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Fine ottocento Il Simbolismo Il simbolismo è una corrente artistica che si affermò in Francia a partire dal 1885 circa, come reazione al naturalismo e all’impressionismo. L’arte, in questo movimento, era concepita come espressione concreta e analogica dell’Idea, momento di incontro e di fusione di elementi della percezione sensoriale ed elementi spirituali. La pittura che ne derivava era estremamente raffinata, ricca di simbologie mitologiche-religiose, e si proponeva di esplorare quelle suggestive regioni della coscienza umana all’affascinante confine tra realtà e sogno che fino ad allora erano rimaste sempre escluse da qualsiasi indagine artistica. Precorritori di questo movimento furono i pittori Gustave Moreau (1826-1898) e Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898). Nei loro quadri sono già evidenti alcuni dei temi utilizzati dalla pittura simbolista: in particolare, il ricorso alla mitologia e alle storie bibliche rivisitate come l’apparizione di un sogno in cui le immagini e i contenuti hanno la finalità di essere dei simboli. Il simbolo è qualcosa «che sta in luogo di» (ad es. la bilancia che simboleggia la giustizia, ecc.). Si differenzia dall’allegoria in quanto quest’ultima rimane maggiormente confinata nell’ambito della significazione letteraria e logica. Il simbolo è invece analogico in quanto risolve il suo significato solo nella forma. Il simbolismo è una delle componenti fondamentali dell’animo umano che spesso traduce solo in immagini concetti ed emozioni che con le parole necessitano di complesse elaborazioni. Il simbolo, pertanto, ha una sintesi che riesce a racchiudere solo nella sua forma contenuti anche complessi, per lo più universali o mitici. Il simbolismo, in pittura, dà immagine a quelle suggestioni culturali molto più vaste che vanno sotto il nome di Decadentismo e che caratterizzano la fine del XIX secolo. E, al pari del Decadentismo, il simbolismo è caratterizzato da una estetizzazione ultra-raffinata in cui l’azione è pressoché nulla, mentre tutte le passioni e le tensioni vitali vengono vissute nell’ambito del sogno. Il maggior pittore simbolista è Odilon Redon (1840-1916). Benché amico degli impressionisti, egli rifiutò decisamente l’uso di questo stile, soprattutto perché non era interessato a rappresentare la realtà così come essa appare. Nella sua pittura la natura è soprattutto sogno, ed egli ne coglie gli aspetti più sfuggenti, anormali, inspiegabili. Altre suggestioni simboliste, pur su un piano stilistico totalmente diverso, sono rintracciabili anche nella pittura di Paul Gauguin. I soggetti dei suoi quadri hanno sempre un contenuto simbolico, ma in Gauguin è assente qualsiasi suggestione letteraria per esplorare in maniera autonoma i territori della spiritualità ancestrale e primitiva. Da Gauguin prendono però le mosse alcuni dei gruppi artistici che si collocano decisamente nella scia del simbolismo: prima la «Scuola di Pont-Aven» e quindi i «Nabis». La Scuola di Pont-Aven era un gruppo di artisti che si riuniva intorno Gauguin, in Bretagna, dal 1886 al 1894. Temi fondamentali della loro pittura erano il rifiuto della copia dal vero, l’esaltazione della memoria e dell’immaginazione. In tal modo cercavano una dimensione nuova, e più intima, della realtà, effettuando una specie di doppia fuga verso il passato e verso l’esotico. La loro tecnica stilistica divenne il 1 «cloissonisme»: al pari di come erano realizzate le vetrate gotiche, la loro pittura si componeva di stesure di zone piatte di colore delimitate da contorni scuri. I Nabis (nome che in ebraico significa «profeti») fu un movimento della seconda generazione simbolista. Suggestionati dalla pittura di Gauguin, che conobbero nel 1888, i Nabis operarono prevalentemente tra il 1891 e il 1900. Si dedicarono con grande attenzione alle arti applicate (francobolli, carte da gioco, marionette, manifesti, paraventi, carte da parati, decorazioni murali), in cui facevano ampio uso di simboli storici e mitologici, risolti con notevole sintesi espressiva. La loro opera contribuì notevolmente alla nascita dell’estetica liberty. Il simbolismo non interessò solo la Francia ma conobbe una ampia diffusione in tutta Europa. In Svizzera può considerarsi simbolista l’opera pittorica di Arnold Böcklin (1827-1901). Pur esente da quel clima di morboso decadentismo del simbolismo francese, anche la sua pittura si colloca nei territori tra la realtà e il sogno. Il suo stile è più saldo e plastico e meno visionario di quello degli altri pittori simbolisti. Ma le sue immagini (L’isola dei morti, 1880) hanno un indubbio fascino visionario che, reinterpretando i temi del romanticismo nordico, sono contraddistinte da atmosfere tenebrose e lugubri. Di marca simbolista è anche il contenuto della pittura di Gustav Klimt (1862-1918), il maggiore esponente della Secessione viennese. La sua pittura, benché ha una cifra stilistica molto originale, si basa sempre su soggetti di tipo simbolico: «Le tre età della vita», «Salomè», «Danae», «Giuditta», eccetera. Il Divisionismo italiano Il simbolismo interessò anche l’Italia, dove venne utilizzato soprattutto dai pittori divisionisti. Il Divisionismo è una tendenza artistica sviluppatasi in Italia tra il 1885 e il 1915. I pittori divisionisti adottarono un procedimento molto simile a quello del neoimpressionismo francese. Scomponevano il colore con una separazione metodica delle tinte complementari. Ciò che li differenziava dai neo-impressionisti è che, invece di adottare il punto come elemento di base, utilizzavano un tratto molto più lungo e filamentoso. Ne derivavano delle immagini dalla illuminazione molto diffusa e antinaturalistica, dove le forme perdono peso e consistenza per fondersi in un’unica indistinta ondulazione luminosa. I protagonisti del divisionismo italiano furono soprattutto i tre pittori: Gaetano Previati (1852-1920), Giovanni Segantini (1858-1899) e Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907). Previati e Segantini sono i pittori che maggiormente parteciparono al clima simbolista di quegli anni. Esempi ne sono il quadro di Previati «Maternità», o il quadro di Segantini «L’angelo della vita». Diversa è la ricerca pittorica di Pellizza da Volpedo che, pur adottando un linguaggio divisionista, si interessò ai temi del realismo sociale. Tipico esempio della sua produzione è il famoso «Il quarto stato». Il quadro è quasi un’elegia delle suggestioni socialiste che in quegli anni si diffondevano in Italia. Ed il quadro divenne presto il simbolo di un nuovo coinvolgimento dell’arte nel campo dell’impegno sociale. La sua prematura scomparsa, all’età di 39 anni, hanno privato l’Italia di uno dei pochi artisti che in questo periodo si esprimeva a livelli europei. 2 Il divisionismo, oltre l’opera dei tre pittori sopra citati, divenne un linguaggio molto universale nella cultura artistica italiana agli inizi del Nocevento. Divenne la tecnica «nuova» per eccellenza e dal divisionismo partirono molti dei pittori della generazione successiva che avrebbero in seguito dato vita al Futurismo, quali Giacomo Balla, Luigi Russolo, Gino Severini e Umberto Boccioni. Il Liberty Con il nome di Liberty si intende un vasto movimento artistico che, tra fine Ottocento ed inizi Novecento, interessò soprattutto l’architettura e le arti applicate. Il fenomeno prese nomi diversi a seconda delle nazioni in cui sorse. In Francia prese il nome di «Art Noveau», in Germania il nome di «Jugendstil», in Austria fu denominato «Secessione», in Spagna «Modernismo». In Italia ebbe inizialmente il nome di «Floreale», per assumere poi il più noto nome di «Liberty», così come veniva chiamato in Inghilterra. Il Liberty nacque dal rifiuto degli stili storici del passato che nell’architettura di quegli anni fornivano gli elementi di morfologia progettuale. Il Liberty cercò invece ispirazione nella natura e nelle forme vegetali, creando uno stile nuovo, totalmente originale rispetto a quelli allora in voga. Caratteri distintivi del Liberty divennero l’accentuato linearismo e l’eleganza decorativa. Nato inizialmente in Belgio, grazie all’architetto Victor Horta, il Liberty si diffuse presto in tutta Europa divenendo in breve lo stile della nuova borghesia in ascesa. Esso si fondò sul concetto di coerenza stilistica e progettuale tra forma e funzione. Adottando le nuove tecniche di produzione industriale, ed i nuovi materiali quali il ferro, il vetro e il cemento, di fatto il Liberty giunse per la prima volta alla definizione di una nuova progettualità: quella progettualità che definiamo industrial design. Il problema di dare qualità alla produzione industriale era stato già avvertito dalla cultura precedente. Ma, nel caso dei movimenti di Arts and Crafts inglesi, la risposta data era semplicemente anacronistica: ritornare alla produzione artigianale. Il Liberty diede per la prima volta la risposta giusta al problema della qualità del prodotto industriale. Il problema andava risolto sul piano della qualità progettuale. L’estetica del Liberty si affidò molto all’uso della linea e degli elementi lineari. Protagonista divenne soprattutto la linea curva definita «a colpo di frusta»: una linea, cioè, che dopo una curvatura ampia si torceva in repentini scatti di curvatura più stretta. Le immagini che si ottenevano producevano effetti decorativi molto suggestivi e di grande eleganza, ma che in genere tendevano all’astrazione più pura. Quando nel Liberty comparivano delle immagini, queste risentivano molto del clima simbolista in voga in quegli anni. La stilizzazione delle figure era sempre molto evidente, risolte tutte sul piano della bidimensionalità con l’uso della linea funzionale di contorno. Nel campo pittorico non vi fu un vero e proprio stile Liberty, che rimase utilizzato soprattutto nella grafica o nelle arti applicate. Influenze e suggestioni liberty sono avvertibili in alcuni pittori che operarono in quegli anni, quali Aubrey Beardsley, Toorop e Hodler. Ma il pittore che più di ogni altro raccolse nel suo stile le indicazioni che derivavano dal Liberty fu Gustav Klimt. 3 Gustav Klimt La vicenda artistica di Gustav Klimt (1862-1918), coincide quasi per intero con la storia della Secessione viennese. Con il termine Secessione si intendono quei movimenti artistici, nati a fine ’800 tra Germania ed Austria, che avevano come obiettivo la creazione di uno stile che si distaccasse da quello accademico. Di fatto, le Secessioni introdussero in Austria e in Germania le novità stilistiche dell’Art Nouveau che in quel momento dilagavano per tutta Europa. La prima Secessione nacque a Monaco di Baviera nel 1892. Fu seguita nel 1897 da quella di Vienna e nel 1898 da quella di Berlino. La Secessione viennese fu un vasto movimento culturale ed artistico che vide coinvolti architetti (Olbrich, Hoffmann e Wagner) e pittori (Klimt, Moll, Moser, Kurzweil, Roller). La Vienna in cui questi artisti si trovarono ad operare era in quel momento una delle capitali europee più raffinate e colte. La presenza di musicisti quali Mahler e Schönberg, di intellettuali quali Freud e Wittegenstein, di scrittori quali Musil, rendevano Vienna una delle città più affascinanti d’Europa. L’aura "biedermeier" di Vienna era tuttavia l’apoteosi di un mondo che stava per scomparire, consapevole della sua prossima fine. Cosa che avvenne effettivamente con lo scoppio della prima guerra mondiale che decretò la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico. Questa coscienza della fine, tratto comune a molta cultura decadentista di fine secolo, pone anche la Secessione viennese nell’alveo della pittura simbolista. E tale caratteristica è riscontrabile anche nella pittura di Klimt che rimane il personaggio più vitale ed emblematico della Secessione viennese. Gustav Klimt nacque in un sobborgo di Vienna, e in questa città frequentò la Scuola di arti e mestieri. Giovanissimo, insieme al fratello ed un’amico, diede vita alla prima società artistica, procurandosi commissioni per decorare edifici pubblici. Ne ricavò una certa notorietà e ulteriori commissioni, quale l’importante incarico di decorare l’aula magna dell’Università. Nel 1897 fu tra i fondatori e primo presidente della Secessione, partecipando sempre attivamente alle attività del gruppo da cui si distaccò in polemica nel 1906 per fondare una nuova formazione: la Kunstschau. Klimt nei suoi primi lavori mostra una precisione di disegno e di esecuzione assolutamente straordinarie, ponendosi però in un filone di eclettismo storicistico tipico di una certa cultura del secolo scorso in cui gli elementi della tradizione, in particolare rinascimentale, vengono ampiamente rivisitati e riutilizzati. La sua personalità comincia ad acquisire una importante caratteristica intorno al 1890 quando la sua pittura partecipa sempre più attivamente al clima simbolista europeo. Ma la svolta che portò Klimt al suo inconfondibile stile avvenne dieci anni dopo con il quadro «Giuditta (I)» del 1901. Da questo momento il suo stile si fa decisamente bidimensionale, con l’accentuazione del linearismo e delle campiture vivacemente decorate. Due viaggi compiuti a Ravenna nel 1903 diedero a Klimt ulteriori stimoli. Da quel momento l’oro, già presente in alcune opere precedenti, acquista una valenza espressiva maggiore, fornendo la trama coloristica principale dei suoi quadri. Il periodo aureo di Klimt si concluse nel 1909 con il quadro «Giuditta (II)». Seguì un periodo di crisi esistenziale ed artistica dal quale Klimt uscì dopo qualche anno. Il suo stile conobbe una nuova fase. Scomparsi gli ori e le eleganti linee liberty, nei suoi quadri diviene protagonista il colore acceso e vivace. Questa fase viene di certo influenzata dalla pittura espressionista che già da qualche anno si era manifestata in area tedesca. 4 Gustav Klimt, Il bacio, 1907 Il bacio è probabilmente il quadro più famoso di Gustav Klimt, ed uno di quelli che meglio sintetizza la sua arte. Come altri quadri di questo periodo ha formato quadrato. In esso le figure presenti sono due: un uomo ed una donna inginocchiati nell’atto di abbracciarsi. Un prato ricco di fiori colorati funge da indefinibile piano di giacitura, mentre l’oro di fondo annulla l’effetto di profondità spaziale. Il quadro ha quindi un aspetto decisamente bidimensionale. Delle due figure, le uniche parti realizzate in maniera neturalistica sono i volti, le mani e le gambe della donna. Per il resto l’uomo e la donna sono interamente coperte da vesti riccamente decorate. Quella dell’uomo è realizzata con forme rettangolari erette in verticale, mentre la veste della donna è decorata con forme curve concentriche. La differente geometria delle due vesti è espressione della differenza simbolica tra i due sessi. Dell’uomo è visibile solo la nuca ed un parziale profilo molto scorciato. La donna ci mostra invece l’intero viso, piegato su una giacitura orizzontale. Ha gli occhi chiusi 5 ed un’espressione decisamente estatica. È proprio il volto della donna che dà al quadro un aspetto di grande sensualità. Nell’arte di Klimt la donna occupa un posto decisamente primario. Rinnovando il mito della «femme fatale» per Klimt la donna è l’idea stessa di eros. Di quell’eros che è a un tempo amore e morte, salvezza e perdizione. È un idea che serpeggia in tutta la mentalità del tempo, ma con connotazioni decisamente antifemministe. In Klimt la posizione tende invece a ribaltarsi, assumendo la donna ruolo di decisa superiorità rispetto all’uomo. È lei la depositaria di quel gioco amoroso che rinnova continuamente la vita e la bellezza. Ma il tutto si manifesta non tanto nelle azioni ma nelle sensazioni interiori. Ecco così che la donna del Bacio riesce a sublimare un’azione al limite del banale in qualcosa che ha afflato cosmico. Qualcosa che trascende verso la pienezza interiore più intensa. La grande armonia formale del quadro, insieme al contenuto di elegante erotismo, fanno di questo quadro il prodotto di un tempo che stava rapidamente scomparendo. La comparsa in quegli anni dell’espressionismo rese manifesta l’inattualità di questo mondo klimtiano fatto di eleganza e sensualità, che presto scomparve per tempi più drammatici e violenti segnati dagli eventi bellici della prima guerra mondiale. 6 Gustav Klimt, Amore, 1895 Il quadro rappresenta, insieme all’opera «Musica I», il passaggio di Klimt da un’arte naturalistica e classicheggiante ad una di ispirazione più simbolica, che diverrà in seguito tipica del suo stile. Il soggetto allegorico dell’«amore» viene raffigurato ricorrendo al bacio intenso ed appassionato di due amanti, circondati da un buio che li estranea da qualsiasi contesto circostante, ma dal quale, quasi fatti di fumo, emergono spettrali figure a simboleggiare le età della vita, e quindi il trascorrere del tempo di contro alla sensazione di eternità che l’amore ispira, soprattutto al suo primo apparire. In questo quadro l’immagine tende ancora al tutto tondo, e si presenta con un’atmosfera vagamente tardo-romantica molto inusuale nella produzione klimtiana. Basta confrontare questo bacio con quello più famoso del 1907, per capire la profonda distanza che separa questa fase della sua pittura da quella che lo rese giustamente celebre. Ma il particolare della cornice dorata rende il quadro sicuramente esperimento, forse necessario, per quelle scelte stilistiche successive, così tipiche di Klimt, quali l’uso del formato quadrato, in cui per contrasto inserire composizioni verticali, e l’uso simbolico del colore oro. 7 Gustav Klimt, Giuditta I, 1901 Il quadro è la prima versione del soggetto «Giuditta» che Klimt realizza, ed è considerata come la prima opera del periodo aureo. Da questo momento in poi, per circa un decennio, l'uso del colore oro diviene uno dei tratti stilistici del Klimt più noto. Il soggetto è ovviamente una rivisitazione della storia biblica di Giuditta, protagonista della vicenda che la porta a tagliare la testa del generale Oloferne per vincere l'assedio in cui era tenuta la sua città. Il soggetto è stato sempre utilizzato quale metafora del potere di seduzione delle donne, che riesce a vincere anche la forza virile più bruta. In clima simbolista la figura di Giuditta si presta ovviamente alla esaltazione della «femme fatal» quale simbolo di quella esasperazione dell'eros che giunge a confondere i confini tra amore e morte. L'immagine ha un taglio verticale molto accentuato con la figura di Giuditta, di grande valenza erotica, a dominare l'immagine quasi per intero. La testa di Oloferne appare appena di scorcio, in basso a destra, tagliata per oltre la metà dal bordo della cornice. Da notare la notevole differenza tra gli incarnati della figura, che hanno una resa tridimensionale, e le vesti, trattate con un decorativismo bidimensionale molto accentuato. Si tratta di un sistema rappresentativo già utilizzato dalla pittura gotica del Trecento, ma che in Klimt assume una nuova valenza stilistica, riuscendo a fondere mirabilmente figura e decorazione astratta, in uno schema compositivo di grande eleganza formale. I tratti di Giuditta sono probabilmente quelli di Adele Bloch-Bauer, esponente dell'alta società viennese, della quale Klimt eseguì due ritratti. La splendida cornice in rame sbalzato, anch'essa in chiaro stile «secessione viennese», fu realizzata da suo fratello Georg, scultore e cesellatore. 8 Gustav Klimt, Faggeto, 1902 Klimt non è solo pittore simbolista di soggetti femminili ed erotici, non è solo raffinato ritrattista, ma si dedica anche al paesaggio, pur se questa sua produzione rimane spesso meno nota. In queste sue tele, anch’esse di formato quadrato, la ricerca parte da un natura vista sempre in una sorta di aristocratico silenzio. Nulla da raccontare, ma solo la presenza degli elementi naturali che compongono frammenti di visione incredibilmente decorativi. Come in questo caso, dove l’effetto diviene quasi astratto, pur riconoscendo agevolmente la fitta trama verticale dei tronchi di faggio, l’alta linea d’orizzonte che da ariosità all’immagine, e lo straordinario puzzle di foglie autunnali che ricoprono il terreno. 9 Gustav Klimt, Danae, 1907-08 Il quadro è uno dei più noti di Klimt ed appartiene alla sua fase creativa più feconda. Il tema che egli tratta è ancora l'erotismo femminile, che egli rappresenta nella rivisitazione del mito di Danae, personaggio dell'antica mitologia greca, che, secondo la leggenda, fu fecondata nel sonno da Giove, trasformatosi in pioggia d'oro. L'espressione di estatico abbandono della donna rimanda ad una dimensione onirica dell'eros, molto frequente nelle immagini di Klimt, fatta soprattutto di percezioni interiori che non di appagamento dei sensi. 10 Gustav Klimt, Le tre età della donna, 1905 Quadro conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è una delle poche opere di Klimt presenti in Italia. Nel 1911, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, fu tenuto un vasto programma di manifestazioni artistiche, tra cui una mostra internazionale svolta a Valle Giulia. In quest’occasione fu allestito anche il padiglione austriaco, su progetto di Hoffmann, e tra le opere esposte vi fu «Le tre età della donna» di Klimt, che si aggiudicò il primo premio e fu acquistato dallo Stato Italiano, che la destinò appunto alla Galleria d’Arte Moderna romana, da poco istituita. Il quadro ha le raffinate eleganze tipiche del periodo aureo. Si noti in particolare l’espressione estatica e con il capo reclinato della donna, che anticipa analoghe soluzioni posteriori. Ma non mancano particolari espressionistici, riscontrabili soprattutto nella resa della donna anziana, che ci mostrano come Klimt fosse, pur nelle sue scelte stilistiche, un pittore molto aggiornato sui tempi, e meno anacronistico di quanto siamo, oggi, indotti a credere. 11 Gustav Klimt, Fregio Stoclet (L’attesa), 1905-09 La Secessione viennese fu un sodalizio artistico che coinvolse anche gli architetti, e tra essi uno dei più rappresentativi fu Joseph Hoffmann, che fu incaricato dal ricco industriale Stoclet di erigere un imponente e sontuoso palazzo a Bruxelles, quale villa di famiglia. Nell’impresa Hoffmann coinvolse molti artisti e artigiani viennesi, con l’obiettivo di realizzare l’opera «totale», un’opera in cui si fondessero tutte le arti (plastiche, architettoniche e figurative) con la vita stessa da vivere in quel luogo. L’esperienza è rimasta unica, anche per l’eccezionalità del committente, che non pose alcun limite di spesa per la realizzazione dell’opera. Per questo edificio Klimt progettò dei fregi decorativi da realizzarsi a mosaico per la sala da pranzo. Questo raffigurato è uno dei suoi cartoni, servito agli artigiani viennesi per il mosaico definitivo. Il motivo fondamentale è un grande albero stilizzato con ramificazioni a spirale. In esso compare la donna che rappresenta l’Attesa. In quello opposto Klimt inserì invece le figure dell’Abbraccio. Oltre ai motivi tipici dello stile klimtiano è da notare la chiara impostazione "alla egiziana" della donna, evidente soprattutto nella disposizione delle braccia e delle mani, e nel volto quasi di profilo con il busto visto in posizione frontale. 12 Gustav Klimt, Giuditta II, 1909 È il quadro che chiude il periodo aureo di Klimt. Presentato a Venezia nel 1909, fu acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna ed è oggi esposto nella sede di Ca’ Pesaro. Il motivo del quadro è quello della «femme fatale» che prende a prestito in maniera occasionale la storia di Giuditta (anche se per alcuni è più corretto vedere nel soggetto un’immagine di Salomè). Ritorna il motivo della cornice dorata già visto nel quadro «Amore». È un’immagine di straordinaria intensità che volge il tema della sensualità da un piano di dolcezza ad uno di maggior ferocia ed inquietudine. 13 Gustav Klimt, La vergine, 1912-13 Chiuso il periedo aureo, inizia l’ultima fase della pittura di Klimt che all’incirca va dal 1910 al 1918, anno della sua morte. I temi sono ancora di tipo simbolista, ma lo stile conosce una nuova fase da cui non è esente una influenza della deformazione e del colore intenso degli espressionisti. Da ricordare che proprio Vienna divenne sede di sperimentazione del nuovo stile grazie a due pittori, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, entrambi ben noti a Klimt. L’arte di Klimt, dall’incontro con il nuovo stile, non perde il suo grado di raffinatezza, e molti dei motivi decorativi da lui utilizzati ritornano anche nelle tele di questo periodo. Ma la scomparsa dell’oro, e un nuovo studio sul valore simbolico e comunicativo del colore, sono di certo i tratti più nuovi dell’ultimo periodo dell’attività di Gustav Klimt. 14
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