentita del suo antico laburismo, oggi scatenata fan «tory». Proprio Rebekah convinse lo «Squalo» Rupert Murdoch, nelle elezioni generali dello scorso anno, a spostare le bocche di fuoco editoriali, il News of the World, il Sun e il Times, sul fronte conservatore. L’«hackgate» si abbatte sui centri del potere editoriale, del potere politico ma anche sulla polizia. Scotland Yard aveva già indagato sull’hackeraggio ma aveva insabbiato. Poi è ripartita. Perché aveva chiuso in fretta e furia il fascicolo? Un capitolo da scoprire. Piers Morgan è stato il giovanissimo direttore del domenicale News of The World, dal 1994 al 1996; il giudizio compare sulla copertina dell’autobiografia, The Insider. Tra i suoi successori Andy Coulson, poi direttore della comunicazione di David Cameron. E Rebekah Brooks, la protagonista del cataclisma editoriale di queste ore. News of the World chiude, dopo 168 anni: le notizie del mondo, in effetti, sono un’altra cosa. Ingaggiare investigatori privati per intercettare i genitori di una ragazzina scomparsa, i parenti delle vittime del terrorismo, i genitori dei caduti in Afghanistan e in Iraq: non sono queste le cose che s’insegnano nelle scuole di giornalismo. Forse preoccupato per l’imminente decisione sull’acquisizione della britannica BSkyB, o dal boicottaggio degli investitori pubblicitari lanciato su Twitter (il New York Times ieri ne ha fornito un resoconto), l’editore ha scelto la strada più rapida e drastica: tutti a casa. James Murdoch, figlio di Rupert, responsabile delle attività in Europa e in Asia, ha diffuso ieri un comunicato che gronda senso di colpa aziendale. Rebekah Brooks, direttrice al tempo dello scandalo, oggi chief executive di News International, rossa di capelli e d’imbarazzo, è salva. Non per molto, forse. Rupert Murdoch non ama la pornografia del dolore. Vuole vendere (copie, immagini, spazio pubblicitario), che è un’altra cosa. Non ha un’ideologia, ha interessi. Non ha amici negli affari, né idoli in politica: ha solo soci e alleati. Gli uni e gli altri, quando serve, si cambiano. È stato thatcheriano con la Thatcher, blairiano col laburista Blair, ora è tornato filo-conservatore con Cameron. Fino a ieri si diceva che scegliesse i primi ministri a Londra e spaventasse i presidenti a Washington. Oggi appare in difficoltà: sa bene che i suoi alleati politici sono cinici quanto lui negli affari. Le sue testate sono quanto di più diverso si possa immaginare: tra la populista Fox Giornalismo americana e il compasSpiare ignari cittadini, News sato Sky Tg 24 italiano, tra il non sono queste bellicoso Sun londinese e le regole della nostra l’istituzionale Wall Street Journal non c’è altra parenteprofessione la, se non quella creata dalla comune proprietà. Rupert Murdoch viene definito ritualmente uno «squalo»; ma nel mare interno italiano — lo ha dimostrato la cronaca di questi anni — si è rivelato un branzino, finito nelle reti del conflitto d’interessi e puntato dalle fiocine governative. Rupert Murdoch e News Corporation stanno pagando caro un errore che rischiamo di commettere in molti, di questi tempi: dare alla gente solo e sempre ciò che chiede. È un peccato che rende, nei media come in politica. Ma prima o poi, come altri peccati, presenta il conto. Solo chi ha vissuto in Gran Bretagna conosce l’efficace brutalità dei tabloid inglesi. Sanno mescolare sesso, sangue, sport, soldi, sensazionalismo; e servono il cocktail insieme a commenti severi e minacciosi. Creano le celebrità e le distruggono: la famiglia reale non fa eccezione. L’enfasi e la coerenza di un pub all’ora di chiusura somigliano alle pagine del giorno dopo. Il pubblico vuole riconoscersi, eccitarsi, sentirsi giustificato e vedersi dar ragione: il mercato in espansione è questo, non solo in Gran Bretagna. La parabola di News of the World — l’ammiraglia di questo giornalismo — non rappresenta la fine di un’epoca. Indica soltanto che qualcuno ha esagerato. È inutile stilare decaloghi e redigere codici di comportamenti se — per qualche copia, un po’ di ascolti e alcuni clic - siamo disposti a vendere tutto a tutti. A dare odio ai tifosi, nemici agli elettori, lacrime agli ingenui, spavento agli ansiosi, nudità ai guardoni. La rossa Rebekah è stata presidente dell’organizzazione «Women in Journalism» e membro della giuria dei «Guardian Student Media Awards». Chissà se le ha dette, queste cose, ai giovani che sognano di fare il nostro mestiere. Beppe Severgnini Fabio Cavalera © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Settimanale Il giornale più popolare del Regno Unito vende quasi tre milioni di copie. Domenica l’ultimo numero in edicola News of the World, un secolo e mezzo di scoop LONDRA — Britannico come «il roast beef e lo Yorkshire pudding». Così il direttore Stafford Somerfield definiva il News of the World alla vigilia dell’acquisto da parte di Rupert Murdoch. Era il 1969. Il giornale in lingua inglese più letto al mondo era già un pilastro dell’informazione. La sua nascita risale al primo ottobre 1843. Costava appena 3 pence, la testata meno caro dell’epoca. Il suo pubblico era la working class che solo allora cominciava a leggere. Già nel 1890, stando allo storico Matthew Engel, era «un ottimo giornale». Nel 1891 la famiglia dell’editore John Browne Bell lo vendette al gallese Lascelles Carr, che al timone del giornale mise il nipote Emsley: un diretto- La storia Il giornale Fondato nel 1843 a Londra come tabloid domenicale, il News of the World fa parte della News Corporation di Rupert Murdoch re storico, rimasto alla guida della testata per 50 anni che riuscì a portare le vendite a vette insperate. Due milioni nel 1912, 3 milioni nel 1920, 4 milioni nel 1939. «Senza il successo del News of the World — ha spiegato Roy Greenslade, professore di giornalismo alla London City University — non sarebbero fioriti gior- nali come il Daily Mail, il Daily Express, il Daily Mirror». Un marchio pieno di storia, quindi, quello che termina domenica 10 luglio. La decisione — ha spiegato Dan Wootton, un caporedattore del giornale — è stata presa a New York. «Certo — ha commentato Dame Ann Elizabeth Leslie, storica giornalista di tabloid Il successo La ricetta: sesso, scandali e scoop. Il tabloid ha un successo vertiginoso: 2.606.397 copie vendute nell’aprile 2011 L’epilogo Travolto dallo scandalo intercettazioni, vedrà la sua ultima edizione domenica Copertina Una lettrice legge della morte di Lady D nell’agosto ’97. A sinistra la sede di News International, a Londra —, lui è australiano, non ha la stessa storia, le stesse tradizioni». «C’è tutta la vita umana». Questo il motto del News of the World che, seppure un tabloid, un giornale alla ricerca di gossip, scandali e scoop, ha realizzato campagne importanti. Assieme al Sun è stato il giornale delle forze armate. Si è battuto per raccogliere fondi per le famiglie dei caduti e dei feriti, le stesse famiglie i cui cellulari ha poi intercettato per avere qualche storia in più. Nel 2000, dopo il rapimento e l’assassinio della piccola Sarah Payne, cominciò a pubblicare foto, nomi e indirizzi di alcuni pedofili. Una mossa che innescò sommosse per strada, gente innocente aggredita perché sospettata di violenze contro minori (storico il caso di un pediatra il cui studio fu assalito da vandali), una campagna che ha portato però alla cosiddetta «legge di Sarah», che dà accesso al registro dei pedofili. E chi può dimenticare la storia di Sarah Ferguson che a un giornalista camuffato da sceicco ha venduto per mezzo milione di sterline l’accesso all’ex marito, il principe Andrea? O le scappatelle del principe Harry con la bella di turno, i suoi esperimenti con alcol e sostanze illegali, il campione olimpico di nuoto Michael Phelps fotografato a una festa con una pipa piena di cannabis, le orge di Max Mosley? Tutti scoop che, dignitosi o meno, hanno fatto del News of the World un settimanale da tre milioni di copie a settimana. La sua chiusura, sicuramente, segna la fine di un’era. Paola De Carolis © RIPRODUZIONE RISERVATA
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