L`ATRIO DEL BUON PASTORE: UN`ESPERIENZA DI DIO
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L`ATRIO DEL BUON PASTORE: UN`ESPERIENZA DI DIO
Scuola, Famiglia e Comunità Noi, il Bambino e la Fede Reggio Emilia, 20 settembre 2014 L’ATRIO DEL BUON PASTORE: UN'ESPERIENZA DI DIO Lo scopo della catechesi è mettere in comunione con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della SS. Trinità. Catechismo della Chiesa cattolica, 426 L'età di tre anni è l'età d'oro della vita interiore del bambino, nella quale è più aperto ad una esperienza goditiva dell'amore di Dio, ad un incontro gioioso con l'amore di Gesù, e più capace di una risposta e corrispondenza d'amore totale e globale: sembra andare a Dio non solo per esigenza, ma per assomiglianza, per una particolare “connaturalità”, come "un pesce nell'acqua di Dio" 1. Premessa Sono madre di sei figli/e, nonna di sette nipoti; sono stata insegnante di religione presso le scuole comunali dell'infanzia della Bassa reggiana, poi insegnante di scuola dell'infanzia FISM; ho condotto un progetto triennale sulla spiritualità infantile presso le SCI reggiane; dopo alcune esperienze di coordinamento pedagogico, ora sono dirigente scolastica di un polo per l'infanzia, dal nido alla scuola primaria, di Modena città. Catechista per oltre trent'anni, con il marito diacono abbiamo retto, abitando in canonica, la piccola parrocchia di Nocetolo (Gattatico, RE) senza parroco residente, occupandoci in particolar modo della catechesi e della liturgia. Ci siamo innamorati della proposta degli Atri del Buon Pastore, che abbiamo conosciuto a Roma in casa di Sofia Cavalletti; ci siamo formati come catechisti insieme ai nostri figli più grandi ed altri loro coetanei, e abbiamo attivato un Atrio nella nostra piccola parrocchia per le fasce d'età 3-6, 6-9, 9-12 anni. L'abbiamo fatto da genitori insieme ad altri genitori: per i nostri figli soprattutto. L'esperienza è durata circa dieci anni, fino al trasferimento a Modena, dove ho inserito l'esperienza degli Atri nella scuola dell'infanzia. Gli Atri a Reggio Emilia e a Modena sono nati tutti in questo modo: dai genitori, in genere cristiani "adulti", spesso con formazione specifica in campo teologico o pedagogico od entrambe le cose, che hanno trovato in questa catechesi risonanze e sintonìe profonde per la trasmissione della fede ai propri figli/e: nei contenuti e nel metodo. Perchè cominciare dai tre anni? Alcune considerazioni, alla luce delle più recenti acquisizioni della pedagogia e delle neuroscienze, che riconoscono tra le varie forme di intelligenza anche quella spirituale; collocano le domande di senso sulla vita e sulla morte intorno ai quattro-cinque anni; la formazione di una weltanschauung, visione del mondo e costruzione di un ordine, fin dalla prima infanzia; ciò, unitamente alla nostra consapevolezza di un incontro/scontro precoce 1 Le citazioni non altrimenti indicate sono di Sofia Cavalletti, tratte da Il potenziale religioso del bambino. Descrizione di un'esperienza con bambini da tre a sei anni, Città Nuova, Roma, 2000, e dall'intervista a cura di Matteo Fortelli, Come pesci nell'acqua di Dio, ne Il Sicomoro n°7, inverno 1998/99, edizioni La Nuova Tipolito, Felina (RE) 1998, pgg 33-39. Molto materiale sull'esperienza degli Atri è disponibile online. e violento con la realtà circostante, a tutto tondo, e quindi anche e soprattutto dei messaggi relativi alla scala valoriale ed in definitiva alla fede. Principio fondamentale degli Atri è che il bambino, già dalla tenera età, è dotato di un potenziale religioso. Tale capacità gli è connaturale e si sviluppa solo se adeguatamente alimentata: tale processo nel suo divenire richiama certamente alla mente l’immagine evangelica del granello di senape che si sviluppa in un albero, in modo misterioso e quasi indipendente dalla nostra volontà (Mt.13, 31-32). “È un campo in fondo ancora tanto controverso questo: alcuni negano addirittura che il bambino sia capace di un rapporto con Dio, concentrano tutto sul fatto razionale; quindi prima dei sei anni il bambino non ha un pensiero razionale compiuto, è incapace di rapporto con Dio. Questo, però, contrasta anche col fatto che battezziamo il bambino fin dalla nascita: allora dovremmo aspettare l'età della ragione! Invece, quello che in genere concedono gli studiosi più "generosi" in questo campo, è un certo «innatismo religioso» nel bambino. A me non soddisfa neanche questo, dirò la verità: mi piace di più parlare di connaturalità del bambino con Dio. Non ho una sufficiente preparazione filosofica per chiarire bene la differenza fra innatismo e connaturalità, comunque l'innatismo mi fa pensare a qualche cosa di un po' passivo, che c'è nel bambino, ma sta lì e dorme; la connaturalità mi piace soprattutto per questa particella con, che esprime il rapporto. Parlo di connaturalità, non parlo sul piano teorico, ma in base a quello che ho visto: ho visto come bambini di questa età possano godere in modo vitale, profondo, globale di un rapporto con Dio; questo mi fa pensare a persone che abbiano trovato corrispondenza essenziale, cercata, che appaga esigenze profonde; che abbiano trovato l'ambiente, la persona che cercavano”. La catechesi, o l'educazione religiosa, che parte dai sei-sette anni fa conoscere il Dio giudice prima del Dio misericordioso e del suo amore gratuito e senza condizioni: ciò a causa la concomitanza con la tappa evolutiva - la "fase" montessoriana - del bambino/a, coincidente a sei-sette anni con la formazione del giudizio morale severo ed intransigente su di sè e sugli altri; mentre il tempo della "contemplazione", del "puro godimento", della "gratitudine" e della "meraviglia" è precedente. Pensiamo alla nostra fede e chiediamoci quanto questo ha influito sul nostro cammino... Convinzione della necessità di descolarizzare la catechesi. Mentre in passato i genitori, la famiglia, provvedevano all'iniziazione cristiana dei propri figli/e attraverso i racconti e le narrazioni dai Vangeli o dall'Antico Testamento, la preghiera in casa, la frequentazione all'eucarestia ed ai sacramenti, per cui alla chiesa-parrocchia era demandato il compito degli apprendimenti e dell'approfondimento/sistematizzazione, oggi si pone con forza la necessità di porre i bambini/e in grado di compiere un' esperienza di fede; e di metterci, noi adulti, in una posizione di accompagnamento: in cammino con loro, "come servi inutili", con gli strumenti che ogni cristiano ha a disposizione: appunto, la sacra scrittura, la liturgia, i sacramenti, nella comunità ecclesiale. Altra convinzione, sempre personale, è che dobbiamo prepararci, anche per i nostri figli, alla pastorale del ritorno. Non possiamo onestamente pensare che il cammino di fede per le generazioni attuali e future scorra in modo tutto sommato lineare come è stato per noi. Lo vediamo e lo sappiamo. La centralità della Parabola del Buon Pastore, perno della catechesi degli Atri, del Buon Pastore che esce e rincorre chi si è smarrito, perduto, o anche solo è andato molto lontano, mette radici nel profondo: la certezza che si può ritornare, sempre, e che Qualcuno non solo ci accoglierà senza condizioni, ma sta addirittura alla finestra ad aspettarci per potere far festa. Quindi, partire dai tre anni significa dare strumenti per potere scegliere Dio, e per potere ritornare. - L'Atrio La catechesi del Buon Pastore ha mosso i suoi primi passi a Roma nel 1954, grazie al prezioso lavoro di Sofia Cavalletti, biblista, studiosa di ebraismo e di spiritualità cristiana, in sinergia e collaborazione con Gianna Gobbi e Adele Costa Gnocchi, insegnanti montessoriane, allieve della stessa Montessori; a partire dal 1965, si è diffusa nei cinque continenti, presso centri privati, parrocchie, scuole... più all'estero che in Italia. È lo sviluppo della “scoperta” del bambino religioso che Maria Montessori fece a Barcellona nel 1915, l'infanzia caratterizzata da un “periodo sensitivo religioso”: “Il piccolo bambino ha una tendenza che non si può indicare meglio che chiamandola il ‘periodo sensitivo dell'anima', nel quale ha intuizioni e slanci religiosi che sono sorprendenti per chi non abbia osservato il bambino al quale fu reso possibile esprimere i bisogni della vita interiore”. Un aspetto che fin da subito mi ha colpito nell’esperienza dell’atrio del Buon Pastore è il rigore scientifico: il percorso che viene svolto con i bambini/e è frutto dell’incontro tra gli studi pedagogici e la riflessione teologica, che sostengono i contenuti proposti. Si tratta quindi di un metodo sperimentale, continuamente verificato e ri-bilanciato: offre perciò i frutti di un'esperienza meditata, attenta, continuamente soggetta a revisioni, adattamenti e miglioramenti, perché si costruisce sull'osservazione del bambino/a, dei suoi bisogni, interessi, risorse e potenzialità nella vita spirituale e religiosa. La fondatezza di questa esperienza religiosa vissuta da bambini/e di tutto il mondo, di tutte le culture, di tutte le etnie, normali e diversamente abili, di confessioni cristiane diverse, è nel risultato stesso: in un ambiente accuratamente predisposto, lavorando con il materiale sensoriale, con i testi eucologici e con i segni liturgici, ad ogni latitudine i bambini e le bambine rispondono positivamente all’esperienza dell’Atrio, concretizzando il loro incontro con il Signore e manifestando il godimento nell’incontro con Gesù “Buon Pastore”. - Il metodo: l'ambiente, il materiale sensoriale, la figura dell'adulto La catechesi del Buon Pastore si svolge in un ambiente chiamato appunto "Atrio", arredato secondo l'età del bambino/a per metterlo/a a proprio agio, consentire la conquista dell'autonomia in un clima di libertà, educare all'ascolto, al silenzio, al controllo dei movimenti e a uno stile di lavoro concentrato e attento; le attività si svolgono con uno stile ordinato e rigoroso, per favorire l'interiorizzazione - la "meditazione" - e la preghiera. (Sofia Cavalletti paragona il lavoro dei bambini/e alla Lectio Divina) Nell'Atrio i bambini/e hanno a disposizione un materiale sensoriale, attraverso il quale, dopo la presentazione del tema da parte del catechista, possono lavorare da soli, per riflettere (meditare, interiorizzare) su ciò che è stato annunciato in modo indipendente dall'adulto. È il tempo prezioso in cui si stabilisce un'interna conversazione con l'unico Maestro. - I contenuti Vengono proposti tre percorsi di catechesi: · da tre a sei anni: i bambini "mistici" · da sei a nove anni: i bambini "storici" · da nove a dodici anni: i fanciulli "teologi". Bibbia e liturgia L'architettura di questa catechesi è costruita sulle fonti della vita cristiana, sulle colonne in cui si incardina e si costruisce la vita della Chiesa: la Bibbia e la Liturgia, nella loro intima e sinfonica attrazione (in tutta la liturgia viviamo la Bibbia e la Bibbia prende il suo pieno significato vitale solo nella liturgia). Si propongono quindi l'ascolto della parola di Dio, ovviamente selezionata ma non rielaborata, letta e meditata in gruppo e personalmente, e una vera e propria introduzione al rito della Messa e dei sacramenti, per favorire la conoscenza dei gesti e dei segni della celebrazione liturgica. I temi e i contenuti della catechesi sono stati individuati in cinquant'anni di esperienza: attraverso l'osservazione di bambini dai tre ai dodici anni, appartenenti a società e culture diversissime, sono stati selezionati i temi del messaggio cristiano, quelli che i bambini/e stessi hanno indicato come importanti per loro attraverso manifestazioni concrete: ciò che non erano mai sazi di ascoltare, a cui ritornavano incessantemente nel lavoro personale e spontaneo, per cui mostravano un'intensa concentrazione, e un'intima e radiosa gioia. Altri temi ricevevano poca attenzione e interesse, perciò sono stati accantonati. Caratteristica splendida del bambino è quella di guidare verso l'essenziale, verso ciò che è centrale, imprescindibile, massimamente fecondo: infatti questa catechesi è stata definita "l'abc del cristianesimo", perché ciò che i piccoli hanno riconosciuto come essenziale, è essenziale per tutti, anche per gli adulti. "Ai più piccoli le cose più grandi" I temi sono quelli al cuore della tradizione biblica: il tema dell'alleanza, la storia della salvezza attraverso le fonti dell'Antico e Nuovo Testamento, la Cristologia (gli eventi della vita terrena di Gesù, dalla nascita alla resurrezione), la sua predicazione attraverso le parabole: il Buon Pastore, Cristo Luce del mondo, la Vera Vite; le parabole del Regno dei Cieli (il seme di senape, il lievito, il seme di grano, la perla preziosa, le dieci vergini, gli invitati alle nozze, ecc.). Il bambino viene educato al linguaggio liturgico, cioè il linguaggio dei segni, che non esauriscono mai il loro significato e aprono al mondo invisibile e alla vita divina: la candela accesa, gli arredi dell'altare e della Messa, i colori liturgici in relazione all'anno liturgico (con cui la catechesi è sempre in sintonia), i gesti e i segni dei sacramenti del Battesimo, Eucaristia, Riconciliazione e Confermazione. - Il rispetto del mistero dell'anima di ciascuno/a nel suo rapporto con Dio Sofia afferma, parafrasando una frase della Montessori, che è come se il bambino dicesse Aiutami ad avvicinarmi alla Parola (a Dio) da solo. Negli Atri l’annuncio cristiano deriva direttamente dal Vangelo: non viene mediato dall’adulto, che se ne fa "eco" e "tramite"; l'adulto non impone, né dispone, né impedisce; non trasmette la sua personale esperienza di Dio; rispetta modalità e tempi di ciascuno; soprattutto, rispetta il mistero di ogni anima (esempi: non si spiegano le parabole, si aspetta che tutti i bambini/e, lavorando, arrivino a capire che le pecorelle siamo noi; ai bambini/e non si chiedono mai spiegazioni sul loro lavoro - che cosa hai disegnato? -, non si interrompono mentre lavorano, perchè, dice Sofia Cavalletti, è come se un adulto fosse in chiesa in atteggiamento di raccoglimento: nessuno si sognerebbe di andargli a chiedere: che cosa stai dicendo a Dio?). - Diffusione degli Atri Reggio Emilia e Modena In ognuna delle esperienze i promotori sono stati i genitori stessi, che si sono formati ai corsi, hanno costruito i materiali e allestito gli Atri, hanno poi condotto la catechesi stessa con i bambini/e, anticipando così nella prassi le indicazioni attuali dei vescovi sull'Iniziazione Cristiana. Generalmente sono coadiuvati da ragazzi/e più giovani o da altri genitori, di cui sono anche formatori. parrocchia di S. Prospero Strinati (RE) Dal 2001 ha aperto un Atrio 3/6 che ad oggi continua con circa 15 bambini/e per anno e 3 catechiste, mentre dal 2011 è stato aperto un Atrio 6/9 (esclusa la terza elementare che procede con la catechesi tradizionale). Vi lavorano circa 35 bambini/e ogni anno, divisi in tre gruppi, e 6 catechisti con due giovani aiutanti. Per due anni c'è stata una collaborazione con la scuola materna parrocchiale "Regina Mundi" (2005/ 2006): a tutti i bambini/e della scuola, divisi in gruppi di 13, veniva proposto un incontro settimanale in orario scolastico. parrocchia dell'Immacolata Concezione (RE) Dal 2001 Atrio 3/6; pochi anni dopo l'apertura dell'Atrio 6/9 con circa 15 bambini coinvolti e quattro-cinque catechisti. Il gruppo dei 3/6 partito allora è stato accompagnato fino alla cresima seguendo parzialmente il cammino dell'Atrio 9/12, ma negli anni successivi si è consolidato solo l'Atrio 3/6. Gli altri gruppi di catechismo della fascia della scuola primaria si ispirano alla catechesi, facendo le presentazioni in modo fedele, istruite da una catechista che ha frequentato i corsi, ma poi non segue il lavoro individuale. parrocchia di Novellara (RE) Dal 2003 Atrio 3/6 che ad oggi è aperto con circa 15 bimbi e due-tre catechiste. parrocchia di Regina Pacis (RE) Dal 2003 esiste l'Atrio 3/6: condotto in modo integrale per qualche anno, ora è attivo solo in Avvento e Quaresima per bambini/e fino alla 2^ elementare.Non hanno mai avuto uno spazio ben definito dedicato esclusivamente all'Atrio. parrocchia del Preziosissimo Sangue di NSGC (RE) Esperienza triennale integrata con la catechesi tradizionale per venti-venticinque bambini/e fino alla prima Comunione. parrocchia di San Benedetto Abate (MO) Esperienza decennale degli Atri 3/6, 6/9, 9/12 per 60 bambini/e ogni anno; viene integrata con attività di gruppo nella fascia di età delle scuole medie. scuola dell'infanzia parrocchiale Madonna Pellegrina (MO) Esperienza settennale di due Atri 3/6 per 60 bambini/e ogni anno, una volta la settimana in orario scolastico, ad opera di insegnanti formate ai corsi; ai genitori viene illustrato il metodo in un'assemblea a inizio frequenza e consegnata una pubblicazione esplicativa del metodo e dei contenuti. Vengono inoltre celebrate con i genitori due Paraliturgie, in Avvento e nel Tempo Pasquale, incentrate sul tema della Luce: la profezia di Isaia, Il popolo che camminava nelle tenebre..., e il racconto della Resurrezione; la Luce che dal sepolcro si irradia in tutto il mondo. Abbiamo notato come la partecipazione dei genitori della scuola che frequentano la parrocchia si evolva nell'impegno di catechesi per l'Iniziazione Cristiana. A conclusione, le parole di due catechiste/e mamme delle diocesi di Carpi e Rimini: In queste poche e sintetiche note vorremmo comunicare la bellezza di quest'esperienza, che dà un respiro e un clima nuovo alla catechesi: non ha lo stile della scuola, non ha nulla di scolastico, né di astratto, non è trasmissione di conoscenze e concetti a livello intellettuale, ma cerca di essere un aiuto per i bambini/e a penetrare nel mistero, avviarli a vivere la loro vita in unione con Dio. È esperienza di vita spirituale comunitaria e personale, secondo i tempi e i modi delle diverse fasce d'età, con attenzione e rispetto delle caratteristiche psicologiche, cognitive, affettive e relazionali dell'infanzia e dell'età evolutiva. "È celebrazione dell'incontro con il Padre, nell'ascolto dell'unico Maestro, e formate nell'obbedienza allo Spirito Santo" (CCC, 1074). - Nota a margine Al termine del mio intervento è stata sollevata una domanda che mi ha permesso di introdurre una tematica fondamentale, e che qui penso sia opportuno riportare. L'esperienza degli Atri è massimamente parrocchiale, come si evince dai dati suesposti; a quanto mi risulta, è applicato nelle scuole ad indirizzo montessoriano; noi lo abbiamo introdotto in tempo scolastico come proposta di educazione religiosa. La domanda, che mi sono posta anch'io fin dall'inizio del mio lavoro, è: che differenza c'è, e, se c'è, qual'è, tra educazione religiosa e catechesi? Quando insegnavo religione nelle scuole comunali dell'infanzia e parlavo di Dio ai bambini/e da credente... o quando i bambini e le bambine mi interrogavano sulla morte e io “annunciavo” che noi cristiani crediamo nella resurrezione, facevo educazione religiosa o catechesi, se è vero, come è vero, che si trasmette ciò che si è? Credo inoltre che la dimensione dell'accoglienza, del confronto e del “ dialogo vitale” con altre realtà culturali e religiose non possa partire che dalla forza e dalla trasparenza della propria identità, già peraltro affermata dal proporsi ed identificarsi come scuole “cattoliche” o “di ispirazione cristiana”. Inoltre: credo che il futuro della scuola cattolica sia sempre più verso tale dimensione interculturale e di dialogo interreligioso, come peraltro indicato dai documenti della Congregazione per l'Educazione Cattolica in La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio”, 1997, ed Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica, 2013, di cui riporto, a seguire, qualche citazione. La scuola cattolica deve, così, essere in grado di fornire ai giovani gli strumenti conoscitivi per trovare posto in una società fortemente caratterizzata da conoscenze tecniche e scientifiche, ma nello stesso tempo, diremmo primariamente, deve poter dare loro una solida formazione orientata cristianamente. La scuola cattolica, con il suo progetto educativo ispirato al vangelo, è chiamata a raccogliere questa sfida e a rispondervi con la convinzione che «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo». La complessità del mondo contemporaneo ci convince di quanto sia necessario ridare spessore alla coscienza dell'identità ecclesiale della scuola cattolica . Dall'identità cattolica, infatti, emergono i tratti di originalità della scuola, che si «struttura» come soggetto ecclesiale, luogo di autentica e specifica azione pastorale. Essa condivide la missione evangelizzatrice della Chiesa ed è luogo privilegiato in cui si realizza l'educazione cristiana . In questa direzione «le scuole cattoliche sono contemporaneamente luoghi di evangelizzazione, di educazione integrale, di inculturazione e di apprendimento di un dialogo vitale tra giovani di religioni e di ambienti sociali differenti» Ancora: L'ecclesialità della scuola cattolica è, dunque, scritta nel cuore stesso della sua identità di istituzione scolastica. Essa è vero e proprio soggetto ecclesiale in ragione della sua azione scolastica, «in cui si fondano in armonia la fede, la cultura e la vita». Occorre così riaffermare con forza che la dimensione ecclesiale non costituisce nota aggiuntiva, ma è qualità propria e specifica, carattere distintivo che penetra e plasma ogni momento della sua azione educativa, parte fondante della sua stessa identità e punto focale della sua missione. La promozione di tale dimensione è l'obbiettivo di ogni componente la comunità educativa. Maria A. Piacentini dirigente scolastica Polo per l'Infanzia “Madonna Pellegrina” Modena
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