MSR.Vassalli e Ascarelli.Riv.dir.comm
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MSR.Vassalli e Ascarelli.Riv.dir.comm
MARIO STELLA RICHTER jr FILIPPO VASSALLI PRESIDE E LA CHIAMATA DI TULLIO ASCARELLI ALLA FACOLTÀ GIURIDICA ROMANA* SOMMARIO: 1. Filippo Vassalli preside della Facoltà di Giurisprudenza. – 2. Filippo Vassalli preside della Facoltà di Scienze politiche. – 3. La riorganizzazione della Facoltà giuridica romana durante la presidenza Vassalli. – 4. La chiamata di Tullio Ascarelli. – 5. Segue: i ricorsi amministrativi e giurisdizionali. – 6. Epilogo. * Lo studio è dedicato a Filippo Chiomenti. 1 1. Il 30 novembre 1944 Filippo Vassalli1 fu eletto preside della Facoltà giuridica romana. Su quattordici professori che la componevano2, tredici votarono per Vassalli e uno votò per Messina3. 1 In generale, sulla figura e l’opera di Filippo Vassalli si vedano almeno: V. ARANGIO-RUIZ, Filippo Vasssalli, in Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, vol. I, Torino, 1960, 1 ss. (da cui si cita, e già in Riv. it. sc. giur., 1955-56, 1 ss.); R. NICOLÒ, In memoria di Filippo Vassalli. Commemorazione tenuta nel Palazzo di Giustizia di Roma il 23 giugno 1955, Roma, 1955 (ora in Raccolta di scritti, tomo II, Milano, 1980, 1849 ss.); A. DE CUPIS, Il giureconsulto Filippo Vassalli, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, 583 ss.; E. BATTAGLINI, Filippo Vassalli, in Foro pad., 1955, III, 41 s.; G. BO, Filippo Vassalli. Discorso detto il 23 gennaio 1956 nell’Aula magna dell’Università di Genova, Genova, 1956; S. SATTA, Filippo Vassalli, ora in Soliloqui e colloqui di un giurista, ried. con prefazione di F. Mazzarella, Nuoro, 2004, 436 s.; F. SANTORO-PASSARELLI, Elogio di Filippo Vassalli, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 65 ss. (e poi in Saggi di diritto civile, vol. I, Napoli, 1961, 87 ss.); A. TRABUCCHI, Filippo Vassalli, in Riv. dir. civ., 1955, 665 ss.; M. LAURIA, Ricordo di Vassalli, in Labeo, 1955, 246 ss.; G. FERRI, Presentazione agli Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, vol. I, Torino, 1950, III s.; P. RESCIGNO, Recensione a “Filippo VASSALLI, Studi giuridici e a Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli”, in Riv. dir. civ., 1961, I, 518 ss.; D. MAFFEI, Per la donazione del fondo antico della biblioteca di Filippo Vassalli al Senato della Repubblica, in Studi senesi, 2001 (CXIII), 173 ss. (scritto che, celato dietro al dimesso titolo, costituisce un ricchissimo e vividissimo affresco della personalità e dell’opera di Filippo Vassalli e nel quale si dà notizia di una dissertazione di laurea su Vita e opere di Filippo Vassalli di E. FERRI, nipote ex fratre di Giuseppe; tesi che purtroppo non ho potuto reperire); P. GROSSI, Scienza giuridica italiana, Milano, 2000, spec. 284 ss. (dove illuminante e suggestivo parallelismo tra Vassalli e Tullio Ascarelli: “Filippo Vassalli e Ascarelli saranno le manifestazioni più vive e più nitide di una consapevolezza svecchiatrice, ma sono senza dubbio espressioni di un filone di pensiero giuridico che scorre assolutamente minoritario nella grande fiumana d’una dottrina ancora conquistata da legalismo e formalismo…”); G.B. FERRI, Filippo Vassalli o il diritto civile come opera d’arte, Padova, 2002; U. PETRONIO, Filippo Vassalli e i suoi libri, in Catologo del fondo Filippo Vassalli, a cura di S. Bulgarelli e A. Casamassima, s.l., 2000, XXXI ss.; S. CAPRIOLI, La riva destra dell’Adda. Lettura, preposta alla ristampa anastatica (s.l., 2001) di F. VASSALLI, Del Ius in corpus del debito coniugale e della servitù d’amore ovverosia La dogmatica ludicra (Roma, 1944); i tre scritti di G. BENEDETTI, G.B. FERRI e A. PUNZI pubblicati sotto un unico titolo: La missione del giureconsulto: Filippo Vassalli, in Riv. int. fil. dir., 2005, 593 ss.; nonché il breve ma intenso ricordo contenuto in F.C.(ARNELUTTI), Filippo Vassalli, in Riv. dir. proc., 1955, I, 156. Altre notizie nelle due voci “Vassalli Filippo”, rispettivamente, del Nuovo (vol. XII.2, Torino, 1940, 869) e del Novissimo digesto italiano (vol. XX, Torino, 1975, 571 s.), nonché nell’Annuario per gli anni accademici 1953-54 e 1954-55 dell’Università degli studi di Roma, 9. Relativamente al contributo di Vassalli alla codificazione civile v. in particolare G.B. FERRI, Le annotazioni di Filippo Vassalli in margine a taluni progetti del libro delle obbligazioni, Padova, 1990, e poi anche N. RONDINONE, Storia inedita della codificazione civile, Milano, 2003, spec. 662 ss. e R. TETI, Codice civile e regime fascista, Milano, 1990, 1 ss. Fondamentale poi, per alcuni ricordi autobiografici, è F. VASSALLI, In tema di “epurazione” (Deduzioni alla commissione ministeriale), Roma, 1945. La bibliografia di Vassalli è in Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, vol. I, cit., XV ss. Le principali opere sono state raccolte in F. VASSALLI, Studi giuridici, voll. 3, Milano, 1960; ma alcune figuravano già in F. VASSALLI, Studi giuridici, voll. 2, Roma, 1939. 2 Essi erano Albertario, Ambrosini, Cesarini Sforza, De Gregorio, Del Giudice, Galgano, Grispigni, Jemolo, Maroi, Messina, Papi, Perassi, Vassalli e Zanobini. 2 Quando divenne preside, Filippo Vassalli era professore di diritto civile di quella Facoltà da quindici anni, essendovi stato chiamato, con voti unanimi, nel 19304 e avendo in precedenza insegnato diritto romano nelle Università di Camerino, Perugia e Cagliari e diritto civile in quelle di Genova e Torino5. 3 Si veda il verbale della seduta del Consiglio di quel giorno. I verbali delle riunioni del Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza relative agli anni della presidenza Vassalli, che costituiscono la principale fonte documentale di questa ricerca sono inediti e sono tutt’oggi conservati presso la presidenza della Facoltà. È da ritenersi con sicurezza che fu il medesimo Vassalli a dare il voto a Messina. Infatti, la elezione avvenne – come era naturale – a scrutinio segreto; ma Vassalli ricorda [in apertura del suo In tema di “epurazione”, cit., 5] del «voto unanime dei colleghi da cui derivo l’ufficio di Presidenza della Facoltà giuridica dell’Università di Roma», così sostanzialmente ribadendo che l’unico a non votare a suo favore fu lui stesso. 4 Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 25 giugno 1930: «Provvedimenti per la seconda cattedra di diritto civile/ Il Preside [De Francisci] comunica che vi sono due domande di aspiranti a tale cattedra: del Prof. Messina dell’Università di Palermo e del Prof. Vassalli dell’Università di Genova. Il Prof. Ferrara, dell’Università di Pisa, non ha avanzato domanda, ma ha fatto sapere a qualche collega che sia tenuto presente anche il suo nome./ Il Preside, prima di aprire la discussione in merito a tali domande, chiede al collega De Ruggiero se sia disposto a lasciare l’insegnamento delle Istituzioni per quello di diritto civile./ Il Prof. De Ruggiero ringrazia della proposta, che declina, preferendo conservare l’insegnamento delle istituzioni./ Dopo la dichiarazione del prof. De Ruggiero si apre la discussione sugli aspiranti e ad essa prendono parte quasi tutti i presenti./ Tutti riconoscono il valore scientifico e didattico dei tre aspiranti e la difficoltà della scelta./ L’attenzione si ferma poi in particolare sul Messina e sul Vassalli. Il prof. Arcangeli ricorda di essere stato collega del Messina e tiene ad attestare anche il suo valore didattico. Il prof. Bonfante richiama l’attenzione dei colleghi sulla ottima preparazione romanistica del Vassalli, ricordando che la Facoltà ha tenuto conto di tale criterio anche nelle chiamate dei colleghi Ascoli e De Ruggiero. Una lunga analisi del valore dei due aspiranti viene fatta da molti dei presenti, e in particolare dal prof. Scialoja, che ricorda anche l’opera prestata dal Vassalli nella commissione dei codici./ Finalmente la Facoltà propende a dare la preferenza al Vassalli, e motiva la sua decisione con il seguente ordine del giorno, che viene votato all’unanimità:/ “La Facoltà di giurisprudenza della R. Università di Roma,/ ricordato il recente provvedimento col quale fu istituita una seconda cattedra di diritto civile,/ considerata l’opportunità di coprire tale cattedra con un titolare di ruolo;/ considerato che il prof. Filippo Vassalli, stabile della stessa materia nella R. Università di Genova, ha tutti i requisiti per coprirla degnamente, avuto riguardo all’alto valore scientifico della sua produzione civilistica e romanistica e alla sua ben nota attitudine didattica/ fa voto/ che S.E. il Ministro della Educazione Nazionale, voglia nominare il prof. Filippo Vassalli stabile di diritto civile nella R. Università di Roma, trasferendolo da quella di Genova”». 5 Lo ricorda lo stesso Vassalli: «Entrato a ventiquattro anni nell’insegnamento ufficiale, dopo aver insegnato diritto romano e diritto civile successivamente nelle Università di Camerino, Perugia, Cagliari, Genova e Torino, ho dal 1930 la cattedra di Roma a seguito di chiamata fatta a voti unanimi dalla facoltà. La quale era composta dei seguenti professori: Vittorio Scialoja, Vivante, V.E. Orlando, Scaduto, Ascoli, De Viti de Marco, Mosca, Benini, Chiovenda, De Ruggiero, Anzilotti, Del Vecchio, Arcangeli, Rocco Arturo, Gini, Carusi e De Fancisci…» [In tema di “epurazione” (nt. 1), 8]. Cfr. anche per le medesime notizie, ma con la strana esclusione della menzione dell’Università di Cagliari, la incisione che accompagna una raccolta di stampe con le effigi di antichi giureconsulti, donata da Filippo Vassalli alla Facoltà giuridica romana (oggi esposta nella sala delle lauree della sua nuova sede): «Ex dono Philippi Vassalli romani iureconsulti et antecessoris/ Heic Romae ius civile ab anno mdccccxxx ad ordinariam sedem legit et inclyto doctorum 3 In realtà, Vassalli ricopriva l’ufficio di preside, in qualità di facente funzione, già dal luglio6 o forse addirittura dal giugno7 di quello stesso 1944. Si deve infatti ricordare che durante la occupazione nazista di Roma era decaduto dalla carica Pier Silverio Leicht, che era stato preside sin dal 1938, ed era intervenuta la determinazione di procedere alla scelta del successore secondo nuove norme. La Facoltà aveva così eletto preside – il 6 maggio 1944, a scrutinio segreto, con dodici voti a favore e una scheda bianca – Salvatore Di Marzo. Tuttavia, meno di un mese dopo (e cioè, come è noto, il 4 giugno 1944) Roma era liberata dalle truppe alleate del generale Clark e il prof. Di Marzo rimosso dall’ufficio8. La funzione di preside fu quindi assunta da Filippo Vassalli, che la mantenne ininterrottamente, per oltre dieci anni, fino alla sua morte, avvenuta a Roma il 16 maggio 1955. Dopo la prima elezione del 1944, Vassalli fu rieletto altre tre volte: il 16 ottobre 1947 (con undici voti a favore e il dodicesimo voto – sicuramente dato da Vassalli9 – andò a V.E. Orlando); il 12 luglio 1950 (con sedici voti a favore; un voto andò ad Antonio Scialoja e un altro voto a Tomaso Perassi); e il 23 ottobre 1953 (all’unanimità: essendo assente alla votazione Vassalli, già colpito dalla malattia che lo avrebbe portato a morte – come si è visto – meno di due anni dopo). 2. Nella sua qualità di preside della Facoltà di Giurisprudenza, Vassalli svolse anche le funzioni di preside della Facoltà di scienze politiche dal 1944 al 1950. collegio praefuit in almis Camerinensi Perusino Genuensi Taurinensi studiis ius Romanum necnon modernas leges docuit iam inde ab anno 1909». 6 E precisamente dal 29 luglio 1944, secondo l’Annuario dell’Università di Roma (nt. 1), 29. 7 Così A. DE CUPIS, Il giureconsulto Filippo Vassalli, cit., 594 s., dove si legge: «Non sarebbe completo il quadro delle attività da lui svolte, se non ricordassimo che fu anche preside della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma dal giugno 1944 fino, ininterrottamente, alla morte». 8 È anzi dubbio che vi fu mai insediato: gli annuari dell’Università di Roma non lo menzionano infatti mai nell’elenco dei presidi di Giurisprudenza. 9 Dal momento che Orlando era appena stato acclamato preside, ma aveva dichiarato che «la molteplicità dei suoi incarichi» gli impediva, pur grato e commosso per la manifestazione della Facoltà, di assumere la presidenza e aveva pregato i colleghi di procedere alla votazione (cfr. verbale del Consiglio del 16 novembre 1947). 4 Infatti, con circolare del Ministro della pubblica istruzione n. 1120 del 27 novembre 1944, veniva comunicato che era allo studio un provvedimento di soppressione del corso di laurea in Scienze politiche e, sospese le immatricolazioni a tale corso, si disponeva che gli studenti iscritti agli anni successivi al primo potessero continuare gli studi per il corso di laurea in Scienze politiche presso la Facoltà di giurisprudenza. Inoltre, con disposizione ministeriale veniva stabilito che il preside di Giurisprudenza dovesse essere considerato per l’anno accademico in corso anche preside della Facoltà di Scienze politiche10. Analogo provvedimento ministeriale veniva adottato per gli anni accademici successivi, fino al 1949-50, ai sensi del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238, recante provvedimenti sull’istruzione superiore11. 3. Appena insediato nel suo ufficio di preside, Vassalli fu immediatamente costretto ad affrontare la delicata questione delle epurazioni12, che risultava intimamente connessa a quella, più generale, della riorganizzazione della Facoltà e della didattica13. 10 Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 5 gennaio 1945. Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 24 ottobre 1945. Successivamente la Facoltà aveva istituito una commissione, composta da Zanobini, Amoroso e Carnelutti per studiare la questione relativa ai rapporti tra la Facoltà giuridica e quella di Scienze politiche (cfr. verbale del Consiglio del 24 maggio 1946), la quale produce una relazione che viene approvata e si legge nel verbale del Consiglio del 13 luglio 1946. 12 In effetti, un procedimento per l’epurazione (il n. 922) sarebbe stato iniziato poco più tardi a carico dello stesso Vassalli; e, a seguito degli addebiti inizialmente formulati, Vassalli volle presentare, proprio in quanto Preside, le sue deduzioni scritte («Il voto unanime dei colleghi da cui derivo l’ufficio di Presidenza della Facoltà giuridica dell’Università di Roma mi fa ravvisare il dovere di dare in questa sede qualche chiarimento sull’opera mia, che non avrei d’altronde ravvisato, qualora avessi dovuto considerare le contestazioni come tali che investissero soltanto la mia personale posizione»), poi pubblicate, per i tipi della “Tipografia del Senato del dott. G. Bardi”, nella già citata raffinatissima e rara edizione, con note e illustrazioni [F. VASSALLI In tema di “epurazione”, cit.]. 13 Anche sotto questo riguardo la situazione doveva essere assai disordinata se già nel secondo Consiglio presieduto da Vassalli, questi, seppure con tutto il suo proverbiale garbo, è costretto a comunicare che «il Prof. Jannitti Piromallo [cioè un libero docente] ha iniziato – com’egli ha casualmente appreso – i corsi di “Diritto penale” e di “Diritto processuale penale” in luogo del Prof. Grispigni; la Facoltà, richiamate le sue precedenti deliberazioni, mentre apprezza che il Prof. Jannitti tenga il suo corso pareggiato, ritiene che non sia possibile ch’egli si sostituisca al Prof. Grispigni, anche su invito del medesimo, fino a che non sia intervenuto un provvedimento ufficiale che gli attribuisca la supplenza del Prof. Grispigni, o gli affidi un incarico». 11 5 Nel primo Consiglio da lui presieduto, Vassalli comunicava che ben sette professori non facevano più parte della Facoltà giuridica14. Subito dopo la liberazione di Roma erano stati rimossi dal loro posto di ruolo i professori Asquini, de Francisci, De Marsico e Leicht, e sospesi i professori Balzarini, Di Marzo e Antonio Scialoja15. C’era poi in sospeso la singolare posizione di Dino Grandi che formalmente risultava ancora occupare un posto di ruolo16. 14 Così nel verbale del Consiglio del 10 agosto 1944, dove si legge anche: «Il Preside crede di interpretare il sentimento di tutti i presenti mandando un saluto ai Colleghi che da noi si sono definitivamente o temporaneamente allontanati. A noi essi furono vicini, per anni più o meno lunghi, nell’adempimento di un compito in cui non conoscemmo che l’altezza del loro sapere e la nobiltà della loro dedizione alla Scuola./ Al nostro saluto si accompagna il voto che, nella superiore considerazione del bene del Paese, essi siano per onorare sempre il nome italiano./ Un saluto particolare consentite ch’io rivolga al professore Pier Silverio Leicht, del quale io fui discepolo nell’Università di Siena e che fino a ieri da questo posto diresse i nostri lavori con saggezza e prudenza eguagliate solo dalla squisitezza dell’animo./ I membri della Facoltà si associano». 15 Più tardi e per un brevissimo periodo (dal 3 novembre al 20 dicembre 1945) fu sospeso dal servizio, per essere stato sottoposto a procedimento di epurazione, Widar Cesarini Sforza 16 Cfr. al riguardo lo “scambio di idee” in merito alle cattedre vacanti tenutosi nella riunione del Consiglio di Facoltà del 29 marzo 1946. Ricordo che Dino Grandi era stato chiamato “per chiara fama” sulla (terza) Cattedra di diritto civile; cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 21 dicembre 1940: «Il Preside [P.S. Leicht] propone la nomina a professore della Facoltà di Giurisprudenza dell’Eccellenza Conte Avv. Dino Grandi a norma dell’art. 81 del T.U. delle leggi sulla istruzione superiore per l’alta fama alla quale egli è pervenuto nelle materie giuridiche con l’opera di codificazione nel campo del diritto privato e processuale a cui egli ha legato il proprio nome./ La Facoltà a voto unanime [ma in assenza di Jemolo, Gini e Galgano; e soprattutto quella del primo mi pare piena di significati] plaude alla iniziativa e approva la seguente motivata relazione:/ “La Facoltà di Giurisprudenza della R. Università di Roma, considerate le alte benemerenze che il Ministro di Grazia e Giustizia Avv. Conte Dino Grandi ha acquisito nel campo giuridico per l’opera insigne da lui data per una rapida attuazione del pensiero del Duce, inteso a dare all’Italia un complesso di codici degno del tempo Fascista, compiendo ed integrando quanto era stato iniziato e predisposto dai suoi eminenti predecessori;/ Considerato come nell’opera sua il Ministro Grandi abbia saputo fondere, con chiara conoscenza dei bisogni della società contemporanea, la splendida tradizione italiana che scaturisce dalla sorgente inesauribile del diritto romano e si matura nelle creazioni geniali del diritto intermedio con lo spirito della rivoluzione fascista;/ nell’intento di mostrare l’adesione sua piena a questa grande opera e legarla all’Università italiana, nel nome di chi le ha dedicato tutte le sue geniali energie;/ delibera/ di proporre al Ministro della Educ. Naz., la nomina del Ministro della Giustizia/ Conte Dino Grandi/ a professore ordinario di diritto civile per l’Art. 81 del T.U. delle leggi sull’istruzione superiore”». Il verbale è stato anche pubblicato da F. CIPRIANI, Il codice di procedura civile tra gerarchi e processualisti, Napoli, 1992, 379, il quale commenta l’episodio del conferimento della cattedra a Grandi alle pagine 52 (testo e nt. 154) e 111. Sull’episodio si vedano: lo stesso D. GRANDI, Il mio Paese. Ricordi autobiografici, a cura di R. De Felice, Bologna, 1985, 494; P. CALAMANDREI, Diario 1939-1945, a cura di G. Agosti, vol. I, Firenze, 1997, 294 e 297 s.; ancora F. CIPRIANI, Pietro de Francisci e la procedura civile, in ID., Il processo civile nello Stato democratico, Napoli, 2006, 226 s.; ID., Alla scoperta di 6 Insieme agli allontanamenti, l’avvento del nuovo regime consentì qualche reintegrazione. Non, in pratica, quella di Giorgio Del Vecchio allontanato dall’insegnamento nel 1938 perché ebreo: al Consiglio dell’8 settembre 1944 Vassalli comunica che «il Prof. Del Vecchio inizierà la prossima settimana il suo corso di “Filosofia del diritto”, parallelo a quello del Prof. Cesarini Sforza», ma subito dopo interviene la sospensione in ragione della precedente adesione al fascismo da parte di Del Vecchio stesso17. Sono invece effettivamente riammessi in servizio prima Umberto Ricci18, ordinario di Economia politica, e poi Vittorio Emanuele Orlando, Enrico Redenti (e alle radici del codice di procedura civile), in ID., Scritti in onore dei Patres, Milano, 2006, 345 s.; ID., Giuseppe Chiovenda e la “Rivista italiana per le scienze giuridiche” (ancora sul dissidio tra Scialoja e Chiovenda), in Giusto proc. civ., 2009, 1271 a nt. 31; nonché C. MONTAGNANI, L’incredibile brevità della memoria e la scomparsa delle lucciole, in Studi per Franco Di Sabato, vol. IV, Napoli, 2009, 712 s. Le due citate pagine del diario di Calamandrei riportano, l’una (sotto la data del 26 gennaio 1941), alcune dicerie riferite da Carnelutti, e l’altra (sotto la data del 2 febbraio 1941), alcune testimonianze di Messina. Le cose riportate da Carnelutti e Messina concordano sul fatto che solo Jemolo votò contro (ma dal verbale si apprende che la sua fu o una assenza dissenziente, ovvero – come propenderei ora credere sulla base della concordante testimonianza di Carnelutti e Messina – un dissenso verbalizzato in forma di assenza) e sono invece discordi nell’attribuire il ruolo di promotore della iniziativa o a De Francisci (secondo Messina) o «al prof. V. che vuol essere senatore e accademico» (secondo Carnelutti). Non avrei dubbi a considerare attendibile solo la prima testimonianza, perché diretta e assai circostanziata: «Il prof. Messina… mi ha raccontato un curioso retroscena della nomina di Grandi a prof. ord[inario] di diritto civile all’Univ[ersità] di Roma. De Francisci, vicepresidente della Camera, perse improvvisamente l’ufficio di consigliere nazionale quando fu sostituito da Pellizzi alla direzione dell’Ist[ituto] fascista di cultura: doveva cessare anche, naturalmente, di essere v[ice]presidente della Camera; ma Grandi, presidente, gli salvò il posto inventando da leguleio che, siccome la nomina a vicepresidente è fatta con decreto reale, essa non viene meno finché un nuovo decreto reale non abroga il primo. Allora De Francisci per gratitudine ha convocato la facoltà e ha fatto un discorsetto dicendo che “anche per desiderio di Bottai” (?) proponeva di nominare Grandi prof. ordinario. “Veramente la nomina gli competerebbe in procedura civile, perché il Codice l’ha fatto lui (?!), ma l’ho interpellato e mi ha detto che preferirebbe il diritto civile” (!). Naturalmente tutti votarono, meno Jemolo. Ma poi non è certo se Grandi fosse consenziente o se sia stata una ignobile cortigianeria di De Fr[ancisci]. Dicono che Grandi informato della cosa avrebbe detto al telefono: “Questa non è una cosa seria”: o che, consigliato da un amico, avrebbe rifiutato. Altri dicono che ha accettato ma che per ora desidera che tutto sia passato sotto silenzio». 17 Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 30 novembre 1944, nel quale il preside comunica la sospensione di Giorgio Del Vecchio intervenuta in relazione al giudizio di epurazione. 18 Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà dell’11 dicembre 1944. Ma Umberto Ricci sarebbe morto poco più di un anno dopo (e precisamente il 3 gennaio 1946) al Cairo, dove era andato, esule durante il fascismo, ad insegnare nella locale Università. Sulla figura di Ricci cfr., da ultimo, AA.VV., Umberto Ricci (1879-1946). Economista militante e uomo combattivo, Firenze, 2004. 7 destinato dal provvedimento di reintegrazione alla cattedra di diritto costituzionale19. Insieme a questi professori tornano gli studenti provenienti da università straniere e in particolare pontificie: si tratta nella più parte dei casi di giovani ebrei (lo si evince agevolmente scorrendo i cognomi delle pratiche studenti approvate nei primi Consigli di facoltà della presidenza Vassalli). Inoltre, Vassalli si fa carico di dare accoglienza «a due insigni maestri appartenenti ad Università di terre italiane ancora da noi separate», i quali, ritornati dalla Svizzera, erano allora a Roma. Ci si riferisce a Luigi Einaudi e Francesco Carnelutti, i quali furono invitati a considerare la sede e i mezzi della Facoltà a loro piena disposizione e a tenere un corso di conferenze presso l’Università20. Molti dei professori inizialmente sospesi o rimossi dal servizio furono in seguito, ma sempre durante la presidenza Vassalli, reintegrati. Tuttavia, nel frattempo, altri professori furono posti fuori ruolo o a riposo per ragioni di età. Sicché, in ogni caso, la Facoltà subì in quegli anni un profondo mutamento. Complessivamente, sotto la presidenza di Vassalli, si procedette alla chiamata di ben dodici professori: Vincenzo Arangio-Ruiz, Francesco Carnelutti, Francesco Calasso, Emilio Betti (prima alla cattedra di diritto civile e poi su quella di diritto romano), Francesco Santoro-Passarelli (prima alla cattedra di diritto del lavoro e poi su quella di diritto civile), Tullio Ascarelli, Francesco Maria Dominedò, Edoardo Volterra, Pietro Agostino D’Avack, Gustavo Del Vecchio, Antonio Segni e Giuseppe Branca. In occasione di queste chiamate la Facoltà si mostrò tendenzialmente compatta, anche se quasi sempre si trattò di scegliere tra una pluralità di autorevoli e degnissimi aspiranti e molto spesso la discussione, prima, e il voto, poi, mostrarono la presenza di articolate posizioni nell’ambito del Consiglio. A questa tendenza generale fa eccezione la chiamata di Tullio Ascarelli, che, viceversa, ebbe una storia lunga, complessa e travagliata e 19 20 Con provvedimento ministeriale del 16 giugno 1945, n. 6374. Cfr. verbale del Consiglio di Facoltà del 5 gennaio 1945. 8 che sarà fatta oggetto di analitica ricostruzione nel seguito di questo lavoro. Prima di occuparci di quella di Ascarelli, è però necessario riservare almeno un cenno ad un’altra chiamata, quella di Emilio Betti, che fu certo più spedita e che, tuttavia, mostrò alcune notevoli peculiarità proprio con riguardo al generale problema della “epurazione” dei professori universitari. Per la copertura della seconda cattedra di diritto civile, già tenuta da Messina morto nel 1946, furono presentate cinque domande; quelle di Betti, appunto, di Nicolò, di Rotondi (che avrebbe, come si dirà, conteso successivamente ad Ascarelli la cattedra di diritto industriale), di SantoroPassarelli e di Stolfi. La Facoltà si riunì il 30 novembre 1946 per deliberare al riguardo e alla discussione parteciparono Albertario, Jemolo, ArangioRuiz, Carnelutti, Perassi, Cesarini Sforza, Galgano, Maroi, Scialoja e Calasso. Da tale discussione risultò riconosciuta la superiorità di Betti, sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista didattico21, ma emersero anche disparità di opinioni circa la opportunità di una sua designazione dal punto di vista politico. Prima di procedere alla votazione, Calasso dichiarò che si sarebbe astenuto e Jemolo e Arangio-Ruiz presentarono dichiarazioni di voto che furono integralmente riportate nel verbale e che meritano sicuramente di essere, ancora oggi, rilette e meditate. In particolare, Jemolo «ritiene che l’attuale sistema del voto motivato per i trasferimenti a cattedre diversifichi da quello del concorso, nel senso che mentre nel concorso non è concesso considerare altri elementi all’infuori della capacità scientifica e didattica dei candidati ammessi al concorso, nel trasferimento le Facoltà 21 «Invero la intensa e ininterrotta produzione scientifica nel campo del Diritto romano e del Diritto privato del Prof. Betti eccelle per la finezza dogmatica non meno che per acutezza di indagine; pregi non diversi ha la sua produzione nel campo della procedura civile e del diritto internazionale. In special modo la preparazione del Betti nel campo specifico del diritto civile si documenta con una serie di volumi (fra cui magistrale quello sul “Negozio giuridico”), con alcuni corsi di lezioni in ciclostile e con saggi molto pregevoli./ La lunga e fruttuosa attività del Betti negli studi romanistici costituisce una preziosa preparazione per la conoscenza approfondita del diritto civile. La posizione scientifica di lui trova riconoscimento nella reputazione che egli gode nel mondo accademico italiano e internazionale. Né va omesso di far menzione alla sua dedizione alla scuola e dell’efficacia del suo insegnamento./ Gli altri aspiranti, pur presentando in vario grado una cospicua produzione scientifica, nonché notevole tirocinio d’insegnamento, non raggiungono la posizione scientifica del prof. Betti, il quale ha anche, nei confronti dei medesimi, una maggiore anzianità accademica» (verbale del Consiglio di Facoltà del 30 novembre 1946). 9 possono tener presenti altri lati personali di chi chiede di essere ammesso nel loro seno./ Ritiene pertanto di restare nel sistema della legge dichiarando che vota contro la chiamata del Prof. Betti non soltanto perché non lo crede il didatta migliore in relazione alle esigenze della nostra studentesca così com’è formata22, anche per il fatto degli articoli da lui scritti sul “Corriere della sera” durante il primo semestre del 1944./ Potrà sbagliare, ma egli pensa che il prendere partito per l’ideologia rappresentata dal nazifascismo contro quella rappresentata dalle nazioni alleate nel febbraio e nel maggio del ’44, quando il nazismo aveva mostrato il suo volto più brutale, quando era noto che la sua vittoria avrebbe rappresentato la meditata e crudele distruzione di una razza, non sia cosa ascrivibile alle preferenze politiche, e neppure alla scelta tra due governi che si dichiarino entrambi legittimi, ma tocchi il dominio della morale. Che quel prendere partito implicasse, nel più benevolo dei giudici, una cecità morale, che è elemento di cui una Facoltà ha ben diritto di tenere conto». Arangio-Ruiz, invece, «dichiara di trovarsi in una situazione particolarmente delicata. Mentre infatti riconosce nel Prof. Betti qualità di studioso e di insegnante che lo pongono certamente al di sopra di tutti gli altri aspiranti, ed anche per ragione di età ed anzianità universitaria quasi in un’altra e superiore categoria, non può non essere turbato dalla considerazione di certi atteggiamenti tenuti dal Betti non tanto nel tempo fascista, quanto nel periodo nazifascista posteriore al 25 luglio e all’8 settembre 1943. Egli, che come Ministro ha dovuto firmare i decreti di dispensa dal servizio di colleghi per tanti riguardi altamente rispettabili, e che non li avrebbe firmati se fosse stato ostile ad ogni epurazione della Università, penserebbe di mettersi in contraddizione con se medesimo votando per il trasferimento del Betti alla Facoltà di Roma./ È vero che il Betti è stato assolto dalla Commissione di epurazione, essendosi tenuto 22 E per meglio comprendere che cosa qui volesse intendere e quanto fosse radicato questo suo convincimento conviene rileggere alcune pagine di A.C. JEMOLO, Italia tormentata, Bari, 1951, spec. 151: «Nella ricerca dei professori, almeno nelle facoltà di legge e di economia, lasciare da parte le somme personalità, che poi la politica o gli uffici internazionali assorbono, e scegliere degli uomini interamente dedicati allo studio, appassionati dell’insegnamento» (enfasi aggiunta). 10 conto dei particolari momenti e stati d’animo nei quali egli scrisse sui giornali quotidiani articoli noti a tutti; ma non si può non tener conto del valore obiettivo di tali articoli e degli effetti che dovettero produrre./ È perciò dolente di non poter dare il suo voto per il trasferimento dell’esimio collega». Seguì la votazione che diede a Emilio Betti undici voti su sedici (due andarono a Francesco Santoro-Passarelli, uno a Mario Rotondi e due furono le schede bianche) e dunque un numero di consensi sufficiente per consentire alla Facoltà di proporre al Ministro il trasferimento di Betti. 3. Per quanto riguarda la vicenda, come si è detto lunga e travagliata, della chiamata di Tullio Ascarelli, si deve iniziare col ricordare che essa prese le mosse nel 1950, quando fu collocato fuori ruolo Antonio Scialoja. Al Consiglio di facoltà del 27 giugno 1950, Vassalli «esprime il rammarico della Facoltà e ricorda le alte benemerenze del Collega verso gli studi e la scuola, che valgono a mantenerlo nella gloriosa tradizione famigliare affidata ai grandi nomi dell’avo Antonio SCIALOJA e di Vittorio SCIALOJA»; si noti incidentalmente che Vassalli, anche in questa circostanza, non manca di ricordare la figura del suo Maestro23. Tutti i presenti si associano ai sentimenti del preside e unanimemente approvano il seguente ordine del giorno (formulato da Francesco Carnelutti): «La Facoltà considera con tristezza il distacco di Antonio SCIALOJA dall’insegnamento della materia, alla quale ha saputo conferire dignità ormai indelebile nel campo degli studi come in quello della legislazione. La tristezza è dovuta non meno alla valutazione del passato che alla preoccupazione pel futuro. La Facoltà è consapevole che le opere compiute dal docente, per quanto siano meritevoli, non possono sottrarlo alla legge concernente il limite di età. Perciò non ricorda ora la mirabile attività del professore SCIALOJA come scienziato e come insegnante prima del diritto commerciale e poi, in 23 E cfr. ARANGIO-RUIZ, Filippo Vasssalli, cit., 3, che ricorda come non vi sia stata occasione, triste o lieta, nella quale Vassalli abbia dovuto prendere la parola come preside della Facoltà che non gli abbia dato lo spunto per inchinarsi alla memoria di Vittorio Scialoja. 11 particolare, del diritto della navigazione se non per compiacersi di aver avuto tra i suoi membri uno dei più nobili, colti e perspicaci giuristi di cui l’Italia moderna si onora. Piuttosto essa constata che tale Maestro fino a ieri, anzi fino ad oggi ha continuato la sua opera nella scienza e dalla cattedra senza la minima flessione, anzi con autorità e con amore ogni giorno accresciuti; né vede chi possa prendere il suo posto con pari efficacia dell’insegnamento e prestigio della scuola./ Perciò la Facoltà è persuasa che verrebbe meno al suo dovere se non proponesse che gli sia applicata la norma eccezionale, tuttora vigente, per la quale il limite di età può essere prorogato a settantacinque anni e se non rivolgesse all’illustre collega, insieme con ogni più affettuoso augurio, la preghiera di volere accettare la proposta». Tuttavia, la proposta di applicare la norma eccezionale non dovette essere accolta se il 18 settembre 1950 Vassalli informò il Consiglio di facoltà che si è resa vacante la cattedra di diritto della navigazione, fino ad allora appunto ricoperta da Antonio Scialoja. Su proposta dello stesso Scialoja (e dopo gli interventi adesivi di Asquini, Maroi, De Marsico e De Gregorio e dopo quello dissenziente di Jemolo, per il quale occorreva considerare l’importanza del diritto della navigazione comparativamente con altre materie, come, ad esempio, il diritto industriale), la Facoltà, con la sola astensione di Jemolo, delibera di destinare uno dei posti di ruolo vacanti al diritto della navigazione. Nella Gazzetta ufficiale del 23 maggio 1951, n. 51, viene pubblicata la vacanza della cattedra di diritto della navigazione e nel Consiglio del 28 aprile 1951 Vassalli può informare che sono state presentate domande di trasferimento da parte di Tullio Ascarelli, Francesco Maria Dominedò e Antonio Lefebvre d’Ovidio. Tuttavia, in quella occasione, la Facoltà, «non ritenendo ancora matura la possibilità di una discussione e volendo inserire questa nel quadro dei provvedimenti delle altre cattedre vacanti, delibera di rinviare a una prossima seduta». È, in vero, quest’ultima la reale ragione del rinvio; in quello stesso Consiglio, infatti, il preside fa presente che, in seguito al collocamento fuori ruolo di De Gregorio, si è reso disponibile il posto da questi ricoperto. Dopo «ampia e approfondita discussione alla quale partecipano tutti membri della Facoltà, 12 avendo prevalsa la proposta del prof. Asquini di utilizzare il posto di ruolo ad altra materia privatistica anziché a una doppia cattedra di diritto commerciale come era stato finora per ragioni contingenti24, la Facoltà delibera di destinare il posto di ruolo alla cattedra di Diritto Industriale, da coprirsi per trasferimento». Le cattedre da ricoprire, e in ambiti disciplinari affini se non in un ambito comune, diventano quindi due; sicché, al Consiglio del 28 giugno 1951, il preside può inserire nel medesimo punto all’ordine del giorno i “Provvedimenti per cattedre vacanti”. La trattazione del punto si apre con la comunicazione da parte di Vassalli di un telegramma di Antonio Scialoja nel quale si afferma che, se fosse stato presente, avrebbe votato per Ascarelli alla cattedra di diritto industriale, e di una lettera di Fulvio Maroi, assente per ragioni di salute, dalla quale si apprende che quest’ultimo, se presente, avrebbe dato il voto a Dominedò per la cattedra di diritto della navigazione «e che il maggior rilievo merita, a suo avviso, la candidatura del Prof. Rotondi». A questo punto, dopo essere stato chiarito che secondo le disposizioni vigenti sulle chiamate a cattedre vacanti i professori fuori ruolo non devono essere calcolati agli effetti del quorum se assenti, mentre devono esserlo se partecipano alla votazione, e dopo avere espresso apprezzamento e ringraziamento ai professori Ghiron e Pescatore per avere tenuto per incarico quegli insegnamenti ora messi a concorso, il preside comunica che «hanno proposto domanda per il Diritto della navigazione i professori Dominedò, Ascarelli, Lefebvre e Ferri; per il Diritto industriale: i professori Ascarelli, Rotondi e Ferri». Ascarelli e Ferri concorrevano, dunque, su ambedue le cattedre vacanti. Dopo articolata discussione che muove dalla sua stessa modalità di svolgimento e che, su conforme parere di Vittorio Emanuele Orlando, si 24 Le ragioni contingenti erano – giova ricordarlo – queste: quando nel 1944 Asquini fu, con provvedimento di epurazione, rimosso dalla cattedra di diritto commerciale, la Facoltà deliberò di coprirla trasferendovi De Gregorio, che fino ad allora aveva ricoperto la cattedra di diritto industriale. Più tardi, quando nell’aprile del 1948 il Ministro della pubblica istruzione aveva disposto la riassunzione in servizio di Asquini (in conformità alla decisione del Consiglio di Stato con la quale era stato annullato il decreto di dispensa dal servizio), la Facoltà decise di sdoppiare la cattedra di diritto commerciale (cfr. verbale del 4 maggio 1948). 13 esclude potere essere “complessiva”, il Consiglio procede alla votazione separata per le due cattedre nell’ordine cronologico nelle quali le stesse sono state dichiarate disponibili. La votazione dà i seguenti risultati: «componenti della Facoltà professori di ruolo: ventitré. Presente alla votazione professore fuori ruolo uno. Votanti diciotto. Maggioranza assoluta occorrente per le chiamate: tredici./ Diritto della navigazione: Ascarelli voti otto; Dominedò voti sette; Lefebvre voti due; schede bianche una./ Diritto industriale: Ascarelli voti nove; Rotondi voti cinque; Ferri voti uno; schede bianche tre./ Non essendosi raggiunta né per l’una né per l’altra materia la maggioranza occorrente per la chiamata da parte di nessuno dei candidati, il Consiglio non trova luogo a procedere». Ascarelli è il più votato in ambedue i concorsi, ma per essere chiamato gli mancano quattro o cinque voti. Anche nella seduta del 7 dicembre 1951 non se ne fa nulla, perché il Consiglio, «dopo amplissima discussione alla quale partecipano tutti i membri della Facoltà», delibera, a maggioranza di nove contro sette e con una astensione, la sospensiva delle chiamate e incarica i (soliti) Ghiron e Pescatore di tenere, rispettivamente, i corsi di diritto industriale e della navigazione. Si arriva così al 16 luglio 1952 e Vassalli, nel mettere in discussione i provvedimenti relativi alle cattedre di diritto della navigazione e industriale, rileva «come i proff. Ascarelli e Ferri abbiano fatto presente la loro aspirazione per l’una e l’altra cattedra, cosa ben naturale, dato che l’una e l’altra materia hanno intime connessioni con il tronco fondamentale del Diritto commerciale e che l’una e l’altra materia hanno formato oggetto di contributi scientifici e d’insegnamento da parte di codesti cospicui commercialisti», e che «il Prof. Tullio Ascarelli nella sua domanda per la cattedra di Diritto industriale… espressamente dichiara: “che nella ipotesi che la Facoltà ritenesse di accogliere la domanda ora avanzata… dovrà ritenersi caducata la precedente domanda di trasferimento alla cattedra di 14 Diritto della navigazione”»25. Si apre a questo punto una lunga discussione (alla quale partecipano Asquini, Jemolo, Papi, Santoro-Passarelli, Betti, Arangio-Ruiz, Orlando, Carnelutti e Calasso, i quali manifestano discordanti opinioni) sulla proposta di Santoro-Passarelli di procedere, prima, alla deliberazione relativa al diritto industriale e, in un secondo momento, a quella relativa al diritto della navigazione. A seguito di tale discussione si decide con sedici voti a favore e cinque contrari di porre prima in deliberazione i provvedimenti per la cattedra di diritto industriale e poi quelli relativi alla cattedra di diritto della navigazione. Naturalmente, tante discussioni sull’ordine delle deliberazioni relative alle due chiamate dovevano avere ragioni sostanziali. Anche se oggi è difficile ricostruirle con esattezza, è probabile che chi si opponeva a far precedere la deliberazione sul diritto industriale sperava di fare passare la candidatura (come si è già visto, più forte anche in seno a quella Facoltà) di Ascarelli sulla cattedra di diritto della navigazione per poi tentare di recuperare un altro candidato su quella di industriale; chi viceversa – Santoro-Passarelli in testa – propugnava l’inversione delle chiamate rispetto all’ordine delle vacanze, oltre a volere collocare Ascarelli sulla cattedra – lo si è visto – a lui più gradita, desiderava mantenere aperta la possibilità di una chiamata per gli specialisti del diritto della navigazione. Come si è anticipato, prevalse questo secondo partito, e si cominciò a deliberare in merito al diritto industriale. Fu, anzi tutto, deciso che dovevasi deliberare a votazione con schede segrete (e, come si vedrà, la cosa non fu affatto priva di conseguenze); il risultato di tale votazione fu che ad Ascarelli andarono tredici voti e a Rotondi nove26. Ascarelli risultava quindi, seppure di stretta 25 La preferenza è ribadita da Ascarelli con una lettera della stessa data del Consiglio, 16 luglio 1952, indirizzata a Santoro-Passarelli e da questi consegnata al preside per essere messa agli atti, con la quale si rinnova «l’espressione della sua preferenza per la cattedra di Diritto industriale tra le due cattedre dichiarate vacanti nella Facoltà romana». 26 Come si disse, la votazione fu segreta ma è certo che Filippo Vassalli votò per Ascarelli (così come ritengo che dovettero sostenere Ascarelli, tra gli altri, anche Carnelutti e Santoro-Passarelli). 15 maggioranza e con una divisione inusualmente netta in quella Facoltà, chiamato alla cattedra di diritto industriale27. La Facoltà allora incaricò il prof. De Gregorio di volere estendere la motivazione del voto, che fu la seguente: «La Facoltà, prese in esame le domande degli aspiranti al trasferimento alla cattedra di Diritto industriale, Tullio Ascarelli, Professore di Diritto commerciale all’Università di Bologna, Giuseppe Ferri, professore di Istituzioni di diritto privato all’Università di Pisa, e Mario Rotondi, professore di Diritto commerciale all’Università di Pavia,/ considerata l’eminente posizione scientifica ed accademica degli aspiranti, ciascuno dei quali dà sicuro affidamento di conferire al prestigio ed alla efficienza della Facoltà,/ considerato che, mentre il Prof. Rotondi ha dedicato lunga e cospicua parte della sua attività scientifica alla elaborazione di opere di Diritto industriale, la posizione del Prof. Ascarelli, a giudizio della maggioranza della Facoltà, prevale per l’ampiezza e l’acutezza della sua produzione, la quale lo colloca in primissima linea tra i cultori del Diritto commerciale, di cui il diritto industriale può considerarsi un ramo;/ visto l’esito della votazione, che ha dato tredici voti al Prof. Ascarelli e nove voti al Prof. Rotondi/ delibera/ di proporre al Ministero della P.I. la chiamata del Prof. Tullio Ascarelli alla cattedra di Diritto industriale nella Facoltà di Giurisprudenza di Roma». 27 Può anche ricordarsi, per completezza di informazione, che sulla cattedra di diritto della navigazione fu successivamente chiamato Dominedò con la seguente motivazione, estesa da Asquini: «La Facoltà prese in esame le domande degli aspiranti al trasferimento alla cattedra di Diritto della navigazione prof. Tullio Ascarelli, Giuseppe Ferri, Francesco Dominedò, Antonio Lefèvré-D’Ovidio,/ considerato/ che la domanda del Prof. Tullio Ascarelli deve intendersi decaduta anche secondo la volontà dello stesso richiedente, in seguito al precedente voto della Facoltà per la chiamata del Prof. Ascarelli alla cattedra del Diritto industriale/ considerato/ che la natura particolarmente tecnica della cattedra di Diritto della navigazione consiglia di prendere in particolare considerazione i professori Francesco Dominedò e Antonio Lefèvré D’Ovidio, i quali sono da lunghi anni titolari della cattedra stessa, pur dando atto che la posizione accademica e scientifica del prof. Giuseppe Ferri non è seconda a quella di alcuno dei concorrenti,/ considerato/ che tra il Prof. Francesco Maria Dominedò e il Prof. Antonio Lefèvré D’Ovidio, ambedue esimi cultori del Diritto della navigazione, il Prof. Francesco M. Dominedò ha maggiore anzianità accademica e forma già parte della nostra Università, coprendo con decoro la cattedra di diritto della navigazione nella Facoltà di Economia e commercio,/ Visto/ l’esito della votazione, che ha dato tredici voti al Prof. Francesco Dominedò, cinque voti al Prof. Lefèvré D’Ovidio, tre schede bianche/ Delibera/ di proporre al Ministero della Pubblica Istruzione la chiamata del Prof. Francesco Maria Dominedò alla cattedra di Diritto navigazione nella Facoltà di Giurisprudenza di Roma». 16 La vicenda della chiamata di Ascarelli, o della “questione romana” come lui stesso l’avrebbe chiamata, è però tutt’altro che esaurita28. Nel Consiglio del 24 ottobre 1952 si apre una lunga e articolata discussione in merito a tempistica e modalità di trasmissione del verbale della seduta precedente al Ministero e della sua approvazione. Poteva il verbale essere trasmesso – come fu, su sollecitazione dell’amministrazione – al Ministero della pubblica istruzione prima di essere stato approvato? E, una volta trasmesso, poteva essere approvato in una successiva riunione del Consiglio? Che valore avevano le motivazioni redatte da De Gregorio e Asquini dopo il Consiglio e allegate al suo processo verbale? Ovviamente, la discussione si accende perché si rimettono in discussione le proposte di chiamata. Dopo che Vassalli ha chiaramente inquadrato i termini delle questioni e relazionato su come ha creduto di dover procedere, prende la parola Asquini, il quale osserva che «il verbale non ancora approvato non avrebbe potuto essere trasmesso al Ministero ed esprime dubbi circa la portata di una approvazione del verbale che segua in data successiva alla trasmissione al Ministero e alla comunicazione agli interessati del verbale stesso». Carnelutti, invece, osserva che «il verbale giuridicamente esiste anche senza l’approvazione della Facoltà, essendo a ciò sufficiente la firma del segretario della Facoltà, la quale certifica la rispondenza del verbale a quanto seguito nella seduta relativa» e aggiunge che i componenti del consiglio di facoltà «hanno solo il diritto di rilevare in sede di approvazione del verbale le eventuali inesattezze di questo». Santoro-Passarelli, pur 28 Il 26 settembre 1952 Ascarelli scrive a Messineo: «Mio caro Messineo,/ mille grazie della tua affettuosa lettera e spero presto vederti. La situazione romana è andata in porto e credo che per la fine dell’anno sarò in tutti i sensi sistemato… Poiché mi si dice che Rotondi farà ricorso e poiché d’altra parte il cambiamento di cattedra importa il giudizio del Consiglio Superiore, credo che finirò per iniziare il corso ai primi di gennaio. Intanto ho mandato a Banca e Borsa una lunga pappardella che in parte riprende il tema delle società collegate ed ho così avuto occasione di tornare a studiare la tua monografia di alcuni anni fa che praticamente costituisce ancora l’unico nostro studio in materia./ Abbiti intanto rinnovati ringraziamenti, perché non posso ignorare e dimenticare il peso che hanno avuto il tuo giudizio e la tua influenza nella soluzione della questione romana, e credimi con un cordiale abbraccio, Tuo». La copia della lettera è conservata nell’archivio della famiglia Ascarelli, e mi è stata fornita (insieme ad altri documenti rilevanti) dalla signora Franca Maffei Ascarelli, alla quale rinnovo i sensi della mia profonda riconoscenza per avermi messo a disposizione le carte del Padre e per avere incoraggiato queste mie ricerche. 17 fondamentalmente concordando con l’opinione di Carnelutti, mostra con riguardo al caso di specie alcune perplessità, dal momento che le due motivazioni non erano state portate a conoscenza della Facoltà in occasione del precedente Consiglio e, quindi, ritiene opportuno, nel procedere nell’approvazione del verbale, «fare espressa menzione delle motivazioni ivi allegate ed inserite». Giorgio Del Vecchio ritiene invece che l’approvazione delle motivazioni sia implicita in quella del verbale, dal momento che la Facoltà, deliberando sulle chiamate, ha anche «dato la delega a due Colleghi a redigere le motivazioni relative», ma aggiunge che, tuttavia, la Facoltà potrebbe anche approvare espressamente il verbale e le motivazioni, per eliminare ogni possibile dubbio in merito. Anche per Arangio-Ruiz è opportuno, ai fini della regolarità delle deliberazioni prese, che le motivazioni allegate al verbale siano sottoposte a espressa approvazione della Facoltà. Riprendono quindi la parola Carnelutti, Asquini e SantoroPassarelli. Prova allora il preside a tirare le fila e chiarisce, fra il consenso dei presenti, che in sede di approvazione del verbale «non è da discutere la regolarità o il merito delle deliberazioni a suo tempo adottate, ma semplicemente la rispondenza del verbale alle attività svolte nella seduta» e che le motivazioni stese da Asquini e De Gregorio rispecchiano le ragioni che hanno determinato i voti della maggioranza per le rispettive chiamate. Intervengono allora nella discussione nuovamente Asquini, Arangio-Ruiz, Del Vecchio e Carnelutti, i quali concordano sulla opportunità di procedere alla approvazione di verbale e motivazioni, salvo il diritto di ciascun componente della Facoltà di richiedere le rettifiche tanto del verbale quanto delle motivazioni. Il che consente a Betti di intervenire per osservare che il verbale non sarebbe esatto perché la Facoltà in quella occasione non avrebbe «fatto una discussione collegiale sulle pubblicazioni dei candidati»; ma Vassalli osserva che la Facoltà esaminò la questione di quelle chiamate «in varie sedute precedenti a quella del 16 luglio 1952 e precisamente in quelle del 27 giugno 1950, del 18 novembre 1950, del 19 febbraio 1951, del 28 giugno 1951, del 7 dicembre 1951 e che in tali sedute ha avuto ampiamente e ripetutamente occasione di prendere notizia dei dati relativi 18 alla posizione accademica dei candidati e di valutarli»; sicché tutti approvano che «il verbale enuncia esattamente tali dati “essere noti” ai componenti della Facoltà». Si giunge così a deliberare l’approvazione del verbale della seduta precedente con le due motivazioni a quella allegate, che avviene all’unanimità, salva l’astensione di Asquini29. Il 31 gennaio 1953, il preside convoca d’urgenza il Consiglio per informare che con telegramma del giorno precedente il Ministro dell’istruzione, Antonio Segni, ha comunicato che è possibile dar luogo al trasferimento del prof. Ascarelli alla cattedra di diritto industriale con decorrenza 1° febbraio 1953 a condizione che intervenga la apposita proposta della Facoltà e invita quindi il Consiglio a deliberare circa la sussistenza della urgenza del trasferimento30. Asquini «ritiene d’interpretare 29 Nell’archivio Ascarelli si trova copia di una lettera di Ascarelli a Vassalli dell’8 novembre 1952 del seguente tenore: «Caro Vassalli,/ facendo seguito al nostro recente scambio di impressioni, mi permetterei di richiamare la tua attenzione sulla opportunità che la Facoltà sollecitasse il Rettorato perché desse comunicazione al Ministero e agli aspiranti della avvenuta approvazione del verbale della seduta di chiamata e delle motivazioni relative./ Credo che il Rettorato potrebbe limitarsi a scrivere che: “Si comunica che il verbale in data…, trasmesso in data…, n. prot. … e le motivazioni ivi allegate sono stati approvati dalla Facoltà di Giurisprudenza di Roma nella seduta del 24 ottobre 1952”./ In questo modo il Ministero potrebbe essere per il 15 novembre in possesso dell’avvenuta comunicazione dell’approvazione, nonché , probabilmente, delle deduzioni nei confronti del ricorso, che potrebbe essere oggetto di esame nella riunione del 15 novembre del Consiglio Superiore./ D’altra parte mi sembrerebbe che la semplice comunicazione della avvenuta approvazione del verbale possa essere fatta anche immediatamente, indipendentemente dalla approvazione… del verbale di approvazione e di quella delle deduzione e che essa non pregiudicherebbe la tesi della necessità (come sostiene Santoro) o non necessità (come sostiene Carnelutti) di detta approvazione ai fini del perfezionamento dell’atto amministrativo./ La semplice comunicazione dell’avvenuta approvazione non riaprirebbe il termine di 30 giorni del ricorso che possono decorrere comunque solo dalla comunicazione del verbale di chiamata e delle motivazioni. Il ricorso deve comunque considerarsi tempestivamente proposto. L’approvazione tuttavia mi sembra sufficiente per sanare l’eventuale vizio formale della mancata approvazione, specie considerando che questa ha avuto luogo, secondo una prassi costante, nella seduta immediatamente successiva. La sua comunicazione agli interessati rende questi edotti dell’avvenuta approvazione precludendo che il vizio possa essere fatto valere davanti alla giustizia amministrativa (in quanto ivi si possa risalire ai presupposti del decreto ministeriale)./ Credimi con cordiali saluti/Tuo». 30 Copie del telegramma, della restante corrispondenza (anche con l’Università di Bologna) e degli atti del Ministero della pubblica istruzione sono conservate presso l’Archivio centrale dello Stato, fondo Università, fascicolo Professori, III serie, busta 21. In particolare si vedano: minuta della comunicazione del Ministro al Presidente della prima sezione del Consiglio superiore della P.I. in data 14 novembre 1952; appunto del Direttore generale per il Ministro in data 29 gennaio 1953; decreto del Ministro della P.I. del 31 gennaio 1953 con il quale non viene accolto il ricorso del prof. Mario Rotondi. Nell’archivio Ascarelli si conserva la lettera del 6 febbraio 1953 con la quale il Rettore dell’Università di Bologna, ricevuta la comunicazione del trasferimento di 19 il pensiero della Facoltà pienamente favorevole alla efficacia immediata, nell’interesse degli studi, del trasferimento del prof. Ascarelli, e tiene ad esprimere anche a titolo personale, il proprio compiacimento per l’ingresso nella Facoltà del nuovo insigne Collega», ma «esprime anche il proprio rincrescimento che la situazione attuale della Facoltà non consenta di acquisire alla Facoltà anche il prof. Mario Rotondi». Il Consiglio delibera all’unanimità la proposta di trasferimento di urgenza di Ascarelli, il quale così inizia nel febbraio del 1953 a insegnare a Roma31. 5. La vicenda della chiamata non poteva, tuttavia, dirsi definitivamente chiusa. Già il 22 settembre 1952 Mario Rotondi32 aveva presentato ricorso al Ministero della Pubblica Istruzione contro la deliberazione del 16 luglio, con la quale – come sappiamo – la Facoltà romana aveva proposto di provvedere alla Cattedra di diritto industriale mediante trasferimento di Ascarelli. Della cosa si era occupata la Facoltà che, nella seduta del 13 novembre 1952, aveva approvato – ma con la significativa astensione di Asquini, Jemolo e Betti – le controdeduzioni preparate da una Commissione presieduta da Perassi33. In seguito, e precisamente il 15 dicembre 1952, Mario Rotondi aveva proposto un altro ricorso. Ascarelli, gli esprime la gratitudine dell’Università «per l’opera svolta dalla S.V. in questo Ateneo, come Maestro insigne e docente di singolari virtù». 31 La prolusione al corso di diritto industriale sarebbe stata letta il 27 novembre 1953; si tratta, come si sa, della fondamentale Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, poi pubblicata in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, 873 ss. e nei Saggi di diritto commerciale, Milano, 1955, 35 ss. 32 Sulla figura di Mario Rotondi, sulle sue pregresse vicende universitarie, sulla scelta di farsi chiamare alla Università Cattolica per non giurare fedeltà al regime fascista (per cui in particolare v. G. BOATTI, Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Torino, 2001, nt. 37 a 64), sul suo rifiuto di allontanare i collaboratori ebrei dalla Rivista di diritto privato, e, infine, sul suo programma di “rifondazione” delle università lombarde dopo la liberazione dal nazifascismo cfr. dello stesso M. ROTONDI, Schema di decreto di epurazione dell’Università, presentato al Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia dal Comitato di Liberazione Nazionale Professori e Assistenti Universitari, (Milano, 1945) in M. ROTONDI, Profili di giuristi e saggi critici di legislazione e di dottrina, Padova, 1964, 345 ss.; P. MARCHETTI, L’eredità di Angelo Sraffa, in Angelo Sraffa, a cura di P. Marchetti e M.A. Romani, Milano, 2009, 141; C. MONTAGNANI, L’incredibile brevità della memoria e la scomparsa delle lucciole, cit., 693, 699 a nt. 71, 710; EAD., Ideologia corporativa e controllo giudiziario sulle società di capitali, Padova, 2008, 186. 33 Cfr. il doc. 1 in Appendice. 20 Il Ministro per la pubblica istruzione (che allora era, come si è detto, Antonio Segni) si era pronunciato con decreto del 31 gennaio 1953 e, conformemente al parere espresso dalla I sezione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, non aveva accolto i ricorsi del prof. Rotondi34 e aveva disposto il trasferimento di Ascarelli da Bologna a Roma. Contro questi provvedimenti del Ministro, nonché avverso il trasferimento di Ascarelli alla Cattedra romana di diritto industriale, ricorse Mario Rotondi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (ric. n. 231 del 1953). Mario Rotondi era rappresentato da Aldo Dedin. Resistevano il Ministero, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato35, e Tullio Ascarelli, difeso da Carlo Selvaggi e Leopoldo Piccardi (il quale, lo si noti per inciso, da consigliere di Stato era stato l’estensore della decisione n. 354 del 18 novembre 1941, che aveva accolto il ricorso di Tullio Ascarelli, rappresentato in quella occasione da Ugo Forti, e di altri professori ebrei contro i provvedimenti del Ministero della educazione nazionale che negavano loro, dopo la dispensa dal servizio per ragioni razziali, l’applicazione della legge 23 maggio 1940, n. 487, intesa a riconoscere un assegno pari alla differenza tra la pensione liquidata e lo stipendio di cui erano provvisti alla data del collocamento a riposo36). La VI sezione del Consiglio di Stato accolse il ricorso di Rotondi con la decisione n. 499 del 22 giugno 195537. 6. Poco prima della decisione del Consiglio di Stato, e cioè il 16 maggio 1955, era intanto venuto a morte Filippo Vassalli38. 34 Cfr. art. 1 del d.m. 31 gennaio 1953, cit.: «Non è accolto, in conformità del parere espresso dalla sezione I del Consiglio Superiore della P.I., il ricorso prodotto dal prof. Mario Rotondi avverso le deliberazioni, citate nelle premesse del presente decreto, con le quali la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma ha chiamato il prof. Tullio Ascarelli a coprire, per trasferimento, la cattedra di Diritto industriale». 35 Alla quale l’Amministrazione fornisce le deduzioni riprodotte in Appendice (cfr. doc. 2). 36 E tale decisione avrebbe forse meritato più attenta considerazione quando scoppiò al principio degli anni ’60, in seno al Partito Radicale e a seguito di alcune notizie riportate nella Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo di De Felice, il c.d. “caso Piccardi”. 37 La si legga in Appendice (doc. 3). 38 Nel verbale del Consiglio di Facoltà del 30 maggio 1955 presieduto da De Gregorio leggiamo: «Prima di iniziare lo svolgimento dell’ordine del giorno, il Presidente si alza in piedi, seguito dalla Facoltà, per mandare un saluto alla memoria del prof. Filippo 21 Fu dunque De Gregorio, facente le funzioni di preside, a dover gestire la situazione conseguente all’annullamento della chiamata di Ascarelli. Nel Consiglio del 15 luglio, De Gregorio comunica che il Ministro della Pubblica Istruzione – che non era più Segni, essendo questi divenuto Presidente del consiglio dei ministri – «ha decretato che in esecuzione della decisione n. 499 del 22.6.955 della VI Sezione del Consiglio di Stato, sono dichiarate nulle e di nessun effetto le deliberazioni in data 16.7.952 e 24.10.952 della facoltà, per la parte concernente la copertura della cattedra di diritto industriale» e che quindi la Facoltà deve provvedere nuovamente. Giuseppe Ferri aveva ritirato la domanda e quindi restavano solo quelle di Ascarelli e Rotondi. Prima di aprire la discussione sulla chiamata vera e propria, De Gregorio fa rilevare «gli inconvenienti del sistema di votazione che, secondo il Consiglio di Stato, sarebbe prescritto dalla legge», e cioè il voto palese, e «si vale della presenza del prof. Segni, Capo del Governo, per richiamare la sua attenzione su gli accennati inconvenienti. Gli altri colleghi si dichiarano concordi con il prof. De Gregorio ed il prof. Segni promette di fare studiare la questione dal Ministero dell’Istruzione»; ciò non ostante, il sistema del voto palese nella chiamata dei professori si imporrà nella prassi e rimane oggi l’unico praticato. Apertasi la discussione vera e propria in merito alla copertura della cattedra di diritto industriale, Santoro-Passarelli ritiene che «valgono tutta ora le considerazioni che, nella seduta del 16.7.952, indussero la maggioranza dei presenti a votare a favore del Professore Tullio Ascarelli. Tali ragioni egli compendia nel seguente:/ Ordine del giorno/ “La Facoltà, riprese in esame, a seguito dell’intervenuto annullamento del provvedimento già adottato, le domande degli aspiranti al trasferimento alla cattedra di diritto industriale: Tullio Ascarelli, professore di diritto commerciale alla Vassalli: egli rievoca, con voce commossa, la cara immagine del collega scomparso, ricorda la squisita bontà, la raffinata gentilezza dell’animo e l’equità e serenità del giudizio, le benemerenze acquisite nell’insegnamento del diritto civile, di cui ognuno, collega o discepolo, ne reca la esperienza e la testimonianza, che costituiscono, per ognuno, un ricordo e un incitamento per proseguire la Sua opera di scienziato e di insegnante. Invita quindi i colleghi ad un minuto di raccoglimento./ La Facoltà unanime si associa al cordoglio». 22 Università di Bologna; Mario Rotondi, professore di diritto commerciale alla Università di Pavia;/ considerata la eminente posizione scientifica ed accademica degli aspiranti, ciascuno dei quali dà sicuro affidamento di conferire al prestigio ed alla efficienza della Facoltà;/ considerato che, mentre il professore Rotondi ha dedicato lunga e cospicua parte della sua attività scientifica alla elaborazione di opere di diritto industriale, la posizione del professore Ascarelli prevale per l’ampiezza e l’acutezza della sua produzione, la quale lo colloca in primissima linea tra i cultori del diritto commerciale, di cui il diritto industriale può considerarsi un ramo e, d’altra parte, riguarda anche specificamente lo stesso diritto industriale;/ Delibera/ di proporre al Ministero della Pubblica Istruzione la chiamata del professore Tullio Ascarelli alla cattedra di diritto industriale della Facoltà di Giurisprudenza di Roma”». Questo ordine del giorno venne approvato all’unanimità, con voto palese di ognuno. Anche Arangio-Ruiz e De Francisci, che erano assenti, avevano comunicato al Preside che, se fossero stati presenti, avrebbero votato per Ascarelli. La lunga e tribolata vicenda della chiamata di Ascarelli a Roma poteva dirsi finalmente conclusa. Una eco del contrasto e della polemica che divise la Facoltà in questa occasione si udì ancora nel successivo Consiglio del 13 ottobre 195539, quando Arturo Carlo Jemolo, in sede di approvazione del verbale della predente seduta, fece verbalizzare che «se fosse stato presente (mentre per un suo errore sull’ora di convocazione giunse a seduta esaurita) avrebbe votato per il professore Rotondi. Ciò non per un minore apprezzamento del collega Ascarelli, ch’egli ritiene uno dei più forti e nobili ingegni che onorino la scienza giuridica italiana, ma in coerenza col voto dato nella votazione segreta, ed al suo apprezzamento circa la procedura con cui erasi effettuata la chiamata». 39 In quel medesimo Consiglio, la Facoltà, preso atto dell’intervenuto annullamento della originaria chiamata, deliberò che l’insegnamento nel frattempo tenuto da Ascarelli a Roma fosse da considerarsi impartito a titolo di incarico gratuito e che l’incarico continuasse fino al 31 ottobre 1955. 23 Appendice Documento n. 1: Dal verbale del Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza di Roma del 13 novembre 1952. «On. Ministero della Pubblica Istruzione/ Roma/Con nota n. 12541 in data 1° ottobre 1952 codesto Ministero ha comunicato il ricorso presentato in data 22 settembre 1952 dal Prof. Mario Rotondi contro la deliberazione in data 16 luglio 1952 con la quale questa Facoltà di Giurisprudenza ha proposto di provvedere alla cattedra di Diritto industriale mediante trasferimento del Prof. Tullio Ascarelli ed ha invitato questa Facoltà a far conoscere le sue controdeduzioni in merito a detto ricorso. Le controdeduzioni sono le seguenti: 1) Col primo motivo si sostiene l’invalidità della deliberazione della Facoltà relativa all’assegnazione della cattedra di diritto industriale al Prof. Tullio Ascarelli per avervi partecipato il Prof. De Marsico, il quale avrebbe dovuto astenersi anche dal partecipare alla deliberazione per detta cattedra per incompatibilità derivante dall’essere affine di un aspirante alla cattedra di diritto della navigazione, sulla cui assegnazione avrebbe potuto avere influenza la previa deliberazione relativa alla cattedra di diritto industriale./ La censura è infondata perché non ricorreva nei riguardi del Prof. De Marsico una circostanza che, secondo l’art. 18 del Regolamento universitario, rendesse obbligatoria la sua astensione dal partecipare all’adunanza ed alla deliberazione relativa a detta cattedra. Si rileva, comunque, che dal verbale risulta che il Prof. De Marsico si astenne dalla notazione sulla proposta di deliberare prime sul provvedimento per la cattedra di diritto industriale./ Quanto alla partecipazione del Prof. De Marsico alla notazione per l’assegnazione della cattedra di diritto industriale, si osserva che la pretesa del ricorrente che tale partecipazione abbia avuto per effetto di assegnazione di detta cattedra al Prof. Ascarelli non può essere presa in considerazione, perché essa parte dal presupposto che il Prof. De Marsico abbia dato il suo noto in un determinato senso, il che non può essere ammesso trattandosi di votazione avvenuta a scrutino segreto. 2) Il ricorrente osserva esservi motivo di dubitare che l’adunanza della Facoltà, tenutasi il 16 luglio 1952, sia invalida per aver deliberato su argomento diverso da quello comunicato nell’avviso di convocazione in quanto, mentre fra gli oggetti da trattarsi indicati nell’avviso di convocazione era iscritto al n. 2 “provvedimenti per la cattedra di diritto della navigazione e per la cattedra di diritto industriale” la Facoltà, a semplice maggioranza, decise di deliberare prima sul provvedimento per la cattedra di diritto industriale./ Il dubbio sulla validità dell’adunanza non è fondato perché a) l’indicazione del n. 2 dell’ordine del girono non escludeva la facoltà del Consiglio di decidere a maggioranza l’ordine nel quale procedere alle deliberazioni relative alle due cattedre; b) a prescindere dalla considerazione che l’inversione dell’ordine del giorno è legittimamente ammesso nel funzionamento degli organi collegiali, nel caso concreto il Consiglio ha soltanto spostato l’ordine di trattazione di due argomenti costituenti lo stesso n. 2 dell’ordine del giorno comunicato ai membri della Facoltà; c) le considerazioni per le quali la Facoltà ritenne di procedere prima alla deliberazione per la cattedra di diritto industriale riguardano l’esercizio di una facoltà discrezionale, che sfugge a censura di legittimità; d) l’avere la Facoltà deliberato prima sulla cattedra di diritto industriale non può comunque dar motivo al dubbio che essa abbia deliberato su un oggetto diverso da quello indicato nell’avviso di convocazione./ Si rileva poi che la priorità della votazione per la cattedra di diritto industriale non mutava affatto la posizione dei vari concorrenti e non poteva avere alcuna influenza nella determinazione della preferenza affermata dalla Facoltà per il Prof. Ascarelli rispetto a tutti gli altri concorrenti e al ricorrente medesimo. Né il ritiro della candidatura del Prof. Ascarelli dalla cattedra di diritto della navigazione, ove fosse stato chiamato alla cattedra di diritto industriale (ritiro perfettamente lecito, nulla impedendo che i candidati manifestino preferenze per una o per altra materia), ha portato o poteva portare alcun turbamento nell’operazione di votazione per la cattedra di diritto industriale e tanto meno nei riguardi del ricorrente, aspirante a questa sola cattedra./ Il ricorrente infatti è stato giudicato dalla Facoltà in concorso con il chiamato e con gli altri aspiranti, il cui numero ed i cui titoli non sono stati minimamente alterati dalla dichiarazione del Prof. Ascarelli, talché l’interesse del ricorrente non è stato colpito in alcun modo dalla suddetta dichiarazione. 24 3) Col terzo motivo il ricorrente sostiene che la deliberazione non sia valida perché “la votazione è seguita a voti segreti e non in forma palese come è necessariamente presupposto dall’art. 18 del Regolamento generale universitario”. Tale tesi pretende fondarsi sul fatto che in detto art. 18, terzo comma, è disposto che “in caso di parità prevale il voto del Presidente”./ Contro tale tesi si osserva: l’art. 18 del Regolamento generale universitario, approvato con decreto 6 aprile 1924 n. 674, é una norma generale riguardante il funzionamento dei vari organi collegiali delle Università: Senato accademico, Consiglio di amministrazione, Consiglio di facoltà o Senale, Collegio generale dei professori. Dalla disposizione secondo la quale “in caso di parità prevale il voto del Presidente” non si può fondatamente desumere che la deliberazione del Consiglio di Facoltà relativa alla proposta di assegnazione di un professore ad una cattedra debba esser presa in forma palese, perché: 1) per principio generale le deliberazioni relative a persone hanno luogo con votazione segreta; 2) l’ipotesi della parità di voti, prevista dalla citata disposizione, riguarda il caso di una votazione collegiale su una sola alternativa e non è quindi applicabile alla deliberazione per l’assegnazione di una cattedra per trasferimento potendovi essere, come nel caso concreto, la domanda di tre o più aspiranti; 3) dato che una speciale disposizione legislativa (art. 93 del T.U. delle leggi sull’istruzione superiore) prescrive per le deliberazioni di trasferimento il voto della maggioranza assoluta dei professori di ruolo appartenenti alla Facoltà, ed essendo impossibile che due candidati ottengono un numero pari di voti che raggiunga la detta maggioranza, se venisse deliberato un trasferimento dandosi la prevalenza al voto del Presidente in caso di parità di voti risulterebbe designato un candidato che non ha ottenuto il voto della maggioranza assoluta dei professori di ruolo della Facoltà. Non essendo applicabile alla deliberazione di trasferimento la disposizione dell’art. 18 del Regolamento universitario relative alla prevalenza del voto del Presidente, ne consegue che non può desumersi dall’art. 18 del Regolamento che la deliberazione di trasferimento debba essere presa in forma palese./ Il ricorrente sostiene inoltre che la “volontà del Consiglio si è estrinsecata in forma diversa da quella prescritta perché la motivazione è stata compilata in tempo successivo alla votazione e ad opera di uno solo dei componenti della Facoltà”. La Facoltà, in seguito alla votazione sull’assegnazione della cattedra di diritto industriale, delegò legittimamente il Prof. De Gregorio, presente all’adunanza e già professore della materia, di stendere la motivazione del voto. Tale motivazione è stata inserita nel verbale dell’adunanza del 16 luglio che, firmato dal Preside e dal Segretario, è stato letto e approvato dal Consiglio di Facoltà nella seduta del 24 ottobre 1952 con espressa dichiarazione di approvazione della detta motivazione. 4) Col quarto motivo il ricorrente rileva che la motivazione del provvedimento adottato dalla Facoltà per la cattedra di diritto industriale presenta lacune e vizi logici di incongruità. La censura non è fondata. In particolare non può considerarsi viziata da contraddizione la detta motivazione adducendosi, come si fa dal ricorrente, che nella deliberazione della Facoltà relativa alla cattedra di diritto della navigazione sarebbe stato dato maggior peso a criteri diversi./ La motivazione per la cattedra di diritto industriale costituisce un giudizio sintetico, rispondente al pensiero della maggioranza circa i candidati, i cui titoli, largamente noti, erano a conoscenza di tutti i membri della Facoltà. Perciò la motivazione non aveva ragione di soffermarsi su un elenco e su un giudizio analitico delle singole pubblicazioni e quindi di menzionare specificatamente sia gli studi del Prof. Ascarelli in tema di diritto industriale, sia quelli del Prof. Rotondi sul diritto privato in generale. Soprattutto, trattandosi di una materia che, come il diritto industriale, viene da molti considerata quale parte del diritto commerciale, la Facoltà ha ritenuto doversi ispirare ad una valutazione complessiva dell’attività dei candidati nel campo privatistico in genere e in quello commerciale in specie e non solo nell’ambito particolare del diritto industriale./ La motivazione compendia appunto il giudizio sulla complessiva attività, sulla figura scientifica e sulla capacità didattica del prescelto rispetto al ricorrente attraverso la loro produzione scientifica ed i cinque lustri di insegnamento compiuti da entrambi./ Si rileva, infine, che lo stesso ricorrente, pur riferendosi nel suo esposto all’art. 3 del D.L. 5 aprile 1945 n. 238, non denuncia la deliberazione della Facoltà relativa alla cattedra di diritto industriale come “manifestamente ingiusta o in contrasto con l’interesse degli studi”, agli effetti dell’esercizio da parte di S.E. il Ministro della Facoltà, conferitagli dalla citata disposizione legislativa, di non dar corso al proposto trasferimento». 25 Documento n. 2: in Archivio centrale dello Stato, fondo Università, fascicolo Professori, III serie, busta 21. «Ministero della Pubblica Istruzione/ Direzione generale dell’istruzione superiore. Roma, 20 aprile 1955/ All’Avvocatura Generale dello Stato/ Roma Prot. n. 6278 Div. I Pos. 23/ Rif.to fonogramma del 15.4.1955 OGGETTO: Trasferimento del Prof. Tullio Ascarelli alla cattedra di diritto industriale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma – Ricorso giurisdizionale del prof. Mario Rotondi, ordinario di Diritto commerciale dell’Università di Pavia, aspirante al trasferimento predetto. La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma, nella seduta del 28 aprile 1951, deliberava di destinare un posto di professore di ruolo all’insegnamento di Diritto industriale e di provvedere alla copertura del posto stesso mediante trasferimento di un docente da altro Ateneo./ (È da far presente che, nello stesso tempo, risultava vacante, presso la predetta Facoltà, la cattedra di Diritto della navigazione e – come si rileva dall’estratto del verbale – nella seduta del 28 aprile 1951, la Facoltà aveva discusso anche tale argomento e aveva deliberato di rinviare ad altra seduta la decisione sulle domande di trasferimento che erano state nel frattempo presentate)./ L’avviso di vacanza della cattedra di Diritto industriale presso la predetta Facoltà veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 23 maggio 1951 ed entro il termine fissato di giorni trenta presentavano domanda di trasferimento il Prof. Tullio Ascarelli, ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Bologna, il Prof. Mario Rotondi, ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Pavia, e il Prof. Giuseppe Ferri, ordinario di Istituzioni di diritto privato nell’Università di Pisa./ La Facoltà competente esaminava le domande di trasferimento nella seduta del 28 giugno 1951, ma non trovava luogo a provvedere in merito, in quanto nella votazione che aveva seguito la discussione non si era raggiunta la maggioranza prescritta dall’art. 93 del T.U. 31.8.1933, n. 1592, per i trasferimenti dei docenti universitari (“maggioranza assoluta dei professori di ruolo appartenenti alla Facoltà”)./ Successivamente, nella seduta del 7 dicembre 1951, la predetta Facoltà approvava, a maggioranza di voti, una proposta di sospensiva delle deliberazioni circa le domande di trasferimento alle cattedre di Diritto della navigazione e di Diritto commerciale che erano indicate – congiuntamente – al n. 1 dell’ordine del giorno della seduta stessa./ L’esame delle domande presentate dagli interessati per il trasferimento alla cattedra di Diritto industriale (nonché l’esame delle domande per il trasferimento alla cattedra di Diritto della navigazione) veniva ripreso dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma nella seduta del 16 luglio 1952, in relazione al n. 2 dell’ordine del giorno della seduta stessa che recava “provvedimenti per le cattedre di ‘Diritto della navigazione’ e ‘Diritto industriale’”./ Dal verbale si rileva che il Preside della Facoltà, dopo aver fatto presente che i Proff. Tullio Ascarelli e Giuseppe Ferri avevano fatto “presente la loro aspirazione per l’una o per l’altra cattedra” precisava che il Prof. Ascarelli nella sua domanda aveva espressamente dichiarato che “nella ipotesi che la Facoltà ritenesse di accogliere la domanda ora avanzata di trasferimento alla cattedra di Diritto industriale, dovrà ritenersi decaduta la precedente domanda di trasferimento alla cattedra di Diritto della navigazione”. Il Preside faceva, anche, rilevare che il Prof. Alfredo De Marsico aveva chiesto di partecipare – nella sua qualità di componente del Consiglio di Facoltà – alle deliberazioni concernenti la cattedra di Diritto industriale, senza che la sua partecipazione avesse ad interferire con le deliberazioni relative all’altra cattedra, dalle quali dichiarava di volersi astenere per ragioni di affinità con uno degli aspiranti al trasferimento alla cattedra stessa./ Dopo tali dichiarazioni del Preside, si rileva, sempre dal verbale della seduta, che su proposta di uno dei membri della Facoltà, si decideva, a seguito di regolare votazione dalla quale si asteneva il Prof. De Marsico, di procedere prima alle deliberazioni relative alla cattedra di Diritto industriale e poi a quelle relative alla cattedra di Diritto della navigazione./ Posti in deliberazione i provvedimenti per la cattedra di Diritto industriale, il Consiglio di Facoltà prendeva atto dei dati relativi alla posizione accademica, alla produzione scientifica e all’attività didattica dei diversi aspiranti e, dopo discussione, 26 procedeva alla votazione, a schede segrete, che dava 13 voti per il Prof. Tullio Ascarelli e 9 voti per il Prof. Mario Rotondi./ Si rileva, infine, dal predetto verbale, che la Facoltà, constatato il risultato della votazione, pregava il Prof. De Gregorio di estendere la motivazione della proposta di trasferimento del Prof. Ascarelli, motivazione che risulta allegata al verbale stesso./ Il Prof. Mario Rotondi, venuto a conoscenza della deliberazione adottata dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma in ordine alla copertura, per trasferimento, della cattedra di Diritto industriale, avanzava ricorso a questo Ministero, ai sensi dello art. 3 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238, chiedendo l’annullamento di tale deliberazione che – non letta ed approvata dalla Facoltà – sarebbe stata, inoltre, ritenuta viziata per eccesso e sviamento di potere./ Nella seduta del 24 ottobre 1952, la predetta Facoltà di Giurisprudenza approvava all’unanimità, essendo sedici i votanti, il verbale della seduta del 16 luglio precedente, relativa alla copertura, per trasferimento, della cattedra di Diritto industriale, nonché di Diritto della navigazione./ Il Prof. Mario Rotondi, al quale veniva notificato dall’Università di Roma il processo verbale della seduta del 24 ottobre 1952, faceva pervenire al Ministero un nuovo ricorso nel quale, richiamando le considerazioni di diritto e di fatto svolte nel ricorso precedente, chiedeva l’annullamento anche dalla nuova proposta di trasferimento eventualmente deliberata dalla Facoltà stessa nella predetta seduta del 24 ottobre 1952./ I ricorsi avanzati dal Prof. Rotondi, unitamente alle deliberazioni in data 16 luglio e 24 ottobre 1952 e alle controdeduzioni formulate dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma nella seduta del 13 novembre 1952, venivano rimessi al Consiglio Superiore della P.I. ai sensi del citato art. 3 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238./ Al predetto Consesso venivano rimessi anche un esposto in data 8 dicembre 1952 ed una aggiunta all’esposto stesso in data 7 gennaio 1953 del Prof. Tullio Ascarelli, venuto a conoscenza della presentazione di un ricorso da parte del Prof. Rotondi avverso la sua proposta di trasferimento alla cattedra di Diritto industriale [questi documenti non sono stati purtroppo reperiti]./ La Sezione Prima del Consiglio Superiore della P.I. esaminava gli atti in questione nella seduta pomeridiana del 28 gennaio 1953 e considerato che “nei riguardi della deliberazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma per la cattedra di Diritto industriale non ricorre la fattispecie della insufficienza e contraddittorietà della motivazione addotta nei ricorsi del Prof. Rotondi”, esprimeva il parere che fosse da rigettare il ricorso stesso./ Nella stessa seduta, il predetto Consesso esprimeva parere favorevole, ai sensi del 4° comma dell’art. 93 del T.U. 31 agosto 1933, n. 1592, all’accoglimento della proposta formulata dalla Facoltà anzidetta per il trasferimento del Prof. Tullio Ascarelli, ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Bologna, alla cattedra di Diritto industriale./ A seguito e in relazione ai predetti pareri, con D.M. 31 gennaio 1953, veniva dichiarato “non accolto” il ricorso prodotto dal Prof. Rotondi e veniva fatto luogo, con effetto dal 1° febbraio 1953 al Trasferimento del Prof. Tullio Ascarelli alla cattedra di Diritto industriale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma./ Il Prof. Mario Rotondi, venuto a conoscenza di tale provvedimento ministeriale, di cui gli veniva data notizia con nota n. 943 del 31 gennaio 1953, avanzava ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato per l’annullamento del provvedimento stesso./ A sostegno del ricorso il Prof. Rotondi adduce i seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.L.L. 5 aprile 45, n. 238, e dei principi generali sul controllo di legittimità conseguente al ricorso gerarchico (in proprio). Eccesso di potere./ Il ricorrente esamina le disposizioni contenute nell’art. 3 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238, e mette in luce la diversità del potere decidente del Ministro – previsto dalla prima parte dell’articolo – dal potere di controllo “ex officio” – attribuito al Ministro stesso dal capoverso – perché, mentre nel primo caso egli provvede sentito il Consiglio Superiore, nel secondo deve uniformarsi al parere del Consesso./ Poiché il Consiglio Superiore della P.I., nell’esprimere il parere sul ricorso gerarchico (improprio) prodotto dall’interessato, ha limitato il suo esame alle quattro fattispecie che il 2° comma dello art. 3 citato pone come condizioni ostative all’accoglimento della deliberazione della Facoltà, indipendentemente dal ricorso (motivazione contraddittoria ed insufficiente, deliberazione manifestamente ingiusta o in contrasto con l’interesse degli studi), il provvedimento ministeriale impugnato – che si uniforma al parere del Consiglio Superiore – avrebbe violato la legge per aver privato il reclamo dei suoi effetti istituzionali./ Al riguardo, può osservarsi che l’azione del Ministero è stata, anzitutto, rivolta all’accertamento della regolarità e legittimità della proposta, in relazione al ricorso prodotto dal Prof. Rotondi, e di tale sindacato è fatta 27 implicita menzione nel D.M. 31 gennaio 1953, allorquando viene ritenuto, sulla base delle considerazioni e delle conclusioni del Consiglio Superiore, che non ricorrono, nei confronti del Prof. Rotondi stesso (e ciò in dipendenza del suo ricorso) gli estremi previsti dall’art. 3 (assenza, quindi, anche di vizi di legittimità nel provvedimento impugnato con ricorso). 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del Regolamento generale universitario approvato con R.D. 6 aprile 1924, n. 674, dei principi generali sulla incompatibilità e sulla astensione: incompetenza – eccesso di potere./ Il ricorrente assume che la deliberazione della Facoltà relativa alla copertura della cattedra di Diritto industriale sarebbe invalidata dalla partecipazione all’adunanza del Prof. Alfredo De Marsico, per la incompatibilità a questi derivante dall’essere affine di un aspirante al trasferimento alla cattedra di Diritto della navigazione./ Ciò, in quanto i Proff. Ascarelli e Ferri, entrambi aspiranti al trasferimento alla cattedra di Diritto industriale, avevano presentato domanda di trasferimento per la cattedra di Diritto della navigazione. Tenuto conto della connessione dei due trasferimenti, la deliberazione della proposta di uno avrebbe avuto pratica influenza per la deliberazione dell’altra proposta./ Non sembra che la censura sia fondata, in quanto l’art. 18 del Regolamento Generale Universitario, approvato con R.D. 6 aprile 1924, n. 674, dispone testualmente quanto segue: “nei predetti Consigli (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione, Consigli di Facoltà), nessuno può prendere parte al voto sulle questioni che lo riguardano personalmente o che riguardino suoi parenti ed affini entro il quarto grado”./ Ora, risulta che il Prof. De Marsico (suocero del Prof. Dominedò, aspirante al trasferimento alla cattedra di Diritto della navigazione) si astenne dal partecipare alla votazione sulla proposta di deliberare prima sui provvedimenti per la cattedra di Diritto industriale (e si allontanò dall’aula allorquando la Facoltà passò alle deliberazioni relative alla cattedra di Diritto della navigazione) unica votazione che potesse avere una qualche “connessione” con le deliberazioni da adottare circa la cattedra di Diritto della navigazione: deliberazioni per le quali esisteva, invece, ai sensi della citata disposizione, “incompatibilità” per il professore stesso./ D’altro canto, non può non rilevarsi che, essendo ventidue i professori di ruolo appartenenti alla Facoltà ed essendo dodici il numero dei voti richiesti per la validità della deliberazione, poiché la deliberazione di chiamata del Prof. Ascarelli riportò tredici voti: la partecipazione alla votazione del Prof. De Marsico (ammesso che il suo voto – e non è dato accertarlo essendovi stata votazione a scrutinio segreto – sia stato favorevole alla chiamata del Prof. Ascarelli) è irrilevante. 3) Violazione dell’art. 18 del Regolamento Generale Universitario; art. 3 del T.U. sull’istruzione superiore approvato con R.D. 31.8.1933, n. 1592, e art. 3 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238. Violazione dei principi generali sulle deliberazioni collegiali, nonché sulle condizioni del bando per la provvista della cattedra di Diritto industriale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma – Eccesso di potere, per falsità della causa e violazione della parità di trattamento./ Il ricorrente sostiene che, essendo stabilito, al n. 2 dell’o.d.g. della seduta del 16 luglio 1952, “provvedimenti per la cattedra di Diritto della navigazione e per la cattedra di Diritto industriale, avrebbe dovuto seguirsi tale ordine nelle deliberazioni, da parte del Consiglio di Facoltà./ L’aver invertito l’ordine delle deliberazioni, anteponendo quelle relative alla cattedra di Diritto industriale, avrebbe comportato, a parere del ricorrente, una “vera e propria modificazione dell’oggetto che non era nella disponibilità della maggioranza di deliberare”./ Da qui deriverebbe altro titolo di illegittimità della proposta./ Il rilievo non sembra possa considerarsi fondato, in quanto il Consiglio di Facoltà procedeva soltanto allo spostamento dell’ordine di trattazione di due argomenti che costituivano lo stesso punto (n. 2) dell’ordine del giorno e non anche ad inversione dell’ordine stabilito per la trattazione degli argomenti./ A prescindere, poi, dalla considerazione che l’inversione dell’ordine del giorno è legittimamente ammessa nel funzionamento degli organi collegiali./ Ciò appare ancor più evidente se si consideri che è pienamente legittimo, da parte degli organi collegiali, deliberare e procedere al rinvio ad altra seduta della trattazione di un argomento posto all’ordine del giorno./ La stessa Facoltà giuridica di Roma aveva deciso a maggioranza di voti la sospensiva della trattazione delle deliberazioni relative alle domande di trasferimento alle cattedre di Diritto della navigazione e di Diritto industriale nella seduta del 7 dicembre 1951. 4) Violazione dell’art. 3 del precitato D.L.L. n. 238 e dei principi generali sulla proposta e sulla sanatoria degli atti amministrativi. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione./ Il ricorrente enuncia due ragioni di censura che consisterebbero:/ 1°) nella 28 violazione dell’art. 18 del Regolamento Generale Universitario che prescrive che le deliberazioni dei Consigli di Facoltà siano prese a maggioranza assoluta dei presenti, con la prevalenza del voto del Preside e quindi con votazione palese e non a scrutinio segreto come si rileva essersi proceduto dal verbale della seduta del 16 luglio 1952 della Facoltà di cui trattasi;/ 2°) nella violazione dell’art. 3 del D.L.L. n. 238 per mancanza di motivazione del voto./ In relazione alla prima censura, deve osservarsi che la norma contenuta nel 5° capoverso dell’art. 18 ha carattere generale e riguarda il funzionamento dei vari organi collegiali delle Università “salvo che” – precisa la norma stessa – “per determinati argomenti sia diversamente disposto”./ Nella specie, invece, la materia è regolata dall’art. 93 del T.U. delle leggi sull’istruzione superiore, approvato con R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, che prescrive per le deliberazioni di trasferimento “il voto della maggioranza assoluta dei professori di ruolo appartenenti alla Facoltà”./ Ora, é da escludersi che, essendo richiesta una maggioranza qualificata, possa darsi la prevalenza – in caso di parità di voti – al volto del Preside e deliberare il trasferimento di un docente che non ha ottenuto il voto della maggioranza assoluta dei professori di ruolo appartenenti alla Facoltà./ Non essendo applicabile alla deliberazione di trasferimento la disposizione contenuta nel 5° capoverso dell’art. 18, ne consegue che non può desumersi da tale disposizione che le votazioni sulle proposte di trasferimento di professori universitari debbano essere effettuate in forma palese./ Quanto alla seconda censura, si deve rilevare che la motivazione della proposta di trasferimento del Prof. Ascarelli venne redatta dal Prof. De Gregorio, a ciò delegato dalla Facoltà, ed inserita nel verbale della seduta al 16 luglio 1952, formando parte integrante del verbale stesso che venne regolarmente approvato nella successiva seduta del 24 ottobre 1952. 5) (Eventuale) Violazione dell’art. 3 del precitato D.L.L. n. 238. Eccesso di potere per contraddizione od insufficienza di motivazione./ Il ricorrente sostiene che, quand’anche si potesse far riferimento alla motivazione redatta dal componente il Consiglio di Facoltà (e cioè dal Prof. De Gregorio), le considerazioni in esse esposte si rivelerebbero manifestamente “contraddittorie ed incongrue”./ Come rileva la Facoltà interessata nelle controdeduzioni al ricorso prodotto (ai sensi dell’art. 3 citato) dal Prof. Rotondi non può considerarsi viziata da contraddizioni la predetta motivazione adducendosi, da parte del ricorrente, che nella deliberazione relativa alla cattedra di Diritto della navigazione sarebbe stato dato maggior peso a criteri diversi./ La motivazione per la cattedra di Diritto industriale costituisce un giudizio sintetico, rispondente al pensiero della maggioranza circa i candidati, i cui titoli, largamente noti, erano a conoscenza di tutti i membri della Facoltà. Trattandosi di materia che da molti viene considerata quale parte del Diritto commerciale, la Facoltà ha ritenuto di doversi inspirare ad una valutazione complessiva dell’attività degli aspiranti nel campo privatistico in genere ed in quello commercialista in specie e non soltanto nell’ambito particolare del Diritto industriale./ Il giudizio formulato dalla Facoltà sulla complessa attività scientifica e sulla capacità didattica del prescelto rispetto al ricorrente, sembra, comunque, che non possa formare oggetto di esame in questa sede poiché si tratta di un vero e proprio giudizio di merito. 6) Eccesso di potere per falsità della causa in relazione all’art. 3 cpv. del D.L.L. n. 238 ed all’interesse degli studi./ Afferma il ricorrente che l’interesse degli studi avrebbe imposto al Consiglio di Facoltà di far convergere la preferenza su di lui che ha contribuito scientificamente e didatticamente allo sviluppo del Diritto industriale. Per tale censura, che attiene ad un giudizio tecnico, non può che farsi riferimento al parere espresso dal Consiglio Superiore della P.I. che ha escluso il sussistere della fattispecie./ Per le suesposte considerazioni, si prega codesta Avvocatura Generale di voler sostenere le ragioni di questa Amministrazione nell’udienza fissata per il giorno 31 maggio 1955 avanti la VI Sezione del Consiglio di Stato./ IL MINISTRO/ F.to Ermini». 29 Documento n. 3: Consiglio di Stato, sez. VI, 22 giugno 1955, n. 499 – De Marco (pres.); Rizzatti (est.) – Rotondi c. Ministero della Pubblica Istruzione, Università di Roma e Ascarelli. «Omissis. – FATTO./ La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma deliberava nella seduta del 16 luglio 1952 di chiamare il prof. Tullio ASCARELLI a coprire per trasferimento la cattedra di diritto industriale./ Il verbale con la motivazione allegata era approvato nella seduta del 24 ottobre successivo./ Il prof. Mario ROTONDI, che aveva anch’egli chiesto il trasferimento e che aveva riportato nove voti contro i tredici attribuiti all’ASCARELLI, presentò al Ministro contro la deliberazione di trasferimento un primo ricorso prodotto ai sensi dell’art. 3 del D. Legislativo 5 aprile 1945, n. 238; indi un secondo ricorso quando ebbe copia del verbale relativo alla seduta del 24 ottobre, da lui considerata come tentativo per integrare o rinnovare la deliberazione del luglio precedente./ Con nota 31 gennaio 1953 il Ministro comunicava al prof. ROTONDI che il Consiglio Superiore della P.I. aveva espresso parere negativo (cui il Ministro si uniformava), sulla considerazione che il ricorso previsto dalla menzionata disposizione andava limitato alle quattro ipotesi previste in via tassativa dalla Legge e che nella specie non sussisteva insufficienza o contraddittorietà di motivazione del voto della Facoltà./ Avverso il rigetto del primo ricorso e avverso il trasferimento del prof. ASCARELLI, il prof. ROTONDI ricorre, deducendo: 1°) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 predetto; dei princìpi generali sul controllo di legittimità conseguenti al ricorso gerarchico; eccesso di potere./ Il ricorrente col suo ricorso aveva invocato il potere decidente del Ministro, potere che è esteso a tutti i vizi di legittimità e che è previsto dal I° comma dell’art. 3./ Nella fattispecie si è invece usata la più ristretta potestà di controllo ex officio attribuita dal secondo comma. Conseguentemente si è omesso di decidere sui primi tre motivi del reclamo e si è disposto il trasferimento in base a proposta della quale non è stata verificata la regolarità. 2°) Violazione dell’art. 18 del Regolamento Generale universitario, dei principi generali sulla incompatibilità e sulla astensione, incompetenza, eccesso di potere./ Date le necessarie interferenze per le deliberazioni, adottate nella stessa seduta, di conferimento delle cattedre di diritto della navigazione e di diritto industriale, il prof. de MARSICO, che aveva ragioni di astenersi per quanto concerneva la prima cattedra e che di fatto si astenne, avrebbe dovuto ritenersi incompatibile anche per quanto riguardava la deliberazione avente per oggetto la seconda cattedra. 3°) Violazione dello stesso art. 18, dell’art. 93 del T.U. sull’Istruzione Superiore, dell’art. 3 del D. Legislativo n. 238 del 1945; dei principi generali sulle deliberazioni collegiali e sulle condizioni del bando per la provvista della cattedra di diritto industriale, eccesso di potere./ Contrariamente al preannuncio dato, fu deliberata prima la assegnazione della cattedra di diritto industriale, indi della cattedra di diritto della navigazione. Lo spostamento importò sostanziali conseguenze, né la ragione addotta appare legittima./ Inoltre la domanda di partecipare alla scelta per la provvista di una cattedra non consente condizioni e riserve, quali la manifestazione di una preferenza. 4°) Violazione dell’art. 3 citato e dei principi generali sulla proposta e sulla sanatoria degli atti amministrativi; eccesso di potere./ L’obbligo di motivazione, richiesto esplicitamente dalla Legge, importa che la deliberazione debba dar atto dei titoli, dell’esame compiuto e soprattutto, delle ragioni di preferenza. Nella specie, invece, la motivazione si ritrova in un corpo aggiunto e posteriore e non è quindi motivazione, ma giustificazione. Il vizio non è causato dalle postume dichiarazioni emesse nella seduta del 24 ottobre, quando già il potere di proposta della facoltà era esaurito con l’avvenuto suo inoltro al Ministro./ Lo stesso difetto di motivazione è contenuto nel parere del Consiglio Superiore e nella decisione del Ministro./ Inoltre la votazione deve essere palese e non a scrutinio segreto. 5°) Ed eventuale. Violazione dell’art. 3 citato; eccesso di potere./ Se anche potesse costituire motivazione la giustificazione del voto stesa successivamente, essa sarebbe insufficiente e contraddittoria, come quella che riconosce che il ROTONDI ha dedicato larga e cospicua parte della sua attività al diritto industriale, ma preferisce altro candidato che non attesta essersi mai occupato di tale disciplina. Né vale sostenere che questo altro candidato si è più largamente occupato di diritto commerciale che comprende il diritto 30 industriale, perché anche il ROTONDI si era largamente occupato di diritto civile, di teoria generale delle obbligazioni, ecc. 6°) Eccesso di potere per falsità della causa in relazione all’art. 3 ed all’interesse degli studi./ La ragione della preferenza accordata all’ASCARELLI, cioè la sua preminente figura di cultore del diritto commerciale di cui quello industriale può considerarsi come un ramo, contrasta con la determinazione che ha condotto al distacco del diritto industriale ed al suo riconoscimento come insegnamento autonomo, con istituzione di apposita cattedra. E contrasta con l’interesse degli studi che, in quella occasione, era quello di assegnare il posto a chi più aveva contribuito allo sviluppo della nuova materia. Con ampia memoria il prof. ROTONDI illustra e ribadisce le censure del ricorso. Ad esso resistono il prof. Tullio ASCARELLI e il Ministero della Pubblica Istruzione che con memorie anch’esse diffuse e dettagliate controdeducono: Sul primo motivo: -/ Il potere del Ministero non ha la sua radice nel controllo di legittimità, ma è un controllo di merito che non può essere eccitato, o meno, da ricorsi degli interessati che non sono ricorsi gerarchici. Però questo apprezzamento di merito, per rispetto alle autonomie, alle Università è limitato al campo delle quattro ipotesi contemplate dalla Legge e, nel caso che conduca a negare corso alla proposta, deve avere il conforme parere del Consiglio Superiore./ Osserva inoltre l’Avvocatura in linea di fatto che nella specie l’azione del Ministro è stata rivolta ad accertare che non sussistessero vizi di legittimità nella proposta. Sul secondo motivo: -/ Il prof. DE MARSICO si astenne dal votare sulla proposta concernente la precedenza da darsi alle decisioni circa la cattedra di diritto industriale, unica votazione che potesse avere una qualche connessione con le deliberazioni relative alla cattedra di diritto della navigazione./ E comunque, dato l’esito della votazione, la sua partecipazione sarebbe stata irrilevante./ Inoltre l’obbligo dell’astensione ricorre solo quando il membro del Collegio abbia un interesse diretto ed immediato. Sul terzo motivo: -/ Il Consiglio di Facoltà ha proceduto solo allo spostamento dell’ordine di trattazione di due argomenti che costituivano lo stesso punto dell’ordine del giorno; non ha effettuato una inversione dello ordine stesso, che pur sarebbe stata legittima. La deliberazione fu adeguatamente motivata. Comunque il prof. ASCARELLI avrebbe ugualmente conseguito la maggioranza necessaria per ambedue le cattedre./ Infine un candidato a due posti, legittimamente può esprimere la sua preferenza e la sua intenzione di optare per uno di essi. Sul quarto motivo: -/ La materia della votazione è regolata non dall’articolo 18 del Regolamento, bensì dall’articolo 93 T.U. del 1933. Essendo prescritta la maggioranza assoluta dei professori di ruolo, è da escludersi la prevalenza del voto del Preside in caso di parità./ Sicché legittimamente la votazione si è effettuata per scrutinio segreto, trattandosi di questione riguardante persone./ Né sussiste il difetto di motivazione. Invero, in linea di fatto, va rilevato che la discussione si protrasse per almeno quattro sedute nelle quali le posizioni furono chiaramente individuate ed ampiamente motivate anche se le singole dichiarazioni dei componenti non furono verbalizzate. Il prof. de GREGORIO ebbe il compito non di formulare la motivazione, ma solo di stendere in termini tecnici le ragioni già formulate e manifestate dalla maggioranza nel corso della discussione, e la sua relazione formò parte integrante del verbale./ D’altronde, e in linea di diritto, le decisioni delle Facoltà presentano sostanzialmente più i caratteri della elezione che quelli della deliberazione in senso stretto. E’ quindi impossibile un esame e una comparazione analitica, né sussiste l’obbligo di elencare e valutare tutti i titoli./ Infine i resistenti sostengono che la motivazione non è contraddittoria e che la proposta è conforme all’interesse degli studi. Invero la produzione scientifica del prof. ASCARELLI, che la Facoltà ha dichiarato a lei ben nota, contiene organiche trattazioni di diritto industriale. D’altronde è legittimo il convincimento che, malgrado l’autonomia didattica, quella scientifica della materia non debba essere accentuata./ Concludono i resistenti per il rigetto del ricorso.DIRITTO/Ai motivi che attengono alla prima fase del procedimento amministrativo (“voto” e “proposta” della Facoltà), il ricorso premette una censura che colpisce la seconda fase del procedimento e cioè la deliberazione ministeriale di trasferimento. Senonché la Sezione, seguendo quello che appare essere l’ordine logico della discussione, prende direttamente in esame il motivo centrale attinente alla discussione e votazione del nome del 31 proposto, e precisamente la questione sulla pubblicità o segretezza della votazione. Questione, questa, che è stata già in altra occasione proposta in ricorsi giurisdizionali e che, destinata a ripresentarsi ogni qual volta le Facoltà universitarie votano un trasferimento a cattedre di ruolo, abbisogna di un esplicito indirizzo da parte del Giudice Amministrativo. Al qual riguardo, e poiché è stata menzionata nel corso del giudizio la decisione 16 marzo 1954, n. 147, di questa Sezione su ricorso Università Trieste-GIACON, giova rilevare che la questione fu allora appena sfiorata, non essendo stata proposta specifica censura circa la forma della votazione. Lamenta ora il ricorrente nel n. 1 del quarto mezzo di ricorso che la votazione sia stata adottata a scrutinio segreto, anziché palese. La censura, sia pure per ragioni alquanto diverse da quelle prospettate nel ricorso, è fondata. Giova premettere che non vi sono specifiche disposizioni di legge che regolino la forma del voto nel campo che interessa la presente vertenza e cioè per quanto attiene alle deliberazioni per la scelta della persona destinata a coprire la cattedra universitaria. Già prima della discussione orale, infatti, il ricorrente nella sua memoria aveva riconosciuto che l’art. 18 del Regolamento universitario costituisce norma generale riguardante il funzionamento dei vari Organi collegiali dell’Università e non può trovare applicazione per quanto attiene alle proposte delle Facoltà per la copertura delle cattedre a mezzo di trasferimenti. Occorre pertanto risalire ai principi generali ed applicarli alla specie in base ad approfondito esame della norma portata dall’art. 3 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 238 che, insieme all’art. 93 del T.U. 31 agosto 1933, n. 1592, sull’Istruzione Superiore, regola la materia in esame. Un principio generalissimo disciplina la formazione della volontà degli organi collegiali amministrativi ed è quello della votazione palese. Esso è inteso a valorizzare il senso di lealtà e, più ancora, di responsabilità dei membri dell’organo collegiale, perché la somma delle volontà individuali può riflettere la astratta volontà dell’organo solo quando la volizione del singolo sia espressa in intima concordanza col suo giudizio interiore e con la piena coscienza di concorrere a formare una volizione superiore. Principio pur esso generale, ma gradato rispetto al primo, è quello del voto segreto. È superfluo a questo proposito menzionare il complesso delle norme positive (art. 298 L. com. e prov. del 1915; art. 276 stessa Legge del 1934, ecc.) che rende obbligatoria la segretezza per tutte le questioni riguardanti le persone. Questa forma di votazione, al contrario della prima, intende assicurare i fini di libertà e sincerità del voto attraverso la sminuizione della responsabilità individuale, come mezzo più atto ad assicurare la rispondenza del voto alla intima volontà del votante. È chiaro che la Facoltà in quella deliberazione doveva risolvere una questione di persone: una volta deliberato di coprire la cattedra vacante mediante trasferimento, si trattava di scegliere la persona che dava maggiori affidamenti per lo interesse degli studi. E non vi è dubbio che il voto avrebbe dovuto essere segreto, se la particolare fisionomia data dalla Legge e dalla giurisprudenza alla proposta della Facoltà non imponesse implicitamente, ma inequivocabilmente la pubblicità nella votazione. Invero, il menzionato art. 3 del D.L. 5 aprile 1945, n. 238, prescrive che il voto debba essere motivato. Anzi il secondo comma dell’articolo stesso insiste sulla congruità e sufficienza della motivazione, concedendo radicali rimedi quando questa sia contraddittoria o insufficiente e quando risulti l’ingiustizia e l’inopportunità della proposta. Non dunque una motivazione generica, ma una motivazione specifica ed esauriente deve reggere la proposta dell’Organo universitario. Sulla base di questa e di altre statuizioni dello stesso art. 3, il Consiglio di Stato in sede di Adunanza plenaria (dec. n. 21 del 10 dic. 1953) ha anche riconosciuto che la posizione di tutti coloro che hanno chiesto il trasferimento va preventivamente vagliata e discussa e confrontata, in modo che la Facoltà, nel corso della discussione e prima di determinarsi in un senso o nell’altro, acquisti ogni elemento di giudizio e lo valuti e lo soppesi, sia singolarmente, sia in unione con ogni altro, di guisa che la formale votazione verta su un oggetto dai lineamenti ormai ben definiti e il voto dei singoli si eserciti su elementi ben chiariti e su proposte ragionate, si siano o meno così tradotte in precisi ordini del giorno. Una formale motivazione potrà, in ipotesi, essere stesa successivamente all’esito della votazione, ma è certo che essa non deve costituire una semplice e tardiva giustificazione di un voto, ma deve riflettere quelle ragioni della scelta che furono espresse prima del voto; che, anzi, lo determinarono. È nota la differenza fra Collegio perfetto e Collegio imperfetto. Ma nella specie i consultori di collegio perfetto, vengono accentuati e, si direbbe, esasperati, poiché, e per l’eminente personalità non solo dei componenti il Collegio, ma anche degli eligendi, e per l’alto livello delle questioni da trattare e degli apprezzamenti da 32 fare la discussione della materia, l’accertamento e lo acclaramento preventivo delle ragioni della scelta prevalgono sul successivo voto formale. In questa situazione e malgrado le acute osservazioni fatte in udienza dal valoroso patrocino del resistente, lo scrutinio segreto appare contrastante con la fisionomia, le esigenze, le finalità del procedimento in che si sostanzia il “voto” della Facoltà. Si può intanto osservare che in un ambiente ristretto, quale quello universitario, una volta espresse le opinioni e svolta la discussione, il voto è ben conosciuto ed individuabile, anche se lo scrutinio formalmente sia segreto. Ma è decisiva comunque l’osservazione che lo scrutinio segreto può indicare la persona che è prescelta fra le varie concorrenti, ma non può dar conto dei motivi – come si è visto, richiesti dalla legge – per cui la Facoltà propone una persona, anziché un’altra. Se si vuole che la proposta della Facoltà esprima essa stessa le ragioni di una preferenza senza che tali ragioni siano ricercate in un momento successivo a mo’ di giustificazione postuma, occorre che nel momento della votazione si accerti non solo la volontà dell’Organo di scegliere la persona, ma anche il giudizio su quella persona; di guisa che il voto individuale, contenente insieme una manifestazione di volontà ed una di giudizio, non può non essere manifesto. La Legge nel pretendere una specifica motivazione avverte che il “voto” della Facoltà è sostanzialmente un giudizio; e non è proprio dei giudizi collegiali l’essersi formati con votazioni segrete. Soccorre poi un’ultima osservazione. Può accadere, come è accaduto nella specie, che la stesura della motivazione sia affidata ad uno o più membri del Collegio dopo l’esito della votazione. Il che, come si è visto più sopra, può apparire legittimo quando risulti che viene estesa una motivazione che è già stata valutata ed approvata dal Collegio in sede di votazione (ché altrimenti i motivi sarebbero personali all’unico o ai più estensori e non propri del Collegio). Ma se la votazione fosse effettuata a scrutinio segreto, non si potrebbe, almeno in teoria, conoscere il voto dei singoli membri; talché potrebbe avvenire che la stesura della motivazione venga affidata a chi, dissentendo dalla maggioranza, potrebbe meno degli altri sentire ed esporre le ragioni della scelta. A questo proposito è superfluo rammentare che è stata proprio una simile esigenza che ha ispirato l’articolo 118 delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura Civile, per cui la scelta dell’estensore della sentenza è fatta fra i componenti il Collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione. Queste ragioni inducono ad accogliere il ricorso, rimanendo assorbito l’esame delle altre censure. È fatto salvo ogni ulteriore provvedimento dell’Amministrazione./ Ricorrono giusti motivi per compensare le spese. Omissis». 33
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