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Prima edizione 2015, Padova University Press
© 2015 Padova University Press
Università degli Studi di Padova
via 8 Febbraio 2, Padova
www.padovauniversitypress.it
Redazione Padova University Press
Progetto grafico Padova University Press
ISBN 978-88-6938Stampato per conto della casa editrice dell’Università degli Studi di Padova - Padova
University Press
Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale,
con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.
L’altro cuore
Vite professionali, storie dei pazienti e scienza in Cardiochirurgia
a cura di
Gino Gerosa
PADOVA UNIVERSITY PRESS
Indice
Prefazione del Magnifico Rettore prof. Rosario Rizzuto
Il Tamburo di Latta. Presentazione del Prof. Gino Gerosa
Mission Impossible. L’organizzazione dei Centri di Cardiochirurgia in ambito
regionale
Domenico Mantoan
Braveheart. La valorizzazione della Cardiochirurgia in una Azienda
Ospedaliera universitaria: programmazione e controllo
Claudio Dario
The family tree. Il Dipartimento Universitario/Assistenziale ed il suo
rapporto con la Cardiochirurgia
Sabino Iliceto
In senso di Smilla per la neve. Il Centro Gallucci e il dopo Gallucci
Gino Gerosa
Mystic river. La Chirurgia coronarica
Luca Testolin, Cosimo Guglielmi
Stargate. La rete Hub and Spoke dello shock cardiogeno
Vincenzo Tarzia, Roberto Bianco
Robocop. Il programma di assistenza meccanica al circolo
Tomaso Bottio, Vincenzo Tarzia
John Q. Il trapianto di cuore
Antonio Gambino, Giuseppe Toscano
Indiana Jones. Il follow up del paziente cardiotrapiantato
Angela Pompea Fraiese
The Double. Dal trapianto alle allocazioni. Da un’ottica individuale ad
un’ottica di sistema.
Giuseppe Feltrin
Finding Nemo. La Cardiochirurgia Pediatrica.
Massimo Padalino, Vladimiro Vida
The curious case of Benjamin Button. Il programma cardiopatico congenito
adulto
Roberto Bianco, Maurizio Rubino
Remember the Titans. L’Heart Team
Augusto D’Onofrio
Journey to the center of the earth. Dalla chirurgia mini-invasiva alla
chirurgia micro-invasiva
Andrea Colli
Awake. Dal paziente intubato al paziente sveglio. L’evoluzione della
Cardioanestesia
Demetrio Pittarello, Gianclaudio Falasco
Edward Scissorhands. Il cardiochirurgo in formazione. Come spiccare il volo
Gianluca Torregrossa
Behind enemy lines. Il Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria:
evoluzione di una professione
Fabio Zanella
Into the wild. Essere infermieri in cardiochirurgia
AA.VV:
Chocolat. Emozioni in Cardiochirurgia
Biancarosa Volpe
On the edge. La medicina rigenerativa in Cardiochirurgia
Laura Iop
Back to the future. Il cuore artificiale
Gino Gerosa, Silvia Scuri, Stefano Gallucci
Never ending story. Postfazione di Virginia Giuseppina Coco
Prefazione
Ci sono ricorrenze per le quali tensione etica, successo scientifico-tecnologico e senso di appartenenza universitaria concorrono a mantenere un ricordo
vivo ed intenso di un uomo e di una scuola scientifica. La ricorrenza del primo
trapianto di cuore in Italia ad opera di Vincenzo Gallucci e della sua équipe è
una di queste, e ringrazio i curatori del volume per aver voluto unire il ricordo
di un grande Maestro prematuramente scomparso alla riflessione sulla professione di cardiochirurgo, sullo sviluppo scientifico della disciplina e sulla organizzazione efficiente e moderna di un settore della medicina ad alta complessità
tecnologica e gestionale. Sono passati 30 anni e come spesso succede si è portati
ad associare alla ricorrenza gli eventi della propria vita personale. 30 anni fa ero
uno studente al quinto anno di Medicina e ricordo con nitidezza l’annuncio che
il primo trapianto di cuore in Italia era stato eseguito nella mia Facoltà e l’orgoglio di noi studenti per un successo che sentivamo anche nostro, a testimonianza dello stretto legame tra ricerca scientifica, formazione dei medici e qualità
della sanità. Oggi, trent’anni dopo, ho l’onore di essere il Rettore di questo prestigioso Ateneo, un Ateneo che annovera una Scuola Medica che ha mantenuto
negli anni una eccellenza scientifica assoluta, come attestato anche dalla recente
valutazione dell’ANVUR (la Valutazione della Qualità della Ricerca). Il libro affronta le nuove sfide scientifiche e tecnologiche (la chirurgia microinvasiva, la
medicina rigenerativa, ecc.), ma anche l’organizzazione moderna di un reparto
di Cardiochirurgia ed il ruolo nel sistema sanitario regionale. Nel fare questo, il
libro evidenzia con grande efficacia l’impegno insostituibile dell’Università per
il suo territorio, una Università in cui la gloriosa e pluricentenaria tradizione
medica veste oggi i panni di una eccellenza scientifica ed assistenziale. Ed il
ricordo di un grande Maestro di una Scuola che rifulge ancora nel panorama
nazionale ed internazionale è il modo migliore per riaffermare la missione della
medicina universitaria d l’autorevolezza dell’Università di Padova.
Il Magnifico Rettore
Prof. Rosario Rizzuto
Presentazione
Il Tamburo di latta
Gino Gerosa1
Quando penso alle storie di alcuni pazienti che ho incontrato nella mia vita
da cardiochirurgo, mi domando spesso se il percorso di chi è affidato alle nostre
cure sia già disegnato. Ovvero se, indipendentemente dai nostri sforzi, questi
pazienti possono continuare a stringere la vita nelle loro mani o cedere alla malattia, al di là dei nostri disperati tentativi di vincere il male.
Coerentemente con la propria formazione culturale, la propria religiosità,
il proprio modo di intendere e interpretare la vita, ognuno di noi può definire
questa sequenza di eventi come segno del destino, del fato o della provvidenza.
Lo so che può sembrare molto poco scientifico e fatalista, ma sempre più
mi convinco che le nostre mani sono gli strumenti di una volontà superiore di
cui noi siamo solo gli indegni coprotagonisti. Nello stesso tempo però sono ben
consapevole che la nostra preparazione, il nostro impegno, la nostra dedizione
e lucidità dipendono esclusivamente da noi e dalla nostra capacità di rispondere
alle sollecitazioni esterne.
Ero ancora un giovane studente entrato al primo anno della Scuola di Specializzazione in Cardiochirurgia quando mi trovai in sala operatoria a stringere
la mano di G., allora ventisettenne, che doveva sottoporsi ad un reintervento
per una patologia valvolare già trattata in un altro Ospedale. Quello che ci univa erano lo stesso anno di nascita e, da parte sua, il terrore di dover affrontare
un nuovo intervento, da parte mia, la volontà di rincuorarlo. Durante le fasi di
preparazione dell’anestesia, gli tenni stretta la mano perché me lo aveva chiesto
quando ero andato a raccogliere la sua firma per il consenso all’intervento. Percepivo la sua paura, anzi, un sano terrore fino a che, finalmente sotto l’effetto
dell’anestesia, la sua mano si rilasciò e cadde in un profondo Walhalla.
Quel paziente tornò altre quattro volte per altrettanti interventi. La sera
prima dell’ultima operazione, mentre ero seduto accanto a lui per spiegargli
Direttore del Centro di Cardiochirurgia “Vincenzo Gallucci” dell’Azienda Ospedaliera/Università
di Padova.
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Prefazione. Il Tamburo di Latta
i diversi passaggi dell’intervento, i nostri occhi si cercavano ed evitavano nel
contempo perché entrambi avevamo chiara la percezione che solo un miracolo
questa volta avrebbe potuto salvarlo. Dalla tarda mattinata del giorno dopo,
ancora sento, a distanza di anni, il peso delle mie gambe mentre uscivo a passi
lenti dalla sala operatoria per informare la vecchia madre che purtroppo il miracolo non era accaduto. All’epoca i sistemi di assistenza meccanica erano di
là da venire e quindi la morte sul tavolo operatorio era ancora una evenienza
possibile ed accettata.
Ricordo gli occhi disperati ed il viso solcato dalle lacrime di quella anziana
madre che pochi mesi prima aveva perso l’altro figlio, peraltro già operato al
cuore, per un cancro al polmone.
Ricordo quelle braccia che si aggrappavano a me come se non volessero
lasciare andare via il proprio figlio, come se fossi l’ultimo legame tra lei e lui
avendo le mie mani toccato per ultime il suo cuore. Questo era un peso troppo
infinito da poter sorreggere ancora ed in quel momento mi ripromisi che mai
più avrei sviluppato una comunione affettiva con un paziente così intensa, la
sua morte era ormai parte di me.
Fortunatamente la vita di un cardiochirurgo è un oscillare continuo tra
sconfitta e successo, tra vita e morte. I primi ti galvanizzano e ti spingono a
tentare interventi sempre più complessi, i secondi ti ricordano che siamo solo
gli strumenti di una volontà più alta, rammentandoci di essere umili e di evitare
il narcisismo patologico.
Concludo però questo capitolo con una storia molto bella non solo perché
a lieto fine, ma perché dimostra come la volontà possa soverchiare il destino e
rendere l’impossibile di oggi il possibile di domani. È inoltre una storia importante tenuto conto del periodo storico che stiamo vivendo e le contraddizioni e
i conflitti che scuotono l’Europa.
Era mattino presto quando Alessandro Nanni Costa mi ha chiamato dal
CNT chiedendomi se potevamo farci carico di un bambino greco di 5 anni che
stava morendo in un ospedale a Patrasso per una grave insufficienza cardiaca:
solo un trapianto di cuore gli avrebbe consentito di vivere.
Attivammo tutte le procedure del caso e preparammo la strategia per trasferire in sicurezza il bimbo da Patrasso a Padova.
Dovevamo recarci in quell’ospedale, collegare il piccolo all’ECMO (una sorta di circolazione extracorporea miniaturizzata) trasferire in ambulanza il bimbo
all’aeroporto più vicino, caricare l’ambulanza su un aereo da trasporto militare
e raggiungere l’aeroporto di Venezia. Lì avremmo scaricato l’ambulanza e, una
volta trasferito il paziente su una ambulanza della croce verde, avremmo dovuto
raggiungere il nostro ospedale e sperare che nei giorni successivi un cuore potesse essere disponibile per il trapianto.
Il primo problema che si presentò era come trasferire in aereo a Patrasso
l’intero team (cardiochirurghi, strumentista, tecnico-perfusionista) ed il materiale.
Gino Gerosa
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Sembra un dettaglio irrilevante, ma chi avrebbe pagato il volo: gli italiani, i
greci, quale ente se ne sarebbe fatto carico?
E qui fortunatamente il primo colpo di scena. Tsipras, sì proprio il discusso
Primo ministro greco decide di mettere a disposizione il suo aereo, o meglio,
l’aereo della Presidenza del Consiglio dei Ministri greco.
Primo intoppo superato.
Partiamo il sabato mattina alle 8.00 da Padova alla volta dell’aeroporto di
Tessera. Da lì il volo fino a Patrasso e poi il trasferimento in Ospedale.
Troviamo il bimbo in infusione massimale di farmaci, mai avrebbe potuto
sopravvivere al trasferimento in aereo in Italia se non lo avessimo collegato
all’ECMO, una sorta di cuore artificiale esterno.
Completata la procedura in sala operatoria e caricato paziente ed ECMO
su una ambulanza, torniamo all’aeroporto di Patrasso dove ci attende un C130
dell’aereonautica militare greca sul quale carichiamo l’ambulanza con il piccolo,
il nostro team ed i genitori del bambino. Uno dei motori dell’aereo si inceppa
e dobbiamo aspettare l’arrivo di un nuovo C130 che finalmente ci porterà a
Padova.
Grazie all’aiuto di “Un Cuore un Mondo” troviamo un alloggio gratuito per
due mesi per i genitori del piccolo. Immaginate cosa vuol dire trovarsi catapultati in meno di 12 ore in un altro Paese con tutti i problemi logistici e di sopravvivenza da risolvere.
Secondo intoppo superato.
Comincia l’attesa di un organo che, per bambini di questa età, dal punto di
vista statistico è come cercare di vincere la lotteria di Capodanno.
Dopo alcune settimane, non rendendosi disponibile un cuore, decidiamo che
non possiamo più lasciare il bimbo in ECMO, ma dobbiamo gioco forza cambiare il sistema di assistenza meccanica e procedere all’impianto di due ventricoli
artificiali esterni. Tutto è pronto per il grosso intervento programmato il giorno
dopo, quando all’una di notte ci arriva la notizia che è disponibile un cuore.
Il trapianto viene eseguito ed una vita prende il via laddove un’altra vita si
è spenta.
Dopo meno di due mesi il piccolo bimbo greco è tornato a Patrasso. L’Europa del Sud, Italia e Grecia, ha fatto cose che forse l’Europa del Nord può serenamente invidiarci.
I percorsi, torno a ripetere, paiono disegnati, ma noi dobbiamo essere lì, con
la nostra determinazione e preparazione, pronti ad assecondarli.
Questo libro nasce dalla volontà di raccontare, pur all’interno di un contesto
dall’assoluta accuratezza scientifica, le storie dei pazienti ma anche le emozioni
di medici e infermieri, come recita il sottotitolo del libro, che si prendono cura
dei cardiopatici.
L’altro cuore non è solo il cuore che si ammala, che viene riparato o che viene sostituito da un cuore biologico o meccanico. Di più, l’altro cuore è il cuore
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Prefazione. Il Tamburo di Latta
dei professionisti che si occupano degli ammalati, è il cuore, che vuole essere
forte e generoso, di chi ha deciso che prendersi cura della vita degli altri deve
diventare la propria missione di vita.