Garzonè: nr 22 - ottobre 20012

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Garzonè: nr 22 - ottobre 20012
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Speciale
Centro Raccolta Materiali
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Vette d’emozione
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Dal
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Un sentito ringraziamento
ma… sempre a quelli
Cari lettori il mio solito appuntamento con il Garzonè voglio dedicarlo
ai cosiddetti “Sempre quelli”.
Sì! A quelle persone che, per fortuna, sono sempre pronte a perdere il
loro tempo, spesso prezioso perché “rubato” alla propria famiglia o ai propri
hobby, per la Comunità.
Queste persone molto spesso sono criticate, giudicate, spesso e volentieri “condannate” soprattutto quando in una manifestazione qualcosa non funziona.
Pochi sanno riconoscere il loro impegno, la loro professionalità e, soprattutto la loro buona volontà. A loro dobbiamo molto poiché ciò che fanno
è sempre fatto per valorizzare la nostra comunità, il nostro territorio ed anche le nostre famiglie.
Pensiamo solo cosa sarebbe una stagione turistica senza gli eventi
folcloristici, culturali o sportivi; cosa sarebbe un paese che, in caso di eventi
calamitosi, non abbia un gruppo di persone pronte a correre in soccorso di
chi ha bisogno, senza chiedere nulla in cambio.
E, ancora, se non ci fossero quelle persone che gratuitamente e con passione si prendono cura dei nostri figli per insegnar loro la religione cattolica,
un’arte o uno sport, cosa faremo?
Tutte queste persone devono veramente esser ringraziate.
Volutamente non ho citato nessun gruppo, associazione o persona in
particolare perché, a Caderzone – nonostante tutto – questi volontari sono
ancora molti e nel nominarli potrei dimenticare sicuramente qualcuno.
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Ma, i lettori del Garzoné sappiano che l’Amministrazione Comunale ed
il sottoscritto apprezzano di cuore il loro impegno e la loro dedizione alla
Comunità di Caderzone ed a quella della Val Rendena.
Chi, invece, è sempre pronto a criticare, si faccia avanti, s’impegni a collaborare per il bene comune, solo partecipando potrà capire l’importanza e
l’alto valore sociale di poter essere fra quelli che con ironia sono definiti: “Sempre quelli”
La presenza ad ogni manifestazione del gruppo folk delle Castellane,
che aiutano e rendono più piacevoli i momenti d’incontro della comunità, è
senz’altro una ricchezza in più per il nostro Comune e a tutte le partecipanti
al gruppo meritano un sentito ringraziamento da parte della comunità. Permettetemi però, di spendere alcune parole di ringraziamento in più per la
Signora Elisa Polla che proprio grazie a Lei si è formato il gruppo delle
Castellane.
I costumi realizzati a mano con tessuti antichi originali sono stati completamente donati al comune da Elisa. Sua è stata anche l’iniziativa di costituire il nuovo gruppo e tutt’ora, anche se lontana da Caderzone , incoraggia
e ne segue l’attività con passione e dedizione. A nome della Comunità di
Caderzone un sentito ringraziamento alle Castellane ed in particolare a Elisa
Polla.
Maurizio Polla
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La vita dal
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Incentivazione
all’utilizzo di fonte “autoctona”
rinnovabile di energia.
In data 29 maggio 2002 nel corso della seduta del Consiglio comunale di
Caderzone è stata discussa ed approvata una mozione presentata dal consigliere comunale Claudio Mosca.
Tale mozione aveva come scopo quello di incentivare l’utilizzo di legna
proveniente dai nostri boschi a scapito di quella che sempre in maggior quantità arriva ed arriverà dall’estero favorendo, nel contempo, una importante
forma di tutela e presidio del territorio rappresentato dalla pulizia e dall’
”utilizzo” del bosco stesso da parte dei censiti.
Tale incentivazione all’utilizzo di legna proveniente dai nostri boschi
avverrà mediante concessione di un contributo comunale a fondo perduto
comprensivo di tutti gli oneri sostenuti per l’allestimento ed il trasporto della
legna dal bosco al paese.
Al fine di pianificare l’entità degli stanziamenti da prevedere in bilancio, il Consiglio comunale ha stabilito la necessità che gli interessati provvedano a prenotare la propria volontà di accedere al contributo mediante presentazione della modulistica disponibile presso gli uffici comunali. A seguito
dell’esame delle prenotazioni pervenute il consiglio comunale si è riservato
di valutare se avviare o non la nuova forma contributiva che, nell’eventualità
seguirà i seguenti parametri del contributo che sarà elargito come segue:
si concede un contributo in conto capitale che comprende l’onere per l’esbosco,
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l’allestimento su strada trattorabile ed il trasporto di legna da ardere presso
le abitazioni dei censiti secondo i seguenti criteri:
l l’unità di misura su cui concedere il contributo viene visualizzato in un
“viaggio di trattore”, secondo le consuetudini locali vigenti e le caratteristiche morfologiche dell’area di allestimento;
l i lotti di legna vengono assegnati secondo le consuetudini locali vigenti,
senza modificazione alcuna delle stesse;
l viene concesso un contributo
pari a 0,18 Euro per ogni metro
di dislivello intercorrente tra la
quota di riferimento, stabilita in
m. 723 s.l.m. e la quota di allestimento del viaggio di legna su
strada trattorabile, oltre a complessivi 20,66 Euro per spese fisse;
l la quota della catasta di legna
verrà desunta dalla lettura della carta Tecnica della P.A.T. in
scala 1: 10.000, valutando
trascurabili le inevitabili tolleranze;
l si stabilisce un importo massimo di contributo pari a 82,63
Euro + complessivi 20,66 Euro
per spese fisse.
Si precisa che il modulo di prenotazione è disponibile presso gli uffici comunali e dovrà esser presentato entro il 31 dicembre 2002.
S’invitano i censiti a riporre i rifiuti originati dalla manutenzione delle
tombe (fiori appassiti e lumini esauriti) negli appositi cassonetti situati a
poca distanza dal cimitero, evitando di depositarli nei cestini stradali.
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Ultime notizie
Avvicendamento nella Giunta comunale
Dal 22 luglio 2002 in Giunta comunale c’è stato un avvicendamento, l’assessore Osvaldo Sartori che da 17 anni sedeva al tavolo della Giunta ha deciso di lasciare l’incarico e di dedicarsi alla sola attività di Consigliere comunale.
La Sua fiorente ed impegnativa attività artigianale e la recente nomina
nel Consiglio d’Amministrazione della Cassa Rurale non gli permettevano di
svolgere con la dovuta concentrazione l’incarico assessorile.
Ad Osvaldo va il nostro Grazie di cuore, per la fedeltà, l’impegno, l’intelligenza e il buon senso che ha sempre dimostrato nel condurre, con il sottoscritto, le sorti della Comunità. Auspico che anche nei prossimi anni, compatibilmente con il suo tempo a disposizione, possa portare la Sua importante esperienza per il bene comune.
In Giunta al posto di Osvaldo è stato nominato Giovanni Mosca Carlet
giovane impegnato in vari organismi della Comunità e volenteroso di lavorare per la crescita del nostro Comune.
A Giovanni vada un caloroso augurio per il nuovo incarico.
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…a proposito di personale dipendente
Si sono recentemente conclusi i concorsi pubblici per completare la dotazione del personale dipendente prevista dalla pianta organica del Comune.
Il risultato dei concorsi ha portato all’inquadramento dei seguenti dipendenti:
- rag. Barbara Collini di Giustino che si occupa del settore economico finanziario;
- rag. Elisa Povinelli di Pinzolo che si occupa del settore tributi, personale
e commercio;
- sign. Guido Mosca di Caderzone che si occupa delle manutenzioni.
A tutti e tre i nuovi assunti va il nostro “Benvenuti!” con l’augurio che
questa nuova attività che sia svolta con passione e soddisfazione.
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Vita delle
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ssociazioni
Euroband Festival
Archiviata con grande soddisfazione Euro Band Festival, la manifestazione fortemente voluta da tutta la Comunità di Caderzone per festeggiare il
decimo compleanno della propria Banda comunale.
Dieci candeline per tre giorni di festa all’insegna della gioia, dell’incontro, dell’amicizia nel segno della musica.
Venerdì 26 e sabato 27 aprile i bandisti di Caderzone hanno incontrato i
loro colleghi di Kirchanschöring (Baviera), di Porretta Terme e della banda
Arcobaleno di Trieste, e lo scambio è culminato nella sfilata e nell’appassionante concerto serale.
La nostra Banda comunale.
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La formazione di Porretta Terme.
Grandiosa è stata invece la sfilata di domenica che ha riempito il paese
di Caderzone con una presenza di oltre due mila persone. Ben 18 erano i
gruppi che hanno accompagnato il corteo, salutato dalle ovazioni del numeroso pubblico presente. Alle formazioni bandistiche di Kirchanschöring,
Porretta Terme, Trieste e Caderzone, quest’ultima col gruppo degli allievi, si
sono affiancate le bande di Pinzolo e Vigo-Darè. Ad aprire il corteo il gonfalone di Caderzone, seguito dalle autorità presenti, dagli Alpini, dai “moleti”
del gruppo “La Trisa” di Mortaso, dai gruppi folk di Caderzone e Bocenago,
dagli Schützen Val Rendena e da altre compagnie del Trentino, dal Gruppo
S.A.T. Val Genova, seguiti dai vigili del fuoco di Caderzone, Strembo e
Bocenago, quest’ultimi con le divise e la motopompa dell’Ottocento.
Questo lunghissimo corteo ha attraversato l’abitato di Caderzone e, pasLa Banda Arcobaleno di Trieste.
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... allegria nel segno della musica.
sando per l’affascinante e storico Maso Curio, è giunto al capannone nella
zona sportiva. Qui don Gianni Poli ha celebrato la Santa Messa, allietata dalle
musiche delle formazioni di Kirchanschöring e Caderzone, accompagnata
dal locale coro parrocchiale. Caloroso il saluto delle autorità presenti, accanto al sindaco di Caderzone i rappresentanti di Strembo, Bocenago, Pinzolo e
Vigo Rendena, sono intervenuti il sindaco di Kirchanschöring Hans Strasser,
Margherita Cogo, Luigi Olivieri, Gianni Cominotti, Antonello Zulberti e Giovanni Maturi. A tempo record i volontari di Caderzone hanno distribuito ai
presenti oltre mille porzioni di polenta carbonéra, realizzata ad arte dai
“polenter” di Storo utilizzando la loro farina di grano marano accostata ad
abbondante burro, formaggio e salame prodotti a Caderzone.
Il pomeriggio è stato allietato dalle note delle formazioni bandistiche
presenti che hanno saputo rallegrare e coinvolgere tutti. «Euro Band Festival,
commentano soddisfatissimi gli organizzatori, è stata una festa all’insegna
della musica che ha visto Caderzone unirsi nel segno della cultura, della storia, della tradizione e della gastronomia, con realtà nazionali ed estere». Molto frequentate le mostre del Centro Studi Judicaria: “L’epopea dei Moleti” e
“Sulle tracce dei Lodron”. A Caderzone la festa alla Banda comunale è stata
l’occasione per avvicinare questa dinamica comunità a realtà molto affini che
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saranno interessate da successivi scambi e gemellaggi per costruire un’Europa più unita nel segno della musica e dell’amicizia.
I premiati
Euro Band Festival è stata l’occasione per festeggiare il decimo anniversario della nascita della Banda comunale di Caderzone e premiare ben 13
bandisti, che suonano nella banda comunale di Caderzone fin dalla sua nascita.
Tra gli applausi del pubblico e le ovazioni degli amici di banda, hanno
ricevuto il distintivo d’argento della Federazione dei corpi bandistici del Trentino a ricordo di 10 anni di attività bandistica Flavia Sartori, Mariagrazia
Sartori, Tiziano Polla, Giuliano Amadei, Maurizio Polla, Gianfranco Polla,
Luciano Polla, Stefano Polla, Flavio Sartori, Carlo Amadei, Lucillo Maccarrone
e Daniele Mosca. Accanto a loro Weber Ferrari, Elvio Caola e Andrea Valentini
che, provenienti da altre formazioni bandistiche, suonano da dieci anni. Un
caloroso ringraziamento ed un ricordo della manifestazione è andato a Diego
Amadei, Mario Mosca (primo presidente), Franco Polla, Alvaro Sartori, Pio
Sartori, Tarcisio Sartori ed Edoardo Floriani che si sono succeduti alla presidenza, alla guida o nel direttivo della banda. L’attuale formazione è diretta
da Gianfranco Stanchina e presieduta da Luciano Polla.
Walter Facchinelli
La Banda di Kirchanschöring (Baviera).
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Dalla Pro Loco
Non si può certo negare che la passata stagione estiva sia stata ricca.
Ricca di appuntamenti e ricca di soddisfazioni sia per gli organizzatori
che per il pubblico.
Molte le serate, sia in luglio che in agosto, dedicate a diapositive su varie
tematiche inerenti alla montagna proposte in collaborazione con il Parco Naturale Adamello Brenta e condotte da esperti del settore. Sono sempre in collaborazione con il Parco e l’APT anche le escursioni alle malghe “Sugli Alpeggi
della Rendena” e gli incontri gastronomici intitolati “Natural…mente bosco”.
Ha visto una buona partecipazione anche la rassegna di filmati “Il cinema e la montagna” presentata da Christian Mosca e Lara Pompermaier.
Alcuni appuntamenti sono ormai tradizionali sono:
l la Sagra di San Giuliano con i giochi, la lotteria, il concerto della nostra
Banda, l’esibizione di un gruppo folk spagnolo;
l la festa dell’agricoltura con la polenta carbonera, la sfilata delle vacche
e il gran finale con il falò;
l la collaborazione per le seguenti feste campestri: Km verticale “da
Caderzone a Campostril” e il torneo degli “scapoli e ammogliati”;
l il concerto del Coro Presanella;
l altri appuntamenti hanno invece rappresentato una gradita novità: uno
per tutti la commedia “Sior Todero brontolon” di Carlo Goldoni portata in scena dalla Compagnia GAD CITTÀ DI TRENTO che ha visto una
presenza di pubblico e un apprezzamento davvero notevoli.
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Un accenno particolare meritano senz’altro i mercoledì musicali:
agosto: “Un tocco di nostalgia” concerto con la soprano Miyase Kaptan,
il baritono Garegin Housepian accompagnati al piano da Costanza
Maestranzi
l 14 agosto: la Südtiroler Bläserensemble quintetto di ottoni, composto da
due trombe, un corno, un trombone a tiro e un basso, che ha presentato
composizioni di Purcell, Vivaldi, Bernstein, Suppè, Rossini e Gershwin
l 28 agosto: Acoustic Duo: Alessandro Boni al mandolino e Silvano Brun
alla chitarra classica.
Tutte le serate hanno visto la presenza di un pubblico numeroso e attento che ha saputo apprezzare e riconoscere la qualità della musica proposta.
Nel corso dell’estate è stata anche riproposta l’iniziativa del “Balcone
fiorito”
Un’apposita giuria ha conferito un riconoscimento a dieci dei balconi
fioriti di Caderzone. Il grazie della Pro Loco non va solo a coloro che sono
stati nominati ma va a tutti coloro che, con i fiori, hanno ornato la loro casa,
perché l’abbellimento non è solo della propria abitazione ma va a pro di tutto
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il paese. Il conferimento del riconoscimento (accompagnato da diapositive
riportanti i balconi fioriti nominati durante la serata) si è avuto durante il
seguitissimo concerto della Banda Comunale di Caderzone e della Banda Sasso
Rosso di Dimaro.
Molti appuntamenti estivi sono stati proposti presso il Palazzo Lodron
Bertelli che, sia all’interno che all’esterno, offre una suggestiva cornice alle
manifestazioni e, già di per sé, costituisce un’attrattiva.
Il periodo estivo, inoltre, ha visto anche l’apertura dell’ufficio turistico.
Il calendario proposto è stato dunque davvero interessante e fitto, un’offerta che non è stata solo ricreativa, aspetto peraltro importante, ma anche
culturalmente elevata, per un turismo di qualità.
Grazie alla collaborazione di tutti, che ci auguriamo sempre più attiva,
la nostra Pro Loco persegue l’intento di creare armonia fra la popolazione
locale, il turista e il meraviglioso ambiente che ci circonda.
Il presidente
Giordano Polla
Sagra di San Giuliano 2002.
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Una trasferta davvero speciale
L’intenso programma di manifestazioni a cui partecipano gli Schützen è
stato arricchito quest’anno dal 17° Alpenregiontreffen, ossia dall’incontro delle
Regioni alpine a cui ogni due anni partecipano gli Schützen dell’intero Tirolo
storico, e che viene organizzato a rotazione dalle quattro Regioni tirolesi.
Il 20 e 30 giugno il grande appuntamento era a
Prutz in Austria, e
la nostra Compagnia ha organizzato una trasferta in
pullman allargando la partecipazione ad amici e simpatizzanti.
Attraverso
Merano, la Val
Venosta ed il Passo
Resia abbiamo raggiunto la cittadina di Prutz nei pressi di Landek dove abbiamo trascorso una
stupenda serata con tanta musica, gli immancabili würstel e birra.
Il mattino seguente oltre diecimila Schützen si sono radunati presso il
centro ippico, dove il vescovo di Innsbruck Kothgasser ha officiato la Santa
Messa.
La bella giornata si sole ha favorito la presenza di migliaia di persone e
di moltissime autorità politiche, fra cui Lorenzo Dellai, Carlo Andreotti, Franco
Panizza, Luis Durnwalder, Eva Klotz e tanti altri.
Durante la Santa Messa, una Compagnia mista del Trentino ha sparato
un colpo a salve in aria utilizzando vecchi fucili d’epoca. Poi è iniziata la
lunga sfilata di oltre sei chilometri fra due ali di folla festante, col passo ritmato
dalla musica di ben 54 bande musicali. Tutti i partecipanti a questi due giorni
di festa sono rimasti veramente entusiasti, per cui ci siamo dati appuntamento per la diciottesima edizione dell’Alpenregiontreffen che avrà luogo a Trento
fra due anni.
La Compagnia Schützen Val Rendena
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Gruppo folkloristico
“Le Castellane”
Eccoci, siamo “Le Castellane”! Siamo rinate grazie all’iniziativa di Carlotta
Mosca ed Elisa Polla che hanno donato al nostro Comune dei meravigliosi
vestiti tradizionali del paese di Caderzone indossati un tempo dalle nostre
nonne.
Sono abiti molto belli e sono stati messi in ordine con grande pazienza e
sacrificio.
È ormai un anno e dunque dal luglio 2001, che il nostro gruppo si è
formato coinvolgendo via via circa una quindicina di donne che hanno dato
la loro disponibilità partecipando alle inaugurazioni di mostre e convegni nel nostro
paese, alle Sagre di San Giuliano e San
Biagio ed alle varie manifestazioni organizzate dalle associazioni presenti nel nostro
Comune.
Il nome “Castellane” è stato scelto in
particolare per richiamare e valorizzare il
bellissimo Palazzo Lodron-Bertelli recentemente restaurato nel centro storico del paese.
Il nostro scopo è quello di rivalutare la
tradizione dei vestiti tipici usati dalle donne di un tempo, ma che fa parte della nostra storia e della vita delle nostre nonne e
quindi pensiamo sia giusto mantenere viva.
Noi Castellane, indossando questi abiti
nelle occasioni di festa o di rappresentanza, cerchiamo di simboleggiare e di ricordare alle persone del paese e ai turisti che
ci vedono, la grande importanza che le donne avevano per le famiglie e il ruolo determinante occupato nello svolgere i lavori anche più umili ma di notevole valore sia morale che economico.
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Durante il primo anno di attività, abbiamo privilegiato l’aspetto
folkloristico delle nostre presenze attirando l’attenzione e la curiosità di molti turisti fornendo loro la possibilità di apprezzare i vestiti e la pregevole
fattura che li caratterizzano.
Sono stati davvero molti gli ospiti del paese entusiasti ed interessati che
ci chiedevano informazioni e dettagli sugli abiti tradizionali che ammiravano.
Ci siamo comunque proposte anche in occasioni diverse contribuendo
ad aiutare in modo pratico le varie associazioni del paese, ad esempio la distribuzione del pranzo in occasione delle feste (Un giorno insieme, Euroband
Festival, Ringraziamento a Don Celestino), oppure in manifestazioni quali il
Presepio Vivente.
Le “Castellane”, inoltre lanciano un invito a tutte le donne che volessero
entrare nel gruppo o dare la loro disponibilità o idea per qualsiasi tipo di
iniziativa, a farsi avanti e proporsi che saranno bene accette.
È doveroso infine fare un ringraziamento a tutte le donne che si sono
adoperate per la riuscita delle varie attività a cui abbiamo preso parte pur
alternandoci tra l’una e l’altra, ma mantenendo sempre la nostra significativa
presenza.
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Ore 9: lezione di alpeggio
…lezione di vita
Caderzone è per antonomasia il cuore verde della Val Rendena. Questa
Comunità che conta 600 abitanti e 700 capi di Razza Rendena è dedita all’attività silvo-pastorale e, attraverso l’allevamento delle vacche di Razza Rendena
e la cura del bosco, ha salvaguardato il suo patrimonio naturale, paesaggistico
ed ecologico, proponendoci oggi ampi spazi verdi non deturpati dalla speculazione indiscriminata.
Inizia da questo paese il nostro viaggio nel mondo nell’alpe, un mondo
fatto di suoni, di profumi, di oggetti di un “bel mondo antico”. Uno spazio
ricco di emozioni che va vissuto in sintonia con la natura e con i tempi della
malga, dove il pascolo, la mungitura e la lavorazione del latte sono gli ingredienti di una giornata davvero speciale.
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L’appuntamento per
trascorrere una giornata
sull’alpe è fissato per le
nove nello storico rione
Lodron-Bertelli, muto testimone delle vestigia della nobile famiglia dei
Lodron, che, da Lodrone
in Val del Chiese, allargarono la loro potenza ed il
loro dominio a tutto l’arco
alpino interessando 50 Comuni dislocati in sette Regioni (Trentino Alto Adige, Lombardia, Veneto, Carinzia, Salisburgo, Tirolo,
Baviera), gravitanti in tre Stati europei (Italia, Austria e Germania).
In questa cattedrale del legno, una sorta di macchina del tempo, compiamo un salto a ritroso e ci tuffiamo nel mondo della malga. Il nostro gruppo è
casuale, 20 persone di cui 7 bambini, perlopiù turisti provenienti da
Abbiategrasso, Rolo e Venezia pronti a fare l’esperienza di malga, almeno
per un giorno.
Anfitrione di questo “spazio temporale” è Gianluigi Rocca, il “guardiano dei segni” come è definito nel filmato di Renato Morelli recentemente
segnalato al 50° Filmfestival Internazionale della montagna e dell’esplorazione «Città di Trento».
Si spengono le luci, i suoni berberi di un’orchestra zingara, quella dei
Destrani Taraf, riempiono la sala mentre passano i fotogrammi del
cortometraggio RAI “Il guardiano dei segni”. Negli occhi abbiamo i colori
dell’alpe, nelle orecchie i suoni delle “bronzine” appese al collo delle vacche,
in sottofondo siamo accompagnati dalla voce tranquilla e familiare di Gianluigi
Rocca il famoso pittore che insegna all’Accademia di Brera e che da oltre
vent’anni passa le sue estati in malga. Egli rappresenta l’amico che ognuno
vorrebbe incontrare, pacato nei modi, cordiale e sincero.
Dal grande schermo con romantico trasporto ci parla della malga,
dell’alpeggio, ci racconta della fatica, del sacrificio, del dolore e della nostalgia che accompagna il mondo dell’alpe.
Un mondo che ritroviamo nel Museo della Malga, un piccolo museo
realizzato con oggetti semplici e originali, vissuti, severi, quasi rudimentali,
raccolti dallo stesso Rocca nelle malghe della Val Rendena e delle Giudicarie
e allestito da Lucia Parma, sua moglie, e dall’architetto Fulvio Nardelli, re-
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stauratore del palazzo LodronBertelli e progettista delle adiacenti Terme della Val Rendena.
Gli oggetti esposti nel
museo non sono belli da vedere perché finemente intarsiati,
ma sono stupefacenti per la
loro essenzialità, nata da mani
rudi che badavano poco all’apparenza ma molto alla sostanza. Questo luogo è simile al
cuore di Gianluigi Rocca, entrambi custodiscono il ricordo di un mondo che non c’è più.
La nostra giornata sull’alpe prosegue a Malga Boch nel cuore del Brenta,
monticata da vacche Rendena provenienti da stalle di Caderzone e gestita
dalle aziende dei fratelli Gianbattista e Carlo Polla.
Il vento freddo ci frusta il volto, portandoci un momentaneo sollievo
alla fatica della salita. D’improvviso il fischio d’una marmotta ci blocca, la
vediamo sbucare dalla sua tana, lei ci osserva con la stessa curiosità con cui la
guardiamo noi. Un secondo fischio e lei scompare nel buio della tana. I bambini si appostano e, poco oltre, riescono a scorgere altre due “sentinelle” che
non ci perdono di vista. In alto, contro il gruppo di Brenta, si staglia la cascina
della malga, poco più a valle, quasi nascosto lo “stallone”. Il suono dei
campanacci e la sottile aria dei pascoli ci catturano. Pochi tornanti e siamo
lassù, in quel luogo che Gianluigi definisce «la casa più vicina al cielo». Un
luogo di silenzio e di quiete che conserva la
storia ed il tempo dell’uomo.
Gianluigi ci raggiunge trafelato, ha una
vacca che sta male, dev’essersi ferita ad una
zampa con un chiodo ed ora quell’arto è gonfio e dolorante. «Il mondo della malga, ci ha
ricordato lui stesso, non è una bella cartolina,
in cui c’è sempre il sole e le vacche pascolano
docili; è un luogo di sacrificio, di dolore ed a
volte di disgrazie, le vacche qualche volta vengono colpite dal fulmine, si rompono le zampe tra i sassi o abortiscono». Mentre parla, la
nostalgia esce dalle sue labbra e si deposita
nel cuore di ognuno di noi, quella voce paca-
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ta ci descrive questi luoghi tra i monti «imbalsamati in quella loro terrificante bellezza».
Entriamo nella cascina, accendiamo il fuoco sotto l’ampio camino per dare inizio alla
caserada, «finalmente Gianluigi ci mostra come
si fa il formaggio», è il commento di molti. D’improvviso un fumo denso, acre ci fa lacrimare
gli occhi. Un’imprecazione di Gianluigi è rivolta a «quel geometra che ha sbagliato l’attacco
del camino» che ora fuma e rende l’aria
irrespirabile. Siamo costretti ad uscire, poi le
fiamme hanno la meglio ed il fuoco s’accende.
Riempiamo la “caldera”, il grande pentolone di
rame, con 100 litri di latte che serviranno a fare
la nostra “spressa”. Chino sul pavimento Gianluigi vi getta un’occhiata ed
esclama: «ma varda tì, se se pöl, queste l’è piastrelle da zità».
Alla mente ci ritorna il suo commento nel filmato visto a Caderzone, il
“guardiano dei segni”, nel quale, con voce soffocata, affermava «qui non si
recupera niente, queste case fatte a mano, con i sassi a secco nessun architetto
è capace di recuperarle? Al loro posto si sono realizzate queste villette della
solitudine, dove i pastori non vogliono venirci più».
Ora Gianluigi è impegnato a mescolare col “troll”, la “rotella” che serve
per far girare il latte, che deve raggiungere i 29°C. Poi aggiunge il caglio, un
tempo ricavato dallo stomaco dei capretti. Torniamo all’esterno e aspettiamo
che il latte cagli. Passato un po’ di tempo, Gianluigi mette una mano nella
caldera e, col palmo all’insù che sembra galleggiare sotto il pelo del liquido,
afferma: «vedete, ora la consistenza è giusta, ora si crea un leggero infossamento.» Sembra un grandioso “crem caramel” lattiginoso, morbido e consistente. È ora di frantumare la cagliata; Gianluigi prende “la chitara” o frangicagliata, che è del tutto simile ad una grande strumento musicale con i fili
allineati perpendicolari ad un’asse. Un tempo i malgari la realizzavano con
un cimale di pino curvando i rami nel tronco fino a formare una rudimentale,
grande, frusta. Sotto i colpi decisi del nostro casaro la pasta inizia a sminuzzarsi «deve avere la grandezza compresa tra il chicco di mais e quello di riso»
ci spiega. Gianluigi rimette la caldera sul fuoco, aggiunge altra legna e continuando a mescolare con il “troll” la porta a 36°C.
Estrae dei piccoli blocchi biancastri, «è il formaggio!» afferma e lo porge
a noi che lo assaggiamo incuriositi. «È pur vero che il proverbio dice “ogni
mat fa ‘ncaiar el lat” (ogni matto fa cagliare il latte) ma è altrettanto vero,
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aggiunge Gianluigi, che è un grande rito far
uscire del formaggio dal latte». Col “troll”
Gianluigi ora imprime un vorticoso moto
rotatorio nella “caldera” e la pasta del formaggio si appallottola sul fondo. Con calma affonda le braccia nella caldera e tra lo stupore
di molti fa emergere una grande palla
bianchissima, che raccoglie con un canovaccio e ripone nella “fascéra”, lo stampo del formaggio. Dopo averlo pressato ben bene lo rigira e vi pone sopra un’asse con un grosso sasso. «Serve a pressare il formaggio e far uscire
tutto il siero, da questo prende il nome di
“spressa”». È un formaggio magro che si otteneva togliendo dal latte la maggior parte della panna che andava a finire
nelle zangole ed era trasformata in morbido burro, merce preziosa in un’economia povera.
«Dai vecchi ho imparato a conoscere i segreti del bosco, ci racconta
Gianluigi con la sua innata tranquillità, per me la malga è luogo di silenzio e
di quiete». Nel mondo della malga noi “turisti” riscopriamo la magia del
latte, il fumo denso che ti chiude gli occhi e li fa lacrimare, l’odore della “scòta”
e del formaggio appena preparato. Con l’orecchio quasi involontariamente
seguiamo lo scampanio delle vacche, rigorosamente di Razza Rendena, che
tra qualche ora rientreranno nella stalla e con la loro immota tranquillità si
avvicinano curiose alla malga. Le loro figure si stagliano nella cornice del
Gruppo di Brenta, pascolano tranquille e si lasciano avvicinare. È ora di ritornare in Valle e di lasciare quest’angolo di Paradiso. C’incamminiamo e ci
ritornano alle orecchie le parole di Gianluigi quando nel film affermava che «
quando è ora di partire, una parte della sua anima lo abbandona, ma lui torna
sempre indietro a riprenderla».
Ritornati a Caderzone molti rivisitano il Museo della Malga; quegli stessi oggetti visti frettolosamente al mattino, ora, hanno un significato diverso,
sono come un libro aperto attraverso cui si può leggere e capire il mondo dei
nostri “vecchi”.
Rivediamo i secchi per mungere, raccogliere e trasportare il latte, le bacinelle d’affioramento della panna, la caldera del formaggio, oggetti che ci aiutano a capire l’essenza della malga e l’immensa civiltà dei monti …per non
dimenticare.
di Walter Facchinelli
22
A
“Un Birdie per la vita”
Il 23 settembre 2002 il campo golf della Val Rendena ha ospitato la seconda Pro Am “Un Birdie per la vita”. A questa prestigiosa manifestazione
erano presenti Costantino Rocca, Emanuele Canonica, Romolo e Alessandro
Napoleoni, i più forti professionisti italiani di golf. A questi si sono aggiunti
80 giocatori divisi in 16 squadre, provenienti da tutt’Italia, che hanno permesso di portare ad 8000 Euro l’importo di beneficenza che è stato consegnato a Costantino Rocca. Quest’anno “Un Birdie per la vita”, l’associazione presieduta da Antonella Mazzoleni moglie di Rocca, risponde all’appello della
Somalia con l’obiettivo di realizzare la “Cittadella della vita”. «Attraverso
l’aiuto di molti, aggiunge Rocca, stiamo realizzando un micro-ospedale materno pediatrico, un orfanotrofio ed una scuola professionale». Visibilmente
soddisfatto è Angelo Tisi, delegato del Trentino Alto Adige dell’associazione
Angelo Tisi, Costantino Rocca e Marcello Mosca.
23
A
I vincitori del “Un Birdie per la vita” 2002.
“Un Birdie per la vita”. «È una manifestazione importante perché coniuga
golf e beneficenza».
Costantino Rocca al rientro dalla gara afferma «ho trovato un campo in
condizioni splendide, era un po’ di tempo che non giocavo su un green così
bello» e aggiunge «sono molto soddisfatto per la grandissima accoglienza al
Golf Rendena e per il gran numero di golfisti che sono venuti per aiutare i
bambini della Somalia».
Dello stesso parere Emanuele Canonica e Romolo Napoleoni, il secondo
un “affezionato” del Golf Rendena e Stefano Betti, presidente dell’associazione golfisti professionisti.
La premiazione, sotto la regia del direttore del Rendena Golf Emanuele
Mariotti, ha visto al primo posto, con 45 colpi per 18 buche la squadra di
Emanuele Canonica con Antonella Salvadori, Antonio Armani, Gianpaolo
Manfredi e Andrea Aliboni, affiancati dalla squadra di Lorenzo Golser con
Gianni Carlini, Stefano Rossi, Annalisa Oss e Alberto Chiesa. Al terzo posto,
con 50 colpi, Costantino Rocca con Marcello Mosca, Angelo Tisi, Piergiorgio
Collini e Pietro Perolini e la squadra di Alessandro Napoleoni con Carlo
Armani, Marco Mariotti, Nicola Maffei e Marina Perolini.
Walter Facchinelli
24
…proposte
A
Brevi Scritti di Montagna
- Concorso letterario Il Circolo Culturale “il Faggio Val Rendena, nell’ambito “dell’Anno Internazionale delle Montagne 2002”
INDICE
Il Concorso letterario “Brevi Scritti di Montagna” destinato alle montagne della Val Rendena.
Gli autori dovranno far pervenire le loro composizioni in lingua italiana
entro il 31 dicembre 2002 indirizzando la corrispondenza a: Circolo Culturale
“il Faggio Val Rendena” 38080 Vigo Rendena.
L’associazione s’impegna a pubblicare tutti gli scritti nella propria rivista Foglie del Faggio Val Rendena, ed a segnalare quelli ritenuti meritevoli.
25
A
Per ragioni di tempo ed organizzazione, si richiede agli Autori che ne
hanno la possibilità, di corredare una copia stampata dei loro testi con un
floppy disk contenente il testo stesso digitalizzato con word-processor.
I testi che giungono già trascritti su dischetto vengono presi in considerazione e quindi pubblicati prima di quelli ancora da trascrivere.
Chi ne ha la possibilità, può inviare i testi a mezzo di posta elettronica
all’indirizzo e-mail [email protected]
Si ricorda che i dattiloscritti che giungono in redazione non si restituiscono, si consiglia di non inviare originali ma copie a perdere.
I testi devono essere corredati da nome, cognome e indirizzo dell’autore. Autori che non desiderano che compaia il loro nome od indirizzo sulle
schede di lettura pubblicate, devono specificare chiaramente questa loro esigenza a fianco al titolo del testo proposto.
Per informazioni contattare Walter (0465.801949).
m
Un regalo ricco di solidarietà
Per finanziare l’attività di don Gianni Poli a favore dei bambini di Manaus,
il Circolo Culturale “il Faggio Val Rendena” da qualche mese ha aderito alla
campagna “un Regalo Ricco di Solidarietà” promossa da TrentinoSolidale
Onluss. In occasione di compleanni, anniversari o altre ricorrenze, è
possibile affiancare ai soliti regali un
“Regalo Solidale” che andrà ad aiutare don Gianni.
Chi intende aderire dovrà recarsi in Cassa Rurale, fare un versamento sul C/C 100000 della
Cassa Rurale di Rovereto intestato a TrentinoSolidale Onluss specificando la causale “Progetto
bambini di Manaus di don Gianni
Poli” e riceverà un simpatico biglietto da consegnare al destinatario del regalo. Informazioni nel sito
www.trentinosolidale.it, al Faggio Val Rendena tel. 0465.801740
“il [email protected]”, o in Cassa Rurale.
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Iniziative
E
cclesiali
Saluto a don Gianni
Le comunità di Caderzone, Strembo e Bocenago si sono strette in un
commuovente ed appassionato abbraccio a don Gianni Poli che, dopo sette
anni, lascia la Val Rendena per andare missionario in Brasile. Don Gianni tra
circa un mese sarà a Manaus, nella
terra di missione del rendenese don
Claudio Dalbon di Vigo-Darè, stroncato da un infarto il 25 settembre di
due anni fa. Venerdì scorso i giovani della Val Rendena hanno salutato il “loro” parroco-animatore «una
persona che ci mancherà per la passione e dedizione con cui ha lavorato». Alla grande festa, organizzata
domenica all’oratorio di Caderzone,
erano presenti molti parroci della
Valle, da don Celestino Lorenzi che
nel 1996 aveva consegnato a don
Gianni questa comunità religiosa, a
don Antonio Tisi parroco di Spiazzo, da don Adolfo Orlandi parroco
a Vigo-Darè e Pelugo a don Ernesto
Villa parroco a Madonna di
Campiglio. A questi si sono uniti i
sindaci dei tre paesi Maurizio Polla,
Alfonso Fantoma e Mauro Alberti, i
rappresentanti dei Gruppo pastora-
27
E
le, della Caritas e gli operatori pastorali delle tre comunità. Le squillanti note della banda di Caderzone
hanno dato avvio alla festa culminata nella santa Messa animata dal
coro dei tre paesi. All’offertorio è
stato portato all’altare anche un
poncho, a significare il simbolico
abbraccio di queste tre comunità
che, con la preghiera, accompagneranno per sempre don Gianni. Don
Gianni ha ricevuto molti segni di stima e affetto, dalla targa-ricordo dei comuni di Bocenago, Strembo e Caderzone seguita dal caloroso saluto dei tre
sindaci, al “paterno saluto” di don Celestino, all’icona della Madonna del
gruppo Caritas.
Maurizio Polla, sindaco di Caderzone, ha ricordato i primi momenti del
suo arrivo a Caderzone, quando un signore che lo accompagnava salì sul
pulpito per chiarire a tutti il grande dono che stavamo per ottenere. Questo
signore disse: «...voi oggi avete ottenuto un bellissimo e delicato dono che,
dev’essere scartato piano piano….». Maurizio Polla ha aggiunto: «solo ora,
dopo circa sette anni e proprio mentre Lei se ne sta andando, abbiamo compreso pienamente quelle parole e con dispiacere siamo a salutarLa. Ma, nello
28
E
stesso tempo
siamo orgogliosi di Lei. Siamo
orgogliosi che il
nostro parroco
ci lasci per compiere una missione così importante e nobile». Il sindaco
Polla ha poi aggiunto «il Suo
nuovo impegno
corrisponderà
quasi ad un
nuovo lavoro;
da curato di anime angosciate dalla paura di morire sarà curato di anime con
la paura di vivere».
Dopo il discorso di addio il Sindaco ha consegnato a don Gianni la pergamena e la medaglia d’oro della pubblica onorificenza “Filò di San Biagio”,
che il Consiglio Comunale di Caderzone in una seduta straordinaria ha voluto assegnare a don Gianni «per l’importante attività educativa e di
coinvolgimento sociale dei giovani di Caderzone e della Valle Rendena».
A nome della Comunità di Caderzone è stato consegnato a don Gianni
un sostegno finanziario per aiutarlo nella sua nuova attività in terra di missione.
Walter Facchinelli
Saluto dei giovani a Don Gianni
Don Gianni in questi sette anni trascorsi insieme a noi è stato un punto
di riferimento per la Pastorale giovanile delle Giudicarie, la segreteria
decanale, gli animatori dei giovani e degli adolescenti. La sua completa disponibilità e il suo impegno sono stati fondamentali per la promozione e la
buona riuscita di molte attività rivolte ai ragazzi.
Per ringraziare don Gianni di tutto quello che ha fatto per noi e con noi,
29
E
abbiamo deciso di salutarlo con una
grande festa.
Venerdì 30 agosto ci siamo trovati
veramente in tanti nella chiesa di
Caderzone a pregare insieme a don
Gianni, augurandogli di riuscire a rimanere sempre forte ed entusiasta della sua missione anche nei momenti di
difficoltà, e impegnandoci a portare
avanti le attività della pastorale giovanile.
La Messa è stata molto significativa e ricca di momenti di riflessione,
anche se non sono mancate le battute
scherzose di don Gianni, c’è stata una
partecipazione attiva dei numerosi
giovani presenti alla celebrazione che si sono occupati dell’animazione della
Messa e del coro.
La festa è proseguita poi all’oratorio dove ci siamo divertiti a giocare e
scherzare insieme a don Gianni. Per accompagnarlo in modo simbolico nella
sua missione gli
abbiamo regalato
una chitarra che
potrà utilizzare
con i giovani di
Manaus.
La serata è
trascorsa all’insegna dell’allegria e
della spensieratezza anche se in tutti
noi era nascosto il
grande dispiacere
di dover salutare
un amico speciale che ci ha aiutato a crescere nel cammino della nostra fede.
Nonostante l’oceano che ci dividerà, saremo sempre vicini con il pensiero e la preghiera.
Per la Pastorale giovanile delle Giudicarie
Martina Polla
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E
Ciao, don Gianni
Domenica 1 settembre abbiamo salutato don Gianni.
È stata una giornata di festa.
Nonostante ci fosse già nell’aria la nostalgia, aldilà dell’inevitabile tristezza del doversi salutare è stata una giornata di festa.
Qualcuno ha detto che non si dovrebbero festeggiare i distacchi, io credo che sia bello avere un’occasione in cui potersi dire il bene che ci si è voluto
e dirsi grazie per quanto reciprocamente ci si è donato.
Alle 15 la Santa Messa, celebrata all’oratorio e caratterizzata da tanti
momenti commoventi, una Messa che ha visto tantissime persone raccolte
attorno all’altare. Tantissime persone a rendere grazie a Dio.
La festa è poi proseguita con gli interventi di coloro che hanno voluto
esprimere a don Gianni il proprio saluto e la propria riconoscenza.
Ad allietare il pomeriggio la banda comunale di Caderzone ed il balletto
dei bambini del Gruppo Folk.
Molto apprezzato è stato anche il rinfresco offerto dalle amministrazioni
comunali a tutti i presenti e preparato da alcuni volontari durante la mattinata.
La cronaca della giornata è presto fatta, più difficile è mettere sulla carta
le emozioni.
Con la guida di don Gianni la nostra comunità è riuscita a fare passi
avanti nella solidarietà, nell’apertura verso gli altri, nel servizio alla Chiesa.
«Don Gianni,
abbiamo camminato insieme per sette anni.
Adesso il nostro cammino prosegue qui, il tuo ti porta in Brasile, in terra
di missione.
Ti è stato chiesto qual è la cosa che più hai apprezzato in noi, nella gente
di qui e tu hai risposto, senza esitazioni: “la schiettezza, la capacità di dirmi le
cose in faccia”; penso che possiamo dire la stessa cosa di te.
Ti immaginiamo leggere queste righe nella tua nuova casa, tra la tua nuova
gente».
Dalle pagine del nostro Garzonè ti arrivi il caloroso saluto dei “tò
cadarciun”
Rosanna Polla
31
E
Grazie Don Gianni!
Carissimo Don Gianni, è arrivato il momento di ringraziarti, di prendere
il nostro cuore, per dirti quanto ti vogliamo bene.
Sì, sono già passati sette anni da quando sei arrivato, sette anni che sono
volati almeno per noi.
Sembra ieri, infatti, che apprendevamo che un giovane pretino, avrebbe
accompagnato la nostra comunità nel cammino spirituale.
Quel giovane prete è diventato un missionario, un uomo disposto ad
annunciare il vangelo e l’amore di Gesù, in quei posti in cui tanta gente vive
ancora nella miseria e nella povertà.
Ce ne dispiace molto, perché conoscerti, don Gianni, è stato bello, è stato
importante. Dall’altra parte, dobbiamo però, anche essere contenti, perché
questa è una tua scelta, della quale anche Gesù, l’amico di tutti, sicuramente
condivide e ne va fiero.
Ci sei stato molto vicino, soprattutto a noi giovani. Ci hai insegnato la
bellezza di vivere serenamente le nostre giornate, portando allegramente e
con orgoglio la fede e gli insegnamenti che abbiamo ricevuto. Sei venuto con
noi nei posti dei nostri divertimenti e anche lì hai saputo dirci con amore
quanto si possa fare un sano divertimento. Hai riso con noi e ci hai riportato
sui passi, quando la risata in quel momento era del tutto sconveniente: sei
stato oltre che il nostro parroco, anche il nostro amico.
La tua allegria diviene poi subito serietà, atteggiamento semplice di chi
si mette in ascolto con il cuore aperto, lì per accogliere, quando la gente ti
racconta le sue piccole cose, le
sue piccole preoccupazioni ed
anche le ansie e le paure che la
vita gli riserva.
Ci piace, questo tuo modo
semplice, diretto di rapportarti con noi, senza la presunzione di impartire lezioni o prediche, questo tuo atteggiamento quasi da scolaro, contento di
apprendere piuttosto che insegnare.
32
E
Ci piace questo tuo
modo di “accettarci e
prenderci così come siamo”, cui tu tieni tanto,
perché è il modo che
Gesù usa con noi.
Ci hai insegnato, a
fare in modo che molte
cose della parrocchia le
porti avanti la comunità dei fedeli, le portiamo
avanti noi. E questo, mentre prima ci poteva forse dare fastidio, ora lo apprezziamo e lo riteniamo importante e fondamentale perché porta ad una
comunità più attiva solidale e partecipe.
Guardiamo il mappamondo, carissimo Don Gianni: con una delle nostre
dita segniamo l’Italia e più o meno il Trentino; poi ci fermiamo un attimo,
perché non riusciamo con l’altro dito a trovare il Brasile; ci sembra tanto distante e... te lo confessiamo confidenzialmente, ci vengono le lacrime agli
occhi.
Poi però, capiamo l’importanza di fare della propria vita un dono, di
capire che chi ci sta accanto, povero o ricco che sia, è quello che dà sempre
sapore alla nostra esistenza.
Noi, il dono di te, don Gianni, un dono prezioso, lo abbiamo avuto per
sette anni; forse non siamo nemmeno riusciti a percepirlo e apprezzarlo nella
sua totalità e pienezza e ti chiediamo scusa.
Ora siamo contenti (e ci costa tanta fatica dirlo), di lasciare questa persona preziosa ad altri, proprio in quel senso di condivisione e comunione cui tu
tieni tanto, perché anche loro possano gustare e incontrare l’amore grande,
che tu nel nome di Gesù, porti nel cuore e sai donare con gioia.
Ti ringraziamo di cuore di esserci stato, di averci voluto bene!
Ti accompagniamo in questo nuovo cammino, ti siamo vicini e ti ricordiamo.
Sia per te, don Gianni, anche questa, una forza, nei momenti di difficoltà
e di smarrimento che potrai incontrare: sapere che ci sono persone che ti sono
vicine, nonostante le distanze che ci separano.
Ti auguriamo ogni bene, ti ringraziamo ancora e ti salutiamo con un
abbraccio forte forte!!!
Bruno Salvadei
per i giovani di Caderzone
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E
I due veterani del canto
Significativo traguardo raggiunto da due nostri coristi: Gino Polla e Pio
Sartori che festeggiano, rispettivamente, 60 e 40 anni (circa) di presenza nel
coro parrocchiale di Caderzone.
Pio è infatti entrato a far parte del coro nei primi anni sessanta e Gino
cantava nel coro delle voci bianche durante la processione del Corpus Domini e nelle principali solennità già negli anni quaranta.
I due “veterani del canto” sono stati premiati nel corso di una serata di
festa a cui hanno preso parte tutti i cantori e il parroco don Gianni Poli in
rappresentanza della comunità parrocchiale di Caderzone. Gino e Pio hanno
sottolineato la bellezza di essere al servizio della propria comunità usando i
talenti che ci sono stati donati da Dio e invitando i coristi presenti ad avere
passione per il canto e costanza nell’impegno.
A loro l’augurio di far risuonare ancora a lungo le loro belle voci tenorili
nella nostra chiesa, a noi l’impegno di seguirne l’esempio.
Per il coro
Rosanna Polla
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E
…auguri don Celestino
«Un sacerdote tutto d’un pezzo» così è stato definito Don Celestino
Lorenzi, 84 anni compiuti con all’attivo ben 60 anni di sacerdozio. Una doppia ricorrenza quella del 9 giugno che le comunità di Bocenago, Strembo e
Caderzone non si sono lasciate sfuggire per festeggiare «una persona discreta, preziosa ed apprezzata». E così i locali gruppi pastorali e di volontariato
in collaborazione con le amministrazioni comunali hanno fatto le cose in grande. Ad aprire la festa le
squillanti note della
banda comunale di
Caderzone cui è seguita la Messa. Dietro l’altare, accanto a don
Celestino sono intervenuti il parroco dei tre
comuni don Gianni
Poli, il direttore dell’Arcivescovile don
Umberto Giacometti,
don Rinaldo Binelli e
don Ivo Leonardi. Nel-
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E
l’omelia Don Celestino ha voluto sottolineare il valore del sacerdozio e della
missione, ricordando don Pellizzari, missionario in Brasile e rimarcando la
scelta di Don Gianni di lasciare la Val Rendena per andare missionario a
Manaus (Brasile). Don Celestino, classe 1918 è nato a Mortaso e fu ordinato
sacerdote il 21 marzo 1942. In questi 60 anni di sacerdozio è stato cappellano
a Condino, Arco e Varese, parroco ai Campi di Riva e Castello Tesino. Dal
1974 è tornato nella sua Val Rendena, parroco a Caderzone fino al 1995 a
Strembo fin dal 1979 e poi anche di Bocenago dal 1992 al 1995. Tutti lo descrivono come un sacerdote saggio e generoso «che, è stato detto, ci ha insegnato
a fare la carità facendola», ed ha aggiunto don Gianni «è sempre pronto a
dire di sì, e quando non può è perché ha già detto sì a qualcun altro». Ancor
oggi è costantemente a servizio dei parroci della Valle che «sanno di poter
contare sempre su di lui». Nella giornata a lui dedicata, la banda di Caderzone
ha tenuto un apprezzato concerto cui si è aggiunta l’applaudita esibizione
del gruppo folk di Caderzone. Sulle note di “Tanti Auguri”, molti hanno
espresso il loro apprezzamento a don Celestino. I rappresentanti delle amministrazioni comunali di Caderzone, Strembo, Bocenago e Spiazzo, hanno portato il loro saluto e la loro gratitudine per questo parroco che «con l’esempio
e la sua grande umiltà ha insegnato davvero molto, a tutti».
Walter Facchinelli
36
G
E
iovani
“C’è un messaggio per te”
diceva ammiccante la bottiglia
disegnata nell’ultimo numero
del periodico comunale “il
Garzoné”. A quest’invito
patinato ne è seguito uno molto più concreto ed originale:
un’autentica bottiglia di vetro
con tanto di etichetta e tappo
in sughero è stata recapitata personalmente a tutti i giovani del paese. All’interno un
foglietto arrotolato con il “messaggio-invito” della
riunione.
L’originalità della bottiglia e la curiosità della proposta
hanno fatto sì che oltre cinquanta giovani, raccogliendo quest’appello hanno gremito la sala consiliare decretando, con la loro presenza l’ottima
riuscita della serata.
Ad aprire l’incontro è stato il direttore della rivista Walter Facchinelli,
che ha spiegato le aspettative e gli obiettivi dell’incontro, dando avvio ad una
serie di interventi che hanno messo in luce la volontà da parte del Comitato
di Redazione del Garzoné di aprirsi ai giovani, mettendo a loro disposizione
alcune pagine del periodico.
«Caderzone, ha spiegato Facchinelli, è l’unico Comune della Val Rendena
che si è posto l’obiettivo di coinvolgere i giovani, considerandoli il bene più
prezioso della Comunità».
Il maestro Tranquillo Giustina, che sul Garzoné si occupa della parte
storica, si è detto disponibile a cedere alcune delle pagine da lui utilizzate per
dar voce ai giovani. Con i toni pacati che lo contraddistinguono, Giustina ha
raccontato ai giovani dell’utilità di esprimere le proprie idee per far vedere
37
G
che esistono e vogliono contare». «Siete il futuro della Comunità, ha chiarito
il sindaco Maurizio Polla, e la vostra collaborazione è indispensabile per continuare a progettare il nostro futuro del paese».
Nel corso della serata il Comitato di Redazione in collaborazione col
Comune ha regalato ad ogni giovane il proprio indirizzo E-mail, una casella
di posta elettronica nel nuovo sito Internet del Comune in allestimento. L’Email, ha chiarito Lorenza Ventura è un moderno strumento per creare una
rete tra i giovani, attivando nuove forme di aggregazione che, in un primo
momento saranno virtuali, ma ci auguriamo diventino “reali”». Attraverso
Internet i giovani potranno dialogare tra loro e collaborare con la Redazione,
suggerire al Comune le loro idee, aspettative e proposte.
Caderzone ha deciso di puntare sui giovani, invitandoli ad essere “meno
invisibili”, assicurando loro che potranno dire la loro, con la rassicurazione
che «parlare non significa solo poter dire, ma poter contare», così facendo la
Comunità si rinsalda e migliora il suo futuro.
Giovani: «siate meno invisibili!».
38
A
ttualità
Orizzonti verticali
La scuola della montagna.
Si è tenuto sabato 9 marzo, a Caderzone nello splendido salone dell’ex
fienile delle scuderie della nobile famiglia Bertelli, organizzato dalla Sezione
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A
della S.A.T. di Pinzolo – Alta Rendena e dall’Istituto Comprensivo “Val
Rendena” nell’ambito dell’“Anno Internazionale della Montagne” dichiarato dall’ONU per il 2002, un dibattito-convegno dal titolo: ORIZZONTI VERTICALI – La scuola della montagna.
Tale incontro si era prefisso di affrontare un tema che altri convegni,
anche internazionali, pare non trattino, almeno direttamente: la spiritualità,
il mistero, l’altezza, lo slancio verso il cielo, l’ignoto… hanno affascinato da
sempre l’uomo (Olimpo, Ararat, Sinai, eremiti, asceti) ed hanno dettato al
suo animo, al suo pensiero, emozioni, fantasie, ragionamenti… La conquista
delle vette ha sempre avuto per l’uomo grande significato nella ricerca di se
stesso.
Alla partecipazione di “scalatori”-scrittori, persone che oltre a “fare”
amano raccontare emozioni e riflessioni, “filosofeggiando” spesso sulle proprie ed altrui situazioni esistenziali, si è voluto aggiungere l’intervento di un
esperto di pensiero, educazione e lettura della realtà (il prof. Rossini dell’Università di Bologna), quasi per poter “incorniciare”, aiutarci a capire, farci pensare al significato che ha o può assumere la Montagna, come spunto per “elevarci”, come uomini, come educatori, come insegnanti, come alpinisti. Trovare insomma un filo conduttore che possa trasferire nella scuola i significati
formativi del mondo alpinistico.
Il pubblico, composto da appassionati, Guide Alpine, Soccorritori, Maestri di sci, insegnanti di scuole elementari, medie e superiori, da persone interessate e da molte autorità, ha dimostrato di gradire gli interventi, intervalla-
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A
ti da splendide canzoni della montagna, interpretate dal coro Presanella di
Pinzolo.
Il programma della giornata prevedeva:
· ore 10: apertura della mostra sulla montagna con sezioni di arte, decorazione, libri, fotografie, ecc. e del Museo permanente della malga
· ore 12: rinfresco con degustazione di prodotti tipici locali offerto dalla Fam.
Cooperativa di Caderzone
· ore 14: apertura del dibattito:
Coordinatore: Franco de Battaglia
Relatori:
Gino Buscaini “Spedizioni e avventure: imparare dall’immaginario”
Mauro Corona “Se la montagna non parla più” (assente)
Silvia Metzelin “I perché delle montagne”
Ermanno Salvaterra “L’estremo, in cordata o da soli”
Eugenio Turri “Un paesaggio per il futuro”
Serafino Rossini “La montagna che siamo noi”
· ore 16,30: Interventi del pubblico
· ore 17,30: Considerazioni conclusive
Si attende ora la stampa degli atti.
Al convegno era presente la prof. Carla Bosi di Firenze, che ha colto gli
elementi più significativi delle relazioni programmate e degli interventi di
varie persone del pubblico.
Ecco il suo racconto:
RISONANZE
Intrecci sulle relazioni elaborati da Carla Bosi
Il convegno è finito. La sala è vuota e la dimensione verticale di questa
struttura così bella nella sua essenzialità appare più netta, sembra quasi dare
visibilità al titolo del convegno e alle suggestioni che ha creato: orizzonti verticali.
E adesso?
Adesso le riflessioni, le immagini, le suggestioni espresse qui restano in
noi; tracce comuni ma diverse per ciascuno. Ne ripenso alcune ed individuo
in particolare due percorsi, due tracce operative. Le esprimo tramite i due
schemi che seguono; questi non vogliono interpretare, ma neanche riassumere o sintetizzare, quanto è stato detto, cercano solo di fissare le risonanze che
hanno prodotto in me e che forse possono essere memoria di questa esperienza anche per altri.
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A
LA MONTAGNA E LA RICERCA DELLA
DIMENSIONE VERTICALE DEL SE’
Come la montagna può essere scuola
Frasi, prese dalle relazioni, che hanno suscitato questi temi
* … bisogna tornare alla naturalità del vivere in montagna, insegnare anche ad
usarla con i sensi, con l’olfatto, con l’udito, i rumori, i colori ... la montagna è
una scuola se tu la frequenti in maniera naturale.
* … e nella fatica apprezzi non solo il bicchiere d’acqua, o il pane, ma anche l’amicizia, gli incontri
* ….solamente nei momenti molto difficili riesci ad arrivare al punto di conoscere
veramente il tuo compagno e il tuo compagno a conoscere te, perché quando sei
lì si vivono momenti di verità
* … lo spirito è educabile perché il pensare è educabile
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A
* … la differenza fra vedere una montagna come un mucchio di sassi o vedere la
montagna come un’enorme entità è un fatto di formazione spirituale, la differenza fra il banale e il sublime è un fatto di formazione spirituale
* La scalata in montagna è la scalata che vogliamo far fare ai bambini nella scuola;
è la scalata che vogliamo fare noi dentro e fuori di noi, nella vita
* La montagna ha bisogno di essere rimeditata, … è soprattutto spiritualità, è un
messaggio il vedere queste cose di bellezza, di potenza, … è scuola di vita ... ti
insegna che da una vetta non vai in nessun posto, puoi solo scendere.
* Così la montagna ti mette a nudo la naturalità, ti insegna a essere in rapporto
con le cose autentiche, con la verità delle cose fisiche. Ed è qui che la spiritualità
si salda alla fisicità, che la spiritualità moltiplica la percezione di tutti i sensi
* Certe visoni della montagna sono lampi, sono momenti, ma sono questi momenti che ti danno l’idea della bellezza,
* Non andiamo in montagna soltanto per le bellezze naturali ma anche per il
rapporto umano che si può creare …
* Torno allora più volte nella stessa regione, la percorro, la studio, completo e
correggo la cartografia, la fotografo, e poi torno a rivedere, e vedo molto più di
prima
* forse dobbiamo imparare a vedere, ci vuole una forma d’allenamento, … dobbiamo prenderci il tempo per la contemplazione
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A
LA MONTAGNA COME TERRITORIO
PER L’UOMO DEL TERZO MILLENIO
Tutte queste domande restano aperte, ma forse ponendole si è già fatta un
po’ di strada
Frasi prese dalle relazioni che sostengono queste domande:
* è la montagna che fa nascere la voglia degli uomini di scappare dalla città, per
andare a raggiungere un ambiente diverso, un ambiente altro
* le persone che vengono dalla città troppe volte portano in montagna un loro
modo di vivere che è così – diciamolo, quasi squallido
* prendere coscienza di quello che abbiamo, di questa ricchezza della montagna, di
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A
questa intensità per proporla opportunamente agli altri
* sono importanti queste riflessioni per arrivare a smetterla di assecondare e rincorrere con troppa facilità i ‘voleri’ del cittadino … perché può darsi che lui
faccia certe richieste perché non ha capito alcune delle ricchezze che sono prerogativa della montagna
* immergerci nella solitudine e nel silenzio e quindi ritrovare, questa specie di
misticismo che c’è anche solo in quel piccolo fiore …
* possiamo parlare di montagna in modo incantato, ma non possiamo mai dimenticarci di coloro che ci vivono … i montanari, che sono, potranno essere custodi
di un patrimonio non solo di risorse diciamo così naturali, ma anche di un
patrimonio di risorse culturali
* quale sarà il futuro della montagna? … dipende da come politicamente sapremo governarla. Il mondo postmoderno, è un mondo destinato ad un colloquio e
ad una comunicazione sempre più fitta e quindi ad integrare le economie, a
rapportare la gente della Val Rendena con la gente della pianura e via dicendo.
Ecco questi sono i rapporti, che si dovranno stabilire nel futuro
* quindi coraggio, dovrete entrare nella scuola se volete che i vostri figli percorrano anche quelle strade,
* io penso a quante comunità abbiamo nelle Alpi che hanno saputo autogestirsi
bene con saggezza, mantenere il loro territorio in una forma equilibrata, anche
tenendo conto della dinamica storica; in questo patrimonio le comunità alpine
possono pescare con una visione quasi aristocratica ...
* adesso parte la convenzione per la nuova Europa e sarà necessario che la dizione
montagna, con tutto quello che comporta, vi entri in modo forte …
* la strada per raggiungere la vetta con sicurezza e certezza è quella della cordata,
è la cordata che serve
Credo che non manchino gli spunti per riflettere.
Claudio Cominotti
45
A
Il “mountain climb”
approda a Caderzone
Il Mountain Climb, l’ormai classico appuntamento di duathlon (MTB e
corsa a piedi) che contraddistingue l’estate sportiva Rendenese, ha scelto
quest’anno di effettuare una delle sue quattro prove proprio sul nostro territorio.
I motivi di questa scelta sono presto detti. Innanzi tutto per la particolarità del terreno che ha reso la parte in Mountain Bike per arrivare a Pozza
delle Vacche incredibilmente impegnativa (alcuni tratti del selciato del Mont
dai Baloc sfiorano il 28% di pendenza!). In secondo luogo per la bellezza ed il
fascino del Lago di San Giuliano, non a caso scelto come arrivo della gara.
Ultimo motivo, ma non per importanza, per l’immediata positiva accoglienza da parte dell’amministrazione comunale alla proposta del Comitato MTC
ancora quando, nei mesi invernali, gli organizzatori cominciavano a prendere i primi contatti con gli enti della valle. Fatto sta che la manifestazione ha
avuto un grande successo sia dal punto di vista organizzativo che da quello
sportivo. Ha giocato un ruolo fondamentale, bisogna ammetterlo, anche la
splendida giornata che ha accompagnato atleti ed amici fin sulle sponde del
laghetto di San Giuliano dove qualcuno ha addirittura approfittato per fare
un bagno ristoratore dopo la massacrante fatica. Di grande effetto è stata
anche la premiazione effettuata nel pomeriggio presso il Palazzo Lodron
Bertelli. Non per niente il giorno successivo sulla cronaca sportiva del “Trentino” era messa in bella mostra proprio la foto dei vincitori all’interno della
sala.
La gara si è resa avvincente per la situazione di parità che caratterizzava
sia la classifica delle staffette che quella degli individuali. Alla vigilia della
prova di Caderzone infatti in testa alle rispettive classifiche si trovavano primi a pari merito le coppie Dalsass Alessandro - Maganzini Alberto e Maestri
Giovanni – Dotti Domiziano e gli individuali Campigotto Matteo e Clementi
Carlo.
Dopo il Via dato alle nove nella piana di fronte all’Hotel Rio, già sulle
prime rampe si delineava quella che sarebbe stata la classifica all’arrivo. Infatti il Campione regionale di MTB Dalsass Alessandro, particolarmente a
suo agio su pendenze così elevate, prendeva il largo arrivando in solitaria a
Pozza della Vacche con quasi 3 minuti di vantaggio sul nazionale di ciclocross
46
A
Valentini Renzo e con 5 min. esatti sul rendenese Giovanni Maestri; il suo
compagno Alberto Maganzini amministrava il vantaggio fino all’arrivo vittorioso a San Giuliano. Curiosamente il miglior tempo nella parte podistica
da Pozza delle Vacche al Lago di San Giuliano, passando da Campastril e
Bocca dell’Acqua Fredda, è stato fatto da Marini Gianfranco (primo nel circuito SAT 2002) il quale, pur ricevendo il testimone dal suo compagno in
ultima posizione, riusciva, con una delle sue solite imprese, a piazzare uno
strabiliante 38 min. 13 sec. Anche la prova individuale vedeva prendere il
largo, lungo il tratto in MTB, Carlo Clementi che si sarebbe poi involato verso
l’arrivo senza preoccupazioni. Grande rimonta fatta registrare da Campigotto
Matteo il quale, dopo una prova in MTB sotto tono, rimontava dalla sesta alla
seconda posizione. Terzo posto per il “sempre verde” Rino Wegher.
La
prova
di
Caderzone ha portato
bene ai vincitori. Infatti,
sia la coppia DalsassMaganzini che l’individuale Carlo Clementi
avrebbero poi vinto il
Trofeo Mountain Climb.
A titolo di informazione, per chi volesse testare le proprie capacità
sul percorso, il record
della parte in MTB dal
paese fino a Pozza delle
La premiazione.
Vacche passando da
“Valisel” e dal selciato del “ Mont dai Baloc (Strada Calzota)” è di 33 min. 20
sec, mentre il record della parte a piedi da Pozza delle Vacche a San Giuliano
passando da Bocca dell’Acqua Fredda è di 38 min. 13 sec, fatti registrare
rispettivamente da Dalsass Alessandro e da Marini Gianfranco proprio in
occasione della gara del 16 giugno.
Il plauso e l’apprezzamento sia per il percorso che per l’organizzazione
da parte dei partecipanti sono stati unanimi.
In conclusione, dopo aver assistito ad una manifestazione che ha portato
tutti ad assaporare una giornata di sano agonismo unita ad uno splendido
pomeriggio immersi in uno degli scorci più suggestivi della nostra zona, non
possiamo che augurarci una replica per la prossima stagione estiva.
Barbara Collini
47
A
La nuova viabilità della Val Rendena
Il 5 settembre 2002 è una data storica per la Val Rendena, dopo circa 45
anni di studi e progetti, finalmente il primo tronco della nuova Strada provinciale è iniziato.
Si tratta della circonvallazione di Caderzone, Strembo e Bocenago, il cui
tracciato corre lungo la sponda sinistra orografica del fiume Sarca e si innesta
sull’attuale Strada statale nei pressi del ponte di Caderzone ed in corrispondenza dei “Castagner” a Strembo.
Il bagno della prima pietra, avvenuto alla presenza di tutti i sindaci della
Val Rendena è stato l’occasione per il presidente della Giunta Provinciale
Lorenzo Dellai di presentare il progetto dell’intero tratto della nuova strada
della Val Rendena: da Carisolo a Villa Rendena. Esso è progettato in sei tronchi autonomi che s’innestano tutti sull’attuale strada così da poterli eseguire
per lotti indipendenti tra loro.
Il tronco che dal ponte di Caderzone arriva a Carisolo, è previsto in sinistra orografica del fiume Sarca, senza interferire in alcun modo con il territorio di Caderzone. La soluzione proposta ha già trovato il consenso dei sindaci di Pinzolo, Carisolo, Giustino e Massimeno e quindi possiamo, finalmente,
contare sulla futura integrità della campagna di Caderzone.
Maurizio Polla
48
A
Lorenzo Dellai legge la pergamena posta nella prima pietra.
Il tracciato proposto.
49
A
Il guardiano dei segni
…di premio in premio Caderzone è ammirato da molti
«Avevo un sogno ricorrente», esordisce
IL GUARDIANO
Gianluigi Rocca, artista, malgaro, poeta etnografo
DEI SEGNI
e da oggi possiamo dire anche attore protagonista nel film “Il guardiano dei segni”, «ed era quelITALIA
lo di fuggire per conoscere le cose che stanno apregia: Renato Morelli
pena al di là».
fotografia: Sandro Boni
Attirato, come dice lui «da una saettata», è
montaggio: Stefano Uccia
riuscito a realizzare il suo sogno ed a farlo conoproduzione: RAI, Trento
scere, permettendo a noi di avvicinarci al mondo
video, colore – 40’
della malga, un luogo di silenzio e di quiete, uno
spazio di sapori, di odori e colori.
«Ma, commenta amaramente Rocca, tutto finisce, le malghe, le vacche e
i cani», per fortuna resta la memoria, quella depositata negli oggetti, «nei
segni», quelli custoditi al museo della malga di Caderzone e quelli documentati nella pellicola di Renato Morelli.
Ed è proprio questa forza espressiva che ha entusiasmato le giurie dei
più importati Concorsi cinematografici nazionali ed esteri legati all’ambiente
alpino, ed ha portato Caderzone e la Val Rendena all’attenzione del grande
pubblico.
l
La giuria del 50° Festival della Montagna, Esplorazione e Avventura “Città di Trento”, ha visionato i 78 film e video in concorso e dopo un’attenta
considerazione ha attribuito una menzione speciale al film “Il guardiano
dei segni”, di Renato Morelli per «la finezza e l’intensità con cui l’autore
racconta la ricerca di un difficile, ma possibile, equilibrio tra i ritmi metropolitani del lavoro e la libertà assoluta a contatto con la natura».
l
Al “guardiano dei segni” è stato inoltre assegnato il Premio della Stampa
“Bruno Cagol” istituito dall’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige,
espresso dai giornalisti accreditati presso la Sala Stampa del Filmfestival.
l
Questo capolavoro nell’agosto 2002 ha vinto Il Cerro d’oro 2002 all’ottava
edizione del Filmfestival premio Lessinia svoltosi a Cerro Veronese.
50
A
«Un’opera che concilia tradizione e modernità», è scritto nel verbale di
giuria, «dove vi è aderenza completa, giustificata e sentita fra uomo e natura. Il protagonista è perfetto nel suo ruolo di “non attore”. Il flusso di
coscienza del suo racconto», conclude la giuria, «è la distillazione di un
intenso percorso
umano. Ma non sarebbe bastata la sua
figura, se non ci fosse stata la capacità di
cogliere, di armonizzare e di dare ritmo, in un vero e proprio incontro di talenti».
l
Il 28 settembre scorso, al 33° Festival Internazionale del
Film Alpino e dell’Ambiente 2002 di Les Diablerets in Svizzera, la pellicola di Renato Morelli ha raccolto un doppio riconoscimento:
n Il Diable d’or nella Categoria 4 (Ambiente) con la seguente motivazione:
«Nella categoria Ambiente vi erano certamente altri film non trascurabili,
ma questo li superava assai nettamente per lo sguardo globale che posa
su tutto quanto riguarda l’ambiente: influenza dell’uomo, salvaguardia
della natura, preservazione del patrimonio, senso filosofico della vita. È
un film che tratta problemi veri, con tutte le loro componenti, senza mai
dare lezioni di morale. Questo vi aggancia dalla prima immagine e non
vi liberate più. È la prova di una grande regia».
n Il
Grand Prix (Gran Premio) del Festival des Diablerets 2002 con questo
commento: «Se la giuria ha deciso di attribuire due premi a questo notevole film, è perché subito ed all’unanimità, ci ha profondamente colpiti.
Per la forza del personaggio centrale certamente, pane benedetto per il
suo regista, tuttavia occorreva saperlo valorizzare. Orbene, qui si tratta
di una realizzazione esemplare, che ha saputo collegare il mondo urbano al mondo rurale senza soluzione di continuità, di fare della ricerca
con pudore, osare parlare quasi di continuo senza staccare un secondo.»
Dalla Redazione del Garzonè i più sentiti complimenti
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A
Sguardi su Adamello, Presanella, Brenta
Le exscuderie Lodron Bertelli di Caderzone dal 6 luglio al 4 agosto hanno ospitato la mostra fotografica “Sguardi su Adamello, Presanella, Brenta”.
La mostra, organizzata dall’A.P.T. Madonna di Campiglio, Pinzolo, Val
Rendena, proponeva sessanta splendide fotografie realizzate dai fotografi
Marco Milani, Valerio Banal, Flavio Faganello e Danilo Povinelli.
All’interno della mostra era presente una sezione di libri per ragazzi
dedicati alla montagna e all’ambiente curata dalla Biblioteca Comunale di
Pinzolo ed un percorso attraverso la toponomastica dell’Adamello, del Brenta
della Presanella curato dal professor Carlo Mastrelli dell’Università di Firenze.
Visitando la mostra di Caderzone si avvertiva l’uso della fotografia come
di uno strumento privilegiato per realizzare il “Dialogo della Natura con l’Anima” attraverso cui la dimensione personale riceve quel naturale e spontaneo
nutrimento. (w.f.)
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A
Catturata la trota da record
Luca Leonardi, presidente della S.A.T. Val Genova, al lago di Germenega
di mezzo, a quota 2000 metri, ha catturato una trota fario del peso di 2.600
grammi e della lunghezza di 62 centimetri. Era tempo che alcuni pescatori
segnalavano la presenza del grosso pesce senza mai riuscire a catturarlo, tanto da farlo diventare una leggenda, tra chi lo avvistava e chi provava a catturalo.
Alla fine il bell’esemplare di trota fario, un maschio dall’età stimata di
oltre dieci anni, ha abboccato alla lenza di Leonardi a cui era appeso un
pesciolino morto, il bravo pescatore, con un impegnativo lavoro di bacchetta
e mulinello, dopo 20 minuti di “lotta” è riuscito a spuntarla sul pesce. «È
stata una grande soddisfazione, commenta Luca», un piacere condiviso con i
figli Michele e Gabriele, ritratti col “trofeo”.
Significativa l’annotazione sul libro al rifugio San Giuliano: «Bella soddisfazione per il pescatore, bella liberazione per le trote» visto che nei laghetti
alpini è piuttosto frequente che i pesci grossi facciano strage di quelli piccoli.
(w.f.)
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A
L’ambasciatore del Kirghizistan
al Museo della Malga
Asylbek Aidaraliev, ambasciatore della Repubblica del Kirghizistan
(Paese promotore dell’Anno Internazionale delle Montagne 2002), nel corso
della sua permanenza in Val Rendena in occasione del 31 Premio Internazionale di Solidarietà Alpina, svoltosi a Pinzolo il 28 settembre 2002, ha visitato
il museo della Malga a Caderzone.
Accompagnato dal sindaco Maurizio Polla, dall’onorevole Luigi Olivieri,
da Giuseppe Serao e da Armando Poli (presidente del Corpo Nazionale Soccorso Alpino), l’ambasciatore straordinario e plenipotenziario di questa repubblica ex-sovietica ha apprezzato i molti oggetti della civiltà alpina custoditi al museo, riconoscendone alcuni ancora in uso nel suo Paese. Con attenzione ed interesse l’illustre ospite ha passato in rassegna tutti gli oggetti
puntualizzando che nel suo Paese non viene ricavato il formaggio dal latte di
cavalla anziché quello di vacca. (w.f.)
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Le pagine del
D
ialetto
Bepino
Te sei nà, Bepino,
te sei nà
na sera de settembre
‘n tan che ‘i sol
el calava zo drito ai monti
soto ‘n ciel azzurro
‘nmez a n’aria frizantina
e al vert de la to val.
O’ zercà de dirte
Ma le parole no m’è vegnù
Te m’ai vardà seren
Come t’ò sempre cognosù.
No me rassegnavo
Che le strade le finis,
e ò zercà ‘n quei bei
passadi lì a Diaga
i momenti pù felizi
per no tegnirme
quel’anima angosiada
ma, … t’ò rivist seren
che te amiravi i monti
con quel soriso dolz
portà ‘n tanti incontri.
En quel silenzio
Te m’ai dit pian pian:
«la vita ‘nfondo
la è tuta così così
ma ancoi, per mi,
te assicuro l’è ‘nbel dì».
Entant elsol calava
E la not veniva lenta
Con quei bei ragi ormai ‘nrossadi
Se ‘mpizà tut el Brenta.
L’amico Sergio Demagri da Cles
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La poesia
di Aldo Salvadei
Aldo Salvadei
56
Le voci al
F
emminile
La ricetta della nonna
Amaro contro l’emicrania estiva.
Un tempo le donne andavano nei campi dalla mattina alla sera, dalla
primavera all’autunno. Forse a causa del cambiamento di stagione o delle
molte ore passate sotto il sole cocente, diverse donne soffrivano di violenti
mal di testa.
A quei tempi, naturalmente, non avevano cachet specifici, né altre medicine, si curavano con le erbe che avevano a portata di mano. Un’erba speciale, in questi casi, era il “médac” o erba medica: facevano bollire una tazza di
acqua con un “pìzac di médac” e poi la bevevano così amara senza zucchero.
Per l’emicrania
c’era anche un rimedio che consisteva in
una piccola cura preventiva: un amaro a
base di erba medica,
radice di genziana e
vino bianco; si beveva
per sette giorni un
bicchierino la mattina
quando cominciava
l’estate.
Questo amaro è
ottimo anche come digestivo dopo i pasti.
A fianco la ricetta autentica.
a cura di Elisa Polla
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Dott.sa Maria, figlia di Carlotta Sartori in un quadro fatto da Alberto nell’anno 1977.
58
N
La pagina dei
B
ambini
Egregio Signor Sindaco di Caderzone,
noi bambini della scuola elementare di Caderzone desideriamo ringraziarvi per averci offerto i viaggi in pullman che ci hanno portato in tanti posti
interessanti.
La prima gita si è svolta l’anno scorso, il 19 novembre: siamo stati al
villaggio palafitticolo di Molina di Ledro e abbiamo scoperto molte cose interessanti. Abbiamo visto come gli uomini della preistoria costruivano le
palafitte e come utilizzavano determinati alberi.
Poi, tornati al museo, abbiamo parlato con un archeologo di come vivevano gli uomini primitivi; ci siamo seduti in cerchio ed abbiamo costruito dei
59
B
vasetti d’argilla, li abbiamo colorati con tinture naturali e li abbiamo fatti
asciugare.
Ma la cosa più divertente è stato il gioco!
Ci siamo divisi in gruppi “preistorici”: i contadini, gli artigiani, gli
allevatori, i fabbri… e ci siamo sparpagliati nel museo per cercare le cose che
ci riguardavano. Che bella giornata che abbiamo trascorso.
La seconda gita si è svolta in primavera, il 17 maggio, e anche stavolta è
stata una giornata bellissima riguardo al tempo. In pullman abbiamo fatto un
agita bellissima venerdì 17 maggio.
Il pullman che ci avete offerto ci ha portato dapprima sull’altopiano del
Renon, dove abbiamo visitato il museo delle api.
Abbiamo imparato molte “cose antiche” e soprattutto come è fatta l’ape,
quali sono i suoi ambienti naturali, come si nutre e come si riproduce… e
tutto questo senza essere punti dalle api!
E che buono che era il miele!
Infine abbiamo visitato il museo che un tempo era la casa di due signore,
Filomena e Amalia.
60
B
…Nel pomeriggio, dopo un gustoso pranzo al sacco, il pullman ci ha
“portato” nel passato, a trascorrere una splendida giornata da castellani a
Castel Roncolo. Appena siamo arrivati ci ha accolto Minne, la signora saggia,
che ci ha fatto conoscere Lecco il musico, Fran il calzolaio, Marcus il soldato e
il nobile signore del castello.
Infine Minne ci ha fatto visitare tutte le stanze del castello e ci ha narrato
tante storie, un po’ vere e un po’ leggendarie; è stato un bellissimo viaggio
nel Medioevo!
61
B
L’ultima uscita dell’anno ci ha
portato a Cimego
sul sentiero etnografico di Rio Caino, alla scoperta
delle piante, degli
animali e soprattutto degli antichi
mestieri.
Purtroppo ha
piovuto tutto il
giorno, perciò siamo riusciti a percorrere solo una parte del sentiero: abbiamo visitato le fucine, dove alcuni di noi hanno provato a fare i “fabbri” e dove ci sono stati
regalati degli oggetti in ferro; poi siamo saliti fino al mulino e lì ci hanno
offerto delle squisite brioches appena impastate e sfornate: …mhm che bontà!
Dopo un “umido” pranzo, il pullman ci ha portato a Daone, al centro
visitatori, dove abbiamo imparato tante cose in più sulle piante, gli animali, i
colori e i suoni del Parco.
Grazie anche per il corso di Golf!
Ancora grazie mille!!
Un grazie anche dalle insegnanti
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Storie e leggende d’altri tempi
B
Mai pü castögni ai asagn!
Ai Cadarciùn, tanc agn fa, gh’e capitada cì.
Cul an lì al fin al scarsagiava e alura i Cadarciùn, strolaga e ristrolaga, i à
dicidü: li vachi li fava ‘l lat, li cavri anca,i cunic i ghiva sempre da far, l’ünic
chi pudiva sta senza magnar l’era l’asan: già poc al magnava d’istà, par di pü
d’invern nul fava nienti… Ma cul an lì s’iva fat castögni “anca par i purcéi”, si
üsava dir, cioè tanti fò di misüra. A ün gh’e vignü n’idea balzana, ma nul
vuliva far da par el cul ca l’iva pinsà, l’era mei séntar si anca vargügn aftri i la
pinsava cume el.
Cula sira lì gh’era l’asemblea dal casél, l’ucasiun giüsta: “Cu disif vüaftri
da guarnar i asagn cu li castögni, già ca li è tanti stan e stan chi vegn a ‘n
vignarà amù afrutanti..”
A tuc g’a saöst na bona idea: e giü castögni ai asagn…
Cul istà lì, dre ali vii gh’era ‘n concerto di strani rumur, cumpagnà da
strani udur… Vegn l’aftun, e sali pianti gna na castögna e ci anca l’an dop.
I cadarciùn, ca tüc I ghiva n’asagn, I era travaié morc,nui siva pü cu
pinsar: li doni li à curöst in cesa dal prèvat a dumandarghi cu ca ‘l pudiva
èsar, e po rivadi a casa: “al prèvat l’à dit ca l’e ‘n castic dal Signor” “que?”
“sala fe’ santa e l’à dit ca büsögna far la nuèna i prum nöf dì di mac e i prüm
nöf dì di setembar.” Alura tüc in cesa a far la nuèna; invezi chi cantar li tani,
al prèvat l’invia sü: “Mai püüü castööögni ai aaasaagn – e ‘l coro dala gent maaai püüü … maaai püüü… maaai püüüüüü…” e a türnu ün par ün i ghiva
da ripetarlu par mez’ura tüti li siri.
Da alura a Cadarcùn e rastà ‘l deto: “Mai pü castogni ai asagn! Ca völ dir
nu farè mai pü cula roba lì; in cul casu chi l’era na roba grave:’l castic dal
Signür l’era parché è sta strüsià la roba da magnar dai cristian, e pü chi sacra,
cume trar via ‘l pan o la pulenta: pacà murtal!
Elisa Polla
Glossario:
purcéi = maiali
idea balzana = idea geniale
vargügn aftri = qualcun altro
casèl = caseificio
guarnar = governare, dar da mangiare agli animali
g’a saöst = è sembrata loro
travaié morc’ = molto preoccupati, disperati
sala fe’ santa = sulla fede santa, un giuramento
nuèna = novena
63
N
Nelle pagine della
S
toria
Il fustigatore dei tempi
San Girolamo dottore della Chiesa (347-420)
Il dottore insigne
Possiamo ben dire che le devozioni volute dalla Comunità caderzonese,
attraverso i secoli, rispecchiarono sempre – e fedelmente – le grandi predilezioni cristiane della Chiesa e della Curia di Trento.
Già parlando di San Biagio (principale patrono di Caderzone) s’era detto che la liturgia trentina aveva sempre riservato un posto d’onore a San Biagio
sin dai tempi del Vescovo Udalrico II (1022-1055).
Basti pensare che ad esserne investita per prima fu la cappella dell’antico palazzo vescovile di Trento, luogo che – come tutte le cappelle dei castelli
medioevali – costituiva la sede sia della religiosa che della civile autorità.
Così, narrando del compatrono di Caderzone – San Giuliano – ci fu modo
di notare come proprio in Trento, sulla parete d’un transetto della Cattedrale, nella seconda metà del Milletrecento, la delicata mano di Monte da Bologna aveva affrescato il soavissimo ciclo pittorico della leggenda del Santo.
Anche in un terzo saggio, sulla pietà dei Caderzoni per San Rocco, apparve evidente la venerazione universale della Chiesa per il grande
taumaturgo se – solo in Val Rendena – cinque altari e una ventina di capitelli
ancora sopravvivono dal Milleseicento. Per non dire di Sant’Antonio Abate,
l’eletto nelle preghiere e nelle raffigurazioni sacre dell’agreste culto locale.
Ebbene, volendo dedicare un capitolo ad un altro glorioso protettore
celeste, San Girolamo – titolare, oltre tutto, in Caderzone di un antico “beneficio” – possiamo particolarmente riferirci ad una vicenda devozionale del
64
San Girolamo
Disegno di Alfredo Amadei
65
S
Capitolo di Trento: vicenda che tra l’altro favorì la conoscenza del Dottore
insigne della Chiesa in tutte le nostre valli.
Sappiamo che la Curia di Trento (nel tesoro della sua Cattedrale) vantava – racchiuso in una cassettina d’argento – il piede destro di San Gerolamo,
reliquia preziosissima ereditata “ab immemorabili” dagli avi, a ricordo dei
percorsi dell’illustre pellegrino in cerca di conversione e di pace.Una reliquia
così singolare ed ambita che il Re di Spagna, Filippo II (1527-1598), dopo aver
fatto costruire il grandioso monastero dell’Escurial a quaranta chilometri da
Madrid, ed averlo affidato ai monaci dell’Ordine di San Gerolamo, non nascose il desiderio di avere, nell’auspicato tesoro del tempio dedicato a San
Lorenzo, pure quel prezioso cimelio. A tale scopo, nel tardo autunno del 1567,
incaricò il suo ambasciatore a Roma di presentare al cardinale trentino
Cristoforo Madruzzo (ormai residente a Tivoli) formale domanda per la cessione di quanto gli premeva.
Il cardinale Cristoforo premurosamente, in data 13 dicembre 1567, diresse al Principe vescovo di Trento, Ludovico Madruzzo, suo successore (ed
oltre tutto suo nipote) una pressante personale missiva con la preghiera di
esaudire, il più presto possibile, la pia richiesta del sovrano spagnolo.
Purtroppo si trattò d’un’istanza talmente inattesa ed inopportuna che il
Capitolo della Cattedrale tridentina (ponderata sia la sacra eredità che la diffusa devozione per essa) non esitò a non considerarla neppure.
Da Roma naturalmente, in data 27 febbraio 1568, partì una seconda lettera con la quale il cardinale Cristoforo, pur avendo lodi per l’attaccamento
del Capitolo all’impagabile urna, si rammaricò nel vedersi costretto a far inviare dal Papa Pio V (1566-1572) una seconda richiesta di donazione al re di
Spagna, se non di tutte, almeno di alcune parti delle venerate ossa. Meglio
era (ammoniva l’illustre Madruzzo) spedire a Filippo II metà del piede che
perderlo tutto. L’avvertimento suonava fin troppo esplicito.
Non rimase ai Canonici che cercar di guadagnare tempo. Risposero cioè
che avrebbero senz’altro ottemperato all’eventuale ingiunzione pontificia, ma
chiedevano di poter differire la cosa sia per esaminare meglio lo stato delle
sante ossa, sia per non recare offesa al popolo tridentino privandolo, così
all’improvviso, d’un tale bene concesso da Dio alla loro città.
E la reliquia non si mosse
Il cardinale Cristoforo Madruzzo, pur d’accordo con le ragioni esposte
dal Capitolo, inviò diplomaticamente l’elenco delle persone ch’egli autorizzava a decidere in merito all’esecuzione dell’indiscutibile comando.
Trascorsero così (mentre nelle valli il fervore per il Santo aumentava)
66
S
ben undici anni. Dopo di che – a lasciar passare dell’altro tempo – si diede
incarico al re di Spagna in persona d’appianare le contrarietà dell’arciduca
del Tirolo all’invio della reliquia, e soprattutto di lusingare il Capitolo dei
canonici con l’offerta alla cattedrale d’una provvisione annua di quattrocento ducati d’oro.
Ma se la ricca offerta non dispiacque al Capitolo che, il 22 aprile 1580,
diede il suo benestare, essa incontrò l’opposizione della città di Trento la quale,
indusse i Consoli a radunare il Consiglio generale dei cittadini e a scrivere
(l’11 gennaio 1584) al re Filippo II, al Papa Gregorio XIII, e al Principe vescovo Ludovico Madruzzo che non costringessero il Trentino a rinunciare ad un
tesoro così straordinario che “non Castelli, non Città, non Province, non Regni et Stati” avrebbero potuto compensare mai.
Fatto sta che – mentre il Papa Gregorio XIII (1572-1585) a Roma aveva
ben altro cui pensare (a cominciare dagli enormi collegi che in tutta la città
Colantonio: San Gerolamo e il leone. Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte.
67
S
San Girolamo. Caderzone, Chiesa parrocchiale.
faceva erigere per il perfezionamento del clero proveniente dalle varie nazioni d’Europa) – l’onoranda reliquia da Trento non si mosse.
Chi invece ne guadagnò fu il nome “Girolamo” tenuto nelle nostre valli
ancora più in onore, e soprattutto ancora più richiesto ai fonti battesimali.
Erano gli anni, oltre tutto, nei quali il culto di San Girolamo ferveva nella
cappella rendenese di Baldino, usata dai monaci come succursale di Campiglio
per diffondere la loro spiritualità.
Per non parlare della pietà che la Famiglia Bertelli di Caderzone riservava al Santo al punto da istituire presso la chiesa del paese (con la donazione
d’un altare e d’una rendita in denaro) un “Beneficio ecclesiastico” – il Beneficio di San Girolamo – in merito al quale due parole le possiamo dire.
Thomeo Bertelli di Preore (celebre uomo di legge e, per tre reggimenti,
dal 1522 al 1530, Vicario vescovile in Tione) era un ricco possidente che aveva dimore signorili e terre nelle Giudicarie, a Trento, a Mezzolombardo, e in
68
S
Val di Fiemme. Si comportò sempre – dall’alto delle sue cariche e delle sue
ricchezze – con molta integrità, e fu onorato (lo dissero le cronache) da tutti,
specialmente da Messer Giovanni Madruzzo, padre del Cardinale Cristoforo,
del quale era fraterno amico. Tra i suoi molti figliuoli uno v’era cui (per la
radicata devozione trentina) era stato dato il nome di Girolamo, e che divenne, nell’anno 1548, Capo Console della città di Trento.
Orbene fu tanto il lustro apportato alla famiglia Bertelli da quel Girolamo
che, nel nobile ramo dei Bertelli di Caderzone, quel nome prese a ripetersi.
Così il figlio unico di Matteo Bertelli (153?-1608) si chiamò Girolamo II. Un
figlio di Marc’Antonio Bertelli (1584-1660) si chiamò Girolamo III. Un figlio
di Girolamo III (1617-1692) si chiamò Giuseppe Lodovico Girolamo. Un figlio
di Francesco Felice (1666-1720) si chiamò Giuseppe Gerolamo Felice. E fu
proprio Giuseppe Gerolamo Felice (1714-1764) a dare al primo dei suoi figli
gli stessi tre nomi, Girolamo Giuseppe Felice (1741-1822).
Girolamo Giuseppe Felice – da ultimo – con un apposito testamento (13
maggio 1818) volle, prima di morire, confermare il rafforzamento del Beneficio di San Girolamo (istituito dall’avo Girolamo II dopo il contagio del 1630)
unificandolo con il Beneficio della Cappella di Sant’Antonio e rinvigorendone con altri lasciti la dotazione non tanto per adeguarla ai tempi quanto per
rimediare agli avvenuti illeciti prelievi di capitale.
L’invito di Papa Damaso
Nato a Stridone (città ormai scomparsa), tra la Dalmazia e la Pannonia,
nel 347 dopo Cristo, il grande Girolamo – figlio d’una facoltosa famiglia cristiana – aveva avuto nel tumultuoso periodo della sua adolescenza la rara
possibilità di compiere i suoi costosi studi a Roma, alla scuola del famoso
Elio Donato, non negandosi peraltro a quella vita libertina che (dopo la conversione) divenne il suo rimorso fino all’ultimo giorno.
Dall’Urbe, con un nome avviato alla rinomanza, e con un’anima nauseata di godimenti, Girolamo si portò in Gallia, a Treviri, alla corte o (se preferiamo) nel clima d’una delle città predilette dall’imperatore Valentiniano I
(321-375), dove avvertì la precarietà della sua formazione intellettuale.
Erano, oltre tutto, gli anni tristi e perversi dell’eretico Ario (280-336),
colui che non ammetteva in Gesù alcuna forma di divinità, e che lottava con
metodi anche cruenti per diffondere i suoi miraggi contro il Papa San Silvestro
(314-335) e contro il celebre Dottore della Chiesa Sant’Atanasio (295-373).
Morti nel dolore e nelle dilaganti vessazioni dell’Arianesimo i papi San
Marco (336), San Giulio (337-352), San Liberio (352-366), toccò al Papa Damaso
(366-384) – cui gli Ariani avevano opposto il loro antipapa Ursino – soffrire
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S
una nuova passione di Cristo. Papa Damaso ogni giorno si recava nelle Catacombe ad implorare l’intercessione dei martiri cristiani per l’unità della Chiesa.
A lui inoltre erano dovuti i restauri e gli abbellimenti di quei sepolcrali rifugi,
testimoni di tante persecuzioni.
A Papa Damaso successero (con le lacerazioni alle quali gli Ariani sottoponevano la Chiesa di Cristo) Papa Siricio (385-398) e Papa Anastasio (399401), colui che spese il suo breve pontificato a raccomandare la santità ai sacerdoti e ai religiosi affinché con il loro impegno e con il loro esempio salvassero il Cristianesimo.
Girolamo nel frattempo (370-373) – abbandonata con disgusto anche
Treviri – volendo riavvicinarsi alla primitiva fede, decise di prendere dimora
nella signorile marmorea Aquileia (non lontano quindi dalla sua Dalmazia)
dove però si convinse, per quanto ideale fosse la quiete, a cercare luoghi ancora più tranquilli per il bene della sua anima.
Scelse così di scendere ad Alessandria d’Egitto, là dove avevano – nelle
famose solitudini dei deserti – cercato la santità il grande vescovo Atanasio,
l’asceta per eccellenza San Paolo eremita, Sant’Ilarione di Gaza, per i quali le
estensioni disabitate intorno erano giardini e cenacoli di perfezione.
Anche là comunque, come nella visitata Antiochia (375), non mancavano le eresie e i lassismi di dottrine inquinate, simili a nostalgie pagane.
Girolamo allora si diresse al deserto siriano della Calcide per non dovere patteggiare più con le tentazioni e con i dubbi dottrinali.
E proprio nel deserto egli, che nel contempo s’era perfezionato nella lingua greca, diede inizio allo studio dell’ebraico che avrebbe improntato tutta
la sua vita. Anche a tale scopo lo vediamo trasferirsi di nuovo ad Antiochia, e
quindi a Costantinopoli (379-382) alla scuola di San Gregorio Nazianzeno.
Ormai Girolamo non faceva che leggere ed interpretare i testi sacri allo
scopo di tradurli – necessità pastorale – nella colta ed insieme popolare lingua latina di cui era artefice insuperabile.
Nessuno, prima di lui, s’era in tal modo applicato allo studio dell’antico
e del nuovo Testamento. La sua notorietà di conoscitore profondo della Bibbia giunse – grazie ai vescovi Epifanio di Cipro e Paolino d’Antiochia – fino a
Roma, tanto che il Papa, San Damaso, impegnato in un difficile Sinodo con le
chiese d’Oriente (382) invitò alla sua corte Girolamo, affidandogli una schiera di studiosi e di storici perché ne avesse il necessario aiuto nella versione di
tutti i libri biblici in lingua latina.
La furente lotta contro Helvidio
Naturalmente il cultore più tenace di quella che sarebbe divenuta la lin-
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S
gua ufficiale ed unica della Chiesa – “il latino” – rimase pur sempre il Papa
San Damaso, il quale con gran quantità di epigrafi da lui composte in onore
dei martiri cristiani, rendeva immortali le sepolture che, per sua volontà, venivano continuamente scoperte e restaurate in molte Catacombe. E se mite
ed elegiaco era il tenore poetico delle composizioni, eletta era sempre l’ispirazione, nonché l’elaborazione metrica, e soprattutto la bellezza intrinseca
dell’idioma virgiliano.
Da codesto “magismo” verbale era particolarmente preso Girolamo che
– una volta compiuta nel capoluogo romano la missione richiestagli dal pontefice – si sarebbe ritirato per sempre nella mistica terra di Betlemme con
l’incalcolabile tesoro della perfezionata lingua di Virgilio, di Terenzio, di Orazio, di Lucrezio,
San Gerolamo nello studio, di Antonello da Messina di Cicerone, di Londra, National Gallery.
Livio, di Svetonio.
Inutilmente,
infatti, Girolamo
continuava a giurare al Signore di
voler abbandonare i libri pagani.
La verità era
ch’egli, mentre insegnava ai suoi
discepoli a detestare i codici della letteratura latina, li animava ad
imitarne la bellezza formale ed artistica.
Ecco perché
di una tale trascendente luce risplendono ancora
le nitide versioni
dell’Antico Testamento da lui compiute sotto l’invito pressante e il
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S
quotidiano esempio di Papa San Damaso.
Proprio con questo linguistico entusiasmo, anzi, egli attenderà (una volta rifugiatosi nel deserto della Calcide) alle narrazioni biografiche di San Paolo eremita, di San Malco, di Sant’Ilarione, per le quali si autocondannò a
privazioni e a penitenze tali grazie alle quali tornò a sperare nella salvezza
eterna.
Ma – per tornare a Roma nei tre anni del suo soggiorno nell’Urbe (382385) – diciamo che l’opera di San Girolamo ebbe dell’incredibile. Costantemente a fianco dell’indomabile Papa Damaso, egli sostenne pure (convinto
dei sublimi ruoli delle donne nella vita della Chiesa) la fondazione a Roma,
sul colle Aventino, d’un monastero di dame e di vergini dell’aristocrazia romana, giocandosi addirittura la reputazione poiché non era cosa degna d’un
“uomo di Dio” l’interessarsi di questi ordini femminili sino a provvederli di
direzione spirituale, e di autonoma economia.
Viveva e dettava legge a quel tempo a Roma uno dei più loschi figuri
capaci di minare la fede e la morale dei fedeli. Si chiamava Helvidio, ed era il
nemico più accanito della vita monastica femminile. Ebbene egli incominciò
col gettare discredito sul monastero dell’Aventino. In un lungo scritto poi
gettò fango sulla virtù delle donne, e di chi si adoperava per loro.
Naturalmente, dopo lunga e sofferta esitazione, Girolamo lanciò contro
di lui la più violenta e feroce epistola che mai compose, rivelando una verbosità
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S
demolitrice e riprovevole in un santo.
Evidentemente ciò che al Papa San Damaso non avevano mai detto di
Girolamo, ch’egli aveva caro come consigliere e come segretario, fu il suo
carattere paurosamente iracondo ed intrattabile che in breve tempo gli aveva
procurato in Roma una marea di nemici. Cosa peraltro che Girolamo sapeva
quando, rivelandosi al Cielo diceva: - Pietà di me, Signore, perché tu lo sai:
dalmata sono! – E aveva le lacrime agli occhi, riconoscendo il suo carattere
impetuoso e barbarico.
Nei luoghi della Natività
Anche per tutto questo, dopo aver assolti i non indifferenti compiti di
riordino e di traduzione dei libri canonici affidatigli, egli con i suoi fedeli
collaboratori se n’era andato a Betlemme prendendo dimora in una grotta e
dando l’avvìo, con l’aiuto dei suoi seguaci e delle sue discepole, alla costruzione di tre enormi conventi: uno per i religiosi del suo ordine dediti allo
studio delle divine scritture; il secondo per le sante vergini che provvedevano alle necessità quotidiane di quella innovativa realtà monastica; e il terzo
per i numerosi amici e dotti personaggi che a Betlemme giungevano in continuazione. Nelle quali tre istituzioni (in quei dolorosi tempi di lotte teologiche
e di eresie) fioriva tenera e profonda la primavera della parola di Dio. E con
essa l’irrassegnata implacabile diatriba di Girolamo contro gli avversari continui. «Imparino – diceva – Celso, Porfirio, Giuliano, questi rabbiosi cani e i
loro proseliti, e i loro favoreggiatori, i quali contestano non avere mai avuto
la nostra Chiesa né filosofi, né scrittori, né maestri, imparino – ripeto – quanti
e quali valentuomini l’hanno fondata, innalzata, adornata, e cessino d’accusare di rozza semplicità la nostra fede, ma riconoscano piuttosto la loro vergognosa ignoranza».
E lo poteva ben dire il Santo, senza presunzione alcuna, egli che andava
sublimando la Chiesa con opere somme, e mai superate, a cominciare dall’inimitabile traduzione dell’Antico Testamento all’armoniosa versione dei
Salmi e dell’Ecclesiaste, alle esegesi dei Profeti maggiori e minori, alle Vite di
Paolo, di Malco, di Ilarione, alle Lettere (alcune delle quali veri testi dottrinali)
come, ad esempio, l’Epistola contro il presule Giovanni di Gerusalemme che
non vedeva di buon occhio i monasteri di Betlemme; o come il “Trattato contro Elvidio”, il predicatore ariano che negava la verginità di Maria; o come
l’Epistola contro Vigilanzio che, recatosi da convertito a Betlemme per conoscere le austere regole di vita dei monaci di San Girolamo, e non vedendosi
per nulla né considerato né onorato, se ne andò diffamando con atroci calunnie la vita monacale di Betlemme; o come l’Apologia contro gli errori dottrinali
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S
di Pelagio, il monaco inglese che aveva cercato di negare la verità del peccato
originale. Lo scritto di Girolamo non solo aveva demolito le congetture di
Pelagio, ma aveva indotto la grande mente di Sant’Agostino a riunire a
Cartagine nell’anno 418 un importante Concilio che condannasse pesantemente l’ammasso di errori nei quali Pelagio era sprofondato.
E poi v’erano le lettere personali, nelle quali narrava le desolazioni e le
tenebre d’una vita che gli fuggiva, consumata in una lotta incessante per Cristo, lotta che invece di placarsi giorno dopo giorno si moltiplicava. Contatti
ch’egli continuava a mantenere con i massimi esponenti della vita religiosa
ed ascetica dell’Oriente e dell’Occidente; missive splendide che vivamente
ancor oggi ci fanno partecipi delle sue deliranti notti in preghiera, delle sue
incomprese sofferenze, delle sue lancinanti polemiche per la Chiesa, e anche
delle sue fatiche per la bellezza della lingua, che egli voleva simile a quella
usata dal grande Plinio, o dall’impareggiabile Cicerone. Da quelle lettere sappiamo inoltre gli episodi e i calvari che il Cristianesimo doveva subire a causa delle persecuzioni bestiali inflitte dovunque dalle orde barbariche del tempo: dagli Unni in particolare, ma anche dai Goti, dai Visigoti, e dai Vandali
un po’ dappertutto.
Il tormentato pellegrinaggio terreno
«Non che fra tante angosce e discussioni – scrisse la grande medievalista
Régine Pernoud – Girolamo non trovasse quotidiane consolazioni in mezzo
ai suoi monaci e alle sue devote discepole.
Questo austero asceta, questo dottore intransigente che (stando ai suoi
scritti) si era portati ad immaginare perennemente inquieto e adirato, in realtà con le persone vicine aveva un animo profondamente sensibile ed incline
alla dolcezza familiare. Dava il meglio di sé nelle lettere a Pammachio e a
Paolino da Nola, per non parlare delle direzioni spirituali alle sue adepte di
sempre: Marcella, Eustochio, e Paola. Identica cosa poteva dirsi degli scritti a
quella Fabiola che dopo una vita piuttosto frivola – due volte sposata e divorziata – si era completamente convertita e, dopo un pellegrinaggio in Terra
Santa aveva fondato ad Ostia un ospizio per i poveri e per i pellegrini».
Tutta questa sensibilità poi si affinò ed esplose quando le amicizie presero ad essergli strappate dalla morte. Tanto fu lunga la vecchiaia di Girolamo
quanto fu costellata di molti lutti. Prima Paola che morì nel 404, dopo una
lunga malattia. Poi Marcella nel 411. Infine la stessa Eustochio sul finire del
418. Girolamo le sarebbe sopravvissuto solo un anno.
«L’addormentarsi repentino della santa e venerabile vergine Eustochio
– confessava in una delle sue ultime lettere - ci ha accasciati completamente
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San Gerolamo in penitenza. Di Antonello da Messina - Reggio Calabria, Museo Nazionale.
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ed ha quasi cambiato il nostro modo di vivere. La vivacità di spirito e le forze
fisiche mi hanno totalmente abbandonato». La supremazia dello scrittore
emergeva ancor più quand’egli raccontava la vita dei monaci penitenti, o
addirittura la sua drammatica esistenza nel deserto della Calcide quando,
dopo una giovinezza dissipata a Roma, sapendo d’avere meritato l’inferno,
si era autorelagato a vivere in una caverna con manguste, con pipistrelli, con
scorpioni, con ragni, in un mondo di privazioni crudeli e di lotte interiori
contro ogni tentazione. Ciò che mai si verificò invece nel suo tormentato pellegrinaggio terreno fu il raggiungimento di quella silenziosa quiete dalla quale
tanti vantaggi di studio e di santità si aspettava. Anzi – rifugiandosi
quarantenne e al colmo della notorietà a Betlemme – proprio là dove sperava
di venire dimenticato da tutti, giunsero più accaniti i latrati dei suoi nemici
che lo costrinsero a conflitti verbali d’una durezza priva d’ogni esemplare
carità. Alle incomprensioni e agli insulti contro un lottatore temuto, quale
Girolamo era, i nemici giurati aggiungevano laide menzogne e insinuazioni
vergognose sulle sue molte amicizie e sui suoi insegnamenti. Fu messa in
dubbio perfino la sua eccezionale scienza e il suo modo di vivere la religione
attraverso continui scritti dalla meravigliosa lingua latina sì, ma dall’iracondia assai poco cristiana e edificante.
Più gli anni passavano, oltre tutto, e più il suo fervore critico aumentava
nella lotta senza pietà contro Ario, contro Pelagio, e contro non poche affermazioni azzardate di quel grande genio speculativo che fu Origene, un tempo ammirato da Girolamo e tenuto per sua guida infallibile, ma poi con parole inesorabili considerato un sottile e pericoloso eretico.
Il fustigatore dei tempi
Di fronte a un’epoca così abbandonata alle dottrine permissive e alle
denigrazioni pagane il voler ricondurre a una giusta valutazione l’uomo indecifrabile, selvatico, primitivo della pala d’altare caderzonese non dev’essere mai stato facile neppure per il più affascinante dei predicatori.
La via percorsa da Girolamo di Stridone – che usò di preferenza i flagelli
della verità anziché gli adescamenti della carità – fu una via difficile. Non
sempre compresa. Non sempre accettabile. Una continua odissea del peccatore nell’incessante suo ritorno a Dio. Cammino ch’egli percorse per giungere alla salvezza eterna anche materialmente – anche geograficamente – una
vita intera.
Era ancora adolescente (ed allevato nell’etica cristiana) allorché, fornito
di danaro e di doti intellettuali non comuni, s’era lasciato andare a Roma –
dove studiava – alle dissolute mollezze cittadine.
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Passato quindi in Gallia, a Treviri (capitale culturale, a quel tempo, di
tutte le Gallie), a fatica contrastò – quando le contrastò – le attrazioni della
corte di Valentiniano I con lo studio delle opere del grande educatore Ilario
di Poitieres.
Riaccostatosi qualche anno dopo alla famiglia (370-374), si stabilì nella
quieta Aquileia – ancora splendida d’acque e di marmi – dove, frequentando
eletti cenacoli, era riuscito a ravvedersi dalle tristi ed umilianti esperienze
giovanili.
Volle allora (portandosi ad Antiochia e vivendo in solitudine) prepararsi ad essere accolto a Costantinopoli alla severa scuola di San Gregorio
Nazianzeno (329-390), maestro innamorato della parola di Dio.
Fu certamente allora che Girolamo divenne lo studioso per eccellenza
delle sacre Scritture, fino a riempire del suo nome il Medio Oriente e a sentirsi chiamato a Roma per dare a Papa Damaso l’aiuto necessario ad infondere
nella traduzione latina dell’Antico Testamento quell’incanto linguistico – non
più eguagliato – che costituì uno dei prodigi della cultura medioevale.
Eppure le raffinatezze letterarie e le capacità esegetiche di questo dittatore della conoscenza biblica scatenarono contro di lui tutta l’invidia, la gelosia, e la contestazione verso un uomo troppo dotto e troppo sicuro di sé, nonché verso quell’implacabile fustigatore dei tempi ch’egli era.
Indispettito e furente egli abbandonò Roma, cloaca ormai di decadenza
morale e di barbarica condiscendenza, e dopo una lunga fuga attraverso l’Egitto e la Siria si ridusse alle grotte e ai silenzi di Betlemme, dove due ricche
discepole (Paola ed Eustochio), che tutto avevano abbandonato per santificarsi, misero a sua disposizione un’ingente somma di danaro per la costruzione di tre complessi conventuali (come già si è detto), dal primo dei quali
Girolamo mai più si mosse, portando a termine in se stesso quel poderoso
cammino verso “il Castello Interiore” di cui Santa Teresa d’Avila (1515-1582),
oltre mille anni dopo, avrebbe così sapientemente parlato.
Purtroppo – alla morte dell’eroico santo – molti ebbero a dire sulla sua
irosa religiosità, molti sulla sua ortodossia nelle esegesi, molti sugli scritti
accusatori contro chi ardiva contestare la sua competenza biblica, molti sulla
sua poco edificante acrimonia nelle polemiche, molti sul suo linguaggio avventato contro il grande Origene, contro il contestatore Rufino, contro l’imprudente Vigilianzo, e persino nei riguardi di Giovanni Crisostomo, il vescovo di Costantinopoli. Ma una cosa risplendette in lui commovente fino all’ultimo giorno: l’intensa quotidiana penitenza per i propri peccati invocando
angosciosamente la misericordia di Dio, tanto che ancor oggi è riconosciuto
in tutto il mondo come il patrono dei veri penitenti.
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S
I momenti di letizia e di conforto
Giunse alla fine, a mettere pace per sempre al travaglio d’una esistenza
così martoriata, il dono divino della buona morte. San Girolamo,
ultrasettantenne ormai, consumato da una vita di rinunce, di digiuni, e di
penitenze, ma più da una trepidazione d’amore per la fede e per la perfezione dei suoi discepoli e delle sue discepole, chiuse gli occhi in pace con tutti,
lasciando per tutti – per la santa madre Chiesa e per l’ultimo dei derelitti – un
patrimonio di verità e di cerSan Gerolamo.
tezze celesti. Dando anzi
Pinzolo, pala dell’omonima chiesetta a Baldino.
l’addio a Betlemme per raggiungere l’eternità – era il 30
settembre dell’anno 420 – richiamava alla mente di tutti
le parole stupende con le
quali aveva raccontato a San
Paolino da Nola com’era stata dolce, nonostante il quotidiano sacrificio, la terrestre
permanenza in un luogo così
privilegiato come il paese
natale di Gesù.
«Qui abbiamo un cibo
sano e modesto: pane e latte,
legumi che noi stessi coltiviamo, e tutti i frutti della campagna. Così il sonno non ci
coglie durante la preghiera,
e la sazietà non disturba i
nostri lavori. In estate gli alberi ci coprono con la loro
ombra, in autunno l’aria è
fresca e le foglie morte ci procurano un morbido materiale per il riposo. In
primavera il terreno si copre di fiori, e fra i canti degli uccelletti noi cantiamo
ancora soavemente. Quando poi il freddo e la neve giungono d’inverno, non
manchiamo di carbone; sia che si dorma, sia che si stia svegli, abbiamo caldo
a sufficienza. I Romani cerchino pure di accontentare le folle turbolente; le
arene continuino ad essere cruente e i circhi tumultuosi, e il senato delle dame
allestisca pure i suoi salotti. Quanto a noi, la nostra felicità è aderire al Signore e mettere in lui la nostra speranza».
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E realmente, fra tante lotte e sofferenze, San Girolamo trovava i suoi
grandi momenti di letizia e di conforto in mezzo ai suoi discepoli.
Questo cenobita così introverso e severo, questo studioso così chiuso ed
accorto nei suoi pensieri estremi, aveva nella quotidianità dei suoi incontri
un animo profondamente confidenziale e giovialmente aperto all’amicizia.
Non per nulla dava il meglio del suo cuore quando doveva dirigere e sublimare un’anima. Le visite a lui di Marcella, di Paola, di Eustochio, di Fabiola
lo rallegravano come fossero sue figliolette; ed esse lo intrattenevano quasi
fosse il loro padre al quale non si potevano nascondere i giovanili pensieri.
Fu così – ancor prima d’essere proclamato santo – il patrono degli ordini
religiosi, dei giovani in cerca di una loro strada, delle scuole di studi biblici,
nonché il protettore più invocato contro le perfide calunnie della malvagità
umana, di cui Girolamo – finché visse – conobbe l’olocausto.
In molte parti d’Europa, sapendo gli angosciosi patimenti del Santo per
la traviata vita giovanile, si continua a adoperarlo come patrocinatore della
buona morte. Pochi invece – in questo preoccupante tempo di lassismo
dottrinale nel quale innumerevoli cristiani modellano la religione sulla loro
comoda fede – troppo pochi sanno che San Girolamo (con Sant’Ambrogio,
con Sant’Agostino, e con San Gregorio Magno) è uno dei quattro sommi Dottori e Difensori della Fede per quanti pregano Dio di averla e farla aumentare.
Ed ora, a serena conclusione di questa nota biografica, possiamo ritornare alla sorte della reliquia di San Girolamo posseduta dalla cattedrale di Trento.
Come s’è detto, dopo la lettera dell’11 gennaio 1584 al Papa Gregorio
XIII, con la quale i Consoli della città dichiararono di non voler per nessuna
ragione privar la Chiesa di Trento del prezioso privilegio concessole dal Signore Iddio, la vicenda sembrava, se non chiusa, quantomeno rimandata a
giorni migliori. Tutte le indagini tra l’altro, relative a quegli anni (sia negli
Archivi consolari che in quelli capitolari della città) non riservavano novità
di sorta.
Fu soltanto molto più tardi – oltre cento anni dopo (come si rileva da un
verbale d’inventario del 1676) che gli addetti al controllo patrimoniale del
Principato vescovile s’accorsero che la reliquia del piede destro di San
Girolamo mancava del dito piccolo (come da annotazione d’uno degli incaricati al controllo), dito piccolo donato a una Serenissima Infanta già Regina di
Spagna con tale riservata discrezione da evitare – perfino nella scabra data:
1676! – ogni possibilità di compromettente indizio.
Tranquillo Giustina
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Anni 50...
Aldo Dallagiacoma, Felice Mosca, Anselmo Salvadei
Bocca di Brenta - Val Gelada.
Rifugio San Giuliano.
Processione.
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I
L
ettori scrivono
La Tosca
A ricordo di una cara vicina di casa
La chiamavan la Postina,
era simpatica e carina,
era fine e intelligente,
ha aiutato molta gente.
Quanti anni son passati,
quante cose son cambiate
da quel giorno che mi sono sposata
e che a Caderzone sono arrivata!
Lei si affacciò alla finestra e mi disse:
«che questa festa non sia mai finita,
tanti auguri per tutta la vita».
Tutte le volte che la incontravo
queste parole in cor mio rammentavo.
Se suonavi alla sua porta,
non restavi senza risposta!
Se le chiedevi un piacere
lo faceva volentieri.
Quante volte mi offriva
il caffè in sua compagnia.
Guardo il suo angolo fiorito,
guardo la sua porta
mi prende un tonfo al cuore
non apre più la Tosca.
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Con nostalgia e affetto
Margherita Bonomi in Mosca
L
Queste due poesie sono state scritte da
Roberta, nostra ospite a Caderzone assieme al
marito ed a Sara, la loro bimba.
Ad ispirarla è stata la “nostra” montagna in località Martin da Fist, ma soprattutto
la semplicità e la disponibilità di un montanaro come Alfonso.
Marilena
Piccoli Mondi
Montagna di nero e bianco granito
dura pietra levigata,
dall’acqua, dal vento, dal tempo…
Eppure niente sembra ti possa scalfire!
Invecchiare insegna
a farsi la vita scivolar addosso…
Eppure i nostri visi parlano,
attraverso quei solchi disegnati dal tempo!
Sassi modellati diventano
e nella nostra unicità
il somigliarci crea “famiglia” di estranei:
piccoli mondi da scoprire…
(R.S.)
82
Trieste 1 agosto 2002
L
Val Rendena
La mia voce ha trovato eco in una verde valle
tra i monti di bianco e nero granito.
Ogni voce che parla al cuore
può viaggiare all’infinito,
né barriere né confini
fermeranno mai il suo cammino…
La mia voce ha avuto risposta da una verde valle,
eco che ritorna da lontano,
consolazione del cuore:
Val Rendena.
(R.S.)
83
Trieste, 24 agosto 2002
L
Sul Monte
Il silenzio riempie la notte,
e sferza implacabile l’anima,
e tu solo l’ascolti indifeso.
Poi, quando trionfa la luna,
la coltre di neve si accende,
galoppa brillando sui dossi.
Le creste son alte corone,
di stelle vive un istante,
e subito spente, sono giochi,
da opprimere l’anima intera
dolci nella sera illuminati,
dolci alla mente stanca,
cui sorride solitaria l’attesa.
Dante Bettoni
23 febbraio 2002
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L
Alla redazione del Garzonè
Evitando di cadere nella retorica di adulazioni e complimenti scontati,
vi scrivo per esprimere alcune mie sensazioni e per lanciare una proposta.
Mi chiamo Italo, sono un insegnante, ormai in pensione, del Conservatorio e della Civica Scuola di Musica di Milano e da trentacinque anni ho il
“vizio” di trascorrere le vacanze in Val Rendena; dapprima a Darè, poi a
Vigo, in seguito a Pelugo ed infine la mia risalita della valle si è conclusa a
Caderzone. Qui, più che altrove, ho trovato un’accoglienza che è andata oltre
gli obblighi turistici e ho avuto la possibilità di incontrare delle persone valide, di cui stimo ed apprezzo l’amicizia: tra queste il caro Alfredo Amadei, e il
maestro Tranquillo Giustina, di cui ho avuta la fortuna di leggere le mirabili
opere storiche sulla valle.
Che cosa mi spinga ogni anno a tornare, è inutile che proprio a voi lo
ribadisca: l’aria, i pini, il Sarca etc. etc.: ma c’è un aspetto particolare che la
mia professione di organista mi suggerisce di evidenziare, ed è la presenza
nella valle di piccoli gioielli talora dimenticati: gli organi delle vostre splendide chiesette.
Spesso ho trascorso parte dei miei pomeriggi suonando l’organo di
Pelugo, Strembo, Caderzone, Giustino,
Campiglio e vorrei “sdebitarmi” di ciò
che ho trovato in questa splendida valle, mettendo a disposizione della comunità la mia esperienza di esecutore per
eventuali serate concerto da organizzare durante la stagione estiva.
Spero non consideriate questa mia
proposta un peccato di superbia, la
musica è quel linguaggio universale
che tutti unisce e da tutti è apprezzata,
e questo è l’unico linguaggio che conosco per esprimere il mio ringraziamento.
Cordialmente e sperando di sentirci presto.
Italo Mattavelli
85
L
Sedan (Francia), 20 maggio 2002
Responsabile Direzione Garzonè
Di tutto cuore auguro che questa mia trovi Tutti Voi in ottima salute e
sempre di bene in meglio, circa un mese fa passando per il vostro ufficio vi
lasciai degli scritti, storie dei nostri cari anziani e gente del paese, in più avevo scritto un po’ di me, della Legione Straniera e di Caderzone, stavo terminando di scriverli quando ricevetti l’ultimo Garzonè e c’era il racconto di
Sauda Sartori Olga, che parlava della gentile maestra e sotto c’è scritto se
qualcuno conosce può scriverla al Garzonè, così io continuai sul mio quaderno e scrissi per il dottor Aldo Salvadei, la Sartori Tosca e altri.
Gli dissi che il mese di giugno venivo a prendere il mio scritto che ho
promesso al professor Francescotti che ha già scritto due volte su Adige 19/
12/79 le mie avventure, sono sempre in corrispondenza e così ho voluto scrivere il meglio possibile dopo sarà Lui a decidere, così in questi giorni è partito mio cugino Mosca Mansueto che abita qua e a Bocenago e passava da Voi
per avere il mio scritto e ve ne ringrazio infinitamente.
Vi lascio con la mia penna ma non col cuore, a Voi tutti ogni bene, i miei
più rispettosi saluti.
Umberto Mosca
86
L
Monzambano, 16 maggio 2002
Alla spettabile Redazione del Garzoné
Anzitutto grazie del Garzonè che mi avete gentilmente spedito e che ho
letto integralmente. Poiché ammiro ciò che fanno e dicono il signor Alfredo
(che ho rivisto con piacere nella fotografia della pag. 84) e il Maestro Giustina,
ritengo opportuno sottolineare con due righe la bellezza e la bontà del loro
lavoro. A voi la decisione di pubblicarle o meno. Complimenti al Sindaco e ai
suoi collaboratori per le iniziative di cui scrive il vostro periodico, prima tra
tutte quella impegnativa delle Terme.
La vostra Comunità desta ammirazione, sotto molti aspetti.
«San Rocco, ricoperto di stracci, macilento,
miserabile, così come lo ravvisiamo nella storia che
ci narra Tranquillo Giustina (Garzonè n. 21) è
diverso da quello disegnato da Alfredo Amadei.
Rocco del grafico, ordinato nei capelli,
nella barba, nella veste, è ancora bello e giovane. Ma gli occhi rivolti al cielo, la mano sul
cuore, i sandali appesi al lungo bastone, l’aureola, parlano chiaro. Rocco è concentrato sul
richiamo dell’amore, pronto a fare “il vagabondo di Dio”. Visto così, sappiamo già che
San Rocco - Disegno di Alfredo Amadei
la sua vita sarà tutta dedizione. Vale la pena
allora leggere le pagine successive per rendersi conto del bene che può fare
un uomo, quando è santo. I drammi e le tragedie che Rocco incontra sul suo
cammino, narrate a meraviglia dal Maestro Giustina, ti fanno venire la pelle
d’oca.
“Al limite dell’eroismo e della follia”, poiché infuriano le guerre e la
peste, la giovane esistenza di Rocco finisce nella prosternazione, nell’annullamento ascetico della propria persona. Una serie di patimenti cui la fede
conferisce luce copiosa, conforto e beatitudine. La devozione al Santo, conclude Giustina, ci preservi dalle immorali trasgressive pesti del nostro tempo.
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All’ottimo Alfredo e allo Scrittore vostro concittadino va la nostra riconoscenza per l’attenzione che essi dedicano ai Giganti della carità.
La gioia di beneficare portata fino all’estasi, fa di un uomo un miracolo vivente.
Grazie, pure, alla Chiesa cattolica, che, attraverso i santi, ci ricorda a quali grandi
altezze può arrivare su questa terra.»
Buon lavoro e buona fortuna a tutto il Paese.
Con stima
Bruno Walter Camatti
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Quest’estate, grazie alla collaborazione del Comune e della Pro Loco di
Caderzone, ho potuto allestire una mostra di oggettistica che ha riscontrato
grande successo.
C’è stata una grande affluenza di turisti interessati e incuriositi dagli
oggetti messi in mostra: metalli, argenti, vetri, porcellane e oggetti sportivi.
Essendo la mia prima esperienza, la mia “prima mostra”, posso ritenermi soddisfatto e contento; spero di poter ripetere l’esperienza anche l’anno
prossimo.
Colgo l’occasione anche per ringraziare il Comune e la Pro Loco di
Caderzone che mi hanno gentilmente prestato la sala in cui fare l’esposizione.
Pasqualino Falcone
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Alla Redazione
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Poche città possono vantare una sala adatta alla musica e avvenente nella sua struttura lignea, come quella del Palazzo Lodron Bertelli di Caderzone.
Oggi ne andrebbero fieri l’antica famiglia Lodron e lo stesso Mozart, che nel
1776 compose per la duchessa e le due figlie il concerto K 242, a tre pianoforti
e orchestra, detto appunto “Lodron-konzert”.
Se una rinomata casa discografica dovesse scoprire le splendide proprietà sonore di questa sala, essa potrebbe trarne profitto per la registrazione
di musica classica, quella da camera in particolare. Ne ho avuto la certezza la
sera di mercoledì 28 agosto, ascoltando il mandolino di Alessandro Boni e la
chitarra di Silvano Brun. La gioia fisica del suono mandò in visibilio il numeroso pubblico, trascinato naturalmente anche dalla bravura degli esecutori,
che erano due e sembravano un’orchestra. Per l’occasione essi avevano scelto
il meglio del folclore internazionale. Musica popolare, fatta classica dall’intelligenza degli interpreti, dall’attenta partecipazione del pubblico, dall’acustica dell’ambiente. Le sfumature timbriche dei trilli, la purezza del suono,
erano percepibili al massimo del loro incanto. E al fragore delle ovazioni mai
successe il minimo rimbombo. Alla fine il pubblico balzò tutto in piedi per
applaudire a mani alzate.
Detto questo, mi sembra utile una considerazione.
Ciò che si progetta in paese per migliorare ogni anno il turismo va bene.
Caderzone però ha una carta da giocare, che nessuno possiede nei dintorni.
Una carta preziosa da investire in questioni di grande interesse culturale e
turistico.
Concerto del 14 agosto 2002
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L
La sala Lodron, oltre a destare ammirazione per l’originale bellezza strutturale, può dare gioia agli esecutori e agli ascoltatori, ospitando anche alcuni
avvenimenti musicali di altissimo livello artistico. Programmata e divulgata
a dovere, la Grande Musica sarebbe certo un forte richiamo per gli appassionati del luogo e dei paesi vicini, Pinzolo anzitutto.
La tastiera di un solo pianoforte nelle giuste mani potrebbe aprire una
serie di incontri musicali, ovviamente a pagamento, in grado di dare lustro al
paese. Ricordiamo che la via maestra per andare in contro alle emozioni più
profonde, alle soddisfazioni più vere, è quella della musica, della musica che
viene dal genio.
L’ottimo scrittore Tranquillo Giustina, vostro concittadino, a questo punto
avrebbe ragione di aggiungere che una benefica forza emotiva si può trovare
anche nella lettura.
Augurando ogni bene.
Walter Camatti
7 settembre 2002 Monzambano (MN)
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Guerra di Piano, 8 settembre 2002
Ricevo sempre con piacere “il Garzonè” e vi ringrazio molto. Non ho
mai pagato però un abbonamento: vi chiedo quindi di comunicarmi il numero di un conto sul quale posso versare qualcosa.
Leggerlo mi fa sentire sempre vicina alle “mie vere radici”, soprattutto
per mia mamma.
E di questo vi ringrazio davvero tanto.
Saluti
Paola Garbari - Coluccini
Gentile Signora,
abbiamo gradito il suo apprezzamento per il Garzoné e diamo a Lei, ed a
tutti i nostri lettori, la possibilità di contribuire con una libera offerta utilizzando
l’allegato bollettino di conto corrente postale.
Cordiali saluti
Maurizio Polla
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Speciale
Centro Raccolta Materiali
“il Garzonè” - n. 22, ottobre 2002
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C
Speciale
Il Centro Raccolta Materiali
Fra i grandi problemi che la società moderna deve affrontare, quello dello smaltimento dei rifiuti è uno dei più complicati. Il nostro sistema economico basato sul consumismo porta tutti noi, anche se non lo vogliamo, a produrre enormi quantità di materiali di cui vogliamo disfarci.
Purtroppo, non è ancora stato individuato un sistema che ci permetta di
eliminare i rifiuti a basso costo e senza danni per l’ambiente.
I vari sistemi oggi utilizzati (inceneritore, discarica, ecc.) hanno tutti dei
limiti, legati alla tecnologia utilizzata, allo spazio occupato ed ai costi che
spesso sono elevati.
Unica certezza in questo campo è quella di perseguire la riduzione della
quantità di rifiuti.
Si tratta cioè della capacità di ognuno di noi di produrre la minima quantità di quei materiali che non possono più essere nuovamente impegnati nel
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Speciale
sistema economico-sociale e che per
forza devono essere eliminati.
Quest’orientamento per ora sembra l’unica certezza
e diviene gioco-forza la strada obbligata da seguire anche se c’impone di
modificare i nostri
comportamenti. Da
qui una nuova filosofia che non si fonda più sull’usa e getta, ma che si orienta sull’usa, separa ed eventualmente getta.
Sì, anche per noi Caderzoni la cosiddetta raccolta differenziata è diventata indispensabile ed obbligatoria se non vogliamo vedere i costi del servizio comunale salire vertiginosamente.
L’amministrazione comunale in collaborazione con il Comprensorio delle
Giudicarie e la Provincia Autonoma di Trento ha da poco realizzato il Centro
di Raccolta Materiali in località Iscle, nelle adiacenze del magazzino comunale.
Ogni mercoledì pomeriggio, dalle 13 alle 17 ed il sabato dalle 8 alle 12,
il Centro Raccolta è aperto ed una persona ci aiuterà a depositare correttamente i nostri “materiali”.
Non si parla più di Rifiuti, ma di Materiali, perché al Centro Raccolta
non conferiremo più dei rifiuti alla rinfusa ma dei materiali suddivisi in appositi contenitori, realizzati in modo tale da non inquinare l’ambiente.
Al C.R.M., come si dice in modo abbreviato, porteremo i materiali che
fino a pochi giorni fa depositavamo disordinatamente nel container presso il
parco “Li Cani”, con l’aggiunta di molti altri materiali che inopportunamente
venivano conferiti nei cassonetti stradali.
Se tutti collaboriamo a questa iniziativa, che ormai in molti luoghi è già
diventata una prassi consolidata, raggiungeremo due importanti obiettivi: i
costi di ogni famiglia saranno contenuti e il nostro ambiente sarà sempre più
pulito, naturale e ordinato.
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Speciale
Pertanto ogni utente nel conferimento dei rifiuti dovrà comportarsi come
segue:
1) chi può usufruire di un orto o giardino può chiedere al Comune gratuitamente la disponibilità di un composter per trasformare la sostanza organica in concime, da usare per il prato o l’orto. Chi invece non
possiede uno spazio utile, dovrà conferire la sostanza organica (scarti
della preparazione dei cibi) nei cassonetti stradali di colore verde. Probabilmente nel corso del 2003, lungo le nostre strade saranno collocati
dei nuovi cassonetti di colore marrone per introdurvi la sostanza organica. Di questo nuovo servizio, tutti i cittadini saranno avvisati per
tempo;
2) i rifiuti di cartone, plastica, lattine e vetro nonché quelli derivanti dall’imballaggio dei prodotti devono essere conferiti negli appositi
cassonetti, gialli, giallo-blu, blu, bianchi e nelle campane verdi collocati lungo le strade o piazzole pubbliche oppure possono essere portati al Centro Raccolta Materiali;
3) l’erba derivante dallo sfalcio dei giardini preferibilmente dovrà essere
depositata nel composter familiare, oppure potrà essere conferita al
Centro Raccolta Materiali o inserita nel cassonetto stradale marrone
quando questo sarà in esercizio;
4) le ramaglie prodotte dalla potatura delle piante potranno essere conferite al Centro Raccolta Materiali;
5) gli indumenti usati, assieme a scarpe e borsette, dovranno essere depositate negli appositi contenitori che si trovano nell’isola ecologica
presso il cimitero o presso il Centro Raccolta Materiali;
6) i rifiuti d’imballaggio che riportano sull’etichetta dei simboli neri come X
– T e/o F – su
fondo arancio,
devono essere
conferiti nei
cassonetti stradali che riportano sul fronte gli
stessi simboli
oppure possono
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Speciale
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essere conferiti presso il Centro Raccolta Materiali;
i beni durevoli come lavatrici, frigoriferi, televisori, computer ecc. devono essere portati al Centro Raccolta Materiali;
tutti i tipi di rifiuto in metallo debbono conferire al C.R.M.;
Tutti i tipi di materiale in plastica (giocattoli, cassette, tubi, ecc.) che
non sono imballaggi devono essere portati al Centro Raccolta Materiali.
Gli accumulatori della macchina, oppure l’olio del motore, se sostituiti in casa possono essere portati al Centro Raccolta Materiali;
L’olio vegetale derivante dalla cottura dei cibi non deve essere gettato
in fognatura ma portato al Centro Raccolta Materiali;
I medicinali scaduti, le batterie scariche ed i neon esauriti devono essere conferiti al Centro Raccolta Materiali;
I rifiuti che non hanno dei contenitori a loro dedicati andranno necessariamente depositati nei cassonetti verdi stradali se questi sono di
piccole dimensioni mentre, se sono ingombranti, andranno portati al
Centro Raccolta Materiali.
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Anni 50...
Strembo, Bocenago, Caderzone.
Località Porta.
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2 pagine
interno copertina
file a parte
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