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RASSEGNA STAMPA
Lunedì 11 Febbraio 2013
UN AFORISMA AL GIORNO:
«Quando riuscirai a capire come la penso,
sarà tardi: avrò cambiato idea!».
(Marilyn Monroe)
BANCHE/LAVORO
Un’istanza a Equitalia congela i debiti Inps .................................................... 2
Il Cav cambia Equitalia: «Sulla prima casa niente pignoramenti» ................... 4
Bipiemme, via alle nuove Popolari.................................................................. 5
Bankitalia assume ......................................................................................... 6
ECONOMIA: PRIMO PIANO
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Rassegna Stampa del giorno 11 Febbraio 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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L’Italia «sommersa» non sente la crisi ........................................................... 7
I Comuni e le spese, la scure degli «standard antisprechi» ............................. 9
Il Paese immobile che trascura i giovani ........................................................ 10
Banche, i «senior» hanno tenuto E alcuni offrono il 2% più del Tesoro ............ 12
Btp Investire sui gemelli diversi dell'inflazione .............................................. 13
Wall Street: Chi ha paura dei tre picchi da vertigine? ..................................... 15
Un fiume di denaro a San Marino Mps “ripuliva” migliaia di assegni .............. 16
Raffica d’interrogatori a Siena la verità di Morelli su Antonveneta ................. 17
Investimenti pubblici prima regolare il mercato ............................................. 18
ALESSANDRO ROTA PORTA
Riscossione. La regola applicabile a cartelle di pagamento e avvisi di
addebito
Un’istanza a Equitalia
congela i debiti Inps
L'iter è attivatile in sei casi dettati dalla legge di stabilità 2013
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I contribuenti possono contare su una chance di tutela in più nell'ambito dei processi di riscossione
e, tra gli altri, di quelli inerenti i debiti contributivi: l'Inps è infatti intervenuto - con il messaggio
n.1636 dello scorso 28 gennaio - a dettare gli indirizzi operativi per attivare la sospensione della
riscossione, secondo le regole introdotte dalla legge di stabilità2013. Mavediamo nel dettaglio. Le
cause di sospensione I commi da 537 a 543 della legge 228/2012 hanno previsto, con decorrenza dal
i° gennaio 2013, la possibilità per i contribuenti di attivarsi nei confronti dei concessionari della
riscossione per chiedere la sospensione della stessa e il successivo discarico delle relative cartelle di
pagamento. Si tratta peraltro di una procedura che, in determinate fattispecie, può anche condurre
all'annullamento automatico degli atti. L'Inps ha quindi recepito le novità previste dalla legge di
stabilità, illustrando i passaggi che il contribuente deve percorrere per attivare la sospensione dei
titoli: in panicolare, nel caso dei crediti di natura previdenziale vantati dall'istituto, il messaggio
1636 ha precisato che l'ambito applicativo si riferisce sia alle somme iscritte a ruolo per le quali
l'agente della riscossione ha provveduto alla notifica delle cartelle di pagamento sia alle somme
richieste con avviso di addebito, ex articolo3o del Dl 78/2010. In particolare, sono sei le fattispecie
individuate dalla norma e recepite dall'Inps, in virtù delle quali è consentito all'interessato
l'esperimento della procedura di sospensione. Sí tratta nel dettaglio: O della prescrizione o
decadenza del diritto dì credito sotteso al provvedimento oggetto della riscossione, intervenuta in
data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; O della sussistenza di un provvedimento di
sgravio emesso dall'ente creditore; O della sospensione amministrativa concessa dall'ente
creditore; O della sospensione giudiziale, oppure che discende da una sentenza che abbia annullato
in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore; O del pagamento effettuato, riconducibile al ruolo
in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell'ente creditore; O di
qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso. L'istanza del contribuente Se dunque il
contribuente, a cui sia stata notificata una cartella di pagamento o un avviso di addebito, dovesse
trovarsi in una delle sei situazioni descritte in precedenza, entro 90 giorni dalla notifica del primo
atto di riscossione o di un atto della procedura cautelare o esecutiva può presentare un'istanza,
redatta con la modulistica rilasciata da Equitalia con la circolare n. 2/2013. È questo lo step che
innesca le fasi successive, che coinvolgono sia l'agente della riscossione sia - nel caso descritto l'Inps: infatti, la dichiarazione del contribuente ha l'effetto di sospendere immediatamente
l'esecuzione del titolo. L'istanza potrà essere presentata anche attraverso modalità telematiche (ad
esempio tramite la posta elettronica certificata). Oltre alle generalità del contribuente/azienda e
dell'atto in oggetto, l'istanza dovrà contenere la Avviso di addebito "È la procedura di recupero dei
crediti da parte dell'Inps, che ha sostituito la cartella esattoriale, dal 1 ° gennaio 2011. Contiene i
dati identificativi del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del credito e la
causale, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzione e interessi ove dovuti nonché
l'indicazione dell'agente delta riscossione competente, in base al domicilio fiscale presente
nell'anagrafe tributaria alla data di formazione dell'avviso. Se gli importi dovuti non sono versati
entro il termine di 60 giorni dalla notifica, l'agente della riscossione indicato procederà
all'espropriazione forzata, con gli stessi poteri, le facoltà e le modalità che regolano la riscossione a
mezzo ruolo. documentazione a sostegno dell'annullamento dell'atto nonché i documenti di
riconoscimento utili all'autocertificazione (la dichiarazione può anche essere presentata da un
soggetto delegato): è importante osservare queste indicazioni con attenzione poiché sono oggetto
di una prima verifica da parte del concessionario che le riceve. Nel caso l'istanza fosse incompleta
sarà quest'ultimo a contattare il debitore per invitarlo alla relativa integrazione. Il ruolo dell'Inps
L'agente della riscossione, ricevuta la dichiarazione dà vita alla seconda fase: qui entra in gioco
l'Inps, al quale il concessionario inoltra con apposita modulistica la dichiarazione ricevuta (entro io
giorni). Effettuati gli opportuni controlli, l'Inps, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o
Pec, entro i successivi 6o giorni, comunica al contribuente l'esito positivo dell'istanza o l'inidoneità
della documentazione prodotta. Nel primo caso è l'Inps stesso che trasmette al concessionario della
riscossione il provvedimento di sospensione/ sgravio della partita debitoria, mentre nel secondo
ripartirà l'attività di recupero. In caso invece di inerzia dell'Inps e di mancata risposta nel termine
di 220 giorni dalla presentazione della dichiarazione del contribuente, si ha l'annullamento di
diritto delle somme iscritte a ruolo.
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ADALBERTO SIGNORE
Il Cav cambia Equitalia:
«Sulla prima casa
niente pignoramenti»
Ospite di «In Onda» su La7 risponde anche alle accuse di «corruzione» di
Monti per il rimborso Imu: «Io corne Lauro? Paragorte indecente»
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Roma La campagna elettorale Silvio Berlusconi la chiuderà il 22 febbraio a Napoli, segno che la
corsaperil Senato saràprobabilmente davvero al fotofinish come tanti pensano. E già, perché
inizialmente il programma prevedeva che l'ultimo appuntamento pubblico prima delvoto fosse in
quel di Roma ma alla fine sono arrivate al «ballottaggio »Milano e il capoluogo campano, con
quest'ultimo ad avere la meglio. Niente di strano, visto che - grazie ai premi di maggioranza
regionali - è soprattutto sul Senato che si gioca la partita delle prossime elezioni. E basta dire che la
Lombardia e la Campania sono le due regioni che portano più seggi senatoriali - 49 la prima, 291a
seconda - per capire i motivi della scelta del Cavaliere. Che, forse considerando più facile la partita
lombarda, decide di chiudere alla Mostra d'Oltremare di Napoli. Con la ¦¦¦ speranza di portare a casa
non solo Lombardia, Sicilia e Veneto, ma anche il premio di maggioranza della Campania che
davvero potrebbe cambiare lo scenario post voto. Nel frattempo, la campagna elettorale va avanti
sull' etere, non solo per Berlusconi ma anche per gli altri candidati (fatta eccezione, almeno per il
momento, per Beppe Grillo). L'ex premier ieri sera era ospite diln Onda, la trasmissione di
approfondimento di La7 condotta da Nicola Porro e Luca Telese. L'occasione giusta per rispondere a
Mario Monti che nel pomeriggio - dai microfoni di Rtllo accusa di «voler comprare i voti degli
italiani con i soldi degli italiani» paragonandolo ad Achille Lauro. Una cosa «indecente », ribatte il
leader del P dl. Spiegando che la restituzione dei quattro miliardi di Imu sulla prima casa «è un
dovere verso le famiglie» perché «ha prodotto un fattore psicologico di insicurezza verso il futuro»
che è ilprimo fattore della «diminuzione dei consumi». Il Cavaliere, poi, ribatte anche al Professore
che assicura che l'Europa «teme il ritorno di Berlusconi». Monti, attacca expremier, «è la piùgrande
delusione della mia vita, peggio di Fini e Casini». Eppoi «non sa di cosa parla», come dimostra l'Imu
che è la conferma della sua «ignoranza» perché non ha compreso «i danni che avrebbe creato» e «il
gravissimo errore economico fatto». Ma sul monito di Monti secondo cui l'Ue sarebbe spaventata da
un suo ritorno, Berlusconi è trachant: «È una grande cazzata». E ancora: «Ho detto una parolaccia
ma se la merita». Si passa al capitolo satira. E per l'occasione il Cavaliere dà una grandissima lezione
a quasi tutti i big del suo partito che ogni volta che a Ballarò parla Crozza non spiccicano un sorriso
e il più delle volte s'irrigidiscono. Vanno infatti in onda spezzoni delle imitazioni diBerlusconi e 1'
ex premier non solo non s'infastidisce ma se la ride. Com'è Crozza? «È molto bravo e simpatico e poi
- dice il Cavaliere - attac ca tutti quanti. Complimenti ». Sipassa alle indagini sul Monte dei P aschi
di Siena. «La magistratura- dice - quando inquisisce la sinistra si comporta come sempre dovrebbe
fare, quando inquisisce me fanno migliaia di intercettazioni e le passano ai giornali». E ancora:
«Mps è il più grande scandalo bancario dal 1880». E in tutto questo «il Pd è totalmente coinvolto »
perché «indica chi comanda lì dentro» ed è da sempre coinvolto nella gestione. Un ultimo passaggio
sul fisco: «Proporremo nuove regole per Equitalia riducendo sanzioni e interessi su cartelle
esattoriali che strozzano gliimprenditori onesti. Ma pensiamo anche all'impignorabilità della prima
casa». Poi la chiusa. Le elezioni? «Penso divincerle, oggi c'è più entusiasmo del '94».
MASSIMO RESTELLI
BANCHE Gli istituti mutualistici chiamati alla svolta
Bipiemme, via alle nuove Popolari
Bankitalia guarda al progetto di Bonomi per accelerare un cambio di passo
del settore. Il nodo ricapitalizzazioni
GOVERNANCE Nelle assemblee restano determinanti i dipendenti
Il peso di Fabi e Fiba
La «spa ibrida» pensata dal presidente Andrea Bonomi per rottamare inmo do definitivo lelogiche
dellavecchia Popolare di Milano, promette di essere solo la prima scintilla di una generalizzata
trasformazione del settore. Una terza via, tra gli attuali istituti commerciali e le cooperative, che
potrebbe favorire un nuovo processo di consolidamento fino alla nascita di un soggetto simile a
quello che è il Crédit Agricole, in Francia. Il progetto Piazza Meda ben si incastra, infatti, nel
rinnovato atteggiamento diBankitaliaverso l'intero sistema creditizio. Palazzo Koch, che in passato
agivaperlopiù sottotraccia erisolveva le emergenze favorendo le aggregazioni, ora sta adottando
una politica «interventista». La svolta, che mira ad avere certezza della solidità dei bilanci delle
banche vigilate, anche allaluce della mina inesplosa delle sofferenze, trova conferma nelle frequenti
ispezioni. Il governatore Ignazio Visco è alle prese con almeno tre ordini di problemi. Il primo,
malgrado i vincoli patrimoniali imposti dall'Eba siano stati centrati, riguarda le prevedibili
difficoltàche incontrerebbero molte Popolari a ricapitalizzarsi in una Borsa che non ha mai amato il
voto capitario. Il secondo è collegato alla ancora maggiore centralità degli investitori istituzionali,
dopo che la crisi ha svuotato le tasche dellefamiglie, da sempre «bacino» delle Popolari. Il terzo
(politico) è la necessità di preparare il previsto passaggio di consegne con la Bce perlanascita di
un'unica supervisione sulle grandi banche Ue. SebbeneBonomiel'adPiero Montani abbiano studiato
una soluzione apposita per Bpm, oggi Piazza Meda è quindi un «laboratorio», incaricato di
sperimentare l'antidoto a un problema comune e, nel contempo, superarelapoco coraggiosariforma
delsettore da poco licenziata dal Parlamento. Nelle Popolari si prospetta poila necessità di
affrontare ilricambio generazionale delle primissime linee. Ecco perché l'attenzione è indirizzata
sul tasso di litigiosità delle prossime assemblee chiamate a rinnovare i vertici. A partire da quella
imminente di Ubi Banca, dove il fronte guidato da Giorgio Jannone è pronto a dare battaglia.
I1progetto diBonomi è attualmente quello di tenereBpm autonoma, ma secondo più di un
osservatore la sposa ideale diPiazzaMeda sarebbe proprio il gruppo guidato da Victor Massiah.
Prima di fare qualsiasi ipotesi, si ragionaneicorridoi diUbi, occorretuttavia attendere l' esito delle
«urne»: qualcuno dei socibresciani nutrirebbe, infatti, qualche nostalgia per la «sp a» sperimentata
con Banca Lombarda, mentre 1' anima bergamasca prediligerebbe la cooperativa ereditata da Bpu.
Nelle Popolari l'affluenza dei dipendenti in assemblea è di norma intensa e, quindi, peserà
l'orientamento della Fabi di Lando Maria Sileoni, prima sigla del settore, che muove all'unisono con
la Fiba di Giuseppe Gallo. Il primo passaggio resta, comunque, la trasformazione di Bpm in spa: l'
assise dovrebbe riunirsi a fine luglio. Il cardine del progetto è la nascita della prospettata
Fondazione, cui saranno deputati i compiti diwelfare e di attenzione al territorio tipici delle mutue:
l'ente avrà inoltre diritto a tre consiglieri di sorveglianza.Il riassetto permette di scongiurare il
rischio che, con la fine dell'Associazione Amici, le assemblee divengano ingovernabili: a oggi
mancano, infatti, altri catalizzatori di voto e Bonomi, essendo un uomo di mercato, è distante dalla
logiche di gestione del consenso presenti in altre consorelle. La continuità della gestione è però
necessaria per liberare la banca dalla zavorra dei Tremonti Bond e dalle penalizzazioni patrimoniali
imposte da Bankitalia.
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CONSOLIDAMENTO Piazza Meda come possibile «scintilla» per far
ripartire le fusioni. La scommessa Ubi
ANNA LINDA GIGLIO
Domande & partecipazione (online) entro il 5 marzo
Bankitalia assume
Via Nazionale cerca 76 coadiutori
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Trovare lavoro in banca è ancora possibile. Ad aprirsi sono le porte della Banca d'Italia grazie al
bando per 76 posti da coadiutore riservati a laureati under 40 disponibili a trasferirsi a Roma ma
anche a frequenti spostamenti sul territorio nazionale per le funzioni di vigilanza svolte
dall'Istituto guidato da Ignazio Visco. I posti messi a concorso sono per 30 coadiutori con
orientamento nelle discipline economico-aziendali; 20 con orientamento nelle discipline giuridiche;
7 coadiutori con orientamento nelle discipline statistiche e/o matematico-finanziarie e 19 con
orientamento nelle discipline economico/giuridiche per le esigenze di vigilanza ispettiva centrale
su intermediari bancari e finanziari. La domanda di partecipazione al concorso (per uno solo dei
profili, in caso di più domande sarà presa in considerazione quella presentata per ultima) deve
essere presentata entro il 5 marzo utilizzando esclusivamente l'applicazione disponibile sul sito
Internet dell'istituto di via Nazionale, all'indirizzo www.bancaditalia.it seguendo le indicazioni
specificate. Le prove d'esame sono due, scritto e orale, nelle materie indicate dal bando e si
svolgeranno a Roma. Nel caso in cui il numero delle richieste di partecipazione sia superiore a 2
mila sarà prevista anche una prova di preselezione. Gli ammessi alle prove saranno convocati
mediante avviso sulla Gazzetta Ufficiale, quarta serie speciale (concorsi ed esami) di uno dei
martedì o venerdì del mese di aprile 2013.
CRISTIANO DELL’OSTE @c_delloste
MARCO MOBILI @m_mobili
GIOVANNI PARENTE @par_gio
Economia nascosta
LE TIPOLOGIE SOTTO LA LENTE Alta percezione della corruzione
L'indice di Transparency International colloca l'Italia al 69° posto
Ai danni del bilancio comunitario Tra il 2003 e i12012 sono stati
segnalati più di 4mila casi di frodi contro la Ue
L’ITALIA «SOMMERSA»
NON SENTE LA CRISI
Evasione fiscale, criminalità organizzata, truffe ai danni del settore
pubblico: il «nero» è tra le prime industrie del Paese
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C'era anche un uomo che incassava la pensione della madre morta da vent'anni tra le 14persone
appena denunciate dalla Guardia di Finanza di Genova. Quattordici persone che hanno continuato a
riscuotere gli assegni di soggetti deceduti tra il 1990 e il 2011, sottraendo all'Inps 74omila euro. Un
caso-limite, forse, ma indicativo di un Paese che - tra evasione fiscale, criminalità organizzata e
truffe ai danni del settore pubblico - ha fatto del sommerso la sua prima industria. E la crisi
economica non ha cambiato le cose: anzi, ha dimostrato che la capacità di resistenza del "nero" è
superiore a quella dell'economia in chiaro. Secondo le ultime rilevazioni della Banca d'Italia, nel
2012 il prodotto interno lordo "ufficiale" ha perso il 2,1 per cento. Sul sommerso non esistono stime
così precise, ma tutti gli indicatori lasciano pensare che ci sia stata una crescita o, al limite, un
arretramento più contenuto di quello sofferto dalle imprese in regola. Bilancio in rosso Due settori
su tutti valgono come esempio. Nel campo della contraffazione sono gli stessi dati della Guardia di
Finanza a dimostrare che la fabbrica dei falsi non si è fermata: i 1°5 milioni di prodotti contraffatti°
pericolosi sequestrati nel a12 non sono solo il risultato di un aumento delle operazioni delle
Fiamme gialle, ma il segno che l'economia illegale si muove comunque. Né potrebbe essere
diversamente, visto che operare nel sommerso significa anche evitare il peso crescente di imposte e
contributi. L'altro caso emblematico è quello dell'edilizia: secondo le rilevazioni del Cresme, l'anno
scorso il totale delle case di nuova costruzione si è dimezzato rispetto al 2oo7, mentre il numero di
quelle abusive è diminuito solo dell'u per cento. Anche in questo caso l'impressione è che chi opera
ai margini della legalità abbia avuto meno difficoltà ad affrontare la crisi economica, rendendo
comunque competitiva la sua offerta. Il tutto a danno di chi si sforza di giocare secondo le regole.
«Il Sole 24 Ore» ha considerato anche fenomeni come la criminalità organizzata e la corruzione, che
non sono conteggiati dalle cifre ufficiali dell'Istat sul sommerso, che escludono le attività illegali. È
fuor di dubbio, comunque, che la parte più grossa dell'economia irregolare sia riconducibile
all'evasione fiscale in senso stretto. Le ultime stime sono ferme a no miliardi di tasse evase ogni
anno.in attesa di aggiornare i calcoli alla luce delle nuove rilevazionistatistiche sull'economia
irregolare, qualche segnale inquietante arriva ancora dal bilancio delle operazioni della Guardia di
Finanza su scontrini e ricevute: in un caso su tre gli agenti hanno scoperto qualcosa che non va, e
anche in questa circostanza il dato non sembra dipendere solo dalla maggiore precisione dei
controlli. Al Sud, addirittura, la situazione peggiora, con un caso su due fuori legge. L'evasione è
anche quella "di alto livello", che coinvolge il traffico di capitali da e verso l'Italia, comprese le
operazioni messe in atto da multinazionali e grandi operatori per tassare utili e profitti in paradisi
fiscali Gli effetti distorti si fanno sentire anche sul welfare. Solo nel '2012 la Finanza ha scoperto (e
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denunciato) 3.556 persone che avevano taroccato le attestazioni Isee per ottenere sconti,
agevolazioni o contributi cui non avevano diritto: l'importo medio sottratto alle casse pubbliche è
di quasi i.800 euro a contribuente. Strada in salita Su tutto aleggiano due domande di fondo: come si
è arrivati a questo punto? E come si può, ragionevohnente, uscirne? La prima risposta si intreccia
alla storia dell'Italia e delle sue classi dirigenti. La seconda, invece, non può non partire da una
considerazione di fondo: quale che sia la strategia prescelta, contrastare il sommerso in un
momento di crisi non sarà un'operazione indolote, per i tanti soggetti che hanno fatto affari
nell'ombra. Di fatto, si tratterebbe di un colossale spostamento di reddito e ricchezza. Non
sorprende, allora, che proprio sulle mosse da adottare i programmi di quasi tutte le forze politiche
siano, tutto sommato, approssimativi o reticenti.
MARIO SENSINI
Finanza locale I nuovi parametri per misurare le necessità dei servizi.
Torino potrà raddoppiare gli investimenti, Napoli dovrà ridurli di un terzo
I Comuni e le spese,
la scure degli «standard antisprechi»
Molti sindaci costretti a fare economie importanti
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ROMA - Oscurati dalla spending review del governo Monti e quasi dimenticati, riemergono i
fabbisogni standard del federalismo, e con i nuovi parametri sui quali calcolare il riparto delle
risorse, molti sindaci e presidenti di provincia ricominciano a tremare. Come si era già visto per i
costi della polizia locale gestita dai Comuni, e per i servizi alle imprese svolti dalle province, i
fabbisogni standard per l'amministrazione generale appena calcolati dalla Commissione sul
federalismo fiscale, presieduta da Luca Antonini, mostrano discrepanze clamorose. E molti sindaci
dovranno presto fare economie importanti, oppure imporre nuovi sacrifici ai propri cittadini, per
poter rientrare nei nuovi limiti di spesa. A Napoli, per esempio, con il riparto delle risorse basato
sulla spesa storica, l'amministrazione generale del comune (quindi il personale, i servizi tecnici,
l'anagrafe, il servizio elettorale, la gestione delle entrate fiscali) assorbe lo 0,39 per mille del volume
complessivo delle risorse assegnate ai comuni per svolgere quel servizio. Ma sulla base dei
fabbisogni standard, calcolando cioè il costo ottimale del servizio, e non gli sprechi e le inefficienze
incrostati nella spesa storica, dovrebbe ricevere appena lo 0,25 per mille. Quasi un terzo di meno di
quanto riceve oggi. Torino, invece, potrà spendere, quasi il doppio nei prossimi anni: in base alla
spesa storica il comune guidato da Piero Fassino riceveva (dati di fine 2009) lo 0,1i per mille del
totale, mentre con i nuovi criteri potrà contare sullo 0,25% delle risorse, esattamente come il
capoluogo campano. Un bel taglio della spesa, per rientrare nei nuovi canoni, sarà necessario anche
al Comune di Roma, che oggi assorbe per le funzioni di amministrazione lo 0401% del totale, e dovrà
scendere allo 0,93 per mille, così come a Firenze e a Bologna. A Bari la spesa potrebbe addirittura
raddoppiare (dallo 0,004 allo 0,0o8%), mentre a Milano, che ha una spesa storica più bassa rispetto
al costo standard potrà crescere leggermente. A Siena, invece, dovrà di fatto essere dimezzata
rispetto al livello attuale. E non è che si stia parlando di operazioni virtuali. Nel giro di un paio
d'anni tutta la spesa per le funzioni fondamentali dei comuni sarà parametrata ai costi standard
definiti per ogni singolo municipio. Dopo la polizia locale (il decreto è già in vigore) e
l'amministrazione generale, quest'anno si passerà all'istruzione, poi alla viabilità, ai trasporti, alla
gestione del territorio, all'ambiente. E dal 2015 sindaci e presidenti di provincia riceveranno per il
finanziamento delle funzioni fondamentali delle loro amministrazioni solo quanto definito in base
al costo standard. Gli amministratori locali, in buona sostanza, hanno ancora tre anni di tempo per
portare il costo dei servizi al livello "ottimale". Dopodiché, gli eventuali maggiori costi dovranno
essere compensati con tagli su altre voci di spesa, o da nuove tasse locali imposte ai contribuenti. Il
tutto, per giunta, dovrà avvenire in modo assolutamente trasparente, perché i costi standard
calcolati dalla Sose per ciascun municipio dovranno essere pubblicati, insieme al valore della spesa
storica, sul sito internet del Comune. Perché i cittadini possano misurare a prima vista l'efficienza
dei servizi offerti, che, come abbiamo visto anche per l'amministrazione generale, è molto diversa
da Comune a Comune. Un discorso che naturalmente vale anche per la gestione delle entrate fiscali,
ricompresa nei costi generali considerati da quest'ultimo studio della Commissione, e che in
prospettiva diventa ancora più importante, visto che da quest'anno il servizio di riscossione dei
tributi, svolto finora da Equitalia, tornerà ai sindaci. Molti dei quali, letteralmente, "dormono" sulle
cartelle esattoriali comunali, mentre altri si affannano alla ricerca degli evasori. La capacità di
riscossione dei Comuni, pari a 71,4% nella media nazionale, sale fino al- 1'86,4% tra i Comuni del
Veneto, ma crolla al 4o% medio in quelli della Campania. Dove, a parità di tasse dovute, si riscuote
la metà delle imposte rispetto al Veneto.
GIUSEPPE BEDESCHI
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I dati relativi alla crisi economica che ha investito da alcuni anni il mondo industriale occidentale si
intrecciano in Italia con i dati relativi al declino che nel nostro Paese era iniziato già da molto
tempo. E si tratta di un intreccio impressionante, come ben mostra, con ricchezza di
documentazione, Alessandro Rosina (professore di demografia e statistica sociale all'Università
cattolica di Milano), nel suo saggio L'Italia che non cresce. Gli alibi di un Paese immobile (Laterza).
Vediamo alcuni di questi dati. In Italia il Pil (Prodotto interno lordo) è passato da una crescita
media del 3,6% negli anni Settanta, al 2,4% negli anni Ottanta, all'1,6% negli anni Novanta, fino al
modestissimo 14% negli anni pre-crisi del primo decennio di questo secolo. Tutto ciò è avvenuto nel
quadro di una forte crisi demografica, unica in Europa per la sua gravità: siamo stati i primi al
mondo a vedere gli over-65 superare gli under-15; e di questo passo entro il 2050 gli anziani
raggiungeranno il peso di una persona su tre. Naturalmente questa crisi demografica ha uno stretto
rapporto con le bassissime risorse che l'Italia ha destinato alla famiglia, sicché molti servizi
essenziali (a partire dagli asili-nido) sono stati drammaticamente insufficienti. Basti pensare che,
per quanto riguarda la spesa sociale, alla voce Famiglia, l'Italia destina l'1,3% del Pii: è il valore più
basso dell'Europa occidentale (la media europea è del 2,1%). Un osservatore straniero, che venisse
da noi da lontane contrade, potrebb'e attendersi che in una situazione di questo genere i nostri
giovani, le cui schiere si sono così assottigliate, abbiano molte strade aperte e buone prospettive.
Ma le cose, purtroppo, non stanno affatto così: anzi il nostro Paese è quello, in Europa, che più
emargina i giovani. Tra il 2001 e il 2010 l'Italia ha perso circa un milione e mezzo di occupati nella
fascia d'età compresa fra i 15 e i 34 anni. È il peggior crollo di lavoro giovanile in Europa. In realtà,
la questione giovanile è la questione più drammatica della situazione italiana, ed è il concentrato di
tutte le sue storture, il riassunto più eloquente di tutte le sue ingiustizie. Per intendere la gravità
della condizione dei giovani bastano alcune cifre: tra il 2008 e il 2mo la crisi economica ha ridotto
del 13% l'occupazione dei nostri giovani (mentre ha ridotto del 3% quella dei giovani tedeschi).
L'Italia è anche uno dei Paesi con la percentuale più alta di under- 3o che dipendono
economicamente dai genitori. La cosa non può stupire se si tiene presente che su circa 7,8 milioni di
giovani, quelli pienamente inseriti nel mercato del lavoro sono non più di 2,2 milioni (meno del
30%); se si tolgono gli studenti, si arriva a poco più del 40%. Ciò significa che la grande maggioranza
dei giovani che hanno concluso gli studi è esclusa o mal inserita. Inoltre c'è non solo una forte
instabilità nel lavoro dei giovani all'ingresso (la grande maggioranza dei contratti per i giovani è a
breve scadenza: nel 2o11 il numero dei cosiddetti precari si attestava intorno ai 3,3 milioni), ma c'è
anche una riduzione delle possibilità successive di stabilizzazione. In questo quadro non può
meravigliare il deterioramento delle condizioni retributive del nostro mondo giovanile: i salari dei
giovani italiani risultano mediamente più bassi rispetto a quelli dei coetanei europei. All'origine di
questa disastrata condizione giovanile italiana ci sono anzitutto due fattori: la mancata crescita
economica o una crescita irrisoria (che dura ormai da più di un quindicennio), e il dualismo del
mercato del lavoro. Il dualismo si basa sul fatto che gli anziani occupati godono di tutti i diritti e di
tutte le protezioni, mentre i giovani non hanno nessuno di quei diritti e nessuna di quelle
protezioni. I giovani sono così colpiti dalla brevità dei loro contratti, dalla inferiorità dei loro salari,
dalla atroce instabilità del loro lavoro (è infinitamente più facile non rinnovare il contratto di un
giovane che licenziare un lavoratore maturo, anche quando il primo è più produttivo del secondo);
per non parlare poi delle misere prospettive delle pensioni future. Per porre rimedio alla estrema
gravità della situazione giovanile italiana occorre certamente aumentare (come dice Rosina) la
spesa sociale a favore delle nuove generazioni, che da noi è la più bassa in Europa; occorre investire
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Il Paese immobile
che trascura i giovani
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in formazione; occorre istituire un raccordo efficace fra scuola e mondo del lavoro (oggi molte
imprese non riescono a soddisfare le loro necessità di manodopera tecnica), ecc. ecc. Ma occorre
superare, prima di tutto, il dualismo del mercato del lavoro, che punisce così gravemente i nostri
giovani. Così come occorre, naturalmente, riavviare la crescita, promuovendo quelle
liberalizzazioni, quella rimozione di privilegi corporativi, quelle riduzioni della spesa pubblica in
settori parassitari per abbassare le tasse e finanziare investimenti produttivi, che fino ad oggi ci
sono state promesse, ma che non sono mai state realizzate.
Alternative Una ricognizione nella foresta delle obbligazioni finanziarie
Banche, i «senior» hanno tenuto
E alcuni offrono il 2% più del Tesoro
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I bond garantiti in caso di fallimento non hanno perso terreno nella bufera Rischio e cedole record
fino al 10% per i subordinati. Come orientarsi Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena e la
nazionalizzazione di SNS Reaal, quarta banca olandese, hanno dato una nuova scossa agli equilibri
del sistema finanziario europeo. Ne hanno risentito, ma solo in parte, le quotazioni dei bond
bancari, che hanno aumentato i rendimenti di qualche centesimo di punto. «Nella sostanza,
tuttavia, le obbligazioni bancarie "senior", quelle con garanzia assoluta di rimborso del capitale si
sono mosse di poco e grazie a rendimenti un po' più elevati rispetto a quelli dei titoli di Stato sono
sovrapesate nei nostri portafoglio», afferma Antonio Mauceri di Augustum Opus Sim. Se si guarda al
dettaglio dei rendimenti (vedi tabella) sí può tuttavia constatare che emissioni come il bond Intesa
Sanpaolo con scadenza febbraio 2017, o l'emissione di Unicredit rimborsabile nel gennaio 2018, in
pratica titoli a cinque anni, con il loro rendimento lordo, rispettivamente, del 3,45% 3,56% offrono
una cedola di pochissimo superiore ai Btp di pari scadenza e pagano un premio dì rendimento di
circa 20 centesimi. «Effettivamente le due grandi banche "di sistema" italiane, Intesa e Unicredit,
offrono rendimenti in linea con i titoli di Stato. Per questa ragione noi sovrapesiamo nei nostri
portafogli le emissioni di banche di media dimensione, come ad esempio le popolari, i cui bond
hanno cedole di un punto o un punto e mezzo superiori al titolo di Stato di durata corrispondente »,
afferma Rocco Bove di Kairos Partners. Ne sono un esempio il titolo con scadenza gennaio 2016
emesso dalla Popolare di Milano, she ha uno spread di rendimento di 155 centesimi, quindi oltre un
punto e mezzo percentuale, rispetto al Btp di pari durata. Ancora più generosa la cedola lorda del
bond rimborsabile nel febbraio 2015 della Banca Popolare di Vicenza, un titolo con vita residua di
appena tre anni, che raggiunge il 4,42%, in pratica lo stesso rendimento di un Btp decennale e che
offre, rispetto al titolo pubblico di pari scadenza, uno spread di 211 punti base. Il risparmiatore che
desidera avventurarsi al di fuori delle emissioni «senior» si trova esposto a due tipi di rischi. Da un
lato ci sono le obbligazioni bancarie non quotate, quelle che vengono offerte in sottoscrizione allo
sportello, che generalmente hanno rendimenti inferiori rispetto a quelli medi di mercato e che
soprattutto non garantiscono la trasparenza del prezzo di riacquisto nel caso di vendita prima della
scadenza. In altre parole, queste obbligazioni saranno sempre riacquistate dalla banca emittente,
ma spesso con uno «sconto » di qualche punto percentuale rispetto al valore di rimborso. All'altro
estremo del segmento ci sono invece le obbligazioni «subordinate », emissioni quotate sui mercati
regolamentati, di solito di lunga o lunghissima scadenza (talvolta questi titoli sono addirittura
"perpetui", non hanno una scadenza definita) che presentano margini di rischio elevati. Si tratta
infatti di forme ibride tra capitale azionario e capitale obbligazionario e in determinate circostanze
questi bond potrebbero addirittura non pagare la cedola o, nel caso estremo di un fallimento
bancario, rimborsare solo una parte del capitale. «Le obbligazioni subordinate sono strumenti più
adatti agli operatori professionali che ai risparmiatori privati. In ogni caso, in questo periodo noi
preferiamo i bond subordinati assicurativi, come il titolo Generali "richiamabile" nel 2016, il cui
rendimento sfiora il 10%», conclude Mauceri.
M.SAB.
ANGELO DRUSIANI
Trend Fino al 15% del portafoglio in questi strumenti per anticipare i tassi
in rialzo con rendimenti tra il 2,5% e il 5,5%
Btp Investire sui gemelli
diversi dell’inflazione
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Prodotti concorrenti o gemelli diversi? Questo è il problema. Se sia preferibile il Btp indicizzato
all'inflazione più datato, con cedole e capitale parametrati all'incedere del costo della vita rilevato
in area euro. O il più recente, che per gli stessi dati fa riferimento all'inflazione italiana. Il
confronto tra le due differenti emissioni tiene banco nei mercati finanziari. Ad unirli è il sistema di
calcolo dell'inflazione che non tiene conto della componente tabacco. Nella tabella i rendimenti compresi tra il 2,50% lordo delle scadenze più brevi e il 5,5% di quelle più lontane - tengono conto
di un costo della vita tra il 2,15% e il 2,40% annuo. Differenze Per altre caratteristiche sono uguali sì,
ma, in effetti, diversi. Soprattutto nella caratteristica che impegna maggiormente il risparmiatore:
la politica di gestione del proprio patrimonio. Non sempre la strategia attuata da chi gestisce il
personale portafoglio titoli tiene conto di un aspetto fondamentale: il reinvestimento del flusso
cedolare. La riscossione degli interessi semestrali dovrebbe infatti essere utilizzata non solo, e non
tanto, per integrare le entrate dell'investitore, quanto per riacquistare quote dello stesso
strumento che ha generato le cedole. Se si segue questo procedimento, il valore nominale deI titolo
acquistato a suo tempo subirà un incremento e, alla scadenza, si riscuoterà un importo che è tanto
maggiore, quanto più lontano è il rimborso del titolo stesso. In caso contrario, alla scadenza si
incasserà la stessa somma a suo tempo destinata allo strumento scelto, in termini reali. Nel primo
caso, si sarà in parte o in toto recuperata l'inflazione maturata. Nel secondo assolutamente no:
Anzi. Il potere d'acquisto che si incasserà all'atto del rimborso sarà tanto minore, rispetto al
momento in cui il titolo fu acquistato, quanto più elevato sarà stato l'incremento del costo della
vita. E qui, in parte, differiscono le caratteristiche dei due Btp indicizzati all'inflazione. L'emissione
che ha quale parametro di riferimento l'inflazione d'area euro, il Btp¬i, fornisce un piccolo aiuto al
risparmiatore, perché l'inflazione che vía via matura verrà sommata al valore nominale del titolo
acquistato e rimborsata alla scadenza. Il Btp indicizzato all'inflazione italiana, Btp Italia, rimborsa,
invece, l'inflazione maturata ad ogni stacco cedolare. In ambedue i casi, il valore delle cedole, pur
essendo fisso, varierà molto probabilmente ogni volta che il Tesoro le accrediterà. Il coefficiente
d'indicizzazione, che conteggia la variazione del costo della vita, interviene a modificarne il valore
stesso. A garanzia dell'investitore, il rimborso finale avverrà comunque al valore nominale, 100,
anche se il tasso d'inflazione dovesse diminuire dalla data di emissione a quella di scadenza.
Tecnica Alla luce delle differenti caratteristiche di rimborso del tasso d'inflazione, premesso che la
somma che s'incassa ogni sei mesi sarebbe consigliabile utilizzarla per acquistare quote dello stesso
Btp che l'ha generata, l'emissione indicizzata all'inflazione d'area euro meglio s'adatta al
risparmiatore statico, perché, a scadenza, incasserà comunque il valore nominale rivalutato e potrà
utilizzare il flusso cedolare per altri scopi. Lo strumento indicizzato all'inflazione italiana è
l'emissione tipica per l'investitore dinamico, che, grazie alle somme incassate semestralmente,
cedola più quota inflazione, potrà disporre anche di importi rilevanti. Non sempre si incasseranno
somme crescenti. Nel caso il tasso d'inflazione tenda a diminuire, gli accrediti potranno essere di
valore inferiore. Destinare al portafoglio una quota di emissioni indicizzate all'inflazione, da un
minimo del 7,5% ad un massimo del 15%, a seconda della propensione al rischio, potrebbe
rappresentare un'opzione vincente. Non solo l'asta recente dei Cct, infatti, ha evidenziato un buon
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Rimborso finale più ricco per quelli targati euro, cedole periodiche più
allettanti per le emissioni «Italia»
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successo, ma anche quella recentissima dei Btp indicizzati all'inflazione d'area euro ha richiamato
un elevato numero di domande. Tornano quindi ad interessare due strumenti che erano stati in
parte trascurati dai mercati. Diversi per caratteristiche, ma accomunati da una migliore capacità di
difesa del patrimonio, quando i rendimenti esprimono una tendenza rialzista. Certo, non ora, ma
bisogna pensare che prima o poi si invertirà la tendenza dei tassi. A fine anno, gli analisti ipotizzano
una ripresa economica anche nei paesi più in difficoltà. Se nei prossimi mesi, questi segnali
verranno confermati, già a fine estate prossima, i timori di inflazione potrebbero far salire
gradualmente i rendimenti. Prepararsi in anticipo è una scelta da non trascurare.
FRANCESCA MONTI
Trend Profitti, debito, valutazioni: le ragioni di chi guarda ai fondamentali
Wall Street Chi ha paura
dei tre picchi da vertigine?
Superati i 1.500 punti l'indice Usa negli ultimi anni è crollato Chi non ci
crede continua a puntare su farmaceutici e hi-tech
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L’hanno già battezzato il terzo picco della paura: l'indice S&P500 a quota 1.500 punti fa infatti
venire i brividi perché, nelle due precedenti occasioni del 2000 e del 2007, la violazione di questo
livello è stata poi seguita da una profonda correzione. Trimestrali - «Dal nostro punto di vista non
diamo alcun peso alla teoria che prevede una caduta dell'indice S&P500 una volta superati i 1.500
punti. Il mercato si muove sulla base dei fondamentali e nel corso dei prossimi mesi questi saranno
condizionati dalle decisioni politiche che verranno prese a Washington, per esempio sulla questione
del tetto del debito pubblico», dichiara Andrew Acheson, co-gestore del fondo Pioneer Funds -US
Fundamental Growth. Segnali po - sitivi stanno arrivando dai dati sull'occupazione - dice ancora
Growth - sia nel settore pubblico che in quello delle costruzioni. Inoltre i conti dell'ultimo trimestre
2012 dovrebbero confermare buoni risultati che daranno supporto alle attuali valutazioni azionarie.
Anche Paola Toschi, market strategist dí JP Morgan Am ritiene che Wall Street sia ancora
interessante per diversi motivi: «Le aziende Usa hanno visto crescere i profitti in questi anni solo
per effetto di misure di ristrutturazione. Gli utili possono ancora salire, sospinti dai ricavi se il
contesto economico, come sembra, si rafforzerà nel corso dell'anno ». Ma quali sono i settori più
interessanti per il 2013? «Tra i favoriti la tecnologia, fortemente sospinta dal ciclo economico, il
finanziario, sia retail banking che asset manager, e le assicurazioni, in quanto sottovalutati e il
farmaceutico che beneficia della crescita esponenziale nei paesi emergenti », afferma Toschi.
Settori e titoli Mentre Acheson ritiene che ci siano buone opportunità nei settori dell'healthcare e
della tecnologia, in particolare per alcuni software, e in certe aree dei beni di consumo partendo dal
numero di storie interessanti dei singoli titoli contenuti in questi settori. Qualche nome?
«Mastercard è un clas sico esempio di azienda che ci piace tenere in portafoglio. L'abbiamo
comprata nell'agosto 2008 ed è un marchio leader a livello globale nell'industria dei pagamenti che
gestisce la seconda maggiore rete aperta del mondo. Poiché crediamo che il trend dei pagamenti
elettronici sia destinato a crescere ancora a sfavore dei contanti, nei prossimi 5 o 10 anni la società
sarà ancora interessante», dice Acheson. Toschi, dal canto suo, indica invece i titoli Wells Fargo,
Aig, Ameriprice, Apple, Microsoft e Pfizer. E che sia la selezione dei singoli titoli più delle
considerazioni macroeconomiche, a decidere il peso di ciascun settore nei portafogli lo dicono pure
Brian Schaub e Chad Meade, gestori di Janus US Venture Fund. «All'interno del segmento
farmaceutico l'attenzione continua a concentrarsi su produttori di medicinali innovativi e su quelli
che permettono di ridurre i costi complessivi del sistema sanitario dove privilegiamo le small-cap»,
dicono i due gestori. Secondo cui un altro settore molto interessante per il 2013 potrebbe essere
quello dell'energia: «Siamo convinti che le vere opportunità, almeno per quanto riguarda le società
a piccola capitalizzazione, risiedano nell'area dei servizi legati all'energia». Dentro il settore della
tecnologia - concludono i due money manager - continuiamo ad apprezzare i produttori di software
e le imprese che si occupano di licenze tecnologiche soprattutto per i flussi di cassa ricorrenti
relativi a i loro modelli di business.
CARLO BONINI
Un fiume di denaro a San Marino
Mps “ripuliva” migliaia di assegni
Da Forlì gli alli sul riciclaggio da 1 ,6 miliardi di euro
ROMA – È un incrocio scivoloso che si ripete nel tempo quello tra Mps e Banca d'Italia. Era già
accaduto a Forlì nel 2008, con l'inchiesta che ha portato a giudizio per il riciclaggio di 1 miliardo e
600 milioni di euro il Monte (Mussari figura imputato quale legale responsabile della banca) e la
Cassa di Risparmio di San Marino e che, appena qualche giorno fa, è stata oggetto di una consegna
di atti della Procura romagnola a quella di Siena. In quella vicenda, il Monte, attraverso la sua filiale
di Forlì, si era prestato infatti a ripulire decine di migliaia di assegni messi all'incasso dalla Cassa di
Risparmio di San Marino. Perché quei titoli, una volta trasformati in contanti da Mps, rientravano
poi a SanMarino con dei furgoni che, settimanalmente, trasportavano verso la Repubblica del
Titano una media di 2 milioni e mezzo di euro, sempre in banconote da 500. Un flusso di contanti
nero e macroscopico. Che richiedeva, da parte di Mps, un continuo approvvigionamento di
banconote da 500 euro presso la filiale della Banca d'Italia di Forlì dove, come ogni banca, il Monte
aveva un conto di gestione. E dove, evidentemente, nessuno sospettò. Nonostante quanto è
possibile leggere a pagina 132 della richiesta della Procura di Forlì che ha chiuso quell'indagine. «Da
dati forniti dal Servizio Sistema di Pagamenti- scrivono infatti gli ispettori di Banca d'Italia nella
loro relazione ispettiva citata dai pubblici ministeri di Forlì-emerge che, nei primi cinque mesi del
2008, il Monte dei Paschi ha prelevato dalla filiale diForlì, avalere sul conto di gestione, contante di
importo pari al 14,2 per cento di quanto ». prelevato sull'intero territorio nazionale». Un dato già
da solo stupefacente. Che assume ulteriore senso in un successivo passaggio della relazione. «Per
far fronte alfabbisogno contante della filiale di Forlì, il Servizio Cassa Generale della Banca d'Italia
ha dovuto rifornirla, dall'inizio del 2007, di un milione di pezzi di banconote da 500 euro, mediante
sette movimenti fondi. Mentre, nel periodo 2006- 2008, lo sbilancio tra banconote da 500 versate e
prelevate dai conti di gestione è risultato pari a I milione e 700 mi] a pezzi».Tra il 2007 e il 2008,
dunque, la filiale di Banca d'Italia di Forlì eroga alle banche della zona una tale massa di banconote
da 500 euro (per lo più a Mps e in misura minore, ma comunque significativa a Unicredit) che è
costretta a continui rifornimenti. Ma nessuno, apparentemente, si chiede quale ne sia la ragione.
Anche quando, nel giugno del 2008, i dati sull'utilizzo del contante nella provincia di Forlì per il
biennio 2006-2007, svelano che quella "fame di carta" va avanti da tempo e che in quella provincia
si muovono banconote «in misura tripla rispetto a piazze come Milano, Lodi, Pavia, Roma». Al
punto - scrivono i pm - che, proprio in quel 2008, «la filiale di Forlì della Banca d'Italia risultava su
base nazionale addirittura al secondo posto, con un valore assoluto di 897 banconote da 500 euro
emesse per ogni mille abitanti». «Un primato "singolare"», chiosano i magistrati che cessa solo
quando l'inchiesta scoperchia la rotta del riciclaggio Forlì-Rimini. «Le banconote da 500 ogni mille
abitanti scendono da 897 a 125», scrivono. Mentre gliispettori della Banca d'Italia lasciano la
Romagna con un verdetto: «Dall'analisi della documentazione, non sono emerse irregolarità in
ordine all'operato della filiale di Forlì.
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ANDREA GRECO – FRANCESCO UMANO
Oggi ascoltati il vice di Vigni e Di Tanno, in settimana attesi Mussari e
Baldassarri
Raffica d’interrogatori a Siena
la verità di Morelli su Antonveneta
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SIENA - Come spuntarono fuori quei 10 miliardi (poi saliti a 19 con i finanziamenti) per acquistare a
un prezzo stellare Antonveneta? E perché il bond Fresh da un miliardo fu "camuffato" come
capitale mentre il suo rischio restava entro le mura di Rocca Salimbeni, tramite la lettera segreta di
indemnity con cui Mps ne garantiva i sottoscrittori?A queste domande fondamentali e ad altre
dovrà rispondere oggi ai pm di Siena Marco Morelli, ex vice direttore generale Mps e attuale capo in
Italia di Merrill Lynch, indagato per ostacolo all'attività divigilanza, sia «esponendo fatti non veri»
sia omettendone altri. «Fu Morelli a occuparsi della raccolta di capitali per l'acquisizione
diAntonveneta» ha detto l'altro ieri il suo ex capo, Antonio Vigni, durante un interrogatorio durato
oltre otto ore e non ancora concluso perché l'exdg sarà nuovamente convocato in Procura dopo
Morelli, per mettere a confronto le due versioni. I pm Antonio Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo
Natalini vogliono sapere dal banchiere transitato da Siena a Intesa Sanpaolo (fino al recente
incarico per la banca anglosassone) perché avrebbe utilizzato tutti quegli artifizi finanziari e di
comunicazione, per acquistare a caro prezzo l'Antonveneta dal Banco Santander. Il tour de force
dei pm senesi continua quindi a ritmo sostenuto perché da oggi e fino a venerdì. Saranno ascoltati
altri indagati e tra questi i principali protagonisti dello scandalo Mps, l'ex presidente Giuseppe
Mussari e l'ex capo dell'area finanza, GianlucaBaldassarri (leader secondo l'accusa dell'ormai
famosa "banda del 5 per cento") e artefice degli strutturati tossici come Santorini ed Alexandria. E
per domani sono stati convocati altri due indagati, Tommaso Di Tanno, presidente del Collegio
Sindacale di Mps e Marco Parlangeli direttore generale della Fondazione. E tra le nuove piste legate
alla vicenda Mps quella che conduce ad Alessandro Proto che, come rivelato da Repubblica, è
imputato in unpro cesso in Svizzera per riciclaggio di denaro, accusa legata anche a operazioni di
compravendita di titoli e derivati Mps sul mercato non regolamentato. Sembra che Proto fosse
molto bene inserito nel management della passata stagione senese. Ma le sue buone entrature si
estendono alla Spagna, dove, appoggiandosi sullo studio di avvocati Bartolome & Briones, avrebbe
incontrato l'ad del Santander, Alfredo Saenz, la prima settimana di marzo del 2011. A tre anni dal
passaggio di Antonveneta sotto insegne senesi. Saenz, potente capoazienda del Santander, dal 2002
è ad e vicepresidente del gruppo - il maggiore in Europa- e riporto diretto del presidente Emilio
Botin. Proprio per comprendere meglio quelle cheritengono le molte "anomalie" della transazione
tra Santander e Mps su Antonveneta, e della plusvalenza da 3 miliardi ottenuta in due mesi, i pm
hanno chiesto giorni fa a Botin di presentarsi a Siena. Ma per ora il banchiere non ha accolto
l'invito.
ANDREA CAMANZI [email protected]
Investimenti pubblici
prima regolare il mercato
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Con l'avvicinarsi delle elezioni si moltiplicano le prop oste per dare al Paese prospettive sostenibili
di crescita e di benessere sociale e favorire l'occupazione. Esse, pur promuovendo soluzioni diverse,
convergono tuttavia nell'attribuire un ruolo importante alla domanda e agli investimenti pubblici.
Infrastrutture e servizi sono al centro di quasi tutti questi programmi. Simile era stata, del resto, la
strategia per la crescita adottata nella prima fase del governo Monti. Essa, sostanzialmente,
consisteva nello "sblocco" di 100 miliardi di euro per le grandi opere già deliberati dal Cip e negli
anni precedenti, ma "bloccati" per ragioni di bilancio. È stato un bene che l'euforia per l'uso della
domanda pubblica in chiave andciclica abbia progressivamente ceduto il passo al realismo dei
numeri. D'altra parte, l'alternativa di liberare risorse attraverso un allentamento, sia pure parziale,
del patto di stabilità interno ed incentivi fiscali, ove pure desiderabile, non sarebbe da sola né
sostenibile né sufficiente. Preferibile sembra invece la soluzione di integrare nei caratteri
strutturali dell'azione pubblica l'obiettivo di "spendere meno e spendere meglio". È auspicabile che
il nuovo Parlamento la assuma come una goldenrule di legislatura. E' possibile fare gli investimenti
richiesti rispettando il vincolo del pareggio di bilancio e colmando i gap infrastrutturali e di qualità
dei servizi che separano l'Italia dai peers europei e del G8? La condizione per una risposta
affermativa è la disponibilità di un'efficiente regolazione dei mercati pubblici e di un adeguato
meccanismo di controllo della spesa, oggi purtroppo solo parzialmente operativo. Il primo "gap
infrastruttura - le" da colmare, quindi, non è fisico ma "di sistema". Occorre cioè innanzitutto
investire per assicurare una gestione della spesa pubblica più moderna ed efficace. Prioritario è il
settore dei contratti pubblici nel quale, a fronte dei considerevoli volumi di spesa, regolazione e
controlli danno prove d'inadeguatezza. Sotto gli occhi di tutti sono l'aumento sproporzionato dei
costi e la dimensione macroscopica del contenzioso. Quanto alla corruzione, che affligge anche i
contratti pubblici, la Corte dei Conti ne ha recentemente sottolineato l'evoluzione da "fenomeno
burocratico pulviscolare" a "fenomeno politico amministrativo sistemico". Non ultimo, i sistemi di
accesso al mercato sono, almeno in parte, non concorrenziali e indifferenti rispetto alla
innovazione tecnologica ed al grado di competitività delle imprese. I governi degli ultimi anni non
hanno purtroppo messo mano in modo sistemico alla regolazione dei mercati pubblici, né hanno
condotto serie analisi d'impatto regolamentare dei numerosi interventi normativi che si sono
succeduti. Eppure dal 2006, anno di adozione del Codice dei contratti, sono accaduti fatti di portata
epocale: dalla crisi del sistema finanziario internazionale ai suoi riflessi sui problemi del
consolidamento fiscale del debito pubblico di molti paesi dell' eurozona, fra i quali l'Italia. Se da un
lato, l'aver raccolto in un unico testo nonne precedentemente disperse in fonti diverse aveva in sé
qualcosa di eroico, le numerose deroghe e re - g,¦imi speciali inno dotti a margine del codice stesso
ne hanno svilito l'ambizioso impianto unitario. Nei contenuti, il codice ha tenuto insieme discipline
eterogenee, ma ha negato, almeno sul piano formale, l'unicità della vita del contratto, tuttora corpo
unico di due diverse anime - una pubblicistica ed una privatistica - ma con zone grigie e varie
ambiguità. E l'elenco dei problemi potrebbe essere più lungo. A fronte di limiti così ampi, non
sarebbe ragionevole continuare con revisioni disorganiche e di dettaglio. È necessario mettere
mano ad una riforma radicale della regolazione dei mercati pubblici. Diversamente si perderebbe di
vista la necessità indero gabile che il settore operi secondo regole simultaneamente coerenti con
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LE POLITICHE PER LA CRESCITA PROPOSTE DAI PARTITI PUNTANO SULLE
INFRASTRUTTURE, MA PERCHÉ LA SPESA SIA EFFICIENTE OCCORRE
RIVEDERE LE NORME SU "PROCUREMENT" E CONTROLLI. L'ECCESSO DI
CONTENZIOSO
almeno tre obiettivi di politica pubblica: la tutela della concorrenza in tutte le fasi di vita dei
contratti pubblici; il controllo e la revisione della spesa da essi generata e, infine, il corretto
adempimento degli obblighi di trasparenza delle attività dí procurement e di tracciabilità dei flussi
finanziari, anche in funzione di contrasto della corruzione e di lotta alla criminalità organizzata. D'
altra parte, è del tutto evidente che i meccanismi operativi di tali politiche sono diversi tra loro, ma
per essere emcaci richiedono la disponibilità di una base informativa comune e di strumenti di
controllo e di garanzia coordinati. Su questo fronte non si parte da zero. La Banca Dati Nazionale
dei Contratti Pubblici, creata ne12010 e potenziata nel 2012, costituisce un pezzo importante di
questo disegno. Il sis tema centrale di directory e anagrafiche che la compongono rende disponibili
un set di strumenti operativi neutri rispetto all'utente (amministrazione centrale, locale o centrale
di committenza) che possono essere impiegati per diverse finalità, ivi comprese laverificaín tempo
reale del p ossesso deí requisiti dichiarati dalle imprese in sede di gara, dello stato di avanzamento
del contratto, delle previsioni finanziarie o degli eventuali disallineamenti, dell'adempimento da
parte delle stazioni appaltanti degli obblighi di trasparenza cui le stesse sono tenute anche in forza
delle norme anticorruzione contenute nella legge 190 del 2012. La sfida che si prospetta non è
dissimile da quella affrontata anni addietro per potenziare l'assetto organizzativo e gli strumenti
informativi ed operativi di controllo sulle entrate. Oggi, sul versante della spesa, l'obiettivo è di far
evolvere il procurement da funzione amministrativa a funzione strategica dello Stato. A questo fine
occorrerà attribuire precise responsabilità di Governo per garantire l'utilizzo sistematico e lo
sviluppo degli strumenti di controllo sulla spes a in contratti pubblici. Anche da un esercizio
efficace di questo mandato dipenderà la compatibilità con i saldi di bilancio di programmi di
sviluppo basati su investimenti e domanda pubblica .
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O
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata felice
Arrivederci a
domani 12Febbraio
per una nuova
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rassegna stampa!