13 12 14 Libero La Cupola romana riciclava i soldi degli 007
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9 771591 042007 41213 Sabato 13 dicembre 2014 ANNO XLIX NUMERO 295 EURO 1,40* Il Pd nella bufera Solito rito inutile LoscioperodellaCgil: 7miliardibuttati perfareundispetto VIENI A TROVARCI ANCHE SUL SITO di MAURIZIO BELPIETRO Susanna Camusso canta vittoria: il 70 per cento dei lavoratori ieri avrebbe incrociato le braccia, partecipando allo sciopero generale contro il governo. Bene. Anzi male. Non so se le cifre diffuse dal sindacato rosso siano rispondenti alla realtà o se siano, come spesso accade, gonfiate quanto i numeri dei manifestantiai cortei.Ma se lo fossero,se davvero la maggioranza dei lavoratori si fosse astenuta dal lavoro, il giochino della segretaria della Cgil sarebbe costato a tutti gli italiani circa 7 miliardi di euro. Mica male come scherzo. Con sette miliardi si sarebbe potuto cancellare del tutto l’Irap o ridurre un po’ l’Irpef, magari anche estendere i famosi 80 euro a pensionati e lavoratori autonomi. E invece 7 miliardi se ne sono andati in fumo. Bruciati così, in un solo giorno, per fare dispetto a Renzi. Il quale, come è ovvio, può fare spallucce perché una volta passato il 12 dicembre, tutto procede come prima, senza cioè che lo sciopero generale abbia spostato una virgola del Jobs Act. Naturalmente si potrebbe scrivere un trattato circa l’inutilità di una protesta che risale al secolo scorso e che, forse, funzionava quando il sindacato era davvero una potenza e, soprattutto, era in grado di condizionare il partito. Ma quel tempo è passato da un pezzo e il segretario della Cgil non è più Luciano Lama, ovvero un tipo carismatico che poteva contrapporsi a Enrico Berlinguer (che infatti non lo amava). Adesso il segretario della principale organizzazione sindacale è una signora che ripete stancamente i riti di un tempo che fu e la Cgil, come la Cisl o la Uil, sono fantasmi, resi sbiaditi dal calo delle tessere. Mentre prima mobilitavano milioni (e se non erano milioni li inventavano), adesso silimitano a qualche migliaio di manifestanti e se non ci fossero un po’ di antagonisti a fare casino, scontrandosi con la polizia, i cortei neppure finirebbero sui giornali. Insomma, passato lu giorno - di sciopero -, passato lu santo. Susanna Camusso ha avuto il suo momento di gloria, il presidente del Consiglio ha goduto di qualche titolo nei tg in cui ha ribadito che lui tirerà diritto nonostante lo sciopero e tutto procederà esattamente come prima. Con due eccezioni. La prima riguarda la busta paga di dicembre di coloro che hanno deciso di scioperare, i quali, avendo rinunciato a un giorno di lavoro, si vedranno assottigliare (...) Renzi: legge anticorruzione E gli indagano due deputati Il governo vara le nuove norme,ma è un bluff: niente decreto.Intanto per il Mose finiscono nei guai Michele Mognato e il bersaniano Davide Zoggia: avrebbero intascato 450mila euro ELISA CALESSI e CATERINA MANIACI alle pagine 4-5 Lambertow Dini mena tutti La coop della Cupola sbianchetta l’amico Veltroni «Monti? Un pavone Premier arrogante Padoan equilibrista» di GIANCARLO PERNA di FRANCO BECHIS Mancano il caminetto acceso e l’alano impettito, per il resto è come se mi trovassi in casa di un Lord nella Londra di mezzo secolo fa. Il signore dei luoghi, Lamberto Dini, è in completo scuro con gilè come c’era da aspettarsi. Non vedo però il mitico orologio da taschino che da direttore generale di Bankitalia (...) La giunta del comune di Roma guidata da Walter Veltroni «ha proseguito e rilanciato l’azione delle precedenti giunte comunali riguardo i diritti di cittadinanza (...) segue a pagina 7 segue a pagina 10 Politica estera da incapaci «Perdiamo» la Libia un’altra volta: ci supera pure Putin La fabbrica della falsa solidarietà La leggenda del santo marziano di GIANANDREA GAIANI Buzzi, il «buono» che tifa per guerre, bufere e carestie In Mafia capitale sei motivi per mandare a casa Marino di MARIO GIORDANO di MASSIMO DE’ MANZONI Attenti ai buoni. Salvatore Buzzi era uno di loro. Buono, buonissimo, l’esempio dell’ex detenuto che ce l’ha fatta, quello che vince il male (...) Scusate, ma davvero non se ne può più di questa maldestra e strumentale santificazione di Ignazio Marino. Non c'è talk show o trasmissione (...) segue a pagina 6 segue a pagina 9 Il premier libico Abdullah alThani, alla testa del governo laico nato dalle elezioni del giugno scorso, vola nel Golfo, omaggia i suoi sponsor sauditi ed emiratini e striglia l’Occidente reo di aver «lasciato sola la Libia» contro gli estremisti islamici. Gli «amici di Tripoli» ora sono altri e non sono solo i vicini (...) segue a pagina 3 segue a pagina 15 Tour guidati in Harley-Davidson nei luoghi della revolucion Laure Manaudou beccata a rubare con la figlia in braccio Il figlio del Che fa affari con la faccia di papà La nemica della Pellegrini ladra a Eurodisney L’OMICIDIO DI LORIS Veronica resta in carcere Ritrovato il telefonino ora c’è il giallo dei vestiti di ALBERTO SAMONÀ a pagina 12 di MAURIZIO STEFANINI di FABRIZIO BIASIN Il figlio del Che si dà agli affari sfruttando il logo del padre per organizzare tour. Quarantanove anni, Ernesto Guevara March è il più giovane tra i cinque figli di Ernesto Guevara de la Serna detto il Che. E con il padre ha in comune la passione per le moto: non sappiamo se per un fatto di cromosomi, (...) Laure Manaudou ce la ricordiamo tutti: bella ma con la faccia da stronzetta, piuttosto libertina, un neo affatto fastisioso sulla guanciotta sinistra, nemica per la pelle di Federica Pellegrini per questioni di record in piscina e - soprattutto - di corna e fidanzati «scippati» a bordo vasca. Le due vanno avanti (...) segue a pagina 14 segue a pagina 31 * Con: "CANTO DI NATALE" € 6,00; "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 4" € 8,00; "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 3" € 8,00. FINALE CON SORPRESA Fedez si prende X Factor Morgan «pensionato» e insultato dal pubblico di ALESSANDRA MENZANI a pagina 27 Prezzo all’estero: CH - Fr 3.30 / MC & F - € 2.20 4 PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale LA DIFESA I deputati si dichiarano estranei. Sotto la lente i soldi per la campagna elettorale del 2010 versati dal Consorzio Venezia Nuova al candidato di sinistra Lavori per Expo Odore di mafia A Milano chiudono altri due cantieri ■■■ Proprio mentre Matteo Renzi, nella sala stampa di Palazzo Chigi, stava illustrando le nuove norme approvate dal governo in materia dicorruzione, da Venezia piombava una tegola sul Pd. A dir la verità attesa, ma non per questo meno dolorosa. Indagati nell’ambito dell’inchiesta sul Mose due deputati del Partito democratico: Davide Zoggia e Michele Mognato. La vicenda è quella su cui la procura del capoluogo veneto sta lavorando da mesi e che ha portato alle dimissioni del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, anche lui del Pd. Il reato attorno a cui si indaga è il finanziamento illecito dei partiti a proposito dei contributiche Giovanni Mazzacurati, allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, avrebbe versato nel 2010 a Orsoni per la campagna elettorale a sindaco di Venezia. I due deputati del Pd, ascoltati martedì dai magistrati veneziani, si sono detti estranei ai fatti. A coinvolgerli è stato proprio Orsoni che avrebbe fatto illoro nome,in quanto referenti della sua campagna elettorale. Secondo fonti della procura, sia Zoggia sia Magnato hanno smentito le affermazioni dell’ex sindaco, negando di essere statii destinatari finali del finanziamento in nero di 450mila euro messo a disposizione da Mazzacurati. La vicenda è solo all’inizio e il provvedimento di chiusura delle indagini non è certo indizio di colpevolezza. Resta il fatto che per Renzi e per il Pd non è certo un bello spot. Soprattutto perché arriva quando i giornali sono ancora pieni dell’inchiesta su Mafia Capitale, che ha travolto non solo la classe dirigente romana del centrodestra, ma anche esponenti delcentrosinistra.E si aggiunge alla condanna in secondo grado, proprio l’altro giorno, di un altro deputato Pd, Salvatore Margiotta, per corruzione e turbativa d’asta. La preoccupazione del premier per vicende giudiziarie che coinvolgono uomini del Pd è però mitigata da un fatto. Cioè che Zoggia, come Michela Campana a Roma, spuntata nell’inchiesta ro- ::: MICHELA RAVALICO ■■■ Dopo l’inchiesta sulla cupola degli ap- I deputati del Partito democratico Michele Mognato e Davide Zoggia: sono indagati per il Mose [Web, Ansa] Due parlamentari pd indagati per il Mose Michele Mognato e Davide Zoggia, entrambi veneziani, sono stati sentiti in procura: citati dall’ex sindaco Orsoni, si sospetta un finanziamento illecito da 450mila euro ::: L’INCHIESTA L’OPERA Il Mose è una struttura per proteggere Venezia e il resto della laguna dai periodici allagamenti causati dall’alta marea. Il progetto e i lavori sono stati affidati al Consorzio Venezia Nuova. VERIFICHE Le prime grane giudiziarie attorno al Mose risalgono al 2009, con una verifica fiscale nei confronti di una delle aziende che si occupavano dei lavori. I primi arresti risalgono all’anno scorso. NOMI PESANTI I primi arresti hanno riguardato (febbraio 2013), tra gli altri, Piergiorgio Baita – il presidente di Mantovani, una delle società costruttrici – e Claudia Minutillo, ex segretaria personale di Giancarlo Galan. Poi è stato il turno, tra gli altri, di Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente del Consorzio Venezia Nuova. Nei guai anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (che si è dimesso) e l’ex ministro di Fi Galan. mana per un sms a Salvatore Buzzi e Daniele Ozzimo, ex assessore alla Casa del Campidoglio, nella geografia del Pd sono bersaniani. Zoggia, in particolare, è considerato un fedelissimo dell’ex segretario e negli ultimi tempi era stato uno dei leader dell’ala più dura della minoranza del partito. Eletto sindaco di Jesolo nel 1990, poi nel2004 diventato presidente della provincia, fa il salto nella politica nazionale nel 2009, quando Pierluigi Bersani lo chiama a far parte della segreteria come responsabile enti locali, proprio per l’esperienza di amministratore. Resta al partito anche con Guglielmo Epifani, che lo nomina capo dell’organizzazione, dopo essere stato nel frattempo eletto deputato.Alla vigilia di un’assemblea dura come quella di domani all’Eur, dove Renzi si prepara a una resa dei conti con la minoranza inter- na, il coinvolgimento giudiziario di esponenti bersaniani è quindi, politicamente parlando, un assist al segretario. Per quanto si tratti di vicende diverse e tutte da verificare, per quanto Zoggia abbia un buon rapporto con i nuovi inquilini del Nazareno, è un elemento che, nel suo complesso, si ragiona dalle parti del premier, fa sì che la minoranza si presenti azzoppata all’assemblea nazionale. Se Renzi ieri sera ha evitato qualunque commento (e probabilmente terrà la stessa linea anche oggi), tra i suoi la reticenza è meno ferrea. La «vecchia guardia», quella che a detta del premier sta tentando l’agguato nei suo confronti, sta cadendo, si dice, sotto i colpi dei pm. Expo, Mose, Mafia Capitale. «Dove c’è un’inchiesta», ironizzano, «spunta un bersaniano». EL.CA. palti, ora per Expo arriva una nuova accusa di mafia. Una ditta che gestisce due dei cantieri più importanti a Milano, quello per la ristrutturazione della Darsena e quello per la costruzione della strada Eritrea-Expo che collegherà la città col sito della manifestazione, è stata raggiunta da un’interdittiva antimafia. La notizia ha mandato in panico l’amministrazione cittadina, che a quattro mesi dal taglio del nastro per la manifestazione che, tanto per citare Matteo Renzi e Giorgio Napolitano «deve restituire l’orgoglio all’Italia», si trova a dover gestire una situazione di emergenza molto spinosa. Uno stop ai cantieri significherebbe arrivare al primo maggio con transenne e strade ancora incomplete. Impensabile. Il rifacimento della Darsena, il porto di Milano, è a buon punto e dunque l’interdittiva per mafia non dovrebbe causare ritardi. Maggiori problemi si profilano per i cantieri della Eritra Expo, un’opera fondamentale visto che si tratta dell’unica strada che collegherà la città con il sito espositivo. In quel caso la ditta in odore di mafia non è la sola a lavorare sui cantieri (sono tre ad aver vinto l’appalto). La strategia che il Comune di Milano, assieme al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, conta di seguire è molto probabilmente quella del commissariamento. Le interdittive, che ora sono alvaglio del Prefetto,saranno esaminate entro i prossimi giorni. Per interesse di ordine pubblico, però (in base all’articolo 32 del Decreto Legge 90) si chiederà di procedere il più rapidamente possibile con il commissariamento. «Non c’è il rischio di uno stop ai lavori», si affretta a rassicurare l’assessore ai Lavori pubblici di Milano, Carmela Rozza. «Siamo stupiti, soprattutto per il cantiere in Darsena: l’azienda implicata è sempre stata molto rigorosa sia per le norme di sicurezza sia nella gestione del pagamento dei contributi» racconta l’assessore. A Palazzo Marino, sede del Comune dove ieri si è celebrato con un consiglio straordinario il ricordo della strage di piazza Fontana, si respira aria di preoccupazione. Il delegato del Comune per Expo, Gianni Confalonieri, è rimasto fino a tardi in ufficio e non ha nascosto l’angoscia per l’ipotesi di uno stop ai lavori. Il sindaco Giuliano Pisapia non ha commentato: era a casa con una pesante influenza. Con Monti a Palazzo Chigi La Cupola romana riciclava i soldi degli 007 ::: FOSCA BINCHER ■■■ C’è una intercettazione telefonica del 24 luglio 2012 agli atti nell’inchiesta su Mafia Capitale che potrebbe creare più di un problema al governo italiano. Due protagonisti minori delle indagini, Francesco La Cava e Roberto Viglianti, entrambi amici e in rapporti telefonici con Massimo Carminati, parlano fra loro della possibilità diriciclare su richiesta dei direttiinteressati «denaro che viene da palazzo Chigi», e nella lunga telefonata spiegano che si tratta di fondi neri dei servizi che vengono utilizzati da loro stessi e da al- tri militari durante le missioni internazionali di peace keeping.I due siriferiscono a somme molto consistenti: «Questo mese ci sono 60 milioni», e l’operazione che debbono fare è cambiare questo denaro contante «sicuro, perché governativo», dagli originali bigliettoni da 500 euro in biglietti di piccolo taglio. La proposta viene da La Cava, di cui non si forniscono altre informazioni(salvo il numero di telefono intercettato). Con quel nome e con quel cognome esisteva un funzionario di polizia del servizio immigrazione della capitale che l’anno dopo sarebbe finito nei guai- arrestato proprio dallo stesso pm di questa inchiesta, Luca Tescaroli per tutta altra vicenda: progettava rapine e vendeva informazioni all’agenzia investigativa privata Tom Ponzi. Potrebbe trattarsi di un caso di omonimia, ma le coincidenze sono molte. Il suo interlocutore,nell’occasione delprogettato riciclaggio di fondi neri dei servizi, Viglianti, si dice sicuro che quei 60 milioni puliti sia in grado di trovarli proprio Carminati. Per fare l’operazione di riciclaggio i due avevano in mente di chiedere «una stecca» (o una commissione) del5% poi da spartirsi. Ascoltata la telefonata, i pm di Roma Il Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone [Ansa] hanno chiesto di mettere sotto controllo tuttii telefoni riferibilia La Cava e Viglianti e quelli di chi li avesse contattati. «Occorre monitorare l’operazione», scrivono i magistrati romani, al fine di verificare la veridicità di quanto riferito telefonicamente da La Cava a Viglianti, in modo da appurare se la ingente somma di denaro, della quale parlano i predetti (60 milioni di Euro), sia il frutto del delitto di peculato, posto in essere da appartenenti alle Istituzioni, e se sia, pertanto, un’operazione di riciclaggio.(...) Invero,a tal proposito, Francesco La Cava riferiva a Roberto Viglianti quanto segue: «Sì, tranquillo, guarda che è un gioco che si fa in un quarto dora. Capito, loro fisseranno un giorno, mò fissiamo un giorno, cioè loro fissano un giorno e dicono ci vediamo quel giorno lì, noi fissiamo il nostro albergo, loro fissano il loro, uno loro viene là, uno di noi va là, a controllà le cose, e poi se prendono e se portano via». Nella telefonata intercettata La Cava dice: «Questi sono soldi praticamente governativi, di gente nostra che sta fuori in missione (…) Siccome li pagano con pezzi da 500 e siccome questi sfruttano tutto quanto palazzo Chigi gli dà eh... so soldi regolari. E sò tutti soldi puliti, capito? Non è che... Poi so, ti ripeto, so tutta gente,dirigenti nostridei servizi segreti, dell'esercito...». PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ 5 @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale LA FARSA Il Guardasigilli Orlando esulta: aggrediremo anche i patrimoni. L’esecutivo annuncia di voler mettere la fiducia e nasconde le liti con Ncd Sulla corruzione Renzi tenta un altro bluff Il premier annunciava misure aspre contro l’illegalità, ma il governo rinuncia al decreto: i tempi si allungano e la palla passa al Parlamento. Matteo: «Chiederemo la fiducia». Ritocchini a pene e prescrizioni. Tensione con Alfano ::: CATERINA MANIACI ■■■ C’è già chi la definisce ennesima legge-spot sfornata dal team renziano. Sono le norme «irrobustite» per combattere la corruzione, decise e presentate ieri dal governo. Ma più che un irrobustimento sembr un annacquamento: per esempio, si passa dal decreto, che sarebbe stato operativo da subito, al disegno di legge. E poi pene più severe, sì, ma di qualche anno, e confische più facili. «Modifiche alla legge penale sostanziale e processuale per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo»: questo era il primo punto dell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, convocato ieri nel pomeriggio, nel giorno caldissimo dello sciopero generale. Sin dal momento in cui il governo ha annunciato la volontà di inasprire pene e azioni contro la corruzione anche sotto l’ulteriore spinta del maxi-scandalo della Cupola romana - sembrava che il provvedimento dovesse essere blindato e veloce. Ma, in realtà, quel che il Cdm ha deciso di presentare è un disegno di legge, non un decretolegge come avrebbe dovuto essere,almeno secondo le voci circolate in questi giorni. Il ddl ha un iter meno veloce del decreto. Il braccio di ferro è stato con il Nuovo centrodestra, proprio sulla possibilità di allungare i tempi della prescrizione. Però il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, presentando in conferenza stampa le decisioni appena prese, ha tenuto a specificare che, se sarà necessario, il governo chiederà la fiducia sul disegno di legge. E mentre il governo era riunito, è arrivata l’ennesima notizia-bomba sugli scandali dilaganti, questa volta da Venezia, per il caso Mose, con due deputati del Pd coinvolti. In concreto, che cosa prevedono le nuove norme anticorruzione? Innanzitutto per i reati di corruzione le pene minime passano da quattro a sei anni di carcere, mentre le massime da otto a dieci anni. La filosofia è semplice: «Il punto centrale è che chi viene condannato deve pagare tutto,fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo». L’altra novità sono le misure sui beni confiscati per i reati di corruzione come quelle previste per le associazioni mafiose. «L’aggressione dei patrimoni fa più paura dela detenzione», ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando,«come per la lotta alla mafia è una chiave di volta». Renzi ha insistito: «Noi pensiamo che la corruzione ::: LA SCHEDA L’ANNUNCIO Matteo Renzi aveva annunciato misure più dure contro la corruzione all’indomani dello scandalo di «Mafia Capitale», segnalando che in galera ci sono troppi pochi condannati per questo tipo di reato. LA PROPOSTA «Si sappia che da questa parte del tavolo c’è gente che non si darà tregua finché ogni angolo d’Italia non sarà analizzato, eviscerato sui fenomeni corruttivi» ha annunciato ieri Renzi. LE PENE Il governo prevede la confisca dei beni, che riguarderà anche gli eredi. Aumentate le pene: quella minima per la corruzione passerà da 4 a 6 anni, la massima da 8 a 10. E i condannati dovranno restituire il denaro. I TEMPI «Aumentando di due anni la pena massima aumentano anche di due anni i termini di prescrizione per la corruzione» ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando. LE LITI Il governo s’è detto pronto a chiedere la fiducia e ha negato tensioni, ma il premier è stato costretto a trattare con il Nuovo centrodestra sui tempi dei processi. Con particolare riferimento alla prescrizione. L’ex sindaco di Firenze e attuale premier (nonché leader del Partito democratico), Matteo Renzi [Ansa] è una grande, grande, grande sfida per il nostro Paese», ha detto il presidente delConsiglio, assicurando: «Si sappia che da questa parte del tavolo c'è gente che non si darà tregua finché ogni angolo d’Italia non sarà analizzato, eviscerato sui fenomeni corruttivi». Pene «più severe», dunque. Renzi ha spiegato che nel Cdm si «è discusso di quattro punti che integrano il disegno di legge già esistente che sarà irrobustito da queste norme». Come si spiegava, la pena minima della corruzione passa da quattro a sei anni; la massima da otto a dieci. È prevista la «restituzione del maltolto: la confisca diventa più semplice» e «questo riguarda anche gli eredi», che saranno «corresponsabili nel senso patrimoniale». Per quanto riguarda la pre- scrizione,che si allunga, Renzi ha spiegato che la nuova norma non si applica al passato. Le nuove regole sulla prescrizione si approveranno a partire da quando «il testo diventerà legge, mi auguro nel tempo più breve». Le tensioni con Alfano e l’Ncd? In consiglio dei ministri c’è stata «piena condivisione da parte di tutti» sul ddl, anche perché era una «discussione Ieri l’ex premier Massimo D’Alema, acerrimo rivale di Matteo Renzi, è stato contestato a Bari durante lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. D’Alema è reduce da un duro scontro con Delrio [Ansa] In vista dell’assemblea nazionale La rivolta della vecchia guardia Pd «Ora basta, sarà scontro totale» ::: ELISA CALESSI ■■■ I collaboratori di Matteo Renzi hanno passato l’intera giornata al telefono. E lo stesso faranno oggi per contattare, uno per uno, gli oltre seicento delegati renziani dell’assemblea nazionale. Appuntamento, domani alle 10.30 al Salone delle Feste dell’Eur. Perché se non sarà una resa dei conti finale - nessuno si illude che la guerra tra maggioranza e minoranza finisca -, quella di domani vuole essere, nelle intenzioni del premier e segretario, una prova di forza. La dimostrazione che «questo è ilPd, sono loro a mettersi fuori». La parola d’ordine, quindi, è serrare i ranghi e tutti presenti. Da un punto di vista numerico, il risultato sarà schiacciante. Tra renziani, giovani turchi, ormai in quota maggioranza, e “filo-governativi” della minoranza (Area riformista che fa riferimento a Roberto Speranza), si dovrebbe superare gli 800 delegati pronti a votare ildocumento del premier. Quello che non solo sancirà un sostegno all’agenda del governo, riforme comprese, ma conterrà un passaggio in cui si stigmatizza chi vota diversamente dalla linea decisa negli organismi dirigenti. Un vero e proprio anatema contro i dissidenti. E contro il regista, che il “giglio magico” individua in Massimo D’Alema. Il fatto che l’ex premier, ieri, sia capitato guarda caso a Bari nel mezzo di una manifestazione della Cgil, dove non ha risparmiato critiche al governo, è stato letto come l’ennesima conferma di questo attivismo. Punito, però, dai militanti, persino quelli antigovernativi, visto che - si nota - è stato contestato. Come lui sono scesi in piazza a fianco dei sindacati - in cortei dove il premier era bersaglio polemico di cartelli, caricature e palloncini - anche Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Barbara Pollastrini. Non l’hanno fatto, invece, Pierluigi Bersani, Cesare Damiano e Guglielmo Epifani, scelta che è stata apprezzata. Resta il fatto che con l’ala dura della minoranza,sinteticamente indicata come «la vecchia guardia», si ammette tra i renziani che «lo scontro è totale». E se il premier è arrabbiato, i suoi lo sono perfino di più. «C’è una classe dirigente», osserva un fedelissimo del premier, «che sta con Matteo dalla prima ora e che in questi mesi non è stata utilizzata, proprio per fare spazio a questi qui. Hanno incassato posti, poltrone. La Bindi all’Antimafia, Speranza capogruppo, la segreteria unitaria. Ed ecco fatta ad agosto», ha voluto precisare il premier. È stato scelto il ddl, ha spiegato Renzi, perché «non si fa un decreto sulla materia penale, ma si può chiedere al Parlamento di correre e noi lo facciamo». A chi gli potrebbe rinfacciare che di compromesso si tratta, il premier ha risposto: «Se queste norme sono un compromesso, farò compromessi tutta la vita». come lo ripagano». Un’arrabbiatura che contiene anche una larvata critica al “capo” per la scelta di mantenere molti della minoranza ai loro posti, di fare patti con quelli che lo avevano combattuto, di valorizzare gli avversari interni spesso a scapito diquelli che l’avevano seguito fin dall’inizio. E’ l’antico dilemma tra renziani della prima, della seconda e ormai dell’ultima e ultimissima ora, categorie che il premier spesso ignora o utilizza a suo piacimento, a seconda della situazione. Fatto sta che lo «scontro totale» è in corso. E, passata la prova di forza dell’Eur, proseguirà nelle aule parlamentari. In particolare in Senato, dove gli uomini del premier sono molto preoc- cupati per i tempi dell’Italicum. Già si mette in conto che la montagna di emendamenti presentati, oltre diecimila, ritarderà la scadenza che il governo si era dato, cioè la fine dell’anno. Dal punto di vista quantitativo il grosso delle modifiche è stato presentato dalla Lega, ma dal punto di vista qualitativo a impensierire sono quelli della minoranza Pd. In particolare i 9 emendamenti e 8 subemendamenti presentati dal bersaniano Miguel Gotor e firmati da oltre una trentina di senatori, che puntano a eliminare i capilista, a legare l’Italicum all’entrata in vigore della riforma costituzionale, eliminando la clausola del Mattarellum, che prevedono un listino nazionale con cui eleggere il 25% dei deputati e il resto con preferenze. Su questi potrebbe crearsi in Aula un consenso trasversale che va da frange di Fi alla Lega, fino al M5S. La partita della legge elettorale, del resto, è importante anche perché decide molte mosse. Se, per esempio, fosse approvato un emendamento che prevede il Consultellum come norma transitoria in caso di elezioni anticipate, la minoranza, si dice nel Pd, potrebbe tentare la spallata finale al governo, contando poi di presentarsi alle elezioni con una forza identitaria di sinistra. 6 PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale «Più sfollati e bufere» La lista dei desideri di Buzziil «buono» Il capo della Coop «29 giugno» era diventato l’emblema della solidarietà In pubblico parlava di «inclusione», ma a Capodanno mandava un sms agli amici: speriamo in un 2013 pieno di monnezza, immigrati e nevicate ::: segue dalla prima MARIO GIORDANO (...) e fa trionfare il bene, ilprincipe delle cooperative sociali, dava lavoro agli emarginati (ex carcerati) per aiutare gli emarginati (stranieri e nomadi),la summa del politicamente corretto, ilmassimo dell’impegno civile, l’emblema stesso della solidarietà. Quando parlava in pubblico non perdeva occasione di sdottoreggiare su «inclusione», «attenzione agli ultimi», «quando il sociale diventa impresa d’avanguardia». Formule perfette. Poi, per gli auguri di Capodanno mandava un sms agli amici: «Speriamo che il 2013 sia pieno di monnezza, profughi, sfollati e bufere». Tutte cose molto buone, si capisce. Soprattutto per il suo conto in banca. Il re della Cupola di Roma ce l’aveva chiaro. Finita la siderurgia, finita la metallurgia, ormai archiviata la stagione del tessile e della chimica, c’è solo un’industria in Italia in grado di produrre redditi per tutti gli appetiti: la fabbrica della solidarietà. E allora avanti con gli immigrati che, come è ormai noto, «rendono più della droga», e avanti con i rom, perché «con i rom io ci faccio fatturato». Vogliono far arrivare 250 immigrati? «No, datecene 2.500». Tutti adulti? «No, meglio se bambini perché rendono di più». Così lucrava sul disagio, così speculava sulla disperazione. E perfarlo non esitava neppure a gettare micce sulle periferie in rivolta o a stringere accordi con la ’ndrangheta. Ma attenti: per farlo doveva mostrare sempre il volto buono. Dai buoni mi guardi Iddio che dai cattivi mi guardo io. E com’era buono Buzzi. Com’era buono quando faceva le foto con tutti i big della sinistra, quando pontificava daiconvegni, quando andava a «La vita in diretta» a parlare dei «suoi ragazzi». Non perdeva occasione per riempiersi la bocca, parlando divalori. Valori, valori,valori. E poi ovviamente impegno e solidarietà. Appena poteva citava la Banca Etica, la tutela dell’ambiente, l’importanza di riciclare i rifiuti,l’educazione civica, l’integrazione, l’attenzione agli altri, la generosità. C’è l’alluvione? Lui dà subito un aiuto.C’è la beatificazione dei due Papi? Luipulisce l’isola Tiberina per «servizio alla città». Il maltempo abbatte gli alberi storici della Capitale? Lui si offre di ripiantarli. C’è l’iniziativa sul femminicidio con la Dandini e la Boldrini? Lui ovviamente sponsorizza. È così buono che lo fanno anche presidente del comitato che dovrebbe sorvegliare sulle cooperative: chi meglio di lui può garantire sulla loro moralità? Speriamo che il nuovo anno sia pieno di bufere e profughi, ve lo augura un uomo buono. Ma non buono così, per modo di dire: talmente buono da diventare simbolo della solidarietà. Emblema del riscatto sociale. E lui ne era consapevole, si metteva in posa,ricercava tuttii totem possibili per far passare il messaggio dell’umile che trionfa attraverso la limpida onestà. Quando lo intervistavano nel suo ufficio alle spalle mostrava una riproduzione del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo. Sulla testata del gruppo aveva fatto stampare un verso di De Andrè: «Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale». E sulla sua rivista grondavano gli articoli inzuppati di retorica dell’accoglienza, un «valore» che ovviamente bisogna difendere. Ma certo:valori, valori, valori. I valori non sono mai stati in discussione alle coop di Buzzi. Soprattutto i valori economici, quelli ottenuti sfruttando immigrati e rom. Ma Buzzi ha fatto perfin di peggio che usare biecamente gli emarginati e i rom per i suoi loschi traffici di denaro. Ha usato biecamente il concetto stesso dibontà.Di solidarietà. E si è nascosto dietro le cose più nobili dell’animo umano perché sono il paravento perfetto per poterne combinare di tutti i colori: tanto chi ti viene a controllare? Tutti quelli che rubano, diceva Flaiano, devono far mostra di amare i bambini e temere Iddio. Si capisce: se siamo buoni chi ci attacca? Chi ci denuncia? Chi ci scopre? Siamo nati in carcere, abbiamo recitato l’Antigone di Sofocle, abbiamo organizzato il convegno sulreinserimento in società, abbiamo persino anticipato la legge Gozzini, tutti erano Salvatore Buzzi, capo della cooperativa «29 giugno», in un fermoimmagine di un video di un'intercettazione telefonica dei carabinieri del Ros [Ansa] LA COLPA Il socio di Carminati ha fatto di peggio che utilizzare gli emarginati e i rom per i suoi traffici di denaro. Ha usato biecamente il concetto stesso di bontà “ ■ Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale IL MESSAGGIO DI SALVATORE BUZZI Il «paradosso» del presidente della Camera commossi per quant’eravamo bravi e puliti, ci hanno applaudito, omaggiato, celebrato al Forum della Pubblica Amministrazione cihanno dato pure il riconoscimento Best Pratctice Patrimoni 2014. Chi osa criticare tale miracolo di ::: DAVIDE GIACALONE bontà? Ah quanto funziona lo schermo della solidarietà. ■■■ Non ci sono mica solo i criminali dell’acQuanto aiuta. Quanto protegcoglienza. Ci sono anche gli sciacalli del buonige. Ancora a maggio, presensmo e del cattivismo. Ai primi interessa poco e tando il bilancio, Buzzi faceva nulla dei profughi e degli sfollati. Ai secondi pola ruota in via del Frantoio, co e nulla dei soldi spesi per raccoglierli in luoproprio uno dei centri accoghi circoscritti. A tutti costoro interessa solo il glienza immigratifiniti poi nelproprio tornaconto. Me ne convinco leggendo lo scandalo. «La nostra intenLaura Boldrini, che con la politica dei profughi zione è far diventare questo s’è assicurata una carriera da funzionaria e poi luogo un polo di integrazione il debutto in politica. Sostiene Boldrini: quelli persuperare itanti steccaticreche profittano sui profughi deturpano il valore ati dal pregiudizio e dall’ignodella solidarietà, mentre sono moltissimi gli ranza. Un luogo di incontro di operatori competenti e motivati. Lo spero. Ma cultura e ditradizioni». Un luodove erano mentre i campi profughi costavano go di incontro di cultura e di dieci o cento volte quel che valevano? Non si tradizioni, capite? E intanto erano accorti che il livello di vita, in quei campi, lui faceva la cresta sulla dispeera infinitamente inferiore al costo che la colletrazione. tività sosteneva? Fra i propagandisti del cattiviUna cresta redditizia per alsmo, del mandiamoli via, del tro. Dietro lo schermo chiudiamo le frontiere, ce ne della bontà, la Coop sono stati che poi davano sol29 giugno ha moltiplidi pubblici ai cooperatori del cato il suo fatturato, ladrocinio; mentre fra gli passando da 600mila sventolatori del prendiamoeuro a 60 milionidieune di più, accogliamoli tutti, ro in vent’anni, centuvolemose bene, ce ne sono plicando cioè le entrache vogliono bene solo a sé, te.Negliultimi due analla parte che si sono scelti, ni, dal 2011 al 2013, incapaci di vedere e capire il mentre gli altri imrisultato della propria propaprenditori chiudevaganda. no e si suicidavano, lo- Laura Boldrini [LaPr] Scrive Boldrini: «Paradosro sono riusciti a cresalmente il meccanismo che doveva facilitare scere di 21 milioni di euro. la convivenza sta generando ostilità verso i miMazzetta dopo mazzetta, apgranti». Paradossalmente un corno, perché palto truccato dopo appalto quella è la logica conseguenza della premessa: truccato, Spezzapollice dopo i buonisti della convivenza se ne infischiano Er Cecato. Solo la cooperativa dell’indecenza. Mettono la propria bontà sul del gruppo che si occupa di conto degli altri. La scaricano nei quartieri dozingari è passata da 1 a 15 mive mettono piede solo se accompagnati dalle lioni di euro. Del resto, si sa, telecamere. Se vedono il disagio lo traducono basta un poco di zucchero e la in colpa di quanti non osannano la bontà un pillola va giù, ma i profitti vantanto al chilo, chiedendo ancora più soldi. no su. «Semo pieni di soldi», Quindi favorendo gli affaracci cooperativistici. come diceva Buzzi, l’uomo E se si stupiscono dello scandalo (dico «se», perbuono che augurava un buon ché una parte di quegli stupori è stupefacente) anno pieno di profughi, sfollaè solo perché ignorano del tutto la realtà conti, bufere e monezza. Come se creta. la monnezza che ha fatto lui Proviamo a usare il buon senso e immaginain nome della bontà non fosse re come porre rimedio. Intanto vanno separati abbastanza… E la Boldrini si preoccupa per i migranti «Ostilità verso di loro per colpa degli indagati» due gruppi: i profughi e i migranti. Buonisti & cattivisti li mischiano, ma è l’errore che poi degenera in impotenza e sperpero. I profughi vanno accolti e istradati verso le destinazioni finali. Per farlo occorre identificarli. Identificarli non ha alcun senso se non per scoprire chi non è profugo e, quindi, metterlo nel secondo gruppo.Nell’identificarli servono i soldi e la collaborazione dell’Onu, che dovrebbe funzionare soprattutto ai confini delle zone da cui i profughi fuggono, onde evitare il commercio di carne umana e il rischio di morte. Ergo: fare capi profughi in Italia serve a poco e niente, ma per quel che si fanno devono essere finalizzati non alla permanenza, ma all’identificazione e ripartenza. I migranti, invece, non c’è alcun dovere di accoglierli. Avere immigrati è un affare. Un buon affare. Il saldo è positivo, e non solo economicamente, in Italia come nel resto d’Europa, se riferito agli immigrati regolari. Gli altri, gli irregolari, i clandestini, non si ha il dovere di prenderli.Quindi:identificarli, valutarne l’accoglimento,ove non possibile siprocede al rimpatrio. Che è il solo modo serio per stroncare le gambe ai trafficanti dei barconi. Qui abbiamo fatto proposte concrete, a cominciare da zone extraterritoriali sotto la giurisdizione Ue. Inutile dire che né ai buonisti né aicattivisti sono minimamente interessate. E gli altri disagiati? Chi? Scusate, ma perché dovremmo spendere soldi pubblici per i campi nomadi? Se sono nomadi, girano. Se stanno nei campi, non sono nomadi. Siccome li considero depositari di diritti e di doveri al pari di me, credo che vadano difesi da eventuali aggressioni e messi nella condizione difermarsi temporaneamente, ma non in quella di fare i mantenuti, consentendo una delinquenza che è ripugnante pietismo di chi li considera essere inferiori, destinati a quel tipo di vita. Il razzismo dei buonisti non ha nulla da invidiare a quello dei cattivisti. Mentre gli attivisti della bontà, incapaci di denunciare il malaffare prima che si intervenga la procura, meritano un solo invito: è ora che anche voi andiate a lavorare. Scrive Boldrini: l’accoglienza genera posti di lavoro per gli italiani. No, genera spesa pubblica degenerante, produttiva di tasse e debiti. L’accoglienza è un business sono laddove non ha nulla di buono. www.davidegiacalone.it @DavideGiac PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ 7 @ commenta su www.liberoquotidiano.it A RITROSO Recuperare le versioni precedenti del portale web è possibile: e si scoprono gli elogi (poi tolti) all’ex segretario Pd. Ancora visibili invece le lodi a Rutelli romanzo criminale La cupola sbianchetta l’amico Veltroni L’ex sindaco di Roma era molto amico di Buzzi e sotto di lui il fatturato della cooperativa lievitò. Ma adesso dal sito della società di Mafia capitale sono state cancellate le foto di Walter col manager rosso. Censurato anche un finanziamento di Marrazzo Walter Veltroni, nato a Roma nel 1955, ex segretario del Pd, è stato sindaco di Roma dal 2001 al 2008 [LaPresse] ::: segue dalla prima FRANCO BECHIS (...) e di integrazione dei soggetti svantaggiati ed inoltre noi abbiamo il privilegio di conoscere personalmente il Sindaco,che sovente ci incoraggia in questo nostro difficile percorso di imprenditorialità sociale». Parola di Salvatore Buzzi, per lustri presidente della coop sociale 29 giugno, fino a quando non è diventato l’indagato principe dell’inchiesta su Roma capitale, finendo agli arresti nel carcere sardo di Badu ’e Carros. Quella rivendicazione di amicizia con il fondatore del Pd, che è stato sindaco di Roma, quel riconoscimento tributato alla giunta Veltroni che si era data un gran da fare per sostenere le cooperative sociali come la 29 giugno, era contenuto nella storia del gruppo vergata proprio da Buzzi e inserita in apertura del sito internet della coop. Bisogna parlarne al passato, perché quella storia è tutt’oggi in apertura del sito: nove cartelle dall’inizio ai giorni nostri. Ma quella rivendicazione dell’amicizia con Veltroni è misteriosamente scomparsa insieme a un paio di altri periodi, dove era contenuta anche la notizia di un finanziamento ricevuto nel 2005 dalla Regione Lazio di cui era appena divenuto presidente Piero Marrazzo. Mancano questi due periodi nella storia che oggi è visibile da tutti. Qualcuno li ha sbianchettati, senza spiegare perché. Per ritrovare il vecchio testo con il riferimento alla amicizia personale di Buzzi con Veltroni bisogna andare a cercare il sito Internet precedente della Coop (www. cooperativa29giugno.org) attraverso la wayback machine che fa resuscitare testi poi cancellati da internet. Diventa così un giallo la sparizione di quella citazione dell’amicizia con Veltroni. Anche perché nel lungo e pomposo testo sulla storia della cooperativa, non mancano riferimenti ad altri leader politici e sindaci della capitale. Sono tutt’ora visibili i riferimenti alla giunta comunale di Roma guidata da Francesco Rutelli. E le parole nei suoiconfronti sono altrettanto cortesi:«Finalmente»,scrive Buzzi, «nel dicembre 1993 arrivò la Giunta Rutelli. Fino al 1993 noi avevamo rapporti con le municipalità, specialmente la V˚, ma con l’Amministrazione comunale di Roma, con le Giunte Signorello e Carraro, non eravamo mai riusciti a portare avanti progetti di integrazione sociale. Arrivò al Governo della città una nuova classe dirigente, molti dei quali conosciuti direttamente nelle nostre battaglie di integrazione, altri ancora erano stati compagni di viaggio e grandi opportunità alla nostra Cooperativa furono date da molte persone». In quella stagione politica Buzzi considerava di avere tre amici, che cita con affetto: l’attuale senatrice di Sel Loredana De Petris, il compianto Mario Di Carlo e l’ex assessore alla Sanità Giusy Gabriele. Rutelli assegna a Buzzi e ai suoi ex detenuti anche una commessa che li ha resi felici, tanto da scrivere: «Nel 2000 la nostra Cooperativa ha avuto l'onore di partecipare all'apertura dell' Anno Santo con la manutenzione delle aree verdi prospicienti le Basiliche di S. Paolo il graffio Il cacciatore di teste «Lui è stato, in quegli anni, tra le persone più impegnate sul fronte della lotta all’abuso e alla illegalità diffusa». Così Walter Veltroni parlava recentamente del suo vecchio dirigente Luca Odevaine, oggi finito nell’inchiesta Mafia capitale e con una precedente condanna per droga. Lui sì che capisce la gente. I sindacati contro Annamaria Buzzi Annamaria Buzzi, sorella di quel Salvatore, dominus della cooperativa 29 giugno La sorella del «boss» dirigente al ministero ■■■ L’indagine sulla Mafia Capi- tale rischia di mietere una vittima anche al ministero dei Beni Culturali. Vittima illustre, peraltro: trattasi infatti di Annamaria Buzzi, sorella di quel Salvatore che, da dominus della cooperativa 29 giugno finito agli arresti per associazione mafiosa, figura tra i protagonisti dell’inchiesta che sta facendo tremare mezza Roma. La signora Buzzi, a via del Collegio romano, ci sta da un’eternità: iniziata la carriera nel 1977, dal 2012 è direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. Sebbene non risulti indagata, la donna si ritrova menzionata nel- le carte dell’indagine. Il suo nome, infatti, appare nell’informativa dei Ros,dove si dà conto di un’intercettazione dalla quale emergerebbe un’episodio di raccomandazione: per favorire la figlia Irene Turchetti in un maxi-concorso bandito dal Comune di Roma per trecento posti di ispettore amministrativo, la Buzzi avrebbe - per tramite del fratello - fatto arrivare un orologio di gran lusso (cinquemila euro di valore) in regalo ad Angelo Scozzafava, all’epoca dirigente dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma e componente della commissione esaminatrice. A partire a testa bassa contro la dirigente è uno dei sindacati interni dei Beni Culturali, la Uil Mibact. In una durissima nota diffusa due giorni or sono in occasione della Giornata della Trasparenza tenutasi al ministero e che ha visto tra i relatori proprio la signora Buzzi, il sindacato chiede al ministro Dario Franceschini di «tenere a disposizione del Ministero Annamaria Buzzi, non affidandole alcun incarico» finché l’inchiesta non sarà terminata. «Certamente», si legge nel comunicato sindacale, «la giornata ministeriale è stata organizzata prima che esplodesse lo scandalo di Roma, ma é del tutto evidente che il nome della dottoressa Anna- e di S. Giovanni e forse questo è uno dei lavori che più ci inorgoglisce per la fiducia dimostrata dal Comune di Roma nei nostri confronti». I rapporti con l'allora sindaco di Roma sono invece stati successivamente cancellati dal materiale illustrativo della Coop. Sparito anche ogni servizio fotografico che ritraeva Buzzi con Veltroni. Ogni volta che un personaggio importante rendeva visita alla coop naturalmente veniva realizzato un servizio fotografico da utilizzare come distintivo. Nessuna citazione invece della presenza del fondatore del Pd e primo cittadino di Roma da quelle parti. Eppure un riferimento non più cancellabile c’è: nel bilancio della coop del 2006: fra i fatti di rilievo citati dopo la chiusura dell’esercizio sociale nella relazione che accompagna i conti economici, Buzzi scriveva: «Nel corso del 2007 il Centro è stato visitato dal Sindaco di Roma Walter Veltroni e dal Sottosegretario agli Interni Marcella Lucidi». L’amicizia Buzzi e Veltroni che dopo anni improvvisamente è diventata imbarazzante per qualcuno che ne ha cancellato ogni traccia, è continuata fino all' ultimo giorno in cui il fondatore del Pd è restato in carica come sindaco di Roma. E in quegli anni è anche lievitato il fatturato delle coop di Buzzi,che sono riuscite ad acquisire dal Comune nuovi lavori anche in settori che non erano loro tradizionali, come la raccolta rifiuti presso le mense e i ristoranti di Roma. maria Buzzi, in una giornata sulla “trasparenza”,rappresenta una pagina nera per il ministro e per tutti gli altri relatori». La nota si chiude con un’ulteriore richiesta a Franceschini: «far verificare tutti gli accordi nonché i rapporti che la dottoressa Buzzi ha tenuto nel corso di questi anni con ilmondo delvolontariato». L’unica replica a giungere dal ministero è quella della Buzzi stessa. La signora invia una lunga nota all’agenzia Ansa per discolparsi. Primo:«Smentisco categoricamente di avere avuto contatti o rapporti con le attività svolte direttamente o indirettamente dalle cooperative di Salvatore Buzzi o con altri osggetti a qualsiasi titolo nella vicenda giudiziaria».Secondo: «I riferimenti a presunte dazioni di denaro o orologi al dottor Scozzafava spmp prive di fondamento. Non ho mai avuto alcuna ragione per dover riconoscere tale utilità né a titolo personale né per favorire i miei familiari». Pertanto, «quanto affermato da Salvatore Buzzi nel corso di una conversazione telefonica intercettata non mi riguarda ed il suo contenuto non è a me riconducibile in alcun modo». La patata bollente, adesso, è nelle mani del ministro Franceschini. M. G. 8 PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale MARA CI STA A riportare ottimismo in casa azzurri è il probabile buon esito della trattativa con la Venier, cui l’ex premier ha chiesto di correre come sindaco di Venezia IlCavaliereinmarciasuRoma Ilpianoperfarcadereilsindaco Berlusconi annuncia l’uscita di tutti i consiglieri azzurri ed Ncd si accoda Intanto si cerca un candidato della società civile: sondato Alfio Marchini L’APPELLO Salvini con «Libero»: adesso il Pd restituiscai soldi ::: PAOLO EMILIO RUSSO ROMA ■■■ IlCavaliere ha dovuto pe- nare non poco per raggiungere il risultato: i consiglieri comunali eletti a Roma con Forza Italia presenteranno le loro dimissioni. La richiesta del leader era partita da Palazzo Grazioli «Sono d’accordo con Li- martedì scorso e il coordinatobero: i politici che han- re romano del partito, Davide no preso soldi da Salva- Bordoni, non ha raccolto soltore Buzzi devono resti- tanto risposte entusiaste degli tuirli». Parola del leader eletti, anzi. Il problema è che le della Lega Nord Matteo dimissioni dei soli forzisti non Salvini. «A Roma sta av- saranno sufficienti a portare alvenendo una schifezza lo scioglimento del Comune, si mai vista. Dato che il pre- rischia un pasticcio col subenmier Matteo Renzi si tro dei primi tra i non eletti e, di spaccia sempre per un conseguenza, si è deciso di rinfenom eno, viare il momensi dimostri to della lettera tale restidiaddio alCamtuendo i solpidoglio al giordi». Buzzi, no in cuiscegliegià condanranno di dimetnato per tersi anche i omicidio, è consiglieri degli l’uomo della altri partitid’opcooperativa posizione. Per 29 giugno non lasciare che ha incasspazio ai dubbi sato nume- Matteo Salvini [LaPresse] su quale siano i rosi appalti desiderata del dal Comune di Roma e Cavaliere e la linea del partito, ha finanziato, tra le altre ieri mattina si sono presentati cose, la campagna eletto- alla stampa nella sede di San rale di Ignazio Marino Lorenzo in Lucina big del caliversando 30 mila euro. bro di Giovanni Toti, Maurizio In un’intercettazione, Gasparrie Antonio Tajani.«SerBuzzi ha ammesso che ve un atto collettivo di almeno con l’accoglienza degli 24 consiglieri per tornare al voimmigrati «si guadagna to: mi auguro che i consiglieri più che con la droga». di altre forze politiche facciano «Vorrei ricordare» con- come Forza Italia», ha detto clude Salvini «che la Le- quest’ultimo, già vicepresidenga non ha nulla da resti- te della Commissione eurotuire...». Ieri ha aderito pea. Ncd raccoglie: Roberto all’appello di Libero un Cantiani e Lavinia Mennuni, i altro leghista: Mario Bor- due consiglieri eletti col partito ghezio. diAngelino Alfano,si potrebbe- ro dimettere. L’appello è dunque rivolto ora agli eletti con Fdi, ma anche a quelli della lista che sosteneva Alfio Marchini. Non c’è nessun imbarazzo per il coinvolgimento di alcuni esponentidel fu Pdlnell’inchiesta Mafia Capitale:«Fiè infinitamente meno coinvolta della sinistra», sottolinea Giovanni Toti. Per Maurizio Gasparri, che è anche vicepresidente del Senato, toccherebbe innanzitutto al Pd prendere atto che «la situazione è ingestibile, che il Comune di Roma è in un commissariamento di fatto». Il coordinatore provinciale azzurro Davide Bordoni, che è anche consigliere comunale, ha annunciato una «raccolta di firme nei gazebo per chiedere le dimissioni di Ignazio Marino» e la proposta di una «commissione d’inchiesta». Difficile che il sindaco si dimetta. La pressione sul leader Pd, i dettagli dell’inchiesta romana e di quella sul Mose a Venezia, sembrano avere però convinto Forza Italia che le elezioni anticipate nella Capitale sono un obbiettivo possibile e, in alternatva, una buona occasione per rinserrare le fila del centrodestra. Se l’ex premier giovedì si è dedicato all’ambasciatore della Federazione Russa e ieri al Milan - con tanto di brindisi tra la figlia Barbara e Adriano Galliani -, nella Capitale i suoi sherpa stanno sondando alleati e potenziali tali per preparare una alternativa alsindaco in carica. Una soluzione presa in considerazione è quella di “agganciare” Alfio Marchini, già candidato indipendente due anni fa della lista “Roma nel cuore”, facoltoso, proveniente da una famiglia di sinistra, telegenico. L’ex premier lo aveva addirittura «considerato» come possibile candidato premier: i due si sono incontrati nei mesi scorsi. A riportare ottimismo in casa azzurri è il probabile buon esito della “trattiva” con Mara Venier,cui l’ex premier ha chiesto di candidarsi a sindaco di Venezia.«In tempi in cuila politica segna una distanza dalla gente, chi meglio di una donna del popolo veneziano, che ormaifa parte diogni famiglia italiana, saprà guidare la macchina amministrativa?», dice entusiasta l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma. Stesso metodo, quello cioè di pescare fuori dall’ambiente politico, potrebbe essere utilizzato anche nella Capitale per individuare un candidato. Lo ammette anche il consigliere politico del Cavaliere, Toti: «Perchè no? Roma è una città piena di talenti, eccellenze e capacità...». Il problema, semmai, sarà far digerire la scelta a Fdi e Lega. Nonostante la schiarita dei giorni scorsi, infatti,ilCavaliere non sembra intenzionato a partecipare all’evento organizzato da Matteo Salvini oggi a Milano sul tema della flat tax e le posizioni restano distanti. L’aliquota unica sarà comunque parte di un pacchetto di misure economiche che il leader di Fi intende presentare a gennaio e che conterrà modifiche anche alle pensioni:potrebbe essere la base ideale attorno alla quale ricostruire la coalizione. In compenso Berlusconi ha dato un ordine: «È vietato rispondere alle provocazionidiRaffaele Fitto, va ignorato». E infatti la sua dichiarazione-provocazione di ieri su «Fi che attraversa un momento in difficoltà» non è stata raccolta da nessuno. COSTITUZIONE DI PARTE OFFESA La Capitale vuole i danni dalla «Cupola» Roma, la Capitale d'Italia, non vuole l’etichetta di «città mafiosa» e si muove per tutelare la sua immagine: il Campidoglio sarà parte offesa nel processo sulla Piovra di Massimo Carminati&Co. Il sindaco di Roma, in qualità di legale pro tempore di Roma Capitale ha firmato l’atto con cui formalizza alla Procura la «costituzione dell’amministrazione quale parte offesa». Una mossa «in vista della futura costituzione di parte civile dell’amministrazione nel processo penale», per ottenere il risarcimento dei «danni morali e materiali». PRIMO PIANO __Sabato 13 dicembre 2014__ 9 @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale COME FINI Se provi a eccepire qualcosa sull’allegro chirurgo la risposta è che non è indagato. Succedeva anche con l’ex An ai tempi della casa di Montecarlo La leggenda diSanto Marino I 6 motivi per mandarlo a casa Il sindaco ha preso soldi da Buzzi ma diceva di non conoscerlo. Non ha vigilato sulla «29 giugno» che con lui ci ha guadagnato. E ora si trova con l’assessore all’Abitazione indagato e le primarie inquinate ::: segue dalla prima MASSIMO DE’ MANZONI GLI RESTA LA PREGHIERA Il sindaco Ignazio Marino in preghiera durante la ricorrenza dell’Immacolata Concezione in piazza di Spagna a Roma. Marino è un medico ed è diventato sindaco di Roma il 12 giugno 2013. Da senatore, dal 2006 al 2013, ha svolto il ruolo di presidente della Commissione di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Ssn ed è stato membro della Commissione igiene e sanità del Senato. Poi nel marzo 2013 si è candidato alle primarie del centrosinistra per eleggere il sindaco di Roma. E sui i voti delle primarie sono emersi particolari inquietanti nel corso delle indagini su Mafia capitale [Ansa] (...) radiofonica o tg imperniati su Mafia capitale (cioè praticamente tutti) in cui, non appena si pronuncia il nome del sindaco di Roma, non parta un coro di «ah, ma no, che cosa c’entra, lui non è immischiato con il malaffare, mica è Alemanno, ma che dici, al massimo sarà stato un po' ingenuo ma è sicuramente onesto». Gente, anche e soprattutto di sinistra, che fino a una settimana fa trattava l’allegro chirurgo come un mentecatto e ne invocava più o meno esplicitamente le dimissioni immediate, adesso lo difende a spada tratta come ultimo baluardo di legalità in una città corrotta: «non ha preso soldi» (per definizione), «è andato persino dal procuratore a portargli altre carte» (niente popò di meno), «ha appena nominato un magistrato assessore agli appalti» (ma tu guarda). E se provi a eccepire qualche dubbio, ecco la presunta arma finale, molto usata anche con Gianfranco Fini ai tempi della casa di Montecarlo: «Non è indagato, quindi non c’entra». Si capisce molto bene questa levata di scudi da parte di una sinistra (politica e giornalistica) che non appena si è saputo dell’indagine ha gongolato pregustando la caccia al fascio-mafioso e si è ritrovata in evidente imbarazzo quando le notizie uscite dalla Procura hanno disegnato un paesaggio del tutto diverso, al centro del quale campeggia una delle mitiche cooperative rosse, per di più particolarmente impegnata nelle predilette attività di accoglienza e assistenza agli immigrati. È evidente il terrore che cada anche l’ultima foglia di fico e venga a mancare quindi anche l’appiglio dialettico delle mele marce nel cesto sano al quale appendere il solito ragionamento giustificatorio capzioso e doppiopesista. Però le cose non stanno così. E non c’è alcun bisogno di un avviso di garanzia per condannare un amministratore: la vita non è tutta codice penale. Si può essere giudiziariamente innocenti e politicamente colpevoli. Ecco, per punti, per- ché Marino non può assolutamente chiamarsi fuori da Mafia capitale e perché dovrebbe dimettersi all’istante. 1) Ha mentito ai romani. Quando è scoppiato lo scandalo, Marino ha giurato di non conoscere Salvatore Buzzi, l’« assassino redento» diventato il boss della cooperativa 29 giugno che corrompeva a rotta di collo e lucrava sugli appalti comunali. Quando è stato sbugiardato dalle fotografie, il sindaco ha tentato un' altra arrampicata sugli specchi: «Sì, l’ho visto ma non ci ho parlato». Smentito anche su questo fronte. Ci ha parlato e gli ha persino promesso il suo primo stipendio da primo cittadino. Poi non gliel'ha dato, ma questo significa solo che ha raccontato una balla anche a Buzzi, non che sia un giglio di campo. 2) Si è fatto finanziare da Buzzi. Proprio così: non solo lo conosceva, ma metà dei contributi elettorali presi da Marino (vale a dire 30mila euro su 60mila) arrivano proprio dall’iscritto al Pd che «guadagna più con i profughi che con la droga». Arrivano cioè da una cooperativa che campa solo ed esclusivamente dei soldi che incassa dall'amministrazione comunale. Non è reato e non è nemmeno proibito (chissà perché), ma si può dire che non è il massimo della trasparenza? E che non ci vuole un genio per prevedere che, dopo il voto, il finanziatore cerchi di passare all'incasso facendo valere il credito della propria generosità presso l'eletto? 3) Con lui gli affari di Buzzi sono migliorati. Infatti, il bilancio della cooperativa 29 giugno è passato dai 20,9 milioni del 2012 ai 25,8 milioni del 2013, primo anno dell'era Marino, che gli affida pure la manutenzione delle piste ciclabili (800mila euro). E così è avvenuto con tutte le altre cooperative create e gestite da Buzzi, che ha continuato a ottenere appalti comunali a gogò anche nel 2014: in gennaio ha rinnovato quelli per l'accoglienza immigrati, nel febbraio la manutenzione del verde di Villa Borghese, in settembre nuovi appalti (per complessivi 1,6 milioni) per l'emergenza casa e così via. Non basta:a ottobre il sinda- co Marino firma una delibera che concede alla coop un immobile in affitto per 14mila euro l'anno anziché i 73mila di valore di mercato stimati dai tecnici comunali: uno sconto di quasi 60mila euro, pari a oltre l'80 per cento! 4) Non ha vigilato. È il minimo che si possa dire:data l’enorme fetta che si intascavano (e distribuivano) i boss, è evidente che i servizi erogati non corrispondevano affatto alla quantità di denaro sborsata dall’ente pubblico. In un anno e mezzo, Marino non solo non se n’è accorto: non ne ha avuto il minimo sentore. Colpa grave per un amministratore. 5) Ha scelto male la squadra. Indagato l’assessore alla Casa, Mirko Ozzimo. Indagato il responsabile alla Trasparenza in Campidoglio, Italo Walter Politano. Non indagati ma con stretti legami con Buzzi il vicesindaco Luigi Nieri e Mattia Stella, capo della segreteria diMarino. Anche in questo caso, difficile per il sindaco continuare a far la parte del marziano. Oppure: diciamo che un marziano come sindaco non è il massimo cui possa aspirare una città. 6) Eletto con primarie inquinate. Dagli atti dell’inchiesta (e dalle stesse ammissioni di esponenti di spicco del Pd romano) emergono schiere di rom e immigrati prezzolati per recarsi ai seggi in cui i democratici sceglievano il loro candidato per la corsa al Campidoglio, risultato poi essere Marino. In altre parole, Buzzi e C. hanno pagato persone estranee al partito per deporre nell’urna un nome a loro gradito.Noi non sappiamo quale fosse questo nome, ma è chiaro che tutto ciò getta un' ombra di delegittimazione sull'intera faccenda. Per non parlare del sospetto che la banda abbia manovrato anche in occasione del voto e del successivo ballottaggio per l'elezione del primo cittadino. Sembrano sei motivi più che sufficienti per mandare a casa un sindaco. E questo solo per limitarci al capitolo Mafia capitale. Perché se poi vogliamo aprire il vaso di Pandora delle nomine sbagliate, delle Panda rosse, delle multe sparite, delle pedonalizzazioni a capocchia, dei bilanci in rosso... Confermata l’aggravante mafiosa per Carminati Le mani dei boss sulle piste ciclabili di Ignazio ::: RITA CAVALLARO ■■■ Mafia Capitale aveva messo le mani pure sulla manutenzione delle piste ciclabili. Salvatore Buzzi, l’uomo delle coop rosse e braccio imprenditoriale dell’ex Nar Massimo Carminati, aveva vinto l’ennesimo appalto. Una commessa da 800mila euro, arrivata nell’estate del 2013, quando in Campidoglio si era già insediato il sindaco Ignazio Marino. È questo che emerge da un’informativa dei carabinieri del Ros, depositata al Riesame. Il ruolo chiave per mettere in atto l’operazione della cupola è stato svolto, secondo gli inquirenti, dal funzionario del X Dipartimento, Claudio Turella, quello che aveva a casa oltre 570mila euro in contanti, nascosti in buste con il logo del Comune. È lui che «garantiva al sodalizio continuità tra le diverse Giunte capitoline,consentendogli di esercitare pertanto le proprie influenze, indipendentemente dall’area politica al potere». Turella si sarebbe mosso per far ottenere alla cooperativa di Buzzi gli 800 mila euro «al netto dell’Iva invece che comprensivo di quest’ultima imposta», si legge nelle carte. Per il disturbo, il funzionario infedele «avrebbe avanzato la richiesta di 100mila euro, successivamente rinegoziata in 30mila, come prezzo per l’atto contrario ai doveri di ufficio». E del denaro dato al funzionario c’è traccia in un’intercettazione, in cui Buzzi conferma che Turella era un uomo del clan e che «gli davamo la pagnotta pure a lui...». Oltre alla mazzetta per la pulizia dei percorsi delle bici tanto care a Marino, avrebbe ricevuto dagli uomini delNero anche «40 mila euro, elargiti quale evidente tangente per l’emergenza neve». Un dare e avere, insomma. Mafia Capitale investiva i fondi neri per poi riprenderli con qualche zero in più sotto forma di gare. La coop «29 Giugno» aveva poi la sfrontatezza di elargire «regali alla città» e di metterli in bilancio. Come l’intervento del 26 marzo 2014, quando i lavoratori di Buzzi hanno ripulito gli argini dell’Isola Tiberina in vista della santificazione dei due Papi. «L’operazione ha avuto un valore complessivo che si è ag- L’arresto di Carminati [Ansa] girato intorno agli 80mila euro», c’è scritto nel rendiconto, al quale sono allegate le parole del sindaco. «Sono particolarmente soddisfatto del progetto che avete ideato e di questo regalo», ha detto Marino alla coop della cupola. Intanto ieri è arrivata la decisione del Riesame. I giudici hanno rigettato le richieste avanzate dagli avvocati e confermato sia il carcere che l’aggravante mafiosa per Carminati, il suo braccio destro Riccardo Brugia, il manager Fabrizio Franco Testa e il commercialista Roberto Lacopo. Resta in cella pure il sodale Emilio Gammuto, che però risponde solo di corruzione aggravata, mentre va ai domiciliari Raffaele Bracci, indagato per usura. Il legale del cecato, Bruno Giosuè Naso, ha già annunciato il ricorso in Cassazione per la scarcerazione di Carminati, che si trova nella stessa cella in cui era recluso l’ex capitano nazista Erich Priebke. Le indagini proseguono e si attendono nuovi arresti. Sotto la lente c’è quel furto del pc, di proprietà di un dipendente della Protezione civile, rubato negli ufficidel Servizio Giardini il 5 dicembre.I carabinieri sono ormai convintiche sia collegato con Mafia Capitale, soprattutto alla luce del ruolo di Turella e al fatto che non è stato sottratto altro materiale di valore.