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ALCHIMISTI DEL GUSTO ANTHONY GENOVESE TRA I VICOLI DI ROMA ESISTE UN RISTORANTE UNICO NEL SUO GENERE, IN CUI VENGONO MISCELATI ALLA PERFEZIONE LE SPEZIE ORIENTALI, LA TECNICA FRANCESE E L’AMORE PER GLI INGREDIENTI ITALIANI. LO CHEF SI CHIAMA ANTHONY GENOVESE E SI STA PARLANDO DEL LUOGO GOURMET “IL PAGLIACCIO”. UNO DEI PIÙ IMPORTANTI RISTORANTI IN ITALIA, E NON SOLO. DI CARLO SPINELLI FOTO DI AROMICREATIVI (IN ANTEPRIMA DAL LIBRO “TEN XTND”) 40 ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 alchimisti del gusto.indd 40 24/01/14 08.20 L a culla è francese, i cromosomi provengono dalla Calabria e la sensibilità metafisica e speziata scaturisce dall’Oriente. Tre entità concettuali che, miscelate, hanno ben forgiato la filosofia culinaria dello chef Anthony Genovese a “Il Pagliaccio” di Roma. Stiamo parlando di un Cerbero a tre teste che con i suoi piatti ruggisce contro lo stereotipo dell’ignoranza, della chiusura mentale, della noia gastronomica che a volte offusca il cervellino dell’italiano medio. Anthony Genovese divulga la sua indole gastronomica attraverso una cucina buona e imprevedibile, personale nel senso che è davvero unica nel suo genere, in cui l’equilibrio delle spezie inghirlanda abbinamenti azzardati come funghi e polpo, fichi e coda di maiale. La sua è una gastronomia cosmopolita che ha faticato a emergere in una città come Roma, così ancorata alle origini dei ricettari tradizionali. Ma il re del Pagliaccio graffia e ringhia come un leone, non si piega alle mode o alle tradizioni, e oggi è forse diventato uno dei cuochi più importanti e innovativi del nostro Bel Paese. Roarr! ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 41 alchimisti del gusto.indd 41 24/01/14 08.20 ALCHIMISTI DEL GUSTO DALLA FRANCIA ALLA COSTIERA Anthony Genovese ha 45 anni, è nato nell’Alta Savoia francese in una famiglia calabrese immigrante, ha frequentato la scuola alberghiera a Nizza e fin da subito è stato plasmato da una cultura ibrida del cibo, bizzarramente calabro-transalpina. A 22 anni vola nella sua terra natìa, l’Italia, per l’esattezza all’Enoteca Pinchiorri di Firenze: all’epoca c’era poca scelta per approfondire la cucina di ricerca, si poteva andare solo da Gualtiero Marchesi o da Pinchiorri. Qui scopre un mondo nuovo e riesce a raggiungerne anche altri, davvero differenti, sempre grazie a Giorgio Pinchiorri e Annie Feolde: i viaggi in Oriente infatti, a Bangkok e Tokyo, sono molto importanti per la sua futura statura professionale. Nel suo estroso encefalo gourmet scoppia quindi una positiva pazzia per il Sud-Est asiatico. Poi arrivano le esperienze anche a Londra, in Malesia, a Pechino nella fervente Cina e quindi in Costiera amalfitana, a Ravello all’interno del Palazzo Sasso. In questo luogo meraviglioso assume per la prima volta il titolo di chef di cucina, a 28 anni suonati: la fortuna e il carisma sono dalla sua parte perché la struttura è bellissima e l’adrenalina stimola e potenzia il suo estro culinario. Conquista la prima stella Michelin, dimostrando il suo indubbio valore e godendosi la vicinanza di due compagni di viaggio da scompiglio neurale: Stefano Baiocco e Pino Lavarra. Insieme a loro il cuoco italo-francese trasforma Palazzo Sasso in uno dei migliori ristoranti del Meridione, d’Italia e del mondo stesso. 42 ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 alchimisti del gusto.indd 42 24/01/14 08.20 ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 43 alchimisti del gusto.indd 43 24/01/14 08.20 ALCHIMISTI DEL GUSTO LA NASCITA DEL PAGLIACCIO Nell’Anno Domini 2003 Anthony Genovese apre Il Pagliaccio a Roma. Fuochi d’artificio per la Capitale: con il suo arrivo la cucina capitolina trova dunque nuova linfa speziata, novelli spunti d’ispirazione, attuali contaminazioni dettati dalla globalizzazione, una palpabile modernità di gusto che strizza l’occhio e il palato al globo terracqueo. Ma a volte, si sa, le novità non vengono intuite subito e pertanto, all’inizio della sua carriera da solista nella città di Romolo e Remo, lo chef si fa portavoce di una certa ribellione in cucina, utilizzando così tante spezie per stupire i clienti fino a essere spesso annoverato dalla critica tra i ristoranti cinesi, indiani o addirittura “etnici”. Ma lui va avanti, imperterrito come un’arma d’assedio, come un ariete che deve sfondare i cancelli mentali della clientela romana: d’altronde l’Oriente o piace subito o proprio per nulla. In Anthony tuttavia l’impatto con la cucina asiatica è stato fortissimo, gli è piaciuta fin da subito: «In questo universo si possono miscelare gli ingredienti e le spezie a proprio piacimento; le verdure poi possono essere malleate più ecletticamente, soprattutto nelle diverse gradazioni di cottura: il broccolo ad esempio si può lasciare assai croccante, a differenza della tradizione italiana che lo fa bollire il più possibile. Alcune spezie inoltre mi hanno dato la possibilità di sperimentare nuove inclinazioni del gusto, come le foglie di kefir, dal sapore finale aspro-dolciastro per le zuppe o le pietanze di carne in sostituzione dell’aceto, oppure l’oyster sauce, che offre la sensazione di agrodolce nella laccatura…». 44 ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 alchimisti del gusto.indd 44 24/01/14 08.21 IL PERCORSO DI ANTHONY GENOVESE 1985 Ecole Hoteliére de Nice 1986 Dominique Le Stanc **, Eze Village 1987 Montecarlo Vista Palace*, Monaco 1998 Restaurant Le Petite Nice***, Marsiglia 1989 Auberge de la Belle Route**, Nizza 1991 Enoteca Pinchiorri, Firenze*** 1992 Enoteca Pinchiorri, Ginza-Tokyo 1993 Enoteca Pinchiorri, Firenze*** 1994 Regent Hotel, London 1995 Toto’s Restaurant, London 1996 Ristorante La Farfalla, Malesia 1997 Ristorante Rossellinis*, Ravello Gennaro Buono e Matteo Zappile LA CUCINA ALCHEMICA DI GENOVESE Splendida splendente la cucina di Anthony Genovese, un’alchimia di graffianti e ammalianti spezie orientali si amalgama alla tecnica francese e agli ingredienti italiani e mediterranei. La cura del dettaglio che piomba leggiadra dal Giappone copula logisticamente con i gusti personali dello chef e del suo background professionale e genetico. Lui non è un tradizionalista, segue le sue origini e il suo percorso, è un cucinante autonomo, ribelle e testardo a cui piace cucinare quello che gli piace. E per questo che piace. Nel 2006 arriva infatti la prima stella Michelin, nel 2009 sopraggiunge la seconda: insieme alla pasticciera alsaziana e gourmet Marion Lichtle e ai due fuoriclasse della sala Gennaro Buono e Matteo Zappile, Il Pagliaccio sta entrando quatto quatto nel soqquadro dell’Olimpo dei ristoranti più importanti del pianeta. In questo luogo d’eccellenza tra i vicoli misteriosi della vecchia Roma si possono assaggiare piatti unici, dettati dalle regole organolettiche delle spezie asiatiche, ma anche creazioni con la ‘nduja, lo stoccafisso, i famosi ziti imparati dal nonno, i tortelli con il finto ragù calabrese, oppure anche il foie gras, le capesante e le ostriche, la burrata, il gelato di scorzanera, l’alga kombu e il grano. «Ho imparato diverse tecniche nella mia vita da cuoco: a Bangkok e in Malesia il taglio del pesce; in Giappone l’eleganza nell’impiattamento, le cotture dashi, la lavorazione delle alghe, del katsuobushi, della soia e del tofu, del miso, le arti del tempura e della frittura; nell’Oriente tutto il concetto dello spicy e del crunchy. La mia cucina è cosmopolita, aperta a tutte le influenze che mi divertono. Io non faccio tradizione né “lavoro” solo le verdure: questi obbiettivi di filosofia culinaria sono già prerogative di altri grandi cuochi, come Massimo Bottura o Enrico Crippa, due illustri esponenti della cucina italiana che hanno ormai incarnato questi due tipi di cucina». Il Pagliaccio a Roma, in via dei Banchi Vecchi 129: un indirizzo prezioso dove scoprire una piccola Babele cosmopolita di cucina d’autore. 2003 Ristorante Il Pagliaccio**, Roma Ristorante Il Pagliaccio Via dei Banchi Vecchi 129 00186 Roma Tel. +39 06 6880 9595 [email protected] www.ristoranteilpagliaccio.it ITALIASQUISITA N°18 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 45 alchimisti del gusto.indd 45 24/01/14 08.21
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