Presentazione di PowerPoint - Dipartimento di Comunicazione e
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Storia e modelli del giornalismo 12/11/2015 Modelli di giornalismo Il modello nord-atlantico o liberale Modelli d’informazione giornalistica Area geografica Modello liberale Modello democraticocorporativo Modello pluralistapolarizzato Stato vs Mercato Predominanza delle Gran Bretagna, Irlanda e logiche di mercato e dei Nord America media commerciali Europa continentale Coesistenza di mezzi d’informazione commerciali e legati a organizzazioni sociali e gruppi politici Europa meridionale Sovrapposizione mediapolitica, debole sviluppo dei media commerciali, forte intervento statale Il modello nord-atlantico o liberale • Prevalenza di giornali commerciali • Basso parallelismo politico • Professionalizzazione abbastanza forte del giornalismo • Dominanza del giornalismo d’informazione • Ruolo dello Stato abbastanza contenuto Commercializzazione della stampa Lo sviluppo massiccio dei giornali commerciali, cominciato abbastanza presto (il fenomeno della penny press è del 1830), domina il panorama della stampa sin dalla fine del XIX Secolo. Il valore crescente dei giornali come mezzi pubblicitari permise loro di liberarsi gradualmente dal controllo del governo o dei partiti e diventare voci indipendenti dell’opinione pubblica. R. D. Altick, The English Common Reader, 1957, p. 322 Una stampa apolitica? Nonostante il trend generale verso un decrescente parallelismo politico, gli orientamenti politici dei giornali britannici sono marcati come in qualsiasi altra parte d’Europa […] Caratterizzazioni politiche altrettanto forti si rivelano nei tabloid. È parte dello stile del giornalismo popolare rifiutare le costrizioni di una cronaca obiettiva e presentare il tabloid come portavoce della gente comune e del “senso comune” usando spesso toni violenti. In Gran Bretagna questo prende di solito la forma di una presa di posizione di destra che enfatizza il nazionalismo, l’anticomunismo, punti di vista tradizionali sul sesso e su molte altre questioni sociali, e generale ostilità verso i politici. D. C. Hallin, P. Mancini, Modelli di giornalismo, p. 190 Un modello ideale? Per molti aspetti, l’attenzione universale nei confronti del modello liberale è comprensibile. I paesi liberali hanno tradizioni forti e durature di libertà di stampa […] vantano imprese culturali di enorme successo e grande diffusione […] Altre caratteristiche dei sistemi liberali, comunque, sono meno positive. Ci sono bassi livelli di diffusione dei giornali almeno rispetto alla maggior parte dei paesi democratico-corporativi […] la stampa britannica è contraddistinta da una partigianeria abbastanza elevata […] e la stampa statunitense da una bassa differenziazione […] Non c’è dubbio […] che il modello liberale di giornalismo prefiguri per molti aspetti il panorama del futuro […] certamente il campo degli studi sui media avrebbe fatto meglio ad abbandonare la concezione che esso rappresentasse l’unità di misura naturale per tutti i sistemi di comunicazione. D. C. Hallin, P. Mancini, Modelli di giornalismo, p. 190 Il controllo della televisione Com’è ben noto, negli Stati Uniti la maggior parte della televisione è commerciale. Ma, a ben guardare, i network commerciali americani alla fine non sono molto diversi, nella relazione con il sistema politico, dalla televisione pubblica britannica, irlandese o canadese. Essi godono naturalmente di autonomia dal controllo politico, ma non sono completamente liberi da pressioni politiche. Per una parte rilevante, queste derivano dal fatto che la televisione ottiene licenze dal governo e quindi i proprietari dei network hanno un forte interesse ad avere buone relazioni con l’autorità politica. Allo stesso tempo, come avviene per i loro omologhi in Gran Bretagna, Irlanda o Canada, anche la legittimità delle televisioni commerciali statunitensi dipende da un’etica professionale neutrale. La differenza principale sta ovviamente nel fatto che le pressioni commerciali statunitensi sono molto più forti; in questo senso si potrebbe dire che il livello di autonomia professionale è più alto nella BBC che nei network americani, dove gli operatori della televisione commerciale […] sono più soggetti agli imperativi della competizione commerciale. D. C. Hallin, P. Mancini, Modelli di giornalismo, pp. 211-212 Pluralismo moderato Louis Hartz in The Liberal Tradition in America (1955) sostiene che negli Stati Uniti non si siano configurate le grandi fratture ideologiche che hanno caratterizzato la politica europea (feudalismo-liberalismo vs. operaismosocialismo). L’assenza di radicali differenze ideologiche non significa mancanza di conflitto politico (1861: guerra civile americana; 1967: 43 persone uccise negli scontri di Detroit, motore industriale del paese, dominata da continue tensioni razziali). Professionismo neutrale nei mass media: Il sistema partitico americano è imperniato su due partiti centristi pigliatutto, entrambi protesi verso una cultura politica liberale che è fondamentalmente condivisa […] Il giornalismo non può semplicemente «riportare i fatti»; deve dare significato agli eventi, e ciò può essere ottenuti con la «dovuta imparzialità», per usare un’espressione britannica, solo quando i maggiori attori politici nella società non hanno una concezione del mondo nettamente divergente. D. C. Hallin, P. Mancini, Modelli di giornalismo, p. 214 Pluralismo moderato Maggiore caratterizzazione ideologica dei partiti Mercato nazionale e concorrenziale piuttosto che locale e monopolistico parallelismo politico è più alto nella stampa britannica Marginalità dei partiti antisistema Terreno comune molto esteso tra i partiti maggiori Indipendenza della televisione pluralismo moderato Pluralismo individualizzato Se il TUC [Congresso sindacale] è stato un fiero esponente del collettivismo, la BBC è stata allo stesso modo una determinata sostenitrice dell’individualismo liberale […] Reith […] vide la sua stessa resistenza alla «pressione» del TUC come parte di una crociata contro le pressioni organizzative in generale. L’etica della separazione dalle organizzazioni sociali pervadeva anche il suo staff. In termini culturali, la BBC era lungi dall’essere conservatrice […] La lista dei programmi pre-guerra includeva molti degli intellettuali più creativi e fantasiosi del giorno. I partiti o le organizzazioni politiche, d’altro canto, erano un’altra faccenda. La BBC avrebbe sostenuto solo riforme «non faziose» sostenute da intellettuali che parlavano esclusivamente a nome proprio […] J. Seaton, B. Plimott (eds.), The Media in British Politics, 1987, p. 137 L’autorità razionale-legale La tendenza verso un’amministrazione neutrale e professionalizzata che reggesse un complesso sistema di mercato nazionale e accompagnasse i processi di crescita economica ed esportazione dei processi di industrializzazione conduce a: • un contesto culturale in cui la nozione di professionismo neutrale è vista come possibile e auspicabile; • la disponibilità di fonti di informazione autorevoli che possono esser considerate politicamente neutrali e determinano la base del modello d’informazione statunitense; • la riduzione della tendenza dei proprietari dei media a formare alleanze di parte, dunque le possibilità di strumentalizzazione. Feeding frenzy È diventato uno spettacolo senza eguali nella politica americana moderna: i media informativi, a stampa televisivi, vanno dietro a un politico ferito come squali in un feeding frenzy. Le ferite possono essere autoinferte, e i politici possono aver pienamente meritato il loro destino, ma i giornalisti ora conquistano il centro della scena, creano le notizie nella stessa misura in cui le riportano […] sostituiscono i partiti politici nella funzione di comitato di controllo per i candidati e gli eletti. L. J. Sabato, Feeding frenzy: how attack journalism has transformed American politics, 1991, p. 1 Feeding frenzy Frenzy: attività disordinata, compulsiva o agitata, che è muscolare e istintiva, non celebrale e riflessiva. Feeding frenzy: copertura mediale che si occupa di ogni evento o situazione politica in cui una massa critica di giornalisti si lancia sul medesimo tema imbarazzante o scandaloso e lo segue intensamente, spesso eccessivamente, talvolta incontrollabilmente. Le tre stagioni del giornalismo USA 1946-1966: lapdog journalism • riportare ciò che serve e rinforzare l’establishment • accettare “sulla parola” le dichiarazioni dei “potenti” • proteggere i politici rivelando poco sulle loro vite “non ufficiali” anche quando i vizi privati incidono sulle performance pubbliche Le tre stagioni del giornalismo USA 1966-1974: watchdog journalism • studiare a fondo il comportamento delle élite politiche, facendosi carico di indagini indipendenti circa le dichiarazioni dei politici • discutere della vita privata dei politici, ma solo nel contesto delle loro performance pubbliche Le tre stagioni del giornalismo USA 1974: junkyard-dog journalism • coprire eventi e situazioni politiche con uno stile severo, aggressivo e intrusivo • considerare ogni aspetto della vita privata del politico come degno di un esame minuzioso “anything goes” philosophy Le tre stagioni del giornalismo USA 1974: junkyard-dog journalism Nel momento in cui il sesso e l’alcool (e più tardi la droga) diventano soggetti legittimi di inchieste giornalistiche, altri aspetti della campagna e del candidato diventano oggetto di una dissezione quantomai precisa. Ogni frase, battuta, gaffe diventa acqua per il mulino del personaggio. L. J. Sabato, Feeding frenzy, 1991, p. 48 Le sue ambizioni presidenziali, date a lungo per inevitabili dalla stampa e dagli osservatori, furono frenate da quello che avvenne nel luglio del 1969, quando Ted Kennedy di ritorno da una festa nell’isola di Chappaquiddick provocò un incidente automobilistico in cui morì una ragazza di 28 anni, Mary Jo Kopechne. Dopo lo scontro Ted Kennedy fuggì e denunciò quanto accaduto soltanto il giorno dopo: per questo venne condannato per omissione di soccorso. Ted Kennedy si candidò alle primarie presidenziali democratiche nel 1980, sfidando il presidente in carica Jimmy Carter: perse la nomination ma ottenne circa un terzo dei voti e secondo la gran parte degli osservatori dell’epoca la sua candidatura critica dette un colpo significativo alla popolarità di Carter, già in difficoltà e contestato da una fetta rilevante del suo stesso partito. http://www.ilpost.it/2012/02/22/ted-kennedy/ President Jimmy Carter's colorful brother Billy created a major headache for his elder sibling when he became an agent of the government of radical Libya. After three trips to the land of dictator Moammar Gadhafi and the receipt of hundreds of thousands of dollars from the Libyans, Billy became the center of a swirling storm of allegations about influence-peddling, and the sea swell quickly engulfed President Carter, then in the midst of a difficult campaign for renomination and reelection. "Billygate" also generated a press war between Washington, D.C.'s two newspapers, the Post and the Star. The president eventually answered all the serious charges to the satisfaction of both newspapers and most fairminded observers, but the damage to his reelection bid was substantial. http://www.washingtonpost.com/wpsrv/politics/special/clinton/frenzy/billy.htm Il corpo osceno è, letteralmente, il corpo che sta fuori dalla scena, nel retroscena della vita sociale. Ora, se tale retroscena viene mostrato in pubblico (anche solo parzialmente), il corpo osceno si renderà visibile, oggetto dello sguardo pornografico e di una messa in scena (seriale) che molti, nel caso di Clinton, hanno definito «pornonovela». Il corpo osceno è, in qualche modo, il corpo grottesco, carnevalesco e popolare delle analisi di Bachtin, il corpo eccessivo di una cultura scatologica dove gli organi fisici si nutrono ed espellono i loro rifiuti: e tv del rifiuto, del trash è la definizione che numerose testate analizzate attribuiscono a quanto è stato mostrato nelle ore di trasmissione della videodeposizione. […] Lo stesso corpo del Presidente Clinton è un corpo trash, grasso «eccessivo» […] In questo Altro eccessivo confluiscono le caratteristiche corporee dirette (il grasso, la «voracità sessuale») e indirette, come l’amore per il cibo-spazzatura […] F. Boni, Il corpo mediale del leader, 96-97
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