337 La spada di Giuditta:Layout 1
Transcript
337 La spada di Giuditta:Layout 1
n° 337 - ottobre 2008 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it La spada di Giuditta La figura dell’eroina biblica nell’arte fiorentina del Quattrocento La storia di Giuditta è tratta dalla Bibbia: durante il lungo assedio posto alla città ebraica di Betulia dall’esercito assiro comandato da Oloferne, gli anziani della città ormai stremata avevano deciso di arrendersi; una giovane vedova, Giuditta, dopo aver rimproverato gli anziani per la scarsa fede nella Provvidenza divina, si reca al campo del nemico insieme con la propria ancella, portando doni a Oloferne per fargli credere di voler tradire i suoi. Invitata al banchetto del generale, quando questi sprofonda nel sonno completamente ubriaco, Giuditta lo decapita e fugge dal l’accampamento portandone con sé la testa. Il gesto di Giuditta è stato fin dal medioevo un tema ripreso da arti figurative e letteratura: l’eroina biblica rappresentava un esempio di virtù e di vittoria della giustizia sulla prepotenza del più forte, allo stesso modo di David, vittorioso sul gigante Golia. Nel Trecento, Giovanni Boccaccio inserì Giuditta nel suo testo latino De Claribus Mulieribus, dedicato alle figure femminili celebri, e nel secolo successivo il personaggio biblico ispirava il grande scultore fiorentino Donatello, che a questo soggetto dedicò un gruppo in bronzo, realizzato a Firenze per Cosimo de’Medici negli anni intorno al 1460. Probabilmente la scultura venne collocata nel giardino della residenza medicea in via Larga; nel 1494, in seguito alla perdita del potere da parte dei Medici, l’opera fu confiscata e l’anno successivo venne posta davanti a Palazzo Vecchio, sede del governo della città, in piazza della Signoria: “A esempio di virtù civica i cittadini posero”, recita l’iscrizione apposta in questa occasione sul piedistallo. Negli anni Ottanta del secolo scorso il gruppo in bronzo è stato oggetto di un accurato restauro che ha riportato alla luce i resti delle dorature di cui dovette risplendere in passato, e si trova attualmente all’interno di Palazzo Vecchio. Donatello rappresenta Giuditta nel momento in cui solleva in alto la spada, prima di colpire Oloferne che giace addormentato ai suoi piedi in un gesto di totale abbandono. Tra le due figure corre una tensione fortissima, con una contrapposizione netta fra il personaggio femminile che si erge dritto e deciso, culminando nella lama della spada sollevata, e il corpo dell’uomo ai suoi piedi che sembra immerso in un sonno così profondo da antici- Donatello: Giuditta - Firenze, Palazzo Vecchio pag. 2 pare l’imminente morte: Oloferne è totalmente dominato da Giuditta che ne tiene il torso serrato fra le gambe per impedire ogni mossa - e del tutto inconsapevole della mano che lo afferra in una stretta decisa, ruotandogli la testa fino a scoprirgli la gola, per poter sferrare un colpo micidiale. Nonostante la sicurezza del gesto, che appare privo di esitazioni, nell’espressione di Giuditta non c’è traccia dell’orrore e dell’odio che altereranno i lineamenti delle Giuditte di epoca successiva (Caravaggio, Artemisia Gentileschi): il volto fiero appare pervaso dall’intensa concentrazione di chi esegue un mandato divino, e come tale non è più semplicemente una donna, ma un simbolo che trascende sentimenti e paure umanamente contingenti. Il Ritorno di Giuditta a Betulia , che Sandro Botticelli dipinse intorno al 1472, era probabilmente uno dei due elementi di un dittico che comprendeva anche La scoperta del cadavere di Oloferne, e fa parte della produzione giovanile del grande maestro quattrocentesco: Botticelli aveva all’epoca circa venticinque anni, e aveva da poco iniziato un’attività autonoma aprendo la propria bottega dopo gli anni di apprendistato presso Filippo Lippi - e probabilmente anche Andrea del Verrocchio, orafo, scultore e pittore. Accostamenti di colori di grande raffinatezza, sapiente uso della luce nel modulare le forme e una cura quasi miniaturisica nell’esecuzione dei dettagli caratterizzano i due piccoli dipinti, che furono donati nel corso del Cinquecento a Bianca Cappello, sposa di Francesco I dei Medici, e rimasero da allora nelle collezioni medicee. Botticelli coglie i due momenti salienti della storia quando ormai il destino di Oloferne si è compiuto: il ritorno di Giuditta alla propria città, ormai salva dall’assedio, e lo sgomento tra gli ufficiali dell’esercito assiro davanti al cadavere decapitato di Oloferne. Nel Ritorno di Giuditta , le vesti svolazzanti al vento sembrano voler suggerire l’ansia della corsa, soprattutto nella figura dell’ancella, colta con un piede che pare sfiorare appena il terreno; la mano sollevata sopra la testa afferra strettamente il cesto con il panno che incornicia il volto cadaverico di Oloferne; in tal modo, la donna porta in bilico il macabro fardello col gesto di domestica quotidianità con cui porterebbe un’anfora piena d’acqua. Giuditta regge ancora nella destra la spada con cui ha decapitato il condottiero nemico e tiene con la mano sinistra un ramoscello d’ulivo, segno di pace; la testa appena inclinata, con un’espressione meditativa e leggermente malinconica sul volto, volge indietro lo sguardo in una direzione vaga e indefinita. Sullo sfondo a destra si vedono le mura della città, e in basso gruppi di cavalieri in movimento, chiaramente ancora inconsa- S. Botticelli: Il ritorno di Giuditta a Betulia - Firenze, Uffizi pevoli della sorte toccata al loro comandante. L’atmosfera che pervade la scena non ha toni drammatici, solo l’espressione dell’ancella appare tesa e preoccupata, mentre Giuditta avanza lungo il sentiero con aria quasi trasognata, e tiene in mano la spada con gesto leggiadro. Profondamente diverso il tono della narrazione: l’intenso e carnale intrecciarsi di membra tra Giuditta e Oloferne che caratterizza la scultura di Donatello, lascia il posto nel dipinto botticelliano a un’atmosfera onirica e favolistica. Senza dubbio, Botticelli conosceva l’illustre precedente donatelliano, e pag. 3 lo cita con sorprendente esattezza nelle vesti della protagonista, che sono praticamente identiche a quelle della scultura, e nella fisionomia di Oloferne, rappresentato qui come un uomo maturo, analogamente all’opera di Donatello; l’età dimostrata dal volto di Oloferne appare però incoerente con il corpo decapitato, giovane e atletico, raffigurato nella scena con La scoperta del cadavere di Oloferne, forse il primo nella serie di splendidi nudi che costelleranno le successive opere del grande maestro. La novità introdotta da Botticelli sta nell’aver scelto di narrare la vicenda di Giuditta quando ormai i destini dei due protagonisti si sono compiuti, adottando un’iconografia originale e che ebbe scarso seguito: la Giuditta botticelliana pare voler prendere le distanze (e non solo fisicamente) dal proprio gesto, immersa com’è in un clima quasi sereno, una scena campestre dove i segni della guerra appaiono appena accennati sullo sfondo e richiamati solo dai cavalieri al galoppo; l’orrore è ormai alle sue spalle, non fa più parte di lei, e si concentra tutto nei gesti e nei volti di dignitari e generali alla vista del cadavere di Oloferne. Anche la scelta di distinguere così nettamente le due scene, utilizzando due diverse tavole, accentua la separazione tra il gesto di Giuditta e tutto quello che fa parte della sua vita, passata e futura, rappresentato dalle mura della città verso la quale si dirige. In questo Botticelli si fa pienamente interprete del racconto biblico, secondo il quale Giuditta fu accolta dai suoi concittadini con onori e ricchezze e visse 105 anni circondata dal rispetto di tutti, rifiutando nuove nozze. Attualmente, i due dipinti di Botticelli sono esposti al Museo Diocesano di Milano fino al 14 dicembre prossimo nell’ambito dell’iniziativa “Un capolavoro per Milano”, che si ripete annualmente. Torne- S. Botticelli: La scoperta del cadavere di Oloferne - Firenze, Uffizi ranno poi nella loro abituale collocazione a Firenze, presso la Galleria degli Uffizi. federico poletti
Documenti analoghi
giuditta versus oloferne. un percorso didattico sull
avevano caratterizzato la storia del popolo di Israele.10 Inoltre, delinea in modo
preciso i caratteri dei due personaggi del racconto: Oloferne è l’immagine del
conquistatore, dell’oppressore, del...