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MARTEDÌ 19 MAGGIO 2009
In questo numero (clicca sul numero di pagina per andare direttamente all’articolo):
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Un Aforisma Al Giorno _________________________ 2
Epifani: occupazione, il peggio deve arrivare ......................... 3 Î Nel pubblico la busta paga cresce di più Aumenti del 47%, il doppio dei privati ................................. 4 Î Svolta Bankitalia, soglia al 10% ................................................. 5 Î L’effetto dividendo fa volare Unicredit ................................... 6 Î I piccoli imprenditori chiedono più spazio ............................. 7 Î Piazza Affari, maxi‐cedola da 8 miliardi .................................. 9 Î
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UN AFORISMA AL GIORNO
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il “buongiorno” di un amico
è il modo migliore per iniziare
la giornata!
((aannttiiccoo pprroovveerrbbiioo cciinneessee))
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CORRIERE DELLA SERA pag. 6 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: Enrico Marro Epifani: occupazione, il peggio deve arrivare L’allarme del leader Cgil. Fiom e Fismic: blocco degli straordinari alla Fiat ROMA — La Cgil «insiste»: il governo apra un confronto sulla crisi. La richiesta l’ha ripetuta ieri il segreta‐
rio, Guglielmo Epifani, aprendo l’assemblea delle camere del lavoro, «un’iniziativa senza precedenti », sot‐
tolinea la Cgil, come per certi versi è senza precedenti questa crisi economica. Una situazione che ha spinto alcuni ad evocare fantasmi del passato, anche alla luce dell’aggressione subita sabato dal leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Suggestioni respinte da Epifani: «C’è un rischio più semplice e immediato, la perdita di posti di lavoro». Nella sua relazione il leader della Cgil ha invitato il governo a rendersi conto che «il peggio, almeno per l’occupazione, deve arrivare». Per questo ha rinnovato la richiesta di raddoppiare il periodo massimo di cassa integrazione, da 52 a 104 settimane. «Altrimenti — ha aggiunto — ci saranno aziende costrette ad a‐
prire processi di ristrutturazione e a mettere i lavoratori in mobilità ». I dipendenti della Fiat (per i quali la Fiom ha confermato il blocco degli straordinari da sabato) sono preoccupati, ma non è l’unica situazione critica, ha detto il segretario della Cgil: «Ci sono scelte dellʹ Eni che vanno cambiate: non possiamo accettare che siano chiusi Porto Marghera e Porto Tor‐
res». Il sindacato, ha sottolineato Epifani, ha fatto in questi mesi «migliaia di accordi per gestire crisi aziendali, ma è come se ci fossero due Italie: sul terri‐
torio facciamo questo, mentre a Roma non riusciamo ad avere un dialogo col governo », che dimostra così «insensibilità ». Anche sugli stipendi, dove Epifani ha ricordato la classifica Ocse che vede l’Italia al 23˚ posto. Una graduatoria questa che ieri è stata al centro delle polemiche. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha detto che «i bassi salari sono il prodotto del sindacalismo e della sinistra ideologizzati e della borghesia cialtrona ». Dura la replica di Tiziano Treu (Pd): «Un’analisi sconclusionata. Sacconi è come ʹil lu‐
po di mala coscienza, che come opera pensaʹ. Piuttosto rifletta bene su cosa sa‐
rebbe accaduto se non fossimo entrato nell’euro con Prodi». Insomma, nono‐
stante l’apertura al dialogo con la Cgil del ministro dello Sviluppo Scajola, manifestata nell’intervista ieri sul Corriere e apprezzata per la Cgil da Susanna Camusso, i rapporti restano tesi. Negli interventi dei segretari delle camere del lavoro, tutti questi temi sono stati ripresi. Ma è emersa anche la preoccupazione di non riuscire a rappresen‐
tare i precari. Lo ha detto Onorio Rosati, leader della Cgil di Milano: «A Mila‐
no il 19% dei lavoratori ha un contratto atipico, noi non riusciamo a rappre‐
sentarli tanto che si stanno organizzando da soli ». Rosati, ma anche altri han‐
no quindi chiesto alla Cgil di affrontare la discussione sulla ricomposizione del mondo del lavoro tra garantiti e non. Un tema che in realtà è stato posto nelle scorse settimane da alcuni dirigenti, da Carlo Podda a Nicoletta Rocchi, da Fausto Durante a Fabrizio Solari. Questi sindacalisti hanno aperto all’ipotesi del «contratto unico», che presuppone un intervento sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (tutela dai licenziamenti) per estenderlo a tutti, ma con un per‐
corso graduale, cioè non subito dopo l’assunzione, ma dopo alcuni anni. Per ora Epifani non è entrato nel merito e si è limitato a dire che il riformismo della Cgil non si misura cedendo «alle mode del momento». Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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La discussione è però avviata, anche in vista del congresso (tra un anno) e della successione a Epifani, che scade nel settembre 2010. Una partita alla quale in molti, nella segreteria confederale e fuori, vogliono par‐
tecipare. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ieri all’assemblea delle Camere del lavoro Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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CORRIERE DELLA SERA pag. 7 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: Sergio Rizzo L’inchiesta Lo studio della Confartigianato sulle retribuzioni del lavoro dipendente Nel pubblico la busta paga cresce di più Aumenti del 47%, il doppio dei privati Redditi sotto la media Ocse, ma nello Stato sono saliti del 29% reale in otto anni ROMA — Che i lavoratori italiani siano fra i meno pagati dei Paesi industrializzati, come ora dice anche la classifica dell’Ocse dove occupano soltanto la ventitreesima posizione, non è certamente una novità. I sin‐
dacati lo gridano ormai da qualche anno ai quattro venti, e anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi lo ripete pressoché a ogni occasione pubblica. Ma i dipendenti pubblici, almeno loro, si possono consolare: stanno recuperando. Secondo uno studio ancora inedito della Confartigianato, fra il 2000 e il 2007 le retribuzioni «per unità di lavoro dipendente» in tutta la pubblica amministrazione sono infatti au‐
mentate del 47,3%. Non che insegnanti, poliziotti e infermieri siano improvvisamente diventati dei nababbi. In Italia le retribuzioni del pubblico impiego non sono mai state (tranne rari casi) propriamente stratosferi‐
che. Non lo erano nel 2000 e non lo sono ora. Ma difficilmente l’aumento degli ultimi anni potrebbe passare inosservato. Tanto più considerando che i salari italiani, sempre calcolati «per unità di lavoro dipendente», sarebbero cresciuti nel loro complesso durante lo stesso periodo del 23,2%. Meno della metà rispetto alle paghe del settore pubblico. E siccome fra il 2000 e il 2007 l’inflazione ufficiale si è mangiata il 18,6% del potere d’acquisto, ciò significa che a un aumento «reale» di poco più del 4% per tutti i salari avrebbe corrisposto, prendendo per buoni i dati della Confartigianato, un aumento «reale» di quasi il 29% per le retribuzioni pubbliche. Gli stipendi per i 3 milioni 382.341 dipendenti (il 54,3% donne) assorbono il 21,9% della spesa pubblica. Fra il 2000 e il 2007 il numero dei lavoratori stipendiati nel settore pubblico è salito del 3% mentre la spesa per le retribuzioni lievitava del 32,5%, dieci volte di più. In cifra assoluta, 164,6 miliardi di euro. È il 10,7% del Prodotto interno lordo. Inoltre l’incidenza sul Pil è cresciuta di mezzo punto rispetto al 2000, seguendo una dinamica contraria a quella di altri Paesi europei. In Germania, per esempio, il peso delle retribuzioni pub‐
bliche sul Pil si è ridotto nello stesso periodo dell’1,2%, mentre in Francia, Paese nel quale la pubblica am‐
ministrazione ha un ruolo rilevantissimo, la flessione è stata dello 0,6%. I dipendenti pubblici italiani non nuoteranno nell’oro, ma in alcune aree le loro buste paga offrono un con‐
tributo economico determinante. La Calabria, per esempio. I dipendenti pubblici calabresi sono il 30,4% di tutti i lavoratori dipendenti della regione. Nella provincia di Catanzaro si arriva al 43,6%, ben oltre il 26,9% di Roma, la città dei ministeri e della politica, superata perfino da Crotone (30,9%), oltre che da Palermo (32,2%), Enna (29,7%), Campobasso (29,4%) e Reggio Calabria (28,7%). Non molto diversa è la situazione della Campania, dove il «pubblico» retribuisce il 28,1% dei lavoratori di‐
pendenti dell’intera regione, con punte del 31,9% a Napoli. In Valle d’Aosta gli stipendi pubblici sono in‐
vece il 29% del totale, nel Molise il 27,4%, in Sicilia il 27%, in Sardegna del 25,4%. Percentuali più che dop‐
pie in confronto alla Lombardia, regione nella quale i dipendenti pubblici, pur raggiungendo la cifra più e‐
levata in assoluto (sono 418.598, contro i 406.753 del Lazio, al secondo posto, e i 340.453 della Campania, al terzo) non rappresentano che il 12,6% della forza lavoro stabile. Il livello più basso d’Italia. A Milano sono il 14,4%. A Lodi, il 10,5%. Seguono Lecco (9,8%) e Bergamo (9,6%). La provincia con la minore incidenza di Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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dipendenti pubblici sugli occupati totali è Como: 9,2%. 21,9% La quota della spesa pubblica assorbita dagli stipendi dei 3,4 milioni di dipendenti Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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CORRIERE DELLA SERA pag. 29 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: Stefania Tamburello Banche‐imprese In vigore le nuove regole Ue sulle partecipazioni azionarie Svolta Bankitalia, soglia al 10% Scatta il raddoppio del tetto per l’obbligo di autorizzazione ROMA ‐ Svolta nei rapporti fra banca e industria. Dopo l’allargamento delle maglie per l’ingresso delle banche nel capitale delle imprese, è la volta delle nuove e più alte soglie per l’acquisto di partecipazioni bancarie da parte delle aziende. Finora l’argine alla partecipazione di un industriale al capitale della banca era dato dal 5% di possesso, oltre il quale era necessario superare la barriera dell’autorizzazione della Banca d’Italia. Ora tale limite è stato spostato al 10% e quello successivo al 20% e quindi al 33% e al 50%. Lo ha comunicato lo stesso governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, specificando che le nuove regole, con‐
tenute in una direttiva europea del 2007, sono entrate in vigore il 21 marzo scorso anche se non sono ancora parte del nostro ordinamento. Lo dovrebbero essere presto, visto che la delega per il recepimento è conte‐
nuta nella legge comunitaria in discussione al Senato. Le regole, in ogni caso, sono già chiare: l’autorizzazione alla Banca d’Italia va chiesta per l’ acquisizione ‐ diretta e indiretta, da parte di un solo soggetto o di concerto con altri‐ che superi, contando anche i titoli e‐
ventualmente già posseduti, il 10%, il 20%, il 33% e il 50% del capitale sociale o dei diritti di voto di una banca. La vecchia soglia del 5% resta in piedi solo per l’obbligo della comunicazione alla Vigilanza di via Nazionale. Devono ottenere il disco verde della Banca d’Italia anche le operazioni che, indipendentemente dalla quota di capitale acquisita, diano a chi le fa la possibilità di esercitare «un’influenza notevole» sulla gestione dell’istituto di credito. La formula esiste già, ma con l’innalzamento delle soglie è stata meglio ar‐
ticolata. La presenza di «influenza notevole», spiega la nota della Vigilanza che accompagna la comunica‐
zione di Draghi, sarà valutata caso per caso, avendo come punti di riferimento alcuni elementi quali, per esempio, la possibilità per l’acquirente di designare uno o più esponenti degli organi di supervisione o di gestione oppure di condizionare la scelte strategiche della banca. La direttiva, spiega ancora Bankitalia, segnala i vari pas‐
saggi della procedura di autorizzazione. In questo ambito, elencando i requisiti del «candidato acquirente», Bankitalia insiste molto non solo sulla solidità finanziaria, ma anche sull’onorabilità e soprattutto sulla competenza ed espe‐
rienza professionale. Tra i criteri di valutazione della ri‐
chiesta di acquisizione c’è anche quello di escludere even‐
tuali sospetti di riciclaggio. Intanto a Bruxelles la Com‐
missione europea ha definito la sua proposta di riforma della Vigilanza europea, sulla base del rapporto di Jaques de Larosière, anticipando al 2010 il termine per vararla e lasciando aperto il problema della guida della supervisione macroprudenziale. Il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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CORRIERE DELLA SERA pag. 29 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: Paola Pica Piazza Cordusio Dialogo Verona‐Torino. Titolo su del 12%. Wall Street, balzo del 2,8% L’effetto dividendo fa volare Unicredit MILANO ‐ I grandi azionisti di Unicredit la vedono così: «La banca ha ripreso il suo percorso e il titolo bene‐
ficia anche della sintonia ritrovata tra i soci». Da Torino a Verona corrono le stesse parole per spiegare la gran cavalcata di Unicredit ieri in Piazza Affari, un rialzo del 12,92% (a 1,8 euro, +7% al netto del dividen‐
do) che ha portato al 200% la rivalutazione dai minimi di 61 centesimi visti il 6 marzo scorso, appena prima che le Fondazioni si attivassero per trovare l’accordo ‐ ufficializzato a Pasqua ‐ sul rinnovo del consiglio. Quel tuffo nel mondo delle «penny‐stocks», le azioni‐monetina come le chiamano sui mercati anglosassoni, aveva imposto la ricucitura tra la Crt rappresentata da Fabrizio Palenzona e la Cariverona presieduta da Paolo Biasi, che ai primi di febbraio si era sfilato all’ultimo dalla onerosa ripatrimonializzazione della ban‐
ca. La scelta di rifondare l’alleanza viene definita oggi, tanto a Nord Est quanto a Nord Ovest, «pragmatica e di lungo periodo ». E se nelle sale operative il rimbalzo di ieri trova spiegazione nelle ricoperture tecniche e nel gran spolvero dei generalizzato dei bancari (+10% Bank of America, con Wall Street in rialzo del 2,9%) a nessuno è sfuggito il fatto che la rincorsa, accompagnata da scambi febbrili per il 2,3% del capitale, sia scattata proprio il giorno del pagamento del (discusso) dividendo in azioni da 3,6 miliardi. La cedola in azioni, una delle due colonne portanti della ripatrimonializzazione della banca insieme all’aumento da 3 miliardi realizzato coi Cashes (strumenti di debito convertibili), era stata varata a certe condizioni il 17 marzo scorso, e poi rivista in corsa il 29 aprile con una mozione presentata nottetempo, a sorpresa, in chiusura della maratona assembleare, dai grandi soci della banca. Cosa è cambiato quella notte? Considerata la rivalutazione del 90% del titolo in Borsa tra il 17 marzo e il 29 aprile, giorno dell’assemblea, le Fondazioni hanno chiesto e ottenuto di ri‐
valutare di conseguenza il prezzo delle azioni di nuova emissione destinate ai soci al posto della cedola in contanti (l’importo è rimasto di 3,6 miliardi di euro). Salendo il valore dei ti‐
toli (da 0,94 a 1,62 euro) è sceso il numero delle nuove azioni emesse e con esso il rapporto di cambio. Anziché ricevere 1 nuova azione ogni 3 possedute come prospettato in prima battuta, gli azionisti ne hanno ricevuta circa 1 ogni 5. Il (ragionevole) sospetto di alcuni tra analisti e osservatori era che la manovra fosse finalizzata (solo) alla minor diluizione dei grandi soci in caso di conversione dei Cashes. La mozione, altro «frutto» della pace Palen‐
zona‐Biasi, è stata sostenuta anche da quest’ultimo che i Cashes non li ha sottoscritti. E ieri il mercato sembra aver più che altro visto nell’adeguamento del prezzo di emissione una spinta verso l’alto anche per il valore dell’azione al listino. Alessandro Profumo di Unicredit 1,8 euro: il valore attuale di un’azione Unicredit. Ai minimi del sei marzo scorso il titolo era a 61 centesi‐
mi. Molto elevati anche i volumi: ieri è passato di mano il 2,3% del capitale Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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la Repubblica pag. 29 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: DARIO DI VICO [email protected] I rinnovi Gli industriali delle medie aziende proveranno a conquistare una trentina di presidenze territo‐
riali Le iniziative Prove di integrazione di manodopera straniera a Vicenza e Padova. A Como progetto di ac‐
corpamento per tagliare le spese I piccoli imprenditori chiedono più spazio Richiesta di maggiore rappresentanza anche in Confindustria I casi di Milano e Venezia. I rapporti con i grandi gruppi Per riaprire la questione fiscale con l’Agenzia delle Entrate il numero uno della Confindustria veneta An‐
drea Tomat ha varato un’alleanza con la Confartigianato e all’insegna di «basta spremere i veneti » ha chie‐
sto la revisione degli studi di settore. «Siamo preoccupati — ha denunciato — perché sentiamo parlare di budget e obiettivi di prelievo stabiliti a prescindere». In Val Seriana, provincia di Bergamo, le iniziative con‐
tro la deindustrializzazione e per il rilancio dei distretti sono state portate avanti dalla Confindustria locale in stretto collegamento con le altre organizzazioni dei piccoli. Il presidente della Confapi Paolo Galassi è en‐
trato nel consiglio di amministrazione di Unicredit Corporate Banking e ha parlato subito di «grande suc‐
cesso della piccola impresa». La spinta dal basso per costruire l’agenda degli industriali a immagine e so‐
miglianza degli outsider c’è e si fa sentire. Nei territori dove micro‐ imprese e medie aziende hanno gli stes‐
si problemi sta cambiando il modo di rappresentare le imprese e i comportamenti emergenti sono mutuati da altre tradizioni. Meno mediazioni con la politica e più iniziativa sul campo. In Confindustria se ne sono accorti con il rinnovo di due presidenze di prestigio come Assolombarda e Ve‐
nezia. A Milano la designazione di Alberto Meomartini, manager di punta dell’Eni, che all’inizio sembrava in discesa, ha dovuto fare i conti con la controffensiva dei piccoli che fino all’ultimo hanno tenuto il campo con il proprio candidato, Alessandro Spada. Un imprenditore chimico di venti anni più giovane rivelatosi più temibile del previsto. Meomartini ha vinto ma lo stesso Galassi (Confapi) ha potuto maliziosamente an‐
notare che «viene da una carriera tutta vissuta nelle utility pubbliche, avrei preferito il rappresentante di un’impresa che soffre la crisi». A Venezia il copione si presenta analogo. Un piccolo imprenditore, Paolo Trovò, sta cercando di tagliare la strada a un uomo di business come Enrico Marchi, presidente degli aeroporti Save e figura di collegamento tra economia e politica. È più che probabile che come Spada alla fine perda, ma il guanto della sfida è ormai gettato anche simbolicamente perché Trovò fu a suo modo protagonista dell’infuocato convegno di Vicenza nel marzo 2006. Quando Silvio Berlusconi cominciò a scagliarsi contro gli imprenditori schierati con il cen‐
tro‐sinistra, fu proprio Trovò a indicargli dov’era seduto il reprobo Diego Della Valle. I grandi, dunque, vincono ma devono sudare e i piccoli proveranno a sfondare nei prossimi rinnovi di una trentina di presi‐
denze territoriali, da Cuneo a Verbania. Del resto ormai nel Nord la guida di un’Unione Industriali nel bor‐
sino delle ambizioni equivale o forse supera la poltrona di sindaco. La dialettica piccoli versus grandi è un classico nella storia confindustriale. Il 97% delle imprese associate ha meno di 250 dipendenti ma la piccola industria ha diritto solo a una vice‐ presidenza e a una ventina di po‐
sti in giunta. Anche dal punto di vista mediatico i Giovani Imprenditori hanno finora contato più dei picco‐
li, che però a detta di molti hanno il vantaggio di trovare in Confindustria una specie di Rotary dove in‐
staurare «relazioni di rispetto». Magari per concludere affari con i grandi approfittando di un convegno o di una commissione di lavoro. Ma proprio facendo leva sui mal di pancia della base Antonio D’Amato co‐
struì nel 2000 la sua vittoria superando sul filo di lana un esponente di spicco del mondo Fiat, Carlo Callie‐
ri. Da allora sono passati quasi due lustri — e di mezzo c’è stata la presidenza di Luca Cordero di Monte‐
zemolo — ma la casa di Torino resta sempre il bersaglio preferito e così anche negli ultimi tempi non sono mancate le polemiche. Si ricorda una clamorosa sortita di Paolo Zegna a nome dei tessili contro gli incentivi Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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per la rottamazione («Così si fanno figli e figliastri ») e alla recente assemblea delle aziende dell’indotto au‐
to un imprenditore si è alzato e senza timori reverenziali ha apostrofato il dirigente acquisti del Lingotto, Loris Spialtini: «Come avete fatto a passare dall’orlo del fallimento alla vetta del potenziale secondo gruppo al mondo?». Anche il credit crunch e il sospetto che le grandi banche usino abitualmente due pesi e due misure, a se‐
conda se il cliente si chiami Marchionne o Brambilla, è uno dei temi ricorrenti di conflitto. Va da sé che in tempo di crescita le differenze tra grandi e piccoli, pubblici e privati, manifatturieri e servizi, si vedono mol‐
to meno mentre quando la recessione la fa da padrona tutto è più difficile. Eppure la presidente Emma Marcegaglia ha saputo gestire finora le differenze con mano abile senza che gli equilibri confederali ne ab‐
biano risentito. Mugugni ce ne sono pure in materia di rappresentanza. In Confindustria negli ultimi anni sono entrati i grandi gruppi che venivano dalle partecipazioni statali e così tra i massimi contributor oggi figurano Tele‐
com, Eni, Enel, Terna, Alitalia e persino Poste e Ferrovie pur posseduti al 100% dallo Stato. Aggiungere un posto a tavola non dovrebbe irritare nessuno ma da quando le grandi aziende di servizio siedono fianco a fianco con le piccole imprese loro clienti il contrasto di interessi si è di fatto materializzato. Il gossip più rac‐
contato è quello che riguarda il vice‐ presidente con delega all’energia, il rodigino Antonio Costato, un pic‐
colo industriale dei molini che non perde occasione in convegni e interviste per puntare il dito, con piglio e metodi che i critici definiscono «leghisti», soprattutto contro le tariffe praticate dall’Enel. I cui dirigenti a più riprese sono andati a lamentarsi dalla Marcegaglia. La verità è che la vicenda Meomartini segna un punto di svolta negli equilibri di viale dell’Astronomia. Di‐
minuendo il peso delle storiche famiglie manifatturiere, e in attesa di capire il futuro Fiat, sono le grandi utilities a guadagnare terreno. Qualche anno fa pur di entrare nel salotto dei privati gli ex monopoli di Stato avevano accettato di aprire il portafoglio ma di contare in maniera limitata. Ora quel compromesso sembra saltare e chi paga pretende. Così, a giudizio degli osservatori più attenti, l’Eni o l’Enel si avviano a diventa‐
re in Confindustria quello che furono in tempi passati la Montedison o la Snia. Sotto la presidenza di Mon‐
tezemolo si era studiata l’idea di far entrare anche l’Abi. Con la Grande Crisi e il credito al contagocce la presenza di banchieri e piccole imprese sotto lo stesso tetto sarebbe stato un disastro, al contrasto di interes‐
se tra fornitori e utenti se ne sarebbe sommato un altro, più esplosivo. Una piccola eredità il progetto Conf‐
Abi l’ha lasciata: ci sono sei banche tra cui Bnl, Intesa e Unicredit iscritte all’Unione Industriali di Roma. Volenti o nolenti il futuro della Confindustria però si chiama territorio. Da lì arrivano le novità più im‐
portanti persino sul tema dell’immigrazione. Il presidente di Vicenza, Roberto Zuccato, ha rivendicato la capacità delle piccole imprese — a suo giudizio spesso ingiustamente presentate come xenofobe — di inte‐
grare la manodopera straniera e l’associazione territoriale di Padova ha addirittura istituito un premio de‐
stinato agli extracomunitari di successo. Ma per fotografare una tendenza destinata ad affermarsi bisogna guardare a Como, dove il presidente Ambrogio Taborelli ha varato il primo progetto di accorpamento di strutture territoriali che prevede la fusione con le Confindustrie di Lecco e Monza. L’obiettivo è tagliare le spese e dare migliori servizi alle imprese associate, la parola d’ordine è «difendere il territorio, le sue azien‐
de e i suoi posti di lavoro» e la critica più feroce è rivolta ai partiti locali. «I politici? Sono imbarazzanti — ha dichiarato Taborelli —. Basta vedere Como, una città totalmente paralizzata, immobile ». Le novità organizzative si spiegano, secondo il sociologo Paolo Feltrin, con la necessità di razionalizzare i costi ma anche di tener dietro ai mutamenti produttivi. I confini tra i settori sfumano così come quelli tra commercio, artigianato e piccola impresa. Le filiere produttive poi si allungano perché «Internet azzera i co‐
sti di comunicazione e il fornitore te lo cerchi dove ti pare». La rappresentanza delle imprese fatica a fare i conti con tutto ciò e il disordine sotto il cielo moltiplica gli accordi locali tra associazioni. «La ratio di quan‐
to sta accadendo è una sola: i problemi della rappresentanza non si risolvono a Roma. Quello è un mestiere diverso ». Anche Valeria Fedeli, segretaria generale dei tessili Cgil, la pensa così e sostiene che la rivoluzione delle fi‐
liere cambierà persino il modo di fare sindacato. I confederali non dovranno più privilegiare il rapporto con i grandi industriali e tacciare i piccoli di nanismo. La ricetta sembra essere quella di una concertazione di territorio del tutto diversa dai tavoli romani: meno vertici defatiganti e più confronti su mercati e posti di lavoro. Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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Vicepresidente Giuseppe Morandini, 50 anni, udinese, imprenditore che produce laterizi, è vicepresidente di Confindustria e presidente del Consiglio centrale piccola industria Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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la Repubblica pag. 25 – sez. Economia MARTEDÌ, 19 MAGGIO 2009 autore: VITTORIA PULEDDA Piazza Affari, maxi‐cedola da 8 miliardi Nonostante lo stacco dei dividendi la Borsa vola e guadagna il 2% Sale dal 5 al 10% la quota di una banca acquistabile senza il nulla osta di Bankitalia MILANO ‐ Piazza Affari continua a tenere ben saldi sul naso gli occhiali rosa e, adeguandosi al clima gene‐
rale positivo dei mercati europei, ha brindato ignorando l´effetto tecnico dello stacco dividendi. Così il Mi‐
btel ha concluso la giornata in rialzo dell´1,39% mentre lo S&P/Mib è salito di un ancor più robusto 2,07% mentre il contratto future sullo S&P/Mib per consegna a settembre (che non viene appesantito dal peso del pagamento delle cedole) è cresciuto del 4,82%. Seduta quindi doppiamente positiva per la Borsa italiana, che ha visto affluire sul mercato dividendi per una cifra che sfiora gli 8 miliardi di euro ed è riuscita a sterilizzare l´effetto tecnico delle quotazioni ʺexʺ (cedola) che da sole hanno appesantito le quotazioni del listino per circa il 2%. Complessivamente, sono sta‐
te 48 le società che ieri hanno remunerato ‐ sotto varia forma ‐ i propri azionisti: 23 gruppi presenti nel pa‐
niere principale, quello dei titoli a maggior capitalizzazione, più altri 25 compresi nel Mibtel. Guardando all´elenco delle big, ieri c´erano praticamente tutte le banche, molte assicurazioni (ma non Unipol, che ha scelto di non remunerare gli azionisti), Eni e la controllata Snam, il comparto cementieri‐costruzioni, quei titoli del lusso che fanno parte dello S&P/Mib, quindi Bulgari e Geox (ma non Luxottica, che ha rimandato una eventuale decisione in tal senso al secondo semestre 2009). Di queste società, qualcuna ha pagato la cedola solo ai titoli risparmio (ad esempio Intesa Sanpaolo) altre hanno scelto la forma mista (Unicredit ha distribuito azioni ai titoli ordinari e contanti, anche se in forma quasi simbolica, a quelli risparmio) mentre Generali ha scelto una strada mista, dando una piccola parte in cash (grosso modo 200 milioni di euro) e altri 860 circa in azioni. E sempre in ambito bancario, ieri Via Na‐
zionale ha emanato una circolare sulle soglie che rendono necessaria l´autorizzazione di Bankitalia all´acquisto di una partecipazione in un istituto di credito. Sulla falsariga di quanto previsto in una direttiva Ue, il testo di ieri innalza dal 5 al 10% la soglia che fa scattare la richiesta dell´ok all´autorità di vigilanza. Tornando ai dividendi, la campagna stavolta è decisamente meno generosa: la crisi ha ovviamente tagliato gli utili (e di conseguenza le cedole) per molti gruppi. Ma ieri è stata una giornata decisamente positiva: ol‐
tre all´ottimismo generalizzato sulle banche (in Italia e in tutta Europa) come elemento specifico di ieri, il clima positivo secondo gli operatori viene ovviamente sostenuto dai bassi tassi di interesse, che stanno fa‐
cendo da propellente alle quotazioni di Borsa. Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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La Fiba-Cisl Vi augura
una giornata serena!!
Arrivederci a domani
per una nuova
rassegna stampa!
Rassegna Stampa del giorno 19MAGGIO 2009
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