Leggende Olimpiche
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Leggende Olimpiche
Agostino Sorbara Leggende Olimpiche edizioni estive Edito da Urbaterr Via Fontana Vecchia n. 43 89900 Vibo Valentia Tel e Fax 0963.47.21.21 www.urbaterr.it [email protected] Libro a cura di Agostino Sorbara Foto copertina di : Agostino Sorbara Ricerca fotografica: Ci si scusa se alcune fotografie non hanno una qualità sufficiente per evidenti difficltà alla ricerca di foto a volte molto antiche. ISBN : 978-88-89271-10-0 edizione cartacea ISBN : 978-88-89271-10-4 edizione elettronica (PdF, Epub) Catalogazione Sport Atleti Sportivi Olimpiadi Ogni fotocopia che eviti l’acquisto del libro o del PdF è illecita ed è punita con una sanzione penale di cui all’art.171 delle legge n. 633 del 24.04.1941 e succ. mod. Gli stralci sono utilizzabili a condizione che si citi il presente saggio ed il singolo autore. Stampa - Luglio 2016 4 Indice Prefazione 7 Abbagnale 9 Nikolaj Andrianov 10 Bob Beamon 11 Nino Benvenuti 13 Livio Berruti 15 Abebe Bikila 17 Valery Borzov 19 Serhij Bubka 21 Novella Calligaris 23 Vera Cáslavská 25 Jury Chechi 27 Sebastian Coe 28 Cassius Clay 29 Betty Cuthbert 30 Nadia Comăneci 31 Klaus Dibiasi 35 Mildred Ella Didrikson Zaharias 37 Kornelia Ender 38 Dick Fosbury 39 Aladár Gerevich 40 Vjaceslav Ivanov 41 Micheal Johnson 42 Alberto Juantorena 42 Sawao Katò 44 Fanny Koen 45 Larisa Latynina 49 Carl Lewis 50 Eric Liddel 51 Indice 52 Edoardo Mangiarotti 53 Roland Matthes 54 Pietro Paolo Mennea 59 Ulrike Meyfarth 60 Edwin Moses 61 Nedo Nadi 62 Paavo Nurmi 64 Parry O’Brien 65 Jesse Owens 67 Dorando Pietri 68 Aleksandr Popov 69 Steve Redgrave 70 Nina Romaškova 71 Wilma Rudolph 72 Viktor Saneev 74 Vitaly Scherbo 75 Tommie Smith 76 Mark Spitz 77 Teófilo Stevenson 78 Karoly Takacs 79 Ian Thorpe 82 Jim Thorpe 84 USA Basket Team 86 Trebisonda Valla 88 Lasse Viren 89 Johnny Weissmuller 90 Emil Zátopek 92 Curiosità 93 Medagliere 5 6 Prefazione L e Olimpiadi hanno sempre appassionato milioni e milioni di persone, con un effetto mediatico sempre crescente. Anche chi segue sporadicamente i campionati nazionali o continentali, in occasione delle Olimpiadi, è interessato alle gesta di questi sportivi, dove alcuni di loro entrano a far parte delle “Leggende Olimpiche”. A questo punto verrebbe da chiedersi chi sono queste leggende e, soprattutto, come si diventa una “Leggenda Olimpica”? La risposta non è semplice, o meglio non vi è un solo modo per diventare “Leggenda Olimpica”, e sicura- mente questo è un altro motivo che fa aumentare il fascino di questa straordinaria manifestazione. Si può diventare una “Leggenda Olimpica” anche per caso, per un particolare evento che si è verificato, come quello di Dorando Pietri, entrato nella storia senza vincere neanche una medaglia (ritratto a fianco all’arrivo), oppure di Jim Thorpe, anche lui oggetto di un’altra vicenda paradossale. Nella maggior parte dei casi, però si entra nella leggenda per il numero di medaglie vinte. Prepararsi per un Olimpiade non è mai cosa semplice, è neces- sario lavorare per anni. Si può divenire “Leggenda Olimpica” per la spettacolarità della prestazione, per il valore umano, oppure per appassionanti duelli, come quelli tra il giapponese Kato e il russo Andrianov. Un altro motivo è la longevità di un record mondiale realizzato, come possono essere i casi di Mennea e Beamon. Altri atleti fanno parte di questa categoria per l’eleganza con cui hanno preso parte alla competizione. Non possono essere naturalmente esclusi coloro che, con l’introduzione di una nuova tecnica, hanno permesso enormi miglioramenti nei risultati, mettendo in crisi tecnici ed atleti avversari, come Fosbury che vediamo in questa foto dell’epoca, oppure per la passione che riescono a trasmettere, come il caso della Koen, che, dopo aver vinto la medaglia d’oro, il suo ritorno in patria suscitò l’entusiasmo dei connazionali, i quali la accolsero e la omaggiarono, commuovendosi e applaudendo al suo passaggio. Si può entrare a far parte dell’elenco di questi grandi campioni anche per la lunga carriera agonistica e, quindi, per il numero di volte che hanno partecipato alle Olimpiadi. In ogni caso, sono atleti che hanno suscitato passione ed entusiasmo, storie appassionanti di atleti che si avvicinano allo sport per i motivi più disparati. 7 8 Teófilo Stevenson, l’uomo che prendeva a pugni il mondo Italia I Abbagnale fratelli Giuseppe Abbagnale (Pompei, 24 luglio 1959) e Carmine Abbagnale (Pompei, 5 gennaio 1962) sono due ex canottieri italiani, che, insieme al timoniere Giuseppe (Peppiniello) di Capua, hanno vinto due titoli olimpici, gareggiando per tredici stagioni, dal 1981 al 1993. Grazie alle loro imprese hanno portato questo sport alla ribalta mediatica. Vittoria memorabile rimane quella ottenuta alle Olimpiadi di Seul nel 1988, sconfiggendo il forte equipaggio inglese che, in quell’occasione, non riuscì a reggere l’impressionante partenza degli Abbagnale, 42 colpi al minuto il ritmo (i fratelli) dell’equipaggio italiano, la coppia inglese pagò lo scotto iniziale giungendo al traguardo in terza posizione. Agostino terzo fratello conquistò a sua volta tre ori olimpici due nel quattro di coppia, e uno nel due di coppia. Tutti e tre i fratelli erano tesserati per la Canottieri Stabia e allenati dallo zio, Giuseppe La Mura, divenuto poi direttore tecnico della Federazione Italiana di Canottaggio. Giuseppe attualmente ricopre la carica di vicepresidente della Federazione Italiana di Canottaggio, mentre Carmine è allenatore alla Canottieri Stabia. 9 10 N Nikolaj Andrianov (Kolaèa) ikolaj Yefimovich Andrianov (in russo Никола́й Ефи́мович Андриа́нов), nasce a Vladimir in Unione Sovietica il 14 ottobre 1952. Atleta che segnò il passaggio del dominio della ginnastica giapponese a quello sovietico, venne alla ribalta non soltanto per i suoi risultati sportivi ma soprattutto per le nuove tecniche introdotte. L’abbandono del padre, avvenuto in giovane età, generò in lui un carattere insofferente, ribelle, poco rispettoso delle regole, non propenso allo studio, con poca ammirazione verso gli insegnanti, divenendo ginnasta per caso, quando all’età di undici anni, accompagnò un suo amico alla locale scuola di ginnastica. L’istruttore Nikolaj Tolkaãev, osservando il ragazzo ne intuì subito le sue potenzialità, e iniziò a seguirlo avvicinandolo a questo sport, Tolkaãev divenne per lui una figura forte da seguire in grado di colmare in parte la figura paterna mancante. All’età di sedici anni il giovane Kolaèa (così veniva chiamato dai suoi compagni), iniziava a imporsi nelle prime manifestazioni giovanili. Il suo esordio alle Olimpiadi avvenne a Monaco nel 1972, ma un banale infortunio lo relegò al quarto posto nel concorso generale, ciò non gli impedì di vincere la medaglia d’oro al corpo libero quella di bronzo al cavallo e una di argento nella gara a squadre. Memorabili e appassionanti furono le competizioni che seguirono negli anni con un’altra leggenda olimpica Sawao Kato, in particolare, quelle avvenute ai giochi olimpici del 1976, svoltosi a Montreal che videro Nikolaj imporsi vincendo quattro medaglie d’oro, due di argento e una di bronzo. Nel 1980 alle Olimpiadi di Mosca partecipò per la terza volta vincendo due medaglie d’oro, due d’argento e una di bronzo. Fu un atleta in grado di imporsi, nel corso degli anni, in tutte le discipline della ginnastica, con un’impressionante potenza nella URSS parte superiore del corpo e un’importante capacità di elevazione. In seguito al suo ritiro dall’attività agonistica allenò la squadra juniores dell’Unione Sovietica (1980) tra i quali spiccava un giovanissimo Vitaly Scherbo, e dopo la squadra nazionale, subentrando anche al suo maestro Nikolaj Tolkaãev, alla guida della scuola di ginnastica di Vladimir. Seguì altri atleti tra i quali Artemov, Nemov, Vassilenko, tutti campioni olimpici. Si sposò con Lyubov Burda nel 1973, anche lei campionessa olimpica nella ginnastica, dalla quale ebbe due figli. Dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica Nikolaj si trasferì in Giappone, proseguendo la sua attività di tecnico. La sua morte avvenne in Russia a Vladimir il 21 marzo 2011, per una tremenda malattia l’AMS, (Atrofia Multi-Sistemica), malattia nervosa-degenerativa, che lo aveva privato della parola e della capacità di usare braccia e gambe. USA R obert Beamon meglio conosciuto come Bob Beamon è nato nel Queens, a New York (USA), il 29 agosto 1946, ed entrò a far parte delle “Leggende Olimpiche” per il suo duraturo record del mondo. La vita di Bob non è stata facile, la mamma affetta da tubercolosi gli venne a mancare quando aveva soli otto mesi, iniziò a occuparsi di lui la nonna materna, ma poco dopo fu dato in affidamento. Il padre era molto violento, e sin dalla nascita non volle prendersene cura, la nonna, nel periodo che lo ebbe in custodia, non riuscì a impartirgli l’educazione che voleva e a tenerlo lontano dalla strada e dal frequentare compagnie poco gradite, in un quartiere difficile come il Queens. Bob Beamon passò la giovinezza tra le vie del suo quartiere, dove si rese protagonista di eventi “poco piacevoli”: accoltellamenti, risse e sbronze. Questo avveniva soprattutto nelle ore notturne, mentre di giorno gli piaceva dedicarsi allo sport, in particolare all’atletica e alla pallacanestro. Bob a scuola era indisciplinato e con un basso profitto, era al liceo quando Larry Ellis, talent scout sportivo oltre che un grande allenatore, lo notò, e lo fece entrare a far parte della squadra di atletica “All American”. Nel 1965 stabilì la seconda misura nazionale nel salto in lungo, e questo gli permise di vincere una borsa di studio presso l’Università del Texas, nella sede di El Paso. In questa località trascorse circa tre anni, allenandosi nel salto in lungo con attenzione e impegno, e si pose, come obiettivo, la partecipazione alle Olimpiadi di Città del Messico del Bob Beamon 1968. Furono anni che videro Bob affermarsi ad alti livelli, qualificandosi anche per le Olimpiadi, ma il suo carattere ribelle lo portò a boicottare una gara, per la presenza di alcuni atleti mormoni che avevano atteggiamenti razzisti. A causa di questo episodio perse la borsa di studio e venne allontanato dalla squadra nazionale, tuttavia i vertici della federazione di atletica statunitense gli lasciarono libertà di scelta per la sua partecipazione alle Olimpiadi. Bob continuò ad allenarsi trovando sostegno nell’amico olimpionico e compagno di nazionale Ralph Boston, che lo allenava in via ufficiosa. Anche se senza soldi, abbandonato dalla moglie, Bob decise di partecipare ugualmente alle Olimpiadi. Sofferente d’insonnia, il 17 ottobre 1968, vigilia 11 della finale olimpica della sua disciplina, temendo in un grande insuccesso, si buttò per le strade della città messicana bevendo tantissimi chupiti di tequila in diversi bar. Il giorno dopo, il 18 ottobre 1968 si presentò in pista frustrato, in affanno, deluso e mortificato, poco lucido e insonnolito. Anche la pedana, come tutto il campo di gara, non si presentava nelle migliori condizioni, un fortissimo vento e un temporale in arrivo erano le condizioni meteo, che preoccupavano moltissimo gli atleti, così come l’altitudine, 2240 metri s.l.m. temendo la conseguente rarefazione dell’aria, causa di difficoltà respiratorie. Beamon fu il quarto atleta a saltare, prima di lui il giapponese Yamada, il giamaicano Brooks e il tedesco Baschert avevano fallito il primo tentativo a loro disposizione. Quando arrivò il turno di Bob, iniziò la sua rincorsa e da subito si vide un’accelerazione prodigiosa, un salto con una notevole forza esplosiva e una lunga fase di volo, prima dell’arrivo un grande colpo di reni, e dopo gli appoggi a terra, due balzi da canguro in avanti. Il suo salto fu lunghissimo, l’americano aveva qualcosa in più degli altri. Erano le 15:45 di quel venerdì, dopo il salto di Bob il giudice, incaricato della misurazione, fa scivolare l’apparecchio sulla barra di scorrimento, ma l’apparecchio non riesciva a raggiungere la lunghezza del salto, seguì un momento di disorientamento, fino a quando un giudice richiede un decametro a nastro, usato per la misura del salto triplo e, dopo qualche minuto, compar-
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