epidemiologia, fisiopatologia e diagnosi delle patologie da Candida
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epidemiologia, fisiopatologia e diagnosi delle patologie da Candida
IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Epidemiologia, fisiopatologia e diagnosi delle patologie da Candida spp. Chiara de Waure, Chiara Cadeddu, Maria Rosaria Gualano, Giuseppe La Torre, Walter Ricciardi Introduzione Le Candida spp. sono lieviti onnipresenti, che si trovano fisiologicamente negli individui sani; il loro serbatoio principale è il tratto digestivo. Anche altri siti possono essere colonizzati, come l’orofaringe, la vagina, il tratto respiratorio inferiore e quello urinario. Nella maggior parte dei casi le infezioni da Candida sono paucisintomatiche e solo raramente portano alla Candidosi Invasiva (CI) [1]. La CI, che occorre quando le specie di Candida entrano nel circolo ematico, determinando la candidemia e la diffusione sistemica [2], è, infatti, un’infezione opportunistica, che si verifica solo in individui affetti da condizioni patologiche che determinano un ridotto o alterato livello di difese, o a causa della malattia stessa o della terapia cui sono sottoposti. In quest’ultimo caso la CI rappresenta una tipica infezione nosocomiale. Le infezioni fungine invasive rappresentano un problema clinico di rilevante e crescente entità nella gestione dei pazienti ospedalizzati e immunocompromessi. Le patologie da Candida spp. rappresentano la terza-quarta causa di sepsi nosocomiali negli USA e in gran parte dei Paesi sviluppati [3, 4]. Il contributo delle numerose specie di Candida nel determinare la CI varia tra i diversi paesi europei (Figura 1): la C. albicans viene isolata in media nel 56% dei casi, dal 67% della Svezia e dei paesi di lingua tedesca al 43% della Spagna, dove C. parapsilosis viene riscontrata con una frequenza più alta rispetto agli altri paesi (30% vs. 5-10%) [5]. C. glabrata, causa del 14% degli episodi di CI, è la seconda specie più frequentemente identificata in tutti i paesi europei tranne che in Italia e in Spagna, dove è invece, rispettivamente, la terza e quarta specie isolata [5]. C. tropicalis, infine, determina in media il 7% dei casi, con una variabilità dal 2% al 10% [5]. Da queste percentuali, così come da altri studi statunitensi [6, 7], si può notare che le specie non albicans stanno acquisendo sempre più importanza dal punto di vista eziologico, come dimostrano evidenze di uno shift epidemiologico dalla specie albicans a quelle non albicans. Un recente studio osservazionale condotto in 20 centri italiani conferma questi dati [8]: la specie più frequentemente isolata si è infatti rivelata C. albicans (877 stipiti, 56%), seguita da C. parapsilosis (339 stipiti, 21,2%) e da C. glabrata (169 stipiti, 10,6%), ma l’aumento annuo della prevalenza delle specie non-albicans è stato notevolmente più marcato rispetto a quello riportato per C. albicans (29,4% vs 10,9%). Candidemia e Candidosi Invasiva (CI) Epidemiologia: dati di letteratura Incidenza e mortalità Nonostante l’ampio utilizzo di farmaci antifungini per la profilassi e il trattamento della candidemia, la CI resta la più frequente malattia fungina mortale ed è associata a ricoveri prolungati e a un conseguente aumento dei costi [9, 10]. Dagli anni ‘80 le infezioni da Candida spp. sono diventate sempre più importanti come causa di morbosità e mortalità tra i pazienti immunocompromessi e ricoverati in ospedale con gravi patologie di base. Complessivamente si rileva un incremento dei tassi di prevalenza delle infezioni fungine Figura 1. Indagine European Confederation of Medical Mycology (ECMM): Candida spp. responsabili di candidemia in Europa e in alcuni Paesi europei [5]. S2 CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL invasive in tutta Europa; a tale fenomeno si è affiancato un aumento dei tassi di incidenza di CI a partire dalla seconda metà degli anni 1990 (Figure 2 e 3) [11-14]. La maggior parte delle conoscenze relative all’epidemiologia della candidemia e della CI derivano da studi condotti in Nord America [15], che mostrano tassi d’incidenza intorno all’1,5 per 10.000 giorni-paziente [6, 16]. I migliori dati europei si possono ricavare dallo studio condotto a fine anni ‘90 dall’European Confederation of Medical Micology (ECMM), che ha coinvolto 6 nazioni, compresa l’Italia [5]. Da esso è risultata un’incidenza di candidemia che va dallo 0,28-0,38 per 1.000 ricoveri, nel periodo in studio, allo 0,31-0,44 per OF PUBLIC HEALTH 10.000 giorni-paziente (Tabella 1). Questi dati sono comparabili a quelli di altri singoli studi europei, ma più bassi di quelli statunitensi riportati sopra. L’unico dato che invece addirittura supera quello degli USA è emerso da un ospedale italiano, in cui il tasso d’incidenza ha raggiunto l’1,64 per 10.000 giorni-paziente, dovuto a un focolaio epidemico di candidemia durante il periodo di studio [17]. In generale, si è osservato che i tassi di incidenza di candidemia tendono ad aumentare con il numero dei letti dell’ospedale: più grande esso è, maggiore è il numero di pazienti che richiede interventi diagnostici e terapeutici invasivi, associati quindi a un maggior rischio di infezioni da Candida [5]. Figura 2. Tassi di incidenza per 10.000 giorni-pazienti di CI dal 1991 al 2000 [14]. Figura 3. Tassi di incidenza per 10.000 giorni-paziente della CI in Europa dal 1999 al 2003 [12]. CAPITOLO 1 S3 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Tabella 1. Indagini relative alla candidemia condotte in diversi centri europei negli anni 1980-2004 (modificata da Tortorano et al. [5]). Paese Periodo Tipo di studio N° di ospedali (n° di episodi) Incidenza riportata (per 1.000 ricoveri) Incidenza riportata (per 10.000 giorni-paziente) Incidenza riportata (per 100.000 abitanti) Popolazioni di specifiche categorie di pazienti Spagna 1991-1992 Prospettico 28 (46), pazienti in Terapia Intensiva 2,0 - - Francia 1995-1997 Retrospettivo 32 (104), pazienti in Terapia Intensiva 2,0 - - Europa 1992-1994 Prospettico 30 (249), pazienti con cancro - - - Spagna 1997-1998 Prospettico 27 (118), neonati 3,8 - - Islanda 1980-1999 Retrospettivo Intera nazione (172) - - 2,85 Norvegia 1991-1996 Prospettico Intera nazione (571) 0,17 (0,15-0,20) 0,26 (0,22–0,29) 2,17 Finlandia 1995-1999 Retrospettivo Intera nazione (479) 0,17 (0,12-0,21) 0,4 (0,3–0,5) 1,9 Paesi Bassi 1987-1995 Retrospettivo 5 (625) - 0,51 (0,32–0,74) - Repubblica Slovacca 1989-1998 Prospettico 71 (288) - - - Svizzera 1991-2000 Retrospettivo 6 (774) - 0,50 (0,38–0,58) - Svizzera 2000 Retrospettivo 18 (92) - 0,49 (0,06–1,14) - Spagna 1994-1997 Prospettico 34 (165) - - - Francia 1995 Prospettico 25 (156) 0,29 (0,17-0,71) 0,35 (0,17–1,16) - Spagna 1997 Prospettico 39 (143) - - - Francia 1998-2001 Retrospettivo 10 (190) 0,28 - - Belgio 2002 Prospettico 28 (211) - - - Spagna 2002-2003 Prospettico 14 (345) 0,53 (0.09-0.96) 0,73 (0,14–1,50) 4,3 2003 Prospettico 171 (1380) - - 2,53 2003-2004 Prospettico 34 (303) 0,49 (0,29-1,26) - 11,0 Francia 1997-1999 Prospettico 25 (645) 0,20 (0,04-1,3) - - Germania/ Austria 1997-1999 Prospettico 5 (231) - 0,31 (0,12–0,49) - Italia 1997-1999 Prospettico 35 (569) 0,38 (0,03-1,45) 0,44 (0,04–1,64) - Spagna 1997-1999 Prospettico 19 (293) - - 3,5 Svezia 1997-1999 Prospettico 6 (191) 0,32 (0,1-0,4) - - Regno Unito 1997-1999 Prospettico 6 (163) - 0,30 (0,19–0,65) - Nazionali Ospedali generali Regno Unito Danimarca Indagine ECMM Per quanto riguarda la mortalità da CI, da uno studio retrospettivo statunitense è risultato che si aggira sul 15-25% nella popolazione adulta e sul 10-15% nei neonati e nei bambini, giungendo fino al 47% nei pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva [6]. In realtà si può affermare che i dati epidemiologici sui pazienti affetti da CI sono S4 piuttosto eterogenei, probabilmente a causa delle caratteristiche cliniche della malattia stessa e della popolazione colpita e della mancanza di registri o statistiche ufficiali. Pertanto, soprattutto per l’Europa, ci si può affidare unicamente a singoli studi epidemiologici, che mostrano notevoli differenze tra le varie realtà geografiche e gruppi di pazienti. Ad ogni modo, tutti gli CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL studi giungono alla conclusione che la mortalità dovuta a infezioni da Candida è ancora elevata, nonostante la disponibilità di diversi e nuovi agenti antimicotici [18]. Gruppi a rischio La CI colpisce principalmente le fasce estreme di età: gli anziani e i bambini di età inferiore a un anno. I soggetti anziani hanno un maggior rischio di CI a causa delle possibili concomitanti patologie cronico-degenerative e della fisiologica riduzione di funzionalità del sistema immunitario, mentre nei soggetti in età pediatrica ciò è dovuto a ragioni immunologiche [19, 20]. I gruppi di soggetti più a rischio di CI includono [14, 21-25]: •bambini con età inferiore all’anno (soprattutto neonati con peso alla nascita inferiore ai 1.500 g - Very Low Birth Weight (VLBW)); •soggetti affetti da AIDS; •pazienti sottoposti a procedure chirurgiche invasive persistenti (cateterizzati o alimentati in maniera artificiale); •soggetti ricoverati in unità di terapia intensiva; •soggetti sottoposti a terapie immunosoppressive; •soggetti in terapia con elevate dosi di antibiotici ad ampio spettro; •soggetti sottoposti ad interventi chirurgici, in particolare addominali; • anziani, a causa dell’immunodepressione fisiologica. La CI in questi pazienti rappresenta una grave infezione in grado di mettere in pericolo la loro stessa vita. I tassi di incidenza della CI nella popolazione generale sono invece molto bassi e questo potrebbe spiegare perché non vi siano dati epidemiologici facilmente fruibili. Popolazione pediatrica Così come osservato nella popolazione adulta, anche in quella pediatrica ospedalizzata l’incidenza della CI si mostra in progressivo aumento a partire dai primi anni ’90 [26]; essa si attesta intorno a 4,39/100.000 all’anno fra i neonati (IC95%: 3,026,17) e a 0,92/100.000 all’anno fra i bambini (IC95%: 0,76-1,11) [27]. Tuttavia, come affermano Blyth et al., neonati e bambini con candidemia non devono essere considerati alla stregua di “piccoli adulti”: esistono, infatti, analogie ma anche differenze significative fra le fasce di età [27]. La mortalità, ad esempio, risulta molto più bassa in neonati e bambini con candidemia rispetto agli adulti affetti, probabilmente anche a causa della predominanza di infezioni da C. parapsilosis nei pazienti più piccoli [27, 28]. Nonostante il notevole burden of disease legato alla CI, lo studio di Blyth et al. è uno dei pochi OF PUBLIC HEALTH che hanno messo a confronto fattori di rischio età - specifici per candidemia all’interno di una stessa coorte composta da soggetti di tutte le età [27]. Nei neonati, come fattori di rischio più comuni, sono risultati prematurità, iperalimentazione e il ricovero in unità di terapia intensiva [27]; i bambini con tumori maligni ematologici e neutropenia sembrano, invece, più a rischio rispetto a neonati e adulti con le stesse comorbosità, mentre nei pazienti adulti con candidemia si riscontrano più di frequente patologie cardiovascolari, endocrine, metaboliche, renali e urologiche, interventi chirurgici recenti ed emodialisi rispetto alle fasce d’età più giovani [27]. Anche nella popolazione pediatrica, infine, si è verificato lo shift epidemiologico verso le specie non albicans, con una prevalenza della C. parapsilosis rispetto alle altre e un aumento notevole dei casi dovuti a C. glabrata, presente soprattutto nei bambini con patologie complesse [26]. La maggiore presenza di C. parapsilosis fra neonati e bambini può essere in parte spiegata dalla predilezione da parte di questa specie a colonizzare cateteri e altri dispositivi intravascolari [29-37]. A differenza di quanto accaduto per gli adulti, l’aumentato utilizzo degli azoli nella terapia della candidemia non sembra una motivazione valida per lo shift verso le specie non albicans tra i bambini. Ciò perché la terapia di scelta per questi ultimi è generalmente rappresentata dall’amfotericina B, come da approccio tradizionale per il trattamento di una popolazione con frequenti malattie associate a carico soprattutto di occhi, cuore e sistema nervoso centrale [38]. Trend temporali Dal punto di vista epidemiologico, gli studi pubblicati in letteratura ci permettono di distinguere due periodi temporali con caratteristiche differenti: 1980-1995 e 1996-2009 [39, 40]. •1980-1995: Tutti gli studi disponibili per questo periodo hanno dimostrato un aumento dei tassi di incidenza e mortalità [14, 39, 40]. Molti Autori hanno studiato il rapporto tra HIV/ AIDS e candidosi, riscontrando un aumento dei tassi di incidenza di malattia contestuale all’epidemia dell’HIV, iniziata proprio negli anni ’80, [23, 39, 40]. Negli Stati Uniti le micosi sono andate a occupare, nel 1997, il settimo posto tra le cause infettive di decesso, mentre rappresentavano la decima causa nel 1980 [39]. La correlazione fra i concomitanti significativi aumenti di mortalità per AIDS e per CI è documentata clinicamente dall’importante ruolo della CI negli stadi finali dell’AIDS [39]. CAPITOLO 1 S5 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL •1996-oggi: Se l’andamento dei tassi incidenza di CI dal 1980 in poi fosse stato dovuto soltanto all’AIDS, l’introduzione dei regimi terapeutici HAART ne avrebbe marcato un brusco declino a partire dal 1996. Tale declino c’è stato, ma in misura assolutamente non paragonabile al calo della mortalità per AIDS dopo il 1995. A determinare tale fenomeno ha concorso un altro fattore che, invece, negli anni è diventato man mano più rilevante: i progressi della medicina nel trattamento delle malattie degenerative. Questi, infatti, hanno portato a un aumento dei tassi di sopravvivenza dei pazienti affetti da tali condizioni e, quindi, a un incremento della popolazione a rischio di CI, accompagnato da una maggiore esposizione di questi stessi pazienti al rischio di infezioni fungine invasive (trattamenti antibiotici e immunosoppressivi, terapia intensiva) [23, 39, 40]. La situazione, tuttavia, sembra oggi tenuta sotto controllo grazie anche ai progressi nell’ambito della terapia e della gestione dei pazienti affetti da CI. Da sottolineare inoltre come, a partire dalla metà degli anni ‘90, vi sia stata anche una diffusione degli studi epidemiologici sulla tematica, nel contesto sia statunitense sia europeo [11, 12, 14, 41, 42]. Gli studi epidemiologici disponibili sono prevalentemente di due tipi: studi retrospettivi sulla popolazione generale e studi condotti a livello locale e regionale su gruppi di pazienti o ospedali. Nei primi sono esaminati i dati relativi alle dimissioni ospedaliere e alla mortalità, utili per ottenere indicazioni circa i tassi di incidenza e mortalità. In questo caso è necessario considerare che, dati i più alti tassi di incidenza della CI in specifici gruppi a rischio, le stime di incidenza sulla popolazione generale potrebbero essere di scarso interesse operativo. Inoltre si potrebbe incorrere in un problema di sottostima dei tassi di incidenza dovuto al fatto che i sintomi della candidosi possono essere aspecifici [43] OF PUBLIC e di sottovalutazione della mortalità attribuibile alla CI a causa delle gravi condizioni, dovute alla/e patologia/e di base, in cui versano i pazienti affetti. Questi fattori, e le difficoltà della diagnosi di CI (cfr. diagnosi) giustificano il motivo per cui sia difficile ritrovare la CI come diagnosi principale o come principale causa di morte nelle certificazioni ufficiali. La seconda tipologia di studi rappresenta la parte maggiore dei lavori disponibili e fornisce risultati più utili dal punto di vista operativo. Per quanto riguarda la mortalità, gli studi condotti nel periodo 19962010 dimostrano sostanzialmente una riduzione dei tassi di mortalità da CI e da altre infezioni fungine (Figura 4) [44]. Probabilmente ciò è l’effetto dell’utilizzo sempre più diffuso di nuovi farmaci antifungini, introdotti in commercio agli inizi degli anni 2000, quali il voriconazolo [45] e le echinocandine [46]. Altre fonti dati per stimare i tassi di incidenza di CI: dati di ospedalizzazione Attraverso la consultazione delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) relative al periodo 1999-2005 [47], abbiamo valutato il numero di dimissioni (da regime di ricovero ordinario) nel cui campo “diagnosi principale” è stato riportato il codice ICD9-CM 112.5, relativo alla candidosi disseminata. Ne è emerso quanto rappresentato in Tabella 2. Il numero di dimissioni appare comunque verosimilmente sottostimato, data la non accessibilità alle informazioni contenute nei campi delle diagnosi secondarie. Distribuzione delle specie di Candida: differenze geografiche e shift epidemiologico Più studi rilevano differenze tra Nord America ed Europa in termini di tassi incidenza e distribuzione delle specie di Candida coinvolte nella patogenesi della CI e anche tra i Paesi europei stessi (Tabelle 3, 4) [19, 48-51]. Figura 4. Tasso grezzo di mortalità per 100.000 individui per CI e aspergillosi, 1991-2003 [44]. S6 HEALTH CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF Negli anni ‘80, il 75% delle infezioni da Candida era sostenuto dalla specie albicans, ma attualmente tale percentuale è scesa a valori inferiori al 60% [52]. Parallelamente, in questo arco di tempo, si è verificato un aumento dell’incidenza di infezioni da C. glabrata, C. parapsilosis e C. tropicalis [52]. Negli ultimi due decenni si è, quindi, registrato un incremento delle infezioni sostenute dai ceppi non albicans: da un importante studio condotto PUBLIC HEALTH nel 2007 in 21 centri tra USA e Canada su pazienti a rischio, si dimostra, infatti, come queste specie oggi rappresentino oltre il 50% degli agenti patogeni delle CI (Figure 5 e 6) [53]. Il passaggio a specie non albicans è stato evidenziato anche in pazienti ricoverati in Unità di Terapia Intensiva (UTI) nell’ambito di uno studio di sorveglianza condotto in Italia dal 1999 al 2003 [12]. Ulteriori evidenze provenienti da studi di Tabella 2. Dimissioni per candidosi sistemica, stratificate per sesso e fascia di età, nel periodo 1999-2005 (ricoveri ordinari). Anno Sesso <1 anno 1-4 anni 5-14 anni 15-24 anni 25-44 anni 45-64 anni 65-74 anni >74 anni Totale 1999 M 1 1 0 2 14 23 16 6 63 F 2 2 1 2 11 19 7 15 59 2000 M 2 0 0 3 12 13 11 4 45 F 5 0 1 2 5 6 9 13 41 2001 M 3 0 1 1 9 13 13 10 50 F 0 0 1 2 1 10 12 15 41 2002 M 0 3 0 0 6 13 21 16 59 F 1 1 1 3 10 15 10 14 55 2003 M 4 2 0 1 10 26 18 23 84 F 2 2 2 3 7 13 12 16 57 2004 M 1 0 2 3 8 15 17 14 60 F 0 1 5 0 12 15 18 19 70 2005 M 3 0 3 0 11 28 17 25 87 F 1 1 1 4 3 14 21 21 66 Tabella 3. Incidenza (globale e limitata alle fasce d’età estreme) della candidemia, derivata da studi sulla popolazione condotti in Europa, Canada e USA (modificata da Tortorano et al. [5]). Regione Paese Periodo Incidenza globale (n° casi/100.000/ anno) Incidenza nei pazienti <1 anno (n° casi/100.000/ anno) Europa Finlandia 1995-1999 1,9 9,4 5,2 Norvegia 1991-2003 2,4 10,3 7,0 Islanda 1995-1999 4,9 11,3 19,0 12,0 Canada USA Incidenza nei pazienti ≥65 anni (n° casi/100.000/ anno) Spagna 2002-2003 4,9 38,8 Danimarca 2003-2004 11,0 - Calgary 1999-2004 2,8 19,0 15,0 S.Francisco/ Atlanta 1992-1993 8,0 75,0 26,0 Connecticut/ Baltimora 1998-2000 10,0 - CAPITOLO 1 - - S7 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Tabella 4. Distribuzione delle Candida spp. nei casi di CI (modificata da Pfaller et al. [19]). Specie % del n° totale di casi 1997-1998 1999 2000 2001 2002 2003 C.albicans 73,3 69,8 68,1 65,4 61,4 62,3 C.glabrata 11,0 9,7 9,5 11,1 10,7 12,0 C.tropicalis 4,6 5,3 7,2 7,5 7,4 7,5 C.parapsilosis 4,2 4,9 5,6 6,9 6,6 7,3 C.krusei 1,7 2,2 3,2 2,5 2,6 2,7 C.guilliermondii 0,5 0,8 0,8 0,7 1,0 0,8 C.lusitaniae 0,5 0,5 0,5 0,6 0,5 0,6 C.kefyr 0,2 0,4 0,5 0,4 0,4 0,5 C.rugosa 0,03 0,03 0,2 0,7 0,6 0,4 C.famata 0,08 0,2 0,5 0,2 0,4 0,3 C.inconspicua 0,08 0,1 0,2 0,3 C.norvegensis 0,08 0,1 0,07 0,1 C.dubliniensis 0,01 0,08 0,1 0,05 C.lipolytica 0,06 0,06 0,06 0,08 C.zeylanoides 0,03 0,08 0,02 0,04 0,06 0,05 0,04 C.pelliculosa Altre Candida spp. N° totale di casi 3,9 6,0 3,7 3,3 7,9 4,9 22.533 20.998 11.698 21.804 24.680 33.002 Figura 5. Distribuzione di Candida spp. in 1.214 pazienti con candidemia tra il 2004 e il 2007 [53]. sorveglianza condotti in diversi Paesi europei evidenziano la dinamicità dell’epidemiologia delle Candida spp., con una prevalenza di C. glabrata come importante causa di candidemia, in particolare nel paziente anziano [5]. La ragione principale di questo shift epidemiologico si ritrova nell’utilizzo sempre crescente di farmaci antifungini, specialmente il fluconazolo [53]. Come conseguenza, C. glabrata, una volta quarta causa più comune di candidosi, è diventata un importante patogeno S8 opportunista, secondo solo, come da molteplici evidenze, a C. albicans. A queste considerazioni si deve aggiungere il fatto che le specie più letali sono attualmente proprio le non albicans, come dimostra uno studio di sorveglianza condotto negli USA dal 1995 al 2002 (Figura 7) [54]. Suscettibilità e resistenza Analogamente a quanto accade per i batteri, la resistenza per i miceti può essere definita primaria o secondaria. La primaria, o intrinseca, CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Figura 6. Frequenze delle singole specie di Candida nei diversi gruppi di pazienti a rischio [51]. Figura 7. Distribuzione delle specie di Candida in 1.890 casi di infezioni del torrente ematico e mortalità grezza associata [54]. si riferisce alla naturale suscettibilità del microrganismo a un antimicrobico, è prevedibile e indipendente dall’esposizione al farmaco. La secondaria, o acquisita, è molto meno prevedibile e potenzialmente più problematica rispetto alla primaria. In condizioni di stress ambientale, quale può essere l’esposizione ad agenti antifungini, una popolazione di funghi inizialmente suscettibile può iniziare a esprimere resistenza [55]. Sono stati osservati e studiati meccanismi di resistenza a diverse classi di antifungini: azoli, polieni (in particolare amfotericina B), flucitosina, echinocandine [56]. Il fenomeno delle resistenze è aumentato nel corso degli ultimi anni, anche a causa dell’aumento dell’utilizzo dei farmaci antifungini e della sorveglianza più attenta della suscettibilità ai farmaci. I dati disponibili relativi alle resistenze riguardano soprattutto gli azoli, probabilmente anche perché rappresentano la classe da più tempo in commercio e più utilizzata di antifungini. Parlando proprio di azoli, diversi studi di sorveglianza, fra i quali i vari SENTRY, condotti su scala mondiale alla fine degli anni ‘90 [49, 55], e il più recente ARTEMIS [50], hanno evidenziato un aumento delle resistenze a fluconazolo e itraconazolo degli isolati di Candida, in particolare fra le specie non albicans C. glabrata e C. krusei (Tabella 5). L’aumento più significativo di casi di resistenza intrinseca o acquisita al fluconazolo è stato osservato nelle specie non albicans come la C. glabrata e C. krusei, e ricordiamo in tale sede come, in molti casi, C. glabrata sia la specie più comunemente isolata dopo la C. albicans [19]. CAPITOLO 1 S9 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Tabella 5. Suscettibilità in vitro di varie specie di Candida a fluconazolo e itraconazolo, periodo 1997-98, materiale: sangue (modificata da Pfaller et al. [55]). Specie C.albicans C.glabrata C.parapsilosis Anno 1997 163 1998 181 1997 46 1998 58 1997 1998 C.tropicalis C.krusei N° di isolamenti 1997 48 47 24 1998 28 1997 6 1998 4 Farmaco antifungino MIC (µg/ml)* %R** Range 50% 90% Fluconazolo 0,12–0,128 0,25 1,0 0,6 Itraconazolo 0,015–8,0 0,06 0,12 0,6 Fluconazolo 0,12–0,128 0,25 0,5 1,1 Itraconazolo 0,008–8,0 0,03 0,12 2,2 Fluconazolo 1,0–0,128 8,0 32 8,7 Itraconazolo 0,12–8,0 0,5 2,0 36,9 Fluconazolo 0,25–128 8,0 16 5,2 Itraconazolo 0,06–8,0 0,5 2,0 32,8 Fluconazolo 0,12–4,0 1,0 2,0 0 Itraconazolo 0,015–0,5 0,12 0,25 0 Fluconazolo 0,25–4,0 0,5 1,0 0 Itraconazolo 0,015–0,5 0,06 0,25 0 Fluconazolo 0,25–4,0 0,5 2,0 0 Itraconazolo 0,03–1,0 0,12 0,5 4,2 Fluconazolo 0,25–8,0 0,5 1,0 0 Itraconazolo 0,015–1,0 0,06 0,5 Fluconazolo 32–64 32 100 Itraconazolo 0,12–2,0 1,0 66,6 Fluconazolo 8,0–32 32 100*** Itraconazolo 0,12–0,5 0,25 0 3,6 * 50 % e 90%, MIC al 50 e 90% dei campioni testati, rispettivamente. ** %R, percentuale di ceppi resistenti determinati utilizzando i criteri per i breakpoint interpretativi del National Committee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS): resistenza al fluconazolo ≥64 µg/ml; resistenza all’itraconazolo ≥ 1,0 µg/ml. *** Gli isolati di C.krusei sono considerati resistenti al fluconazolo, indipendentemente dalla MIC. La maggior parte delle specie di Candida, soprattutto la albicans, viene considerata sensibile all’amfotericina B (AmB) [56, 57]. Anche C. lusitaniae, nota per numerosi casi di resistenza clinica all’AmB [58-63], sembra invece sensibile a tale farmaco dopo l’iniziale isolamento dal sangue [19]. Ciò a dimostrare che la resistenza all’AmB non è necessariamente intrinseca, ma si può sviluppare anche secondariamente al trattamento. Casi di resistenza, sia in vivo che in vitro, sono stati descritti in numerosi studi [64-73], ed evidenze recenti dimostrano che l’AmB non ha un’attività ottimale nei confronti di specie oggi in aumento come C. glabrata, C. guilliermondii e C. rugosa [74, 75]. La resistenza alla flucitosina (5FC) si stima, invece, intorno al 10-15% negli isolati di C. albicans, ma sembra raggiungere tassi più elevati fra le altre specie [76]. Un importante studio, condotto su 8.800 isolati, utilizzando i metodi S10 suggeriti dal National Commitee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS), sembra però smentire questi dati: gli Autori hanno, infatti, osservato che la resistenza primaria alla 5FC non è così comune nelle Candida spp. (95% S, 2% I, e 3% R), con l’unica eccezione della C. krusei (5% S, 67% I e 28% R) [77]. Bisogna comunque ricordare che le concentrazioni minime inibenti (MIC) della 5FC presentano un’ampia variabilità fra le varie specie di Candida, sia per la presenza di resistenza intrinseca, sia per il possibile rapido sviluppo di resistenza acquisita [78]. Le echinocandine anidulafungin, caspofungin e micafungin hanno un’eccellente attività in vitro contro la maggior parte delle specie di Candida (≥99,6% sensibilità); l’unica eccezione è rappresentata da C. parapsilosis e C. guilliermondii (>90% sensibilità) [79-81]. Il motivo di questa minore sensibilità non è chiaro, dal momento che pazienti infettati da queste due CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL specie di Candida hanno poi, in effetti, risposto al trattamento con echinocandine [82]. Finora i fenomeni di resistenza alle echinocandine segnalati sono infatti rari [83, 84]. Recenti lavori affermano però che essi potrebbero aumentare a causa della selezione di mutazioni genetiche, sia stabili che reversibili, che potranno ridurre la suscettibilità a questa classe di antifungini [85]. Prevenzione E’ noto che, in pazienti gravemente compromessi, il riconoscimento della CI può essere complesso e quindi tardivo. L’individuazione precoce e l’inizio tempestivo del trattamento sono quindi di massima importanza, ma anche di grande difficoltà: questo rende la prevenzione ancora più importante [86]. Ci sono però 3 fondamentali strategie che dovrebbero formare le basi di ogni approccio per prevenire morbosità e mortalità legate alla CI nei pazienti a rischio, prima ancora di effettuare l’indispensabile profilassi antifungina [86]: 1.migliorare l’igiene delle mani; 2.mantenere la sterilità durante il posizionamento di cateteri; 3.utilizzare razionalmente gli antibiotici. Nei pazienti con neutropenia, la profilassi antifungina, effettuata più frequentemente con fluconazolo, si è dimostrata efficace nel ridurre le CI causate da C. albicans, C. tropicalis e C. parapsilosis e la mortalità associata, determinando però una selezione dei ceppi di C. glabrata e C. krusei resistenti [87, 88]. Per i pazienti non neutropenici ricoverati nei reparti di terapia intensiva, invece, la potenziale tossicità dei farmaci, associata al problema delle interazioni e all’emergenza di specie di Candida resistenti agli antifungini, fanno affermare che la profilassi antifungina debba essere valutata caso per caso e giustificata solo quando: •vengano rispettate le strategie suddette; •il tasso di incidenza della CI resti elevato, nonostante l’applicazione delle esse; •all’interno del reparto si osservi un’incidenza cumulativa di CI ≥10% [86, 89]. La programmazione di interventi efficaci di prevenzione non può inoltre prescindere dalla conoscenza del quadro epidemiologico e dall’analisi dello shift epidemiologico [3]. D’altra parte è importante ricordare che la disponibilità di nuovi farmaci antifungini ad ampio spettro e con un basso profilo di tossicità ne permetterà un uso più esteso, grazie anche alle evidenze che emergeranno dagli studi sui trattamenti preventivi empirici in corso e dalle analisi condotte sulle loro indicazioni, efficacia e sicurezza [18]. OF PUBLIC HEALTH Fisiopatologia e diagnosi La maggior parte delle specie di Candida ha un reservoir umano e animale; tuttavia si ritrovano frequentemente nell’ambiente, in particolare in quello ospedaliero, incluso nei cibi, piani di lavoro, pavimenti, strumentario e sistemi di aria condizionata. Sono inoltre fisiologici commensali di cute e mucose dei tratti respiratorio, gastrointestinale e genitourinario [90]. La Candidosi è la più comune micosi opportunistica. Le Candida spp. possiedono fattori di virulenza ben noti ma non ancora caratterizzati con precisione, responsabili della loro capacità di causare infezione [91]. I principali sono: •Molecole di superficie, che ne permettono l’adesione ad altre strutture (es. cellule, matrice extracellulare, apparecchi protesici); •Proteasi acide e fosfolipasi, coinvolte nei processi di penetrazione e danno delle membrane cellulari; •Switching fenotipico, ossia la capacità in vitro di alcuni ceppi di Candida di mutare in modo reversibile e con elevata frequenza da un fenotipo dominante a uno recessivo. Come per le altre micosi, le difese dell’ospite giocano un ruolo molto importante nello sviluppo della CI [90]. Esse sono rappresentate dalle barriere muco-cutanee, dalle cellule fagocitiche e monocitiche, dai leucociti polimorfonucleati, dal complemento, dalle immunoglobuline, dall’immunità cellulo-mediata e dalla flora batterica endogena muco-cutanea. Nel momento in cui vi è uno squilibrio tra colonizzazione e normali meccanismi di difesa dell’ospite, la Candida è in grado di superare le barriere dell’organismo e di penetrare nei tessuti più profondi, determinando una disseminazione multiorgano e talvolta una sepsi. Quest’ultima si verifica attraverso tre fasi: colonizzazione, invasione, induzione della Systemic Inflammatory Response Syndrome (SIRS). Tutti i fattori sopra elencati sono associati a una maggiore frequenza di colonizzazione. I meccanismi attraverso i quali la Candida invade, determinando la CI, sono: •la penetrazione attraverso la superficie colonizzata (cute, mucose) la cui barriera, essendo danneggiata o sprovvista dei meccanismi di difesa, consente al lievito di accedere al torrente ematico; •l’adsorbimento attraverso la parete gastrointestinale, che si verifica a seguito di colonizzazioni massive con un gran numero di microrganismi che riescono a passare direttamente nel sangue. La SIRS, infine, si verifica attraverso il riconoscimento da parte dei Toll-Like Receptors CAPITOLO 1 S11 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL di tipo 2 (TLR2) di specifici componenti della parete fungina: da ciò si attiva la cascata che coinvolge il Nuclear Factor-Kappa B (NF-KB) e che risulta nella produzione finale di Tumor Necrosis Factor (TNF) [92]. Le caratteristiche cliniche della CI, in particolare il fatto che molto spesso la CI non sia la patologia principale, possono aiutare a capire perché la diagnosi di infezione fungina sia spesso tardiva. Un elemento di ulteriore difficoltà deriva dai problemi della “classica” diagnosi colturale di CI: le colture ematiche hanno una bassa sensibilità e specificità (<50%) e il prelievo dei tessuti è particolarmente problematico in terapia intensiva e nei pazienti critici [93]. In queste situazioni, un ritardo di 12 ore della terapia antifungina può peggiorare sensibilmente le possibilità di sopravvivenza del paziente [94]. Negli ultimi anni l’avvento di nuovi farmaci ha reso disponibili o più efficaci approcci terapeutici d’attacco profilattici ed empirici che richiedono, insieme alla valutazione caso per caso del quadro clinico principale, anche una diagnosi più tempestiva. Questa evoluzione sta facendo acquisire importanza a tecniche diagnostiche non colturali, come la Polymerase Chain Reaction (PCR) e la Fluorescent In Situ Hybridization (FISH), che non sono però molto diffuse [9598]. Sono invece in uso, dalla fine degli anni ’80, metodiche di imaging che, identificando aspetti morfologici tipici prodotti dalla CI negli organi colpiti, consentono di anticipare una diagnosi di probabilità [99-101]. Quadro clinico ed esame obiettivo restano comunque imprescindibili, tanto più che nelle linee guida dell’Infectious Diseases Society of America (IDSA) alcuni interventi terapeutici iniziali sono decisi sulla base della semplice valutazione del rischio di CI. Anche gli esami colturali mantengono la loro importanza, specialmente per le fasi successive di terapia, che normalmente variano in funzione della specie di Candida [3]. Per l’approfondimento dei criteri diagnostici si rimanda al successivo capitolo, relativo all’approccio diagnostico-terapeutico. Candidosi esofagea La Candida spp. possono infettare l’esofago in forma di Candidosi esofagea, i cui sintomi principali sono disfagia e odinofagia. Questo processo infettivo avviene prevalentemente in soggetti immunologicamente defedati o che presentano altri fattori di rischio, come età estreme, diabete ealtre endocrinopatie, traumatismi e altri fattori che causano l’interruzione della continuità della mucosa esofagea [102]. S12 OF PUBLIC HEALTH Generalmente la candidosi esofagea si manifesta nei soggetti affetti da HIV quando la conta dei CD4 scende sotto a 100 cellule/mm3 [103]. In uno studio di coorte retrospettivo condotto in Europa e Canada su 760 pazienti affetti da AIDS, è stata riscontrata una prevalenza di candidosi esofagea del 12,4% [104]. Dai risultati di uno studio multicentrico (EuroSIDA), che ha coinvolto in 9 anni circa 10.000 pazienti affetti da HIV reclutati in 82 centri in Europa, Israele e Argentina, è emersa una riduzione annua dell’incidenza di candidosi esofagea pari al 32% (IC95%= 30,035,0%). L’incidenza è passata, infatti, da 6,2 per 100 anni-persona nel 1994 (IC95% 5,0–7,4) a 0,5 per 100 anni-persona (IC95%= 0,3–0,7) per gli anni successivi al 1999. Inoltre, dallo stesso studio, è emersa una riduzione della percentuale di pazienti che hanno assunto farmaci antifungini dal 18% al 2%. Tali risultati sono attribuibili principalmente all’introduzione dei farmaci HAART nella terapia dell’HIV [105-107]. La specie di Candida più frequentemente riscontrata nelle infezioni esofagee è la albicans, ma raramente possono essere ritrovate nei campioni esofagei anche la glabrata e le altre specie [108]. Per quanto riguarda la tipizzazione, la distribuzione dei ceppi di Candida che si riscontra nei pazienti con HIV è la stessa dei pazienti non HIV positivi [109]. Conclusioni Le Candida spp. costituiscono una tra le prime cause – la terza in Italia - di infezioni invasive nei pazienti immunodepressi e neoplastici o a rischio di infezioni opportunistiche. Il crescente numero di pazienti immunocompromessi ha determinato un aumento del carico di malattia. Si è assistito tuttavia a una riduzione della mortalità, pur rimanendo questa piuttosto elevata. Le specie di Candida coinvolte nella patogenesi dei casi di Candidosi Invasiva (CI) si stanno modificando, con un incremento di specie non albicans che, peraltro, presentano maggiori problematiche di resistenza. I tassi di incidenza di candidosi esofagea sembrano invece essersi ridotti nel tempo. La candidosi rappresenta un problema clinico di rilevante entità nella gestione dei pazienti ospedalizzati e immunocompromessi. Per ridurre i tassi di incidenza e mortalità legati alle patologie da Candida, e in particolare alle CI, è fondamentale puntare su un approccio che tenga conto sia del quadro epidemiologico che dello shift epidemiologico e che sia basato su farmaci ad ampio spettro e con profilo di tossicità tollerabile. CAPITOLO 1 IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 2, 2010 ITALIAN JOURNAL Bibliografia 1) Blankenship JR, Fanning S, Hamaker JJ, et al. An extensive circuitry for cell wall regulation in Candida albicans. 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