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SENTIREASCOLTARE digital magazine APRILE N. 42 Hercules And Love Affair Flight Of The Conchords E così (il pop?) sia PORTISHEAD Anton Webern Sebastien tellier Steven R. Smith NEPTUNE Radical Matters Cesare Basile Gavin bryars misOphone Paris jungle fuoco dalle banlieu 4 News 6 Turn on D i r e t to r e Edoardo Bridda C o o r d i n a m e n to Teresa Greco Consulenti a l l a r e da z i o n e Daniele Follero Stefano Solventi Hercules And Love Affair, Flight Of The Conchords, Cesare Basile... 16 TUNE IN Radical Matters, Neptune 26 Drop out Paris jungle, E così (il pop?) sia-BAUSTELLE, PORTISHEAD 48 recensioni Black keys, Brian jonestown massacre, cristina dona’, portishead, tindersticks... 94 We Are Demo 96 rearview mirror breeders, Beck, Eddie bo, The August Darnell Years, Anthology Of Noise & Electronic Music 106 LA SERA DELLA PRIMA Il petroliere, Il futuro non è scritto, Sweeney Todd S ta f f Gaspare Caliri Nicolas Campagnari Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno c o l l a b o r ato Gianni Avella, Davide Brace, Paolo Bassotti, Filippo Bordignon, Marco Braggion, Marco Canepari, Manfredi Lamartina, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Italo Rizzo, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco G u i da s p i r i t ua l e Adriano Trauber (1966-2004) G r a f i ca Edoardo Bridda in copertina Missill SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A. Copyright © 2008 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare 111 I cosiddetti contemporanei Anton Webern SA 3 ne Marissa Nadler ha firmato per Kemado e sta già lavorando al suo nuovo album che uscirà per l’etichetta newyorkese tra fine 2008 e inizio 2009. L’ultimo disco era Songs III: Bird On The Water (Peacefrog, 2005). Marissa è attualmente in tour in Europa e sarà in Italia il 5 aprile a Ravenna (Bronson), il 6 a Milano (Biko Club), il 7 a Modena (Galleria Vetusta), l’8 a Roma (Init), il 9 a Catania (TBA), il 10 a Firenze (Pinocchio Jazz club)… Nuovo disco per gli Sparks, dal titolo Exotic Creatures Of The Deep, in uscita 19 maggio prossimo… Ritornano i Guillemots con il secondo disco, Red, pubblicato il 21 marzo su Polydor/Universal… Franz Ferdinand e Interpol live a Ferrara, al Band Apart Festival, per la loro unica data italiana, i primi il 12 luglio, i secondi il 14, organizza Indipendente (www.indipendente.com)... Il 19 e il 20 settembre prossimi a Milano al Rolling Stone tornano i Killing Joke in formazione originale. Il ritorno del batterista Paul Ferguson riappacificatosi con il cantante Jaz Coleman al funerale di Paul Raven (il bassista che prese il posto di Youth nel 1982 e morto per un infarto lo scorso 20 ottobre) ha ricomposto la formazione originale che si era sciolta nel 1987 dopo il lancio di “Brighter Than A Thousand Suns”. La band sta realizzando l’ultimo album in studio, dal titolo ancora sconosciuto, al quale seguirà un tour mondiale con partenza il prossimo 13 settembre da Tokyo. Organizza Barley Arts (www.barleyarts. com)... Iggy Pop (con gli Stooges) si è esibito in una abbastanza irriconoscibile Ray Of Light di Madonna agli ultimi Rock and Roll Hall Of Fame, in occasione dell’ammissione della popstar (insieme a Leonard Cohen e John Mellencamp tra gli altri)… ze di Kid Congo, Ward Dotson, Terry Graham, Jim Duckworth e Dee Pop, Dave Alvin, John Doe, Henry Rollins, Mike Martt, Peter Case e Lemmy Kilmister, insieme a foto rare e clips (www.ghostonthehighway. com)… Fa il suo ritorno nei negozi in doppio CD Pacific Ocean Blue del Beach Boy Dennis Wilson. L’album che risale al 1977 era da tempo fuori catalogo e sarà di nuovo disponibile a partire dal 13 maggio su Caribou/Epic/Legacy... A distanza di un anno ritorna Cristina Donà con alcune delle sue canzoni in versione acustica: Piccola Faccia è disponibile dal 28 marzo su EMI. L’album contiene anche due cover: Sing Your Name di Terence Trent D’Arby e I’m In You di Peter Frampton… I Retribution Gospel Choir, side project dei Low hanno esordito con un self titled prodotto da Mark Kozelec, sulla sua etichetta Caldoverde Records; l’album esce in Europa su Konkurrent. Il gruppo comprende Eric Pollardalla batteria, Matt Livingston al basso e Alan Sparhawk voce e chitarra - le ultimissime intanto danno Livingston fuori da entrambi i gruppi, sostituito da Steve Garrington in tour (www. myspace.com/retributiongospelchoir)... Ritornano i Brian Jonestown Massacre dopo oltre 4 anni, con un album, My Bloody Underground, uscito il 31 marzo, con la partecipazione di Mark Gardener e Andy Bell (Ride), che si erano uniti al gruppo l’anno scorso nel corso del Truck Festival per eseguire il classico dei Ride Drive Blind… Si chiamerà Song’s in A&E il primo disco degli Spiritualized a 5 anni (il primo dalla malattia che ha colpito il leader Jason Pierce nel 2005), dal precedente Amazing Grace, ed uscirà il 19 maggio prossimo… Nuovo Ep su Domino per gli instancabili Animal Collective: si chiamerà Water Curses, conterrà 4 canzoni ed uscirà il 5 maggio… I NIN di Trent Reznor riappaiono con Ghosts I – IV, 36 tracce strumentali ordinabili e scaricabili solo online (sul modello Radiohead), frutto del lavoro di dieci settimane durante l’autunno scorso. La prima parte è scaricabile gratuitamente. Reznor sul sito ufficiale parla di “lavoro realizzato da una prospettiva visuale” e rivela che si tratta dei primi quattro volumi della serie (http://ghosts.nin.com/main/home)… Sarà pubblicato a a giugno il nuovo album di Shara Worden aka My Brightest Diamond, due anni dopo il debutto con Bring Me The Workhorse. A Thousand Shark’s Teeth, verrà pubblicato come il precedente dalla Asthmatic Kitty… E’ uscito in DVD Ghost On The Highway, documentario del 2006 di Kurt Voss sullo scomparso Jeffrey Lee Pierce e I suoi Gun Club, con testimonian- Redacted, l’ultimo film di Brian De Palma, Leone d’Argento a Venezia, non ha ancora una distribuzione italiana e sarà probabilmente trasmesso presto da Sky SA 5 TURN O Hercules And Love Affair Flight Of The Conchords Concetti che si seguono e si accavallano: mitologia e minimalismo, synthpop e disco. Più in profondità: antica Grecia e Philip Glass, Yazoo e Chicago house. È il tragitto di Andrew Butler, trentenne sulla bocca di tutti per via di un disco (#41) e di un singolo, Blind, con un Antony Hegarty inaspettato angelo strobo. Provetto pianista in tenera età nella natia Denver, Andy svela il suo corpo mutante all’incontro con Situation, retro del singolo Only You di Yazoo che lo schiude all’elettronica degli ’80. Si inventa dj per i locali gay di Denver pensando che sacro - il minimalismo - e profano - l’elettronica di consumo – possano felicemente convivere (“ci sono molte analogie tra la musica disco e le suite di Glass e Reich”, diceva Arthur Russell), ma la sostanza del concetto ha sicuramente un altro perché se circondato dalle mura eccitanti della Grande Mela, e quindi, appena diciottenne, il Nostro vola a New York per studiare storia dell’arte a Manhattan e pari passo alla passione per la mitologia greca, coltiva l’attività di produttore che nel mentre sfocia in una versione à la Kraftwerk del classico di Gino Soccio, Runaway, destinata al ballerino Rashaun Mitchell. Gravitando nelle sinistre notti newyorkesi, Andrew si imbatte prima in Kin Ann Foxman – vocalist e disegnatrice di gioielli, partner di Butler nel pro- getto DanceHomosDance – e poi in Antony dei Johnsons all’epoca, più o meno nel 2003, non certo il presenzialista di oggi.Decidono di registrare qualcosa insieme ma entrambi sono timorosi giacché l’uno, il produttore, è alla prima seduta importante e l’altro, il cantante, poco affine alla cassa in quattro, ma quando c’è un disegno dall’alto… Pulsazione moroderiana e cantato vertiginoso. Ercole e le sue fatiche amorose hanno una colonna sonora. La canzone dance perfetta, di quelle immortali, tipo Your Love della coppia Jamie Principle e Frankie Knuckles per intenderci.Seguono sessioni con la stessa Kin Ann e Nomi, amica delle CocoRosie e singer dal taglio Alison Moyet (non poteva essere altrimenti) per un dream team monitorato da Tim Goldsworthy e griffato, ovviamente, Dfa. Si incrociano (Antony e Nomi in You Belong) e si lasciano (la sola Kim Ann in Athene, la sola Nomi nell’Hercules’ Theme, il canto di Butler in This Is My Love) sapendo di appartenere a qualcosa di importante (vedasi Blind). La cosa importante. Nella cover si riconosce un Ercole che regge alto il moniker Hercules and Love Affair quasi fosse un fardello, ma cosi non è. Dopo dodici fatiche si è allenati, e quando c’è di mezzo l’amore ogni sforzo è un valore aggiunto. Gianni Avella Due che arrivano dalla terra dei Maori, sbarcano in America con uno show su H B O ( F l i g h t O f T h e C o n c h o rd s , a p p u n t o ) . Bret McKenzie e Jemaine Clement in pochi anni dal palco con due chitarre e un synth marcio si buttano a capofitto su canzoncine e scketch demeziali e creano un piccolo culto. Folk parodia che mescola Frank Zappa e Barry White, gli archetipi del sessismo rock, della comicità teatrale e del genere che più di ogni altro è profondamente ancorato all’America: il soul (iniettato pesantemente di funky e rock). Sembra una favoletta, ma i due pazzi neozelandesi l’anno scorso si son portati a casa pure il Grammy per il miglior Comedy Album. E quest’anno ci sparano il disco (in recensioni). Insomma dal 2002 a oggi solo 6 anni per arrivare sulla cima dell’olimpo pop demenziale. Se non cred e t e a l l ’ h y p e a n d a t e a v e d e r v e l i s u Yo u t u be i nostri giullari. Nessun tipo di scenografia, pochi trucchi, tutto “vero”. Come trent’anni fa succedeva da noi con Cochi e Renato, o dopo con quel pagliaccio (che poi tanto non era) di Rino Gaetano. In più i due novelli ragazzi della generazione post-Clerks hanno dalla loro il retroterra d a s i t - c o m b e s t s e l l e r. L a s t o r i a è p r e s t o detta: due sfigati che suonano un digi-folk da baraccone e cercano di farsi un nome a N e w Yo r k . I l l o r o p u n t o d i f o r z a è i l s a p e r mescolare nelle canzonette i dialoghi comico demeziali con i loro interlocutori: il manager che lavora al consolato neozelandese, la groupie overaged e qualche amic o . Tr a m a d i b a s e s u c u i c o s t r u i r e i n f i n i t i siparietti e battute musicate al fulmicotone che prendono di mira i video e gli stili musicali più famosi degli ultimi anni. Se guardate le clip on-line troverete sicuramente una presa in giro del vostro artista preferito. Il naturale prosieguo oltreoceano di quello che da anni sta proponendo musicalmente Bugo, o, se vogliamo parlare con un orizzonte internazionale, Beck Hansen. Flight Of The Conchords direttamente sbucati dagli anni ‘90 e naturalizzati americani. Il loro resta un punto di vista che punge delicatamente e che non vuole rinnovare i rodati stilemi della commedia; la coppia riesce sorprendentemente a prendersi e a prendere in giro chiunque a b b i a s c a l a t o l a f a m i g e r a t a To p 1 0 . D e menzialità che scala le classifiche e che sbanca. Dateci un’occhiata (o un ascolto). Risate assicurate! M a r c o B r a gg i o n SA 7 TURN O Misophone Gavin Bryars Sinceramente non capisco se sia timidezza, incapacità d’esporsi o assoluta avversione al mostrarsi. Ad ogni modo, dopo 5 anni di vita e 13 (fantomatici) album (non) registrati viene da chiedersi per quale motivo, di un gruppo, non si conosca neanche lontanamente la faccia. Il domandarsi diventa del tutto lecito quando la prima opera u ff i c i a l m e n t e p r o d o t t a è d e c a n t a t a d a p i ù e più parti ed il mistero attorno al nome i n q u e s t i o n e s ’ i n f i t t i s c e . D i ff i c i l e g i u n g e re a conoscenza di qualcosa riguardante i Misophone: si sa che sono un duo inglese (Carlisle più Bristol per la precisione), dai n o m i S . H e r b e r t e M . A . We l s h e c h e i d u e i n questione sono polistrumentisti. Fior fior di polistrumentisti direi: in pratica sembra non esserci strumento che non sappiano far funzionare. Scrivo funzionare, perché s u o n a r e è f o r s e f u o r i l u o g o q u a n d o s ’ a l l a rga il discorso ad elementare oggettistica. Da una parte la formazione e l’educazione musicale classica di S. Herbert che suona più di 20 strumenti e ne impara a suonare uno ogni settimana (a quanto si legge nella b i o g r a f i a ) e d a l l ’ a l t r a l ’ i m p r e v e d i b i l i t à a rt i s t i c a d i M . A . Wa r d , r a b d o m a n t e d i s u o n i o cercatore di note, che dir si voglia, sempre intento ad individuare potenziali strumenti e a farli “cantare”. Dei tredici al- bum solo uno è arrivato a noi: Where Has It Gone, All The Beautiful Music Of Our G r a n d p a r e n t s ? I t D i e d Wi t h T h e m , T h a t ’s W h e r e I t We n t . . . ( 7 . 5 / 1 0 ) , i l d e c i m o d e l la “serie”, che in Svezia, alla Knign Disk, hanno avuto la buon’anima di pubblicare e distribuire. Un disco che rivela l’eterogeneità dei suoi creatori, l’assoluta abilità e naturalezza nel comporre. Le influenze sulle quali i Misophone si basano, si mostrano via via: Daniel Johnson in particolar modo (con tanto di cover tributatagli: Yo u C a n ’t B re a k A B ro k e n H e a r t ) , m u s i c a klezmer ed est europea ascoltata e assimilata alla perfezione e l’incedere scapestrat o d i To m Wa i t s c o m e s f o n d o . P e r. p a r l a re di qualcosa di più recente si potrebbero i n t e r p e l l a r e M . Wa r d , M i c a h P. H i n s o n e i Beirut. Insomma l’imprevedibilità, la varietà dei ritmi balcanici e slavi a connubio con un “ordine delle cose” tipicamente inglese. Un pop sensatamente melodico a braccetto con ritmiche irrefrenabili ed emotive. Il tutto acquietato da basi folk e sentori tradizionali. La poliedricità strumentali e compositiva, in un’opera simile, è inevitabile, quasi obbligatoria. O si hanno le capacità o non ci si prova nemmeno, pena figuracce. Mar co Canepari Ve n e z ia , lo s a p e v a b e n e T h o ma s M a n n , è la c ittà d e l n a u fr a g io , c h e a ff o n d a la s c ia n d o si dietro una scia di nostalgia dell’asciutto. D e v e a v e r lo p e n s a to a n c h e R ic ha r d Ga v in Br y a r s ( 1 9 4 3 ) q u a n d o , n e l 2 0 0 5 , in o c c a s io n e d e lla c in q u a n tu n e s ima Bie n n a le , g li è s ta to p r o p o s to d i r ie s e g u ir e n e lla c ittà d e lla la g u n a T he Sink ing O f T he Tita nic , o p e r a aperta e semi-aleatoria sottoposta a continui aggiustamenti, ad integrazioni ed aggiunte, dall’anno della sua composizione (il 1969). I l p r imo o tto b r e d i tr e a n n i f a , a ff ia n c a to d a ll’ e n s e mb le A lt e r Eg o e d a i t u r n t a b l e s d i P hilip J e c k, i l m u s i c i s t a a n g l o s a s s o n e s i c ime n ta v a d u n q u e in u n a v e r s io n e ip e respansa - 70 minuti abbondanti - del brano p u b b l i c a t o n e l n o v e m b r e s c o r s o d a To u c h / Wid e ( le p r e s c r iz io n i d e lla p a r titu r a o r iginale prevedono una durata variabile dai 1 5 min u ti a ll’ o r a a b b o n d a n te ) . I l f r u s c ia r e d i g litc e s e le f e n d itu r e p r o f o n d e d i b a s s i, in a p e r tu r a , s e mb r a n o p r o te n d e r s i a ll’ in f inito - un infinito lungo quindici minuti - a mima r e l’ a e q u o r i m m e n s o , u n m a r e c h e è p è la g o s , d is te s a s e n z a limiti, in c e s s a n te in c r e s p a r s i d i o n d e ; a r a p p r e s e n ta r e il mo v imento inquieto, l’andare cercando di quel Tr a n s a tla n tic o c h e il 1 0 a p r ile d e l 1 9 1 2 s a lp a v a d a So u th a mp to n , d ir e z io n e N e w Yo r k , volgendo per sempre le spalle alla terra. Il s u o , u n a tto d i a u d a c ia: c o n fo n d e re i p a t t i che reggono il mondo ben distinto nei suoi e le me n ti, s o mmu o v e r e o g n i c o n fi n e , s ra d i c a r e l’ a n tic o d io Te r min e , a ffro n t a re i l m a re c o me f o s s e p ò n to s , p o n t e t r a t e r r e d i s t a n t i , il p iù n e c e s s a r io e d a r ri s c h i a t o d e i p o n t i . Po i l’ in g r e s s o d e g li a r c h i p i a n g e u n a l a m e n ta tio f u n e b r e ( q u a s i u n e s t ra t t o d a u n a s i n f o n ia d i He nr y k M iko l a j G ó re c k i ) i n fra m me z z a ta d a lle v o c i r e g i s t ra t e d e g l i s c a m p a t i a lla c a ta s tr o f e . E mu la e o m a g g i a q u e l l ’o rc h e s tr in a d i a r c h i c h e - s o n o p ro p ri o i s u perstiti a ricordare, è Bryars a raccogliere c o n p a s s io n e in e s a u s ta t u t t e l e i n fo rm a z i o n i r ig u a r d o l’ in c id e n te a n c o ra d i s p o n i b i l i - h a c o n tin u a to a d in to n a r e u n r a g t i m e p e r i p a s s e g g e r i d e l Tita n ic s in o a l l e 2 . 2 0 d e l m a t t i n o , s in o a l mo me n to d e l l ’i n a b i s s a m e n t o t o ta le , n e l d ia f r a mma in f i n i t e s i m a l e d i t e m p o che separa l’asciutto e il bagnato, la vita e la morte. Co lu i c h e d i Ve n e z ia è a t t u a l m e n t e i l p ri m o c itta d in o s i c h ie d e v a , al c u n i a n n i fa , s e p o trebbe immaginarsi un “ben navigare”, un n a v ig a r e c h e n o n v io li i l n e f a s a rg o n a u t i c o . N e l g e s to e r o ic o d e ll’ o rc h e s t ri n a c h e s u o n a A u tu m n , c u i G a v in Br y a rs t ri b u t a , i n fi n d e i c o n ti, la s u a in c e s s a n te ri c e rc a , s t a t u t t a l a r is p o s ta a q u e ll’ in te r r o g a t i v o . Vincenzo Santarcangelo SA 9 TURN O Una notte insonne del 2001. Non ricordo nulla, né mese né stagione, se non che Morfeo e le sue braccia non ne volevano sapere. Mi giravo e rigiravo nel letto mentre dalla Tv scorreva il palinsesto notturno di MTV - all’epoca noto come Chill Out Zone - che di tanto in tanto qualcosa di buono la passava. Mi assento per una sigaretta e avverto dalle casse del mio vecchio tubo catodico ripetute note di piano presto seguite da un sinistro synth che fa tanto Wyatt. Torno in camera e osservo il video: non lo conosco, mai visto prima. Perdo il nome in sovrimpressione ma non posso esimermi dall’osservare un curioso figuro capellone e barbuto, armato di skate che si rotola, si affanna e corre tra i sentieri angusti di un bosco. Colpisce un passante che fa jogging ma è lui a sanguinare dalla fronte, forse per una colluttazione o forse – probabile – perché nella vittima, fotografia dell’apparente uomo omologato, si rivede in una proiezione che vuole a tutti i costi schivare. Ferito e barcollante, raggiunge una scogliera ai piedi di un mare cristallino dove lo attende una batteria, e lui, armatosi di bacchette, può finalmente sedersi e suonarla. L’eldorado. Il giorno dopo, soccorso da un amico insonne come e più del sottoscritto ma schivo alla nicotina, vengo a sapere che il video si intitola Oh Malheur Chez O’Malley e che il figuro capellone e barbuto è francese, si chiama Sebastien Tellier e interpreto il surrealismo del clip come un eterno Peter Pan che sfugge dalle convenzioni sociali o meglio, da un genitore che lo vuole tutto salvo che musicista; Ipotesi, quest’ultima, che muore sul nascere visto che il padre di Tellier, chitarrista, negli anni ’70 militava nei progger d’oltralpe Magma, colloquiando – in kobaiano! – col collega Christian Vander di ipotetiche (surreali) saghe tra il pianeta Kobaia e la terra. Pertanto il piccolo Sebastien non poteva non crescere musicista o quanto meno sognare di diventarlo. Ma, parole sue, la musica del genitore – i Magma erano una esperienza angosciante e spigolosa: progressive nell’accezione più sinistra del termine – gli risultava noiosa, preferendogli il mezzo ma non il fine: non progressive dunque, ma sicuramente un approccio progressivo al concetto di cantautore. I nomi in ballo sono due, uno inevitabile, l’altro evidente: Serge Gainsbourg e Robert Wyatt, saccenza e art pop da bistrot bohemien nel ventre del french touch. I primi ad intuire le potenzialità del No- stro furono gli Air, che avendolo ascoltato in un sampler della francese Source (insieme ai Phoenix e al futuro Bot’Ox Cosmo Vitelli) lo scritturano per la personale Record Makers. Il debutto di Tellier, L’Incroyable Vérité, avviene nel 2001 e fa il paio con le nuove uscite di Air e Daft Punk ritagliandosi una elitaria credibilità anche in virtù di un momento storico prodigo di quiete - ci si affacciava al New Acoustic Movement – e artefice del fenomeno Badly Drawn Boy. Inaugurato dalla strumentale Oh Malheur Chez O’Malley, il pattern gioca di chiaroscuri anglo-francofoni, tra palesi richiami wyattiani (la citata Malheur, i due terzi de la Trilogie Chien L’Enfance d’un Chien e Une Vie de Papa, la bellissima Black Douleur forte di un arrangiamento esemplare) e siparietti da vaudeville parigino (Kazoo III, la Trilogie Femme), digressioni à la Syd Barrett cittadino canterburiano (la voce in Kissed By You è pressoché identica) e ballate cosmiche cinte da un mellotron più Air - vedi The Virgin Suicide - che prog (Universe, Fantino). Segue gli Air nella tournée del mediocre 10 000 Hz Legend (Discovery dei Daft Punk fu un’altra cosa…) e si accompagna al theremin della brava – “la più brava” secondo Robert Moog - Pamelia Kurstin per una notorietà che comincia a lievitare grazie anche all’inclusione (e l’appoggio di Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel) di Fantino nella soundrack di Lost In Traslation della Coppola. Per il disco successivo la posta in gioco si fa seria e vengono chiamati Philip Zdar alla produzione (Cassius tra i tanti), Quentin Dupieux (meglio noto come Mr Oizo), la Bulgarian Symphony Orchestra e nientemeno che Tony Allen all’epoca noto (solo) come il drummer di Fela Kuti e non certo di The Good, The Bad And The Queen. Politics spiega deliziose influenze bossanova (Wonderafrica) e la consueta verve Wyatt riletta, questa volta, come usavano gli Scritti Politti di Songs To Remembers (Mauer), ma la sensazione è che Tellier si stia scrollando (o voglia scrollarsi) di dosso quell’aura da chansonnier pseudobusker e farsi musico maiuscolo, saltimbanco (Zombi), crooner parodistico (Bye Bye), poppy (League Chicanos), electro (La Tuerie), spettatore (i soli archi di Slow Lynch) e collante di umori in quel miracolo di melodia battezzato La Ritournelle: un ricamo d’archi che pare benedetto, piano di contrappunto e Allen di contorno; poi un crescendo e il basso, funk e spes- Sebastien tellier so, tête-à-tête alla voce per una delle più belle canzoni del corrente millennio. Tanto quasi da oscurare l’altro miracolo del disco, Broadway, nel quale gli archi giganteggiano tra fiati e tangenze emotive. Seguono date in compagnia di Royksöpp e Magic Numbers ma la complessità del nuovo corso, improbabile da ripetersi on stage, ripiega in set intimamente acustici dove Tellier, mentre si gode lo sdoganamento di La Ritournelle (da vedere anche il video diretto da Mr Oizo) e Broadway nelle piste da ballo grazie ai remix di Turzi e Mr Dan matura l’idea di un disco spoglio di qual si voglia orpello e figlio della penombra. Una sola seduta datata 2006 chiamata Session (nel regno unito uscirà come Universe e comprenderà anche contributi dalla soundtrak di Narco) frutto della simbiosi col pianista francese Simon Dal Mais che scarnifica parte del repertorio di Tellier in varia- zioni talvolta meglio delle originali (League Chicanos) o degne delle stesse (La Ritournelle, Broadway), regalandoci un inedito (Classic, quasi una versione ralenti di Oh Malheur) e la toccante cover de La Dolce Vita a firma Christophe, icona parigina di origini italiane (vero nome Daniel Bevilacqua) famoso per le Ferrari e la combine con Jean Michel Jarre. Le musiche per film lo affascinano (Midnight Express di Moroder è uno dei suoi dischi preferiti) e nel 2007 lo ascolteremo nella pellicola di Mr Oizo, Steak, ed Electroma dei Daft Punk dove avrà modo di pianificare con Guy-Manuel de Homem-Christo le strategie per il prossimo album, Sexuality (in recensioni), sospeso tra downtempo Royksöpp e retro-pop Air, senza dimenticare l’impronta di chi siede alla produzione. È maturo Sebastien, e si sente. Gianni Avella SA 11 TURN O Quando capiterà - e so che prima o poi capiterà - chiederò a Cesare Basile alcune cose. Come si sente, innanzitutto. Poi, ad esempio, se crede che un disco possa ancora inquietare, scuotere l’anima, metterla all’angolo, farle del bene. Oppure gli chiederei se la Sicilia è oggi per lui più un alibi o il guinzaglio che gli permette di strattonare un desiderio selvatico di libertà, di giustizia, di normalità. Ma normalità che non significhi quiete, la banale epifania del conformismo, del vivere comodo su quel dolore soffocato che così bene riusciamo a non sentire. Da buoni spettatori. Con l’insensibilità che ogni giorno ci vaccina i sensi, l’anima, il cuore. Sconfitti sedentari, flemmatici per abulia e non per dignità. A Cesare inoltre domanderei: sai che questo tuo sdegno per la pigrizia emotiva è lo stesso declamato da Erri De Luca nel suo recente spettacolo Chisciotte e gli invincibili? Scrittori che recitano e cantano: la cosa non ci stupisce più. Ma a Cesare lo farei notare, perché quel suo fare rock sia pure americano fin dentro le ossa tradisce una inguaribile propensione - me lo permetta - cantautoriale, somigliando talora ad un diversivo, alla via di fuga di uno scrittore mancato. Ma lasciamo stare, che è argomento ozioso e non è tempo, non è il caso, di oziare. Semmai sarebbe il caso di domandare, con fare un po’ dylaniano, come si sentì Cesare – “how does it feel?” - durante i suoi tanti trasferimenti. Se era più la sofferenza o il sollievo o l’ansia eccitata di esperienze nuove, quando sul finire degli Ottanta lasciò dietro di sé Catania e l’avventura Candida Lilith – il suo primo importante gruppo - per Roma e i Kim Squad, altra città altra band. Eppoi, ancora, il ritorno a Catania e i Quartered Shadows, rispettivamente rampa di lancio e carburante per decollare su Berlino, dove stava accadendo in pratica la Storia e il rock sembrava voler lasciarci un’impronta importante. Imperversavano i Novanta, i Quartered Shadows apparivano lanciati ma dopo il secondo album non riuscirono a tenersi assieme. E quindi altra città – ancora Catania - ma nessun’altra band. Come si sentì, Cesare, durante quell’ennesimo ritorno? Questa forse la domanda più importante. Perché in quel ritorno nasceva un cantautore rock di razza. Che avrebbe debuttato con La Pelle (Lollypop, 1994), appassionata processione di sgarberie lancinanti e dolceagre. Le coordinate c’erano già tutte, blues, folk e rock usciti dalla pancia di quel mostriciattolo che ci portiamo dentro e che a volte parla con parole indimenticabili (dal suono indimenticabile). Come ben sanno i Waits e i Dylan, i Cave e i Lanegan. Ci sarebbero voluti quattro anni per dargli un seguito, quello Stereoscope (Blackout / Mercury, 1998) che pur allentando la tensione non uscì di troppo dalla cerchia d’apprezzamento dei fan. Nessuno stupore, eppure ci sarebbe un’altra domanda da fare, riguardo alla consistenza, al senso, al peso del proprio lavoro in rapporto a quello che il mondo ti riconosce. Il mondo che non si scomoda troppo, né s’infastidisce, malgrado lo sguardo di Basile sempre più acuto e sferzante, sintesi cruda e spigolosa, atterrita e struggente: Closet Meraviglia (Viceversa / ExtraLabels, 2001) è il disco che lo proietta d’autorità nel ristretto novero degli autori rock nostrani, di quelli e son pochi - che possono immischiarsi senza timore con calibri internazionali quali Hugo Race, senza contare i compatrioti Manuel Agnelli e Roy Paci. Il solco era tracciato, non potevano più stupire album come Gran Calavera Elettrica (Mescal / Sony, 2003) e Hellequin Song (Mescal / Sony, 2006), non per l’intensità dei testi (al solito in inglese e in italiano) e delle musiche, non per un nome come John Parish alla produzione, poi ancora Agnelli e Race, Nada, Marta Collica, Lorenzo Corti... Una corte dei miracoli in piena regola, con al centro lui che intanto può permettersi di produrre lo straordinario Tutto l’amore che mi manca (On the Road Music Factory / Venus, 2004) di Nada, prove tecniche da grande vecchio del rock, pensa te, lui che sembra non esser mai stato giovane in quel circo cialtroncello e spietato. Il 2008 ci porta il sesto titolo solista di Basile, Storia di Caino (in recensioni), la sua implosione in una maturità cantautoriale che non teme di rivelarsi come figlia irrequieta e forse un po’ avariata dei De André e dei Ciampi, incrociando voce e chitarre con Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy. Per cui ecco, vedete, alla fine non potrei fare a meno di chiedergli nuovamente: come ti senti, Cesare? Per vedere se in risposta mi arriva il conforto di un mezzo sorriso. cesare basile Stefano S olventi SA 13 TURN O Rural ruin, urban decay. It’s a sad and beautiful world diceva qualcuno. Steven R. Smith è come l’ultimo cavaliere della tavola rotanda, l’ultimo dei Mohicani, l’ultimo guerriero di Nanto, l’ultimo uomo sulla terra, l’ultimo testimone di un mondo andato in rovina. Te lo immagini passeggiare tra i ruderi di edifici abbandonati, con il sole all’orizzonte e un senso di mestizia languida e serpeggiante. Come le note della sua sei corde. Steven R. Smith ha qualcosa dell’Harry Dean Stanton di Paris Texas. La barba di sicuro, lo sguardo allucinato probabilmente. E’ un altro che sta provando il brivido sottopelle dell’apocalisse californiana a venire. Rispetto agli altri sballati dell’east coast più psichedelica però, Steven è come un erudito intellettuale immigrato dalla vecchia Europa. Nato a Fullerton, ma presto stabilitosi a San Francisco, è uno dei numi tutelari di quel movimento ideal-musicale ribattezzato Jewelled Antler Collective. Nei Mirza prima e nei Thuja poi conosce infatti i due deus ex machina del progetto: Loren Chasse e Glen Donaldson. La filosofia è del resto simile, se non pressoché identica per tutti e tre: concepire musica che risenta dell’ambiente circostante, ne incorpori gli elementi di senso, ne amplifichi le capacità suggestive. Si parla di musica registrata “sul campo” con l’uso dei famosi “field recordings”. Il Jewelled Antler Collective professa senza retorica un senso di comunione con l’ambiente e la natura alla maniera di novelli cantori panteisti e rappresenta un po’ il corrispettivo psych folk rurale del noise urbano, sempre più dissonante e harsh che arriva dalle metropoli e da fenomeni di costume come il No Fun Fest. Steven R. Smith collabora appunto con i Thuja, si ritaglia un suo spazio personalissimo con il progetto Hala Strana dedicato al recupero delle tradizioni folk balcaniche e poi si concentra sulla sua carriera solista con all’attivo ormai diversi dischi. Nell’aprile del 2008 una messe di uscite e ristampe più o meno recenti è occasione quanto mai propizia per tornare a segnalare il suo nome, considerando anche che mai come ora i parti musicali riconducibili all’universo del Jewelled Antler Collective sono molteplici. Si segnalano di recente infatti un ultimo e bellissimo disco di Of, il progetto ambient di Loren Chasse, in uscita su Ultra Hard Gel con un lavoro intitolato The Sun & Earth Together e un disco solista di Donovan Quinn, altro affiliato Jewelled per via dei Verdure e degli Skygreen Leopards, che di recente si è visto con un lavoro dal titolo October Language. I Thuja sono riapparsi di recente con un disco omonimo per Important Records, che riassume un po’ tutte le diverse sfaccettature del progetto: dissonanze languide e lisergiche, improvvisazione anarchica e libera, un umore d’ambiente che può collimare con l’isolazionismo vero e proprio. Un lavoro del tutto personale e libero dagli schemi. Quanto all’attività solista vera e propria di Steven R. Smith, c’è un momento di particolare fertilità discografica. E’ prima apparso su Digitalis tra la fine del 2007 e l’inizio di quest’anno con un disco nuovo intitolato Owl, dalla caratteristica non secondaria di essere un disco folk cantato e per di più registrato in mono, poi si sono succedute ben due ristampe su due etichette diverse. Il bellissimo e personalissimo The Anchorite che era uscito nel 2006 su Important, esclusivamente in formato vinile e che ora vede la luce in cd, con artwork diverso, per Root Strata, l’etichetta del Tarentel, Jefre Cantu Ledesma. Contemporaneamente su Ultra Hard Gel viene ristampato Antinomy del 2004, un altro dei suoi migliori lavori di sempre. Ma ad inizio 2008 l’attenzione e la curiosità maggiore viene destata dal progetto Ulaan Khol, nuova ragione sociale di Steven, con cui in qualche modo continua il discorso iniziato da Crown Of Marches, disco del 2005 dove il Nostro si concentrava sul feedback contrariamente all’umore intimidito delle sue sortite folk. Il progetto Ulaan Khol prosegue quindi lungo le stesse coordinate, quelle cioè di una psichedelia chitarristica abrasiva e rumorosa, che fa convivere il Neil Young più “elettrizzato” con i fantasmi più noisy della psichedelia storica, dai Fushitsusha ai Flying Saucer Attack, passando per i Velvet Undeground di Sister Ray. Un disco intitolato I è stato dato alle stampe in questi primi mesi del 2008 da Soft Abuse, con l’avvertenza però che si tratta del primo capitolo di “una trilogia massimalista” denominata da Steven Ceremony e che nei prossimi mesi continuerà con altri due capitoli. Restiamo sintonizzati. A giudicare dalla qualità di questo primo capitolo i seguiti non dovrebbero essere inferiori alle aspettative, ormai piuttosto alte. Steven R. Smith Antonello Comunale SA 15 TUNE Neptune Tetsuo sale sul palco L’universo dei Neptune e quello di Tetsuo, due realtà che si comprendono e si compenetrano. Un’immaginaria fusione tra organico ed inorganico, tra umano e robotico che squarcia il velo su una inevitabile riflessione filosofica sulla nuova carne. Testo: Stefano Pifferi e Massimo Padalino Ascoltare la musica del terzetto bostoniano ha lo stesso impatto del lasciarsi trascinare dentro il cult movie di Shinya Tsukamoto. La sensazione di disagio e di spaesamento all’ascolto dello sferzante noise-rock atonale e fuori dai canoni dei tre è la stessa che si prova di fronte allo sgranato b/n di Tetsuo. The Iron Man. Nella pellicola antesignana del cyberpunk cinematografico con gli occhi a mandorla il protagonista è costretto ad accettare passivamente la graduale quanto inesorabile trasformazione metallica del proprio corpo, quasi impossibilitato a sottrarsi da una attrazione irrazionale verso il farsi macchina. Nelle musiche del combo americano si avverte la stessa malsana attrazione tra uomo e macchina, ma con uno scarto fondamentale: è il metallico, infatti, ad essere piegato ai voleri dell’umano. La genesi della band è nota. Nel 1994 lo studente d’arte Jason Sanford ha due grossi interessi, la scultura e la musica. Pedina strategica importantissima, per la band ai suoi inizi, la confluenza di questi due interessi con l’autocostruzione dei propri strumenti musicali: “Non sapendo niente della costruzione di strumenti, mi sono buttato nel progetto. La prima creazione era insuonabile, ma funzionava se eri disposto a scarnificarti una mano. Ebbe però buoni riscontri, così continuai, raffinando il mio metodo e studiando. Quando un po’ di chitarre furono finite decisi di riunire un po’ di musicisti per provare a suonarle. All’inizio pensavo ad una sorta di performance da inscenare una volta soltanto, ma il risultato fu più “musicale” di quanto mi aspettassi”. Metà installazione, metà concerto “rock”, le infuocate prove live del gruppo convincono, quindi, Sanford a continuare in pianta stabile col gruppo. Facile prevedere che la fusione tra le due passioni finisse col dar vita ad una via personale al rock. La scoperta, poi, che quelle chitarre apparentemente caricaturali offrissero un range di possibilità sonore non convenzionali, atipiche ha incanalato il trio verso nuove sperimentazioni, come ci conferma il polistrumentista Mark W. Pearson: “Con l’evolversi della band, le chitarre sembrarono porci una questione: perché fermarsi qui? Reinventare uno strumento esistente, costruendolo con materiali inusuali è solo il primo passo; perché non inventare altri nuovi strumenti?”La via maestra è segnata; la partita iniziata. L’uomo vive ormai in totale simbiosi con le sue macchine, Tetsuo docet. Così, dopo qualche cambio di formazione, i Neptune si stabilizzano in un trio che vede oltre al fondatore (impegnato grosso modo con chitarra baritono, organo e voce) anche Mark W. Pearson (grosso modo chitarra baritono, basso, synth fatti in casa, percussioni e voce) e Daniel Boucher (grosso modo batteria, attrezzi percussivi vari e voce). Resta però di base una certa apertura alla collaborazione che ne fa un’entità open-ended, sempre pronta a joint-venture più o meno improbabili con artisti visuali e indagatori del rumore. Il punto focale del suono della band risiede, però, sempre in quegli autocostruiti strumenti, di cui è possibile vedere una curiosa carrellata nella sezione “Instruments” del sito. Chitarre, bassi, drum-kits, sintetizzatori e oscillatori; ogni tipo di strumento è autoassemblato partendo da una accozzaglia di lamiere, residui dell’era industriale, scarti e avanzi di fabbrica del terzo millennio. Ingovernabili, selvaggi, quasi dotati di una propria vita, quei patchwork caratterizzano da subito il sound dei tre forgiandone, nel vero senso della parola, il mood post-industriale. Non che il legame musica-strumenti homemade sia una novità. Senza tirare in ballo l’Intonarumori di Russolo o le invenzioni di Harry Partch, basterebbe pensare agli Einsturzende Neubauten degli esordi, quelli che nel retrocopertina del memorabile esordio Kollaps si facevano beffe della pachidermica strumentazione dei Pink Floyd ritratta in Ummagumma. Martelli pneumatici, chiavi inglesi, trapani e lastre metalliche sostituivano la strabordante e canonica strumentazione floydiana fornendo l’ideale punto di partenza per un suono “industrialmente rock” che avrebbe influito pesantemente su decenni di prove successive. Quale che sia l’ispirazione, i Neptune non raggiungono il parossismo destrutturate dei primi EN. Restano circoscritti in un ambito prettamente rock e alla forma-canzone che, seppur tentato da svisate free-form, si deforma personalmente quasi esclusivamente per mezzo degli inaciditi suoni atonali della strumentazione. Questo almeno agli inizi dell’avventura. Le coordinate, infatti, sono quelle di un noiserock abrasivo, percussivo e dal taglio industriale di cui perfetto esempio sono Intimate Lightning (2004) e Patterns (2006): un misto di destabilizzante avanguardia sonica e swansiana cupezza, calato sul versante più arty e groovey dell’industrial (gli olandesi Kong, ad esempio). Dopotutto i tre affermano che i Neptune “rocks like The Fall, clangs like Neubauten and drones like Faust”. Da qualche anno a questa parte, però, il trio ha intrapreso una personale via all’improvvisazione che, nonostante fosse presente in alcuni precedenti esperimenti minori (il 3” cd-r 5 Songs li vede giocare con paranoica elettronica d’accatto), prende decisamente il sopravvento nelle ultime uscite insieme ad una maggiore consapevolezza dei propri mezzi espressivi. L’album della svolta, se di svolta si può parlare, è l’Untitled LP (Golden Lab, 2007) in cui i Nostri incrociavano le armi con tre terroristi sonici del calibro di Jessica Rylan (Can’t), Donna Parker e Kevin Micka. Nelle cinque pieces del vinile il suono si aggruma e si dilata. Si fa sempre più meccanico, ripetitivo, ossessivo: sorta di industrial Devoluto nell’iniziale Thorns (10 minuti di sibili e pulsioni quasi cyber-tribali) o ipnotico sabba drumless in #26 in cui i drones malefici di Donna Parker, fanno ristagnare l’aria lungo i 16 minuti del pezzo. E se in Untitled l’improvvisazione si fa via maestra per una forma di musica ipnotica e circolare, nel nuovo Gong Lake (Table Of Elements, 2008, in recensioni) le strutture si fanno completamente free-form ed i tre, ancora e sempre alfieri “De L’Arte Degli Strumenti Autocostruiti”, eccellono al loro meglio. Gong Lake suona aberrante. Buio e teatrale SA 17 TUNE Vi interessate di musica contemporanea? E se sì, quali compositori? (M) Certo. Apprezzo Marcus Fjellstrom, Charlemagne Palestine e Pauline Oliveros così come Fennesz, Gert-Jan Prins ed altri. Ascolto molto Asmus Tietchens anche se non credo c’entri con la domanda. Ci sono molti artisti americani come Growing, Wzt Hearts e Double Leopards che sono molto preparati in materia. I pattern ritmici hanno molto peso nella vostra musica; chi ha influenzato questo aspetto? (D) Wow, bella domanda. Essendo un batterista sono stato influenzato da molti batteristi e percussionisti ma anche dai patterns ritmici che possono crearsi nella quotidianità. Tergicristalli, lavatrici, le ruote della bicicletta…tutto può generare meravigliosi ritmi. Una delle mie batteriste preferite, nonché immensa ispirazione è Katrina degli Ex. È fantastica. (J) Nessuno di noi ha un percorso musicale tradizionale. E di solito non tendiamo a categorizzare le cose in termini di “ritmo” o “melodia”. Per noi, la batteria può essere uno strumento melodico e la chitarra uno percussivo. come pochi altri. I Neptune sono concettualmente vicini agli Einsturzende Neubatuen. Il dir molto con poco. Come testimonia anche la seguente intervista cumulativa. Gong Lake rimanda a qualcosa dei primi Swans e EN. Voglio dire, una musica che seppur rock è già qualcosa di altro. È solo una impressione? (Mark) Mi piacerebbe che fosse così. L’idea di mischiare strutture basicamente rock con suoni “altri” mi interessa molto. Tutto ciò che possiamo ascoltare al mondo è musica, anche se dipende molto dal come scegliamo di ascoltarlo. (Dan) C’è indubbiamente una relazione tra le band che citi e noi. Dopotutto suoniamo rock ma in un contesto inusuale. (Jason) Cerchiamo di suonare come se non avessimo mai ascoltato altra musica… evitando i cliché musicali e ponendoci sempre delle questioni. In questo senso compararci con EN e Swans non è impreciso; non proviamo a copiare il loro suono, ma come loro partiamo da una prospettiva concettuale di reinvenzione delle possibilità sonore… Noise band è una definizione adeguata per i Neptune? (D) Non ci considero una noise band e mi trovo in difficoltà con quel termine. Non c’entriamo molto con la scena noise. Suoniamo spesso con band dal taglio noise ma credo che i Neptune siano più una rock band. (M) Noise è decisamente un ambiguo termine molto alla moda che racchiude tutto ciò che esiste tra le manipolazioni da mixer in feedback al rock discordante. Non rifiuto la definizione, ma preferirei il termine “sound” piuttosto che noise. (J) Siamo spesso inseriti nel calderone noise. Non è propriamente esatto dato che non siamo interessati alla creazione del wall of sound caratteristico di molta noise music. Per noi lo spazio negativo tra i suoni è importante quanto i suoni stessi. Usiamo di solito il termine “experimental rock”, sebbene sia vago e non soddisfacente. Immagino i vostri live come qualcosa di stordente e magari pericoloso per la salute fisica del pubblico. Come reagisce la gente ai vostri particolari live-set? (D) Varia da posto a posto; alcuni vanno fuori di testa mentre altri restano con le braccia incrociate. (J) Di solito la gente è veramente eccitata nel vederci. Dietro i nostri strumenti c’è il presupposto che non siano necessariamente facili da suonare, ma richiedano posture inusuali da parte nostra, come fossimo dei performers impegnati a ingaggiare una sorta di lotta che comporta uno sforzo fisico notevole. In questo senso, se non si è interessati alla nostra musica, si può sempre assistere alle nostre performance. Sembra esserci una ricerca filosofica dietro il vostro approccio “man vs machine” (o man with machine). È vero o è una mia impressione? (M) Vero. I nostri live sono delle lotte. A vol- te a vincere sono le macchine. (J) L’idea di “man vs. machine” è una premessa sbagliata. Gli umani sono, per definizione, una specie capace di usare degli strumenti, e immaginare il contrario è un nonsense. Perciò secondo noi è importante dare la giusta considerazione agli strumenti che usiamo e al modo in cui li usiamo, assumendocene le responsabilità perché essi sono parte di ciò che siamo. Credo che la nostra musica affronti questa questione, non in opposizione, ma suggerendo uno spettro di nuove possibilità. In termini di materiali che usiamo, essi tendono ad essere inorganici, ma ciò non significa innaturali. Siamo gente di città e questi sono i materiali che ci vengono naturalmente in mano. Una ultima nota sul nostro rapporto con le macchine: quando siamo a casa preferiamo andare in bicicletta o a piedi piuttosto che guidare automobili. Ci sono band alle quali vi sentite affini per l’approccio? (D) Si, abbiamo molti amici col nostro stesso approccio (M) Certamente. Credo che l’ultimo dei Sightings sia illuminante. Suoni scontrosi e songwriting alla perfezione. La mia attuale band preferita è These Are Powers da Brooklyn. Suonano basso preparato, chitarra, percussioni acustiche ed elettroniche con voce eterea. E la scena di Boston? Ci sono band come voi da quelle parti? (M) Ci sono band sperimentali, ma non tutte girano in tour. Tenete d’occhioo Jessica Rylan, Astronaut, Ho-Ag, Greg Kelley. (J) La band più eccitante per me al momento è These Are Powers, da NY e Chicago. Anche Can’t da Boston e Sword Heaven da Columbus. Boston ha una scena grande e varia, e anche una delle migliori radio in circolazione: altre ottime band di Boston sono gli Ho-Ag e i Big Digits. Ma delle band menzionate, i Can’t di Jessica Rylan sono quelle più affini a noi, per via dei suoi fantastici synth fatti in casa, anche se la sua musica è unica e molto diversa dalla nostra. SA 19 TUNE Radical Matters L’arte dei rumori fissati Label tradizionale ma anche netlabel, di derivazione post-industrial, mescola ricerca sonora ed artistica, ispirandosi alle avanguardie del ‘900. Abbiamo raggiunto il suo fondatore Sandro Gronchi, che ci ha delineato e approfondito le tematiche e le dinamiche d’azione del suo progetto artistico-musicale. Testo: Nicolas Campagnari Qua n t e e t i c h e t te in Italia nascono e muoiono n el v o l g e r e d i un cam bio di stagione ? Tr opp e, e q u a n t i c r edono ancora che per me tte rn e i n p i e d i u na e aderire alla filos ofia sia s uff i c i e n t e a v ere un P C e un collegame nto a In t e r n e t ? Tr o p p i. E cco perché quando inc a pp i i n u n a l a b e l com e R adical Matter s, che n o n n a s c e c o n l’idea di pubblicare qualche d i s c o d i a m i c i m a con l’intento di dive nta r e u n p u n t o d i r iferimento per tutto l’ unde rg r o u n d m u s i c ale – che mai come in questo m o m e n t o si g u arda allo specchio e c e r c a di cap i r e d o v e st a andando -, pensi che le din am i c h e c h e f a nno emergere una realtà piutt o s to c h e u n ’ a ltra non sono poi tan to c a mb i a t e d a q u a n do il computer era ancora un l u s s o c h e s i p otevano permettere in pochi. S e d o v e s s i m o incasellare Radical Matters, che è si a l a b e l tradizionale ma anch e ne tla b el , b i so g n e r e bbe chiam are in causa la sc e n a p o st - i n d u st r ial che ha steso la sua ombr a l u n g o g l i a n n i O ttanta e N ovanta e c he r e cen t e m e n t e h a conosciuto le luci d e lla r ib al ta . M a n o n temete, non c’è un bric iolo di n o s ta l g i a e a marcord in R M, al contra r io, la sua pr oposta sonor a c omposta da u n a s e tta n tina tr a usc ite f isic he e digita li me tte in s c e na c onte nuti sonor i a ll’ a va ngua r d ia r is p e tto a l nostr o te mpo. Un altro suo elemento che co l p i s c e è l a c ommistione tr a r ic e r c a sonor a e d a r tis tic a , a ppa r e nta ta c on le a va ngua r die a r tis tic h e e spe r ime nta li de l ‘ 900, c he dona n o a l p r o g e tto pr of ondità e multidime nsiona lità . Un’operazione così ambiziosa – o v v e r o unir e a va ngua ndie music a li a d a v a n g u a rdie a r tistic he – potr e bbe da r e l’imp r e s s io n e dell’asetticità di un procedimen t o i n v i t r o , ma quello che sorprende dell’e s p e r i e n z a è il f a tto di r iusc ir e a d unir e la p r o f e s s io n a lità c on una pa ssione pr of usa in tu tti i s u o i a spe tti, da gli e la bor a ti pa c ka gin g h o me ma de a lla c ur a e ste tic a de l sito we b p a s s a n d o a ttr a ve r so ma nif e sta z ioni pa r a ll e le , c o me le insta lla z ioni a Piombino e Xpe r ime n ta 0 3 . Pe r a ve r ne una pr ova ba sta imme rg e r e o c c h i e orecchie nelle uscite “fisiche” , n e l l e q u a l i è f a c ile nota r e un e vide nte sincr e tis mo s tilistic o c he na sc e c omunque da u n a ma tr ic e c omune . Abbia mo il post- ind u s tr ia lis mo r e z n o r ia n o d i P T- R , la e b m te c h n o s p o r c a d i C he e t a h, il q u a s i p o s t r o c k d i M o unt a in Of The C a r dio d Sna ke , f in o a d a r r iv a r e a l c u lmin e d e lla p r o p o s ta mu s ic a le d i R M o v v e r o il p r o g e tto s o n o r o o mo n imo c h e a l mo me n to c o n ta b e n 8 d is c h i e a n c h e p e r q u e s to me r ita u n d is c o r s o a p a r te . È Sa ndro Gro nc hi, tito la r e d e ll’ e tic h e tta e d e l p r o g e tto s o n o r o , c h e a r ma to d i u n a s tr u mentazione essenziale – ben documentata d a lle n o te c h e a d o r n a n o g li a r tw o r k – f a tta d i g ir a d is c h i, f o n o g r a f i h o me ma d e , w a lk ma n , v in ili mo d if ic a ti, e ff e tti a p e d a le e u n mix e r, r ie s c e a s p a z ia r e d a ll’ a b r a s iv a r is c r ittu r a e s e g u ita d a l v iv o s u o n a n d o v in ili mo d if ic a ti d e l n o is e r a me r ic a n o A M K d e i d u e He le g y /Y g e le h, p a s s a n d o a t t r a v e r s o l e ma g lie d i u n a s o r ta d i d a r k a mb ie n t in tr e c c ia ta a mu s iq u e c o n c r e te d i D e mo no la tr y , P k Sug g e s tio n e G o e tia ( r e g is tr a te p r in c ip a lme n te in n e c r o p o li e s o tte r r a n e i c a r ic h i d i s u g g e s tio n i p a r a n o r ma li) , f in o a d a r r iv a r e a lla r e c e n te c r u d e z z a e r u mo r o s ità d i M a c a b r e Rite s c h e r if le tte u n ’ a ttitu d in e b la c k me ta l ma r ib a lta ta e tr a s f o r ma ta in u n g r id o d i d o lo r e d e ll’ e r a c o n te mp o r a n e a . Complessità, prospettive oblique, senso d e ll’ e s tr e mo : c o mp o n e n ti e s s e n z ia li d i Ra dical Matters che la rendono al principio d iff ic ilme n te a v v ic in a b ile e in te lle g ib ile , infatti solo uno sguardo attento, paziente e c o n s a p e v o le p u ò s c h iu d e r e u n ’ e s p e r ie n z a e s o te r ic a e d e n s a d i s ig n if ic a ti n a s c o s ti, s icuramente diretta a pochi, anche perché la lu c e d e i r if le tto r i r is c h ie r e b b e d i s n a tu r a r n e il senso. Abbiamo allora raggiunto via mail il f o n d a to r e Sa n d r o G r o n c h i, c h e c i h a d e lineato e meglio approfondito le tematiche e le d in a mic h e d ’ a z io n e d e l s u o p r o g e tto a r tis tic o - mu s ic a le . I nna nz it ut t o v o r re i s a pe re c o s a t i ha s pint o a c re a re R a dic a l M a t t e r s . S o n o s e m p r e s t a t o a ff a s c i n a t o d a l l a s c u o l a te d e s c a d e l Ba u h a u s e d a q u e l l o c h e h a p ro d o tto n e lla n o s tr a c u lt u ra . Q u e s t a fa s c i n a z io n e , n e g li a n n i p o i, s i è s e m p re i n t re c c i a ta alla musica. Dopo un po’ di esperienze nell’arte visiva e nella didattica dell’arte, n a s c e l’ id e a d i f a r e E d i z i o n i d ’A rt e p e r i ru mo r i. Co s ì d a q u a lc h e t e m p o n e h o fa t t o u n a priorità nelle mie giornate: registrare idee, c o n c e tti, s e g n i, e me tte rl i i n s c e n a . È e v ide nt e c o m e in R M l ’e s p e r i e n z a mu s i c a le r a ppre s e nt i s o lo u n a s p e tto d e l l ’e ti c he t t a , in e f f e t t i c o m p o n e n ti ti p i c h e d e l l e a r t i s pe r im e nt a li s o no fa c i l me n te r a v v i s a bili (l’attenzione per l’oggetto-packaging, la pro pe ns io ne a lle i n s ta l l a z i o n i s o n o re , c o m e a P io m bino e X p e r i me n ta l ’a n n o s c o r s o ) . P uo i dirc i qu a l i mo v i me n ti a r ti stici, e non solo, ti hanno maggiormente inf lue nz a t o ? D i s ic u r o i g r u p p i d i r ice rc a v i s i v a d e l l a s e c o n d a me tà d e l s e c o lo s c o rs o , o p e re d i c o n fine tra design e arte visiva (come l’Optical Art, il Movimento Arte Concreta, la Poesia Vi s i v a e P e r f o r m a t i v a ) m a p i ù c h e o p e r e o autori direi che ad avermi maggiormente in f lu e n z a to s o n o le e s p e ri e n z e a c u i q u e s t e v is io n i mi h a n n o in iz iat o , e i n q u e s t i t e rm i ni sono per me legate sinesteticamente al r u mo r e , a ll’ a s c o lto c o m e e s p e ri e n z a e s o t e r ic a . L’ A s c o lto in f a tti, h a s e m p re c o s t i t u i t o il comune denominatore di molte delle mie esperienze trascorse, da qui nasce RM-ED/L. L’ e s te tic a d e ll’ e s tr e mo è i l c a rd i n e d i q u e ste edizioni, è la fascinazione di percepire f o r z a r e i c o n to r n i d e ll e i d e e e d e l l e c o s e . Po i la mu s ic a p e r c h iu d e re i l c e rc h i o : s o n o cresciuto ascoltando black-occult metal ( He llha m m e r , Ba t ho r y ), p o i i l d a rk (B a u ha us , Vir g in P r une s , D e a th I n J u n e , C u rre nt 9 3 ) , la p s ic h e d e lia (A mo n D ü ü l , H i g h Tide ) , la d o d e c a f o n ic a (We b e r n , K u r ta g ) . I n g e n e r a le mi a ff a s c in a l ’i d e a d e l l a re g i s tr a z io n e in te s o s ia c o m e s t ru m e n t o d i ri - SA 21 TUNE p ro d u z i o n e c h e com e strumento pretta me nte c r e a t i v o , c o s ì per i dischi come per i libri. D a i n a s t r i d i etnomusicologia dei rituali t r a d i z i o n a l i d ell’Africa e del Tibet, ai Libri Il l eg g i b i l i d i B runo Munari. I l p ro g e t t o so n oro omon imo ti vede im pe g n a t o c o n g i r a dischi mod ificati, fo nogr af i ar t i g i a n a l i , locked grooves; ci racconti c o m ’ è n a t a q uesta necessità di esprimersi con d e l l a st r u m en tazion e che viene più f aci l m e n t e a sso ciata all’h ip -hop o alla dance? P er q u a l c h e a nno dal 1997 al 2003, mi sono d edi c a t o a l l a p roduzione di opere vis ive c he and a v a n o d a l l ’ optical prim a alla poes ia visiv a e p e r f o r m a tiva poi, realizzando c on que s t e u l t i m e r i c e r che anche una tavola r otonda o n l i n e su l t e ma A rte E N uove Tecn ologie . D a t e m p o , i n oltre, mi occupo anche della d i d a t t i c a d e l l ’ a rte, con particolare in te r e sse p er l ’ a n a l i si dei modelli cibernetic i e c os t ru t t i v i st i n e llo studio dell’attività me nta l e e p e r c e t t i v a im plicata in questi pr oc e ssi. Da q u e st e t r a c ce poi il passaggio e spr e ssiv o d a l “ g e st o al suono” è stato un p r oc e sso n at u r a l e . L o strumento poi che più di tutti m i p e r m e t t e v a di sperimentare un “sistema ci be r n e t i c o - c o struttivista” nella co str uz ion e s o n o r a e r a la macchina-giradischi, dove p o g g i a r e m a t e r iali diversi e per sfreg a me nto o t t e n e r e su o n i con uno o più microf oni util i zza t i a l p o st o delle puntine, facendo inoltr e i n t e r a g i r e q u e sto input anche con l’output i n d i v e r se m a niere in m odo da otten e r e “ inf l u e n z e ” d i r e t te e controllabili. Solo dopo, c e r c a n d o d i a pprofondire questa intuizione h o sc o p e r t o c erti precedenti storici a c a va l- lo tr a spe r ime nta z ione sonor a e a r te c o n te mpor a ne a da Ot om o Yoshihid e , a l B o y d Ric e de gli a lbor i, da Philip Jec k a C hr ist ian M arc lay. La mia c ur iosità n e llo s p e r imentare è sempre stata più forte d e l l ’ a n a l i s i de l la vor o di a ltr i a utor i pe r c ui, a n c h e s e in buona c ompa gnia , in qua lc he mo d o h o c e rc a to di por ta r e a va nti que sto m io in te r e s s e in ma nie r a a utoc tona e d or igina le . So n o n a ti così bizzarri set-up basati sull ’ e s a l t a z i o n e dei feedback dello stesso segn a l e , d o v e i l c uor e r ima ne il siste ma “ gir a d is c h i- c a s s e / diff usor i” modif ic a ti a ll’ oc c or re n z a f in o a f a r li dive nta r e ve r i e pr opr i “ ogg e tti s o n o r i” come in quelli implicati nelle r e g i s t r a z i o n i di PK Sugge stion. Utiliz z o pun tin e , mic r o f oni, c a sse a c ustic he , disc hi a u to c o s tr u iti con materiali eterogenei, vini l i p r e p a r a t i sempre utilizzando la tecnica d e l “ f o r c e d locked grooves”, tutto questo p e r ò h a u n a forte componente elettroacusti c a , o v v e r o spesso riesco a costruire set-u p d i q u e s t o tipo senza l’utilizzo di nient’al t r o c h e n o n un po’ di pile e a ttr e z z a tur e po r ta tili, p o iché per me è fondamentale cos a s u s c i t a u n suono in un dato ambiente acus t i c o e c o m e que sto ne inf lue nz a la c ontinuità , c o s a q u e sto “ smuove ” pe r “ simpa tia ” , qu a li f e n o me nologie a c c a dono. c h é , a n c h e a d is c a p ito d i u n a c e r ta c o e r e n z a c o mu n ic a tiv a , in q u e s ta s c e lta c ’ è imp lic ito u n p u n to d i v is ta o p e r a tiv o , d o v e l’ u n o s i r iv e r s a n e ll’ a ltr o ; p o ic h é il s u o n o h a la s te s s a n a tu r a d e lla lu c e , d e lla ma te r ia , c o n s id e r o q u e llo c h e f a c c io u n a c o s a s o la . I n q u a lc h e modo, questi due aspetti dell’etichetta si s o mig lia n o mo lto a n c h e f is ic a me n te : le E d iz io n i s o n o mu ltip li d ’ a r te d i a lb u m c o n c e ttuali, pezzi unici in serie, curati e prodotti in te r a me n te d a l s o tto s c r itto , a r tig ia n a lme n te , u n o p e r u n o ; c o s ì a n c h e le mie p u b b lic a z io n i s o n o r e s o n o in r e a ltà “ a s c o lti” , f is s a ti, d i d in a mic h e a c u s tic h e c h e mi d iv e r to a d in n e s c a r e c o n me c c a n ic h e a r tig ia n a li, s e mp r e d iv e r s e , u n ite d a ll’ e n tu s ia s mo e la me r a v ig lia d e ll’ e s p e r ime n to c o mp iu to . Radical Matters è anche netlabel con le We b E d i t i o n s / S o u n d s o u rc e s , c h e v a l o re g li a t t r ibuis c i ne ll’ e c o no m ia de ll’ e t ic he t ta? Co n s id e r o le We b E d itio n s u n a v e r a e p r o p r ia c o lle z io n e p u b b lic a , u n p a r tic o la r e “ mu s e o ” del rumore. La serie delle Soundsources sono per me proprio il cuore della ricerca s u l r u mo r e d i o g n i a r tis ta c o in v o lto . Sic u r a me n te q u e s to tip o d i e d iz io n i, in p a r tic o la r e la s e r ie d e g li E P, h a a n c h e il p r e g io d i a ttir a r e g li a ff e z io n a ti d e i v a r i a u to r i c o in v o lti, mentre la serie delle soundsources, per il lo r o p a r tic o la r e f o r ma to , n o n d i c o s ì “ f a c ile ” f r u iz io n e , s o n o d a c o n s id e r a r s i o ltr e che una curiosità, una vera e propria web r e s o u r c e , u n a s o u n d lib r a r y in c o n tin u a imp le me n ta z io n e . Come si concilia l’ultrafeticismo delle Collectors Editions con la modernità usa e g e t t a t ipic a de lle We b E d i ti o n s / S o u n ds o urc e s ? Se prendiamo le Soundsources, in questo caso la “modernità” diventa strumentale, o v v e r o il f o r ma to d e l lo o p d ’a u t o re s i s p o s a molto bene con il formato dell’archivio o d e lla lib r e r ia d ig ita le , p o i c h é o l t re a re n d e re p r a tic o l’ a s c o lto , q u e s te p a rt i c o l a ri re g i s t ra z io n i p o s s o n o d iv e n ta re s t ru m e n t o a c u s t i c o s e s u o n a to in a ltr i c o n t e s t i , c o m e q u e l l o i n s ta lla tiv o , o mu s ic a le , s e p e n s a t i c o m e c a m p io n i d a s u o n a r e e ma ni p o l a re . D i v e rs a m e n t e l a s e r i e d e g l i E P We b E d i t i o n s p o s s o n o rientrare nel concetto di “Multipli” d’arte, in f a tti c o n f id a n d o n e lla p a s s i o n e d e l “ fa i d a te ” d e i c o lle z io n is ti in t e re s s a t i , i l d o w n l o a d d i q u e s ta s e r ie , p e r me t t e a c h i è i n t e re s s a t o d i r ic o mp o r r e c o n i s u o i m e z z i (s t a m p a n d o , sagomando e incollando il packaging ed i vari inserts e masterizzando il relativo cdr), di creare una collezione “unica”, poiché ogni c o p ia p r o d o tta s a r à c o s ì u n p e z z o u n i c o (s i pensi anche solo alla stampa dell’artwork), s e mp r e u g u a le n e l c o n t e n u t o m a s e m p re d i v e r s a n e lla s u a f is ic ità . O g n u n o a v rà l a s u a c o lle z io n e , c r e a ta d a s e s t e s s o , a rt i g i a n a l me n te , c h ia ma n d o a p a rt e c i p a re a l p ro c e s s o c r e a tiv o e d e d ito r ia le d i q u e s t e e d i z i o n i a n c h e il s e mp lic e a s c o lta t o re c h e c o s ì e n t re rà a f a r p a r te d e l g io c o . Rig u a r d o a lle Co lle c to r s Ed i t i o n s , n o n s o n o a ltr o c h e e d iz io n i “ a p e rt e ” , l e d e fi n i re i re a d y - o n - d e m a n d , f o r s e i n q u e s t ’i d e a s t a l a m o d e r n i t à ” d e l l a p r o p o s t a , d i ff e r e n t e m e n t e d a lle p iù u s u a li L imited Ed i t i o n s s o n o re a liz z a te d i v o lta in v o lt a a s e c o n d a d e l l e ri chieste da parte di distributori ed acquirenti Com e m ai hai de c iso di m ant e n e re la s t e s sa de nom inaz ione Radic al M a t t e r s pe r i due proge t t i, que llo sonoro e que llo de lla labe l? I n r e a ltà na sc ono “ in sie me ” ma n o n “ in s ie me”. Ho deciso di mantenere il n o m e d e l l e Ediz ioni a nc he pe r la pubblic a z io n e d i a lc uni pe r sona li la vor i in a mbito s o n o r o p e rSA 23 TUNE (anc h e i n q u e sto cerco di lavorare tr a sve rs a l m e n t e , c o i nvolgendo negozi, rivenditori o n l i n e , b o o k sh op di musei, gallerie) a nc or a u n a v o l t a r e a lizzati artigianalmente come m u l t i p l i d ’ a r t e , pezzi “quasi” unici, ma te o ri c a m e n t e se nza limitazione alle copie dis po n i b i l i . tismo di St r ukt ur , Roc c he t t i, Ba d Se c t o r , l’ a r te c onc r e ta di AM K, Parodi , l’ a r te c o n c e ttua le di The Hat e r s, GX Ju pit t e r- La rse n, il c ubismo di c e r ti Te le phe rique o She e Re t ina St im ulant s, l’ a ppr oc c io “ p e r f o r ma tivo” di Ze ro Kam a, M ic hae l W. F o r d, i l supr e ma tismo di M Z412, e tc … R a d i c a l M a t t ers fa riferimento ad una s ort a d i i m m aginario P ost-Ind u strial c onf i n a n t e s p e s s o con il Black Metal (penso a l l a re c e n t e w eb release d el nor ve ge se Utar m e a l v enturo p rogetto “B la c k Ind u st r i a l G r i moire”). C osa p ensi de llo re c e n t e s d o g a n amento, di queste realtà, o p er m e g l i o d i re, in che rap p orto cre di c he s ti a n o c o n l a cu ltura pop olare? H o s e m p r e i n terpretato “concettua lmente” e m i h a n n o s empre interessato, forse per u n v i z i o p r o f e ssionale, a certi gen e r i de ll a m u s i c a m o derna e contemporanea che se i n t e r p r e t a t a i n chiave storiografica riporta a l l e t e n d e n z e impostate dalle arti visive del ‘ 9 0 0 , a d e s e m pio autori come i pri missimi Bath o r y , Ve n o m, mi hanno interessato per l ’o ri g i n a l e i n terpretazione dell’imma gina ri o g o t i c o - si mbolista, inventando le tte r a lm e n t e i l “ s u o no” o per meglio dire i rumori d i q u e l l ’ i m m a ginario fatto di “m ostr i” se nza v o c e c h e n ella tradizione mistic a oc c id ent a l e v i v o n o sulla soglia di m anosc r itti e cat t e d r a l i , q u a li custodi di un infern o di de m o n i p si c h i c i e conoscenze ermetiche . Così com e v e d o n e l la stessa chiave “visiva” molti i m p o r t a n t i a u t o ri della scena experime nta l, ad e se m p i o l o stretto legam e tra T he Loop O rc h e st r a , P a n icsville, S .O.T.N .E. ecc… c o n l e t e c n i c h e del surrealismo, il radicale es pr e ssi o n i sm o (dichiaratam ente A z ionista ) di Su d d e n In fan t, R udolf E b.E r, l’ e spr e ss i o n i sm o a st r atto di A trax Morgu e , Whiteh o u se , l ’ i n f orm ale di D aniel Me nc he e Lu c a s A b e l a , l’attitudine programmatica e ci ne t i c a d i O t o L ab, K inetix, il dadaismo di B i g C i t y O rc hestra, LT Mu rnau , l’ a str a t- Per concludere vorrei sapere q u a l c o s a d i più sui t uoi c ollabor at or i più s t re t t i, o v vero Pietro Riparbelli (sound a r t i s t c o n parecchie uscite per RM) e An d re a S o z z i ( le sue t e ne brose e sugge st ive f o t o a do rnano spe sso gli ar t wor k di RM) . Con tutti e due ho spe sso suona to n e g li a n n i – oltr e c he a c r e sc e r e – insie me in v a r ie f o rmazioni, anche effimere, di ric e r c a s o n o r a tr a il da r k, il bla c k e lo spe r ime n ta le , q u e s to è stato un percorso comune pa r a l l e l o a l l a strada che ognuno di noi ha p o i c o l t i v a t o da solo, pe r que sto dive nta f a c ile la c o mu nic a z ione tr a di noi: Andr e a è u n f o to g r a f o se nsibile c he c ontinua a sta mpa re a ma n o , a l buio, le sue impressioni; sono ra p i t o d a c e r t i f e nome ni c he r ie sc e a c a ttur a r e , p e r q u e s to sono nati degli incontri anche t r a l e n o s t r e produzioni: recentemente ho ut i l i z z a t o u n o de i suoi sc a tti in Mac abre Rite s ma è s ta to a nc he c oinvolto, c ome a utor e - r e p o r te r, in a lc une pa r tic ola r i pr oduz ioni (P. K. Sug g e stion, Goe tia) . Con Pie tr o c ontinua da se mpr e u n a r e c ip r o c a c or r isponde nz a sugli svilupp i d e lle n o stre ricerche a volte anche co n d i v i d e n d o , c ome r e c e nte me nte , pr oge tti e c o lla b o r a z io ni sonor e . I l suo a ppr oc c io a l f a r e r ic e r c a c on pr oge tti c ome PT- R e K11 ( c h e h o a v u to il pia c e r e di pubblic a r e in va ri f o r ma ti) è per me una garanzia di qualità e o r i g i n a l e pe r sona lità inte r pr e ta tiva , da lla c o s tr u z io ne di harsh beat noise con mani p o l a z i o n i d i c a mpioni sonor i r e gistr a ti e in d ir e tta d e l pr imo, a lle a ttua li r ic e r c he in a m b ito r a d io noise del secondo, già sconfina t e i n n u o v i or iz z onti sonor i. WWW.AUDIOGLOBE.IT VENDITA PER CORRISPONDENZA TEL. 055-3280121, FAX 055 3280122, [email protected] DISTRIBUZIONE DISCOGRAFICA TEL. 055-328011, FAX 055 3280122, [email protected] WAS (NOT WAS) MARK STEWART “Boo!” “Edit” CD Rykodisc Was (Not Was), il seminale ed indistruttibile progetto del produttore Don Was con il fratello David, torna dopo una lunga ibernazione con un nuovo album, “Boo!”. Coadiuvati da moltissimi ospiti, i fratelli Was, hanno creato un lavoro la cui struttura si regge fra testi tutt’altro che convenzionali, ritmiche Funk, metriche R&B, Zappa e John Coltrane. Quasi come se non fosse cambiato nulla. Pazzesco il lavoro in fase di produzione, curato dagli stessi David e Don Was. Partecipano al disco: Kris Kristofferson e Bob Dylan. PLANTLIFE QUIET VILLAGE “Time Traveller” “Silent Movie” CD Rapster Usciva nel 2004 “The Return of Jack Splash”, l’acclamato debutto dei Plantlife, risultato poi disco dell’anno per la BBC Radio 1 di Gilles Petterson. Personaggi come Gnarls Barkley, Mos Def, Pharell Williams, DJ Jazzy Jeff, The Chemical Brothers e RJD2 se ne sono innamorati sin da subito. Con “Time Traveller”, Jack Splash e soci, continuano quella esplorazione musicale che li ha resi grandi. Soul anni 70, funk, rock, elettronica/disco anni ’80, hip-hop anni ‘90 e caleidoscopici ideali futuristi. JAY HAZE "Love & Beyond" CD/2LP Tuning Spork In un’epoca in cui gli ascolti sono velocissimi e schizofrenici, Jay Haze realizza un disco che rivitalizza il senso di un artist-album. Già dietro i progetti Fuckpony, con tre acclamati singoli su Get Physical, BPicth e Cocoon, e Sub Version con Michal Ho e Paul St.Hilaire, Jay si occupa anche delle etichette Contexterrior, Junion e Futuredub. “Love & Beyond” è un doppio CD che si sviluppa tra una prima parte FuturisticPop ed una seconda strumentale costruita su parti elettroniche. CD Crippled Dick... Concepito e registrato tra Londra, Vienna, Bristol e Berlino, “Edit” è il 6° lavoro di Mark Stewart ed il suo ritorno solista dopo le collaborazioni con Tricky, Massive Attack, Chicks on Speed, Adult e Primal Scream. Unico ed inimitabile, come sempre radicale e politicamente impegnato, Stewart alterna momenti astratti a ritmi schizofrenici ed esplosivi che da sempre gli sono cari sin dai tempi di The Pop Group. Contiene la cover di ‘Mr. You’re Better Man Than I’ degli Yardbirds alla quale partecipa anche Ari Up dei The Slits. “Sexuality” CD/LP !K7 Dopo 3 ricercati singoli usciti per la Whatever We Want ed alcuni remix eseguiti per Gorillaz, Cosmo Vitelli, The Osmonds, François K, i Quiet Village arrivano al loro debutto. Formato da Joel Martin e da Matt Edwards (aka Radio Slave) e con il nome preso in prestito dal capolavoro exotic di Martin Danny, il duo riesce elabora in maniera unica e personale le influenze legate alle colonne sonore italiana, alla disco, all’acidrock ed al soul. Quando i suoni vintage diventano moderni, e viceversa. THE VEGETABLE ORCHESTRA "Remix" CD Karmarouge Gli strumenti convenzionali vi annoiano a morte? Bene, fate come The Vegetable Orchestra ed avete risolto il problema. Il collettivo di Vienna, infatti, usa una strumentazione tutta sua: carote che diventano flauti, zucche che fungono da basso, porri come violini e cetriolipercussioni. Ne esce fuori un suono orchestrale in cui si fondono musica sperimentale contemporanea, Free Jazz, Noise e Dub. Partecipano all’album di remix: Ricardo Vilalobos, Luciano, Gabriel Ananda, Frank Martiniq, Oliver Hack, Märtini Brös, Anja Schneider... SEBASTIEN TELLIER CD Record Makers 3° album in studio per Sebastien Tellier dopo il debutto de “L’Incroyable Véritè” ed il successivo “Politics”. I suoni creati da Tellier si collocano con l’usuale eleganza francese fra un Serge Gainsbourg in chiave moderna ed un’immaginaria colonna sonora morriconiana. Il nuovo disco “Sexuality” contiene 11 brani che confermano in pieno il talento di Tellier, uno dei maggiori esponenti della musica francese moderna al pari di Air e Daft Punk. Proprio Guy Manuel De HomemChristo dei Daft Punk ha prodotto il disco. APPARAT "Remixes And GREGOR SAMSA CD Shitkatapult A neanche un anno di distanza dall’ottimo “Walls”, Sascha Ring aka Apparat, raccoglie in un doppio CD una magnifica collezione di remix. Divisa in due capitoli, Apparat Remixes e Remix Apparat, la selezione contiene le rivisitazione fatte dallo stesso Apparat per altri produttori, nella prima parte. Viceversa, i remix più riusciti fatti da altri sui brani di Sascha, nella seconda. Fra una cosa e l’altra, i migliori produttori ed i remix più introvabili, sono su questo doppio CD. Non fatevelo sfuggire. CD Own Recs. I kafkiani Gregor Samsa, provenienti da Richmond, Virginia, sono stati un’assoluta rivelazione nel 2006, anno in cui è uscito il loro secondo album, “55:12”. Il nuovo disco, “Rest”, è altro no è che una deliziosa conferma. Il suono delle band è un qualcosa di mistico ed obliquo di chiara matrice post-rock. Parti Ambient dilatate, atmosfere che ricordano quelle del periodo d’oro di casa 4AD, struttura che gioca fra implosioni ed esplosioni stile Mogwai e Godspeed You! Black Emperor, Codeine e Low. Grandiosi. Parts To Be Frickled" "Rest" SA 25 DROP OUT PORTISHEAD IL DOLCE DOMANI DEI PORTISHEAD Di rado un ritorno agognato può sorprendere, tanta è l’attesa che gli si crea attorno. Eppure, un nuovo disco dei Portishead rischia di coniugare cronaca e classicità in un solo colpo. Triphop? Manco l’ombra. Testo: Giancarlo Turra S . . t. r a n a f a c c e n da, la musica che diventa o n as c e A r t e a l l o stato puro: così non f osse , u s e r e s t i a l t r e parole per definirla. Mestiere, ro u t i n e , so t t o f ondo. Sostantivi che ma le si acco m p a g n a n o a B eth Gib b on s, G eof f Barro w e A d r i a n U tley, ovvero una sciantosa del c o t t a g e a c c anto e due strumentisti, uno navi g a t o e d e sp erto, l’altro giovane e visionario . D a c h e si affacciarono alla r iba lta , t i m id a m e n t e e facendo parlare quasi e sc lus i v a m e n t e i l o ro dischi, la scossa libe r a ta t r a i n t e r v a l l i c ronologici sempre più dilatati m ai h a c e ssa t o di risuonare. E cco l i q u i d i nuovo, “trenta-quara nta - c inq u a n t a e q u a l cosa” sui quali la c lessidra n o n h a g r a n c hé infierito, manco volesse s o t t o l i n e a r n e una volta in più l’attua lità . A m ag g i o r r a g i o n e in questo 2008, nel qua le do p o r i n v i i , d u bbi, procrastinazioni inf inite – i P o r t i s h e a d hanno riaperto le porte del l o r o u n i v e r s o rivelandocelo assai mutato e n o nd i m e n o r i conoscibile. Perché se non ti ev o l v i m u o r i r iavvolgendo il loop di c iò c he e r i , t i t r a s f o r mi da regista a burattino, da fi ne d i c i t o r e a noioso barbogio. R isc hia nd o a n c h e , e g li esempi non si contano, di s cre d i t a r e e m e ttere in discussione la bontà e l a G r a n d e z z a del passato. N on qui: spinti da s i n c e r a e un poco altera onestà, i Nos t ri h a n n o t o l t o il sigillo a un nuovo ma z z o di c a r t e , r e sp i rato l’aria che tira da qua lc he s t ag i o n e i n q u a e ne hanno restituito la lor o i nt e r p r e t a z i o n e . Il risultato, lapalissia na m en t e b a t t e z z ato T h ird, vi è racconta to c on abb o n d a n z a d i particolari nella sezione r e cen si o n i , m e n tre qui per bocca dello ste sso Adri a n ( i n t e r v istato da B illboard) vi a ntic ip i amo c h e “ Non som iglia per niente a Dummy o a l d i sc o om onim o, m a ne è senz’ altro il f r at e l l o / so re l l a m aggiore arrivato più av an- ti lungo la strada.” Dove quel p i ù a v a n t i rima con “avant” ma non con q u e l l a f o r m a di psic he de lia hip c osì Nova nta. So r p r e n d e , Third. È un disco maturo che - i n q u a n t o ta le - a r r iva dopo pur a gga nc ia n d o s i a l “ p r ima ” . Rughe e blue s d’ e siste nz a c h e s p o s ta no il f uoc o da l noir a l da r k, da H itc h c o c k a Lync h. Un ga p c he non te nte r e mo d i r is o lv e r e in e qua z ioni ma c he , sic ur a m e n te , s i a n dr à c olma ndo di signif ic a ti e c ol la n ti p e r c h é dietro a una scelta coraggiosa c o m e q u e s t a c’è un passato altrettanto pesant e . Era il 1994, e ancora scossi d a l s a l u t o a l ( por c o) mondo di Kur t Cobain, in iz ia mmo a percepire gli scossoni assestat i d a u n o d e i numerosi capolavori che videro l a l u c e t r e anni prima di quella tragedia. I nc a lc ola bile l’ inf lue nz a di Blue L ine s , sull’onda dell’hip-hop sperimen t a l e d i q u e i Er ic B. & Rakim r ingr a z ia ti ne lla b u s ta in terna dell’lp - cioè su rime ral l e n t a t e e i n secondo piano e su “turntabilis m ” v i r t u o s o e dila ta ti f onda li - si pr e nde a d a b b r a c c ia r e la ba ssa ba ttuta , e spa nde r la . N a s c e q u e l downte mpo poi degenerato in m u s i c h e t t a da aperitivo e sushi, mentre ne l f r a t t e m p o la ste ssa ma tr ic e - il br e a kbe at - a c c e le r a e s’ e sa spe r a ne lla jungle . Ba r r ie r e r e s id u e tr a r oc k e pista da ba llo c he si s q u a g lia n o se mpr e più r a pide f a nno il r e sto , a n d a n d o a comporre l’humus vitale da cui s i d e c o l l a . Fu la psic he de lia a pplic a ta a ll’ h ip - h o p , il più te r r a te r r a de i ge ne r i o c osì - s b a g lia n doc i - lo r e puta va mo. Lo c hia ma mmo , c o e r e nte me nte , trip- hop, a nc he se q u e lla c o n nota z ione a ve va più a c he f a r e c o n la s k u n k c he l’ LSD, e i suoi timbr i viv id i a p p a r te ne va no a l c hill- out dopodisc otec a r o p iù c h e a i Se ssa nta . Da lì c omunque di s c e s e la d e ge ne r a z ione ma instr e a m in mille mu s ic h e tte d ’ e s tr e ma v a c u ità , a ll’ a c id ja z z p iù s p o mp o , a l Tr ic k y s e n ile , v ia v e r s o u n n u lla a ll’ e n n e s ima p o te n z a . A me n , g ia c c h é i p r e s u p p o s ti e r a n o b e n a ltr i e , in r e tr o s p e ttiv a , r is u lta la mp a n te c h e l’ imp u ls o f o s s e q u e l tr e n ta tr e g ir i d a lla c o p e r tin a s e mp lic e ma in d e c if r a b ile , p o r ta to r e s a n o d i v ir u s c h e s u lle p r ime non sapevi come interpretare ma che ti conquistavano con archi leggiadri e disco subacquea, incastri ardimentosi di ritmo e melodia, azzardi rumoristi ed elevazione lir ic a . Se l’ o g g i p e r c e r ti v e r s i s i c h ia ma Bur ia l c h e s a ld o tie n e in ma n o il te s timo n e d i Go ldie e ( p u r n e ll’ ab i s s a l e d i v e rs i t à ) D J Sha do w , il f ilo s ’ a r r o t o l a fi n o a i M a s s i v e A t t a c k, a q u e l Wild B u n c h , f i g l i o - c o m e Spe c ia ls e P o p Gro up / M a r k S te w a r t - d i u n a d e s o la ta c itta d in a m u l t i ra z z i a l e (n o n c h é r is e r v a u n iv e r s ita r i a p e rd i t e m p o ) c h i a mata Bristol. Giusto. Parliamo di collettivi. N o n d i b a n d in s e n s o tra d i z i o n a l e . C o n c e t t o a n c h ’ e s s o in v ia d i s g r e t o l a m e n t o g ra z i e a l p o s t r o c k c h e a Br is to l n o n m a n c a d ’a rri v a re e di tal fattura si compone la cartilagine Po r tis h e a d , a g g r e g a to a s e n t i r l o ro d i “ v i c i n i d i c a s a c o n u n a fo r te p a s s i o n e p e r i l j a z z SA 27 DROP OUT e i l ro c k ” . G l i am ici-per-così-dire c onquis t e r a n n o u n s u ccesso inatteso in Inghilterra, u n d i sc o p r e se nza fissa dei “critics poll” di f i n e a n n o g i à vincitore del Mercury Prize e, b o t t o f i n a l e , 150.000 copie vendute ne gli S t ati U n i t i se n za una tournée promoz iona l e . N o n s ’ e r a mai visto, o quasi. Il fatto è che l a f o r z a e la G randezza di D u mmy ( Go! Di s c s, 1 9 9 4 ; 8.5/10) stanno dentro e f uor i n o n a u n a m a t ante ed eterogenee tra diz ioni, com e g l i a l i e n i che in X F iles “sono già tr a n o i ” e c h i s s à da quanti anni. Da tre, almeno, c o n s i d e r a n d o che appunto nel ’91 a Bristol i l pr o g e t t o p r e nde form a per mano d e l poc o p i ù c h e v e n t enne Geoff Barrow. Barrow v a n t a u n a g a v etta presso il locale studio di r e g i s t r a z i o n e Coach House e l’ami cizia di M assi v e e Tr i c ky. In Homebrew , gemma dim en t i c a t a d e l ’ 92 di N en eh C h erry ( e x Rip, Ri g & P a n i c , ulteriore pezzo sullo sca c c hie re), f i r m a u n a Som edays anticipo di f utur o, n o n c h é e c c e l sa love song che scorre su una citazione pianistica beethoveni a n a . S t r a d a tutta in disc e sa , gia c c hé f ioc c a n o r e mix p e r Pr im al Sc re am e De pe c he M o de e a v v ie ne l’incontro con Beth Gibbons, c a n t a n t e d i sette primavere più vecchia che s c a t e n a n e l r a ga z z o la voglia di un pr oge tto tu tto s u o . Beth cantava nei pubs (scappa d a r i d e r e , a imma gina r se la …) e d è c a ta liz z a to r e d ’ e c c e zione per lo slancio creativo d e l b i e n n i o seguente, lungo il quale vengo n o p o s t e l e fondamenta del palazzo Portish e a d . A r r i v a l’esperto chitarrista Adrian U t l e y ( c l a s s e 1958, un pa ssa to c oi Jaz z M e sseng e r s ) e d è il toc c o c he ma nc a , se ppur de f ila to ( ma è u n progetto, non un gruppo: ergo no n i m p o r t a ) . Parallelamente all’esordio, il tr i o l a v o r a a l c or tome tr a ggio To Kill A De ad M a n , o ma g gio a i f ilm spionistic i de i Se ssa n ta ( n e l q u a le essi stessi recitano) e che è c o r r e l a t i v o visivo de l disc o in a r r ivo. For s e . Ra p p r e se nta una de lle più r obuste f ont i is p ir a tiv e , pure il primo palesarsi del gioc o s o t t i l e t r a r e a ltà e p e r c e z io n e , tr a il v e r o e i s u o i a v a n z i ( c o n c o r d a , v e r o , ma e s tr o A nt o nio ni? E p u r e le i, n o , M r. Hit c hc o c k? ) . L a G o ! D is c s f iu ta l’ a ff a r e e li me tte s o tto c o n tr a tto . Po c o d o p o D u m m y è n e i n e g o z i e il r e s to è s to r ia , anche e soprattutto del cuore. Già, perché avevamo trovato la perfetta c o lo n n a s o n o r a , s e p r o p r io n o n d e ll’ in v e rno dei nostri scontenti, certo dell’autunno. Elegante, ricca di suggestioni visive, colta c o me u n a P ia f r in g io v a n ita in u n a c ittà imma g in a r ia , tr a n u v o le g r a v id e d i p io g g ia c h e n o n s i s c a te n a n o d a v v e r o ma i, v ic e v e r s a la s c ia n o a d d o s s o u n a c o ltr e d ’ u mid a tr is te z z a . Più le g a ti a lla tr a d iz io n e d i c o mp o s ito r i p e r la c e llu lo id e c o me La lo Sc hif r in ( c a mp io n a to in S o u r Tim e s ) e Be r nha r d He r r m a nn, o ma g a r i a d a v v e n tu r ie r i d e lla s te r e o f o n ia e d e ll’ e le ttr o n ic a d e lla g e n ia d i u n J o hn Ba rry (quelle chitarre; gli echi e i rimbombi d e ll’ o n d a s o n o r a ) e u n Os ka r Ska la , i t r e s i p r o p o n e v a n o s c o s ta ti d a i r if le tto r i c o me in te lle ttu a li timid i ma s e n z a s p o c c h ia , tu tt’ a l più ironici e a capo chino sulla musica. Così lontani - e per questo così vicini - da quei f r a te lli M a s s iv e A tta c k c u i s mu s s a n o il la to b l a c k i n n o i r, r a c c o g l i e n d o n e d a m a e s t r i lo spirito senza imitarne la forma. Dotati dell’umiltà di un nome importante, poco o n u lla c ita to a p r o p o s ito d i Po r tis h e a d , q u a le q u e llo d e i Ta lk Ta lk d e l l a s v o l t a “ p o s t ” . I l lo r o b a tte r is ta P a ul We bb è r in g r a z ia to d a lla Gibbons nelle note di copertina e tornerà, ma in ta n to c h iu d e u n p e z z o n o n in d iff e r e n te d e l c e r c h io . Simile è la d is ta n z a a p p a r e n te, tutta britannica, tra autore e contenuto, e v id e n te n e lla n e w w a v e ( e c c o lo , il le g a me all’oggi) che nei suoi predecessori di “ n o n r o c k ” in te lle ttu a le ; c o mu n e la te c n ic a d i s tr a n ia me n to p a r te c ip a to e in f in e a c c o stabili le tessiture, il rendere l’ascoltatore p a r te c ip e d e lla p r o p r ia f r a g ilità e mo tiv a e delle incertezze latenti. Se si eccettua la r itmic a c o llo c a ta in a v a n ti n e l mix e i ta g li o r iz z o n ta li d e llo “ s c r a tc h in g ” , g li a mb ie n ti d i Wa n d e r in g S ta r - a r mo n ic a e h a mmo n d in f a n ta s ma tic a d ia lo g a r e p iù u n b a s s o ip n o tic a me n te f is s o - s o n o s o ttr a tti d a La u g h in g S to c k , me n tr e I t’s A F ire n e c o s titu is c e f u lgida outtake virtuale. Non rinunci a nulla di q u e s to a lb u m s tr e p ito s o , d a lle la me d i th e r e min c h e f e n d o n o u n ’ a c c o g lie n te tr is te z z a (M y s te r io n s ) a l tr e mo lo c o s ì J a me s Bo n d d i c o r d e e r in to c c h i d i s o n a r (S o u r Ti m e s ) , a l ja z z in c a me r e d ’ e c o d u b -h o p (i l t ri s d ’a s s i S tr a n g e r s /P e d e s ta l/Bi s c u i t ) a l m a g i s t ra l e c o mp ita r e la s c u o la b r i s t o l i a n a t ra s i n c o p i d i r u lla n te e d u b b i Sou l I I S o u l ( It C o u l d B e S we e t) . Ba s te r e b b e a fa rn e i l c a p o l a v o ro che è, non ci fosse il valore aggiunto di u n ’ a n s ia s ta tic a c h e at t a n a g l i a p e r t u t t i i suoi cinquanta minuti e si scioglie in due mo me n ti s te lla r i, s ta g l i a t i s u l l ’e c c e z i o n a l i tà a p ie n e ma n i e i c a m p i o n a m e n t i d ’a u t o re tr a s f ig u r a ti. C’ è u n mo n d o i n t e ro ra c c h i u s o nel gassoso soul dal cuore dilaniato, ferito c o n o r c h e s tr a e tw a n g c h i t a rri s t i c o Ro a d s e in q u e lla p e r f e tta “ to r ch s o n g ” d a G e n e r a z io n e X c h e r is p o n d e a l n o m e d i G l o r y Bo x . Sis te ma ta c o n in te llig en z a i n c h i u s u ra , d o n d o la s u u n c a mp io n e d i I s a a c H a y e s v e r s o f o n d a li d o lo r o s i, s e i c o rd e c h e s c o rt i c a n o e p a r o le a ltr e tta n to ( “ D a m m i u n m o t i v o p e r a m a r t i , d a m m i u n m o t i v o p e r e s s e re d o n n a , v o g lio s o lo e s s e re u n a d o n n a ” ). A rri v a , i m p r o v v is o , u n b r e a k b e a t e l o s e g u e u n u rl o d i pena che commuove e fa male, infine cala il s i p a r i o . S c r o s c i a n o s o lo a p p l a u s i . D iff ic ile imp r e s a d a r e u n s e g u i t o , o l t re t u t to mentre cresce un clamore mai inseguito (nelle interviste, peraltro rare, Beth non è ma i p r e s e n te ) : c o n la s o l a p o t e n z a d i t a n t a b e lle z z a s i s c a la n o le ch a rt s , i v i d e o - v e ri e p r o p r i min i f ilm - c a r i c h i d ’i n q u i e t a n t e ro manticismo trainano il disco ed è successo. Pe r a p p r o f itta r e d e ll’ h y p e i n m o d o c re a t i v o , i s in g o li s o n o c o r r e d a t i d a re m i x e i n v e n zioni, i migliori del cesto sciorinati nella me z z ’ o r a d e l min i So u r Ti m e s ( G o ! D i s c s , 1 9 9 4 ; 7 . 3 /1 0 ) , d o v e u n T h e m e Fro m To K i l l A D e a d M a n d i p u r o d is t i l l a t o B a rry a c c o m pagna quattro riletture del brano omonimo tr a o mb r e d i ja z z a c id o , t ri p -l o u n g e a ffa t t o s c o n ta to e d j- a r t d i v e c c h i a s c u o l a . S u d i e s s e s v e tta u n a s e n s a z io n a le e g ra ffi a n t e o p z i o n e r o c k in tito la ta A ir b u s Re c o n s t r u c t i o n , g i o c o a l r imp ia ttin o c o l q u a le - m e n t re e s p l o d e l a m o d a t r i p - h o p e Tr i c k y s i i n f i a m m a c o m e N e a r ly Go d - i l t e r z e t t o g e s t i s c e l a f a m a c o n o c u la te z z a . To c c a a t t e n d e re i l 1 9 9 7 p e r la r e p lic a , s a g a c e me n te i n t i t o l a t a Po r t i s h e a d ( G o ! D is c s , 1 9 9 4 ; 7 . 8 / 1 0 ) e i m p r o n t a t a solo in parte al già detto (ben sottolineato n e l p ia n is mo c la s s ic o d i U n d e n i e d , i n q u e l lo ambientale colmo di blues metafisico We s te r n E y e s e n e lla c h i ru rg i c a O v e r ; m e n o SA 29 DROP OUT n el la f e d e l e a lla linea Seven Months) , c oncen t r a t o se m m ai sul guardarsi allo spe c c hio e s c o p r i r e i l v elo del cambiam ento. Rif iuta i l br a n o t r a i n a n te, l’opera, ed è ragione vole che l e v e n d i t e saranno m inori ma l’a c c omod ars i n e i c u o r i no. P arla chiaro anche l’ imm ag i n e i n c o p e rtina, roba da Lynch pr e sta to al l a v i si o n a r i a B B C dei sixties, che ra c c hiud e u n a B i l l i e Holid ay inasprita da ec topla s m i d i p i a t t i Technics e saliscendi c hita rri s t ic i ( C o wb o ys; la sua gem ella E ly sium), o rch e st r a z i o n i da diva psicotica (A ll M ine ), s os p e n si o n i i r r eali (la suprem a belle z z a di Onl y Yo u ; i l jazz orbitante Mourning Air) s e n o o r r o r o se (H um m ing), crescendo di f itt i zi o c a n d o r e ( H alf D ay C losing, “ ispirata d a g l i U n i t e d States O f A merica”: q ue stion e n o n d i g e o grafia ma di Storia). La resa d e l l e e m o z i o n i pare chiudersi su sé stessa i n g r u m i d i s ignificato, fram m enti di sol u z i o n i c h e a t traggono e imprigionano nei l o r o v o r t i c i . S enza che baleni il proposito di u s ci r n e , b e n i nteso. A sorpresa, dopo dodici m e si si d a alle stampe il piacevole lusso Ro se l a n d N Y C L ive (1998; 7.2/10), sor ta di “bes t o f ” i m m ortalato nel luglio prec e de nte , i n fi o r e t t a t o d i m isurata orchestra e ottoni p u n t u a l i , su o n a to nel senso pieno e ve r o de l t ermi n e ; u n g e sto di razza che spie ga e ff icace m e n t e i m e ccanismi tecnici della ma gia p o rt i sh e a d i a n a e regala più d’un brivido. Si s p a r i s c e , d o p o, tornando in quell’alveo di s i l e n z i o d a l q uale si era venuti. Inglesi, e v a b e n e , m a più isolani che isolati, attenti a l l a l o r o p a s s ione che prima o poi viene a g al la . N e è p i eno O ut O f Season (G o Disc s, 2 0 0 2 ; 7 . 5 / 1 0 ) , intestato alla G ibbon s e a un Ru s t i n ’ M a n che altri non è che il signor Web b , e si se n te eccome nella filigr a na son o ra e i n t a l u n e sospensioni strumen ta li. La fa da padrone una revisione de l f o l k - r o c k da pr imi a nni ’ 70, tr a “ que l” N ic k o ma g gia to in Drak e e le sc he gge Pe nt a ng le , m a a tte nz ione , pe r c hé Re solv e è u n a ma i e s istita Fait hf ull c he r ile gge Coh e n. S i n c e r o e umbr a tile , intr e c c ia off usc a te v ib r a z io n i anche sinistre nella luminosa f a m i l i a r i t à a c ustic a ( M y ste rie s) , ve na ta d’e r r e b ì ( To m The M ode l) e c a me r istic a a ma r ez z a ( S h o w) , volta a sc ivolosi ibr idi ( una Spi d e r M o n k e y di ne r voso or ie nta lismo, il ja z z g r e g o r ia n o Romanc e ). Fuori da qualsiasi stagione che non sia la sua, è un culto da amare senza condizioni, anche in ragione del suo non parafrasare il gruppo madre in chiave unplugged come ci si poteva attendere (tranne che nella novembrina Funny Time Of The Year, dal titolo ironicamente fuorviante). Più facilmente, ne tiene conto mentre rivisita la tradizione. Il resto è attualità: il ritorno dopo undici anni - che volete che siano? - col terzo atto, coerente nell’esprimersi come sa e deve, pescando equazioni logiche (il krautrock che, via il Duca Bianco berlinese, preconizzò la nuova onda) e cesellando un rock intinto d’introspezione, fantasma fin qui recondito e mai placato. E’ nel passato illustre dei pionieri che il gruppo pesca, viaggiando nella coda della cometa di Faust e Silver Apples, infilando la testa dentro alla tremante emotività Joy Division e offrendo accenni di jazzismo libero e liberato. Vi troverete questo e parecchio altro, tra cui il lascito folk della Gibbons solista. Soprattutto, la certezza di un disco capace di crescere con gli ascolti, di raccontare l’adesso perché maneggia alla perfezione tanti fertilissimi ieri. Siamo, per questo, più ammirati e riconoscenti che mai. Vale la pena sedersi e attendere, certe volte. SA 31 DROP OUT Paris Jungle Fuoco dalle banlieu L’infuocata scena musicale parigina viene da lontano: un frullato degli ultimi dieci anni, tra robotiche Daft Punk, Beastie Boys e DFA, mescolato all’hip hop ibrido delle banlieu e ispirato all’estetica dubstep inglese. In continuità con la rovente guerriglia urbana che nei Novanta incendiava la capitale, vista nel realismo de La Haine di Kassovitz. Fino all’oggi di Missill, Dinamite MC, DJ Vadim e DJ Netik. Testo: Marco Braggion e Teresa Greco SA 33 DROP OUT S egn a l i d a P a rigi, fum o elettrico me sc ola t o c o n l e i n f l u enze del C om m onw ealth br it ann i c o : i l b h angra indiano che spopola e si m es c o l a c o n l ’ hip-hop, l’aria di rivoluz ion e d i r e t t a m e n te da L a Hain e delle ba nlie u e a n c o r a i n fiamme. Gli ingredienti della n u o v a sc e n a musicale nascono dall’ e ste tic a f r u l l a t a e s c o mposta degli ultimi dieci anni, i n f a r c i t a d a l funk electro robotizzato dei Daft P u n k e d a lla “così lontana così vic ina “ New Yo r k d e i B eastie B oys e della DFA, da e t i c h e t t e e l e c t ro che nascono come funghi: E d B a n g e r, I nstitubes, Citizen e Kitsuné. M a n o n è s o l o p-funk, baby. La ritmica da d anc e f l o o r si m escola con l’hip h op me t i cci o d e g l i a bitanti delle rue e dei Ca mpi El i si : B- b o y s e B -girls che usano la music a c o m e u n ’ a r m a per esprimere e manifestare d i s s e n s o . I l t u tto ereditato di striscio dalla c o n t r o c u l t u r a dubstep, da personaggi oscuri com e K o d e 9 , Warrior Qu een e altr e f a c c e t r a sv e r s a l i d e lla Soul Jazz, la London che s m o n t a i c o n f ini ad ogni singolo, r ie la boran d o i r i c o r d i del passato roots trapia nta nd o l i n e l “ m u s i c pot“ presente e vivissimo. Passato prossimo urbano Prima di parlare della nuova g e n e r a z i o n e , f a c c ia mo un pa sso indie tr o. I l p a s s a to d e lla c a pita le de i ga lle tti da noi è a rr iv a to a ttr a ve r so le imma gini te le visive : r ic o r d ia mo in pa r tic ola r e que i f uoc hi c he illumin a v a n o le notti di pe r if e r ia e que l se nso d i in s ta b ilità e di impote nz a c he tr ova va sf og o s o lo n e lla gue r r iglia ur ba na . La tr a duz ione s u p e llic o la di que sto f e e ling l’ a bbia mo v is ta n e l f ilm di M at hie u Kassovit z , La Haine ( L’ o d io ) , in que i Nova nta c he da noi r ibol liv a n o n e lle a ule de i tr ibuna li e c he la str a d a l’ a v e v a no persa di vista. La storia è p r e s t o d e t t a . 1995: sia mo ne lle ba nlie ue , a L e s M u g u e ts , il giorno e la notte successivi a l l a r i v o l t a urbana con la polizia, scatena t a s i d o p o i l pestaggio durante un interroga t o r i o d i u n r a ga z z o de l qua r tie r e , Abde l I c h a h , 1 6 a n n i, c he è or a in c oma . I l f ilm se gu e le v ic e n d e di tr e r a ga z z i, un e br e o, un ma gh r e b in o e u n a f r ic a no, tr e modi diff e r e nti di a ff r o n ta r e la vita e le stor ie c ontinge nti c he ac c a d o n o in torno a loro. Abdel poi morirà, s c a t e n a n d o ulte r ior me nte la f ur ia de lla r ivo lta e la r e - a z io n e d i u n o d e i p r o ta g o n is ti, Vin z ( Vinc e nt C a s s e l) . P r e m i o p e r l a m i g l i o r r e g i a a l Fe s tiv a l d i Ca n n e s 1 9 9 5 , L’ o d io h a s e g n a t o l ’ a ff e r m a z i o n e d i K a s s o v i t z c o n u n o s tile f o r te : r itmo s e r r a to , r e a lis mo e s a s p e rato, concatenazione per accumulazione, b ia n c o e n e r o liv id o a c c o mp a g n a to in mo d o s in c o p a to d a u n a c o lo n n a s o n o r a c h e me s c o la reggae, hip hop, rap e ritmi urbani, un suono meticcio che ingloba un meltin’ pot usato come arma per rivendicazioni sociali. I s p ir a to a u n f a tto v e r o d i c r o n a c a s u c c e s s o tr e a n n i p r ima n e lle r o v e n ti p e r if e r ie p a r ig in e , L’ o d io è p a r l a t o i n “ v e r l a n ” , s t r e t t o dialetto parigino che accentua il realismo e la v e lo c ità d e i d ia lo g h i. Film d ia lo g a tis s imo q u in d i, “ u r b a n lin g o “ e s tre e t ta lk in g : n o n p o te v a e s s e r e a ltr ime n ti. I l p r o ta g o n is ta Vi n z , i l r a g a z z o e b r e o p i e n o d i r a b b i a c h e s i f a r is p e tta r e c o n la v io le n z a , n o n c o n o s c e n d o a l t r i m e z z i , s i i s p i r a a l Tr a v i s B i c k l e d i Ta x i D r iv e r , r ic h ia ma n d o lo a n c h e n e ll’ ic o n o g r a f ia , e r ic o r d a n d o l’ a n a lo g o p e r s o n a g g io d i M o to r c y c le Bo y in Rumb le Fis h d i C o ppo la , s u l mo d e llo d e i ta n ti re b e ls with o u t a c a u s e d i j a m e s d e a n i a n a m e m o r i a e c a r a tte r i s imili me s s i in s c e n a d a Sc o r s e s e e Spike Le e , tr a g li a ltr i. A n c h e s e a d iff e r e n z a d e g li e s e mp i p r e c e d e n ti, i p e r s o n a g g i d e L’ o d io n o n s o n o m o s s i d a c o n f l i t t i i n t e r n i , ma e s te r n i e le g a ti a l c o n tin g e n te . I l r e g is ta p o i d a l s in g o lo e p is o d io d e lle b a n lie u e a lla rg a il q u a d r o a tu tta la Fr a n c ia ( l’ a p o lo g o f in a le s u lla f in e d e lla s o c ie tà , c h e r ip r e n d e la s c e n a in iz ia le d e ll’ u o mo c h e p r e c ip ita dal cinquantesimo piano): la Francia come simbolo dell’Occidente devastato dall’odio, dai conflitti razziali, dalla violenza da cui n e s s u n o è e s c lu s o . L a c a d u ta d e ll’ u o mo c h e si vede a inizio film è infatti quella che poi si esplicita per tutta la sua durata. I l f ilm h a s u s c ita to n u me r o s e p o le mic h e a lla s u a u s c ita in Fr a n c ia , p e r la c r u d a r a p p r e s e n ta z io n e d e lla p o liz ia f r a n c e s e , la q u a le h a s c o n f e s s a to d a s u b ito la p e llic o la . E g u e r r ig lie u r b a n e e r iv o lte s i s o n o c o n tin u a te a r ip e te r e : è c r o n a c a q u o tid ia n a o r ma i d a parecchi anni. Già a fine 2005 Kassovitz, che nel frattempo aveva tenuto un basso p r o f i l o s u l l ’ a rg o m e n t o , a v e v a p o l e m i z z a t o d a l s u o b lo g ( w w w. ma th ie u k a s s o v itz . c o m/ b lo g /) c o n l’ a llo r a min is tr o d e ll’ in te r n o N ic o la s Sa r ko z y , il q u a le a v e v a in v o c a to la r e p r e s s io n e n e i c o n f r o n t i d e l l e ri v o l t e n e l l e b a n lie u e . L’ o d io è a n ch e p e l l i c o l a s t ra c o l ma di musica, usata come concatenazione tra una scena e l’altra, mentre si procede per continue accumulazioni: come nel ‘68 s i a s c o lta v a l’ u r lo d i I mm i g r a n t S o n g p ri m a d i in d o s s a r e l’ e s k imo ed u s c i re a m a n i fe s t a r e , n e i N o v a n ta il r o c k v i e n e s o s t i t u i t o c o n il r e g g a e d i Bo b M a rl e y ( i n a p e r t u r a c o n B u r n in g A n d Lo o th in g , m e n t re v e n g o n o l u n gamente mostrate immagini - di repertorio - di scontri con la polizia, della Parigi che b r u c ia in c a n d e s c e n te ) e c o n l a b l a c k m u s ic ( I s a a c Ha y e s c o n T h a t L o v i n g Fe e l i n g , T h e G a p Ba n d ) , l’ h ip h o p e i l ra p (i B e a s ti e Bo y s , Cu t K ille r p iù ta rd i c o n M c S o l a a r , A s s a s s i n ) , i l f u n k ( C am e o , Z a p M a m a ) , i n un mix inscindibile dalle immagini. Forward to present Oggi il problema violenza urbana resta, anche se non fa più notizia, anche se i TG s o n o d is ta n ti a n n i lu c e d a l re a l e . N e l l ’e ra Sa r ko z y la Fr a n c ia c h e s c i o p e ra , l a P a ri g i c h e f a tr e ma r e c o n l e s u e m a n i fe s t a z i o n i g li s c r a n n i imb o ttiti d e i p a l a z z i d e l p o t e re e b lo c c a p e r u n a s e ttima n a l a M e t rò , l a g e n t e SA 35 DROP OUT che si r i b e l l a all’im m obilism o della c la sse d i ri g e n t e so n o segnali che si traduc ono a nc h e i n m u s i c a , che fanno smuovere lo stile g l o b a l i z z a t o . Il padre storico di que sto mis c u g l i o p r o l i f ico è Manu Chao che con la s ua M a n o N e g ra ha aperto nuovi orizzonti, nuove vie. M a s e q u e l g r uppo era (e rimane) un culto m ain st r e a m , g li eroi di oggi non so no sull a b o c c a d i t u tti, anzi, sono da scopr ir e a tt rav e r so l e c o nnessioni e le amicizie sulla r e t e , q u a s i u n passaparola da nerd fanzinari. Im p o ssi b i l i t a t i a trascorrere i w eeke nd ne ll a ca p i t a l e d e l l’haute couture, ci muovia mo a t t r a v e r s o i l download e le connessioni, i fo ru m e i c o m m enti m yspaceiani di f a n e nt u s ia st i , l e c l i p su YouTube e le poch e usc it e u ff i c i a l i . E rinasce improvvisamente la s en sa z i o n e d e lla m usica dei prim i Nova nt a, q u a n d o l a jungle di Gold ie impazzava, q u an d o l a f r e s chezza della scoperta stupiv a a n c h e i p i ù agguerriti tradizionalisti de l q u att r o . D a q uelle connessioni nacq ue r o f ig l i p r o r o m p e n ti che sfottevano il tempo e le m o d e : d r u m ’ n ’ bass, nu-jazz, big bea t e tr a nc e . O g g i d a l network bisogna tagliare col m ac h e t e l e f o glie dei parassiti im pesta nti e c e r c a r e d i u s c ire vivi dalla Paris Jungle. I l f e n o m e n o n on coinvolge solo le folle di r a v e r s o d i h eadbangers da festiva l, bensì d i v e n t a s e m p r e più una questione di stile. S t i l e c h e c o i nvolge le nuove 4 vie. Basta con M . C . - i n g , rapping, graffiting e tur nta b l i sm : o g g i c i misuriamo con t-shirting, de s i gn i n g , f e a t u ring e agit-poshing. L a str a da t ras l o c a su l l e passerelle della moda ? I vol ant i n i c i c l o st ilati diventano flyers, gli slog an d i v e n t a n o riff e i fruitori di questa mus i c a p o r t a n o t utto su un piano mondano: jet s et v s. i m p e g no. P oli opposti o facc e de lla s t essa m e d a g l ia? L’ i n c o n t r o f r a moda e politica, fra musica e l e t t r o n i c a e passerelle/palchi l’avevamo g i à v i s t o n e l l ’ascesa di un personaggio in b i l i c o t r a i d u e mondi: M.I.A .. L a pa siona r i a d e l r i t m o e della contaminazione delle i n fl u e n z e e t n o-bhangra, nel 2007 ha inf uoc a t o i p a l c h i e le consolle dei DJ di tutto il m o n d o . S a r à per la bella presenza, saranno i s u o i m o d i schietti e le sue dichia r a z ioni s en z a p e l i su l la lingua, ma M.I.A . è dive nt a t a u n s i m b o l o per la nuova generazione di n o n so l o t e e n . La sua musica è quello c he più di globa liz z a to possia mo a sc olta r e , o v v ia me nte pr ove nie nte da una de lle c a p ita li d e lla music a se nz a c onf ini. I l punto d i p a r te n z a e di sc a mbio di suoni è a nc or a u n a v o lta la London Ca lling, c he ha da se mp r e s f o r n a to talenti giovanissimi e schietti ( v e d i , t a n t o pe r dir ne una , l’ a ltr a r r iot- te e n c h e è La dy Sove re ign) . Que llo c he oggi pas s a a l d i là de lle bia nc he sc oglie r e di Dov e r è la s to ria del ritmo: Giamaica e Mag h r e b , I n d i a e ghetto americano. Tutto comp r e s s o i n u n f ile *.z ip di pa tc ha nka ne w glob a l à p o r te r, c he a tte nde di e sse r e e splor a ta e – s o p r a ttutto - ballata. M-I-Double S-I-Double L avec la Crew La guida per sopravvivere al caos suburbano parisien è una lei. Il suo nome di battaglia: Missill. La bella jeune-fille inizia a muov e r s i c o m e g r a ff i t t a r a e d e s i g n e r a l l ’ o m b r a della crew BMC. Il suo percorso artistico si avvicina sempre di più alla musica e nel 1999 è resident alle serate “Rumble in the Jungle“ al Batofar e al Glaz’art parigini; n e l 2 0 0 3 s b a n c a a l f e s t i v a l Tr a n s m u s i c a l e s di Rennes a fianco di nomi del calibro di A m p F i d d l e r, J a y l i b , K o w a l s k i , K r u d e r e F i s c h e r s p o o n e r, p o i f i n a l m e n t e a 2 2 a n n i i l debutto con Mash Up (Discograph, ottobre 2005), acclamato dall’elettrocritica mondiale come uno dei migliori mix dell’anno. Ancorato saldamente alla cultura del break hip-hop mescolata con qualche accenno d i e l e t t r o n i c a e f u n k y, p i ù d a l l e p a r t i d e l l e crew “old-school“anni 80 di Africa Bambataa che alle transizioni rock dei Beastie, la lunga compilation propone già qualche spunto di riflessione electro. In breve tempo s i a ff e r m a c o m e u n a d e l l e v o c i p i ù f r e s c h e e pronte ad accogliere i suoni che stanno trasformando il suo territorio. Oggi esce il n u o v o d i s c o : Ta r g e t s ( B M C - D i s c o g r a p h / Self, 10 marzo 2008, su SA #41). E il salto di qualità c’è tutto. Anzi di più. I featuring spaccano, inseriscono idee e anima global, brainstorming ritmico e voglia di novità stilose, senza compromessi; le tracce autoprodotte dalla street punker sono perfetto post-Daft, acidità concentrata per le folle che assistono ai suoi show (andatevi a g u a r d a r e s u Yo u Tu b e q u a l c h e f i l m a t o t a n t o per vedere la popolarità del missile terraaria). Ma chi sono questi alfieri del nuovo SA 37 DROP OUT suono urbano? I nomi sono molti e variegati, ma le diversità che si incontrano stanno t u t t e s u u n Tr a n s E u r o p e E x p r e s s c h e p a r t e da Londra e arriva allo stile, dal vecchio break anni ‘90 ai flash dei paparazzi. La nouvelle vague ha una base solida di beat che guarda alla moda, e in questo frangente i punti di contatto con il punk sono molteplici. Il no-future è nato più che sui dischi s u i n e g o z i d i Vi v i e n n e We s t w o o d e s u l l e copertine dei magazine indipendenti, sulle pin e sulle borchie, sulle creste e sul nuovo modo di vivere la musica, lasciando da parte il passato e dichiarando (per pochissimo) l’indipendenza. Oggi sappiamo che la separazione dallo star system è durata un batter d’occhio e che estromettersi dal mercato è (stato) un sogno. Con il senno di poi, perché non prendere come base l’appartenenza allo star system e smontarlo con suoni che spaccano? Distruggere il sistema da dentro? Prima di trarre conclusioni avventate, torniamo alla cronaca. La base del nuovo sound “urban punk“ la costruiscono due personaggi che con il ritmo hanno scolpito la loro carriera. Il primo è Dynamite MC: lui è l’anello di congiunzione c o n l e e s p e r i e n z e d e l d r u m ’ n ’ r a p p i n g t a rgato UK. Roni Size, Reprazent, e Scratch P e r v e r t s r i e m e rg o n o d i p r e p o t e n z a d a l l e macerie della fine dei Novanta. Dynamite ha partecipato a quel New Forms (1997) che ha rinnovato le nostre convinzioni sul ritmo. Da lì in poi è partito tutto di nuovo: grazie a quella bomba oggi si celebrano i neri baccanali dubstep, senza quel disco niente sarebbe com’è. Dopo le innumerevoli collaborazioni con crew e DJ, dopo aver scritto tracce per i mondi virtuali del videogame bestseller Need For Speed, il nostro rapper ha ben pensato di produrre dischi da solo. Oggi ritorna a segnalare la sua presenza attraversando la manica, rappando su q u e l l ’ i n n o r a g g a c h e è F o r w a rd , u n a c o s a che collega Kingston al vecchio continente attraverso un’attitudine blackissima; e poi n e l l a a c i d - p r o p To x i c k , c h e f a t r e m a r e i ‘ r a gazzi bestia’ newyorkesi spaccando il culo p u r e a l l e d i s c e n d e n z e s m a r r i t e d e i R AT M . L’ a l t r o è D J Va d i m , d i r e t t a m e n t e d a l l a f r e d d i s s i m a S a n P i e t r o b u rg o a t t e r r a c o n delle cose da paura a Londra. Old school N i n j a Tu n e , a m i c o d ’ i n f a n z i a d i M a r k B , mago del sampling e innovatore sulle linee di un jazz-rap quasi d’obbligo per quegli anni di scazzo consapevole. Oggi collabora c o n D J J a z z y J e ff n e l l a s u a e t i c h e t t a B B E e con il gruppo rapper One Self (Blu Rum 1 3 e l a b r a v a m o g l i e t t i n a Ya r a h B r a v o ) . I l f e a t u r i n g d e l s u o g r u p p o ( C h o o s e To C a re ) è puro acid rap con una cassa che spacca e che pianta delle fondamenta di cemento c h e s o s t e n g o n o l ’ i n t e r o Ta r g e t s . S u q u e s t e gittate sono molti i giovani talenti che costruiscono piani di loft sciccosi. La foto ricordo si compone magicamente di person a l i t à u n d e rg r o u n d , e p r o p r i o p e r q u e s t o à la page. Il secchionerd è il tre volte campione del mondo di turntablism DJ Netik: uno che mangia vinile, un cosmopolita che fa ballare le generazioni di tutto il globo, superbassi e distorsioni in acido nella sua Dark Moon; c’è poi la bella e impossibile m o d e l l a v o c a l i s t v e n e z u e l a n a : Ye t h z , u n a partecipazione che fa tremare la regina M.I.A.. Kema è la Pull Up The People del 2008, Mueve Lo la risposta al fulmicotone che fa piazza pulita di Nelly e di tutto quello che avevate sentito sul versante discolatino. Sostando in Sudamerica c’è pure il cuginetto Edu-K, uno che ha sostituito la “p“ del p-funk con la “b“ del baile funk brasiliano, vocalist da paura in Kabrake, da far invidia a Kavinsky o a Sebastian (figli acidi della nidiata electrofrenchdisco). Uno che va a suonare con la nostra reginetta nelle carceri francesi, tanto per capire il tipo. Per concludere il quadretto ci sono pure Nine Lives The Cat, il combat DJ australiano e il mito jungle reggae Junior Red. Combat posh? Missill ha ripristinato le idee e gli stati di agitazione del punk, la cultura del post breakbeat, tutto frullato con le sonorità Chemical Brothers e la sensibilità dancehall del cuore di Londra. Il risultato è una nuova cultura osmotica in continuo mutamento, senza certezze, aperta a qualsiasi contaminazione e per questo – seppur ancorata a stilemi old-school – postmoderna. La politica ci entra di striscio, i proclami e gli slogan non sono che gadgets per abbellire, paillettes e glitter dei vestiti nuovi dell’imperatrice jungle, che dichiara, rag- giunta per mail: “Non so se la mia musica ha del potenziale politico. È concepita per f a r f e s t a , n o n h o l a p re t e s a d i e s s e re a c c o s t a t a a M a n o N e g r a o R AT M . L o ro s o n o leggende! Sto solo portando avanti la mia p ro p o s t a e n o n v o g l i o e s s e re c o i n v o l t a i n politica. Penso che il mondo sia malato e non vedo l’ombra del cambiamento. Più g i ro i l m o n d o e p i ù m i a c c o rg o d e i d a n n i che l’uomo ha fatto”. La guerra è iniziata. D a l l a s t r a d a s i p a s s a a l l ’ a u t o s t r a d a i n f o rmatica, dai manifesti alle pagine MySpace. Questo è il nuovo modo di fare controcultura. La musica resta un ingrediente che condisce le notti e le amicizie, “ha il pot e re d i f a r i n c o n t r a re l a g e n t e , è u n m o d o d i c o m u n i c a re ; m a g u a rd a n d o c o m e g i r a i l m o n d o , c i v o r r à m o l t o d i p i ù p e r c a m b i a re le cose”. Non ci hanno ancora preso tutto, Parigi val bene una Missill. SA 39 DROP OUT E così (il pop?) sia Torniamo a parlare di Amen, l’ultima notevole fatica dei Baustelle, perché tra i rinterzi e le botole che ne cospargono la superficie capita d’imbattersi in “attori non protagonisti” capaci d’innescare link dall’inconsueta, penetrante densità. Accendiamo la luce su quattro di essi, così diversi nelle intenzioni, negli ambiti operativi, nelle potenzialità. Così misteriosamente affini. Pasticche nel beverone M u o v e r s i c o n equilibrio tra dischi buoni e m e n o b u o n i n on è poi così difficile. Basta e s s e r b r a v i a smorzare l’entusiasmo che a v o l t e t i p r e n d e , attendere che la fiamme lla s i c o n s u m i p r ima di assumersi quel rischio d i t r o p p o . C h e poi sennò rim balza nella r e te v i t a n a t u r a l d u rante, e quel voto es a ge r a to t i s i a p p i c c i c a addosso com e un tag impe r it u ro . Q u i n d i : cautela. U n’impresa no n c e r to d i ff i c i l e , d i c i am o pure che è roba da me d i an i . I l p r o b l ema è che ogni tanto ti c a pita q u el d i sc o c h e ti si annida dentro, non sme tt e d i sq u a d e r n are m essaggi a diversi live lli d i p r o f o n d i t à e com plessità, dallo sf r igolio e p i d e r m i c o d el pop al cigolio angoscioso d el l’ a v a n g u a r dia (non necessariame nte mus i c a l e ) . A l l o r a è un po’ più difficile ritrarsi, n i cc h i a r e , f a r e lo gnorri. C ’è un dove r e ne l p i a c e r e p r o p r i o come c’è una ragione nella fo l l i a , c o sì n o n puoi fare a meno di addita r e q u el t i t o l o t r a i tanti, affinché altri n e c olga n o il p e so e l a portata sulle cose del mondo p o p - r o c k . E f anculo la cautela.Il pane gir ic o è de d i c a t o a l l’ultim a fatica dei B a uste lle , g i à i n c e n s a t o nella recensione del numero s co r so . I l c u i valore ci è sem brato n ote vole f i n d a s u b i t o , salvo poi irrobustirsi con gli a s c o l t i , c o n l a decodifica dei segni e segnali d i c u i è p e r v a so. C i sembra un alb um imp o r t a n t e c o m e lo furono a suo tempo - solo p er d i r n e q u a l c uno - K o D e Mondo de i CSI, H a i p a u ra d e l buio? degli A fterh ou r s, Tra s pa re n t e d i M arco P aren te. Oppure - più l o n t a n o n e l t e m po - L a voce del pad rone di Batt i a t o , c o sì come - più di recente - Soci al i sm o t a sc a bile degli Offlaga D isc o Pax. Di s c h i n o n n e c essariam ente bellissimi, non e s e n t i d a p e c che. Ma importanti appunto p er q u e l l a t e n s ione che li spinge a costr uir- si una rete di rimandi, allusioni e r e l a z i o n i tr a e poc he , stili e f e nome nolog ie c u ltu r a li dive r se , inne sc a ndo link c he de fin is c o n o u n or iz z onte c oe r e nte ma e spa nso, s e mp r e c h e l’ a sc olta tor e de c ida di sta r e a l g io c o , d ’ in ve stir e c ur iosità , pa ssione , imp e g n o n e l d isve la me nto de i live lli na r r a tivi. Botole disseminate nella trama testuale e sonora, preziosismi che puoi scambiare per abbellimenti vezzosi finché non allarghi l’angolo di ripresa e intravedi una mappa, una sensibilità strutturata e convergente. Prendete, in Amen, il caso del singolo Charlie fa surf: melodia parecchio adesiva per non dire scontata, chitarre impetuose, tastiere e archi per una bolgia iperpop su cui impazza un laconico sarcasmo anti-giovanilista e antianti-giovanilista ad un tempo. Un bel coacervo di espedienti se volete, ma intanto occorre prendere nota dell’introduzione d’arpa a cura di Beatrice Martini - giovane artista multidisciplinare prossima al debutto solista - e degli ammiccamenti (la contro-citazione del titolo, le allusioni nel testo, l’ispirazione generale) ad una installazione – Charlie Don’t Surf - dell’artista(?) provocatore (?) Maurizio Cattelan, che a sua volta schiude altri “rimbalzi” musicali e cinematografici, dai Clash a Francis Ford Coppola. Un muoversi tra popular e avanguardia, tra culto ed emergenza che li porta ad avvalersi di Beatrice Antolini - multistrumentista neopsych sodale dei Jennifer Gentle, già un album alle spalle - così come della poetessa Francesca Genti (autrice delle liriche di Dark Room), del mitologico musicista etnojazz etiope Mulatu Astatke - alle prese con vibrafono, percussioni e Fender Rhodes - e di Alessandro Alessandroni, storico compositore romano già al lavoro con Morricone e Cattel an: Bidibidobidib oo SA 41 Beach house DROP OUT Umiliani che ha orchestrato Spaghetti Western e addirittura suonato il sitar ne Il liberismo ha i giorni contati. Per non dire dei rimandi impliciti ed espliciti (gli omaggi a Lee Hazlewood, Pasolini, Baudelaire...), nonché le tipiche carrellate mnemoniche come nella struggente Alfredo, giocando ad oscillare con una certa - voluta - forzosità tra presente e passato più e meno remoto, gettando improvvisi bagliori su una Storia recente troppo poco metabolizzata affinché si possa chiudere pacificamente nei libri. Il passaggio alla multinazionale di turno - la Warner in questo caso - degli ex indipendenti/frugali Baustelle avvenuta ai tempi di La Malavita (2006), fu un passo coerente al disegno che oggi si compie, di drogare cioè con pasticche pop birbantelle il beverone indistinto della contemporaneità, nel tentativo tanto più struggente quanto velleitario di scuotere la vita emotiva dell’individuo/ ascoltatore strattonandolo per i timpani via cervello e cuore. Volendosi pop nella sua accezione più viva: emulsione edibile di rovello avanguardistico.Ci pare giusto anzi stimolante quindi lasciare che Amen ci seduca. Ma a modo suo, rendendoci cioè amanti attivi in cerca di risposte e forme e volti e indirizzi. Per questo torniamo ad affrontarlo scegliendo quattro punti di osservazione diversi, quattro segnali di rinterzo per raccogliere la sfida e lanciarne altre. Stefano Solventi Beatrice Martini fragile folgorante tenacia Una porta che cigola. La sirena di un’ambulanza che d’un tratto invade, violentandolo, lo spazio. Ma la ragazza non si scompone: come fosse protetta da una pellicola di tenacia, i sensi affondati nel compiersi di un’epifania sonora per arpa e percussioni. Anzi, quel cigolio e quell’ululato sono agenti accidentali proprio come il cacciavite o il rotolo di cartone adoperati per complicare la consuetudine di un’arpa, la stupenda consuetudine del più immaginifico e surreale tra gli strumenti. Il luogo è il Sound Metak, negozio milanese di strumenti musicali gestito da Xabier Iriondo. Il tempo è l’aprile del 2007. La ragazza è Beatrice Martini, arpista e percussionista fiorentina, classe 1985. Beatrice Martini Tra i motivi per cui l’ex terrorista della sei corde per Afterhours e A Short Apnea si è interessato a lei, c’è probabilmente quella determinazione che lavora - senza mai travalicarla - sotto la soglia di una solenne delicatezza. La performance documentata nel dvd in mio possesso si apre con The Crown Of Ariadne, composizione del 1979 a firma Raymond Murray Schafer, oltre venti minuti di rapimento ora etereo ora febbrile per arpa e percussioni (tom, cavigliere, woodblocks, shaker, wind chimes...) che già le valsero il Premio delle Arti 2006. C’è poi la breve Divertissement à l’espagnole di André Caplet, un intermezzo tanto “antico” - è del 1924 - quanto brioso, prima del palpitante valzer Elégie pour la morte d’un berger di Bernard Andrès. Avrete capito che l’ambito in cui Beatrice ama muoversi è quello della colta contemporanea, ma un dichiarato amo- re per le sperimentazioni (minimale, elettronica, atonale, improv) e per la molteplicità/ multiformità delle manifestazioni artistiche (teatro, letteratura, architettura, danza, grafica...) conducono la sua calligrafia in una zona di confine tra indistinto e contaminazione, dove location, scenografia, posa, tratti somatici, luci, colori, suoni, gesti, esattezze e imperfezioni collidono in una performance fragile e coerente. Come già in 3 Meters, video realizzato nell’agosto del 2005 da Dubravka Sekulic, camera fissa su una candida Beatrice intenta a percuotere con un cucchiaio dodici bottiglie di vetro riempite con colla vinilica, latex, farina, latte... Un ingenuo, puro, ingegnoso inseguimento del “suono bianco”, percussivo e armonico, esistenziale e utopico, tenace e minimale. Ferma restando l’importanza della “messinscena” come enunciato irrinunciabile: tutto è scarno ma accogliente, tiepido e schivo dal parquet alla luce radente, essenziale ed evocativo dalla veste al drappo sospeso (un patchwork realizzato con sagome floreali ritagliate da mappe e quotidiani) che la ricoprono, rendendola ascetica e angelica, ninfa curiosa e inarrestabile alla scoperta di quel cha accade quando accadono le emozioni. Una cura dei dettagli, della fragranza e delle sfumature votata al concepimento di una indagine intima anzi interiore, sulle tracce dell’immaginifico residuo nell’esistenza reale, un esercizio d’intelligenza femminile che ipotizza evidenti link con l’opera di Joanna Newsom, Cocorosie, Juana Molina, per non dire della ricerca ormai divinizzata di Bjork e della frusta arcaicità operata dall’ultima PJ Harvey. E’ grazie a Myspace - pensate un po’ - che Iriondo si è accorto di lei. Così come Alessandra Fabbri, attrice e coreografa, che l’ha voluta in Hydrology, spettacolo di danza andato in scena al TANZherbst Festival di Dresda nel novembre 2007, stessa città dove si è tenuto ImproWinter 08, settimana dedicata all’arte improvvisata nel quale è stato presentato un evento concepito durante alcuni workshop condotti da Markus Stockhausen – trombettista e compositore figlio del grande Karlheinz - con la fattiva partecipazione della Martini. Anche Francesco Bianconi è uno di quelli folgorati su Myspace. L’intervento di Beatrice in Amen è una gelatina fiabesca d’arpa a mo’ d’introduzione del singolo Charlie fa surf, appena un frammento quindi però posto in prima fila a caratterizzare il sound dei Baustelle anno 2008. Ulteriore peculiare ingrediente di un album che, strato dopo strato, dettaglio dopo dettaglio, suggerisce una elaborazione sofisticata di elementi semplici, una frugale metabolizzazione di memorie e teoremi, di passato che realizza un presente che non consente di auspicare futuro. Per Beatrice invece il futuro c’è e significa una collaborazione live con Robert Lippok dei To Rococo Rot al Brighton Festival 2008, in programma una performance per organo, arpa, percussioni ed elettronica. Quindi arriverà il primo album, Scores For Fingertips On Tiptoe, in uscita entro l’estate. Ne riparleremo. Stefano S olventi SA 43 DROP OUT Beatrice Antolini Ricami floreali in doppiopetto il Big Saloon di BEATRICE ANTOLINI P r i m a d i A m e n , p r i m a d e l c o n t r a t t o m a j o r, prima che la “Milano da bere” si impossessasse delle corde vocali sgualcite di Bianconi e Co. trasformandole in una versione aggiornata e decisamente pop di Luigi Te n c o e S e i r g e G a i n s b o u r g , i B a u s t e l l e vivacchiavano con dignità nel sottobosco indie nostrano. Un universo a sé stante, con proprie regole, tuttora in perenne fibrillazione, dove non è poi così difficile imbattersi, tra le tante promesse mancate, anche in qualche piccolo fenomeno di culto destinato a crescere in fretta. Qualche anno fa quel fenomeno si chiamava proprio Baustelle. Ora il testimone sembra passato nelle mani di Beatrice Antolini. Due storie apparentemente diverse le loro, che in Amen uniscono fortune e capacità. Il merito è della band di Montepulciano, che chiama l’artista bolognese a musicare Steinway e a prestare gli strumenti in Spag h e t t i We s t e r n , o t t e n e n d o n e l p r i m o c a s o uno strumentale al pianoforte malinconico quanto “surreale” e nel secondo un brano dal suono a dir poco esplosivo. Episodi che al di là delle responsabilità dirette di chi suona, fanno riflettere ancora una volta sulla poliedricità, la voglia di contaminarsi, la creatività di una musicista capace di cambiare d’abito con estrema facilità. Del resto non è mai stato un mistero. Ce ne eravamo accorti già nel 2006, al momento della pubblicazione del suo esordio discografico e ne abbiamo ulteriore conferma ora che ritroviamo Big Saloon di nuovo sugli scaffali dopo un opera di restyling – musicale e grafico – ad opera dell’artista e del Madcap Collective. Allora come oggi trentaquattro minuti di musica sconclusionata, esplosiva, eccitata da cambi di ritmo repentini, in cui si mescolano obliquità m e l o d i c h e d i s c u o l a b a r r e t t i a n a , p i a n o f o rti sotto anfetamina, fugaci scenari onirici, ritratti a pennarello che sbordano, finezze jazzate. Si segue il flusso delle parole tra pistole laser e batterie che sembrano macc h i n e d a s c r i v e r e ( To p o g ò – D a n c i n g M o u se) e ci si ritrova a bazzicare tra morbidezz e q u a s i t r i p - h o p ( M o v e d F ro m A To w n ) ; s i saltella su ritmi sincopati e battiti di mani a l l ’ u r l o d i w e a re k i d s w i t h t h e m i c ro p h o n e ( B re a d & P u p p e t s ) e s i f i n i s c e c o l c i t a r e vecchi sketch di Benny Hill (Lazy Jazy); si apprezzano crepuscolari malinconie al p i a n o f o r t e ( Tu r t l e & P e a c h I n L o v e ) f i n ché non arriva il turno delle balere cubane (Monster Munch). La nuova veste è una rimasterizzazione ad opera di Davide Cristiani del Bombanella Studio, un’operazione di chirurgia estetica che pur mantenendosi fedele alle vecchie registrazioni, dà nuovo lustro alla scrittura dell’Antolini, giocando sulla definizione degli strumenti, ripulendo le melodie, innalzando il disco da semplice home recording a opera di lo-fi “coscienzioso”. Il minimo per una musicista capace di conquistare con il suo charme anche i piani alti della discografia ufficiale. Fabrizio Zampighi Francesca Genti Uno sguardo pop al quotidiano Non è difficile cogliere il senso della presenza di Francesca Genti in Amen dei Baustelle. C’è un medesimo sentire che la accomuna al gruppo, come ci rivela la poetessa, raggiunta per mail: “Ascoltando a manetta tutti i dischi dei Baustelle mi ha colpito la nostra consonanza poetica, mi ha proprio stupita, per questo ho voluto mettermi in contatto con loro. La durezza e vitalità delle loro canzoni, penso - e spero - sia la stessa dei miei versi. Quello che mi piace in Amen è il coraggio di compromettersi con la contemporaneità, non solo criticandola, ma anche subendola. E cercando un senso sempre e comunque. Un atteggiamento veramente romantico e temerario. Penso che i Baustelle non si mettano mai in cattedra a criticare dall’alto lo stato delle cose, ma ci affondino dentro, patendo il mondo e tutte le sue contradd i z i o n i ” . U n r i t r a t t o c h e t r a c c i a l e c o o r- dinate della band toscana, che la Genti ha voluto conoscere da fan, attraverso una lettera: “Mi sono presentata cercando di fare una bella figura, quindi scrivendo una mia poesia. Mi sono proposta per una collaborazione, sebbene pensi che i Baustelle non abbiano assolutamente bisogno di un paroliere, perché i loro testi sono molto belli”. Classe 1975, torinese trapiantata a Milano dove lavora alla Rizzoli come redattrice, Francesca (che cita tra i suoi numi tutelari Aldo Palazzeschi, Nanni Balestrini e Rossana Campo), ha all’attivo un paio di libri di poesie, Bimba Urbana (Emilio Mazzoli, 2001) e la raccolta che l’ha imposta all’attenzione, Il vero amore non ha le nocciole (Meridianozero, 2004), folgorante esempio di metapop poetico, p i c c o l i a f f r e s c h i m e t r o p o l i t a n i p o s t m o d e rni espressi con grazia, che affermano in realtà una poetica dura e spietata, e uno sguardo critico verso la contemporaneità ( A l l ’ E s s e l u n g a d e l l ’ a m o re : c o m p ro u n g e - Francesca Genti SA 45 DROP OUT l a t o / a f o r m a d i s o l e . / ( i l s o l e v e ro / h a m e n o c o l o re / i l v e ro a m o re / n o n h a l e nocciole). Ha da poco pubblicato su Coniglio Editore un libro di narrativa, Il cuore delle stelle. Aggiornatissimo catalogo dei maghi (2007), sorta di disvelamento ironico del mondo della magia odierna, con tutto quello che di ciarlatanesco comporta (“quello che volevo mettere alla berlina in questo testo, che è una parodia della letteratura new age, era proprio il lato prosastico e mistificante dell’esoterismo”), un lato della nostra “società dello spettacolo” che pretende di rendere tutto commerciab i l e , s v i l e n t e . Va d a s é , i l v o l u m e h a i n tenti parodistici che hanno generato anche fraintendimenti (“l’operazione è riuscita talmente bene che nessun libraio ha capito che si trattava di un’opera di narrativa ed il libro è stato messo nel reparto dedicato all’esoterismo…”). Dopo essersi proposta a Francesco Bianconi, la collaborazione si è quindi concretizzata nei versi di Dark Room, un incedere morriconiano da colonna sonora anni ’70 di cui è autrice e cantante Rachele Bastreghi (“Francesco mi ha mandato via mail una melodia: io ho scritto il testo che lui ha successivamente rimaneggiato”) e che sembra richiamare Io e te nell’appartamento da Sussidiario illustrato. La dark ro o m c o m e l u o g o c h i u s o d e l s e s s o , s c e l t o espressamente dalla Genti, come ci rivela: “Ho ascoltato il pezzo, mi è sembrato morbido e malinconico e ho subito pensato che volevo metterci una stanza, un posto chiuso, fuori dal mondo. Rachele ha una voce molto gattosa e sensuale, quindi ho pensato di fare una canzone che parlasse di sesso. La mia idea era scrivere un nuov o P e n s i e ro s t u p e n d o , m a a M i l a n o , n e l 2008”. Chissà che questa proficua collaborazione non possa continuare. Teresa Greco Maurizio Cattelan assurde provocanti derive Un provocatore di grana grossa, ma forse anche un genio. Artista oppure piazzista di se stesso e - perché no - entrambe le cose. Colui che - furbescamente - rivela il lato oscuro. Insomma, su Maurizio Catte- La rivoluzione siamo noi lan si può liberamente pensare di tutto e questo sostanzia la sua arte, se di arte si può parlare. Se di arte si sia mai potuto lecitamente - con cognizione, autorevolmente - parlare. In ogni epoca e forma e luogo. Se ci prendiamo questa licenza è solo per il link attivato dai Baustelle in Amen, ovvero in Charlie fa surf, il famigerato singolo che cita inversamente (col titolo) ed esplicitamente (“…ma le mani chiodate…”) un’installazione di Cattelan, C h a r l i e d o n ’t s u r f ( 1 9 9 7 ) , d o v e s i p u ò angosciosamente ammirare un simpatico ragazzino incappucciato dalla sua felpa e seduto anzi inchiodato (appunto) ad un banco di scuola. Il titolo dell’opera è - ve ne sarete accorti - a sua volta una citazione, anzi due: del pezzo dei Clash, ovviamente, ma anche dell’asserzione ultrasbruffona del colonnello-surfista Kilgore in Apocalypse Now, il capolavoro (forse) di Francis Ford Coppola. Episodio cui Strummer e soci s’ispirarono componendo il loro celebre - diciamo così - contrappass o . Tr e p i c c i o n i p r e s i c o n u n a f a v a m e s sa lì un po’ di sbieco, condimento poco evidente ma sottilmente invasivo, quasi invisibile (e infatti da me colpevolmente l a ball ata di trotsk y ignorato al momento di stendere la recensione di Amen) e non essenziale, però caratterizzante o comunque agente di rilievo nella misticanza di segni e segnali di cui il disco si sostanzia. To r n a n d o a C a t t e l a n , t i r a r e i n b a l l o u n nome come il suo significa inserirsi in un solco scomodo e assieme ammiccante, essendo le sue “provocazioni” - o se preferite “perturbazioni” - sempre estremamente popolari, conditio sine qua non per l’impatto shockante delle stesse. I codici sono immediatamente fruibili affinché il messaggio arrivi nel minor tempo possibile col suo carico di delizioso veleno, ad azione fulminea e/o differita secondo i casi. Fulmineo fu ad esempio il messaggio (e lo s c a n d a l o ) d i S e n z a Ti t o l o ( 2 0 0 4 ) , t r e b a m bini fantoccio impiccati ad un albero di Piazza XXIV Maggio a Milano, tanto che q u a l c u n o p e n s ò d i a r r a m p i c a r s i p e r e s t i rparli (cadendo rovinosamente - e graziaddio - nel compimento dell’eroico gesto). I d e m d i c a s i p e r i l c e l e b r e p a p a Wo y t i l a abbattuto da un meteorite in La Nona Ora (1999). In entrambi i casi c’è altresì un riverbero semantico ed esegetico che agisce a vari livelli di concomitanza culturale, penetrando trame prettamente artistiche come già in opere più “esoteriche” quali A Perfect Day (1999) - dove il gallerista Massimo De Carlo venne letteralmente attaccato con lo scotch ad una parete - e La b a l l a t a d i Tr o t s k i ( 1 9 9 7 ) , o v v e r o u n c a vallo imbalsamato appeso al soffitto con u n ’ i m b r a g a t u r a . L’ i m p o r t a n z a d e l c o n t e s t o - una stanza barocca, la piazza di Milano - più che un retaggio situazionista sembra obbedire al progetto pubblicistico del Nostro, attento a tradurre scenograficamente le pulsioni espressive in gioco con fulmineo adattamento ready-made. Una velocità fruitiva che discende da moduli stilistici complessi ma ben riconoscibili, mai privi di agganci potenti con la cultura popolare che ne dissimulino la strutturazione. Nell’Adolf Hitler inginocchiato di Him (2001) e nel sacco riempito con macerie del Padiglione d’Arte Contemporanea (distrutto in un attentato terroristico) di Lullaby London (1994), lavorano simbolicamente e materialmente frammenti di memoria, archetipi o a rischio di amnesia, in ogni caso fondanti il tessuto della memoria collettiva come somma di esperienze culturali, sociali, individuali. E qui torniamo ad Amen. Al lavoro di recupero e ricircolo operato con ossessiva e sempre più curata maniacalità da Bianconi e compagni. Alla critica/analisi cui sottopongono il presente partendo sempre da un confronto in atto con un passato a sua volta criticabile. Al senso di deriva - ecco un altro rivolo situazionista - in ciò che accade. All’assurdità che permea le relazioni tra individui e oggetti nello spazio vitale, quasi non fosse altro che uno spazio mentale. Sentitevi liberi di sentirci un disperato assalto alla fortezza del senno s m a r r i t o . Ve l l e i t a r i o , d i s p e r s i v o , e q u i v o co forse. Anche furbo, nella peggiore delle ipotesi: ma generoso e quindi vivo. Se vi par poco. Stefano S olventi SA 47 RECENSIONI The Black Keys A n t o n N e w c o mb e Apr i l e Anti Atlas – Between Two/Between Voices (One Little Indian, 2008) Genere: trip-lounge C’ è sta to un te mpo in c ui il tr ip - h o p p a r e v a l’ e nne sima de lle nuove f r ontie re e - p e r u n paio d’anni, almeno - ne sono v e n u t e f u o r i cose buone e addirittura ottime . S o l o c h e , c ome a c c a de in ogni ge ne r e , dietr o a i M a s sive At t ac k e a i Luke Vibe r t so n o s p u n ta ti gli Alpha o i Groove Ar m ada - e v a a n c o r a bene, tutto sommato - e in un b a t t i b a l e n o s’ è a r r iva ti, c ome nulla f osse , a lle c o mp ila tion da Buddha Bar. Il problem a è c h e , p e r un suono c he si r e gge su de lic a ti e q u ilib r i e ricerca delle atmosfere, le i n v e r e c o n d e c a dute ne lle c olonne sonor e da s a u n a n e w a ge r a ppr e se nta no il ne mic o, c o s ta n te me n te a ll’ e r ta ta nto qua nto gli sc ivolon i n e l la c c a to buonismo pr og da supe r ma r ke t. N o n s e r v e a c onvinc e r e Ne d Bigham e Ch r is Huf f o r d l’evidenza che il genere sia d a l u n g i a l l a f r utta , c he se a nc he i più Gr a n d i s o p r a v v ivono non pr opr io in f or missima ( c o me D e l Naj a, uomo solo al comando) o c a m b i a n o ) dir e z ione ( i ve stiti nuovi de i Port is he a d) , a i r inc a lz i toc c a mor ir e a c a usa de lla s e le z io ne na tur a le . Non è suff ic ie nte a l lo r a v a n ta r e l’ inf lue nz a di M ahle r e l’ a sc o lto d i S t e v e Re ic h se a mmor bi c on un c d d i p u r a ta p pe z z e r ia str ume nta le e un a ltr o - c o r r e la tiv o cantato del primo - in cui rinco r r i f a n t a s m i la c c a ti e c e de voli, buone inte n z io n i e c a ttive abitudini. Non bastava un p r i m o d i s c o già in c a r nie r e , bisogna va r e plic a r e c o n q u e sto doppio e chiamare cantanti d i v e r s i p e r ognuna de lle otto tr a c c e ( c ’ è pe r s in o il J e f f Buc kle y de ’ noartri The Niro) , p e r u n r is u lta to c he sa di pupa z z e tti Be t h Or t o n imp r igiona ti ne l c hill- out e c ingue ttii s imil- Ka t e Bush in pomposità sinte tic he . S i s a lv a s o lo l’ a e r if or me Spring Lullaby c on o s p ite Yuki Chikudat e , ma figurarsi se re d i m e q u e s t a c olonna sonor a da sa ba to ita lia n o , tr a s u s h i e f r a nge tte , c omple tini f ir ma ti e Ca y e n n e in se c onda f ila . Ci r if le tti su, pe r u n a ttimo ti a r r e ndi a ll’ ide a c he non sia ma l e r ila s s a r s i. Poi r ia sc olti il tutto un’ a ltr a v o lta , s c o rr i i titoli e ti vie ne qua si da r imp ia n g e r e i Tange r ine Dre am di Phae dra . L’ a d e s i v o in c ope r tina inf or ma c he Grazia h a d a t o a l disc o il ma ssimo de i voti. Ah, b e h , a llo r a … ( 4.5/10) Giancarlo Turra B52’s - Funplex (Lo, gennaio 2008) G e n e r e : h o u s e i n t h e r ’ n ’ r pa r t y C’ è Ste v e O s b o r n e d ie tr o a l n u o v o ma k e u p d e i r e d iv iv i B5 2 ’s e s i s e n te . I l d is c o mo n ta c a s s e h o u s e e f iltr i d a n c e y, in g r e d ie n ti c h e il p r o d u tto r e in n e s ta n e l v e n tr e p o p ’ n ’ r o ll come nessun altro perché proprio lui era dietro ai bottoni del bel Get Ready dei New Order e proprio per questo lavoro la b a n d h a d e c is o d i a s s o ld a r lo . Fu n p le x in f a tti è formalmente questa scocca luccicante: e s p e d ie n ti h o u s e in ta g lia ti r o c k a b b illy, s a lis c e n d i tr a s tr o f a e r ito r n e llo , e le ttr o n ic h e a l s a p o r d i b ig b e a t ( Fa t Slim e n o n p o c o ) , e s o p r a ttu tto i r iv e r b e r i a r io s i d e lle c h ita r r e ( tr a tta te , ma s e mp r e a ff ila tis s ime ) c h e s o n o in pratica la specialità dell’uomo. Dietro al mutuante arrangiativo c’è però a sua volta della sostanza: l’hook di Pump a g g io r n a , s e n z a p e r d e r c i, il p ia tto f o r te d e l q u a r te tto . È u n a s to r ia d i b a ttu ta e b a ttito d i ma n i s ix tie s , c h ita r r a e le ttr ic a ma c h a e u n d ia lo g o d i c o p p ia p e r la s e r ie H a z le w o o d / Sin a tr a ma d e c is a me n te s f r o n ta to e , o v v ia mente, punk. Ci risiamo dunque, con testi p iù to s ti p e r g iu n ta : tr a in & O u t s e s s u a li (“Sperm and Gelly”, “G Spot”, “ready to p u mp ” e c c . ) , s q u a llid i tr a d ime n ti e s c o r r ib a n d e d a m e r c a t o s e s s u a l e - c h i r u rg i c o . I n s o s t a n z a , i B ’s c i d i c o n o c h e s e q u e s t i sono tempi per certi versi più sfrontati degli O tta n ta , c ’ è d a a ff ila r e la la ma e c a lc ia r e in b o c c a il d iv e r time n to e tu tto c iò o v v ia me n te ma s c h e r a to c o n i b e i te mp i a n d a ti, c o n il f u n Se s s a n ta c a lif o r n ia n o ( H o t Co r n e r ) , b ila n c ia n e c e s s a r ia e p a r a d o s s a le p e r mu o v e n d o s i n e lla ma n ie r a p iù e ff ic a c e tr a in g e n u ità e d is v e la me n to . I l mito d e l r e s to e r a tu tto lì e qui ritorna, se non fosse che i quattro n o n v o g lio n e p p u r e p e r d e r e il tr e n o d e ll’ a ttualità e dei grandi numeri. Non sorprende p e r ta n to a s c o lta r e in Funp le x c a n z o n i c o mme r c ia li e FM c o me J u lie t o f S p ir its o p p u r e Lo v e I n Th e Ye a r 3 0 0 0 d o v e è t u t t a u n a f a c c e n d a d i b u o n a p r o d u z io n e . E n o n s i ta c e n e mme n o , u n a c a n z o n a c c ia f u n k y h o u s e a lla M in o g u e me n o p e r f o r ma n te c o me E y e s Wid e O p e n . Pr o d o tti a s s o lu ta me n te p r e s c in d ib ili a cui il ritornello-metà-Ottanta-bruttino d e lla title tr a c k n o n o p p o n e u n g r a n c h é , s e n o n f o s s e p e r q u e llo s p r o lo q u io d a p r e d ic a to r e e q u e lla , d ic ia mo , ma te r ia n o n a llin e ata. La diagonale c’è: zampate da vecchie b e s tia c c e c o me q u e s te s ’a s c o l t a n o p e r b u o n a me tà d e ll’ a lb u m e t e n g o n o v i v o u n d i v e r time n to n o n a u to mat i z z a t o (n o n d e l t u t t o a lme n o , s e n tite a n c h e i l c o l p o d i c o d a K e e p Th is P a r ty G o in ’ ) . S e a g g i u n g i a m o i l b u o n la v o r o d i O s b o r n e e q u al c h e b e l p e z z o s e n z a s e e s e n z a ma il r is u lta t o n o n d i s p i a c e a ffa t to . ( 6 . 8 /1 0 ) Edo ardo Bri dda Be-hive – Beautiful Freaks (Seahorse Recordings, aprile 2008) Genere: post grunge Pa s s a to d a c o v e r b a n d , i n v i t a d a l 2 0 0 3 , a rri v a n o d a Fiu g g i i Be - H i v e e a l l ’a t t i v o h a n n o già un EP che può godere di discreti elogi e p a r e c c h io p a s s a p a r o l a . B e a u t i fu l F r e a k s r a p p r e s e n ta il lo r o p ri m o a l b u m c o m p i u to e completo e riprende alcuni dei brani i n e v i t a b i l m e n t e l a s c i at i d a p a r t e d u r a n t e le r e g is tr a z io n i d i A w a k e fu l e p . I p a s s a t i da gruppo “fotocopia” hanno influito sulle c a r a tte r is tic h e d e l s u o n o d e l l a fo rm a z i o n e : c o n tin u i r ic h ia mi a g li a n n i ’8 0 e ’9 0 , g ru n g e come campo giochi nel quale sbizzarrirsi, p s ic h e d e lic a , p u n k e d e l e t t ro n i c a a c o l m a r e i v u o ti. Co mp o s iz io n i e s a l t a t e d a t e c n i c a n o te v o le e a ff ia ta me n t o . In e v i t a b i l e s o t t o lineare come siano le chitarre a dominare la s c e n a e in e v ita b ile s o t t o l i n e a re c o m e l e s o mig lia n z e c o n Ev e rc l e a r e B u s h s i s p re c h in o . I l p r o b le ma è c h e , d i q u e i g ru p p i , i Be - H iv e s e mb r a n o lo s p e t t ro . Ve rs i o n e p a l lida, pacata senza mordente ed un minimo di c a ttiv e r ia . L a b a tte r ia p ro v a p i ù v o l t e a ri n g h ia r e , mo r d e n d o e f a ce n d o ri v o l t a re l e c h i ta r r e , ma n u lla p iù . L e v o c i ri m a n g o n o m o d e r a te , q u a s i c a s tig a te , l o n t a n e d a s u s s u l t i ; le c a n o n ic h e “ e s p lo s io n i ” ri m a n g o n o i n v i t a per pochi istanti, spegnendosi nel giro di q u a lc h e b a ttu ta p e r ma n c a n z a d i c o m b u s t i b ile . A lla lu n g a u n p o ’ d i n o i a . (5 . 5 / 1 0 ) M ar c o Can e pari Bill Dixon With Exploding Star Orchestra – Self Titled (Thrill Jockey, 8 febbraio 2008) Genere: freejazz Si è detto giustamente, per descrivere in p r e c e d e n z a la Ex plo di n g S ta r O rc h e s tr a , c h e e s s a r a c c h iu d e il m e g l i o d i C h i c a g o n e l la s u a v e s te ja z z e r o c k , o a l m e n o c o l o ro c h e h a n n o “ g r a v i t a t o a t t o r n o a l l ’ a s t r o To r t o i s e ” , SA 49 RECENSIO highlight Cesare Basile - Storia di Caino (Urtovox / Audioglobe, 4 aprile 2008) G e n e r e : r o c k c a n ta u t o r i a l e R e d u c e invincibile da una sconfitta inappellabile: ecco quel che sembra il C e s a r e B a s i l e a n n o 2 0 0 8 , se st o a l b um da solista e una sc r ittur a c he ha sme sso di c r e de r e a ll’ a c c u mu la z io n e d i s e g n i, ma te r i a l i e v olumi, alla necessità di sfondare grazie all’impeto di un rock gra ff i a n t e , m i n a c c i o s o . C o s ì , m a l g r a d o la squadra di m usicisti più o me no “ e c c e lle nti” ( ide a lme nte c a p e g g ia ti d a l p r o d u c e r J o h n P a r i sh ) , malgrado il corredo di chitarre, violini, percussioni, armonica , p i a n o f o r t e , h a r m o n i u m , d i d j e r i d oo, cori e quant’altro, è un disco che suona scarno, essenziale, tr o v a n d o i n q u e s t o u t i l i z z o p a r si m o nioso degli ingredienti la c hia ve di una str a or dina r ia inte nsità . A l s e r v iz io d i te s ti in f a r c iti d i r i m a ndi biblici, riflessi neri di una contemporaneità malata, incapace d i t e n e r s i a s s i e m e p e r c h é i m p e g n a ta in una perenne rimozione di sé, della corruzione che la invade c o m e u n a m e t a s t a s i v o r a c e . L e d o d i ci - apostolicamente - tr a c c e si muovono quindi in un la c onic o lir is mo p r o s s imo a ll’ u ltimo D e A ndr é , c u i i l r e a d i n g a sc i u t t o di B asile ammicca spe sso, si tr a tti di uno spurgo impe tuoso e sc or tic a to ( la n e v r a s te n ia N ic k C a v e d i Ca n to d e ll’ o s s o ) o d ’ u n a scheletrica trepidazione ( i Cale xic o r a de nti e ina c iditi di Gli agne lli) . M a i c o s ì “ i t a l i a n o ” , i l B a s i l e , f e r m a r e s t a n d o l a r a d i c e a mericana, che lo porta a ste mpe r a r e Fossat i e Howe Ge lb ne lla s p le n d id a s e q u e la d i mo r b id e s e n te n z e d e A l l ’ u n c i n o d i u n so g no, a dissanguare L ane gan in A tutte ho c hie sto me rav iglia, a c io n d o la r e le g n o s o c o me u n Wa it s ma r io n e tta in 1 9 m a rzo . U n solo pezzo in inglese , W hat Else Hav e I To Spur M e I n To Lo v e , o l t r e t u t t o a ff i d a t o a l l a v o c e d i R o b e r t F i s h e r d e i Wi l l a r d G ran t C on sp iracy, a l solito pa stoso/ombr oso c ome un nipotino d o lc ia s tr o d i C a s h. L’ e s s e n z a d e l d i s c o e d e l B a s i l e a n n o 2 0 0 8 si trova da qualche pa r te tr a l’ a sc iutta ve e me nz a de lla title tr a c k , l’ in d o le n z ita p ie ta s d i S u l m o n d o e s u lle lu c i e u n a M a ria degli am m alati che è pr opr io que lla pr e ghie r a c on l’ a nima ne l la p o lv e r e c u i il tito lo f a p e n s a r e . ( 7 . 5 /1 0 ) Stefano Solventi t enu t i i n si e m e dalla personalità di Rob M azu re k , d a l l a sua tromba e dalla sua visione d efla g r a n t e . U n’idea di gruppo, inso mma . P er r e c e n si r e questo capitolo dell’esplosion e c h i c a g o a n a abbiamo però bisogno di un cam b i o d i f u o co, di far riferimento a un e pis od i o b i o g r a f i co di Mazurek che esu la da lla com p a g i n e c h e dava tanta anim a al pr e c e d ent e We A re From S omew here E lse . I l f a tt o è l ’ i n c o n t r o tra R ob e un altro astr o de lla t ro m b a , i l m a e stro (è davvero un ins e gna nte d i m u si c a ) Bi l l D ixon - una voce che disse m o l t o n e l c o r o della N ew T hing – in oc c a s i on e d e l G u e l p h International Jazz Fe stiva l e d i u n s o u n d check che, a quanto pare, ha l as c i a t o M a z u rek senza fiato (un pr oble ma , p er u n t r o m b e ttista).D a lì chiacchie r e ling u i st i c h e e so p rattutto quella raffina tissima fo rm a c o n v e r sa zionale che il jazz (sp e c ie se f r e e ) r i e s c e a volte a essere; il risultato, e c i si a n o d a t e stimoni, sono le tre tracce di Bi l l D i x o n Wi th E xplodin g S tar O rche stra, d o v e i p r o t a g onisti, più che un collettivo di m u s i c i s t i m e s si assieme per esprimere una k o i n è , s o n o l o ro due, cioè Dixon e Mazurek; è b e l l o v e d e r e c om e tutto è apparecch ia to pe r loro – anzi per Bill Dixon, pri n c i p a l m e n t e - , pe r c hé dia loghino libe r a me nte; c o me lo r o c onduc a no, ma , a l c ontr a r io, c o me r ie s c a n o a na sc onde r si e a se mbr a r e un se mp lic e c o n tr ibuto tr a gli a ltr i a gli sf e r r a gli e a lle s f e rz a te f r e e , a i le nti e a i f or ti, a lle f r a s i e a lle fasi.Ne esce una collaborazione a n i m a l e s c a , dove la trombe di Bill e di Ro b f i n i s c o n o or a c ol ba r r ir e viole nte me nte , o r a c o n l’ e s se r e f iltr a te e dime sse , sc oppie tta n ti o o s c u r e ( pr inc ipa lme nte in Entranc e s / Two ) . D o potutto Dixon suonò c on ta nti g r a n d i n o mi, da Coleman a Coltrane, e ciò c h e p i a c e d i que sto disc o è la sospe nsione d e l te mp o ; la Exploding Star Orchestra non è p i ù o n d a lunga – e tortoisiana – dei Nov a n t a “ p o s t ” che scoprirono la New Thing. È u n f l u s s o che, ad oggi, lascia agli elefant i d e l j a z z d i e sse r e e ff e r ve sc e nti. ( 7.3/10) G a spare Caliri Black Crowes – Warpaint (Silver Arrow, 4 marzo 2008) Genere: american roots Sette gli anni per tornare sulle s c e n e , r i c c h i d i a v v e n ime n ti c h e p e n s a v a mo a v r e b b e r o la s c ia to in d o te in s a n a b ili f e r ite . I litig i e le d ia tr ib e tr a i f r a te lli R o bins o n c u lmin a r o n o n e l 2 0 0 2 in u n o s c io g lime n to p o c o a mic h e vole e nelle irrilevanti, rispettive carriere s o lis te ; n e l f r a tte mp o C hr is d iv o r z ia v a d a lla mo g lie e d e r a u n ’ u lte r io r e te g o la a c a d e r e sulla sua testa. Legittimo supporre che, a un certo punto, i legami di sangue debbano a v e r li c o n v in ti a s e p p e llir e l’ a s c ia d i g u e rr a : r is a le a l 2 0 0 5 il r ia v v ic in a me n to , q u e l c o mp r e n d e r e c h e , s e le la n c e tte p iù d i ta n to non potevano tornare indietro, qualcosa d a d ir e a n c o r a c ’ e r a . M a n c a v a n o s o lo d e gli ingranaggi da sostituire, in particolare il c h ita r r is ta M a rc F o r d r i m p i a z z a t o d a l le g g e n d a r io Lut he r D ic kins o n ( a s s id u o f r e q u e n ta to r e d i A le x C hilt o n e Ta v F a lc o ) p e r concretizzare un nuovo disco e voilà, ecco fatto. Co n s id e r a te le p r e me s s e , b e n c h é s tilis tic a mente nulla sia mutato le tracce di quanto accaduto consegnano un ulteriore senso di maturità, una reazione vigorosa come non a c c a d e v a d a a n n i. N o n h a n n o ma i in n e s c a to r iv o lu z io n i, i Bla c k Cr o w e s : d a lo r o n o n c i s i a tte n d e r is c r ittu re d e l l e m a p p e o a l l a rg a m e n t i d i c o n f i n i t r a i p i ù t r a d i z i o n a l i c o i q u a li c o n f r o n ta r s i n e l ro c k . Le c o o rd i nate rimangono fedeli a un’epoca classica considerata tra le più felici, la transizione fine Sessanta-primi Settanta che osservava b e a t e p s ic h e d e lia c e d ere i l p a s s o a g l i S to ne s b is b o c c ia n ti c o n c ad a v e ri b l u e s e n u o v e le v e d e l c a lib r o d i Lit tl e Fe a t. C i s i g u a rda indietro da sempre in casa Robinson, e b e n v e n g a c h i ma n tie n e v i v a l a m e m o ri a c o n s c r ittu r a d i r a n g o e d e s e c u z i o n e b ri l l a n t e . Sp e tta a d a ltr i, o g g i c o m e a i t e m p i d i S h a k e Yo u r M o n e y M a k e r , i l c o m p i t o d i e s p l o r a r e e ibridare. D a b u o n i s u d is ti, i Co r v i i n fo n d o n o d u n q u e tu tta l’ a n ima in u n d ic i b ra n i (e l a n e g ri t u d in e p r o r o mp e s a n g u ig n a d a Wa l k Be l i e v e r Wa lk ) s e n z a ma i p e r d e r e d i v i s t a e q u i l i b ri o , mis u r a , g u s to p e r la c i t a z i o n e c o l t a (G o d ’s Got It uno stomp omaggio del reverendo C ha r lie J a c ks o n) . Pr el e v a n o c o c c i g l o ri o si per lucidarne l’attualità, perché se lo fa Bo bby Gille s pie a t a rg h e a l t e r n e , l o r o c i s o n o d a p p r ima n a ti e i n s e g u i t o c re s c i u ti nel cuore sonoro di cui sopra. Gli spetta d i d ir itto q u e s ta mu s ic a , e l o s a n n o . Q u e s t o s p ie g a la tr a s c in a n te G o o d b y e D a u g h t e r s O f Th e R e v o lu tio n , i c o r i a l a t i s u l p a s s o s o t tr a tto a Lo w e ll Ge o r g e p e r We Wh o S e e T h e D e e p , l’ a c u s tic a s e r e n i t à c h e v i b ra e d i p i n g e q u a d r e tti to c c a n ti c o m e O h J o s e p h i n e e Lo c u s t S tre e t. Pe r ò s u E v e rg re e n a l e g g i a u n n o n s o c h e d i “ d o p a to ” e Wo u n d e d Bi rd i n c o lla e r r e b ì e u n a f ia mm e g g i a n t e s l i d e s u l l e atmosfere vagamente beatlesiane del disco d i Ga r y Lo ur is , g u a r d a c a s o p ro d o t t o p ro prio dal buon Chris Robinson. Su mattoni s o lid i c o me la c u r a d el l ’i n t a rs i o e l e a rg o mentazioni che un po’ ti aspetti e un po’ no, Wa r p a in t in ta v o la d is c o rs i a n t i c h i e c i ò n o n o s ta n te me r ite v o li d ’ a t t e n z i o n e . Tra g e n u i n a me n te “ r e tr o ” e a r tifi c i o s a m e n t e “ n u o v o ” è f in tr o p p o f a c ile s c e g l i e re . (7 . 3 / 1 0 ) Giancarlo Turra The Black Keys - Attack & Release (Nonesuch, 1 aprile 2008) Genere: blues rock Str a n a c o p p ia q u e lla fo rm a t a d a i B l a c k Keys, da sempre artefici di un blues rock sanguigno ed elettrico, e da Brian Burton a lia s D a ng e r M o us e (G n a rl s B a rk l e y, G o SA 51 RECENSIO ri l l a z , T h e G rey A lbu m), insiem e per il se con d o a l b u m d el gruppo su N onesuch ( dopo u n a l u n g a m i l i tanza in F at Possum). La lor o c o l l a b o r a z i o n e era nata in occasione di un d i s c o c h e a v r e b bero dovuto scrivere pe r Ike Tu rn e r , p r o g e tto abortito dopo la sc ompa rs a d e l l a l e g g e nda R’n’B lo scorso di cembre. P ro g e t t o c h e si così è trasform ato in Attac k & R e l e a se . C i s i chiede cosa sia cambia to in t ermi n i d i e c o n omia di gruppo: il pr oduttore n o n h a f a t t o altro che riempire il sound s c a r n i f i c a t o d el duo di Akron, che assume q u i s e m b i a n z e più piene e stratificate. Ci s i i n t e n d a su i termini della questio ne : gli i n g r e d i e n t i so n o tutti al posto giusto, da i b l u e sa c c i t o r vi e grezzi (I G ot Min e ) alle s ou l b a l l a d a c ide zeppeliane (L ies) e lise rg i ch e ( A l l I E ver Wanted), alle inf lessioni b eat g a r a g e d el gruppo (R em em be r W he n S i d e B ) . I n p i ù allora, qua e là la struttura b a s e v i e n e a r r icchita (synth, effetti , tocchi d i d r u m m a c h ine, cori e controcanti) , c ome n el la sp e t t r a l e e suggestiva R em em ber W he n S i d e A e i n P s ychotic G irl, country psych b a l l a d , i n s i e me all’uso di strumenti quali o rga n o , m o o g , banjo e a un’attenzio ne spe c i a l e p e r m e l odie e arrangiamenti. Questo fa g u a d a g n a r e in varietà e coesione a ll’ a lb u m , e se m p i o di contaminazione eq uilibr a t a c h e d à n u o va linfa al gruppo. U n a buona ri p a r t e n z a q u i n di. (7.0/10) Teresa Greco Black Francis – Svn Fngrs (Cooking Vinyl, 3 marzo 2008) Genere: indie-rock Che C h a r l e s Thompson IV non sapes se sta r e con l e m a n i i n mano era cosa più che r isputa d a t a l a s u a v a sta carriera discografica post P i x i e s , m a , a l l a luce di questo suo ultimo ep, l a s u a p r o l i f i c ità, più che estrema passione, p o t r e m m o d e f inirla quasi come vera e pr op ri a d i p e n d e n za. Sono passati soltan to c inq u e m e si d a B luefinger che il N ostr o, se mp r e s o t t o l o p seudonimo Black Francis, si r i p r e s e n t a c o n un mini album che tanto mini n o n è . S e t t e c a nzoni per un totale d i ve nti m i n u t i a b b o n d anti di sano e tirato ro c k e le tt ro a c u st i c o sc h izzato di punk e blue s. Pr op ri o c o m e i l t i tolo dell’ep, Svn Fngrs , a nc he l a p r i m a t r a c cia, The Seus, sembra essere s en z a v o c a l i t anto è ruvido e graff ia nte il ri ff d e l l a st r o f a su cui l’ex leader dei Pixie s si c ime nta in una sor ta di r a p sb ile n c o , f in o a ll’ a pe r tur a me lodic a de l r itor n e llo c h e c i libe r a da lla c la ustr of obia iniz ia le . I n f a tti, le tr a c c e r e sta nti, nonosta nte la lo r o e te r o g e ne ità , si muovono tutte su que ll e z ig z a g a n ti e inc isive me lodie c he ha nno r a p p r e s e n ta to e r a ppr e se nta no a tutt’ oggi il v e r o e p r o pr io ma r c hio di f a bbr ic a de l Nos tr o . È c o me se in sole sette canzoni fosse r i p e r c o r s a l a sua intera carriera discografica : d a i P i x i e s ( Ga r ba ge He a p) a Bla c k Fr a nc is ( W h e n T h e y Come To Murder Me) passando p e r F r a n k Bla c k ( Ha lf Ma n) . Char le s Tho m ps o n I V : un mostr o sa c r o a se tte dita . ( 6. 5 /1 0 ) Andrea Provinciali Bobby & Blumm – Everybody Loves (Morr Music, 4 aprile 2008) Genere: pop Gentile morbidezza artica. Tre p a r o l e c h e sinte tiz z a no pe r f e tta me nte la p r o p o s ta mu sicale contenuta nell’esordio d i B o b b y & Blumm, ovve r o la sve de se Bobb y Ba b y ( E llinor Blixt) e il già noto te de sc o F. S. Blu mm (Frank Schültge). Una voce fem m i n i l e c h e piroetta delicatamente su tred i c i c a n z o n i minima li e sc he le tr ic he , oltr e mo d o . I n f a tti, è solta nto il suono pulito, a lgid o e d e s s e n ziale di una chitarra a costituir e l a b a s e d i tutte le tr a c c e . Me noma le c he te mp e s tiv a me nte f a nno la lor o c ompa r sa a n c h e u n p ia no, una celesta e glitcherie varie , a l t r i m e n t i il r isulta to f ina le r isc hie r e bbe ad d ir ittu r a d i toccare temperature sottozero. I l p a r a g o n e più vic ino è que llo c on Susa nna ( c o n o s e n z a The Ma gic a l Or c he str a ) : ste ss o min ima lismo sonor o, ste ssa e te r e a a tmos f e r a , s te s s e la titudini gla c ia li. Ma è l’ a ppr o c c io v o c a le a planare a quote molto più ba s s e r i s p e t t o a que lle side r a li r a ggiunte da lla n o r v e g e s e . Rispetto agli album di quest’ult i m a , i n f a t t i , Eve r ybody Love s r ie sc e a d a nno v e r a r e c a n zoni dalle melodie molto più a c c e s s i b i l i e di più f a c ile a sc olto. E c iò no n è d a c o n side r a r si e sc lusiva me nte c ome u n d e me r ito , a nz i. Not At Home , B To B e I n Fu tu r e Pr e se nt, ma non solo, sono f r a gili c a n z o n i p o p di tutto r ispe tto c he si f a nno ben a s c o lta r e : sogna nti, quie te e le gge r e a l pun to g iu s to . Bobby & Blumm: una va lida ve rs io n e ta s c a bile di Susa nna . Sic ur a me nte un b u o n r ime dio c ontr o l’ a f a e stiva c he ve r r à . ( 6 . 3 /1 0 ) Andrea Provinciali Bochum Welt - R.O.B. (Rephlex, 4 marzo 2008) G e n e r e : IDM Album doppio e senz’altro celebrativo per il v e te r a n o Re p h le x G ia n lu ig i D i Co s ta n z o : d a u n a p a r te u n a c o lle z io n e d i r a r ità a inserirsi nel solco del revival “intelligent” p r imi N o v a n ta , d a ll’ a ltr a u n d is c o d ’ in e d iti c h e p o i ta li n o n s o n o d a to c h e le s u g g e s tio n i e g li a mb ie n ti s o n o – me r a v ig lio s a me n te - i me d e s imi. N e s s u n a f u g a in a v a n ti d u n q u e , n e a n c h e c o mp lic a z io n i f r a tta li, G ia n lu ig i a ttin g e a llo s c i- f i v e r s a n te e mo z io n a le d e ll’ e tic h e tta d i R. J a me s , p r e c is a me n te la p la c e n ta e le ttr o n ic a c h e s ’ in te r s e c a c o n il g u s to d e l v e c c h io c o mp a g n o To m M id d le to n ( e q u a lc o s a a e r e a a lla Se e f e e l) ma n o n s o lo . R. O . B m i s s a t r a c c e O t t a n t a e d r u m ’ n ’ b a s s dal taglio morbido, il lato più smaltato dell’aicd trova la braindance più essenziale. Co mp lic e u n r itr o v a to in s e g n a me n to K r a f twerk e un amore “adulto” per i videogiochi ( c h e e v ita a c c u r a ta me n te o g n i g io c o s p e e d y di cui non c’è proprio alcun bisogno ora), il doppio tomo parla di un’astronave in rotta v e r s o c a s a , il mo tiv o è u n G r a a l p a r tic o la rme n te s e n tito d i q u e s ti te mp i, u n a c la s s ic ità I D M v o lu ta , r ic e r c a ta e a lla f in e tr o v a ta . Co n s in te s i e u miltà ( e d e v ita n d o c o s ì a lc u n e tr a p p o le d e l c ir c u ito M u - Z iq Re p h le x quali il culto della personalità e gli eccessi d i e g o ) , D i Co s ta n z o r ip a g a e s i p o r ta mo lto v ic in o a q u e llo c h e è s e n z ’ a ltr o il c u o r e d e lla f a c c e n d a . ( 7 . 0 /1 0 ) Edoardo Bridda Breeders – Mountain Battles (4AD, 11 aprile 2008) G e n e r e : s o 90’ s i n d i e Ci sono cose che paiono non cambiare mai e s ic u r e z z e c u i, p r e s to o ta r d i, to c c a r in u n ciare. Giusto così, perché altrimenti non ci s a r e b b e r o ma i e v o lu z io n i e r iv o lg ime n ti, n é ta n to me n o r ito r n i a c a s a . D a u n lu s tr o a b b o n d a n te le s o r e lle Kim e Ke lle y D e a l n o n d a v a n o in f a tti p iù n o tiz ie , r in ta n a te n e lla tr a n q u illità d e lla p r o v in c ia a me r ic a n a a c o n c e d e r s i tu ff i n e ll’ imme n s ità d e l lo r o p a s s a to e s o p r a ttu tto Kim , i m p e g n a t a t r a i l 2 0 0 4 e il 2 0 0 5 c o n la r e u n io n d e i P ix ie s . Tr a p p o la s u a d e n te , il g u a r d a r s i in d ie tr o : c r e d i d i p o s s e d e r e a n c o r a il v ig o r e d e i v e n t’ a n n i o la v is io n e d e i tr e n ta , ma in r e a ltà le c o s e ta lv o lta s ta n n o d iv e r s a me n te . Ti o s tin i a c o mu n ic a - r e c o l mo n d o là f u o r i u s a n d o l ’u n i c a l i n g u a c h e c o n o s c i, q u e lla s te s s a c h e fra t t a n t o h a p e r s o e lo q u e n z a e r a c c o l t o p o l v e re , s e b b e ne sia lungi dal presentarti nei panni della p e tu la n te r e d u c e . Su ll’ o n d a d e i c o n c e rt i c o i r e d iv iv i Fo lle tti, Kim s i è d u n q u e m e s s a a ll’ o p e r a c o n l’ u ltima fo rm a z i o n e n o t a d e l le /d e i Br e e d e r s ( Ke lle y , o v v i a m e n t e , p i ù i c o mp r ima r i J o s e M e del e s e M a n d o L o p e z ) . N o n è l’ u n ic o e le me n to i n c o m u n e c o n Ti t l e Tk : d i q u e s t’ u ltimo è m a n t e n u t a l a d e t e rm i nazione ad allontanarsi da comodi modelli a ff id a n d o s i a tr a me p iù ri fl e s s i v e . La m o s s a s i r iv e la mo d e r a ta me n t e v i n c e n t e , i l g u i z z o c h e c o n s e n te u n a s g h em b a s u ffi c i e n z a , g a r a n tita u n p o ’ a f a tic a d a i s i b i l i e i s u s s u rri d e lla title - tr a c k , d a u n a Is t a n b u l c h e p a r e tr a tta d a i d is c h i s o lis ti d i M a u re e n Tu c k e r , d a l c h ia r o s c u r o s u c u i p o g g i a n o N i g h t O f Joy e Spark. S’è detto moderatamente, però, p o ic h é s g r a d ite n o v ità fa n n o i l l o ro i n g re s s o s o tto f o r ma d i u n ’ e se c u z i o n e fi a c c a (o d i una convinzione assente, come se ci fosse u n c a r te llin o d a timb r are … ) e p e n n a s c a rs a mente incisiva qualora ligia a più consone f o r me . Co n le p ia c e v o l i e c c e z i o n i d e l l ’i n i z ia le r u tila r e O v e rg la z e d e d e l l a s q u a d ra t a Wa lk I t O ff, le r e s ta n ti c o m p o s i z i o n i o s c i l la n o tr a c a r in e r ia c h e s a d ’a c q u a fre s c a e , p e r la p r ima v o lta , p u r a e s e m p l i c e b ru t t e z z a ( B a n g O n n o n v a d a n es s u n a p a rt e ; Re g a l a m e E s ta No c h e la s tr ic a d i b u o n e i n t e n z i o n i la v ia d e ll’ in f e r n o ) . A q u e s t o g i ro l e a s s o l v ia mo , ma c i p ia c e r e b b e c h e l e (n o n p i ù ) ra gazzotte Deal si rendessero conto di come, p ia n p ia n o , s tia n o p e r d e n d o i l t re n o . A q u e l p u n to , f o r s e , n o n s a r e b b e m e g l i o s o p p ri m e r e la lin e a ? ( 6 . 4 /1 0 ) Giancarlo Turra Brian Jonestown Massacre – My Bloody Underground (A / Goodfellas, 31 marzo 2008) Genere: shoegaze, raga rock Ci stavamo quasi preoccupando per la salute (e soprattutto per la chioma) del buon Anton: discograficamente stitico da almeno otto anni, ci aveva lasciato con un album datato 2003 bello come il sole. Si chiamava o rg o g l i o s o Q u e s t a è l a n o s t r a m u s i c a , e d e r a completo come solo i progetti maturi e definitivi possono essere, un classico scherzo d e l d e s t i n o , s o p r a t t u t t o p e r l ’ A n t o n r ’ n ’ r. SA 53 RECENSIO La stellina appuntata al petto, meglio, la medaglia al merito conseguita dopo anni di droghe e botte da orbi in quella che – grazie a Dig, il famigerato documentario - assumeva la classica parabola pop americana dove a una caduta corrisponde il sempre n e c e s s a r i o r i s c a t t o . Ti t o l i d i c o d a ( l ’ e p p ì We A re T h e R a d i o d e l 2 0 0 5 ) e f i n e . Ma conclusi i Promessi Sposi che si fa? N e w c o m b e r i m e t t e i l v i n i l e s u l p i a t t o e t o rna daccapo. All’inizio della storia. Niente vecchiaia country rock per lui ma tanta droga e un altro – irrinunciabile - giro in giostra. E allora vai, ti seguiamo, tra citazionismo e fede, fede che per l’uomo è pagana adorazione, anzi, un uragano che lo rifionda (e ci rifionda) nella confusione di un primo grande amore. È testardo Anton. E fa qualcosa di speciale con My Bloody Underground, uno zibaldone di shoegaze eroinomane e loop à l a Va l e n t i n e , f e e d b a c k r o c k e r a g a , p e r s i no un solo al pianoforte tragicomico intit o l a t o We A re T h e N i g g e r s O f T h e Wo r l d . E c ’ è t a n t a , t a n t a g e n e r o s i t à . To h p u r e l e menti dei Ride Andy Bell e Mark Gardener ad accompagnarlo per quello che non v u o l e e s s e r e a l t r o c h e u n m a n i f e s t o o rg o g l i o s o . L’ e n n e s i m o d i t o m e d i o r i v o l t o a l famigerato sistema a cui l’uomo oppugna una casa discografica (figuriamoci… la A come Anarchia, Records) e un rinnovato sogno, forse neppure troppo feticista, ma senz’altro puro come sporche sono le note di quest’album. Non fermatevi alle lungaggini alla produzione vacillante (quando e se si può chiamare tale), quel che conta è lo spirito. E non la tracklist. Roba sconvolta come GoldenF ro s t ( v o c a l i s m i M o r r i s o n / Wa r s a w e a r r a n g i a m e n t i M y B l o o d y Va l e n t i n e ) , i n c u r s i o n i nel pallone psych neozelandese via Kranky (Auto-Matic-Faggot For The People) e o m a g g i a l M r. J o n e s i n d i a n o c h e n o n p o s s o n o m a n c a r e ( W h o ’s F u c k i n g P i s s e d I n M y We l l ) . I l t u t t o d i s o r d i n a t a m e n t e m a s s a c re e c i s i a m o c a p i t i , s e i M y B l o o d y Va l e n t i n e sono ai blocchi di partenza di un’imminente tournée, Anton è già pronto a sfidarli, f ro m t h e u n d e rg ro u n d o v v i a m e n t e . C’è della bellezza in tutto ciò. (7.0/10) Edoardo Bridda highlight Foot Village – Friendship Nation (Tome, 10 marzo 2008) Genere: new tribal madnes s Excepter – Debt Dept. (Paw Tracks, 25 marzo 2008) Genere: industrial-tribal madnes s Ne parlavamo qualche tem p o f a a l m o m e n t o d i i s p e z i o n a r e i l s o t t o b o s c o d e l l a N e w Tr i b a l A m e r i c a . Or a e c c oli qui, in tutto il l o r o s p le n d o r e in a c id ito : E x c e p te r e Fo o t Villa g e , o v v e r o c o s ta e s t e c o s ta ove st. Ovve r o c ome de c lin a r e la n u o v a a me r ic a tr ib a le in f o r me o p p o s te , ma u g u a lme n te d e v a s ta n ti. Più “ sola r i” i c a lif or nia ni Fo o t Villa g e , in te n ti a c o n iu g a r e , e s a s p e r a n d o la , la f r e e f o r m d e lla s ta gione psic he de lic a de i ’ 60 a b a s e d i e n e rg ia , n o n s e n s e e lu s tr in i. Più maleficamente ossiani c i g l i E x c e p t e r, q u a s i c h e l a c o l t r e d i g r i g i o c e m e n t o n e w y o r c h e s e f o s s e un pr olunga me nto de ll’ I ng h ilte r r a ta tc h e r ia n a . Co me s e Willia ms b u rg f o s s e la n u o v a Sh e ff ie ld o u n a p r o te s i a n co r p i ù m a l e o dor a nte e ma la ta de lla Lon d r a d e i T h r o b b in g G r is tle . No e le c tric ity hardc ore . N o ja m m in g . No d r u m c irc le s . Q u e s t o i l c r e d o d e i q u a t t r o i n v a s a t i c a p i t a n a t i d a B r i a n M i l l e r ( c a p o de lla De a thbomb Ar c ) a lle p r e s e c o n q u e llo c h e è r e a lis tic a me n te l’ e s o r d io lu n g o d o p o la r a c c o lta Fuc k T he F u t u r e D e a t h bomb Ar c . Wor ld music pe r p e r if e r ie u r b a n e d e l te r z o mille n n io . Co n tin u o p e r c u o te r e a me lo d ic o , u r la e g r id a n o n s e n s e , fi l a str oc c he e sla nc i a c a ppe lla d a d e m e n tia p re c o x . I q u a ttr o s u p e r a n o , s u l te r r ito r io c o mu n e , g li in c e n s a ti A a : s e q u e l l i e ra n o ro b a da mercato globale groove y, q u e s t i s o n o r o b a d a c h i a m a t a a l l e a r m i . Z e r o m e l o d i e , z e r o m o d u l a z i o n i d i s y n t h . Q u i c ’ è s o l o l a primordiale forza del tamb u r o e d e l l a p e r c u s s i o n e m e s s a a l s e r v i z i o d i u n s u b s t r a t o t e o r i c o o r i g i n a l i s s i m o ( l a c o s t i t u z i o n e d i una nuova na z ione , ve di Fuc k T he Futur e ) . I quattro remix che chiudo n o i l d i s c o ( A a , S i l v e r D a g g e r s , Tu s s l e e R o b e d o o r, r i s p e t t i v a m e n t e ) n o n s o n o s e m p l i c e c o r o l l a r i o , ma dimostr a no la c onside r a z io n e d i c u i g o d o n o a ll’ in te r n o d e lla s c e n a we ird &we ird e r a me r ic a n a . Il sestetto newyorchese m e t t e i n v e c e i n s c e n a l a d e g e n e r a z i o n e d e l s u o n o t r i b a l e e d o s s e s s i v o c o n u n t a g l i o m a r c a t a m e n t e industr ia l. Sa mple s, synth a c a s c a ta , v o c i c o me la me n ti p s ic o tic i o n e n ie d r o g a tis s ime , D e b t D e p t. è a r c h ite ttat o s u i n s i s t i t e str a tif ic a z ioni di suoni e a tmo s f e r e te tr e , a l limite d e l p lu mb e o . Tr a l’ u s o e x tr a - v a g a n te d i o g n i t i p o d i e l e t t r o n ic a m i n i m a l e e l’ inc onsue ta f or ma - c a nz on e ( a n ti) p o p s u c u i le v o c i d e i 4 /6 d e l g r u p p o s i f o n d o n o e c o n f o n d o ma le f ic h e c o me q u e l l e d e i m a estri inglesi sapevano fare , c h e è c i f r a s t i l i s t i c a p o r t a n t e d e l l ’ a l b u m è p e r ò l ’ u s o d e l l e r i t m i c h e m a r z i a l i e d i s t o r t e , s t r a v o l t e e str a nite a se gna r ne lo sc a r to e la p e c u lia r ità . L’ imp r e s c in d ib ilità , v e r r e b b e d a d ir e , d i u n a lb u m c h e è lo z e n i t h c re a t i v o d i qua nto pr oposto f inor a . Anc he qui a r e gge r e l’ imp a lc a tu r a s a r c a s tic a me n te s o c io - f ilo s o f ic a d e l c o n c e p t- a lb u m d i p r o te s ta a n tic o mme r c i a l e , è u n a ri c e r c a de lir a nte su nuove s o c ie tà p ir a mid a li e c o s p ir a z io n i a n ti- c o n s u mis tic h e . Un ve r o e pr opr io sonic ri tu a l e a rd r u m s a c r ific e . ( 7 . 5 /1 0 ) S t e f a n o P i ff e r i Carnifull Trio – Welldonia! (Riotmaker / Warner Music Italia, 28 marzo 2008) Genere: electrofunk indierock I disc or si sul f unk ita lo da qua lc h e a n n o a que sta pa r te pa ssa no se mpr e pe r la Rio tma ke r. Se c i me ttia mo poi l’ e le c tro ( r é tr o ) d e r iva ta da lla Sc uola Fur ano o la ma lin c o n ia wa ve - hop de l tr e nte nne me dio d e g li A m a r i, in bilic o tr a sindr omi di Pe te r Pan e c o n tr a tti a te r mine , il bingo è ma te ma tic o . L’ e s te tic a indie del Bel Paese è quindi pia c e v o l m e n t e c ostr e tta a misur a r si c on il pop, in tr e c c ia n do a d ogni usc ita de lla pic c ola g r a n d e e tic he tta di Udine de lle ma glie str e ttis s ime c o n i l r i t m o e l ’ e l e t t r o n i c a . L’ e c o d e l l a p i c c o l a “revolution“ friulana si fa sentire sempre più pesantemente sul panorama mainstream: ogni nuovo numero di catalogo ci assicura q u a lità e f r e s c h e z z a , d iv e r time n to e – p e rc h é n o ? - c la s s e . I l r ito r n o d e l tr io d i L u c a Ca r n if u ll p r o s e g u e la d ir e z io n e p r e s a u n p a io d ’ a n n i f a d a l c o mb o s u i b in a r i d e l f u n k r o c k . Se M o d a ma r e a p r iv a a s o lu z io n i e d ir e z io n i e te r o genee, lasciando però qualche ingenuità e imp e r f e z io n e d o v u te p r o b a b ilme n te a ll’ a n s ia d a d e b u tto , o g g i i n o s tr i c a v a lie r i s f o g g ia n o l’ a r te d e lla c o s tr u z io n e d e l r itmo in maniera compatta, con una produzione che in a lc u n i p u n ti r a g g iu n g e l e v e t t e p -fu n k d i newyorkese memoria. Andiamo con ordine. Il disco varia fra tre coordinate di base: la sensibilità melodico rock (inevitabilmente u n a c a n z o n e d ’ a mo r e p e r i l s i n g o l o c h e s a rà M a m a U b a ) , il r ic h ia m o d e l l a fo re s t a p u n k (Ho t C hip e Le Tig re n e l l a v e l o c e N o i v o i a lc o o l) e i l F u n k c o n l a e ff e m a i u s c o l a ( i n Ka is e r fu n k e n e lla s tu p e n d a ‘O p u z z o n e ) . M a il b e llo a r r iv a n e l m e z z o : l a d i s c o . Eb b e n e s ì: Ti fa c c io c a u s a (e d e f f e t t o ) è l ’i n n o d e r iv a to d a lle r itmic h e c h i c a n n i ‘8 0 d e l l e r a g a z z e c in c in me s c o la t e a u n t e s t o c h e v a SA 55 RECENSIO o l t re i l p o p d i D ariella & C .; Steam y Wonde r a n c o r a i n z o n a dancefloor vira dal la parte d ei p a d r i D a f t P un k (assonanza non c a sua l e c o n l e a c c elerate di Steam Machine ). Si co n c l u d e p o i con un’enigmatica e pe r que s t o si n g o l a r e avventura nella progre ssività di 1 0 0 e st a t i . L’u n i c a p e c c a in questo dischetto stiloso e co n sa p e v o l m e nte uber-kitsch, è che il dive rt i m e n t o d u r a t roppo poco. Meno di me z z ’ or a d i d i s t i l l a t o r i tmico non basta. La bottiglia fi n i sc e t r o p p o presto. D irete voi che molte v o l t e b a s t a l a qualità; ma se le premesse ci s o n o , p e r c h é non tentare di fare il botto? N o i l o a s p e t t i amo, intanto ci mangiamo la p aff u t a b a t t e r i a “chocolate glazed“ de lla c op e r t i n a . L a p r ossima volta rischiate di più. P ro b a b i l m e n t e sarà un successo.(7.0/10) M a r c o B r a gg i o n Casa (e autori vari) – Remake (Dischi Obliqui, 2008) G e n e r e : e l e t t r o n ic a t r a d u t t i v a Av e v a m o l a sc iato i C asa con il loro sple nd i d o e so r d i o e aspettavamo con sper a nz osa curi o si t à i l se condo disco. Ma, punto pr imo, i l s e c o n d o d i sco dei Casa non è un disco s u o n a t o d a i Casa, tranne una traccia live m o n o , l a p r i ma (Tutti Impazziscono Per I Tu o i O c c h i D i C am m ello Ma Lui No) , pe r a l t r o g i à c o n tenuta, nella versione studio, i n Vi t a P o l i t i c a D ei C asa. R om picap o r isolv i b i l i ssi m o , se scopriamo quel che si na s co n d e d i e t r o R emake, cioè un progetto in c u i g l i “ a b i t a t ivi” hanno commissionato dei rema k e - n é c o ver, né remix, con un a pr e ss o c h é t o t a l e l ibertà di approccio, tranne la d u ra t a o b b l i g a ta, 5 m inuti – ad alcuni gr upp i “ a v a n t ” i t a liani, da cui poi hanno se le zi on a t o u n a d ecina di risultati. P u n t o d u e , m a i avrei pensato di rispo lve r a r e q u ell a st o r i a d ella traduzione, della sua dif fere n z a c o n l ’ a dattamento, e invece è d’ uop o . M e t t i a m o ci nei panni dei gruppi a c ui è s t at o r i v o l t o i l “call for papers”; ognuno di l o ro a v r à d o v uto selezionare un crite r io di p erti n e n z a e u n livello di traduzione , c ioè u n p u n t o , i n su perficie o in profondità dove t ro v a r e u n t e r r eno com une con ciò c he si va a d a d a t t a r e , c i oè la traccia live di partenza. Ci sa r à st a t o c hi si è attaccato alla fra se c he d à i l t i t o l o a l brano, facendo risultare la tr a d u zio n e p i ù “ f edele” – è il caso di GG Haka Func is, o a nc or a di più di Dre ss e d/U ndre s se d, dove si ma ntie ne la str uttu r a c o n il te sto in f ondo, dopo un r umor ismo s tr is c ia n te come un lombrico mosso da sy n t h d i g i t a l i . Oppur e c hi, più in pr of ondità , a v r à g io c a to sul minima lismo c ui si dà c o r d a in Tut ti… ne lla ve r sione or igina le e a v r à a g ito s u una ma nc ia ta a ppe na di note – s e n tite A c idhe ad, ma a nc he la te c hno d’ n ’ b d i L u c a Dal Lago. Oppur e a nc or a c hi av r à la s c ia to impe r sc r uta bile il pr opr io r a gio n a me n to a ttor no a l r e ma ke ( Radiom ilingo , p e r e s e mpio). I Casa comunque sia stan n o g i o c a n d o sull’ a utor ia lità , sulla diff e r e nz a tr a c u r a te la e c ompila z ione , e ha nno sc e lto l e tr a c c e p e r r e stituir c i c ome la pe nsa no, per c h é in f o n do, come dice Francesco Spine l l i , “ s o n o l e nostr e c a nz oni, a pa r la r c i di noi” – e v e r r e b be da c hie de rgli, “ e que lle a ltr u i? ” . Certo, bisogna verificare il risu l t a t o , o l t r e il pia no c onc e ttua le c he da solo v a r r e b b e il disco. Per esempio è possibile a n d a r e a l l a r ic e r c a di un a ppiglio su c ui r ic o s tr u ir e u n f ilo r osso, una c ontinuità . La s p e r ime n ta z ione ? For se un gusto r ic onosc ib ile ? Pr o ba bile , ma poc o. I l f a tto – te r z o p u n to – è c he l’ a sc olta tor e sa in pa r te nz a d e l le g a me c he tutte le c a nz oni ha nno tr a di lo r o , e q u e sto non può c he c r e a r e r e la z ioni n e ll’ a s c o lto, forse fittizie, forzate, ma p r e s e n t i , e i l passaggio da una canzone all’a l t r a v e d e i l nostro orecchio sempre alla ric e r c a d i u n a c ontinuità se mpr e disa tte sa . Ch e s ia q u e sto l’ e le me nto di c oe sione de l d is c o ? Se n za smettere di domandarcelo, a s p e t t i a m o i l prossimo colpo di teatro dei C a s a , n u o v o stupor e . ( 7.0/10) lo r o ma r c a p r e f e r ita d i c h ita r r e s ia X e r o x . Se si presta bene orecchio, però, qualcosa d i in s o lito e me rg e d a lle u s u a li n e b b ie c a tr a mo s e d i q u e s to D o I t - f o s s e r o t u t t i c a p a c i a creare paesaggi del genere, poi. C’è, per esempio, melodia (più di quanta si pensi) e c’è un canto che non è più un la me n to s o d ig r ig n a r d i d e n ti: in M e m o r ie s A d e B l a c k b u r n s e m b r a i l N e i l Yo u n g d e l l a min i- o p e r a B ro k e n A r ro w; H ig h Co in , p u r n e lla s u a r e ite r a z io n e , h a u n a s o r ta d i h o o k ; e F re e n o t F re e s a r e b b e q u a s i i d i l l i a c a , d a c a r to lin a a n n i ‘ 6 0 , s e n o n f o s s e in te r r o tta d a q u e i r iff c ic c iu ti a lla F la m ing Lips p r i m a ma n ie r a . Pe r c h é a lla f in e , i q u a ttr o ma s c h e rati restano le teste psichedeliche di sempre, c o n il lo r o n o to a r ma me n ta r io g a r a g e - p s y c h v is io n a r io , d e v o tis s imo a Sy d e il Ca p ita n o Cuordimanzo. Quindi non vi sembri strano: q u e s to d is c o lo a v e te d a v v e ro g ià s e n tito . Pe r ò , a d e s s o è a n c o r a p iù b e llo di prima. E, forse, la verità è che i Clinic non possono suonare altro che come i Clinic. Insomma, il dubbio posto in a p e r tu r a d i r e c e n sione resta; sta u n p o ’ a n o i d e c id e r e s e q u e s ti L iv e r p o o lia n i c i h a n n o p r e s o d i n u o v o in g ir o , o s e c e l’ h a n n o s o lo f a tto c r e d e r e . A mle tic a me n te , ( 6 . 9 /1 0 ) r a ff i n a t e s o l u z i o n i d ’ a r r a n g i a m e n t o . Co s ì, la v o c e lig ia a d u n fl e m m a t i c o t ra s p o r to e il n o n p ic c o lo a i u t o d e i s o l i F ra n c e s c o G a r o lf i a lla c h i t a rra e S t e fa n o C a rr a r a a l p ia n o f o r te , la D o n à t o rn a s u l l u o g o d e i p r imi d e litti s v e la n d o c i t u t t o l ’i m p e t o lu n a r e d i u n a S te lle b u o n e , i l t re p i d o a ffl a t o f o lk d i L’ a r id ità d e ll’ a r i a (c h e n o n s a re b b e s p ia c iu to - p r e s u mo - a S a n d y D e n n y ) , e u n a title tr a c k d a lla m o rb i d a , ra g g ri c c i a n t e te n s io n e . So r p r e n d e men o p o i i l c a re z z e v o l e mis te r o d e ll’ e s ta tic a G o c c i a c h e l ’a l l a m p a n a ta c r u d e z z a d i M a n g i a l u o m o , f r u t t i c o l t i d a lla c o n tr o v e r s a o p e r a s e c o n d a N i d o , m e n tr e D o v e s e i tu - d a l l ’ o m o n i m o t e r z o o p u s - si conferma stupenda anche nei minimi termini di una delicata apprensione, forse il miglior pezzo licenziato da Cristina. A r a p p r e s e n ta r e la p iù r e c e n t e fa t i c a c i s o n o U n iv e r s o - q u a s i c a me ri s t i c a n e l fru g a l e o rd ito p ia n o e v o c e - e u n a S e t t e m b re i n c o p p ia c o n Giulia no “ N e g r a ma ro ” S a n g i o r g i , c h e c o me è n o to s a c a n t a re i n u n m o d o s o l o ma p e r f o r tu n a a lme n o n o n e c c e d e e i l v a l z e r p r o c e d e a o n d a te b a r c ol l a n t i e v o rt i c o s e c h e è u n p ia c e r e . Stu p is c on o m a n e a n c h e t ro p p o in f in e d u e c o v e r c o m e S i g n Yo u r N a m e d i Te re nc e Tre nt D ’ A r b y e I’m In Yo u d i P e t e r F r a m pt o n, n o n p ro p ri o d u e a rt i s t i d i riferimento per la galassia indie. Del resto s u lla s tr a d a d e l p o p d ’ a u t o re l e u n i c h e p i e tre miliari che contano sono le canzoni, e queste sono semplicemente buone canzoni. I l c h e c i p o r ta v ic in o a l n o c c i o l o d e l l a q u e s tio n e , c r e d o . ( 7 . 0 /1 0 ) Antonio Puglia Stefano Solventi G a spare Caliri Cristina Donà - Piccola Faccia (Capitol / Emi, 28 marzo 2008) Daniel Lanois – Here Is What Is (Suma, 18 marzo 2008) Clinic – Do It (Domino / Self, 11 aprile 2008) G e n e r e : c a n ta u t o r at o f o l k Un po’ a sorpresa, ad appena sei mesi da L a q uinta s ta g io ne to r n a Cr is tin a D o n à c o n u n a lb u m c h e me n tr e f a a n to lo g ia n e a p p r o f itta p e r me d ita r e s u l p r o p r io s o n g w r itin g . Riducendo alla loro essenza dieci episodi d e l r e p e r to r io o r ig in a le d i c u i s a p e v a mo g ià la spiazzante intensità, quel nudo aggirarsi tr a in s id ia e d o lc e z z a , ma d i c u i f o r s e n o n avevamo ancora apprezzato abbastanza la s c r ittu r a , v u o i p e r l’ in te r p r e ta z io n e s o p r a le r ig h e d e g li e s o r d i - c h e s p o s ta v a l’ a c c e n to s u u n a p e r s o n a lità ta n to v o litiv a e s e lv a tic a q u a n to mis te r io s a - , v u o i p e r le s e mp r e p iù G e n e r e : a mb i e n t a m e r i c a n r o c k Un ruolo importante e allo stesso tempo p o c o a p p r e z z a to , q u e llo d e l p ro d u t t o re . Ep pure riesce faticoso immaginare la storia d e lla mu s ic a r o c k s e n za l ’a p p o rt o d e i G e o r g e M a r t in, d e i P hil S p e c to r , d e g l i S te v e A lbini; s i è c e r ti c h e s e n z a c o s t o ro - e d e c i n e d ’ a ltr i - le c o s e s a r e b b e ro a n d a t e d i v e rsamente. Il problema è che a costoro tocca operare nell’ombra, suscitando l’interesse specifico degli studiosi e dei maniaci che si leggono anche le più minuscole note di c o p e r tin a . M a l c h e v a d a, p u o i s e m p re d i re l a tu a e p u b b lic a r e q u a lc h e d i s c o , m a n o n i l l u - Genere: psych, garage, pop Sarà poi vero quel che ormai p e n s a n o i n molti, ovvero che i Clinic, gira c h e t i g i r a , f a nno se mpr e lo ste sso disc o? O è s e mp licemente parte di un’immane b u r l a c h e s i perpetua coscientemente ad o g n i u s c i t a ? Il dubbio è più che legittimo , u n a v o l t a inf ila to ne llo ste r e o il suc c e ss o r e d e l p u r buono&tosto Visitations (2006 ) : d i r e c h e move nz e , c a de nz e , a tmosf e r e s o n o , e h m, familiari è un bell’eufemismo – a d e s s e r e sma liz ia ti, ve r r e bbe a nc he da pen s a r e c h e la SA 57 RECENSIO d erti c h e l ’ a l o ne d’indifferenza venga diss ol t o . C o sì è per il canadese D aniel La nois, c h e h a m e s s o le dorate mani in alcuni dei d i s c h i p i ù b e l l i degli anni O ttanta e Nova nta con N e v i l l e Broth ers, D ylan, G abr ie l, U2; h a i d e t t o n i e nte, ma già prima il ragazzo avev a u n a l i st a lunga assai di collab or a z ion i c o n B r i a n Eno e Martha A nd T he M uf fi n s. U n o c h e possiede un tocco gassoso e r i c o n o s c i b i l i s simo, Daniel, anche quando si m i s u r a c o n u n a tradizione m usicale d’ oltr e o cea n o d e l l a quale attenua il senso d ’ a ppa rt ene n z a a l l a terra, per sottolinearne vic e v e r s a i l l a t o s ognante. Piccoli film acustici, i s u o i , a n c h e i n questo sesto album, lungo il q u ale l a m b i sc e e osserva dall’esterno i te rr i t o r i b a t t u t i assieme ai nomi di cui sopra, fi n o a c o n f o n dere le carte su quanto di suo v i fo sse c o l à ( p arecchio, direm m o… ) . S e si e c c e t t u a n o un pugno d’interme z z i pa rl at i c o n E n o , gli “am bienti” allestiti r a c c on- ta no un’ intimità c la ssic a c he si mo d e r n iz z a sia qua ndo è r uvide z z a blue s ( Be lls O f O a x ac a odor a di Wait s e Coode r ) c h e q u a n d o s’ imme rge ne lla pa stor a lità c ou n tr y ( p r e s soché ovunque nella corposa s c a l e t t a ) . S i f a nta stic a su una Band a i c a nc elli d e l p a r a diso - Gar t h Hudson f igur a tr a g li o s p iti - e si torna all’estrazione classica ( i l g i o i e l l o Lov e c hild tr a nsita da pia nismo r o ma n tic o a un toc c a nte dia logo di slide e vo c e ) , ma n te ne ndo c osta nte l’ a ppr oc c io visiv o a lla s te sur a e a ll’ e se c uz ione de i br a ni. U n ’ A me r ic a della mente, quella di Lanois, e s a m i n a t a e r a c c onta ta in 16:9 se nz a indugia r e in e v a n e scenti anemie, mantenendo altr e s ì i l s e n s o de lla tr a diz ione c he si a da tta a i t e mp i e d u n que non muor e . A dispe tto di qua lc h e p ic c o lo indugio, la pe llic ola di He re I s W h a t I s scorre affascinante e autoriale, e p e r c i ò t i sc opr i a f r e que nta r la sove nte . ( 7 . 0 /1 0 ) Giancarlo Turra Daniele Brusaschetto – Circonvoluzioni (Bosco, aprile 2008) G e n e r e : c a n ta u t o r at o a c i d o To r n a Br u s a s c h e tto e c o n lu i la s u a p o e tic a d e ll’ e s s e n z ia le . Su s s u r r a ta e p p u r ta g lie n te , v e rg a ta s u p a r o le c h e o d o r a n o d i p o e s ia p iù c h e s u i s u o n i, c o me e r a c o n s u e tu d in e in p a s s a to . A ff in e p iù a M e z z a L una P ie na c h e a lle e v o lu z io n i c a ta s tr o f is te d i Bluv io la e P o e s ia To ta le D e i M us c o li, Cir c o nv o luz io ni m o s t r a a p p i e n o l ’ e g o c r u d o d i u n a u t o r e la c u i p e r s o n a lità n o n p u ò r ima n e r e s tr e tta in u n p u g n o c h iu s o . D is c o d i s u o n i s u s s u rr a ti o a p p e n a a c c e n n a ti, d i lie v i a lte r n a n z e e s c a r ti, tr a ( mo lto ) a c u s tic o e ( p o c o ) e le ttr ic o , c o n s p r u z z i d i a n a lo g ic o e s a p ie n te u s o d e l d ig ita le : s c o r ie g litc h , tr ip - h o p d e g e n e r a to , e le ttr o n ic a d i s ( o tto ) f o n d o s i a lte r n a n o alle note acustiche. Ma anche disco di rivoli d i p a r o le c h e s o n o c o n f e s s io n e in d iv e n ir e ; sì, perché as usual sono le lyrics del Brusa highlight Long Blondes – Couples (Rough Trade, 11 aprile 2008) Genere: pop, wave To c c a a mmetterlo: da parte nostra non c’erano chissà quali aspettative p e r l ’ a l b u m n ° 2 d e l l e L o n g Bl o n d e s. P iù che per malafede , pe r sta tistic a : sa lvo e c c e z ioni, il sopho m o re re c o rd c a d e s p e s s o c o m e u na mannaia sul collo delle malcapitate band fino a poco prima ince n s a t e . P i ù c h e a l t r o , q u e l l a f o r m u l a colta e ruffiana assie me di wa ve - pop da c a me r e tta , sor ta di ibrid o P ulp- Smith s - Sio ux s ie ( c o n u n a vocazione da star de l pop a lla Abba , a se ntir lor o) , se mbr a va tan to c o mp iu ta in s é d a a mm e t t e r e soltanto la ripetizione . Se pe r ò c ’ è una c osa di c ui c i e r a va mo ac c o r ti u n a n n o e me z z o f a c o n S o meon e To D rive You Home , è che le ragazze - e i due ragazzi - d i S h e ff i e l d e r a n o d o t a t e , so p r a t t utto, di personalità. E d è pr opr io que sto c he f a de l lor o se c ondo d is c o e s a tta me n te c iò c h e o g n i se c ondo disco dovrebbe esse r e , ovve r o un de c isivo e signif ic a tivo balz o in a v a n ti. Co up le s ( u n q u a s i - c oncept, che gioca ancora una volta con certe angosce suburbane) è u n a l b u m - s t a t e m e n t , c h e s a d i s p e n s a r e s o r p r e s e e p i a c e r i i naspettati. L a presenz a in studio de l dj e r e mixe r Erol Alkan ( il f u tu r o p r o d u c e r p iù r ic e r c a to d ’ A lb io n e ? Si a c c e tta n o s c o m m e sse) deve aver certo giocato un ruolo decisivo in questa semime t a m o r f o s i d i s c o - p o p ; i s y n t h a c c a t t i v a n t i m e s c o l a t i i f a l se t t i a m m iccanti di una Kat e Jac kson se mpr e più ga ttosa e se xy - Ce nt u r y , To o Cle v e r B y H a lf, G u ilt - s o n o i l c o r o n a m e n t o d i u n sogno m etapop à la Paul Morley, una Kylie Minogue che fronteggi a i B a n s h e e s , o u n a G w e n S t e f a n i c h e s i s t r u s c i a s u A l a n Ve ga e Martin R ev. A g g i u n g iamo a questa zam pata di stile – c he da sola te r r e bbe in pie di no n s o lo tu tto il d is c o , ma u n ’ in te r a c a r r ie r a – u n a c r e sc i t a e sp onenziale nella costruz ione de i pe z z i e ne gli a r r a ngia me nti, c on q u e lle lir ic h e d a M o r r is s e y /J a r v is C o c ke r in g o n n e l l a a n c or più ficcanti affidate a soluz ioni sonor e più va r ie ( The Couple s , i n t a l s e n s o , è u n c a p o l a v o r o ; m a a n c h e l ’ a l g i d a e r o b o t i c a N ostalgia). P oi, a conf e r ma di una ma ggior e sic ur e z z a - sf r ontate z z a ? - , me ttia mo c i p u r e c h e R o u n d Th e H a ir p in d à f i n a l m e nte sfogo a quella ven a spe r ime nta le già visiona ta in a lc une ve c c h ie b - s id e , me n tr e a ltr o v e s i r e c u p e r a u n a c e r ta r u v id e z z a p o p w ave, revivalista e postmode r na , ma se mpr e c on gusto, inte lli g e n z a e - e c c o c h e r ito r n a la p a r o la c h ia v e - p e r s o n a l i t à . I nsomma, abbiamo l’impressione che questa sia una delle rare ban d i n g i r o c h e s a d a v v e r o m a n t e n e r e c i ò c h e p r o m e t t e . (7.4/10) Antonio Puglia il v e r o c e n tr o n e v r a lg i c o d e l l a s u a m u s i c a , l’asse intorno a cui ruota tutto il resto. Il c o n s u e to , a rg u to e d ev a s t a n t e c a n t a u t o ra to, metà sarcastico e metà malvagio. Uno s g u a r d o s u l/n e l q u o tid i a n o c o m e u n B a t t i a to in a c id ito e ta g lie n te o u n B u g o d e l i ra n t e ma s e n z a lo s c a z z o , in b a s e a l l ’a n g o l a z i o n e s e c o n d o c u i lo s i a s c o l t a . U n o c h e g u a rd a i l mo n d o me n tr e a n n e g a in u n b i c c h i e r d ’a c q u a (I l R u s c e llo Ne lla Ta z z a ), c o n q u e l l a s t e s s a d is p e r a ta e o s tin a ta d i s t a n z a . E s e n o n c ’è v ita s e n z a r e s p ir o , b e h , i l B ru s a c ’h a ri d o n a to , p e r l’ e n n e s ima v o l t a , u n a g ra n b o c c a t a d ’ a r ia a ma r a . ( 7 . 0 /1 0 ) S t e f a n o P i ff e r i The Dirtbombs – We Have You Surrounded (In The Red / Goodfellas, 26 febbraio 2008) Genere: bl ack street-punk Parla di rado Mick Collins. O meglio, fa in modo che il peso delle sue argomentazioni si imponga quando ha qualcosa da comunicare. Tradotto in termini più prosaici, pubblica un disco ogni due/tre anni e che iddio - o chi ne fa le veci - lo benedica. Quattro le primavere che, nello specifico, separano dal predecessore Dangerous Magical Noise (essendo il doppio If You Don’t Already Have A Look del 2005 generosissima raccolta di brani sparsi su singoli e compilation) questo album, inizialmente pensato come un e.p. e viceversa sviluppatosi strada facendo. Non usurare la propria creatività significa averne profondo rispetto e provarlo al proprio pubblico: l’ex Gories conosce e traduce in pratica il teorema nel solito modo, vale a dire allestendo un omaggio alle musiche che più ama tramite composizioni deraglianti, che sulle prime dici monolitiche e invece rivelano cura del dettaglio ed eclettiche capacità autoriali. Non mancano i richiami agli illustri concittadini Stooges (anneriti in torbido hard blues per It’s Not Fun Until They See You Cry, dialoganti con Bolan e Diddley in Leopardman At C & A, ingoiati dal paranoico gorgo della title-track), eppure rappresentano l’eccezione, incastonati come sono tra glam malinconico sottratto agli Sparks (Sherlock Holmes) e LCD Soundsystem regrediti nel garage (Wreck My Flow), wavefunk in buccia pop da far impallidire mezza Albione (Indivisible) e ipotesi di Brian Eno SA 59 RECENSIO ancora dotato di glitter e piume (La Fin Du Monde lambisce favolosamente i territori del collettivo Elephant 6). Basta e avanza a perdonare i quattro minuti di incomprensibile onanismo noise Race To The Bottom, meglio se sommato a una Fire In The Western World - cover del mitico Fred Cole (Lollipop Stoppe, Dead Moon) - che a passo di parata fa tutt’uno di California ‘80 e Londra ’77 o a quella Ever Lovin Man che Jon Spencer non riesce più a scrivere da un decennio.Se dopo un tale sfoggio di policromo, robusto talento credete ancora a chi sproloquia di revival, non avete la più pallida idea di come vadano le cose nel 2008. Quanto avremmo desiderato ascoltare dalla reunion di Iggy e compari, lo abbiamo oggi nel quarto asso calato dai Dirtbombs. (7.4/10) Giancarlo Turra The Envelopes – Here Comes The Wind (Brille Records / Self, 22 febbraio 2008) G e n e r e : a lt e r n at i v e p o p Non son capace d’arroccarmi fino allo sfinimento sulle mie posizioni, non sono in grado di non farmi influenzare da ripetuti commenti opposti al mio. Capita che tutto questo (a volte) si riveli una fortuna. Disco, da me sottovalutato, ma incensato da più parti, Here Comes The Wind, degli Envelopes è effettivamente lavoro che convince piano piano. Al debutto nelle orecchie sembra già sentito, l’ennesimo pop suonato da giocolieri mancati (vedi Architecture In Helsinki, Of Montreal fino a risalire ai Gorky’s Zygotic Mynci), capaci “solo” di prendersela con le note. Trasformandole, colorandole. E invece… oltre alle melodie c’è di più. Svedesi, francesi, gli Envelopes tornano dopo tre anni di silenzio con questo album e passano nuovamente l’esame. Non lasciatevi ingannare dalla copertina: il disco è tutt’altro che lugubre e scuro. Sonorità vivaci, timbri differenziati, sempre originali, muovono un lavoro senza precise definizioni. Il rischio dell’indecifrabilità e susseguente incompletezza viene corso per tutti i 33 minuti di durata dell’album, a volte la cadute sono fragorose (Put On Hold su tutte), ma è lo stile da nuovi Pastels che convince. Ed è normale se ci si incaponisca cercando tutte le influenze sulle quali il quintetto si fonda (Talking Heads, Pixies, B-52’s per citare i nomi celebri), ma non è di certo cosa strana se ci si ritrova a dover leggere e rileggere che le loro canzoni son come “baciate dal sole”. (6.3/10) Mar co Canepari Feet Of Mud – Self Titled (Improvvisatore Involontario / Wide, marzo 2008) Genere: psych-jazz Che il nome di questo trio sia legato alla pellicola americana del 1924 dallo stesso titolo, non è dato saperlo. Ma poco importa, anche perché riferimenti veri e propri all’omonimo film non compaiono affatto. Questa volta, l’ennesimo cambio di pelle di Francesco Cusa targato Improvvisatore Involontario sa di psichedelia. Il trio, capeggiato dal tastierista Federico Squassabia, affonda le sue radici nella fusion e nel jazz elettrico post-davisiano, strizzando l’occhio, in alcuni casi, anche al funk anni ’70 (No Loser, Blue Mosquitoes, On The Dance Floor), ma concedendosi volentieri anche esplorazioni ipnotiche (David’s Eye) Di Cusa si è già detto tutto e il contrario di tutto. Il camaleontico batterista impiantato a Bologna e mentore dell’etichetta in questione (sempre più guida e punto di riferimento del nuovo jazz italiano) con il suo stile plastico, che va ben oltre lo swing, riesce a creare le combinazioni musicali più improbabili, sempre con una grande ironia di fondo. A completare il tridente, il contrabbassista Stefano Senni, in apparenza il più anonimo dei tre, ma non nella sostanza (basti ascoltare l’introduzione, tutta sua, dell’onirica Dormi Dormi). Ma sono, in ogni caso, sempre le tastiere a condurre i giochi, liberandosi in assolo dal sapore inconfondibilmente jazzistico a tappeti di suoni elettronici che si cospargono a macchia d’olio sulla sezione ritmica. Un album, questo primo lavoro di Feet Of Mood, di cui Squassabia può ben andare fiero (in quanto vero protagonista) e un altro mattoncino, il nono, nella costruzione della nuova casa dell’improvvisazione italiana che, a dispetto del nome, Cusa e compagni stanno erigendo assai “volontariamente”. (7.0/10) Daniele Follero Flight Of The Conchords – Self Titled (Sub Pop, 22 aprile 2008) Genere: acoustic pop-folk Dopo essersi beccati un Grammy per il loro EP The Distant Future (Sub Pop, 2007) ed essere diventati famosi in America per la loro commedia su HBO, i neozelandesi Jemaine Clement e Bret McKenzie si fanno produrre il primo disco “vero” da Mickey Petralia (già in Midn i g h t Vu l t u r e s d i Beck e in Light & Sound di Ladytron). Più che un disco, una raccolta delle canzoncine che intervallano il loro s h o w, b r e v i s k e t c h e p a s t i c h e c h e r i c o r d a n o il palco più che lo studio, un modo diretto di proporsi tipico degli attori di fiction. Se lasciamo da parte la patina commerciale e il bisbiglìo tendente al gossip, c’è comunque da stare contenti: chitarra acustica e ritmiche hip-hop basate su synth lo-fi e percussioni midi-tamarro, come se Fiorello e Baldini si mettessero a fare un dischetto tanto per passare il tempo chiamando a r a p p o r t o q u e l f i g o d i G a i n s b o u rg ( F o u x du Fafa) e quei pazzi dei Montefiori Cocktail. Cosetta da poco? Ascoltando le tracce che usciranno sulla lunga distanza a fine mese, ci si imbatte in un funkettino degno di Shabba Ranks (Boom) e del Prince più commerciale (Think About It, The Prince of Parties), pezzettini alla DEVO che scimmiottano il duca bianco (Bowie appunto), ninne nanne pseudo-indie che fanno il verso alla generazione shoegazers (Leggy Blonde) e protoelettronica ottanta fra Kraftwerk e Pet Shop Boys (Robots). La chiave di lettura per tentare di capire il lavoro resta comunque la parodia innestata sul testo divertente e sull’imitazione di stil i d i s p a r a t i , c o n v e rg e n t i a l m a i n s t r e a m d a classifica americano. Il fatto è che questi due matti riescono a produrre un dischettino che fa a gara con i gruppi indie-pop più i s t i t u z i o n a l i e “ a ff i d a b i l i ” . S a r à l a m a n o d e l p r o d u t t o r e , s a r à l ’ h y p e p o s t - G r a m m y, ma alla fine le tracce girano. I nuovi Simon & Garfunkel dello sfottò. Direttamente dal pianeta fusi di testa.(6.8/10) M a r c o B r a gg i o n Frightened Rabbit – The Midnight Organ Fight (Fat Cat, 14 aprile 2008) Genere: indie rock N e a n c h e s e i me s i s o n o p a s s a t i d a l l a p u b b l i c a z io n e /r is ta mp a d e l d e b u t t o d e i F ri g h t e n e d Ra b b it, Sing s T he G r ey s ( u s c i t o n e l 2 0 0 6 p e r H it T h e Fa n ) , c h e l a F a t C a t , s fru t t a n d o il c la mo r e p o s itiv o s c a t u ri t o d a e s s o , d à a lla lu c e il s u o s e g u ito , Th e M i d n i g h t O r g a n Fig ht. Q u e s ta imp az i e n z a l a d i c e l u n g a s u q u a n t o l a c a s a d i s co g r a f i c a p u n t i m o l t o s u q u e s to tr io s c o z z e s e . E c o m e d a rl e t o rt o q u a n d o le q u a tto r d ic i n u o v e c a n z o n i c o n fermano e migliorano quanto di buono era già emerso dall’esordio. Se in questo era u n a p iù imp r o v v is a ta m a c o n v i n c e n t e fre n e s ia a d o le s c e n z ia le a d e t t a re i l p a s s o , i n c lin e a c e r to e mo v e r s a n t e B r a i d e i n t re c c ia ta a l tip ic o in d ie r o c k a c a v a l l o d e l 1 9 9 0 ( Se ba do h, p e r in te n d e rc i ), i n Th e M i d n i g h t O r g a n Fig ht tu tto c iò v i e n e u n p o c o a rg in a to a f a v o r e d i u n a re l a t i v a o ri g i n a l i t à r a g g i u n t a . Tu t t e i b r a n i p r e n d o n o l e m o s s e da un bislacco folk acustico dalla ritmica in c a lz a n te e r ip e titiv a s u c u i u n c re s c e n d o elettrico, impreziosito da fiati e tastiere, va ad aggiungersi claustrofobico. Ma è la c o mp o n e n te v o c a le , c h e ri c h i a m a a l l a m e mo r ia a d d ir ittu r a i C o u n ti n g C ro w s , a d o nare profondità e ariosità al tutto. Quindi, q u e l l ’ u rg e n z a e m o z i o n a l e d e l p r i m o a l b u m non viene abbandonata, ma viene in parte sacrificata a beneficio del risultato finale: e p is o d i c o me Th e M o d e r n L e p e r , Fa s t Bl o o d e Ke e p Yo u r s e lf Wa r m s o n o o t t i m i e s e m p i di contagiosa vivacità trasognante. C’è da a g g iu n g e r e c h e a lla lu n g a l ’a l b u m s i s o v ra c c a r ic a r is u lta n d o f in tro p p o ri p e t i t i v o , m a s ia mo s ic u r i c h e a lla terz a fa t i c a ri u s c i ra n n o a s o p p e r ir e a n c h e a q u e s t o . (6 . 7 / 1 0 ) Andrea Provinciali Fuck Buttons – Street Horrrsing (ATP Recordings, marzo 2008) Genere: elettronica I l p ia c e r e d e lla d is to r s i o n e , d e l s u o n o m a n i p o la to e f iltr a to a ll’ inv e ro s i m i l e . R i e m p i rsi le orecchie di rumori e colmarsi la testa di conseguenza. Andrew Hung e Benjamin J o h n P o w e r f a n n o d ’ ec h e g g i , d i r i s o n a n z e s tr id u le , s tr e p ita n ti, c h i a s s o s e i l l o ro c a m pogiochi. Duo inglese, Bristol loro città di p r o v e n ie n z a e “ a tte s ta t o d i q u a l i t à ” m a c o n SA 61 RECENSIO highlight Mark Stewart – Edit (Crippled Dick Hot Wax, aprile 2008) Genere: cros sover hard funk I n t e r v i s tato in una data della scorsa tournée all’altezza della compila trib u t o d e l l a S o u l J a z z , M a r k S t e w a r t era ubriaco ed esalta to, felice come non gli capitava da un bel p o ’ . S e n t i v a l ’ a d r e n a l i n a sa l i r e d entro quel corpo sm is ur a to e sopr a ttutto c on c a sa /f a miglia /f iglio /e tà tu tto a p p o s to c a p ta v a i l s e g n a le chiaro di un tempo. In pratica aveva fame. Fame atavica. Pura p a s s i o n e r a g a z z o n a d a l l e p a r t i d e l 100% genuino. Re c e n t e mente, di quella firm a c hia r issima a bbia mo a vuto c onf e r me a nc or p iù e lo q u e n ti. I n M o n ito rp o p Vo l .1. il nostro si cimenta va in una performance oratoria da Oscar. Og n i f a n p o s t - p u n k d o v r e b b e a s c o l t a r e e prendere appunti. E ancor più vicini al presente, ecco l’articol o / c o m m e n t o t r a c k b y t r a c k d e l n u o v o album dei Portishea d, un lunga disa mina de l disc o dove la par o la f u n k a s s u me u n c o n n o t a t o magico e ancestrale. Certo, il bristoliano non stava parlando di Th i r d m a d e l s u o E d i t e d i u n a r i n a t a p a s s i o n e p e r u n a p r i m i g e nia folgorazione, il fun k. I l f unk ugua le r itmo ugua le vibe . I l pr in c ip io d i tu tto c h e r ie s p lo d e o r a , d o p o c h e Ste w a r t h a f a t t o i n c etta di applausi di pubblic o e me dia e a de sso, a sua volta , r e stitu is c e . E d i t è l ’album del super ritorno. Il lavoro che ci si aspettava soltanto ne i s o g n i , u n a t r a c k l i s t d a l l ’ e s t e t i c a v i s c e r a l e f o n d a t a s u l g r o o ve e giocata a trecentosessanta gradi con il meglio della black in f a t t o d i m u s i c a . I l p l a t t e r s p a c c a : t i i n f i l a u n a R i s e A g a i n c he è un deciso funk jazzato con piglio soul e attitudine bass-hip h o p - o l d - s k o o l . S p r e m u t a d i g h e t t o s e n z a t e m p o . P o i t r o v i a m o una T he Puppet Mas te r c he ti sintoniz z a la r a dio politic a a ff og a n d o n e lle s in c o p i d e i s y n th u n a d e f o r ma z io n e d u b l i s e rg i c a. Non vi è dubbio alcuno, troviamo anche un grande Sherwood qu i : b a s s i i r r e s i s t i b i l i e b a s i r a g a m u ff i n , e q u a l i z z a z i o n i f u n a m b o liche, un sound incon f ondibilme nte On- U. Gioc o c he un Ste wa r t p iù in c h ia r o ( e me lo d ic o ) c h e ma i c o n d u c e c o n la c o n su e t a corrosiva veracità av va le ndosi de ll’ a iuto di ve c c hi a mic i e di qu a lc h e n o v ità s tilis tic a . A s c o lta te v i, u n a ltr o g r a ff ia c c i o : l a t amarrissima cover yardbirdsiana (Mr You’re Better Than I) cantat a i n d u o a s s i e m e a l l a m a s c o l i n a A r i U p ( r i t o r n a t a a l l a g r a n d e anche lei con le Slits). I n s o s t a nza, Edit è l’album più completo e impattante del bristoliano: ripr e n d e i l c a l e i d o s c o p i o u b r i a c a n t e d e i p r i m i d u e a l b u m s e n z a r i nunciare alla produzione professionale (quella dell’omonimo) e c e r t e c o s e t e c h n o c o m e a v r e b b e r o d o v u t o c o m p a r i r e i n Co n t r ol D ata (Freak C ircus ) . A diff e r e nz a de l pa ssa to pe r ò, a bbia mo u n u o mo c h e f a q u a d r a to a tto r n o a lla s u a c o s a . M e tte i n f i l a i l primo amore e il dub, l’hip hop e il metal (versante hardcore). N o n m a n c a p r o p r i o n u l l a , s a c c h e g g i / c a m p i o n a m e n t i a g o g o e un omaggio al buon Carpenter musicista (Almost Human) compres i . P o c h i d ubbi, Edit è una dichiarazione d’apocalittica appartenenza black ch e n o n c o n o s c e c l a s s i n é r i v e n d i c a z i o n i s e n o n q u e l l e d i u n so u nd che non ha eguali ( e r iva li) . Chia ma te lo Sna ke . ( 8.0/10) Edoardo Bridda n o i se a m e r i c a n o (B u tth ole Su rfers) e spe ri m e n t a z i o n e g iapponese (Boredoms, Melt Ban a n a ) b e n c hiari in testa, i F uck Buttons s ’ac c o st a n o n otevolm ente ai B lack Dic e de g l i e so r d i : se m brano aver raccolto qua nto il g r u p p o n e w y o rchese ha lasciato per strada d o p o Be a c h e s & C anyons. Si perdono negli ech i , n e l l a so vrapposizione di tracc e e le tt r i c h e e d e l e t t roniche, abbandonano a loro s t esse d u e t a stiere per poi mutarle, a lte r a rl e, s t r a v o l g e r e sin nei minimi particola r i. I n p o ch e p a r o l e , drone al servizio dell’ e le ttr on i ca . S t re e t H o rrrsing, loro primo lp, è dif fi ci lm e n t e d i g e ribile: è crudo, torme ntoso, q u as i i n u m a n o , m a gode del gran pregio de l ragg i u n g i m e n t o di una quadratura al te r min e d e l t u t t o . Insomma squarta, massacra, lancina l’udito, ma, allo scocc a r e d e l 5 3 ° minuto ( a lla c onc lusione de l dis c o ) c i s i r itr ova a ssue f a tti, dr oga ti da ta n ta c r u d e ltà in note, da tutto ciò che i due h a n m e s s o dentro: psichedelia, drone, sint e t i z z a t o r i a pie de libe r o, voc i str a z ia nti e r itmic a b a tte nte . I l de butto di Sweet Love F o r P l a c e t Earth inga nna : un c a r e z z e vole d e la y d i p ia no sembra condurre in un mon d o e s t a t i c o , il r inc or r e r si di note tr a nquillizz a , s o g n a n te. Ma piuttosto che raggiungere l ’ e t e r e o , i l brano trascolora nel buio: una d i s t o r s i o n e cambia l’orizzonte, adombra. Si n t e t i z z a t o r i e voc i c r ude e d a spr e c onquist a n o la s c e na dominando gli altri elemen t i . M e l o d i a e rumore, melodia contro rumor e , i l d u e l l o e ff e r a to c he si c onsuma lungo tu tto Str e - e t Ho r r s ing . I l r i t m o p r o v a a f a r s i s p a z i o , p u ls a n te , c a v e r n o s o , n e lla s u c c e s s iv a R i b s O u t, ma n o n c i s i a llo n ta n a d a lle p r o f o n d ità in c u i s i è s c e s i. U n ip n o tic o e la n c in a n te e c o in d u s tr ia le p e r c o r r e tu tta O k a y, Le t’s Ta lk A b o u t M a g ic . Fin o a q u a n d o le ritmiche tornano a tracciare forme, a dar v ita a d u n a imma g in a r ia c a te n a d i mo n ta g gio: nastro, pressa, saldatura… è lamiera che muta, cambia forma. La scia industrial s i r ip e r c u o te a n c h e s u lle s u c c e s s iv e tr a c c e . Accompagnata da aspra voce indecifrabile O k a y, Le t’s Ta lk A b o u t M a g ic s i p r o tr a e p e r d ie c i min u ti s in o a in c a s tr a r s i in R a c e Yo u To M y R e d ro o m - S p ir it r is e . D i s t o r s i o n e , a n c o r a e a n c o r a . A n c h e q u a n d o le c o s e s e mb r a n o “ me tte r s i p e r il me g lio ” , e la q u ie ta B r ig h t To m o r ro w r e g a l a q u e s t a s e n s a z i o n e , c ’ è s e mp r e in a g g u a to l ’a l t e r e g o . L’o p p o s t o truce, inumano. Risvegliano una recondita p a r te d e ll’ a n ima i Fu c k B u t t o n s , d a n n o v o c e a ll’ o c c u lto , a ll’ a b b a n d o n a t o . C i ò c h e fo rs e s ’ e r a d ime n tic a to , c o p e rt o d a s t ra t i d i m o l le z z a ; u n a c r u d e ltà la t e n t e ri a n i m a t a d a g l i esperimenti messi in scena dal duo. Come c r e a tu r a r ip o r ta ta in v it a . (7 . 8 / 1 0 ) Mar co Canepari Fuzz Against Junk – Netti Netti (Invada, 4 febbraio 2008) Genere: avantprog “Invada Records is one hell of a strange record company”. E di follia in follia, ha d e c is o d i p u b b lic a r e i Fu z z A g a i n s t J u n k , p u n tu a liz z a n d o – f o r s e a p re v e n i re l ’e q u a z io n e tr a s c e lta e p r e f e re n z e s t i l i s t i c h e – c h e il mo tiv o è la lib e r tà d i e s p re s s i o n e d a l o ro dimostrata. Fuzz Against Junk; già il nome è u n g io c o s e ma n tic o r i c c h i s s i m o , d o v e p e rd e r s i ( a lme n o c h i h a v erv e s e m i o l o g i c a ) s o p r a u n ’ id e a s e mp lic e ; v u o i v e d e re c h e a b b i a mo g ià tr o v a to il c o r r e l a t i v o o g g e t t i v o , c i o è c h e b a s ta la r a g io n e s o c i a l e ? N o n è p ro p ri o c o s ì . I l l e g a m e m u l t i pl o t r a F u z z e J u n k è c e r to s in to mo d i c o mpl e s s i t à , e N e t t i N e t t i è tu tto tr a n n e c h e mo n o l i t i c o . Il p ri m o b ra n o ( R u s ty F in g e r s ) s e m b r a e s s e r e f i g l i o d i u n ’ o s c u r ità d e c la ma to r i a c h e c a l a s u i S o f t M a c hine , ma p o i ( Tr a n e To N e p t u n e ) c e r t e c o s e c i r ic o r d a n o I a n A n d e r s o n – e i J e th ro Tull to r n a n o , mis c h ia ti a i K i n g C r i ms o n , i n a ltr e o c c a s io n i ( S e v e r a l C h a p t e r s ). In s o m ma , p r o g , s i d ir à , c o n u n g ro u n d u n p o ’ p i ù c o lto d e l s o lito . N o n p ro p ri o , n e a n c h e o ra . N e tti N e tti è s ì u n a d is am i n a d e l p ro g i n g l e se – essendo la band un sestetto di Bristol -, con escrescenze in libera eiaculazione; ma d e c id e , s e n z a e s s e r e p er q u e s t o p i o n i e ri s t i c o , ma p u r s e mp r e in tere s s a n t e , u n i n c ro c i o tr a q u e lla tr a d iz io n e e a l t re c o s e . 25 fa un uso free-jazz del sassofono, con a mb ie n ta z io n i d a l L iv e d i U m m a g u m m a d e i P ink F lo y d; d i p iù , N e v e t t H a s N e w Wo rd s ( Co n c re te G o d ) r ic h ia m a g l i H a w k w i n d , e s i s e n to n o in g ir o a n c h e i s o l i t i T h i s H e a t – p e r s in o u n c a n to p a r i p a ri a B e e fh e a r t, i n u n c a s o ( Yo u Wi l l S e e M e U n d e r R o c k s A n d S to n e s ) . A n d a n d o a in d a g a re s u l l e b i o g ra f ie , s p u n ta a n c h e D a mo S u z u k i , c h e i s e i h a n n o a c c o mp a g n a to r e c e n t e m e n t e . SA 63 RECENSIO A v e l o s v e l a t o, possiamo dunque dire che q u e s t o d i s c o è un’intersezione tra primo k r a u t e l ’ o m o logo inglese, creando coppie c o n s u e t e e i n consuete: i Faust con i This Hea t , i C a n c o n i H aw kw ind, e via dic e nd o . N i e n t e d i nuovissimo, certo, m a c iò c he con t r a d d i st i n g u e i FA J è l’aspetto sc ia ma n i co d e l l a r e l azione; sicché tra F uzz e Junk l ’an d i r i v i e n i è di ricchezza m etaforic a , c r e a d u e m o n d i c h e si modificano a vicenda – com e q u a n d o si dice a una persona “se i una b es t i a ” , e l ’ a mico diventa bestiale, ma a nche l a b e st i a più amichevole. Non b a st a v a l eggere il nome, ma rifle tte r c i s op r a h a d e t t o m olto. (7.0/10) G a spare Caliri Galactic – From The Corner To The Block (Anti/Goodfellas, marzo 2008) Genere: hip-hop Vi r i c o r d a t e quando si dava il rock come d efu n t o ? R i n a cque di lì a un paio di sta g i o n i c o l c r o s sover e il “post”, zittendo i fret to l o si i n d o vini. L a qual cosa infonde un p o c h i n o d i s p eranza anche in chi segue le s ort i d e l l ’ h i p - h op, da un lustro sempr e più o ccu p a t o a i n censarsi, infilato in un vic olo c i e c o t r a a u t o referenzialità e celebrazione. E s o l d i . Ta n t i , che allontanano dalla str a da e an d r e b b e a n cora bene, m a pure distolgono g l i a r t i st i d a l cuore del discorso, la musica, c h e a l su o meglio sa essere evoca tiva e d avanguardistica come poche. Tu t t o q u e st o sfog o p e r e v i d e n z iare u n a so l a c o sa: che o g g i g i o rno v a d i l u s s o se, arri v a t i a D i c emb r e , c i t r o v i amo i n m a n o u n a cinq u i n a r a p m e r itev o l e . N e l l a q u ale r i s c h i a d i f i n i re - anche per la pochezza dei con t e n d e n t i : n o n è tuttavia colpa su a - que s t o e n n e si m o disco dei G alactic, for ma z ion e p r o v e n i e n t e da N ew O rleans, della qua le o n o r a l a t r a d i zione sonora suonando la più p are t e d e l l e b a si cui sono affidate le r ime d i u n b e l m a n ipolo di personaggi. Tr a i più n o t i sf i l a n o A mp F idd ler (sospeso , te r r ign o , a c i d o : c o s ì fa suo I Want P eace, l’ a ltr o br a no me mor a bile de l c d) , M r. L if e la r e d iviva Ladybug M e c c a un te mpo n e i D ig a ble Plane t s. Ora: il rischio latente in opera z i o n i d i t a l fatta è che l’ascolto si riveli s f i l a c c i a t o e pr ivo d’ unità . Non qui, gr a z ie a u n ta p p e to sonor o c he r e c ita da pr ota gonis ta , in tr e c c io pla stic o di gr oove ( l’ a tta c c o d i … A n d I ’ m Out) e inge gno c he non pr e va r ic a b e n s ì in te gr a le r ime . Da una Bounc e Ba b y r o v e n te crocevia di funk e mambo a un c a p o l a v o r o di gospe l na r c otiz z a to qua l è Fin d M y H o m e si r invie ne pa r e c c hio di c he god e r e , e ta n to pe r dir e : e sube r a nti ma r te lla me n ti ( W h a t Yo u Ne e d, Hustle Up) , Ge or ge Clint o n a lle p r e s e c on lo swing ( il br a no omonimo ) , n e r b o r u te move nz e pr inc ia ne ( Square biz), f i a m m a n t e e r r e bì squa r c ia to d’ ur ba nità ( Tu ff Lo v e ) . E que sto giusto pe r invoglia r v i a f a r li v o str i, que sti r ic c hi c inqua nta min u ti n o n p r ivi di difetti, ovvero una chiusu r a c h e s a d i r ie mpitivo - il te de sc o, c i disp ia c e , n o n è funky - e un paio di tracce so t t o t o n o . A l lor o me glio, c omunque , i Ga la tt ic i v is i p a llidi de lla Louisia na r e ga la no m e tic c ia to d i Be ast ie Boys e Root s c he odor a in c o n f o n dibilme nte de lla “ Big Ea sy” ( S e c o n d A n d Dry ade s un mode r no Dr. John? ) . Ba s te r e b be solo un piz z ic o di c ontinuità p e r la s c ia r e un segno ancor più profondo: ne l f r a t t e m p o , r e stia mo in pia c e volissima , spe s s o e s a lta n te a tte sa . ( 7.4/10) Giancarlo Turra Headlights – Some Racings, Some Stopping (Polyvinyl, 19 febbraio 2008) Genere: indie-pop Con Some Rac ing, Some Stop p ing q u e s t a giova ne ba nd de ll’ I llinois c onfe r ma e migliora quanto di buono era già e m e r s o d a l lor o inte r e ssa nte de butto de l 2 0 0 6 , K i l l The m With Kindne ss. Se nz a tan ti f r o n z o li gli Headlights riescono a cos t r u i r e d i e c i se mplic i c a nz oni pop ta nto morb id e q u a n to intr ise di nosta lgic a a lle gr ia . Tr e n ta tr é minuti di contagiosa immediatezz a m e l o d i c a . Non una nota di tr oppo, non un ep is o d io f u o r i luogo. I l lor o è c la ssic o indie - p o p ta rg a to Polyvinyl, ma c on una viva cità v ir a le d a non a ve r e e gua li ne l c a ta logo. L a p r ima v e r a non a spe tta va a ltr o c he l’ a r pe g g io in iz ia le di Ge t Your He ad Around I t per i n o n d a r e i l mondo c on i suoi c olor i a c c e si e lu min o s i e c o n c e d e r e a l s o le d i s c a ld a r e a c c o r d a n d o s i a ll’ a lle g r ia e ma n a ta d a Ch e r r y Tu lip s e Ca tc h Th e m A ll. P o i s o n o l e m a l i n c o n i c h e o p a c ità d e lla title d tr a c k e d i M a r k e t G ir l a intonarsi con i pastelli gentili della sera e r ip o r ta r e q u e lla g iu s ta f r e s c h e z z a s ta g io n a le . I s o g n i n o ttu r n i s o n o a ff id a ti, in v e c e , a lla b e llis s ima J a n u a r y : n o s ta lg ic o b o z z e tto a c u s tic o d o v e s o n o a d d ir ittu r a i ma i d ime n tic a ti Be dhe a d a d e s s e r e e v o c a ti. Pr o p r io la d e lic a te z z a s tilis tic a d i q u e s t’ u ltimi s e mb r a a ttr a v e r s a r e in f ilig r a n a tu tti g li e p is o d i d e ll’ a lb u m. Po i c i s o n o i J e s u s A n d M a r y C ha in d i D a r k la n d . M a s o p r a ttu tto c ’ è ta n to , ta n to , ta n to p o p a n n i Se s s a n ta . So me Ra cings, Some Stopping: un’indimenticabile a s s o la ta g io r n a ta p r ima v e r ile . (7 . 0 /1 0 ) Andrea Provinciali Il Genio - Il Genio (Disastro Records / Cramps, 21 marzo 2008) Genere: electropop Lei è Alessandra Contini, bassista. Lui è G ia n lu c a D e Ru b e r tis , c h ita r r is ta e ta s tie r is ta g ià a l la v o r o c o n g li St udio da v o li. M e s s i a s s ie me f a n n o I l G e n io , d u o s a le n tin o c o i s o g n i s o n ic i in in tr ig a n te lib e r a u s c ita te mp o r a le e s p a z ia le . Pe r d ir e , o s te n ta n o v e r v e incalzante e acidità giocosa come balocchi P iz z ic a t o F iv e (A q u e s to p u n to ) , c o s m i c o d a n d y s mo s ix tie s in g e la tin a e ig h tie s ( F o rtu n a è s e r a ) , m o d e r n a r i a t o i t a l o w a v e c o n g e r mi ja p & f r e n c h ( Le b u g ie d i F r a n ç o is ) . U n a c e r ta p r o p e n s io n e a l g r a d o z e r o u ltr a p o p li a v v ic in a a ll’ a g r a s p ir ito s a g g in e d e i M a is ie - q u e l c i a r l a r e c o n a r i a s v a m p i t a d i cose complesse o viceversa - cui il canto d a n in f e tta s v e n e v o le d i A le s s a n d r a r e g a l a n u a n c e s a p p i c c i c o s e t t e e b e ff a r d e . Ve d i q u e lla Tu tto è c o m e s e i tu c h e s p e d is c e St e f a nia R o t o lo t r a b r u m e s p a c e y e m i r a g g i d e s e r tic i, u n a No n è p o s s ib ile c h e s n o c c io la disarmante bignami della teoria “never on mo o n ” , o p p u r e - s o p r a ttu tto - q u e lla P o p p o r n o c h e s e mb r a u n a r e d iv iv a I lo na St a lle r c ir c u ita d a g li Hum a n Le a g ue . Q u a n d o in v e c e me tto n o a s s ie me le v o c i f a n n o a n c h e d i p iù , o v v e r o titilla n o f a n ta s ma tic h e o le o g r a f ie g a in s b o u rg h ia n e s e mp r e in b ilic o tr a c a r ic a tu r a e c ita z io n e ( La p a th e tiq u e ) , c o r t o c i r c u i t a n d o s p e s s o e v o l e n t i e r i tr a ir o n ia e d is in c a n to c o me d e i Ba us t e lle a n d r o id i ( A p p liq u e ) . G l i p e r d o n i a m o d i b u o n g r a d o q u a lc h e g r a t u i t o ro s a ri o d i s t e r e o tip i, tip o il p r o f lu v i o d i s t e re o t i p i fi l m i c i a p e r d e r e d i U n a g ia p p o n e s e a Ro m a e G l i e ro i d e l k u n g fu . Pe r il s e m p l i c e m o t i v o c h e sono divertenti col giusto peso specifico, in s id io s i s e n z a ma i s me t t e re l a m i s e p ro v o cante e/o birbantella. Non stupisce quindi r in v e n ir e il n o me d i M r J e n n i fe r G e n tl e i n p e r s o n a M a r c o Fa s o lo t ra i “ s u p e rv i s o ri a rtis tic i” , n é c h e v e n g a n o d i s t ri b u i t i d a l l a D i s a s tr o Re c o r d s , n e o n a t a e t i c h e t t a n e l l a g l o r io s a f a mig lia Cr a mp s . (6 . 8 /1 0 ) Stefano Solventi Jason Collett – Here’s to Being Here (Arts and Crafts, 27 marzo 2008) G e n e r e : AOR Non accade spesso che nel disco di un canta u to r e la p r e s e n z a d e l p r o d u tto r e s ia o n n ip r e s e n te , a l p u n to d a to gliere talvolta la s c e n a a l p r o ta g o n is ta . Ve n g o n o in me n te il v itu p e rato ruolo di Phil Sp e c to r in D e a t h o f a L a d ie s M a n d i L e o n a r d Co hen o il sound paludoso imposto da Daniel L a n o is a Time o ut o f M i n d d i B o b D y l a n . Pe r q u e s to s u o n u o v o la v o ro J a s o n C o l l e t t s i è a ff id a to a lle c u r e d i H o w i e B e c k , c o l l e g a e c o n c itta d in o d i To r o n t o , c h e s e g n a i l d i s c o c o n to c c h i r a ff in a ti e u n s u o n o p u l i t o , s c i n tilla n te . I n p o c h i s e c o n d i d i m e n t i c h i a m o i l v o r tic o s o s o u n d d e i B ro k e n S o c i a l S c e n e , s to r ic i c o mp a g n i d i v iag g i o d i C o l l e t t : b a s t a p r e s ta r e a tte n z io n e a c o m e i rro m p e l ’e l e t t ri c ità in S o r r y Lo r i, s e n z a f u r i a , s e n z a f o l l i a . Ch a r ly n , A n g e ls o f Ke n s i n g t o n p o t re b b e a p p a r te n e r e a g li A po s t le o f H u s tl e d e l l ’o s p i t e Andrew Whiteman, ma è solo un episodio di un percorso eclettico, non il riferimento al s o u n d d i u n a s c e n a c h e u n p a i o d i a n n i fa p a reva in grado di innovare il rock.In Collett c’è un’eco di Dylan. Non nella voce stessa, p iu tto s to n e l s u o u s o , i n c e rt i i n d u g i e c e rte f o r z a tu r e . I l r is u lta t o d e l l ’u n i o n e c o n u n s u o n o ta n to r if in ito , m i d d l e o f t h e ro a d s i s a r e b b e d e tto tr e n t’ a n n i fa , fa p e n s a re a l d i s c o c h e la G e ff e n a v r e b b e v o l u t o d a D y l a n e SA 65 RECENSIO d al la B a n d i n vece del frettoloso P la ne t Waves , o a l To m Petty di T h e L ast D J , tanto d evo t o a l l a l e g gerezza da non poter e vita r e d i a c c o m p a g n arsi a L indsay B ucking ha m. H er e ’s t o Be i ng H ere, fedele ai suoi mode ll i , si l a sc i a a scoltare senza intoppi, s i la sc ia “ g u i d a r e ” , p e r intenderci. Ma la maggior p a r t e d e l l e c a nzoni passano nell’autoradio s e n z a l a s c i a r e il segno. Che cosa rimarrà? Hen ry ’s S o n g , perfetto esercizio di n e oc la ss i c i s m o , u n a delle canzoni dell’a nno, se d o m a n i m a t t i na ci dovessimo svegliare nel 1 9 7 4 , e N o t O ver You, splendida davvero, che p a r e p r e sa in prestito ai F leetw o od Ma c . (6 . 4 / 1 0 ) Pa olo Ba s s otti John Zorn – The Dreamers (Tzadik, 19 febbraio 2008) Genere: John Zorn Com e m o l t i a lbum del John Z orn “in libe r a u s c i t a ” ( s i vuol dire, il John Zorn non i n g a b b i a t o n e i due stereotipi, per ce r ti ve rs i sp e c u l a r i , del compositore serioso e de l t o rt u r a t o r e d i strumenti), anche T he Dre am er s si p r e st a ad essere idealmente suddiv i s o i n d u e m e tà forzatamente giustapposte. D a u n a p a r t e agisce, genuina e potente, la fas c i n a z i o n e p er l’esotico, al solito de c lin a t o i n i n n u m erevoli forme. Ecco allora le v i ra t e su r f d e lle iniziali Mow Mow e Ulul a t i ( c o n t a n t o di om aggio al m aestro Pie ro Umil i a n i ) , i l j azzettino very cool di A Raid On C o t t o n f a i r e quello screziato klez me r di To ys ; l a so u n d track m usic di O f Wonde r And Cert a i n t y , l e suggestioni zigane di Mystic Ci rc l e s e q u e l le mediorientali di N e k ashim. P o i , a u n c e r t o punto delle sessioni di r e g i s tr a z i o n e , M arc R ib ot (chitarra), Jamie S a ft ( t a st i e r e ) , Trevor D u n n (basso ) , Joe y Baro n ( b a t t e r ia) e C yro B ap tista ( pe r c uss i o n i ) d e v o n o essersi ricordati di essere q u ell o c h e so n o - passatemi l’espedie nte r e t o r ic o : a c o m porre, come sempre, è il solo Zo rn . E a l l o r a ecco le solite menate pr ogfu s io n - S a n t a n a di A nulikw utsayli, Ex odus e Ra k sa sa , t r e b r ani che da soli finisc ono pe r d i l a t a r e a d i smisura la percezione appa r e nte d el la d u r a t a d i un album già proliss o motu p rop ri o . U n a flora tanto diversificata e un o rga n i c o d a d ream team non possono che m a n d a r e i n s ollucchero i frequentatori del Verb o Z o r n , c h e si ritroveranno a gongola r e highlight Portishead – Third (Universal, 28 aprile 2008) Genere: kraut, folk I n c e r ti c a si se mbr a impo s s ib ile n o n la v o r a r e s u lle a s p e tta tiv e c r e a te e lì r ima s te . D ummy e P o r tishe ad posse de va no de lle d iff e r e n z e , il s e c o n d o ma tu r a v a a lc u n e in tu iz io n i d e l p r imo s e n z a tu tta v ia perdere di vista una coere n z a e s t e t i c a c h e g i à p r o f u m a v a d i m i t o . D i ff e r e n t e l ’ a n a l o g i a t r a l ’ a l b u m omonimo e il nuovo Thir d d e i P o r t is he a d, d o v e n o n c i s o n o s c a r t i m a d i s t i n z i o n i , n e l q u a l e n o n si parla di continuità ma d i r o t t u r e . I n m e z z o , è v e r o , c i s o n o d i e c i a n n i m a n o n s i g n i f i c h e r e b b e r o granché se alla base del nu o v o p l a t t e r n o n c i f o s s e u n a s c e l t a a r t i s t i c a f o r t e e a l t r e t t a n t o n e t t a . P e r i Portishead invecchiare ha s i g n i f i c a t o t o g l i e r s i d e l t u t t o d a i c o n f o r t i d e l l ’ h a s h i s h , d a i s u o n i t a t t i l i e spaziali, e in un certo sen s o a b d i c a r e a u n a l u c i d a d i s p e r a z i o n e f a c e t o f a c e d i f r o n t e a l l o s p e c c h i o . Una bia nc a e a sc iuttissim a a u to a n a lis i c h e T hir d o p e r a s o p r a t t u t t o i n s e n s o a r r a n g i a t i v o s e g n a n d o un confine e tagliando fu o r i o g n i p o s s i b i l e a p p e a l c i n e m a t o g r a f i c o , v i n t a g e o s o u l f u l l c h e s i a . N e l l e n u o v e t r a c c e , i n f a t t i , non troviamo né uno scra t c h , n é u n b a s s o d u b , n é p u n t i n e v i n t a g e c h e g r a c c h i a n o , i n p o c h e p a r o l e , e s c l u s e l e p o s e d i P l a s t i c , il Tr ip Hop è solta nto un r ic o r d o lo n ta n is s imo e c o n e s s o s p a r is c e p u r e l’ id e a d ’ a mb ie n te s o n o r o ( q u e lla s tilo s a s o u n d t ra c k hitchcockiana) a restringe r e i l c a m p o i n u n t u b o l a r e p a t t o a n g l o - t e d e s c o . Si punta dir itto a lla minim a l ( d a r k ) w a v e f in e Se tta n ta e lo f a a s u o n d i k r a u t r o c k e d i u n s u o c o r r is p e ttiv o mo tori k c o n t e m p o raneo (la techno) e a siffa t t e r e g o l e , p u r e i l s o u l v i e n e c o n v e r t i t o a l m a r r o n e b u c k l e y i a n o c o n u n a G i b b o n s a g i o c a r e v o c a l i z z i molto me no f a lse tta ti e p iù r o c k in o p p o s itio n ( q u a n d o n o n n e l p iù c o n te mp o r a n e o c r ip tic o f o lk ma g ic o ) e c h i t a rre / e ffe t t i a dibattersela tra Joy Divis i o n e u n r a n g e d i t a p p e t i c h e v a n n o d a u n t r i b a l e G u r u G u r u t i r a t o a l l ’ o s s o a u n a c a s s a s c o r t i c a t a fino a un crudo settaggio d r u m m a c h i n e . I n m e z z o ( s p l e n d i d o e a l t r e t t a n t o a r c i g n o ) , i l l a v o r o “ p o v e r o ” d e l l e t a s t i e r e a m i r a r e a nc or più indie tr o, f ino a i Silv e r A p p le s , l’ a n te p r ima K r a u t ta rg a ta Se s s a n ta ( We Ca r r y O n ) . Ro b a q u a d r a a c id r o c k i n s o m m a , una due note tenute dritte e c o s ì i c a m p i o n a m e n t i d ’ a r c h i , a n c h ’ e s s i d e c o r t i c a t i p e r u n s o u n d c h e n o n l a s c i a s c a m p o s e n o n n e i mome nti più diluiti, tr a un r ic h ia mo a lle n o s tr a n e s o u n d tr a c k a n n i Se s s a n ta ( H u n te r ) e q u a l c h e d e l i z i o s o m o t i v o d ’ a n t e g u e r r a ( il sipa r ie tto De e p Wate r) . N o n v ’ è d u b b i o c h e l ’ i n i z i a l e f a s c i n o d e l l a v o r o r i s i e d e p r o p r i o i n q u e s t o s p i a z z a n t e c a m b i a m e n t o di c ui il singolo M ac hine G u n s i f a f o r mid a b ile p o r ta v o c e : p e n s a te a u n c a n to G r a c e Slic k a p ic c o s u ll’ o r r o r e a c e d e re i l p a s s o a un plotone be a ts di ka la s h n ik o v e u n a L u f tw a ff e d i s y n th s v o la z z a n ti. E p p u r e T hir d n o n è i l d i s c o c h e c e r c a d i f i n i r e s u l l a cover di The Wire a tutti i c o s t i , è d i p i ù , u n l a v o r o g e n e r o s o c h e a t t r a v e r s o l a s o t t r a z i o n e d a c l i c h é è i n g r a d o d i r e g a l a r e ( un e se mpio su tutti: l’ a s s o lo f r e e ja z z d e n tr o la b a lla d M a g ic D o o r s ) . L o s c u l t o r e l a v o r a s e m p r e p e r s o t t r a z i o n e d a l b l o c c o di marmo, che in questo c a s o è u n p r o p r i o r e t r o t e r r a d i g i à v i s t o e g i à f a t t o d a c u i e m e rg e u n a s t a t u a a l l ’ i n g l e s i t à t e d e s c o f i l a ; ma – ma tita blu a c a nc e llar e c o n ma e s tr ia – n o n è q u e s to il p u n to . D i f a tto ma i la d e p r e s s io n e f u a n a liz z a ta in mu s i c a c o n t a n t a se ve r a e c ine ma tic a pr of o n d ità . ( 8 . 0 /1 0 ) Edoardo Bridda in una sor ta di sc ia r a da c olle ttiv a c h e c iclicamente si ripete - grossomo d o a d o g n i a d ogni usc ita disc ogr a f ic a de l n e w y o r c h e se. Gli altri, i neofiti o gli sc e t t i c i , c e l i imma ginia mo r e a gir e disor ie nta ti, s tr a n iti, tormentati da un po’ di fastidio, r i f u g i a t i a l sic ur o ne gli a nf r a tti di una r ive re n te e timo r osa e poc hé . Non foss’altro che p e r r a g i o n i deontologiche, dovremmo schi e r a r c i d a l l a pa r te de i pr imi. Ma i c ome sta vol ta s imp a tiz z ia mo a pe r ta me nte pe r i se c ondi. ( 5 . 5 /1 0 ) Vincenzo Santarcangelo Kiko – Slave Of My Mind (Different Records, 21 aprile 2008) Genere: progres sive deep minimal I l s u o n o d i K ik o r ip r e n d e mo lte d e lle le z io n i d e i D e pe c he M o de e d e l l ’ e l e t t r o n i c a N o v a n ta , a ttu a liz z a n d o le c o n l’ a mb ie n t c h e imp a z z a o r ma i d a te mp o s u tr a ie tto r ie mo r o d e r d e e p . L’ o p e r a z i o n e d i r e t r o s p e z i o n e p r o p o s ta in q u e s t’ o r a d i e le ttr o n ic a p u n tig lio s a me n te p r o g r e s s iv a , o n d e g g ia tr a r icordi che guardano alla trance nordica dei Vibr a s phe re ( n e lla v ib r a n te title tr a c k ) a s o n o r ità w a v e d a r k à la D ur a n D ur a n ( S o Tim e ) e a tu tto q u e l s o g n o e le c tr o p o p c h e h a ma r c h ia to a f u o c o l’ e s te tic a n e ll’ e le ttr o n ic a p a ile tta r a d i q u a s i tr e d e c e n n i f a . I l v ia g g io d e l p r o d u tto r e f r a n c e s e p a s s a c o n tin u a me n te tr a q u e s ti d u e p o li: d a n c e f lo o r e ma lin c o n ia , c a s s a in q u a ttr o d e e p e s tr u me n ti d a c o mb o p o p . A b e n v e d ere n o n p o s s i a m o c h e d e s id e r a r e q u e s to p e r b a l l a re e m u o v e rc i i n s ic u r e z z a . Sic u r e z z a d i u n a m u s i c a c h e n o n stupisce più, ma che punta su pochissimi p a r tic o la r i a d e ff e tto : i l p a n n i n g fl u i d i s s i mo e d e s p lo s iv o d i P la i s i r D ’Et è , l a c l a s s i c a c a s s a titilla ta d a i f il t ri n e l l a w a v e o s c u ra d i P re lu d ia , l ’ o m a g g i o a l g i à c i t a t o D a v e G a h a n in S o Tim e , l e p r o g r e s s i v e c a v a l c a t e N o v a n ta d i 7 m in u te s e Ph -1 , l a c i t a z i o n e in c r o c ia ta a i N I N e a i N e w O r d e r i n Wo r l d E n d R o c k U p . N ie n te d i n u o v o , m a d a q u e s t o a lb u m p a r tir a n n o d e i r e m i x d a p a u ra , c re d e te c i. Su p e r p r o d u z io n e e p a l e t t e s o n o ra fu o ri d a lla n o r ma . E d Ba n g e rs , ri c re d e t e v i e c o min c ia te a b a lla r e a n c h e l a d e e p . A d e p t i d e l SA 67 RECENSIO s uo n o R ö y k so p p : potrebbe essere u na r ive l a z i o n e . Tu t t i gli altri lo sentiranno in modi d i v e r s i , m a s e mpre e comunque sottopelle. I l b r i v i d o s u lle spiagge della decadenza d e e p s t a q u a . Tuffiamoci e sguazziamo nel m ae l st r o m a n c ora una volta.(6.7/10) M a r c o B r a gg i o n Kooks – Konk (Emi / Virgin, 11 aprile 2008) Genere: rock, pop Non e r a e sa t t a m ente il piatto più fre sc o in t avo l a , l ’ e so r dio dei K ooks, ma sape va c onced e r e q u a l c h e sfizio anche all’asc olta tor e p i ù sm a l i z i a t o. Se In side In / In side Out (2 0 0 6 ) a v e v a un pregio, era quello di a z zecc a r e i su o i bei centri in maniera r e la tiv ame n t e “ i n so lita” – cioè più rock or ie nte d, e me n o i n d i e & trendy - rispetto alle band c o e t a n e e , p u n tando in ultimo luogo verso u n su o n o e u n target decisam ente ma instr e a m . R i s u l t a t o : 2 milioni di copie vendute, e s u sse g u e n t e trasformazione dei raga z z i in q u es t i o n e i n r ockstar anni ‘70. C on tutto c iò che d i n e g a t i v o può conseguirne. C ome de fi n i r e st e q u a l cosa com e D o You Wan na ( c he fa, p r e ssa p p o c o, “do you wanna make love t o m e ” su u n t r emendo ritmo simil disc o) se n o n c o m e i l peggiore dei cliché, roba che s cri v i q u a n d o troppe groupies ti hanno da to a l l a t e s t a ? B asterebbe questo esempio per l i q u i d a r e se n za troppi rim pianti K o nk, ma s en t i a m o c o m unque il dovere di ag giunge re c h e : 1 ) l a produzione dell’egregio Tony H o f f e r c o n f e r isce quell’arom a califor nia no t u t t o c l a p p i n g e coretti (cfr. Shine On) che affi o r a i n si st e n tem ente fra un assolo AOR e u n a s t r i z z a t a d’ugola alla Sting; 2) il fatto d i a v e r r e g i st r a to negli studi di R ay Davie s – i K o n k , a p p u nto - deve aver stuzzic a to una cert a v e n a k i n ksiana (Mr. Maker), che però s i a n n a c q u a n ella totale e palese mancanza d i i r o n i a d e l tutto; 3) l’emotività Smiths / M or r i sse y c h e fa capolino qui e lì c oz z a tit ani c a m e n t e c on rocckoni da stadio d e l c a lib ro d i L o v e I t A ll, cose che m anco i Raz orl i g h t p i ù c o m piaciuti e piacioni (loro ha nno q u alc h e b e l l a canzone, però). (4.0/1 0) Antonio Puglia Langhorne Slim – Self Titled (Kemado / Goodfellas, 28 aprile 2008) Genere: country folk C i s o n o v o l u t i quattro anni, una specie di e te r nità , pe r da r e un se guito a W he n T he Sun’s Gone Down. Me glio c osì. I l b u o n Se a n Scolnick, per gli amici Langhor n e S l i m , h a a vuto te mpo e modo pe r c ova re u n a lb u m lungo c ome si de ve . Ovve r o: str in g a to , e n e rgic o, se nz a un mome nto c he se m b r i b u tta to lì a r ie mpir e . Lui e i suoi War E a g le s - P a u l De f iglia a l ba sso e Ma la c hi De Lo r e n z o a lla ba tte r ia - snoc c iola no in tr e dic i tr a c c e a ltr e tta nti motivi pe r tor na r e a c hi e d e r s i c o me sia possibile oggi, a nno 2008, p r o v a r e a n cora eccitazione per una music a c h e n u l l a possie de d’ ine dito, c he de lle no v ità n o n h a la f e bbr e , non sa pr opr io c he f a rsene. Spazio allora al folk rimagliato di squinternata ebbrezza errebì (l’hammond, gli ottoni, i cori) in Re be l Side of He av e n, strattonato bluegrass prima e psyc h- blue s poi ne lla tr a volg e n te S h e ’s Gone , ve na to ir ish ( il f iddle , la f is a r mo n ic a ) ne lla c a r e z z e vole e inc a lz a n te S p in n in g Compass, r a vviva to boogie c on e s iti v a u d e ville (vibrafono, pianoforte) ne l l e d e l i c a t e tr e pida z ioni di Worrie s. C’è c h e c o n u n a voc e c osì - se lva tic a tr ia ngola zio n e M c Go wan-Gor don Gano- Tom Pe t t y i n n a ff i a t a a mie le e nitr oglic e r ina - puoi p e r me tte r ti di tutto, a nc he la te ne r e z z a più in d o le n z ita, con buona pace delle mamm o l e t t e à l a Jam e s Blunt ( le tte r a lme nte polv e r iz z a to in Cole tte ) e de gli or ma i bolliti B e n Ha r pe r ( ve di que lla Diamonds And Gold c o n l’ o rg a no e il c ontr a bba sso a stilla r e ar d e n te s ie r o soul). Una voce e una flagranza strume n t a l e c h e t i r a c c onta no qua lc osa di vivo e v e r o , in ta n to c he si spe lla no il c uor e e gr a ttu g ia n o u g o le se c ondo il c a so. Che si tr a tti di a c r e s c o r r iba nda r ’ n’ r da Eddie Coc hr an rin g a llu z z ito House m ar t ins ( The Hone y moon ) , d ’ u n a c r u da f r a nc he z z a Cat St e ve ns ( Hum m in g b ird ) , d’ una sgua ia ta te ne r e z z a dyla n ia n a in O h Hone y o di que lla He llo Sunshin e b a tte n te e ie r a tic a c ome un John Lydon ir r e tito Ve lv e t Unde r ground. C’ è insomma un’ impe tuosa na tu r a le z z a d ie - tr o a q u e s te c a n z o n i, c o s ì o v v ie e c o s ì p a lp ita n ti c o me l’ e me r ito c o u n tr y f o lk d i R e s tle s s , c o n q u e l t e s t o c h e r e s p i r a s p e r a n z e e timori tra archetipo e contemporaneità. G r a n d is c o p e r u n o d e i mig lio r i u n d e r 3 0 in c ir c o la z io n e . ( 7 . 3 /1 0 ) Stefano Solventi q u a lità d e l s u o n o e d u n c e rt o c o ra g g i o n e g l i a r r a n g ia me n ti ( u n p la u s o a l p ro d u c e r C h a rlie Fin k , le a d e r d e i N o a h A n d T h e W h a le ) . N o n è u n f e n o me n o l a M a rl i n g , s e m m a i una che sembra sinceramente rispettare anzi a m a r e q u e l c h e f a . A l la p r i m a m a n o d i u n a lu n g a p a r tita . Pr e s u mo . (6 . 8 /1 0 ) Stefano Solventi Laura Marling - Alas, I Cannot Swim (Emi, 11 febbraio 2008) Genere: folk L a u r a M a r lin g n o n h a a n c o r a d ic io tt’ a n ni, l’aria non appariscente anzi vagamente tormentata sotto al biondo selvaggio della chioma. A vederla te la immagineresti nel r u o lo d i c o n c o r r e n te g e n u in a ( e s f ig a te lla ) d i u n a Av r i l L a v i g n e , a l l a t e s t a d i u n o t r a i milio n i d i g r u p p u s c o li a lte r n a tiv i c h e in f e stano il suolo angloamericano. E invece no. L ib e r i d i e s e r c ita r e tu tta la d iff id e n z a d i c u i siete capaci, ma la qui presente inglesina ( d a E v e r s e ly, d in to r n i d i Re a d in g ) è b e n d e terminata a recitare il ruolo di cantautrice f o lk . G e n u in a me n te . Ce lo d ic o n o le c a n z o n i d e l s u o a lb u m d ’ e s o rd io , f o d e r a te d ’ u n a c o n s a p e v o le z z a imp r e s s io n a n te . Po i t’ imp o n i d i s me tte r e d i p e n s a r e a ll’ e tà d e ll’ a u tr ic e e te n ti d i a p p r e z z a r le per ciò che sono. Ciò che sono: piano, archi, o rg a n i e t a s t i e r i n e , c h i t a r r e n a t u r a l m e n t e mo lte a c u s tic h e , q u a lc u n a e le ttr if ic a ta f in o a ll’ imp e r tin e n z a - p e r b r u me tr a d itio n a l r is o lte c o n a c c o mo d a n te d is in v o ltu r a , s p e s s o s o s te n u te d a u n a h y b r is o mb r o s a e ta mb u r e g g ia n te q u a s i A rc a de F ire ( a d e s e m p i o n e lla b e lla Yo u ’ re No G o o d ) . Q u a n t o a l l a voce, è capace di freschezza indolenzita Be t h Or t o n c o n u n p iz z ic o d i ma la n imo C a t P o w e r , d i e s tr o p u lito Lis a Lo e b e g r a z i a v ib r a n te Sa ndy D e nny , d i f r e n e s i a a c u t a c o me a v r e b b e p o tu to Suz a nne Ve g a q u a lo r a s i f o s s e s b r ig lia ta To r i A m o s q u a n d o a n c o r a e r a in te mp o ( il v a lz e r in o in s id io s o d i M y M a n ic A n d I ) . C ’ è f i n t r o p p o s e l f - c o n t r o l , una ostentazione di maturità-ad-ogni-costo che tiene un po’ al guinzaglio le melodie, a ff o n d a n d o i l c o l p o r a r a m e n t e a m a i f i n o alle estreme conseguenze (ci si avvicina f o r s e n e ll’ a ff r a n to s tr u g g ime n to d i N i g h t Te r ro r , c h e n o n s p ia c e r e b b e a z io La ne g a n, o n e lla ma lin c o n ia d o lc ia s tr a d i Ta p A t M y Win d o w) . R e s t a i l f a t t o c h e i d o d i c i p e z z i filano che è un piacere, non ultimo per la Logoplasm & Punck – Drunk Upon Thy Holy Mountain (Setola Di Maiale, marzo 2008) Genere: field recordings M e tà J o d o r o w s k y, me tà t re k k i n g d e l l ’a n i m o . Flu s s o d i c o s c ie n z a in p re s a d i re t t a + ri e l a borazioni postume da parte del duo Paolo Ippoliti e Laura Lovreglio (Logoplasm) e di A d r ia n o Z a n n i, a . k . a . P u n c k . D r u n k U p o n T hy Ho ly M o unta in c o n s i s t e d i u n a u n i c a , lunga traccia in cui i suoni trovati durante u n w e e k e n d d e ll’ e s ta te 2 0 0 7 v e n g o n o s t ra v o lti e r ic o mb in a ti s in o a d e s s e re i rri c o n o scibili e tramutarsi in un qualcosa di nuovo. U n f lu s s o s o n o r o me la n c o n i c o , u n ’o n d a c h e mo n ta s in o a d ila g a r e , u n ri t u a l i s m o a s t ra t ta me n te c o n c r e to n e l p i e g a re l a q u o t i d i a n i tà d e l s ib ilo d e l v e n to o d e l l o s c a m p a n e l lio d e lle mu c c h e a l p a s c o l o , d e l c i n g u e t t a re p la c id o d i u c c e lli o d e l l a m e c c a n i c a v o c e d i u n n a v ig a to r e p e r a u to a d u n a fo rm a d i p o e s ia s o n o r a in c o n tin u o d i v e n i re . U n p e r c o r s o me r a v ig lia t o , u n t re k k i n g i n t e r io r e . I n c ima a lla mo n t a g n a s i t ro v a l o s fi nimento dell’estasi, l’appagamento di ogni s e n s o , la n a tu r a le f u s io n e c o n e n e l l a N a t u ra. E ci si sente ubriachi di cotanto sentire. ( 7 . 0 /1 0 ) S t e f a n o P i ff e r i Low Frequency Club – Self Titled (Polka Dots, 7 marzo 2008) Genere: electro Si fa presto a essere folgorati dal giro DFA / LCD Soundsystem e a riproporre la mattanza new wave/elettrohouse per giovani danzatori d’ Italia. I Low Frequency Club, all’esordio su album s/t dopo l’EP Emotional Phunk, fanno più o meno questo, senza cattivi risultati né gloria sfavillante. Come introduzione saremmo apposto così, se non fosse che leggendo le biografie dei musicisti si rimane incuriositi dalla loro presunta provenienza, chi dai Bosqujo, chi dai Seymourfunk, tutti dal SA 69 RECENSIO funk davvero proveniente dal topos di James Brown. I motivi del cambiamento? Ancora, ci sono rimasugli del funk nella trasformazione electro? E, ultima domanda; c’è stato giovamento nella svolta? Dummy sembra trovare un buon compromesso tra il battito incessante dell’ambiente di cui all’inizio e un basso che denuncia quello che la voce dichiara, cioè un calore soul (lo stesso di Everytime) prestato all’ancheggiamento. Fa molto meglio Enjoy, senza voce e con un’articolazione pienamente anni Novanta (addirittura Orb?) – che forse sarebbe più interessante provare a miscelare con il funk, piuttosto che quella solita electro di scuola wave che ormai ha fatto scuola e ripetizioni. Ma tant’è, la voce torna piacevole, la pasta dei synth (sintetici) emula l’analogia (Thinkin’ About The Funk) o – strano – gli Ottanta (You Don’t Know Me), il battito torna sui quattro quarti – dove non si intende cassa dritta ma pulsazione – i brani, per dirla tutta, ad uso dei dj – vedi Night In Green, citazione Air/Kraftwerk compresa. Solo con Programs? arriva del vero electrofunk, ma è troppo poco (ma abbastanza buono) per rispondere a modo alle domande poste. (6.0/10) G a spare Caliri Luke Lukas - Super Wurthluss (Lepers, marzo 2008) Genere: lo-fi folk Be n qua ttr o nuove usc ite in s imu lta n e a pe r la be ne a ma ta Le pe r s Pr odu tc io n s , tu t- te me r ite v o li n o n f o s s e p e r il s e mp r e r a g guardevole rapporto qualità-prezzo, tra le q u a li q u e s to Sup e r Wur thlus s , u s c ita a tip ic a r is p e tto a ll’ a n o ma lo c a ta lo g o d e lla f r e e d o w n lo a d la b e l b a r e s e . N e l r o o s te r le b b r o s o il texano (?) Luke Lukas sembra infatti il b a mb in o c o n la p is to la d i le g n o tr a i te p p is te lli a r ma ti d i s c a c c ia c a n i, ma la s u a mo rb id a a c id u la r e mis s io n e lo - f i p r o c e d e in e s o r a b ile , c o n s a p e v o le c h e n o n c ’ è v itto r ia ma neanche sconfitta per chi procede sul lato defilato della strada. Loser totale, slacker s e n z a s c a mp o , mic r o p u n to d i v is ta c o l c u o r e in v e n a d i s a r c a s mo e d e lir io . Ch e p o i in f o n d o è u n a r o b a s e mp lic e e b a n a le . E il d if ficile è proprio questo. Quanti ne abbiamo s e n titi e r is e n titi d i ma la n imi s v a mp iti c o me highlight Singer – Unhistories (Drag City, 25 marzo 2008) Genere: post/slow-soul H o l e t t o , nella presentazione di questo disco, che i componenti suonano c o m e s e f o s s e r o i n s t a n z e d i v e r s e , e non si sentissero – il che è ovviamente accompagnato da un “p e r ò ” , “ p e r ò c ’ è u n p e r ò ” , c i o è i l f a tto che l’effetto di insieme presenta delle legature e non della fac i l e c a s u a l i t à . U n a m e t a f o r a p e r i l s u cco della questione potrebbe essere una porzione della stessa pol p a s u d d i v i s a n e i p i a t t i d e i c o m m e n sali di tavoli diversi. F a t a l m e nte tutto questo m i ha r ic or da to il Capt ain Be e f he ar t de lla tr ota; ma c e r to s e a v e s s i le tto c h e i n f o rmazione ci sono Todd Rittman e Adam Vida (rispettivamente s e c o n d a c h i t a r r a e l ’ u l t i m o b a t t e r i st a degli U .S . Maple), tutto sarebbe stato più chiaro fin dall’inizio . I n U n h i stories di S in ger c’è anche la magica arte del contrappunto, ma n o n e l e v a t a a u n i c o c r i t e r i o c o s t r u t t i vo, anzi come fattore di uno smembramento il cui risultato è la l e n t e z z a d e l l o s l o w - c o r e e u n g i o c o s u l l a t r a d i z i o n e a m e r i c a n a (come nella chitarra de ll’ iniz ia le Slow Ghosts). Le voci, estratte d a l c o n t e s t o , s p e s s o i n c o r o , s o n o v i t t i m e d e l l ’ i n d i e t u t t o ( v e r a novità, piacerà o me no, r ispe tto a gli U.S.M.) , ta nto c he il c a nt a to a v o lte r ic o r d a g li u ltimi 9 0 D a y M e n. A s c o lta n d o p e r ò P lease, Tell The Justice s We ’ re Fine , ne l pa r tic ola r e , si gusta la d iff e r e n z a d i to c c o tr a q u e lli e i Sing e r ; p e r s e n tir e u n b a t t i t o (sim ile, bom ba!, ad a lc une inve nz ioni de gli Xiu Xiu di Knif e P la y ) c h e l a s c i a i n d i ff e r e n t i i m u s i c i s t i m a p e r c u o t e l ’ a sc o l t a tore in un ballo strania nte ; a suo modo, un pic c olo c a pola vor o. To r n a n d o al generale, l’impost azione di scollatura tra le parti è quella che q u a l c h e a n n o f a s i s a r e b b e d e t t a d e l p o s t r o c k , o l t r e c h e d e l math dei Maple. L a vec c hia c a r a de str uttur a z ione , ma c on impor t a n ti d iff e r e n z e ; q u i ( D u m b S m o k e ) e s s a è r e a l i z z a t a t r a m i t e v ocalità sfacciatamente soul e interventi di chitarra che sono quas i e s c l u s i v a m e n t e a c c o r d i , c o n t r a p p u n t i o m i n i a s s o l i b l u e s ( P arty Lessons); non c’è mai un riff angolare, per intenderci. Il ve r o l e g a m e a l p o s t è f o r s e l a b a t t e r i a , m a n o n a l p o s t d i v u l g a t a, ma a quelle forme p r ototipic he di svinc ola me nto da una str uttu r a c h e c o mp a r iv a n o in Twe e z d e g li Slint , p e r e s e mp i o , e c h e qualche anno dopo avr e bbe r o r ie la bor a to i Don Caballe ro - e s u c u i a v r e b b e r i c a m a t o a n c h e K e v i n S h e a , c o i s u o i S t o r m ’ n ’Stress (la prima m età di Div ining) , misc e la ndole a pr ove nie nz e f r e e - ja z z . L a c h i t a rra richiama allora sol o qua e là Beefheart, ma per una sorta di su a v e r s i o n e p i ù d e s e r t i c a e f i g l i a d e g l i a n n i N o v a n t a ( P a rt y L e ssons), come è naturale che sia. In effetti è questo che rimane; u n a d e s e r t i f i c a z i o n e c h e p e r ò n a s c e d a l c a l c o l o s u l ( b u o n ) e ccesso della scrittura, dal barocchismo virtuoso, per così dire. Un d i r a d a m e n t o c a r n o s o , l a r a r e f a z i o n e d i u n ’ a r i a c h e r i m a n e f r izzante. (7.1/10) G a spare Caliri P o t S m o k e r , v a lz e r in i o p p i a c e i c o m e S o m e o n e To Lo v e e c io n d o la m e n t i d a h o b o l u n a ri c o me Kin d a D o wn ? E p p u r e , s e i l g i o c h i n o a n c o r a f u n z io n a a l p u n t o d i i n c a n t a re o s b a lo r d ir e s e c o n d o i c a s i, è p e rc h é o g n i t a n t o spunta qualcuno che conosce l’ingrediente mis te r io s o . U n o c o me L u k e , a d e s e m p i o . C a p a c e d i v a g a r e la s c iv o e v i s i o n a ri o c o m e u n Ba r re t t a lla f r u tta ( P eo p l e Are C o n f u s i o n ) , d i s te mp e r a r e lo Yo un g d i Po c a h o n t a s e i N e ut r a l M ilk Ho t e l p iù d i a fa n i c o n fa rra g i n o s a d is in v o ltu r a ( Le ft Wi n g Bl u e s ), d i s b ri g l i a r e a rg u z i e v o c a l i s u b e a t b o x s i n c o p a t o c o me d e i Be t a Ba nd b u s k e r (Ma s s i v e To n e ) , p e r p o i r iv o g a r c i n o n u n a m a d u e t i t l e t r a c k , in v e r s io n e b a lla tin a a c c o ra t a p ri m a (d i s t i l la n d o f r u g a le te n e r e z z a O k k e r v i l R i v e r ) e b r a d ip a e b b r e z z a p o i ( t i p o u n B e c k c o l p i e d e n e lla f o s s a r ie mp ita a s c o t c h ). E non vi ho ancora detto di quanto suoni to c c a n te Le t G o , v o c e , u n a p i a n o l i n a e l a ma lin c o n ia p iù d o lc ia s t ra d e l m o n d o . A n d a te . Sc a r ic a te . G o d e te . (7 . 2 /1 0 ) Stefano Solventi Maninkari – Les Diables Avec Ses Chevaux (Conspiracy Records, novembre 2007) Genere: epic post-rock, folk I Go ds pe e d Yo u! Bla c k E mp e ro r c i m a n c a n o d a mo r ir e . E q u e s to è u n fa t t o . A l c o s p e t to di un poderoso (per suoni e per durata) d o p p i o a l b u m r e a l i z z at o d a u n d u o c h e a i c a n a d e s i d ic e e s p lic ita m e n t e d i i s p i ra rs i , i l p e n s ie r o n o n p u ò c h e r i t o rn a re a L i f t Yo u r Sk inny Fis ts L ik e An t e n n a s To H e a v e n . Ce r ti f r a n g e n ti d i te n s i o n e a s s o l u t a , l a m p i imp r o v v is i d i me lo d ia a b b a g l i a n t e , d i s s o nanze che sanno far male come un calcio n e i d e n t i , q u e i c a m p i on i d i v o c i r e g i s t r a t e . M e r a v ig lie e a n c h e , p erc h é n o , d i fe t t i , c h e d ic o n o d i s e n s ib ilità s e n z ’a l t ro a s s a i p ro s s i me , d i u n a s c r ittu r a a t ra t t i a l l i e v a s i n t ro p po disciplinata. E di alcune peculiarità: una passione che in tu ia mo v is c e r a le p e r u n fo l k a rc a i c o e d i s t u r b a t o , t a u m a t u rg i c o e d o s c u r o ( c h e , p e r r e s t a r e a l l ’ o g g i , e p er i n t e n d e r c i , g u a r d a p iù a Gr a ils e St e v e Vo n Ti l l c h e a D i r t h y Thre e e C lo g s ) ; u n a c u ra p a rt i c o l a re ri v o l ta a lla c o mp o n e n te p e rc u s s i v a d e l l e u n d i c i lu n g h e s u ite s tr u men t a l i (U n e I m p a s s e D a n s La Lu m ie re , U n e Pi e c e Ro c h e s s e ) ; l a r ic e r c a s u i timb r i c o n d o t t a c o n ri g o re e p a SA 71 RECENSIO z i e n z a g r a z i e anche all’utilizzo di strumenti d es u e t i ( P a rt i c ipation Mystic I e II, Cross i ng T h e E c h o ) , appartenenti a cultur e lont ane ( Co n st ru it Sur U ne E chelle P o ussie rre ) o p r e p a r a ti (U n Malaise D ’Ivresse ); il s o s t e g n o , s e m pre disponibile, mai abusato, d i u n ’ e l e t t r o n ica che non è m ai prima ttr ic e (Vol D e Nu i t ) e la fascinazione evidente pe r l a c l a s s i c a c o ntemporanea e l’improvvisata (Ope n i n g P i a no). R i s p e t t o a l l ’ E P d’esordio, essenziale come u n a l a m a , q u e s to L es D iables Avec Se s Che vau x si p e r d e inevitabilmente in lunga ggin i e c o l p i a v uoto, ma le intuizioni geniali d i s s e m i n a t e n el corso di quasi due ore di m u s i c a s o n o così numerose che ai fratelli Cha r l o t , p e r i l m om ento, ci piace pe r dona r e d avv e r o t u t t o . (7.3/10) spia tta te f r ia bili, r uvidi mir a ggi d i c h ita r r a e que i ba mbini c hia ma ti a c a nta r e c o n implume se r iosità tipo la Guns Of B r ix to n d i Sandinista ( ve di The Hunt) . Epp o i il c io n d o lio obliquo ne l bla ndo- f unk di B o m b s Awa y , c ome una f le bo di sde gno non c o n v e n z io na le , c he a gua r da r be ne inne r v a tu tto q u e l f a r e mistic a nz a di f olk r e siduo , s o llu c h e r o e r r e bì, da nc e - f unk ve tr osa , gosp e l ma r z ia le e br a ma spa c e y. L’ e ff e tto è va g a me n te z a p pia no a nz i me glio pe nsa r e a d e i C o u n t r y Joe And The Fish c e ntr if uga ti, s tr iz z a ti, in f e ltr iti, implosi ne l va go se nso d ’ imp o te n za d’oggidì. Considerati anche i v i d e o a d a lz o z e r o r e pe r ibili ne ll’ e diz ion e e n h a n c e d del cd, otteniamo una malferma, p a l p i t a n t e , f r a gile , sc hiz of r e nic a , in f in de i c o n ti r a c c oma nda bile ir r e quie te z z a . ( 6.9/1 0 ) Vincenzo Santarcangelo Stefano Solventi Miss Massive Snowflake - Queen’s Headache (North Pole / Starbage Music, 26 febbraio 2008) Mojomatics – Don’t Pretend That You Know Me (Ghost Records / Audioglobe, 11 aprile 2008) Genere: avant electro folk L’u o m o è S h a n e D e L eon, già trombe ttista e v o ca l i st n e i R ollerb all, scellerati sp e r ime nt at o r i d a P o r t l a nd. Il progetto Miss M a ssive S n o w f l a k e l o v ede a capo di un man ipolo di i n ca l c o l a b i l i com pagni di merende ( pr ove n i e n t i d a u n numero non meglio precisato d i b a n d ) , a r m a ta brancaleone col cu or e ind o m i t o , l a v e r v e genialoide ed il fare sga ng h er a t o p e r u na calligrafia tutta scon c e r to e apprensio ne, una svam pita me r a viglia inner va ta di psichedelia a ma rognola c a pa c e d’im pasta r e soul, hip-hop, c ountry ed elec tr o- pop com e un Pr inc e sballottato Be t a B and ( Swing Of H air), così c ome di e v o l u z i o n i w ave-soul che stempe r a no Ji m O ’ R o u r k e e i prim i U ltravox! ( Fossil Fi s s u re ) , p e r n on dire del B rian E no a bba ci na t o S p a r k l e horse in C ake o del sa r c a smo rap d a sb r a g o Beastie B oys in Who Wre c k e d T h e P a rt y . Ta s t i e r i n e e sbuffi di tromba, cinguettii s i nt e t i c i e st r ali di banjo, drum m ac hine e Genere: rock’n’roll, country, blues L’ a tte sa e r a ta nta pe r il r itor no d e i M o jo ma tic s, ba lz a ti pr e pote nte me nte a lle c r o n a c h e de ll’ indie tr ic olor e pe r un dis c o – S o n g s For Faraway Lov e rs – che sec o n d o a l c u n i si pote va r ia ssume r e c osì: non c’ è n ie n te d i più moderno di ciò che è antic o . D e t t a i n soldoni, meglio preoccuparsi d i f a r e b e l l e c a nz oni, indipe nde nte me nte da lle c a te g o r ie e dagli stili. Buttarla dunque sul r o c k ’ n ’ r o l l da a mplif ic a tor i sva lvola ti e c hita r r e s u o n a te c on una va nga piuttosto c he c o l p le ttr o . De c lina r e i pr opr i umor i su un co u n tr y p o lve r oso di un’ imma ginif ic a Amer ic a s u d is ta e pr ole ta r ia . Un uovo di Colomb o c u i in I ta lia , se c ondo a lme no qua nto dic o n o g li s te s s i Mojomatics, nessuno sembrava d a r e m o l t o c r e dito. Don’t Pre te nd That You Kno w M e n o n smuove di un millime tr o il duo v e n e to d a lle lor o c onvinz ioni. Ta nt’ è c he , dic ia mo lo s u bito, l’effetto sorpresa cade do p o l ’ a t t a c c o – c omunque pote nte e a ff ila to – d e lla p o d e r osa Wait A W hile . Se quindi l’a mb ito b a z zicato dai Mojomatics è sempr e l o s t e s s o , r e sta ina lte r a ta a nc he la c a pa c ità d i s c r ittu ra, che porta in dote una serie d i b r a n i c h e gir a no f luidi e or e c c hia bili. È il c a s o d e l r oc k’ n’ r oll e sa gita to di Cle an M y S in s , d e l blue s in ove r dr ive r e tr oda ta to d i A s k in ’ F o r A B e tte r Circ u m s ta n c e , d e l b e a t in g o lf a to d i a lc o l d i H o le I n M y H e a r t. Re s ta d ie tr o l’ a n g o lo u n a v a g h is s ima s e n s a zione di esercizio di stile, seppur di buona f a ttu r a . Co me s e me s s e u n a d ie tr o l’ a ltr o le c a n z o n i p e r d e s s e r o p a r te d i q u e lla f r e s c h e z z a d i c u i g o d o n o e f a n n o g o d e r e q u a n d o in vece ballano da sole. Sarà pure il vecchio g io c o d e l r o c k d i c u i p a r la v a n o g li St o ne s , o f o r s e il s e g n o d i te mp i in c u i n e lla mu s ic a formato mp3 si pensa di più al particolare che non all’opera generale. Il problema è che sullo scatto i Mojomatics convincono. Su lla lu n g a d is ta n z a a r r iv a n o u n p o ’ c o l f ia to n e . ( 6 . 5 /1 0 ) Manfredi Lamartina Murnau – L’angelo memore (Seahorse, marzo 2008) Genere: post-rock Co s a c ’ e n tr a u n ma e s tr o c o me Fr ie d r ic k Wilh e lm M u r n a u c o n u n g r u p p o ita lia n o , di Reggio Calabria, che tenta da 4 anni di s b a r c a r e il lu n a r io a ttr a v e r s o le p iù d is p a r a te e s p e r ie n z e ? L’ e s p r e s s io n is mo : f o r s e la chiave sta tutta in quella corrente. Il loro s u o n o , r ic o n d u c ib ile d ir e tta me n te a l mo v ime n to te d e s c o è il le g a me d ir e tto , il c o n tinuo richiamo all’arte del regista tedesco. I M u r n a u r is u lta n o , in u tile d ir lo , v is io n a r i, eterei. Basso ipnotico e suono riverberato d i c h ita r r a s o s p e n d o n o a p iù r ip r e s e . I l lo r o p r imo d is c o , p u b b lic a to d a lla Se a h o r s e d o p o anni di apparizioni dal vivo e demo, suona c o me c o mmis tio n e tr a p o s t- r o c k e s h o e g a z e ed in fondo era ciò che ci si aspettava. I s u o n i g o d o n o c o mu n q u e d i u n a d is c r e ta p e rs o n a lità , la lo r o c a r a tte r iz z a z io n e a v v ie n e p e r me r ito d i u n a r itmic a d e c is a , imp o r ta n te , d i s e n to r i p r o v e n ie n ti d ir e tta me n te d a gli anni ’80 e di una voce, per così dire, somma, pontificante. Il cantato in italiano, s c e lta c o r a g g io s a p e r u n g e n e r e c o l s u ff is s o ” p o s t” d a v a n ti, d o n a s e n to r i d a c a n to g r e g o r ia n o ( La c r im e e c e n e re e S e ta ) ; g l i s t e s s i te s ti s f io r a n o p iù e p iù v o lte l’ a p o c a littic o e il te tr o , n o n o s ta n te n o n p o s s a n o v a n ta r e p ic c h i lir ic i o f o r ti tr a tti id e n tif ic a n ti. I l me r ito p r in c ip a le d e lle p a r o le r is ie d e p e r ò n e l p e r f e tto a d a tta me n to a lla d ila ta z io n e d e lle c o mp o s iz io n i, p e c u lia r ità c h e a s s u me il d is c o n e l s u o d is te n d e r s i n e i min u ti. U n ’ o p e r a in e v ita b ilme n te o r ig in a le n e lla s u a o s c u r ità e p r o f o n d ità , c h e r ip o r t a i n m a n i e ra i n n e g a b ile a i P e r t ur ba z io ne , a i C u r re n t 9 3 o p i ù genericamente al più scuro post rock anni ’ 9 0 . ( 6 . 3 /1 0 ) Mar co Canepari Mystery Jets – Twenty One (Rough Trade, 24 aprile 2008) G e n e r e : i n d i e , n e w b r i t , ‘80 s p o p Q u e s ti q u a ttr o v e n te n n i s o n o g l i u l t i m i a rrivati fra quelli a cui è toccato in sorte di te n e r e a lta la b a n d ie r a d e l n u o v o i n d i e p o p londinese post-Libertines, insieme ad amici c o me J a mie T e l’ e s o r d i e n t e La u ra M a rl i n g , n o n c h é i p iù n o ti A r c tic M o n k e y s e K la x o n s . G ià d a i n o mi s n o c c io la ti in q u e s te due righe potete f a r v i u n ’ id e a d e i M y s te r y J e ts ; a g giungiamo che dietro questo Twe nty O ne ( g i à il s e c o n d o a lb u m) c ’ è Ero l A lka n, d j g e tto n a tis s imo – s i v o c i fe ra c i s a rà l u i n e l p r o s s imo Fr a n z Fe r d i n a n d – e p ro d u t t o re q u a s i d i c a s a a lla Ro u g h Tra d e , c o n s i d e ra n d o c h e il s u o n o me s ta a n c h e d i e t ro a l l a c o n te mp o r a n e a u s c ita d e lle L o n g B l o n d e s . L e g g e r i ma n o n tr o p p o , q u e s t i ra g a z z i s e m b r a n o v o le r r e c u p e r a r e t u t t o c i ò c h e s i s o n o p e r s i n e l d e c e n n io c h e l i h a v i s t i n a s c e re : quegli ’80 di cui riprendono, provandoci u n c e r to g u s to , a lc u n i s t i l e m i ri c e rc a t a m e n te k its c h – d ir e mmo , s i m p a t i c a m e n t e t ru z z i – a p a r tir e d a H id e a wa y , s o rt a d i B ro n s k i Be a t in f io r e tta ti d a c h i t a rra F ri p p / b o w i a n a , o M J , c o lma d i r if e r imen t i a U 2 / Po l i c e . D e i K la x o n s me n o e s a lta ti, v e rre b b e d a d i re ; m a le lo r o r a d ic i s o n o in r e a l t à i n e v i t a b i l m e n t e ( in d ie ) p o p ( d a Str o k e s e Li b e rt i n e s i n g i ù ), c o me mo s tr a n o le ta n te c a n z o n c i n e i n b i l i c o f r a r u ff i a n e r i a e i n t e l l i g e n z a , a rg u z i a e d iv e r tito p a r a c u lis mo , d i c u i a l c u n e a b b a s ta n z a g r a d e v o li ( Two D o o r s D o w n s u t u t te ) . Più c h e ma i s v e tta n te - v e d i l a n a s c o s t a t i t l e tr a c k - , l ’ u g o l a d e l l e a d e r B l a i n e H a r r i s o n , in u n imp r o b a b ile e q u il i b ri o fra s l a c k s g ra z ia to Cla p Yo u r H a n d s S a y Ye a h e c e rt o l i ri SA 73 RECENSIO highlight Sun Kil Moon – April (Caldo Verde, 1 aprile 2008) Genere: slowcore C h i s i a spettava un bel pesce d’aprile da Mark Kozelek deve rimandare. L’ u s c i t a d i A p r i l f i s s a t a p e r i l p r i m o aprile rappresenta tu tto fuorché un innocuo scherzo. Questo ter z o a l b u m s o t t o i l m o n i k e r S u n K i l Moon è la classica opera monumentale in puro stile Red House P a i n t e r s , c h e i l N o s t r o h a p r e p a r a t o e confezionato con una c ur a e un’ a c c or te z z a pr e ge voli f r e ga nd o s e n e a lta me n te d e lla f r e n e s i a c o nsumistica occidentale. Perché per addentrarsi tra le pieghe di qu e s t o d i s c o o c c o r r e t e m p o , m o l t o t empo. Undici canzoni per la bellezza di quasi un’ora e venti min u t i d i d i l a t a z i o n e s o n o r a , d i l i e v i arpeggi chitarristici, di sommesse melodie vocali. Insomma, se t t a n t 1 a q u a t t r o m i n u t i d e l m i g l i o r e Mark Kozelek. Quello dei primi album dipinti in quella casa r o s s a c h e t r o p p o s p e s s o h a o s p i t a t o la nostra disperazione accarezzandola materna. Infatti, rispetto a i p r e c e d e n t i d u e l p A p r i l è si c u r a m ente quello più riuscito. Che il Nostr o non si f osse ma i sta c c a to c o mp le ta me n te d a ll’ a p p r o c c io mu s ic a le d e lla s u a p r im a b a n d era cosa ben nota già da i la vor i pubblic a ti a nome pr opr io, ma c o n i Su n K il M o o n q u e l c o r d o n e o mb e lic a le in v e c e d i sf i l a c c i arsi naturalm ente si è r inf or z a to pe r sc e lta . Que ste ipnotic he , r ipe titiv e e le n tis s ime c a n z o n i c i r ip o r ta n o in tima me n te n e l g r e m bo dei R ed H ouse Pain te r s. Un’ inve r sa e voluz ione c he se mbr a e so r c iz z a r e id e a lme n te p r o p r io q u e lla s o litu d in e c a n ta t a d a s e mpre in tutti gli album. Un’ossessione, questa, che in April semb r a n o n c e r t o a t t e n u a r s i , m a m a t u r a r e , a c q u i s t a n d o l a d o l o r o s a consapevolezza che novità non sempre fa rima con onestà e orig i n a l i t à . C o s ì t r o v i a m o u n K o z e l e k s i c u r o d i s é , s e n z a a n s i a a l cuna di rinnovarsi, gettarsi a capofitto in ciò che gli riesce meglio , o v v e r o d a r e f o r m a a r t i s t i c a a l l a d i s p e r a z i o n e , a l l a n o st a l g i a , alla solitudine, per l’ a ppunto. La ma linc onia a c ustic a di Los t Ve r s e s , il c la u s tr o f o b ic o c r e s c e n d o e mo z io n a le d i To n i g h t The Sky – sicuramente il migliore episodio del disco – e la legg e r e z z a m i n i m a l e d i To n i g h t I n B i l b a o r a p p r e s e n t a n o s e n z a d ubbio il meglio del suo repertorio, facendoci capire l’unicità e l’i n f l u e n z a d e l l a s u a a r t e . E q u a n d o i n L i k e T h e R i v e r e i n U n l it Hallway è addirittura Will “Bonnie ‘Prince’ Billy” Oldham a im p r e z i o s i r e l a l i n e a v o c a l e , a l l o r a n o n r e s t a a l t r o d a f a r e se non inchinarci com m os si. P i ù c h e un pesce di aprile, Kozelek ci ha fatto un magnifico regalo: ci h a d a t o l a p o s s i b i l i t à d i r i p r e n d e r c i i l n o s t r o t e m p o , f a c e n d o c i sentire di nuovo a ca sa , tr a que lle qua ttr o mur a r osse , sic ur e e p r o te ttiv e c o me il g r e mb o ma te r n o . ( 7 . 2 /1 0 ) Andrea Provinciali s m o Je ff Bu c k ley, si fa portavoce di un e sis t e n z i a l i s m o d a cameretta che ben si sposa c o n c e r t e a t m osfere ’80 alla Smiths/Aztec Cam e r a ( n o n a caso, in Half In Love With El i za b e t h c ’ è lo zampino di S tep h en St re et). ( 6 . 7 / 1 0 ) Antonio Puglia Neon – Oscillator (Spittle, 2008) G e n e r e : p r o t o - i n d u s t r i a l , e l e t t r o n ic a O n d e e o s c i l lazioni, insistenti, durature, i p n o t i c h e , o sc ure. L a si può fare s e mplic e ; e p p u r e l o stupore (e perplessità) di chi p r e s e n z i ò a l Bananamoon di Firenze in q u ell ’ i n v e r n o 1979 rende necessario un dis co r so u n p o ’ più com plesso.R eset. Un’ e tichett a d i r i st a mpe può agire per alcune vie . P u ò o p p o r t u n a mente rim ettere in cir c ola z i o n e c o s e e s aurite dai cataloghi, oppure fare d e l l a r i c e rca, e attuare dei mecc a nismi di a ssoc ia z ione ine dita tr a mite la r ip u b b lic a z ione ; oppur e a nc or a , può inc a po n ir s i s u u n a sc e na , e r isf ode r a r la . Sa pe te già , s e u ltima mente siete stati attenti, quale sc e l t a h a f a t t o la Spittle Re c or ds; ma oggi a ndia mo u n p o ’ oltr e il ma nif e sto pr ogr a mma tic o d e ll’ e tic he tta f ilo- post punk ita lia no. O s c illa to r d e i Ne on è inf a tti un pr e z iosissimo r ito r n o , s ì, ma sopr a ttutto una nuova possib ilità d i c o nosc e nz a c he ovvia f ina lme nte a u n a c a s s e tta ir r e c upe r a bile – a doc ume nta r e l a p r ima a p parizione dal vivo del duo prot o - i n d u s t r i a l dal nome luminescente e artific i a l e , p r i m a a nc or a de l suo pr imo singolo; u n a f o to g r a fia con almeno due punti di for z a . I l p r i m o f ilologic o, a nz i me ta f ilologic o, c io è d i u n a filologia di secondo livello. G i à a l l o r a s i f a c e va una ope r a z ione di mode rn a r ia to , a n dando a pescare dal kraut più osc u r o e m e n o “suonato”, attraverso il synth a n a l o g i c o d’annata, “rinnovato feticcio post-punk”, c o m e a ff e r m a g i u s t a m e n t e Vi t t o r e B a r o n i n e llo s p le n d id o a r tic o lo c o n te n u to n e l b o oklet. Lo si faceva in Inghilterra, con pose mitte le u r o p e e a s p e r ime n ta r e le p o s s ib ilità d e lle p a s te s o n o r e d i q u e g li o g g e tti b o rb o r ig ma tic i – u n n o me s u tu tti? I C a b a re t Vo lt a ire , c o me d imo s tr a n o le r a c c o lte d e lle lo r o p r ime p r o d u z io n i. M a a q u a n to p a r e q u e s to a v v e n iv a , tr a Se ttanta e Ottanta, anche a Firenze, capitale insospettabile per altri versi; pensate che, a sostegno della natura proto - di questa u s c ita , la r e g is tr a z io n e f u c u r a ta d a M a s simo Michelotti e Maurizio Fasolo, di lì a p o c o – c o n A le x Sp a lc k – p iù n o ti c o l n o me P a nko w … M a u n a l t r o v a l o r e i n d i s c u s s o d i O s c illa to r è l a t r a n c e i n d o t t a d a q u e s t a mu s ic a , min ima lis ta n e l s e n s o – s o lito , p e r c e r ti a mb ie n ti – c h e v a d a To ny C o nr a d a lle mic r o - w a v e d e i N o v a n t a . U n m a g m a i m m a tu r o c h e r ib o lle le n to i n l u n g h e t ra c c e c h e ma i in iz ia n o e ma i f in i s c o n o , m a a v v e n g o n o , a mb ie n ta li e p r o ta g o n i s t e i n s i e m e , c o m e una prova ingegneristica che rivela il suo imp a tto mu s ic a le . O n d e e o s c i l l a z i o n i … ( 7 . 5 /1 0 ) G a spare Caliri Neptune – Gong Lake (Table Of Elements, 19 febbraio 2008) Genere: noise free-form Se n e l p e n u ltimo U n t i t l e d ( G o l d e n L a b , 2007) l’improvvisazione si fa via maestra p e r u n a f o r ma d i mu s ic a i p n o t i c a e c i rc o l a r e , n e l n u o v o G o ng L a k e l e s t ru t t u re s i fa n n o c o mp le ta me n te f r e e - fo rm e d i t re , a n c o ra e s e mp r e a lf ie r i “ D e L’ A rt e D e g l i S t ru m e n ti Autocostruiti”, eccellono al loro meglio. Ch ita r r e f a tte d i s c a r ti m e t a l l i c i , c o rp i c o n tu n d e n ti imp r o p r ia me n t e e i m p ro v v i s a m e n t e assurti al far musica, e poi le mille trovate s e n z a n o me . Se n z a a n te c e d e n t i a n c h e l ’e l e t tr o n ic a u s a ta . Sy n th e o s c i l l a t o ri t a l m e n t e s f r a n ti n e l s u o n o d e s u e t o -c o n c re t o , d a p re s e n ta r s i a lle n o s tr e o r ec c h i e c o n t i m b ri c h e atipicissime: magre, metalliche, piene di e c h i a le g g ia n ti e a p p a s s i t i . In d e c i fra b i l i . U n a c a s a f a n ta s ma , q u e s t a a b i t a t a d a i b o s to n ia n i N e p tu n e , d av v e ro “ i n e s p ri m i b i l e ” . J a s o n S . S a n f o r d , M a r k W. P e a r s o n e Daniel Boucher arrivano oggi al loro apice c r e a tiv o . G li a n n i s p e s i fra l i n e -u p v a ri a b i li donandosi ad una oscura, quanto tenace, c a r r ie r a u n d e rg r o u n d , h a n n o g i o v a t o e c c o me . E a d e s s o g o n g o la no l a p i ù t e t ra m i s t u ra d i Sw a ns e This He a t ( Ye l l o w Ri v e r ) . C o n ta n to d i v o c e , J a s o n ne l c a s o , a ri p ro p o rc i il M ic ha e l Gir a d ’ e p o c a . P i c c o l e s c u l t u r e d i s u o n o , le lo r o : o r a o s s e s s i v o e s t ra p p a t o ( P u r p le S le e p ) , a ltr e v o l t e (Pa r i s G re e n ) i n p r e d a a d e lir i f u n k y a tt ra v e rs a t i d a u n a a n i ma metallica (prossima ai primi Godflesh). G o ng L a k e s u o n a a b e r ra n t e . B u i o e t e a t ra l e c o me p o c h i a ltr i. I N e p t u n e s o n o c o n c e t t u a l me n te v ic in i a g li Eins tu r z e n d e N e u b a tu e n . I l d ir mo lto c o n p o c o . (7 . 5 / 1 0 ) Ma s simo Padalino Nico Greco – Parade Of The Paper Soldier (Seahorse, aprile 2008) Genere: songwriter L a tip ic a b e lla s to r ia q u e l l a d i N i c o G re c o : SA 75 RECENSIO l ’ a p p a s s i o n a t o di musica, che tenta la sua s t rad a e a l l a fine riesce nell’im pre sa pubb l i c a n d o ( a l m e no) un disco. N ato 34 a nni f a i n A b r u z z o , c o m incia a studiare la c hita r r a d a q u i n d i c e n n e , e porta avanti gli studi c onn u b i a n d o l a p ratica con la scrittura dei suoi s t essi b r a n i . Suona dal vivo, canonic a ga v et ta d a “ p r i n c ipiante”, girovagando pe r la cos ta a d r i a t i c a . C on gli anni, intanto , me tte a s s i e m e u n a n otevole collezione di dischi, a s c o l t a n d o q u alsiasi cosa (nelle influenze m ett e n o m i d a B ob D ylan a P rin ce) e f inis ce c o n l ’ a p r i re, nel 2001, un negozio tutto s u o . A f i n e 2 007 arriva il primo contratto f i r m a t o c o n P aolo Messere per la Seahorse Rec o r d i n g s. Che pubblica il suo primo la voro . D i sc o c h e a prim o acchito appar e c la ss i c o , q u a s i t r a dizionale. Cantautorato, folk, s t ru t t u r e c o n v e nzionali, incedere da ba lla te a m e r i c a n e . M a, andando ad analizzare più a f o n d o a r r a n giamenti e strumentazioni, si s co p r e u n m o n do che gode di caratte r istic he b en d i ff e r e n t i . Innanzitutto, N ico, è a bile p o l i st r u m e n t i sta: oltre a cantare e suona r e l a ch i t a r r a , i m braccia il basso, si dile tta c on l ’h a m m o n d e con le tastiere e sa come c omp o rt a r si c o n i ritmi di una batteria. I noltr e l ’ a l b u m p u ò vantare una sua variegatura. App a r i z i o n i d ’ armoniche e chitarre “ la gnos e ” d a n n o q u a lche connotato blues al tutto. Un d e b u t t o d i screto rivelante una dignitosa c a p a c i t à d i s c rittura, che però troppe volte s i ri t r o v a a c o zzare con le ritmiche f ine ndo i n ev i t a b i l m e n t e fuori posto, ben dista nte da u n a m e ssa a f uoco. (6.0/10) Mar co Canepari Our Brother The Native – Make Amends For We Are Merely Vessels (Fat Cat, marzo 2008) Genere: post-rock A t t e n z i o n e , mammut in arrivo! Post-rock al t am e n t e e v o c ativo, dilatato e atmosf e r ic o. Grosso m o d o all’incrocio tra Mogwai e gli app e n a sc i o l t i GY !B E per intendersi. Buoni i p a t t e r n s d e l l a chitarra, a volte app a r e nte m en t e t r a t t a t a , di Joshua B ertram e le intr us i on i d i l o o p e synth a creare una atmosf e r a s os p e sa e f l u i da. D a rivedere la voce distort a e f i l t r a t a c he nei m om enti m iglio r i se mb r a u n a v a r i a n te simil-black metal, in quelli p e g g i o r i l a n e nia nonsense dei Sigur Ros. Di s t u r b a n t e e a volte fastidioso, continua - me nte osc illa nte tr a r ic e r c a de l s u o n o p e rf e tto e a nne ga me nti in un oc e a no d i la c e r a n te tristezza, ma in definitiva a ff a s c i n a n t e . Ce r to a r r iva r e a lla f ine de l 78 mi n u ti d e ll’ a lbum è una impresa degna di u n i r o n m a n , pe r ò in que sto c a so, vista a nc he la g io v a n e e tà de i tr e , va le la pe na te nta r e . ( 6 . 5 /1 0 ) S t e f a n o P i ff e r i Paolo Benvegnù – Le Labbra (La Pioggia / Venus, 15 febbraio 2008) Genere: pop d’autore Le Labbra non tr a disc e a ssoluta me n te l’ e rmetismo di Benvegnù, anzi. N e c o n s o l i d a a nc or più i c onf ini pr ote gge ndon e la Ve r ità , la Sua Ve r ità . La ste ssa c he ve nn e c o r te g g ia ta e r a ggiunta be n qua ttr o a nni f a in P i c c o l i f ragilissimi f ilm – de butto solista dopo l’ e spe r ie nz a Sc ism a –, a c c a r e z z a ta e ba c ia ta in 14- 19, l’ep uscito lo scorso ge nna io, e inf ine inna lz a ta e c ustodita in que sta sua ultima f a tic a a utopr odotta . Ve r ità c he pe r ò ma i viene rivelata. Come se render l a p u b b l i c a significasse corromperla. Essa è r i m a s t a e r ima ne pr ivile gio di poc hi, se n o n a d d ir ittur a e sc lusiva de l suo Ama nte. A p r e s e rvarla ci pensano queste undici t r a c c e c h e , muove ndosi c on sic ur e z z a tr a p o p d ’ a u to re, incursioni jazz e digression i a r t - r o c k e impr e z iosite da un ottimo la vo r o d i o r c h e str a z ione sottosta nte , c onf e r man o la ma tu r a z ione stilistic a r a ggiunta da l N o s tr o . I n fatti, stavolta, non si registran o c a d u t e d i tono dal punto di vista musica l e . U n p o p d’autore che, oltre alla miglior e t r a d i z i o n e ita lia na , r ie sc e a d e voc a r e pe r f i n o i R a dio he ad ( c ome ne l f ina le str ume ntale d i La p e ste ) ta nto è r ic e r c a ta la c ostr uz io n e a r mo n ica delle canzoni. Lo sforzo ma g g i o r e , o r a , r isie de ne l c ompre nde re la poe tic a d e ll’ a lbum. Pr e sunz ione , a utor e f e r e nzia lità e p r e te nz iosità : que ste sono le ma gg io r i c r itic h e mosse a Be nve gnù da c hi si se n te e s c lu s o a pr ior i da lla sua a r te . Ma in Le L a b b r a q u e sta sensazione di emarginazion e n o n è c h e u n ’ illu s io n e in iz ia le , u n a r e s is te n z a me n ta le a q u a lc o s a c h e d i r a z io n a le h a v e r a me n te b e n p o c o , p e r c h é f a c e n te p a r te d e ll’ in c o n s c io c o lle ttiv o . Pe r e n tr a r e a l s u o in te r n o occorre attenzione e arrendevolezza allo stesso tempo: farsi inebriare dalle parole s e n z a c h ie d e r e , f a r s i s e d u r r e d a lle me lo d ie senza desiderare. Una resa incondizionata, u n ’ in e v ita b ile d e r iv a , p r o p r io c o me a v v ie n e tra due amanti. Ecco: l’Amore. Questo, il tema principale dell’album. Inteso in ogni s u a p iù d is p a r a ta a c c e z io n e . C’ è q u e llo f is ic o d i La s c h ie n a , q u e llo s o ff e r to e d r a mma tic o d i I l Ne m ic o ( in d u b b ia me n te il p iù r iu s c ito e c o mmo v e n te e p is o d io d e ll’ a lb u m) , q u e llo ma la to d i La p e s te , q u e llo id e a le d i 1 7 8 4 , q u e llo s a c r o e p r o f a n o d i A m o re s a n to e b la s fe m o . Pr o p r io c o me le la b b r a p e r l’appunto: che baciano, sussurrano, urlano, mordono, sfiorano, pregano, per rimanere, in f in e , s e n z a p a r o le . Vir tù , q u e lla d i c o n c e d e r e e mo z io n a lità e p r o f o n d ità a lle lir ic h e s e n z a ma i s c iv o la r e in a lc u n s a n r e me s e / ita lo id e lu o g o c o mu n e , d a n o n s o tto v a lu ta r e in q u e s ti te mp i d i s u p e r f ic ia lità e a p p a r e n z a d ila g a n ti. Sic u r a me n te u n o d e i mig lio r a lb u m ita lia n i d e l 2 0 0 8 . “ Tu n o n s e i d a s a lv a re , s e i d a in n a lz a re , d a r im a n e re s e n z a fia to p e r n o n p a r la re ” ( 7 . 2 /1 0 ) Andrea Provinciali P.W. Long – God Bless the Drunkard’s Dog (Southern, aprile 2008) Genere: punk-blues The Hi-Risers – Once We Get Started (Rock&Roll Inc, aprile 2008) Genere: rock’n’roll dei primordi Lo davamo per disperso, smarrito dietro le s u e a ttiv ità e x tr a - mu s ic a li c o me c r itic o c u l i n a r i o ( ! ) i n q u e l d i N Y. E i n v e c e e c c o l o q u i. E ta n to p e r s g o mb r a r e il c a mp o d a d u b b i o mis u n d e r s ta n d in g , d ic ia mo s u b ito c h e è p u r e in g r a n d e f o r ma . M is te r Pr e s to n Wr ig h t L o n g to r n a a d is ta n z a d i q u a lc h e a n n o d a Re me mb e r e d ( 2 0 0 3 ) , p e r d e il s u ff is s o Re e lf o o t ma r ip r e n d e il d iscorso da dove lo aveva lasciato. Anzi, da p o c o p r ima . E s a tta me n te r ip r e n d e il d is c o rs o in te r r o tto d a i M ule ( e d a i c u g in i La ug hing Hy e na s ) , q u e l c o n c e n tr a to d i p u n k blues e tradizione americana suonato fuori d a i c a n o n i c h e a ttr a v e rs ò i ’9 0 c o n 2 o t t i m i a lb u m. L o n g n e r ip r e n d e l ’a t t i t u d i n e s c h i e t ta e la r ic ic la in c h ia v e p i ù i n t i m a e p e rsonale. Elettricità e slide, southern rock e b lu e g r a s s , b o o g ie ’ n ’ r o l l c h e s a d i p o l v e ro s e la n d e e s to r ie q u o tid ia n e d i p e c c a t o e re d e n z io n e , in d e f in itiv a. S u o n a t o i n m a n i e ra a g g r e s s iv a e c a n ta to c o n l a ra b b i a e l ’u g o l a b r u c ia ta d i c h i n e h a v i s t e e v i s s u t e t a n t e . E s e p e n s a v a te c h e q u e s t o p o t e s s e e s s e re i l canto del cigno, beh, non avete fatto i conti con PW Long, un uomo solo al comando. ( 6 . 7 /1 0 ) Sta n d o a lle n o te b io g ra fi c h e , g l i H i -R i s e r s s u o n a n o “ e n e rg e t i c , s o n g - o r i e n t e d ro c k ’ n ’ ro ll” . E c o me da r l o ro t o rt o , s o p ra t tu tto u n a v o lta a s c o lta t e l e 1 4 t ra c c e d i q u e s t o d i s c o ? E n e rg i c i l o s o n o e c c o m e , c o s ì c o me in f is s a to ta le c o n u n i m m a g i n a ri o c h e , a f a r la b r e v e , p o tr e b b e e s s e re q u e l l o d i H a p p y D a y s . Ca mic ia b ia n ca e c ra v a t t i n a s t re t t a e nera. Facce da ragazzi per bene, composti ed educati, i tre sono completamente fermi a g li a n n i ’ 5 0 e ’ 6 0 . Ca p a c i , c i o è , d i s p a ra r e g e mme p o p d a d u e m i n u t i e m e z z o n e t ti l’una che trascinano senza indugi verso il c e n tr o d e lla s a la d a b a l l o . R o c k a b i l l y e r h y t h m a n d b l u e s , c o un t r y, d o o - w o p e s u r f si mescolano in dosi uguali al più sano e p u r o s p ir ito r o c k ’ n ’ r o ll . E s e p e n s a t e c h e l a p r ima f r a s e c a n ta ta d e l d i s c o è O n c e w e g e t s ta r te r, we c a n n o t s to p ! b e h , a v e t e p re s e n t e q u a l è il c o n te n u to d e l d i s c o . D i v e rt i m e n t o , n u lla d i p iù , n u lla d i m e n o , a n c h e s e i l b e l l o s e mb r a lo f o r n is c a n o d a l v i v o . (6 . 4 / 1 0 ) S t e f a n o P i ff e r i R.E.M. - Accelerate (Warner, 1 aprile 2008) Genere: rock D iff ic ile te n ta r e d i s p ieg a re p e rc h é i l ri t o rn o a l f u tu r o d e i R. E . M . p u ò d i rs i t u t t o s o m m a to r iu s c ito . D iff ic ile p er n o n d i re a n t i p a t i c o , p e r c h é p o i ma g a r i v ie n v o g l i a d i fa re c o n f r o n ti c o n imp o r ta n ti b a n d p a ri e t à . La s c i a mo s ta r e . L imitia mo c i a d e n t ra re n e l m e ri t o d i q u e s ta u ltima f a tic a d e l t ri o d i A t h e n s . In primis, come tutti saprete, i propositi a v a n t- p o p a v v ia ti c o n l ’o t t i m o U p fi n i s c o n o tr a le o r tic h e . Sa r à p e r g l i e s i t i n o n s e m p r e b r illa n ti c o n s e g u iti i n R e v e a l e A r o u n d T he Sun, o p p u r e s a r à - c o m e d i c h i a r a n o e s s i s t e s s i - l a r i n n o v a t a u rg e n z a d e t t a t a d a i SA 77 RECENSIO t emp i c h e c o r r ono. Q uale che sia il me ta f ori co v i a g r a , i l qui presente A cceler ate non s u o n a a ff a t t o come un album di me zza età. Il p i g l i o è f i n da subito im petuoso in se ll a a l b a sso i m pellente e alle chitarre r if r a tt e, r u v i d e , sf r angiate. Tu chiamalo se vuoi h a r d c o r e q u e l puntare al sodo senza sconti d i L i v i n g We l l Is T he B est R evenge, che gli H ü sk e r n o n so no poi così lontani, me ntr e la s ucc e ssi v a M a n -Sized Wreath im pasta wa ve , erre b ì e p si c h edelia con estro incand e sc e nte e ac i d u l o c h e s embra spiovere in dir e tta da Gr e e n . Adre n a l i n a p e r adrenalina, m ettete in c onto quella Horse To Water che potr e bbe passare per una C atapult ancora più a rotta di c ollo e chitar r e unghiose, co sì c ome la title trac k c he m escola distorsione con tr olla ta e pungolo wa ve tipo - che ssò – i b ene a m a t i S o un d , senza scordare ovvia m en t e i l si n g olo Supernatural Super se rious col su o j i n g l e jangle birbone altezz a - più o m e n o - D o cu ment.Sono insomma quella m i s c h i a d i v e cchio e nuovo che ti a spe tte r e s t i i n c a s i del genere, compresa la gara ad im i t a r e se stessi – titolo virtuale di que s t a r e c e n si o n e : Im itation of R .E .M. - c he se d a u n a p a r t e i ntristisce (a pensarci bene, è l a p r i m a v o l t a che gli accade) dall’a ltr a bis o g n a a m m e t t ere che… gli riesce piuttosto b ene . F e r m a r estando la collaudata se nsa zi on e d i g e n u inità, che a questi live lli di f a ma è u n a s pecie di miracolo (a pensarci b ene , c o n l o r o è la regola). P er d i r e , se H ouston da un lato sem b r a limit a r s i a c i c a t r i zzare le diverse inqu ietudini t arg a t e N e w Adventu res In H i-F i e Fables Of T h e R e c o n struction, possiede altr e sì una “feb b r e c i v i l e ” com e m inim o dignitosa ( olt re a d u n h a m mond dall’acidità qua si Nick Cav e ) . Vi c e v e rsa, una Sing F or T he Submar i ne i n c a p r i c c ia valzer, e-bow ed ec topla s m i B e a c h Bo y s mirando all’etera sole nnità d i U p c o n p e r ò una scrittura vacua come i p egg i o r i m o m enti di A rou n d T he Sun, r ipa rand o i n e c c e s si d’arrangiamento che d’ a l- tr onde c i possono sta r e c on un p r o d u tto r e c ome Ja c knif e Le e ( già a l la vo r o c o n E d itor s e Ka sa bia n) . Tanto per celia aggiungiamo ch e l a v o c e d i Stipe suona be nissimo c on le sue r u g h e n u o ve di zecca pasturate a nicotin a ( e v i d e n t i in Hollow M an) e c he I ’ m Gon n a D J p r o vocherà sorrisetti di sufficienza c o n l e s u e moine da c ugine tta biz z osa di P o p S o n g ’ 8 9 c he f lir ta c on la ma tur a I t’s The E n d O f Th e World. Poco più di mezz’ora in f i n d e i c o n t i , ne ssun c a lo di te nsione , poc hi i p ic c h i, d isc r e to il pe so spe c if ic o: ne lla r a g g u a r d e v o le disc ogr a f ia di que sta a dor a bile b a n d , A c celerate non si colloca certo in p r i m a f i l a , ma è di que i titoli c he sc a lpita e s g o mita p e r gua da gna r si gli a ltopa r la nti. ( 6. 5 /1 0 ) Stefano Solventi Retribution Gospel Choir – Self Titled (Caldoverde / Konkurrent, 28 marzo 2008) Genere: rock Alan Sparhawk confeziona con R e t r i b u t i o n Gospe l Choir il pr oge tto de lla p o r ta a c c a n to, r ie mpie la sta nz a d’ a mplif ic a to r i, in v ita Matt Livingston ad occuparsi d e l l e q u a t t r o c or de , c hia ma Er ic Polla r d a pe s ta r e s u i ta mbur i ( se nz a c ur a r si tr oppo de l c as in o ) , q u in di lascia a Mark Kozelek l’one r e e l ’ o n o r e di orga niz z a r e la se r a ta ( le ggi: la p r o d u z io ne ) . La moglie Mimi Pa r ke r f a u n a c a p a tin a giusto pe r ve de r e se i r a ga z z i h a n n o b is o gno d’ uno spuntino, c a soma i d’ u n c o r e tto in Bre ak e r, pe z z o qui in ve r sione b e n p iù tu rgida di que lla pr e se nte in Drum s & G uns , cosa che del resto accade ad u n a f o s c a e pa lpita nte Tak e Your Time . Già , p e r c h é A la n e compagni di merende si prend o n o l a l o r o se r a ta di libe r tà e da nno f uoc o a lle p o lv e r i, anche se tutta l’elettricità e la v e e m e n z a e la disinvoltur a di que sto mondo n o n p o tr e b be r o sba r a glia r e la be n nota c a llig r a f ia in dolenzita. Se ntite vi que lla W hat She Turn e d I n to c h e pur e sc ior ina una a llur e pop- r o c k in a u d ita pe r il Nostr o, o una Some bo d y ’s S o m e o ne all’insegna di un hard blues i n g r u g n i t o : resta pur sempre quella vibraz i o n e s o t t o , un’inquietudine partecipe da ca n t o r e d e l l a c onte mpor a ne ità c he non molla l’ o s s o e c h e esala evidente tra gli umori e l e s c a r i c h e qua si St one Te m ple Pilot s di T h e y K n e w Yo u We ll, p e r n o n d ir e d e l r u g g in o s o ma la n imo d i D e s tro y e r e H o le s I n O u r H e a d s ( tip o J a s o n M o lina s tr a tto n a to d a i C r a z y Ho r s e ) . P a r a d o s s a l m e n t e , q u e s t o d i s c o c h e s v e la a s p e tti in e d iti d i Sp a r h a w k , sembra in realtà precedere tutta la sua produzione, un viaggio alla s c o p e r ta d e lle s p in te p r o p u ls iv e d e l v e r b o s lo w c o re, un risalire alla r a d ic e c h e f r u tta una generosa, pote n te imme d ia te z z a ( d i s ta mp o Hüs ke r D ü in F o r H e r B lo o d e in b ilic o tr a N ic k C a v e e D re a m Sy ndic a t e in E a s y P re y ) . D i p iù : s e mb r a c h e n o n a b b ia ma i f a tto a ltro, e caspita se ne ha combinate di robe m e m o r a b i l i . Ve r r e b b e d a d i r e c h e l e u g g e v is c e r a li e a c id u le d i Kid s - q u a s i u n a p o c r if o y o u n g h ia n o - s o n o q u e llo c h e g li ( c i) a u g u r ia mo d a o g g i in p o i. ( 7 . 1 /1 0 ) Stefano Solventi s o n r a p ito d a i Ve lv e t U n d e r g ro u n d (S i g n La n g u a g e ) , la to s ta d e v o l u z i o n e k i n k s i a n a ( P h o n e Co ffin s ) , e p p o i – c e r t o - q u e i d u b o p p ia c e i e g a r r u li c o m e s p i ri t e l l i fa n g o s i , u n c e r to p ig lio in s id io s o e s b ru ffo n e J o n Spe nc e r e lo s la c k e r is m o s p a e s a t o d a B e c k : tu tto c iò , c o n f r o n ta to e u n i t o a l re c e n t e l a v o r o s o t t o l ’ e g i d a I n st r u m e n t s O f S c i e n c e A n d Te c h n o l o g y - c h e q u i n d i t e c n i c a m e n t e n o n è u n p r e d e c e s s o r e - s e m b ra v o l e rc i ra c c o n ta r e u n o Sw if t in te n t o n e l l e p ro v e t e c n i c h e d i u n a c a r r ie r a , c h e s e m m a i h a i l t o rt o di venirci proposta come una carriera vera e propria. Resta il fatto che in questo stuzzicarsi, in questo mettersi alla prova per delimitare gli a mb iti e i limiti d e lla p ro p ri a a z i o n e a rt i s t i c a , c ’ è u n c e r to f a s c in o . M a n o n c ’è S w i ft . L’ a u to r e è il g r a n d e d i s s i m u l a t o , c o l u i c h e si defila lasciandoci un frammento di sé, c u r io s o ma in s o d d is f a c e n t e , u n g i o c o d i m e mo r ie d a r ic o s titu ir e , i l c a n o v a c c i o s u c u i u n g io r n o s a r a n n o s c r it t i i l a v o ri “ s e ri ” . Nell’attesa, prendiamo atto con un pizzico d i g o d u r ia e ta n ta p e r pl e s s i t à . (6 . 0 /1 0 ) Stefano Solventi Richard Swift - As Onasis (Secretly Canadian, 4 aprile 2008) Rio Mezzanino - Economy With Upgrade (Danza Cosmica / Audioglobe, 10 aprile 2008) Genere: garage blues Dunque, eccoci ancora a Richard Swift. Il q u a le s e n e e s c e s ta v o lta c o n u n d o p p io a lb u m, d ie c i c a n z o n i p e r d is c h e tto , q u a r a n ta p iù o me n o i min u ti c o mp le s s iv i. Q u a n ta p la s tic h e tta s p r e c a ta , v ie n e d a d ir e . M a v a b b è , le c if r e d i v e n d ita n o n s mu o v e r a n n o certo le superclassifiche, per cui pazienza. Probabilmente alla base di questa bizzarra s c e lta d o v r e b b e r o e s s e r c i g li s te s s i mo v e n ti c h e in f o r ma n o la mu s ic a , u n g a r a g e - e r r e b ìd u b p e r v a s o d i me mo r ia e f a n ta s mi. Più c h e r if a r s i a i mo d i d e i r u g g e n ti Six tie s , s e mb r a c h e il c a r o Sw if t te n ti d i r ip r o d u r r e le s itu a zioni emotive provocategli dall’ascolto di q u e i d is c h i, p r e s u mib ilme n te v in ili d i me d ia d u r a ta d a i s o lc h i p a r e c c h io b is tr a tta ti a b is tr a tta r e in c is io n i o r ig in a li g ià p r o f u ma te di carboneria e mistero. I b lu e s f a n g o s i c o me F le t w o o d M a c a r c a ic i e d e s a u s ti ( Va n d e r v e ld e B lu e s ) , il tu rg o r e s g r a n a to Sm a ll F a c e s (S M 6 0 ) , il p r imitiv is mo St o ne s (Yo u r M o m ) , u n R o y Or bi- Genere: folk rock Un debutto ma di quelli parecchio meditati, a n z i s me r ig lia ti, d ic ia m o p u re s t a g i o n a t i . E’ u n f a tto c h e s i a v v e r te c o n c h i a re z z a , s p ri z z a d a o g n i s o lc o d i q u e s t o E c o n o m y Wi t h Upgrade, ed è un bene. I Rio Mezzanino sono un quintetto di Firenze che si sbatte d a l ‘ 9 7 tr a in c is io n i e co n t e s t , fi n o a m e t t e re a punto questo sound robusto e vibrante c h e c h ia ma in c a u s a b ru m e t e x -m e x , a c i d e r ia ja z z - f o lk , me ta s ta si s o u l , i n g ru g n i m e n t i n o i r, o s t i n a z i o n i i p n o t i c h e p o s t - b l u e s e , vabbè, facciamo basta così. Vo g lio d ir e : s e n tite v i P h o e n i x , q u e l l a s p e c i e d i La ne g a n f o lg o r a to s u l l a v i a d ’u n a b o s s a languida, tra il cazzeggio di vibrafono e la v io la c h e s o ff ia ma lin c o n i a . O p p u re : i l t a n g o c o u n tr y c o i s o llu c h e r i a c i d i d i v i o l o n c e l l o e c h ita r r a in Win te r G h o s t , ro b a c h e n e a n c h e i Thinde r s t ic ks c o lti d a fre g o l a G i a n t S a n d . E a n c o r a : lo s tr u g g ime n t o o ri z z o n t a l e d i S i x F e e t U n d e r , v o c e e c o ri s u l b o rd o n e d ’a rc h i tr a p e r c u s s io n i in c a l z a n t i c h e c i s e n t i l a SA 79 RECENSIO t ene r a c u p e z z a dei L amb chop e i ca pr ic c i es o t i c i d e i M orph in e. E p o i v o r r e i dirvi la fum osa chime r a spa g h ett i w e st e r n di H and Searchin, l’enfasi p as t o sa d i w u rlitzer e violoncello in Lie s, i d E U S c o l c u ore in ambasce di F ire , una Don k e y c h e s’ aggira tra morbidi ectopla smi G u n C l u b e c artigli ossessivi F or Car nati o n . E i n f i n e , permettetem i, una non me no che st u p e n d a Moquette capace di diluir e m o l e c o l e Th i n White R ope e impr endibili s i n to m a t o l o g i e crimsoniane in una sierosa i n q u i e t u d i n e Tim B uckley. Un d i sc o c h e è com e aggirarsi al con f ine tr a s og n o e r i sv e g lio, tra incubo e miraggio, tr a ci ne m a e d e se rto. C hapeau. (7.3/10) Stefano Solventi Sebastien Tellier – Sexuality (Record Makers / Audioglobe, 17 marzo 2008) Genere: synthpop francese È ma t u r o S e b a stien, si sente, si sapeva e cosi l o s i v o l e v a : naif e prom ettente nel de butt o , e l e g a n t e e sardonico nel divenir e . È la s t o r i a d i u n a vita p as sa t a a d a sc olt are , g i o c o f o rza, p ro g ( p i ù l a Cant erb u r y d i R o b ert Wya t t c h e i “paterni” Magma) e i con e d i m a d ret erra ( l e g g i S erge G a i n s b o u rg i e ri e J ean Mi c h e l Ja rre o g g i ) , a sso r bend o n e l ’ e sse n z a tanto che criticarlo sa r e bbe c o m e s t i g m a t i zzare i Baustelle - giusto un n o m e - p e r a ver ascoltato troppo Ba ttisti. P o i c e r t o , f r e q uenti quello (gli A ir) f r e que nt i l ’ a l t r o ( M r Oizo) e l’incontro col “ Chr is t o” f r a n c e se , nella silhouette di Manue l de Hom e m , n o n p uò che essere terreno. Di et r o i c o m andi di S exuality c’è l’uomo d e i D a f t P u n k e la figura di Sebastien si d e u m a n i z z a i n corpo elettronico c ome un J a r r e f o r m a c anzone, orbitando nel sottile con f i n e c h e d i vide i R oyksöpp dagli Air pe r arg o m e n t a r e u n concetto, la sensualità , qua s i s e m p r e i n d o w ntem po (Look, U ne He ure , l a b e l l i ssi m a Manty) e seguito da sc ic c ose b al la d c h i l l y quali R oche, F ingers Of Ste e l e E l l e o l e v i g a ti fraseggi soft-core, Pomme , che tra ansimi femminei e pass i o n a l i s y n t h rendono pienamente l’idea. Il c a n o v a c c i o , insomma, ripiega in un elegan t e s u r p l a s s c he tolte a lc une e c c e z ioni tipo la s p a c e d isc o ( tr a l’ a ltr o il pr imo singolo ) d i S e x u a l Sportswe ar, l’ e r r e bì à la Justin Timb e r la k e di Kilome te r e il pop – un po’ Be a c h Bo y s ma a nc he ta nto Pla stic Be r tr a n d – d i D iv ine c onc ilia c ol pr of umo di don n a . Ch iu d e L’ Amour Et La Viole nc e : pia no e v o c e c h e c ommuovono, c oda c osmic a so ‘ 7 0 ’s e la ste ssa notte a r ive stir e . Cha pe a u . ( 7 . 5 /1 0 ) Gianni Avella Burial Hex - The Ritual of Abduction (Second Sleep, 2008) Knunn - Downhead Rabbit Tarots (Second Sleep, 2008) Ottaven – Il Futuro del Passato (Second Sleep, 2008) Genere: noise Tris di uscite per la neonata S e c o n d S l e e p tutte rigorosamente sul forma t o p i ù c o o l della scena noise, ovvero l’ant i c a m a m a i dimenticata cassetta. Partiamo c o n l a s t a r d’ oltr e oc e a no Bur ial He x, alle p r e s e c o n suoni pr ove nie nti da va r ie pe r c u s s io n i me ta llic he a c ui si a ggiungono r iv e r b e r i d istor sioni e volga r ità va r ie . Un su o n o ma r c io c a ta str of ic o e a sf issia nte . il c la s s ic o s p a rtito alla Maurizio Bianchi si ar r i c c h i s c e d i quel nichilismo e sporcizia che c o n t i n u a a c ontr a ddistingue r e le pr oduz ion i d e ll’ a me ricano. Tor nia mo in ita lia c on Knunn a k a Fr a n c e sc o Ra uc c i, gia c onosc iuto c ome Le x e s , c o n sonor ità più tipic a me nte ha r shno is e . I n q u e sto nuovo progetto Francesco d à m a g g i o r e e nf a si a lla c ompone nte te ne br os a e d r o n a n te ma se mpr e c olma di odio ( le g g a s i d is to rsioni a llo sta to br a do) a l c ui i n te r n o s e mbr a no a gita r si c r e a tur e da ll’ oltre to mb a . U n nome da te ne r e d’ oc c hio. Conc lu d ia mo c o n un ve te r a no de lla sc e na noise /po s t h a r d c o r e ita lia na , ovve r o Giova nni Don a d in i ( Wi t h Love ) a ka Cane dic oda c on il mo n ik e r Ot t ave n c he da se mpr e c ontr a ddistin g u e le s u e sor tite soliste . I l f utur o de l pa s s a to lu n g o i suoi be n 60 minuti snoc c iola il m e g lio d e lla sua pr oduz ione : bor bottii a na lo g ic i, ta s tie re vintage, distorsioni corpose e c o r p u l e n t e , c on un la to B be n c a r a tte r iz z a to d a a tmo s f e - r e p iù me d ita tiv e e d is o la z io n is te ; u n a p a lu d e d i lu g u b r i lo o p s a lie n a n te . L a c o n f e z io n e a mo’ di bomboniera con all’interno, oltre la c a s s e tta , u n s o r ta d i s k e tc h b o o k v e rg a to C a ne dic o da , r a p p r e s e n ta u n v a lo r e a g g iu n to d e te r min a n te . Tu tte e tr e le u s c ite d e n o tano il carattere transnazionale di un scena, q u e lla f r e e - n o is e , c h e s ta ma r c h ia n d o a f u o c o q u e s ta f in e d i d e c e n n io . ( 7 . 0 /1 0 ) Nicol a s Campa gnari Sera Cahoone – Only As The Day Is Long (Sub Pop, marzo 2008) Genere: folk A n n i p a s s a t i a f a r e d a s p a r r i n g p a r t n e r, a s u o n a r e p e r, a d a c c o m p a g n a r e i n s t u d i o e s u l p a lc o q u a lc u n o d i p iù f a mo s o o f o r tif ic a n o o s c h ia n ta n o le a mb iz io n i. Se r a Ca h o o n e , d o p o a v e r a iu ta to le s o r ti d e i C a r is s a ’s Wie r d e d e i “ c o n s e g u e n ti” Ba nd Of Ho rses (impegnandosi dietro la batteria), dopo a v e r g ir o v a g a to a s s ie me a I ro n & Wine e d i Lo ng Wint e r s , d o p o a v e r d u e tta to c o n P a t r ic k P a r k e Lis a Or t h, è f in a lme n te r iu s c ita a tr o v a r e u n ’ e tic h e tta e f a r s i p r o d u r r e u n d is c o f ir ma to d a le i e n e s s u n a ltr o ( Se r a Ca ho o ne , il s u o p r imo la v o r o s o lis ta d a ta to 2 0 0 6 , e r a u n a u to p r o d o tto ) . Si d ir e b b e f in a lme n te , p e r c h é , u n in timo e r if le s s iv o ta le n to s e r p e g g ia p e r tu tta la d u r a ta d i q u e s to O nly As T he D a y I s L o ng . A tte n z io n e f o c a liz z a ta s u v o c e e c h ita r r a a c u s tic a , ma r c h i d i f a b b r ic a d a c a n ta u tr ic e c a n o n ic a , a r r a n g ia me n ti d ’ a r c h i e a c c e n n i d i b a s s o p e r d is tin g u e r e i contorni. Sera si muove secondo i dettami d e l p iù r e c e n te f o lk c a n ta u to r ia le a me r ic a n o d e i v a r i e g ià c ita ti I ro n & Wine , Ba nd Of Ho r s e s p iu tto s to c h e M . Wa r d e C a t P o wer. Le note di chitarra, calde e corpose, s o r r e g g o n o u n a v o c e c h e s a r e n d e r s i f le b ile e d e lic a ta a ll’ o c c o r r e n z a . I l b a g a g lio c h e Sera si porta dietro è la sua storia stessa, il disco suona come le sue terre: il natio Co lo r a d o , le M o n ta g n e Ro c c io s e e tu tto c iò che consegue a questa idealizzazione e la s u c c e s s iv a e a ttu a le c a s a d i Se a ttle c o n f u s a n e lla ma lin c o n ia d e l n o r d o v e s t. ( 6 . 5 /1 0 ) M ar c o Can e pari So! – Stolen Time (Seahorse - Fridge / Goodfellas, marzo 2008) Genere: post-rock Po s t- r o c k , in I ta lia , è s in o n imo d i Se a h o rs e Re c o r d in g s . L’ e tic h e tta d i Pa o lo M e s s e r e continua infatti imperterrita il suo lavoro di piccola vedetta del “dopo rock” nostrano, scandagliando con cura i fondali sabbiosi e poco illuminati dell’indie autoctono per s c o v a r e o g n i v o lta n u o v e d e c l i n a z i o n i d i u n genere che, almeno nel Bel Paese, sembra n o n c o n o s c e r e c r i s i . L’ u l t i m a i n o r d i n e d i te mp o è la p r o p o s ta d e i S o !, g i o v a n e fo rma z io n e to s c a n a c o n a l l ’a t t i v o u n s o l o EP a u to p r o d o tto – A l l Wo r d s A n d N o F e e l i n g s M a k e J a c k A D ull d e l 2 0 0 6 -, fe l i c e c o n nubio di esplosioni elettriche e sussurri, g e r mo g lia r e d i d is s o n an z e e s u o n i s t ra n i a n ti, cadenze in controtempo e ragnatele di a r p e g g i. U n a s c r ittu r a c h e i n S t o l e n Ti m e e lu d e a g ilme n te g li s te cc a t i d i g e n e re , m u o v e n d o s i c o n c o g n iz io n e d i c a u s a t ra j a z z / h a r d c o r e – M o m m o th ’s S t e p – e n o i s e h a rd / p s y c h – U n d e r Th e Ki n g ’s C o n t ro l -, p ro g r e s s io n i a r io s e – Le g Go d t – e r i t m i d i s p a r i – I H a te Ca n d ie s - e s c i o r i n a n d o u n s u o n o c o mp a tto p e r e n n e me n te i n p ro c i n t o d i d e bordare. Ottime capacità espressive e brani d a lla d u r a ta “ r id o tta ” - q u a s i s e m p re s o t t o i c in q u e min u ti – f a n n o i l re s t o , d i s t ra e n d o a b ilme n te l’ a s c o lta to r e d a i p o s s i b i l i p u n t i d e b o li – q u a lc h e s p u n t o m u s i c a l e n o n p ro prio originalissimo – e regalando mezz’ora d i mu s ic a s tr u me n ta le e n e rg i c a e a s s a i g o d ib ile . ( 6 . 6 /1 0 ) Fabrizio Zampighi Someone Still Loves You Boris Yeltsin – Pershing (Polivynil, aprile ’08) Genere: indie pop A 1 7 a n n i, q u a n d o p r o v i a fa r ri d e re d u e ra g a z z e , p r o b a b ilme n te n o n p u o i n e m m e n o i m ma g in a r e c h e la tu a tr o v a t a , 7 a n n i d o p o , s i a a n c o r a in g r a d o d i f a r s o g g h i g n a re m i g l i a i a di persone… In f o n d o , i So me o ne still loves you Bo r is Ye lts in , s o n o c o me la lo r o u s c ita d a d ic ia s s e tte n n i: u n n o mignolo fresco, simpatico e allo s te s s o te mp o a rg u to . P e r s hing , lo r o seconda o p e r a , s u c c e s s iv a a l s o rp re n d e n t e e a c c l a ma to d e b u tto Br o o m (d a t a t o 2 0 0 5 ), c o n t i SA 81 RECENSIO n u a s u l l a s t r a da intrapresa. Non si monta l a t e s t a , n o n tenta d’apparire ciò che non è: si m o st r a c ome lavoro semplice, di f a c i l e l e t t u r a , m a allo stesso tempo d otato di s pu n t i i n t e r e ss anti. Q ualcosa che s’ a sc olta s u M T V, m a c hi, solitamente, ascolta MTV n o n c o m p r e n d e a fondo e lim ita ad un ba tt i t o d i p i e d e e dondolio di testa. Invece, i 4 ra g a z z i d i S p ringfield, Missouri, a ggiung o n o a l t r o . S pin li ha definiti come “ nuovi S h i n s” e d i n effetti, oltre la m elodia , a nc h e i n q u e s t o caso c’è di più. La capacità d i c o m m i st i o n are ottim amente e po i pe r f e z i o n a r e l ’ i n t r eccio tra armonie po p facili faci l i e u n a p iù im pegnativa scrittu r a è il fi o re a l l ’ o c c h iello del gruppo: ciò c he ne l corso d e l t e m p o “cresce”, m igliora , ma tura e p e r m e t t e di traslocare ad un etic he tta a ff e r m a t a e c onsiderata come la Polivynil. Per sh i n g d o v e va rappresentare il pa ssa ggio d al la t a r d o a d o lescenza al principio de ll’ e tà adu l t a , e c o sì è stato. Il cosiddetto “ song wr i t i n g ” si p e rfeziona, le strutture c a nz on e c r e s c o n o , puntualizzano. Risulta quasi i n ev i t a b i l e p a r agonarli ai coetanei Vam pire Wee k e n d o a g li S p oon , sino ai già nomina t i S h i n s. I r i c ordi di B room rimang ono c om un q u e v i v i : Modern m ystery è una pa le se c o n s e c u t i o e anche i temi trattati dai testi no n s’ a l l o n t a nano eccessivam ente da que lli cant a t i n e l p r i mo disco (am ori condivisi, f ini t i e r i m p i a n ti). Ma è la forza delle c a nz oni c h e m i g l i o r a, sin da G lue girls si r ima ne a t t ac c a t i a l l a chitarra di Will Knauer e alla vo ce a r i o sa d i R obert C aldw ell senza tr oppa fat i c a . E c o m e da adolescenti ci s’inna mor a di u n m o t i v e t t o senza troppo im pegno, c osì s i sc o r r e P e rshin g, con leggerezza, soff e rm a n d o s i s u l l e armonie vocali serenamente p o p d i T h i n k I w anna die ed H eer s r isve g l i a n d o l a t a n t a, tanta nostalgia che s i pr ova v ers o i Be a c h B oys. (6.5/10) Mar co Canepari Son Lux – At War With Walls & Mazes (Anticon / Goodfellas, 3 marzo 2008) Genere: electro songwriting Di et r o i l n o m e Son L ux si cela un per sona gg i o m o l t o i n t e ressante, una sorta di ibr ido m u si c a l e t r a tradizione classica, ele ttr onica e st r u t t u r e ritm iche che richiaman o l’ hip h o p p i ù a s t r a tto. Ryan Lott, ventinovenne n at iv o d i D e n v er (ma con trascorsi migr a - tor i c he lo ha nno por ta to a d a ttr a v e r s a r e in lungo e in la rgo gli Sta te s, da ll a Ca lif o r n ia a New York, passando per il C o n n e c t i c u t ) il suo primo approccio con la m u s i c a l o h a c ome p ia n is ta , in una f a mig lia n e lla qua le le le z io ni di mu s ic a e r a no un “ m u s t ” . E f or se p r o p r io p e r que sto , u n a s o r ta di f o r z a tu r a imposta d a i g e n ito r i, ha s u b ito a b bando n a t o l ’ i d e a di in t r a p r e n d e r e la carriera di concertista, ma no n q u e l l a d i c ompositor e . La f or ma z ione c la s s ic a h a r a p pr e se nta to un punto f e r mo ne lla s u a v ita d i music ista , a nda ndo a d a r r ic c hir e v ia v ia le sue nuove e spe r ie nz e . Una stor ia c o me ta n te a ltr e , c he a ff onda le r a dic i ne lla mu ltic u ltur a lità a me r ic a na , di que ll’ un iv e r s o f a tto di ta nti mondi c he è la soc ie tà s ta tu n ite n se . Dopo va r ie e spe r ie nz e di c o mp o s iz io n e , qua si c ome se f osse la sinte si d i ta n ti te n ta tivi, la r a c c olta di un a lbum d i f ig u r in e dur a ta a nni, vie ne a lla luc e il su o p r imo la vor o disc ogr a f ic o, a l te r mine d i u n a g e s ta z ione pe r lo me no tr ie nna le . A t Wa l l Wi t h Wall And Maze s è una sor ta di c o n c e p t a lbum (con tanto di Prologo ed E p i l o g o ) c h e sinte tiz z a a lla pe r f e z ione i tr a sco r s i d i L o tt. Un viaggio in continua trasform a z i o n e n e l qua le il pia nof or te è il pr ota g o n is ta in d isc usso, pur non pr e nde ndo ma i il s o p r a v vento. Le composizioni, quasi t u t t e b a s a t e sul songwr iting, c ome se f osse r o s ta te c o n c e pite solo pe r pia no e voc e , son o a r r ic c h ite da arrangiamenti spiazzanti, ch e a c c o s t a n o sezioni di archi e beats abstra c t h i p h o p , minimal-ripetitivismo, gesto or c h e s t r a l e e teatralità. Qualcosa, insomma, c h e s t a t r a il dr e a m pop e le ttr onic o de l D u o A l i a s & Tar sie r e l’ e str o di Suf j an St e v e ns e D ir t y Proj e c t or s. Con il sigillo inc on f o n d ib ile d i c a sa Antic on. L’ iniz ia le Bre ak b e n s in te tiz z a l’ a tmosf e r a di un a lbum tutto b a s a to s u i toni sc ur i, gioc a to sulle sf uma tu r e , ma c h e r isulta , a tr a tti, pa r a dossa lme nte , mo n o c o lor e . Un via ggio ma c a br o, da i tito li b r e v i e la pida r i ( We apons, War, Raise , B e tr a y ) , t u t t i domina ti da un’ osc ur ità c he non r i e s c e m a i a tr o v a r e la lu c e . Pe s s imis mo c o s mic o o limiti c o mp o s itiv i? N e l d u b b io , la p ie n a s u f f ic ie n z a . ( 6 . 8 /1 0 ) Daniele Follero Susumu Yokota - Love Or Die (Lo, gennaio 2008) G e n e r e : IDM C’ è u n p o ’ d i me la n c o n ic o f o r ma lis mo , d e ll a m a t u r i t à b i t t e r s w e e t e d e l l a r a ff i n a t e z z a – a h ilu i, a h in o i - in n o c u a n e l n u o v o d is c o d i Yo k o t a . S a r à l ’ a l b u m i d e a l e p e r q u a l c h e p a s s a g g io in p la y lis t a d u lt c h ill ma ma te r ia u n p o ’ b o ls a a ll’ a s c o lto c a s a lin g o . Co me d ir e , a lc u n i d if e tti d e l Sy lv ia n d i s e mp r e c h e s ’ a v v ic e n d a n o a u n a n e w a g e mo lto c la s s y. A mancare non è certo la generosità spesa n e i ta n ti p ig me n ti c h e , c o n s a p ie n z a e mis u r a , f o r ma n o il p la tte r : u n g ir o to n d o a tto rno ai Novanta a me s c o la r e r e s idui wave, IDM, qualche cassa a mb ie n t house, d r u m’ n ’ b a s s e e f f lu v i n o ir a p r o fusione. Semmai è q u e l p r o f u mo di r is a p u te z z a e facile decoro contemporaneo, l’aspetto che più impatta la seduzione di queste trame elettro-strumentali. Amore o mo r te , d ic e Yo k o ta ma è il d iff ic ile a d a tta me n to q u o tid ia n o q u e llo d i c u i p a r la . Pic c o li mo ti n ip p o n ic i d e ll’ a n imo c h e a lle v o lte s i r is o lv o n o in u n a b e lle z z a a p e r d e r e ( T h e Sc r e a m o f a Sa g e . . . ) e a ltr e tta n te r e g a la n o qualcosa di non completamente appagante ( T h e D e s tin y o f th e L ittle Bir d ) . ( 5 . 5 /1 0 ) Edo ardo Bri dda Suzy Mangion – The Other Side Of The Mountain (Pickled Egg Records, 28 gennaio 2008) Genere: dream folk Q u e llo d i Su z y M a n g io n è u n a u s te r o e g a rb a to u mo r e d i Br ita n n ia . L’ a ltr o la to d e lla montagna che nasconde una vallata fatta d i o rg a n i g o tic i, c a n ti e c c le s ia li, r o ma n z e gentili, doppie voci. Suzy mette in musica le inquietudini delle piccole donne della c a mp a g n a a n g lo s a s s o n e , i m i n i m i s q u a rc i d i paesaggio che valgono un universo intero. A cantare questo piccolo mondo antico l’ex (?) p e rfo rm e r d e i m i sconosciuti ma e ffi c a c i G e o r g e . In q u e s t a m u s i c a c ’è c e rt a m e n t e q u a l c o s a d e l fo l k b ri t a n n i c o dei Sessanta, ma non si preclude una dose di repertorio classico e da camera, così c o me u n ’ o mb r a le g g e r a m a m a rc a t a d e g l i a c q u a r e lli e te r e i f ir ma ti H u g o L a r g o e Yo u n g M a r ble Gia nt s , e u n n e p p u r e t a n t o o p a c o gusto per l’armonia vocale ricercata (che s ia s u lla s c ia d i Eny a o L i z Fr a z e r ). Q u e s t o e s o r d io s o lis ta c o n v in c e , p e rc h é d i c h i a ra t a mente anti-rock, anti-hype, anti-fenomeno d a c u lto s o tte r r a n e o , a n t i -fre t t a d a d o w n load. Deliziosamente rétro, inattuale, fuori moda, fuori tempo. Insomma una faccenda q u a s i e s c lu s iv a p e r i p o c h i c h e ri u s c i ra n n o a c o n c e d e rg li q u e l min im o d i t e m p o c h e v i e n e r ic h ie s to d a lle p r o p o s te m e n o o v v i e . G l i h i g h lig h t, p u r in u n a r a c co l t a o m o g e n e a e b e n studiata come questa, si segnalano subito a lle o r e c c h ie : O h io Th e H o m e l a n d c o n q u e l r itmo d a ma r c e tta p a e s a n a v a l c e rt a m e n t e u n p o s to in u n a r ie d iz io n e d i Th e Wi c k e r M a n ; E v e n in g s A t H o m e c h e è u n s e m p l i c i s s i m o e b r illa n te d is tilla to f o l k c o n c o re t t o ; Ma n y H a p p y R e tu r n s c h e s e m b ra p re s a d a l p e ri o d o d i me z z o d e i C o c t ea u Tw i n s ; g l i u m o ri da osteria mitteleuropea che trasudano d a Co m e I n B y S te a lth e a n c o ra l a ro m a n z a c a n ta ta in ita lia n o d i Il Mo n d o E’ Q u i e l’ in c u b o e le ttr o s imil Pi a n o M a g i c d i T h e M a rc h P a s t. Su z y p r o b a b i l m e n t e è s o l t a n to l’ u ltima s a d n e s s q u e e n c h e a r r i v a s u g l i s c a ff a l i d e i d i s c h i ( o p e g g i o a n c o r a , c o m e mp3 nei vostri hard disc), ma c’è qualcosa n e lla s u a p o s tu r a c la s s i c a e i n t i m i d i t a c h e la s e g n a n e tta me n te r is p e t t o a l l e a l t re . P re n detela pure come un equivalente musicale di Emily Dickinson o delle sorelle Bronte. In pratica quello che ha cercato di essere P J Ha r v e y n e l s u o u lti m o d i s c o , ri u s c e n d o ci solo in parte. Suzy Mangion, appunto, ci r ie s c e in p ie n o . ( 7 . 2 /1 0 ) Antonello Comunale SA 83 RECENSIO Tapes ‘n Tapes – Walk It Off (XL / Self, 11 aprile 2008) The Autumn Defense – S/t (Broken Horse, 25 febbraio 2008) Genere: indie rock E m e r s o u n p a io d’anni fa dalla selva dei b l o g d ’ o l t r e o c eano (la stessa che ha pa r tori t o i Cl a p Yo ur H ands S ay Yeah, pe r c a p i rc i ) , T h e L oon era stato un piccolo caso i nd i e , p i ù c h e sufficiente per dare una be lla s p i n t a a l l a c a r riera dei suoi creatori. I Ta pe s ‘ n Ta p e s n o n hanno certo perso quel treno, an zi h a n n o sa puto afferrare al volo o gni oc cas i o n e p r o p i z ia per ritrovarsi, infin e , c hius i n e i l e g g e n d ari Tarb o x S t u d i o s di D a v e F r i d m a nn . C o n l a su a inequ i v o c a b i l e mis t u r a d i P i x ies e P a v e m e n t , la pro p o st a d e i ragazz i d i Mi n n eap o l i s i n t r a t t e n eva m a n o n b r i llava p e r o r i g i n alit à; a d e sso n o n si e m a n c i p a a n c ora del tutto, ma guadagna in cara t t e r e , i m p a tto e sostanza. C he non è a f f a t t o m a l e , s e ci si ritrova un anthem indie rock c o n t u t t i i crismi com e Le R use , o la s o l e n n i t à l u m inescente à la F laming Lips d i C o n q u e st ; e se le stratificazioni e la c ur a d ei d e t t a g l i r i mandano direttam ente a l la voro c h e l ’ i l l u st r e producer ha svolto pr opr io con Wa y n e Co y ne e i suoi, qua e là eme rgono s en t o r i d i M o dest Mou se, R .E .M., Ra diohe a d , B l a c k K e ys, Sunset Rubdown, perfino Ech o & Th e Bun n ymen - insospetta bili pa d ri n i d i d e c i n e di band am ericane. Il punto p e r ò n o n è q u anti – e quanto importanti – s i an o i r e f e r e nti di questo Walk It Off ; ciò che r e a l m e n t e conta è che, nell’insie me , si ri v e l i u n a p i ù che solida raccolta di c a nz on i , c h e m e t t e i n luce una band nettame nte in c r e s c i t a e s e m pre più consapevole (vedi le d i n a m i c h e d e i brani, agili e sciolte; i tanti cam b i d i t o n o e di umore; le inaspe tta te r is o r s e d i s p i e g a te). Più lo si ascolta, più si h a l’ i m p r e ssi o ne che Walk It O ff sia uno di q u ei d i sc h i - b a n diera che ogni tanto sbuc a no fu o r i p e r r i c o r darci che l’indie rock è vivo e v ege t o , e - c a spita - se la passa benissimo. (7 . 3 / 1 0 ) Genere: folk, pop Con più di un anno di ritardo a r r i v a a n c h e dalle nostre parti il terzo albu m d e l s i d e pr oje c t di John St ir r at t e Pa t Sa ns o ne , ma ggior me nte noti pe r il lor o la v o r o n e i g lo r iosi Wilc o. Se non a ve te ma i sen tito g li A u tumn De f e nse , toglie te vi subito d a lla me n te il gr uppo di pr ove nie nz a : è ve r o c h e la b a s e di pa r te nz a è se mpr e il f olk, ma le u rg e n z e e i tormenti tutt’altro che addo m e s t i c a t i d i Je ff Twe e dy non potr e bbe r o e s s e r e p iù d ista nti. Spe c ie se si pr e nde in e s a me q u e s to lavoro omonimo, così soft e ac c u r a t a m e n t e c e se lla to in a r r a ngia me nti e a tmo s f e r e d a r ic or da r e molto da vic ino c e r to e as y lis te n in g c a lif or nia no a nni ’ 70, Jam e s Ta y lo r in p r imis. Fr a or c he str a z ioni a lla Ro b e r t K ir b y / Nic k Dr a ke ( Cany on Arrow, a t r a t t i q u a s i un pe z z o NAM) , ba r oc c hismi M a r v in Ga y e ( Fe e l You Now) e se ntor i e qua m e n te d iv is i tr a Be at le s e CSN, è tutto un br a c c io d i f e r r o fra ruggine e miele, fra pop acus t i c o e s o u l , f r a c la sse e ma nie r a , c on qua lc h e lu n g a g g ine di tr oppo c he , a lla f ine , a ppes a n tis c e u n disco altrimenti lievissimo nell’ e s s e n z a ; n e l c omple sso un a sc olto qua si didas c a lic o , ma non per questo poco godibile. N o n d i m e n o , i f a n di Sky Blue Sky godranno s e n z ’ a l t r o ne l r itr ova r e l’ e c c e lle nte Ne ls C line a f a r libr a r e la sua c hita r r a in un pa io d i o c c a s io ni. ( 6.7/10) Antonio Puglia Antonio Puglia The Drift – Memory Drawings (Temporary Residence / Goodfellas, 8 aprile 2008) Genere: post-rock Post- r oc k nosta lgia . Ja z z - r oc k e d u b , M ile s Da vis e Le e “ Sc r a tc h” Pe r r y. I c a lif o r n ia ni The Dr if t or c he str a no un dis c o , M e m o r y Drawings, c he r ic hia ma il de butto N o ume na e c on e sso tutta una se r ie di r ic o r d i p ia c e voli. La ba nd de ll’ e x- Ta r e nte l D a n n y G r o dy me tte in sc e na suite e c he ggian ti l’ e p ic ità de i Godspe e d You! Bla c k Empe ro r ( I f Wis h e s We re Lik e Horse s, l’ e moz io n a le L a n d s End) e lontane memorie Tortois e p r e - Wa r p ( Floating Truth, Golde n San d s ) r i f i n i t e da lla tr omba di un Je ff Ja c obs c h e f a mo lto Ame r ic a na . La te nde nz a è que lla d i la s c ia r s i a nda r e a lunghe impr ovvisa z ion i d i s ta mp o jazzistico, ma I N o s tr i rendono a n c h e n e lla b r e ve durata con la d e lic a ta I H a d A Lis t A n d I Lo s t I t c h e s e g u e il q u id afro di Uncanny Va lle y . Te mp o f a per un disco del genere si sarebbero spese fiumane di parole, ma oggi, a te r z o mille n n io in c o r s o , le o r e c c h ie d i mo lti s o n o r iv o lte a ltr o v e . D e tto c iò , il la v o r o è d i q u e lli r a ff in a ti. ( 7 . 0 /1 0 ) Gianni Avella The Ruby Suns - Sea Lion (Sub Pop, 2008) Genere: folk rock U n b e l g ir o to n d o in to r n o a l M o n d o . E ’ g a r a n tito c o n i Ru b y Su n s . Q u e s ti “ s o li c o lo r rubino” hanno origine nella lontana Nuova Zelanda. Ad Auckland, più precisamente. So n o a ttiv i s in d a l 2 0 0 4 e , a d ir e il v e r o , g r a v ita n o in to r n o a lla p e r s o n a lità d i mu s ic is ta c r e a tiv o d i Ry a n M c Ph u n . N o n a c a s o , a g li e s o r d i, s i e s ib iv a n o q u a li Ry a n M c Phun & The Ruby Suns. Coadiuvato qui da A m e e R o b i n s o n e I m o g e n Ta y l o r, Ry a n e i l s u o f id o d ic ta p h o n e ( n ie n t’ a ltr o c h e u n ta p e recorder portatile) hanno svolto il lavoro c r a s s o p e r la d e c in a d i c a n z o n i in s c a le tta . A f r ic a , Ta ila n d ia , N u o v a Z e la n d a . Ta n e M a h u ta è u n q u a d r e tto c a n ta to in mā o r i, c o m e s e f o s s e e s e g u i t o d a g l i I r o n A n d Wi n e , A d v e n tu re To u r è is p ir a ta a d u n a e s c u r s io n e n e l So u th I s la n d ( N Z ) , Ke n y a D ig I t? in d o v in a te u n p o ’ v o i a c o s a s i r if à ( n o n o s ta n te l’ in te r me z z o b a r o c c o ) . L a s tr u ttu r a è s e mp r e u n r o c k , f o lk y e b a s s o - c h ita r r a - b a tte r ia b a s ila r me n te , c u i l’ e le ttr o n ic a d à ma n f o r te . Etnico e sussurratamente psichedelico, il d is c o è o r ig in a le . E s e Ta n e M a h u ta è in te r a m e n t e d e d i c a t a a l l a f o r e s t a Wa i p o u a , n e i p r e s s i d i A u c k la n d , O le R in k a c e le b r a in v e c e u n g io v a n e M a s a i, in c o n tr a to d a M c Ph u n n e l s u o p e lle g r in a g g io s in o a l M a a s a i M a r a N a tio n a l Re s e r v e . D is c o d i mo d e r n a “ e x o tic mu s ic ” , mu s ic a c h e p a r te d a lla f a s c in a z io n e d i c u ltu r e lo n ta n e p e r r a p p r e n d e r n e il s u c c o in u n p e c u lia r e s tile c a n ta u to r a le ( b e a tle s ia n o in R e m e m b e r ) , S e a Lio n e c c e lle n e lle a r mo n iz z a z io n i s tr a v a g a n ti. M e r ito d e l ta - l e n t o e t n o - m u s i c o g r a f i c o d i Ry a n M c P h u n . ( 7 . 0 /1 0 ) Ma s simo Padalino Three Second Kiss – Long Distance (AfricanTape / 5ive Roses, aprile 2008) Genere: three second rock I T h r e e S e c o n d K i s s so n o i n u o v i S h e l l a c . Constatazione ovvia, e non soltanto alla lu c e d e ll’ u ltima , s c ia lb a p ro v a d e i t re a m e ricani. È l’ormai comprovata maturazione a f a r e d e l tr io b o lo g n es e u n i rri n u n c i a b i l e p u n to d i r if e r ime n to p er c h i u n q u e s i a v v e n turi in un certo tipo di sonorità. Q u e llo d e i T SK è , in f a t t i , u n p e rs o n a l e d i scorso di ricerca che – sebbene sviluppato all’interno di un genere stra-abusato da anni d i b a n a le imita z io n e – ri s u l t a t a n t o c e n t e l linato nelle sporadiche e meditate uscite, q u a n to c u r a to e d a tte n t o a i m i n i m i d e t t a g l i . E L o ng D is ta nc e , a lb u m c h e t i e n e a b a t t e s i mo la A f r ic a n Ta p e , n u o v a e t i c h e t t a d i J u l i e n Fe r n a n d e z ( Ch e v r e u il, 5 i v e R o s e s ), n e ra p p r e s e n ta lo z e n ith c r e a t i v o . Un sound riconoscibilissimo, quello dei T SK . Tr o p p o a s s e r ir à q u a l c u n o , v e d e n d o i n q u e lla o mo g e n e ità o d o r d i s t a n t i o o e c c e s siva dipendenza d a i m a i ri n n e g a t i m o d e l l i d i ri fe ri mento. Mai abbas t a n z a , s u g g e ri rà c h i s c ri v e , s e q u e l l a fe d e l t à a d u n s u o n o fa t t o si dogma, viene esposta in maniera t a n t o l u c i d a e condensata in una mezzora di nevrosi chitarra-basso-batteria d a u r lo , c o me a v v e n u to d i ra d o u l t i m a m e n te . A n g o la r e e s p ig o lo so , a s u s u a l , n e i s u o n i d e lla c h ita r r a . E s s e n z i a l e n e l s u o ri d u z i o nismo strutturale che poi riduzionismo non è . F r e n e t i c o e f r a t t u r at o n e i r i t m i s p e z z a t i e a p p a r e n te me n te mo n c h i . N e rv o s o , a l l i mite d e ll’ is te r ia n e l s u o p ro c e d e re a s c a t ti. D e n s o , c o r p o s o , “ g r as s o ” e p p u re i n s i e m e tagliente e acuminato. È tu tto q u i il n u o v o al b u m d i u n t ri o o rmai classico. Un ingranaggio rodatissimo, al quale il buon esordio dietro i tamburi di Sa s h a Tilo tta , d e g n o f i g l i o d i c o t a n t i g e n i SA 85 RECENSIO t o ri , a g g i u n g e un pizzico di fantasia ne l mod el la r e u n a b a t teria mobile e marziale , se c c a e i rr u e n t a . È t u tto qui, come se foss e f a c ile e/ o sc o n t a t o portare avanti un discor so de l g e n e r e ( l a p a r ola coerenza dice qualcosa?) d a b e n t r e l u s t ri e non mostrare affat to segni d i c e d i m e n t o , minimi passi falsi o in c ide nti d i p e r c o r s o . Come può succedere anche ai m ae st r i , v e r o mr. A lbini? (7.5/10) S t e f a n o P i ff e r i Tindersticks - The Hungry Saw (Beggars Banquet / Self, 2 maggio 2008) G e n e r e : s o n g w r i t i n g , c h a mb e r p o p Ci nq u e a n n i sono tanti (il periodo tr a sc or so d al l’ u l t i m o Waiting F or T he Moon ) pe r una b and i n st a n d by, ma non per i rediv ivi Tind ers t i c k s, a n c o ra nei pensieri dei tre a r te f ici S t a p l e s, F r azer e B oulter, reduci da i lor o p ro g e t t i so l i sti. H anno allargato il nuc le o d el g r u p p o ( c o n loro ci sono T homa s Be lh o m a l l a b a t t eria e Dan McKinna al basso) i n a u g u r a n d o nel frattempo anche un nuovo s t u d i o d i r e g i s trazione in Francia. Th e H u n g ry S aw è album intim o e soff uso, p i ù i n si n t o n i a con l’ultim o Stuart Sta ple s s ol i st a ( L e a v i ng Son gs, 2006), stra c olmo d i d o l e n z e e l anguori. Musicalment e siamo v i cin i a l l a c h anson m alinconica alla Ga ins bo u rg , c o n l e consuete dosi C ohen, un c r oo n i n g s t r u g g e nte ricolmo d’archi che si fa i p er l i r i c o n e l singolo The F licker Of A Litt l e G i rl , r o m a n tico in F eel T he Sun con il s uo i n c e d e r e v a lzerato, soul L ambcho p ne llo s t ru m e n t a l e E Type, corale nella title trac k . C o n i l c o n s u e t o piano intrecciato agli archi, p e r u n c h a m b er pop che in alcuni momenti ri s u l t a l e z i o so (A ll T he L ove) correndo il r is ch i o d e l m a n ierism o. P iù Staples che Tind ers t i c k s, T h e H un gry Saw fa intendere il p es o d e l N o st ro all’interno del grup po, non a g g i u n g e n d o molto alla storia già scritta del g ru p p o . (6 . 7 / 1 0) Teresa Greco Vandermark 5 – Beat Reader (Atavistic, 2008) Genere: post-modern jazz G i u n t o a l l a s ua decima prova in studio, il q u i n t e t t o d e l sassofonista e clarinettista c h i c a g o a n o K en Vandermark può vantare u n a c o s t a n z a e un’inventiva che non fanno se ntir e gli a nni c he pa ssa no. E n tr a to n e lla se c onda de c a de di vita e a r r ic c h ito s i, d a d u e a nni a que sta pa r te ( la r e gistr a z i o n e è in f a tti da ta ta 19 e 20 dic e mbr e 2006) , c o n la f ig u r a de ll’ e str oso violonc e llista “ h e n d r ix ia n o ” Fred Lonberg-Holm, l’ensembl e p r o s e g u e , in pe r f e tta c ontinuità c on il suo r e c e n te p a s sa to, il c a mmino ve r so il c onsolid a me n to d e l suo stile jazzistico “post-mode r n o ” . S e l a de f iniz ione non pia c e , lo si c on s id e r i p u r e eclettico, inclusivo, caleidoscop i c o . R e s t a i l f a tto c he il quinte tto r ie sc e , in ma n ie r a tr a sve r sa le , a d e la bor a r e una pr od u z io n e mu sic a le c he via ggia a ttr a ve r so il jazz più classico, l’avant rock, il f r e e , e il “ Puntillismo” a va ngua r dista non già c ome un se mplice accostamento, ma c ome uno stile be llo e c onsolida to. La scrittura di Va nde r ma r k, c osì c ome il f e e lin g imp r o v v isa tivo di tutti e c inque i music is ti, è q u a n to di meglio ci si possa aspettare d a l j a z z d e l nuovo millennio. Un jazz orma i m a t u r o a l punto da riflettere su se stesso e s u l l a s u a stor ia e di f a r e il ve r so sia a d Orne t t e C o le m an, sia a l ja z z c or e , a d Am id Dr a ke e a lle spe r ime nta z ioni de ll’ AACM , tr ac c ia n d o u n a line a di c ontinuità c on la tr a diz i o n e mu s ic a le di Chic a go, le ga ta indissolub ilme n te a lla ne w thing più di qualsiasi altra c i t t à d e g l i Sta te s. Be at Re ade r è c ostr uito s u o tto c o mposizioni, ognuna delle quali d e d i c a t a a d un a r tista ( da l c ompositor e Gyo r g y Lig e t i, a l ba tte r ista M ax Roac h, fino a l f o t o g r a f o Walke r Evans) . A c ondur r e i gio c h i, in u tile dir lo, c ’ è Va nde r ma r k, a ff ia n c a to a l s a x da ll’ ottimo Da ve Re mpis, pe r f e t to n e l r u o lo di spa lla , di “ gr e ga r io” , a c ontr a p p u n ta r e , a lte r na ndo sa x te nor e e c ontr a lto , le s f u r ia te del leader. Che ormai non rapp r e s e n t a p i ù una novità : il suo f r a se ggio è c h ia r o , v irtuoso, inc onf ondibilme nte ja z z is tic o . Q u a lità che contrastano piacevolm e n t e c o n l e a r dite z z e timbr ic he de l violonc ello d is to r to di Lonbe rg- Holm, a dir poc o f an ta s io s o n e l “ pr e pa r a r e ” lo str ume nto c on l’ u s o d i e ff e t- ti elettronici, pedaliere e, addirittura di un wah-wah, infondendo alle improvvisazioni u n c a r a tte r e n o is e b e n s u p p o r ta to d a u n a s e z io n e r itmic a mo lto p iù v ic in a a l p o s t- r o c k c h e a l c a r a tte r is tic o s w in g ja z z is tic o . Co m p a s s S h a tte r s M a g n e t, c o n la s u a a lternanza di momenti funkeggianti a zone o s c u r e d i imp r o v v is a z io n e n o is e , l’ in iz ia le F r ic tio n , i r iff q u a s i me ta l d i D e s ire le s s , esemplificano al meglio questo approccio “ e n c ic lo p e d ic o ” d e l q u in te tto c h e , a d is ta n z a d i ta n to te mp o n o n h a a n c o r a p e r s o n e a n che una briciola della cretività degli esordi. (7 . 5 /1 0 ) Daniele Follero Von Bondies – We Are Kamikazes EP (Break Through, 4 marzo 2008) Genere: wave-pop Be llo a v e r e d e i p ig ma lio n i, n e lla v ita . Co n una spintarella o un consiglio, ti possono f a c ilita r e n o n p o c o le c o s e , s p e c ia lme n te in u n c o n te s to in ta s a to e p r o s s imo a l c o lla s s o c o me il “ mu s ic b u s in e s s ” . Se r v ì a i Vo n Bo n d ie s l’ a p p a r ir e n e lla r a c c o lta S y m p a t h e t i c S o u n d s O f D e tro it p a tr o c in a ta d a J a c k W hit e , g ia c c h é s i tr a tta v a d i v e tr in a d ’ e c c e z io n e p e r i p a r te c ip a n ti e p e r u n a c ittà c h e n o n h a ma i s me s s o d i r e s p ir a r e g li a c r i v a p o r i d e llo s tr e e t p u n k , d e l g a r a g e r o c k e d e ll’ h a r d p iù in c o mp r o mis s o r i e in s ie me d o ta ti d ’ in v e n tiv a . Ch e s f u g g e p e r lo p iù g li s te r e o tip i e s i lega a doppio filo alle proprie radici nere. E p p u r e , s u q u e s to q u a r te tto d i b e lla p r e senza in giro da ormai otto anni ha pesato un’attitudine al “giusto mezzo”, che li ha c o n f in a ti n e l r u o lo d i r in c a lz i lig i a l d o v e r e ma lo n ta n i d a ll’ ir o n ic a f r e s c h e z z a d e i W hit e St r ipe s o d a lla mu s c o la r e s a g a c ia d e l v e te r a n o M ic k C o llins . A ff a tto d is p r e z z a b ili, d is c h i c o me La c k O f Co m m u n ic a tio n e P a wn S h o p p e H e a r t - q u e s t’ u ltimo e d ito d a lla Sir e e p r o d o tto d a J e r r y Ha r r is o n! - s i p o s iz io navano con devozione nel filone stilistico d i r if e r ime n to , d a l q u a le o ff r iv a n o q u a lc h e b u o n a c a n z o n e s e n z a e m e rg e r e s u l l a m a s s a , e s a i c h e n o v ità . Ch is s à s e a ll’ e v id e n z a d i cui sopra risponde questo e.p., trasferta su la titu d in i p iù “ à la p a g e ” f r e q u e n ta te d a I nt e r po l e Blo c P a r t y ( p u r s e n z a l’ a mp io b u d g e t p r o d u ttiv o ) , d a lle q u a li s i d e v ia v e r s o u n b e a t tin to d i p o p c h e p iù b r itis h n o n s i p o tr e b b e . A rg o me n ti d iv e r s i d a l s o lito , n o n - d ime n o la c a llig r a f ia è i n t a t t a : u n a m e d i o cre prova del nove che li tradisce qui più del s o lito . G io v a n i e c a r in i , i Vo n B o n d i e s , m a s e f o s s e r o r e s ta ti a n c h e d i s o c c u p a t i n e s s u n o a v r e b b e a v u to a c h e r id i re . (5 . 5 / 1 0 ) Giancarlo Turra Was (Not Was) – Boo! (Rykodisc, aprile 2008) Genere: funk-pop I Was (Not Was) di David Weiss e Don Fagenson, noti come David Was e Don Was, non pubblicavano un album dal 1990. Si trattava di Are You Ok?, lavoro disprezzato da David, che lo trovava troppo commerciale, al punto di rifiutare di partecipare alle registrazioni. Nel 1992 fu invece Don Was ad abbandonare le sessions di Boo!, ritenendo che le canzoni fossero solo una stanca rilettura di cose già fatte con successo dal gruppo. Dopo 18 anni Boo! viene finalmente pubblicato, senza che nelle note e nei comunicati stampa venga chiarito quanto risalga alle antiche registrazioni e quanto invece sia frutto di sessioni successive alla reunion (il gruppo è attualmente in tour). È triste constatare che non fa alcuna differenza, e che, soprattutto, Don Was non sarebbe dovuto tornare sui suoi passi. Il disco non solo suona molto datato, ma è anche quasi completamente privo di guizzi che lo rendano interessante o divertente. La forza dei Was (Not Was) è sempre stata la pazzia. Qualche esempio? Nella prima formazione, malgrado si puntasse decisamente alla musica dance-funk, il basso era affidato a Wayne Kramer degli MC5. Hanno inciso Shake Your Head due volte, invitando come ospite prima Ozzy Osbourne e poi Kim Basinger. Hanno proposto a Richard Nixon di suonare in un loro brano. Persino nel raggiungere il successo, con la spudorata Walk The Dinosaur, ostentavano la consapevolezza di chi prepara lo zucchero filato perché non deve più dimostrare a nessuno di essere un grande chef. Invece Boo! è tristemente senza fantasia. Certamente le voci di Sweet Pea Atkinson e Sir Harry Bower sono sempre calde e convinte, e il funk “generico” che le sostiene nella maggior parte delle tracce è un sottofondo piacevole. Il sound è perfetto, grazie anche all’apporto di giganti come Booker T. Jones all’organo e Marcus Miller al basso, ma tanta correttezza formale aumenta solo l’impressione di SA 87 RECENSIO trovarsi davanti a un lavoro senza cuore. Si lasciano ricordare Semi Intersting Week, Big Black Hole, con il fantastico lavoro di sax e batteria, e Mr Alice Doesn’t Live Here Anymore, che porta anche la firma di Bob Dylan (forse risale ai tempi della sua collaborazione con Don Was, produttore di Under The Red Sky nel 1990). A fare da contrappeso ci sono però l’imbarazzante From The Head To The Heart, che ci riporta al triste tempo in cui Babyface pareva essere il nuovo guru del Soul, il goffo tentativo di sperimentare nuovi suoni in Needletooth, fino alla confusa chiusura con lo spoken word di Green Pills In The Dresser, affidato alla voce di Kris Kristofferson. Viene spontaneo paragonare questo disco a un altro ritorno simile, Two Against Nature, l’album col quale gli Steely Dan nel 2000 si facevano sentire dopo 20 anni. Fagen e Becker hanno dimostrato di avere ancora qualcosa da dire, offrendo canzoni solide, un intelligente uso dei session men, e perfino la capacità di provare nuove strade (ricordate Negative Girl?). I Was (Not Was) si accontentano invece di provare a sembrare sempre gli stessi. Non ci riescono, naturalmente. Sarebbe impossibile, sarebbe un tradimento alla loro stessa natura, che ha sempre messo in primo piano il gusto di sorprendere se stessi e il pubblico. (4.2/10) Pa o lo Ba s s otti White Denim – Workout Holiday (RCRD LBL, marzo 2008) Genere: garage rock Ampiamente incensati da Rolling Stone come uno dei gruppi da tener d’occhio per il futuro (che non è sempre un bene per neonate formazioni: il successivo “montarsi la testa” è quasi automatico), i White Denim vengono dalla prolifica Austin, fucina a ruota libera di nuove band. In vita da poco più di due anni e nati dalle ceneri dei Parque Touch (nei quali suonavano James Petralli e Joshue Block, rispettivamente voce, chitarra e batteria; mentre Steve Terebecki era bassista dei Peach Train), grazie ad un unico ep (Let’s talk about it, diffuso attraverso iTunes) e al successivo disco, Workout Holiday (inizialmente autoprodotto), son riusciti a mettere in fila uno stuolo d’appassionati nel mondo studentesco e giovanile americano in generale. Il successo prodotto da un incessante passaparola e le continue resse ai loro numerosi concerti, hanno inevitabilmente destato l’interesse di qualche manager, tanto che la RCRD LBL (etichetta molto anticonvenzionale, che è più blog che casa discografica) ha deciso, già in questo debutto di 2008, di metterli sotto contratto e stampare il loro disco d’esordio. Il risultato è davvero interessante per una formazione così giovane. La rabbia e allo stesso tempo la freschezza che caratterizzano questo trio, possono muoverli per parecchi anni a venire. Sembrano liberi, indipendenti, hanno voglia e capacità di provare. Sanno distrarsi dal garage, loro ambiente naturale per accogliere a braccia aperte blues, noise e psichedelia. Cresciuti accompagnati dai dischi di Iggy Pop nonché di “santità” Jimi Hendrix e la sua loquace chitarra, hanno però verso i Minutemen e la loro attitudine cruda, diretta, senza cornici una vera e propria adorazione, tanto da rifarsi chiaramente al loro suono: commistione tra punk, folk, funk e addirittura jazz. I paragoni con Kings of Leon o, più altisonanti, con White Stripes, sono e saranno inevitabili, ma una delle più invidiabili caratteristiche della band è il saper personalizzare e personalizzarsi, aggiungere particolari determinanti. Il suono deciso, delineato e non raffazzonato o cianfrusaglistico che scuote la maggiorparte dei gruppi garage, è prova di un lavoro impegnativo alle spalle, di una volontà d’insieme, d’apparire davvero gruppo fatto e finito. Se non s’adageranno sui complimenti ardenti, non dovremo costringerci a comprare Rolling Stone per leggere di loro. (7.0/10) Mar co Canepari White Williams – Smoke (Domino / Self, 24 aprile 2008) Genere: electro-pop, gl am Già c e le br a to da ll’ a ltr a pa r te d e ll’ o c e a n o , il de butto di Joe “ W hite ” Willia ms , v e n titreenne artigiano/sabotatore d i s u o n i d a Cincinnati (ultimamente avvist a t o i n s i e m e a l d e g n o c o mp a r e D a n D e a c o n) , è u n d ischetto facile facile che in realtà nasconde u n g r a n d e me r ito : q u e llo d i s b a tte r e in f a c c ia a l p r e s e n te tu tta u n a tr a d iz io n e ( a lme n o tr e n te n n a le ) d i e le c tr o - p o p p e r ic o lo s a me n te g la mmy - o , s e p r e f e r ite , o b liq u o , s e c o n d o la mig lio r e s c u o la Eno - , r iu s c e n d o n e l te n tativo di smascherarla e rivelarla nella sua – f r iv o la e p p u r p r o f o n d a – a ttu a lità . Pu b blicato solo adesso in Europa da Domino ( la la b e l o r ig in a r ia è la Tig e r be a t 6 , il c h e è tu tto u n p r o g r a mma ) , Smo k e me tte in lu c e l’ a b ilità , a p p a r e n te me n te in n a ta , c h e il s u o a u to r e d imo s tr a n e l me tte r e a s s ie me me lo die appiccicosissime ed intingerle in una p a s te lla e le ttr o a c u s tic a d i s tr a mb e r ie a n a lo g ic h e e d ig ita li, a ttin te d ir e tta me n te d a lle a v a n g u a r d ie p o p d e lla s e c o n d a me tà ’ 7 0 . Cita z io n is ta p r ima c h e a ma n u e n s e , Willia ms p r e n d e d e i s a n i r itmi mo to r ik ( Ne w Vio le n c e , R o u te To P a lm ) , Ta k ing Tig e r M o unta in By Str a te g y ( Th e S h a d o w) , i l s e m p i t e r n o M a r c Bo la n ( I n Th e Clu b ) , M e ta l M a c hine M us ic ( Lic e I n Th e R a in b o w) , i l B o w i e d e i m o s tr i s p a v e n to s i (S m o k e ) , g li Spa r ks p o s tM o r o d e r ( H e a d lin e s ) , M y L if e I n T he Bus h O f G ho s ts ( G o in g D o wn ) , u n p iz z ic o d i N e w O r d e r ( Vio la to r ) e in f ila il tu tto in d ie c i c a n z o n c in e c o lte , b iz z a r r e e ir r e s is tib ili, b u o n e p e r i d a n c e f lo o r p iù c o o l, a n c o r p iù p e r il g ir a d is c h i d e l s a lo tto d i c a s a . L’ a r t p o p r ip a r te d a q u i. ( 7 . 3 /1 0 ) A le f è il c a o s p r imig en i o d a c u i t u t t o o ri g in a : in mu s ic a , p u r a c l a u s t ro fo b i a m e t a l l i c a Z ’ e v e n e b u l o s a d a rk - a m b i e n t A m b a r c h i . B e t lo s la n c io v ita le d e l l e p ri m e c re a t u re c h e p r e n d o n o f o r ma : le p e r c u s s i o n i d e l l ’a m e ri cano simulano la duplicazione per meiosi d i c e llu le s c a r s a me n te d i ffe re n z i a t e , l a fo l a t a d i d ro n e n o i s y g e n e ra t o d a l l a c h i t a rra d e l l ’a u s t ra l i a n o i l s o ffi o divino che anima i c o rp i . Lo s p i ri t o c h e i n fo rm a e c h e trasforma, come già anticipato dal titolo dell’album. Gimel il ciclico ritorno al nulla o r ig in a r io , s ta s i s o n o r a c e rc a t a e d o t t e n u ta c o n c a mp a n e tu b o lari , p i a t t i e p ro fo n d o c o n tin u o mu g u g n a r e d i fre q u e n z e s o t t o t ra c c i a . U n d i s c o p i ù Z ’ e v, c h e A m b a r c h i , m a risulta ormai chiaro come anche il giovane c h ita r r is ta a u s tr a lia n o s e m b ra o p e ra re q u a s i p o s s e d u to d a u n a mis teri o s a e d i n q u i e t a fo rz a d iv in a . D ’ a ltr o n d e c o m e ri u s c i re b b e a l trimenti a portare a termine, in media, quasi d u e la v o r i a ll’ a n n o ? ( 6 . 8 / 1 0 ) Vincenzo Santarcangelo Antonio Puglia Oren Ambarchi & Z’ev – Spirit Transform Me (Tzadik, 18 marzo 2008) G e n e r e : d a r k a mb i e n t Nemmeno la ricerca sul sacro, nel 2008, s e mb r a p o te r f a r e a me n o d e l s u p p o r to d e lle te c n o lo g ie . Pe r la r e a liz z a z io n e d i q u e s to a lb u m Ore n A m ba rc hi h a r e g is tr a to u n ’ in g e n te q u a n tità d i ma te r ia le s o n o r o in v ia to in s e g u ito v ia f ile s h a r in g a l s a n to n e Z’ e v , b lo c c a to a L o n d r a d a i p o s tu mi d i u n ’ o p e r a z i o n e p e r e r n i a . M r. S t e f a n J o e l We i s s e r, s i s a , s i in te r r o g a s in d a g li e s o r d i s u ll’ o r ig in e d e l s u o n o , s u lla n a s c ita e la d iff e r e n z ia zione dei diversi linguaggi, sul significato d e ll’ a lf a b e to e b r a ic o . E ’ a tte n to c a b a lis ta e mistico sincero: non stupisce allora che Sp ir it Tr a ns f o r M e e ma n i in u g u a l mis u r a la s p ir itu a lità d e ll’ in iz ia to e la s e r ie tà d e ll’ a p proccio filologico al testo sacro. SA 89 RECENSIO LIVE Black Dice + Kría Brekkan (Covo, Bologna - Magnolia, Milano, 8/9 marzo 2008) B i s o g n a v a i n v entarlo qualcuno che butta ss e a m m a r e ( a n zi nelle fogne), il be a t sf a vi l l a n t e e f i n troppo modernista della Città dei Mo t o r i . E r ano necessari quanto il r itorno d e l n o i se d e i vari Wolf E yes e Pr ur ie nt i (se p p u r a m mansiti) B lack D ice. Di loro, s o p r a t t u t t o e i n definitiva, ci ha sempr e f a tt o i m p a z z i r e l a componente crusty techno, q u e l l ’ a r t e d e l declinare la cassa in quattro e f a c e n d o l a marcire, dandola in pasto alle p a n t e g a n e m u tanti. Li amiamo per questo, no n o st a n t e i l non im prescindibile Load B l o wn . E l i a bbiamo amanti nonos tante le n u m e r o s e p e r f ormance a corrente alternata do v e se n z a t r o p pi patemi d’anim o può a nda r d i l u s s o c o m e dar di stomaco. In p r a t i c a , p u ò capitare che a Milano f a c ci an o i l m i r a c o lo e che a B ologna n on c olp i s c a n o q u a n t o avrebbero potuto. Come, è t r o p p o c i c l i c o , che ogni volta che assisti a un l o r o sh o w per ogni am ico che ti r if e r is c e d i u n a d a ta completamente scazzata e c e n ’ è u n a l t r o che li incensa di lodi e con t rasp o r t o . A n o i – E doardo B ridda e Ga spa r e C al ir i – è t o c c a ta rispettivam ente la pr ima e l a s e c o n d a so r te. A B ologna si è ass istito a un t r i p d i n o i s e tronica psichedelica nie nte m al e , e p p u r e asciutta da seccar le labbr a ; a M i l a n o c i s i è gustato un rave per mutoidi s cal c i n a t i n o t e vole per chi insegue il tr iba l i s m o a m e r i c a n o (com e nella L ettera Rubat a d i P o e , u n o scava e invece ciò che c e r c a è s o t t o g l i o c chi, nel nome più noto, per la gi o i a d e l l e o r e cchie). R o si c a m e n t i a parte, non è andata male a nes su n o d e i d ue se non per il tim ing . I l f orm a t p r e v e d e u n’ora e anche meno con i tre a d e s t r e g g i a r s i tra percussioni mono, una ch i t a r r a i m b r a cciata a mo’ di T h robbin’ G ri st l e e l e s olite elettroniche e c a sse ttine. I l t u t t o a v volto in una proiezio ne e le tt r o p s y c h c h e ci è piaciuta proprio perché h a p r e s o d e n t ro tutto, musicisti compresi. M a a Mi l a n o t u tti i preparativi a disp osiz ione d i b o t t o n e a vevano un obiettivo c hia r o e a p p a g a n t e , c i oè fare in modo che nessuno r e s ta s s e f e r m o; intento raggiunto grazie a Eels una pulsione techno massimale i n d u s t r i a l e , vicina al rumorismo, ma del tu t t o p r e s t a t a a l movime nto, a lla sinc ope , a l p r imitiv is mo di que l ta mbur o pe r c osso in m e z z o a mille dr um ma c hine . La c onc lusion e è a r r iv a ta pe r sino a c ita r e i Bat t le s di Atla s – e le ttr o nic a a c a va llo; pe r c hi, un a nnetto f a , p r o pr io in que sta sa la vide il c omb o Willia ms Braxton, è una chiusura esaltan t e . Dime ntic a va mo Kr ía Bre kkan o v v e r o K r istin Va ldottir, f u Mum e f u c onsig lie r a d e lle Rings oltr e c he c ompa gna ne lla v ita e mu sic a le di Ave y Ta r e de gli Anim a l Co lle c tive - qui in versione arty freak a l l e p r e s e c on un pr oge tto solista c he tr a u n “ s o r r y ” e una ma nc ia ta di inf a ntilismi r iv e r b e r a ti r e ga la buoni mome nti di str a nia me n to q u a rtomondista sulla sc ia di que llo h a s s e lia n o . Anc he pe r le i è va lsa la ste ssa mo r a le ma a sor ti c a povolte . A Bologna ne l clu b d e ll’ in die bene, a Milano al Magnol i a m a l e . I n que st’ ultimo c a so l’ inf a ntilismo n o n p o n e v a ne a nc he il dubbio c he si tr a tta ss e d i u n a v e te r a na de ll’ unde rgr ound, tr a nne f o r s e q u a n do l’incastro di temi di tastier a s t r a l u n a t a por ta va no il pe nsie r o a Not Av a ila b le . Pr o s e cons dell’indipendentismo e d e l l ’ i d e a d i lib e r a e s p r e s s io n e . So p r a ttu tto , n o n c ’ è p e z z a , q u e s ta g e n te v a f r e q u e n ta ta . L e s o d d isfazioni non sono cose automatiche. Edoardo Bridda e G a spare Caliri Eels – Conservatorio Sala Verdi, Milano (7 marzo 2008) Ok E, stavolta hai voluto fare qualcosa di in s o lito . E r a d o v u to , d a te le r e c e n ti p u b b lic a z io n i r e tr o s p e ttiv e ( M e e t T he Ee ls e U s e le s s Tr ink e ts ) , e s o p r a ttu tto d o p o d u e s p e tta c o li d iff e r e n ti tr a lo r o c o me With S tr in g s ( 2 0 0 5 ) e No S tr in g s A tta c h e d ( 2 0 0 6 ) – c o me dire, l’acqua santa e il diavolo. In perfetto tema con l’autobiografia fresca di stampa – Th in g s Th e G r a n d c h ild re n S h o u ld Kn o w -, hai ben pensato di presentare un set di c a n z o n i c h e r ia s s u me s s e la tu a v ita . “ M a r k O liv e r E v e re tt, th is is y o u r life ! ” , h a c o s ì dichiarato la voce fuori campo - Dio? il r a g a z z o d ie tr o a l mix e r ? - a ll’ in iz io d e llo s h o w. Pe r ò a n z itu tto , p e r q u a n to b e llo e illu min a n te f o s s e P a r a l l e l Wo r l d s , P a r a l l e l L iv e s , il d o c u me n ta r io s u te e tu o p a d r e , lo scienziato Hugh Everett III, non sappiamo q u a n to la v is io n e in te g r a le f o s s e a d a tta in quel contesto, specie per un pubblico non a n g lo f o n o , s e n z a s o tto t i t o l i - c o n t u t t a q u e l la f is ic a q u a n tis tic a ! - e p e r g i u n t a s e n z a p r e a v v is o ( c e r to , q u e s t o n o n g i u s t i fi c a i fi s c h i e le imp ie to s e u r la d i d i s a p p ro v a z i o n e le v a te s i d a l p u b b lic o ) . Fo r s e s ì, p o te v a mo a s p e t t a rc i i re a d i n g d a l lib r o , ir o n ic i e to c c a n ti i n s i e m e , c h e h a i a ff id a to a T h e Ch e t, il tu o u n i c o c o m p a g n o s u l palco per questo giro di concerti. Peccato che i tuoi sketch comici, compreso quello in c u i le g g e v i le r e c e n s i o n i d e i t u o i s h o w, non sembravano così spontanei; la routine e v i d e n t e m e n t e h a u n pr e z z o ( o f o r s e , c o m e p e r tu tti i timid i c r o n i c i , i l t u o u m o ri s m o a l l a l u n g a p u ò r i s u l t a r e f o r z a t o ) . Ve n e n d o a l s o d o , s a p e v a mo g ià q u an t o C h e t – a l s e c o l o J e ff r e y Ly s te r – f o s s e b ra v o , e s t a v o l t a n o n s i è p r o p r io r is p a r miat o : c h i t a rra , p e rc u s s io n i, la p s te e l, o rg a n o , p i a n o , s e g a , p e rfi n o v o c e n e ll’ in a tte s a c o v e r d i G o o d Ti m e s B a d Tim e s d e g l i Z e p p e l i n . F r a v o i d u e c ’ è u n ’ in te s a p e r f e tta , c o m e s i è v i s t o n e l s i p a r ie tto a lle s tito p e r F l y s w a t t e r , q u a n d o v i s ie te f u n a mb o lic a me n te s c a m b i a t i l e p o s t a zioni (piano e batteria) senza smettere di s u o n a r e . Pe r ò , n o n o s tan t e l e s o rp re s e d e l l a s c a le tta - h a i p e r f in o ri p e s c a t o S t r a w b e r r y SA 91 RECENSIO Bl o n d e , u n a b side dal tuo prim o album A M a n C a l l e d E , e anche un bel po’ di pezzi d a E l e c t ro - S h ock B lues -, questa veste c osì i n t i m a e sc a r n a ha finito per far perde r e a lle can z o n i t u t t e q uelle m eravigliose s f uma ture c h e a v e v a n o in studio, o com un que a c com p a g n a t e d a una band come si deve . Non c h e l e v a r i e v ersioni spoglie fino all ’osso di Bu s S t o p B o x er, Last Stop:This Town, Eliz ab e t h O n T h e B athroom F loor (brividi) e l a c o n c l u si v a P.S. You R ock My World sia no s t a t e s p i a c e v oli ma… Ok E, questa era la t u a v i t a , e h a i voluto raccontarla ancor a una v o l t a , c o m e m eglio ti pareva. Ti ringr a z ia mo u g u a l m e n t e p e r questo. Ma adesso è a r r iva t o i l m o m e n t o di dare un seguito a Blinking Li g h t s A n d O t her R evelations. O no ? Antonio Puglia Girls In Hawaii - Bronson, Ravenna (29 febbraio 2008) S e su d i sc o l i avevam o letteralmen te c ons um a t i , a p a r t ire dall’ottimo esordio From H er e To T h e re fino ad arrivare al rec e ntissim o P l a n Yo u r E scape, mai ci era capitato di v ede r l i d a l v i vo. A colmare le nostre la c une p ensa i l Br o n son di R avenna, com e a l solito p arti c o l a r m e n te attento alla programma z ion e , c h e n o n s i lascia sfuggire l’occasione di p r e n o t a r e u n a data del tour europeo in cui s on o a t t u a l m e n te im pegnati i G irls I n Ha wai i . U n a sc e l ta che premia gli organ iz z a tor i , a n c h e d a l punto di vista delle presenze, m a c h e so p r a t tutto apre gli occhi – come se c e n e f o s s e s tato bisogno – su un a realtà m u si c a l e t r a l e più interessanti del pa nor a ma europeo. On st a g e , i N ostri non lesinano in e ne rgie , o ffr e n d o a l p ubblico un set vibrante in c ui i l “so l i t o ” p o p im peccabile tratto distintivo d el la p o e t i c a d ella formazione belga gua da g n a i n s p e s s o re grazie alle ottime armonie v o ca l i e a u n a pparato strum entale c he si f a corp o so e st r u tturato. Merito delle tr e c hit arre e l e t t r i c h e ma anche di tastiera, ba sso e b at te r i a , i m p e gnate tutte a tracciare i c onf in i d i u n ’ e sp e r ienza m usicale stratific a ta ma o m o g e n e a , a l l’occorrenza distorta, sopr a tt u t t o q u a n d o l e passioni filo-psichede lic he p ren d o n o i l so p ravvento (The F og e Flavor). I b r a n i sc o r r o no via in un attim o, si pa r li d el le m a l i n c o nie in crescendo di Sho rt Song From A S h o rt M ind o dell’elettro-pop mini- ma le di Caspe r, de lle a tmosf e r e s o g n a n ti u n po’ à la Thr ills di Sun Of The So n s o d e i r iff ve loc i di Grasshoppe r, la sc ia n d o in b o c c a un gusto dolciastro che altro n o n è s e n o n la consapevolezza della caratur a s u p e r i o r e di que sti Gir ls I n Ha wa ii. Un gi u d iz io , c r e dia mo, la rga me nte c ondiviso a nc h e d a l p u b blic o a c c or so, le tte r a lme nte r a p ito d u r a n te l’ e sibiz ione de l gr uppo qua nto fe b b r ic ita n te da va nti a l ba nc he tto CD a f ine co n c e r to . Dead Meadow Fabrizio Zampighi Moha! + Ovo + Dead Meadow - Bronson, Ravenna (18 marzo 2008) Se r a ta a ll’ inse gna de i de c ibe l a l Br o n s o n d i Ravenna, se è vero che nel giro d i t r e o r e s i a lte r na no sul pa lc o Moha ! , Ovo e D e a d M e adow. Un cartellone interessant e , c a p a c e d i a c c omuna r e tr e r e a ltà music a li d a ll’ e s te tic a pr of onda me nte dive r sa ma simili p e r a ttitu dine e voglia di tr a sc e nde r e i limiti f o r ma li de l r oc k tr a diz iona le . A inaugurare questo sabba in o n o r e d e g l i spigoli pensa il duo norvegese , r a p i t o d a l r ulla r e se lva ggio de lla ba tte r ia – n o te v o le , in que sto se nso, la gr a nc a s s a me ta llic a (crediamo) artigianale, complet a d i d o p p i o pe da le e c olle ga ta a l la ptop di M o r t e n J . Olse n - , da i r ive r be r i a c c e c a nti d e lla c h itarra elettrica, dai fraseggi sch i z o i d i d e l l a ta stie r a c he si suc c e dono ve loc i n e i q u a r a n ta minuti di esibizione. Logari t m i i n n o t e spa r a ti da l mur o di a mplif ic a to r i a lle s p a lle dei musicisti che sono il risu l t a t o d i u n a simbiosi tr a c hi suona e , ne i mo me n ti me n o dida sc a lic i, dive nta no inquie ta n te c a o s c o smic o. Qua ndo non r umor ismo g r a tu ito . Disc or so dive r so pe r gli Ovo. A l s o lito ip notic a e intr a nsige nte c on il su o tr ib a lis mo post- industr ia le a i c onf ini c on l’ h a r d c o r e , la formazione milanese si è pr e s e n t a t a s u l pa lc o c ol viso c ope r to da ma sc he r e , p e r d a r e il via a un c onc e r to c he si è tr a s f o r ma to b e n pr e sto in una sor ta di r ito sc ia ma n ic o . Co n St e f ania Pe dre t t i a sintonizzar e i p r e s e n t i sui ba ssi f a ngosi de i suoi ma ntra , a v io le n ta r e la c hita r r a , a f a r si guida spir itu a le in u n viaggio senza tempo verso un p i m i t i v i s m o music a le sui ge ne r is. Con Br uno D o re lla i n mezzo al pubblico a picchiare dur o s u s e d i e d i pla stic a e bidoni r ove sc ia ti, a sg u in z a g lia r e il f e e dba c k de l ba sso, a misc e la r e , c o me s u a abitudine, teatralità ed eccessi. I l r i s u l t a t o è pathos e intensità emotiva allo stato puro, n e c e s s a r i a r e n d e r e in c is iv a u n a mu s ic a , p e r s u a n a tu r a , p o c o in c lin e a i c o mp r o me s s i. Sa lir e s u l p a lc o d o p o d u e s e t ta n to a v v in c e n ti n o n e r a imp r e s a f a c ile . E in f a tti g li headliner della serata, pur garantendo una p r e s ta z io n e d ig n ito s a – v a lo r e a g g iu n to , la batteria alla Ian Paice di Stephen McCarty - , h a n n o p a g a to p e g n o s u l p ia n o d e ll’ imp a tto visivo e dell’interesse suscitato. Colpa, f o r s e , a n c h e d i u n s e t in iz ia to v e r s o la me z z a n o tte d i u n ma r te d ì s e r a – n o n mo ltis s ime le presenze, drasticamente ridottesi verso f in e c o n c e r to , q u a n d o a ll’ in te r n o d e l lo c a le s i c o n ta v a n o me n o d i u n c e n tin a io d i p e r s o n e - , d i u n a b a n d a b itu a ta a b e n a ltr i s c e n a ri e forse non troppo motivata in una sede ta n to e d u lc o r a ta , d i u n a f o r mu la d e r iv a tiv a che dal vivo poco aggiunge a quanto già ascoltato su disco. Né la voce strascicata di J a s o n Simo n – s p e s s o e v o l e n t i e ri s o ffo c a t a d a g l i s t r u m e n t i - , n e i r i ff a c i d i d e l l a s u a Te le c a s te r, n é il b a s s o o n n i p re s e n t e d i S t e v e K ille h a n n o p o tu to tr a s fo rm a re u n e s e rc i z i o d i s tile , p e r q u a n to g r a d e v o l e , i n u n c o n c e rto me mo r a b ile , c o n b u o n a p a c e d e g l i o t t i m i r is c o n tr i d i c r itic a – a s s o l u t a m e n t e g i u s t i fi c a ti, a lme n o s u d is c o – ra c c o l t i d a l l ’u l t i m o O ld G ro wth . Fabrizio Zampighi SA 93 WE ARE DEM WE ARE DEMO #26 I migliori demo giunti nelle nostre cassette postali. Assaggiati, soppesati, vagliati, giudicati dai vostri devoluti redattori di S&A. Testo: Davide Brace, Stefano Solventi, Fabrizio Zampighi Bobby Soul/Contesti Scomodi - Ometto Fragil Vida - s/t Lo u n g e m u si c per profondità interga la ttic h e , i p n o t i c o space jazz oppiaceo e funk s ud a t i c c i o c h e si inscurisce di echi, r imb o m b i e f i a t i distanti (reminescenza della To f f e e d i Va sc o R ossi, non necessar ia me nte u n m a l e ) . S u t utto la calda e sensua le voc e d i B o b b y S o u l a recitare e declamare come u n c r o n i st a m aledetto che vuole tra ghe tta rci l u n g o u n v iaggio al term ine della notte : s t o r i e d i f u m o, sogni, derive della mente, p o es i e c y b e r p u nk, B lade R unner. A sor pr e sa i n s e r t i e r i t o r nelli di soul torcibude lla tr e m e n d a m e n t e s exy e Blaxploitation. Non si f a r à m i c a c h i amare Bobby Soul per niente, eh! S u l l a c a r t a potrebbe sembrare in c r e dibil e o p r e t e n z i o s o ed invece il mix funz iona , i n t ri g a e c o n q uista. Q uesta notte pr e ndi la m ac c h i n a e g i r atela senza meta, lasc ia ti a lle s p a l l e l e l u c i e la città. Portati dietro solo s i ga r e t t e , sc o t ch w hisky e la m usica di que s t i C o n t e s t i S comodi da Genova, benedetti d al la v o c e d i B obby S oul. O h Yeah Ba be ! (v o t o : 7 . 0 /1 0 w eb: myspace.com/co nte stiscom o d i ) . ( d . b . ) Non si tr a tta va di un de mo a i te mp i d i . . . E c osì noi e non si tr a tta di un de m o o r a , c h e a f a r pa r la r e de i Fr a gil Vida pe n s a l’ o mo nimo secondo CD. Complice la m a n c a n z a di una c a sa disc ogr a f ic a e di u n a d is tr ibuz ione uff ic ia le tutta via , sia mo c o s tr e tti a relegare di nuovo il gruppo i n q u e s t a rubrica, non senza qualche rimp i a n t o . S i pe r c é l’ ottimo ja z z str ume nta le d a te a tro che la formazione emiliana p r o p o n e v a qualche tempo fa si trasforma o r a i n u n a proposta aperta alle contamina z i o n i , t r a te sti r e c ita ti ( l’ ottima L’ ultimo fu n e r a le ) e music he da l sa por e suda me r ic a n o ( M a le de tto Amor) , c a nz one d’ a utor e ( L a r i v a de ll’ Atte sa) e piccole parentesi i r o n i c h e ( Canzone e ste mporane a) . Se mpr e c o n g u sto e buona pe r iz ia te c nic a ( voto : 6 . 9 /1 0 we b: myspa c e .c om/f r a gilvida ) . ( f . z . ) Soyland Green - Final Superstereo Tri o d a S a ssa r i attivo dal 2000, fann o pr ogp s yc h i n n e r v a ta di iridescenze slow cor e , un i n cu b o t e c h n i c olor cioè tipo gli anni se ssa nt a v i st i a t t r a v e rso una lente distorta wa ve n o i se , f r a m m e nti e frattaglie C rim so n, Lips, M y B l o o d y Va lentine, D ivision, Pumpkins... La c o sa m i g l i ore è la tenacia con cu i tr a sc in ano i l su o n o su territori stordenti, sia no q u ell e c o r d e a l calor bianco, siano i c iond o l a m e n t i f o l k tra flauto e sax, un “ é pa te r l e b o u rg e o i s” col cuore contrito non tr opp o l o n t a n o d a certo Mark Linkous. La cosa p egg i o r e è l a voce, cui manca una dime nsion e f o r t e n e l t e ssuto sonoro, presenza tr oppo i n ce r t a r i sp e t t o al resto. U rge farsi pr odur r e c o m e s i d e v e . E una volta prodotti come si d e v e , p o s s i a mo praticamente aspettarci di t u t t o ( v o t o : 7 . 0/10 w eb: m yspace.co m/soyl and g r e e n ) . ( s.s.) Single Sign On - Long Awaited Intimations Disguised Into A Full Scale Opera Già recensiti nel 2006 in occasi o n e d e l l a pubblic a z ione de l lor o pr imo E P, i Sin gle Sign On tornano ora tra le p a g i n e d i We Are Demo con gli otto bran i d e l l o r o pr imo CD lungo. Se a gli e sor d i s i p a rlava semplicemente di suoni m o r b i d i e ovattati, qui ci si ritrova a traff i c a r e c o n shoegaze e affini su mid-tempo a b a s e d i dr um ma c hine , c hita r r e soff ic i, c o n tr o c a nti a più voc i e me lodie sog n a n ti r u bate a qualche scatola dei rico r d i d e g l i anni ottanta. Buona omogeneità d i s t i l e e un approccio musicale decisam e n t e p i ù pr of e ssiona le r ispe tto a l pa ssa to , c o n tr ibuiscono a rendere ancor più app e t i b i l e i l pr ogr a mma ( voto: 6.7/10 we b: my s p a c e . c om/single signon) ( f .z .) Penelope sull a Luna – My Little Em p i r e Registrato nella pseudo-tana di Giorgio Canali – Il Natural Head Quarter Studio Lorenzo Monni - Debris I n c o n tr a mmo L o r e n z o M o n n i s u lle p a g in e d i Se n tir e A s c o lta r e a p p e n a u n a n n o f a . A llo r a , a i te mp i d i D e a th O f A Futur e M a n, d e f i n i m m o p r o g r e s s i v e l a m u s i c a d e l N o s t r o , i n v i r t ù d i una prima opera complessa, stratificata, retta su classicismi e f r e q u e n ti c a mb i d ’ a tmo s f e r a , a c c e n n i f r e e e d ia lo g h i mu te v o li. Co n le u n d ic i tr a c c e d i D e b r is l e c o s e c a m b i a n o , s e è v e r o che rispetto al passato tutto sembra suonare decisamente più quadrato, sempre nell’ottica di una musica che rimane totale e d i s tr u me n ta li c h e n o n s i a c c o n te n ta n o d i c ita r e ma a p p r o f o n d is c o n o in v e c e tu tte le d e c lin a z io n i d e l s u o n o . Se le in q u ie tu d in i d i T h e Bi g L a u g h c ita n o il k r a u tr o c k te d e s c o p e r p o i f o n d e r s i in u n a s s o lo d i c h ita rra fi n a l e s c u o l a Pin k Flo y d , E m b r a c e s a d i ja z z e le ttr ic o la M ile s D a v is , I M e t Th e C r a f t s m a n m e s c o la d ila ta z io n i te mp o r a li e p e r c u s s io n i a f r o , Th e D a wn O f Th e Yo u n g D o l l s p a r t e c o me u n a me lo d ia me d ie v a le g g ia n te p e r p o i s c iv o la r e in u n a s u ite p s i c h e d e l i c a . E’ lo stesso Monni ad occuparsi a parte qualche rara eccezione di tutti gli strumenti, dimostrando, oltre a buone doti tecniche, come non gli manchino anche coraggio e is p ir a z io n e ( v o to : 7 . 0 /1 0 w e b : w w w. lo r e n z o mo n n i. c o m) ( f . z . ) di Ferrara – My Little Empire dei Penelope sulla luna è una bella scoperta in bilico tra post-rock e venature hard. Un connubio in questo caso, felice, che porta i musicisti – due chitarre, batteria, tastiere e basso – a contaminare le praterie arpeggiate delle nove tracce in scaletta con distorsioni spacey e scenari extrasensoriali roboanti di chiara matrice psichedelica. Verrebbe da paragonarli ai Vanessa Van Basten, per lo meno nell’approccio generale, pur non mostrando i Nostri attrazioni particolari per campionamenti e affini (voto: 6.7/10 web:myspace. com/penelopesullaluna). (f.z.) C p t. N i c e - L o s pa z i o è n o s t r o Q u in te tto to s c a n o a ttiv o d a l 2 0 0 2 , in q u e s to g a r r u lo E P f in g o n o u n a d is c e s a d a llo s p a z io come Ziggy devoluti, c’invadono con una p o p w a v e c h e f a s f r ig o la r e g li U ltr a v o x ! p iù birboni, i Baustelle rapiti da una navicella Ro c k e ts , i Pe c k s n iff tr a v o lti d a r a ff ic h e Ste r e o la b . U n a b r e z z a s a r c a s tic a s e r p e g g ia c o stante lungo i testi (in italiano) delineando u n q u id p o e tic o /id e o lo g ic o p e r ic o lo s a me n te v ic in o a c e r ta in o p p o r tu n a d e me n z ia lità . Pe r ò in s o mma s o n o a b b a s ta n z a d iv e r te n ti e soprattutto sembrano avere le idee chiare ( v o to : 6 . 4 /1 0 w e b : m y s p a c e . c o m / c p t n i c e ) . (s.s.) I l M i r a gg i o - L u c e b i a n c a e p Wave rock che digrigna una certa urgenza del tipo prendi i primi Diaframma o i Syster Of Mercy ed applica quel certo gusto mélo italico, vocali stese come drappi pietosi sul rovello delle chitarre (emblematica in tal senso la title track). Gli esiti sono diseguali: bene fa ad esempio Icona col suo ondivago caracollare psych-wave (tra esotismi Litfiba), maluccio invece La tua realtà (pericolosamente in scia Renga), così così l’impetuosa Locomotiv (dei Killing Joke senza delirio). S’avverte il potenziale, ma c’è da lavorare sugli obiettivi, sulla “vision” (voto: 6.0/10 web: myspace. com/ilmiraggio). (s.s.) B r i d g e Of D a r k l a k e - S t r a i n Quartetto from Rovereto allestito nel 2003 e già alla terza autoproduzione che sintetizza i tentativi acustici ed elettrici forgiando 5 tracce psych rock. Il piglio è piuttosto d’antan, spaziando da acidità hard seventies a più quiete e ombrose ancorché turgide ballad. Ciò non toglie che sembrano esercizi di fiera retronostalgia orfani del retroterra grunge che li avrebbe non poco nobilitati. Si salvano a tratti palesando passo funk dinoccolato o cincischii visionari che dribblano il sovraccarico e gli intestardimenti. Devono un po’ ripensarsi, secondo me (voto: 6.0/10 web: myspace.com/bridgeofdarklake). (s.s.) SA 95 rearview mi The Breeders Do We Love Them Now? Dura , a l l e v o l te, fare i conti col passato e re siste re alla te ntazione di ripre se n ta r s i s u lle s c e n e . N e s s u n o ti obbliga, specie se nel frattempo sono trascorsi anni e un sac c o d i c o s e s o n o c a m b i a t e . Eppure, quando il tuo mestiere e la tua vita sono fare musica, n o n t i re s t a m o l t a s c e l t a . A prescindere da quan ta gente è ancora disposta ad ascoltare que l c h e h a i d a d i re . Testo: Giancarlo Turra R e c i t a u n f a moso detto che dietro a ogni g r a n d e u o m o ci sia una donna alt rettanto g ran d e , a v o l t e più di lui. R aram ente o f or se m ai è v e r o i l contrario e la cosa de sta non p o c h i p e n s i e r i , di quelli sui massimi sistemi che t o c c a n o l a musica incidentalme nte . A b en a l t r e r i f l e s sioni indugiammo inv e c e tutt i n e l l ’ A n n o D om ini 1990, allorché Kim Dea l u s c ì a l l o scoperto dichiarandosi altra “t est a p e n sa n t e” del caleidoscopico me c c a n i s m o c h i a m a t o P ixies. L a ragazza str a mba c o n i r a y b a n e il sorriso canzonatorio non si l i m i t a v a a r e c i tare da spalla al suppo sto “ le ader m a x i m o ” Black F ran cis, per cui a vr e mm o d o v u t o a s coltarli meglio quegli impasti v o c a l i e q u e l l e linee di basso che stavano face n d o sc u o l a senza che ce ne accorge ssim o . L a r e sa d ei conti sarebbe giunta a br e v e, n o n d i m e n o al tempo vi era di che gode r e s en z a c u r a r si d el domani. C om inciò a d e ss e r c h i a r o q u anto la band bostoniana fosse g u i d a t a d a d u e polarità e lì risiedesse la f orza s u a e q u e l la di una m usica irrip e tibile , i n f l u e n t e c o m e poche altre nella recente s t or i a . L’ a l t e r nare e unificare con una f e lic e s c h i z o f r e n i a i muscoli e il cervello , il lato m a s c h i l e e q uello femminile, innescò una ri v o l u z i o n e p e r interposta persona di un dis ad a t t a t o d e i d intorni di S eattle. C on le r uot e i n m o t o , b a stò poi l’ascolto del s e c ondo d i s c o so l i st a d i F rank B lack - già lanciato s u l i d i c o n v enzionali dopo un passabile es o r d i o - p e r spalancare la porta al r e vision i s m o e c o n s e gnare il ruolo di elemento di ro t t u r a n e l l e mani di K im, mentre il ( se mp re p i ù p i n g u e ) Franco si piantava n e lla lin ear i t à d e l r o ck classico. Vai a sape r e c ome s t a v a n o e ff e t t ivamente le cose e in fondo p o co i m p o r t a spiegare la magia e n on se mp re c o n v i e n e provarci. Il rischio è d i sma r- r ir lo, l’ inc a nte simo. Ac c a de talv o lta c h e i pr oge tti pa r a lle li si e volva no f in o a s o r p a s sare per caratura ed esito il “gru p p o m a d r e ” . Nel quale magari la fatica si s t a f a c e n d o se ntir e , i c ontr a sti e le lotte di e g o d is tr a g gono e a llor a via c on le e va sion i a u to r iz z a te: ci si rimette in sesto, si osser v a s e s t e s s i da f uor i r ipe nsa ndo il pr opr io r u o lo . U n misto di tutti questi aspetti e altr i a n c o r a l a stor ia de lle Bre e de r s, poggia ta s u d u e d ischi grandissimi dai quali parte l a d i s c e s a , dipa na ta se c ondo un c osta nte sp a r ir e e r ie me rge r e umor a lme nte f e mmine o . Cu r io s a me nte spe c ula r e è l’ iniz io “ uff i c ia le ” d e lla vic e nda , c he ve de la De a l f a r c o mu n e lla c o n Tanya Done lly de lle c onc itta din e Thro w ing M use s: l’ una si r ic onosc e ne ll’ a ltr a p e r la comune militanza in formazion i s p l e n d i d e all’ombra di figure predomin a n t i . S e r v e lor o spa z io pe r r e spir a r e , un mez z o n e l q u a le incanalare canzoni che res t e r e b b e r o a pr e nde r e polve r e ne l c a sse tto. No n f a c ile la c oa bita z ione di Ta nya c on Kr i s t in He r s h, e d e c c o sorge r e l’ ide a de lla luss u o s a v a lv o la di sf ogo. Ne c e ssita no di una s e z io n e r itmic a , c r e a ta pr e le va ndo l’ a mic a in g le s e J o se phine Wiggs da i dime ntic a b ili P e r f e c t Disast e r e pia z z a ndo Shannon D o ug ht o n a lla ba tte r ia ( nie nt’ a ltr o c he un o p s e u d o n imo pe r Br it t Walf or d de gli Slint , c o n o s c iu to in uno studio di registrazione a C h i c a g o ) . I l nome , c he in ingle se signif ica “ ( a l) le v a tr ic i” , a r r iva se nz a tr oppo sf or z o d a lle impr e se a dole sc e nz ia li di Kim c o n q u e lla s o r e lla Ke lle y che entrerà in scen a p i ù t a r d i . Se nz a tr oppa a ntic a me r a , il f ul min a n te d e butto a tr e nta tr e gir i Pod (4 A D , 1 9 9 0 ; 7.8/10) rappresenta l’evento inatteso dell’annata: una dozzina di br a n i p r o d o t t i da uno Steve Albini non ancor a s u p e r s t a r che lasciano a bocca spalancata, traghetto d e l p ig lio f r a ttu r a to e d e la s tic o , d i q u e l c a r a tte r is tic o g io c a r e d i p ie n i e v u o ti d a lla c la s s ic ità d i D o o little d e n t r o i l r i b a l t o n e N e r v e r mind . M a tta tr ic e n e lla p o lic r o ma p e n n a è - e s e mp r e r e s te r à - K im, g ià in g r a d o d i a n tic ip a r e I n U te r o ( G lo r io u s ! ) , ip o tiz z a r e d e g li She lla c d a l v o lto u ma n o ( l’ imme n s a c o v e r d e lla le n n o n ia n a H a p p in e s s I s A Wa r m G u n ) e a d d ir ittu r a tr a tte g g ia r e c a ta to n ie f o lk ( O h ! ) . A c a n c e lla r e le e s ig u e f r a si sfocate contribuiscono le movenze tra Se s s a n ta e Se tta n ta d i F o r tu n a te ly G o n e e O n ly I n 3 ’s , la d d o v e a i p o s te r i s i tr a ma n d a , b a r o n e tti s tr a p a z z a ti a p a r te , l’ a n g e lic o p e r ò s c o r tic a to ma s te r p ie c e I r is . U n p a io d i c a le n d a r i s f o g lia ti e d e c c o n e i n e g o z i l’ e . p . Sa f a r i ( 4 A D , 1 9 9 2 ; 7 . 3 /1 0 ) . U n p o k e r d i tr a c c e a p p ic c ic o s e c o me la g o mma d e l p o n te s e n z a a d d itiv i, s tr u g g e n te r ile ttu r a d i S a d A b o u t U s d e g li W ho in c lu s a . G li s p ig o li a c c e n tu a ti to r n a n o s o lo n e lla title tr a c k , il r e s to e v id e n z ia u n a p e r s o n a lità s p ic c a ta , c o r i celestiali tagliati in due da un violoncello, s tr u ttu r e a r d ite c h e a b b r a c c ia n o me la n c o n ia e d is to r s io n e ( D o Yo u Lo v e M e Kn o w? , D o n ’t Ca ll H o m e ) . E ’ la f in e s tr a s u l f u tu r o p r o s s imo c h e n o n p r e v e d e Ta n y a , f o r tis s ima me n te d e c is a a u n a c o s a s o lo s u a c h e b a tte z z a p o c o d o p o Be lly , p r o g e t t o d i v a l o r e p e n a l i z z a t o da qualche eccesso di zuccheri. Basta una te le f o n a ta a K e lle y p e r f a r e in c a s a la s o s titu ta , g ia c c h é il ’ 9 2 o ff r e u n a v e tr in a d a n o n ma n c a r e n e l to u r e u r o p e o d i s p a l l a a i N i rv a na s e d u t i i n c i m a a l g l o b o ( e n n e s i m o , e mo z io n a n te “ g r a z ie ” d ri t t o d a l c u o re d i u n C o ba in t i m i d o f a n ) . C h i u s a l a q u e s t i o n e , u t i l e i n o l t r e a d a u m e n t a r e l ’ a ff i a t a m e n t o , u n c o mu n ic a to s ta mp a u ffi c i a l e a n n u n c i a l o s c io g lime n to d e i Pix ie s , a ffra n c a n d o l a D e a l d a u lte r io r i imp e g n i. S i s e n t e e c c o m e , a l l a f in e d e lla to r r id a e s ta t e 1 9 9 3 : La s t S p l a s h ( 4 A D , 1 9 9 3 ; 8 . 0 /1 0 ) c o n d u c e a l l ’a l t a re l e d u e o p e r e p r e c e d e n ti in u n a fe s t a d i s c a l e t t a s e n z a f a lle b a c ia ta d a u n a m i n i -e p o p e a , p ro pulsa da elastico basso e chitarre raschiate a in c o r n ic ia r e la p ig r a m e l o d i a s e x y. C a n n o n b a ll i n c a r n a c o s ì u n m o m e n t o s i m b o l o dei Novanta e la sensazionale matrice di ta n to in d ie - p o p - n o is e a v e n i re , t ra s c i n a n d o il disco lungo una scalata delle classifiche in q u e i f o lli f o lli a n n i. S i ra c c o g l i e u n p l a tino di lì a dodici mesi e la formazione dà il me g lio n e l L o lla p a lo o z a e d i z i o n e ’9 4 , q u e l la d e l b u c o la s c ia to d a i N i rv a n a n e i c u o ri e nello show-business. Qualità elevatissima quella dispensata da una formazione nella q u a le o r a s ie d e a lla b a t t e ri a J i m M a c p h e rs o n, in te n ta a c r is ta lliz z a re u n o s t i l e p a ra d ig ma tic o . Ch e è r o b u s t a m e n t e , s o l a rm e n t e p o p ( I n v is ib ile M a n , l a re d i v i v a D o Yo u Lo v e M e Kn o w? , D iv in e H a m m e r ) e ro m a n tic o c o n in te llig e n z a ( Ma d L u c a s , H a g ); d o ta to d i v ig o r e imp e n s a b i l e , z u p p o d i c o u n t r y d ’ I r la n d a ( D r iv in ’ O n 9 : u n c o m m i a t o s tr u g g e n te ) , s u r f c a lifo rn i a n o (Fl i p s i d e ) e SA 97 rearview mi d e l p a s s a t o r ecente riconsegnato a nuova v i t a ( No A l o h a, I Just Wanna G et Along); g i à c h e c ’ è , non scorda di camminare su cocc i a c u m i n a ti del panorama di sos pe nsion i R o i . Q u e l c he ti aspetti com pare a l mom e n t o o p p o r t uno, appone il sigillo della p erf e z i o n e “ sui generis” schivando la pr e v e d i b i l i t à . B r utta bestia il successo, tigre d a c a v a l c a r e solo se possiedi nervi sa ldi; il p r o b l e m a è c he non puoi sapere se morde f i n c h é n o n l e stai in groppa. A causa del s ucc e sso i m p r ovvisa e al conseguen te ma r e d i r e s p o n s a b i lità inadatto a una mentalità “D IY ” , si l a m b isce il dram m a. Q uel c he pe r al t ri m e n o f o rtunati fu tragedia, s i limita p e r l e N o s t r e ai trafiletti di cronaca nera: Kel l e y v i e n e arrestata nel 1994 per posse ss o d i d r o g a e spedita a disintossica r si ne l f r e d d o M i n n e sota; nulla di male, non fosse che l a c o sa i n n esca una diaspora def initiva : l a Wi g g s p r e n d e casa a N ew York e s i pe r de d e n t r o u n a s erie di progetti trascurabili, m e n t r e K i m s i rifugia a Dayton, Ohio, con M ac P h e r so n e prosegue a scrivere ca nz oni. Di l ì a q u a l c h e m ese ne ha accum ulate a suf f i c i e n z a e f r e me dalla voglia di ren derle di p u b b l i c o d o m inio, nondim eno è so la c on J i m . E sse n d o la scena locale ricca di ge nte s ul l a g i u st a l u nghezza d’onda (B ra iniac e G u i d e d B y Vo ices, ad esem pio), coi c a r ne a d i N a t h a n F a rley e L u is L erma allestisce g l i A m p s. S i c com e quando sei in diff ic oltà t i ag g r a p p i a c iò che m eglio conosci, Pac e r (4 A D , 1 9 9 5 ; 7.0/10) è il ritorno a casa tra s t an z e u m i d e m a accoglienti, dentro l’ a tmo- sf e r a intima e sc a nz ona ta de lla p r o v in c ia in c ui si r ite mpr a l’ umor e . Me z z’ o r a a b b o n da nte di powe r pop ( She ’s A Gir l, Tip p City ) e a nni ’ 60 in ba ssa f e de ltà f a vor iti d a ll’ a mic iz ia c on Robe r t Pollar d, f iltr a ti d a lla le n te tr a sluc ida di una Kim più r o c a , b e n d isposta a caciara garagista n e l l a t r a c c i a omonima, deviazioni new wave n o i s e - l a sussulta nte Bre ak ing The Split S c re e n B a rrie r; il f ina le di Hov e rin - e a l ma r c h io d i f a bbr ic a , le ggia dr o pe r Draggin g P a r ty e f e stoso ne l gioie llino De dic at e d . L a v o r o c he non dic i sma glia nte pe r qu a lc h e c o mpr e nsibile a c c a de mismo, se gna c o mu n q u e una vittor ia sulle a vve r sità da ll’a s p e tto n o n di rado piacevolmente inedito, s u p e r i o r e a Go To The Sugar Altar ( Nic e , 19 9 6 ; 6 . 3 /1 0 ) , a utobiogr a f ic a r if le ssione de i K e l l e y D e a l 6000. Pe r ò: qua ndo si ha un pa s s a to g r a n d e a lle ( imme dia te ) spa lle non è fa c ile r in u n ciarci. La caparbietà ha la megli o a n c h e q u i , e le Breeders rinascono dalle c e n e r i d e g l i Amps, o me glio dive ngono da q u i in p o i a f f a r e pr iva to de lla più ta le ntuosa K im. I l ’ 9 7 vede la band onorare il triste i m p e g n o d e l “ be ne f it” in onor e de llo sc ompa r s o Br a in ia c Tim Taylor se nz a Ma c Phe r son, c h e n e l f r a ttempo ha messo su famiglia e s u o n a c o n i Guide d By Voic e s; più ta r di la e x - Pix ie s e n tr a in studio pe r un lp c he non v u o l s a p e r n e di c onc r e tiz z a r si. Pe r vic a c e , ins is te e s c r iv e e registra, riprendendo a calca r e i p a l c h i c on Ke lle y dopo se i a nni; a ddir ittu r a r a c c a tta pe r str a da una nuova line -u p c o n i c a va lli da tir o M ando Lope z , Ric ha r d P re - s le y e J o s e M e de le s . Ch i l’ h a d u r a la v in c e , e g r a z ie a ll’ a iu to d i A lb in i Title T K ( 4 A D , 2 0 0 2 ; 6 . 8 /1 0 ) v e d e la lu c e d o p o la p r e s tig i o s a p u n t a t a a l b r i t a n n i c o A l l To m o r r o w ’s Pa r tie s . Se g n a il p a s s o , tu tta v ia , e s e n o n e s a lta p e r lo me n o e v ita d i c a d e r e r o v in o s a mente: laddove non gioca di rimessa per ma n c a n z a d i f ia to ( u n tr io d a p ilo ta a u to ma tic o ; l’ ig n o min ia d e lla F u ll O n I d le r ip e s c a ta d a g li A mp s ) , r e s titu is c e lo s v ilu p p o a rmo n ic o g r a ff ia n te e o b liq u o in u n a v a r ia n te p a c if ic a ta , p e r s u a d e n d o in To o A liv e e F o rc e d To D r iv e . S o r p r e n d e e o ff r e i l m e g l i o s le g a n d o s i d a i c lic h é , c o me p e r la s c iv o lo s a e r e f r a tta r ia w a v e Th e S h e , le liv id e me ta f o r e ja z z a te in s ie me a e r e e e te s e ( O ff Yo u e P u t O n A S id e : l e c o s e m i g l i o r i ) , l ’ o s c u r o a mb ie n te me tr o p o lita n o d i S in is te r F o x y . Rip e n s a n d o c i, mic a ma le d a g e n te c h e r e p u tavi morta. Era solo ibernato forse, quel corpo in fase di risveglio grazie al tepore di u n ’ a ttiv ità in s ta n c a b ile : s e g u e la r e g o la me n ta r e a ttiv ità c o n c e r tis tic a , u n a c e le b r a ta reunion (estemporanea, ma non si può mai d ir e … ) d e i Pix ie s e i f e s te g g ia me n ti s u l p a lco per il 25° anniversario della 4AD. La ma tu r ità s i p r e s e n ta n el l a q u i e t e s u b u rb a n a d i D a y to n , d a d o v e le De a l h a n n o c o n s e g n a to il q u a r to ta s s e llo d e l ro m p i c a p o . A l l a ri p r o v a d e g li a s c o lti, M o u n t a i n B a t t l e s ( 4 A D , 2 0 0 8 ; 6 . 4 /1 0 , i n r e c e n s i o n i ) p a l e s a n o v i t à n e g a tiv e n e lla f ia c c h e z z a e s e c u t i v a e i n u n a p r e o c c u p a n te p e n n a p o c o i n c i s i v a a d e c c e z io n e d e lle c la s s ic h e Ov e rg l a z e d e Wa l k I t O ff. Pe r c e p is c i, tr a il “ ca ri n o ” c h e n o n s ’i m p r ime e u n p a io d i b r a n i d a d i m e n t i c a re , l a voglia di fuggire dai modelli inseguendo u n a r if le s s iv a s c o n tr o s i t à . P e r o ra l a s u ffi c ie n z a è r a g g iu n ta r ico rre n d o a u n a t i t l e tr a c k in te s s u ta d i s ib i l i e s u s s u rri , a u n a I s ta n b u l c h e r e s p ir a la n a i v e t é d e l l a M a u re e n Tuc ke r s o l i s t a , a s i n u o s i c h i a r o s c u r i c o me Nig h t O f J o y e S p a r k . A l p ro s s i m o a p puntamento - se mai vi sarà… - serviranno a rg o m e n t i d i b e n a l t r o l i g n a g g i o , c o n s o n o ai primi della classe. In caso contrario, p r e n d e r e mo n o ta d e lla d e c a d e n z a e c i c o n s o le r e mo a l r ip a r o d e g l i s p l e n d o ri d i q u i n d ic i e r o tti a n n i f a . Pe r q u a n t o l o n t a n i , s o n o s e mp r e lo r o a f a r c i d ir e c h e s ì , o g g i v i a m i a mo comunque, Breeders. SA 99 rearview mi ristampe Beck - Odelay (Bong Load, 1996 - Universal, marzo 2008) Genere: cros sover/hip hop Dieci anzi dodici anni fa accadde il miracolo. Non una rivelazione, ma una conferma. Ovvero che un ragazzo esile, scarmigliato e allampanato fosse in grado di tracciare solchi dove proprio non si auspicava. Beck Hansen, classe ‘70 da Los Angeles, già con M e l l o w G o l d ( G e ff e n , 1 9 9 4 ) a v e v a s p i a z z a to l’auditorio grazie ad un intruglio sonico inaudito: un piede nella fossa del folk più tradizionale, l’altro scosso da fremiti lo-fi, una mano sul turn-table e l’altra a schiacciare i tasti play e rewind di un boombox caricato con le cassette più avventurose e disparate. Si trattò di un esordio bruciante, forte di un singolo geniale come Loser, roba che ti rimane appiccicata fino a fine carriera qualsiasi altra cosa tu faccia. E sì che di cose Beck ne doveva fare ancora molte e non poco sorprendenti. A partire da questo Odelay che due anni più tardi - e dopo la parentesi di One Foot In The Grave (K Rec o r d s , 1 9 9 5 ) , f o l k s p a r t a n o p e r a n i m e s p e rse - ne ribadì definitivamente la calligrafia e il verbo, previa la produzione dei Dust B ro t h e r s - t r a g l i a r t e f i c i d i P a u l ’s B o u t i que (Capitol, 1989) dei Beastie Boys - che figurano quali co-autori di quasi tutti i pezzi. Le tredici tracce dell’edizione originale rappresentano infatti, oltre che una sequenza di canzoni parecchio godibili, uno dei più autorevoli propositi/manifesto dei Novanta: l’hip hop è l’atteggiamento unificante, il battito che scombussola una orografia emotiva e stilistica a forte base country-folk. Il che conferisce una tonalità bianca al tutto, roba da caucasico coi neuroni spediti a compensare il gap nei confronti della componente nera annidata dietro le quinte, pronta ad avventarsi sul proscenio sotto forma di blues sgangherati, soul gracchianti e funk robotizzati. Ma sia questi che le chincaglier i e p s y c h , g l i s p u rg h i n o i s e , l e d i g r e s s i o ni latin-tinge e i pungoli electro sembrano condividere una stessa scaturigine: il vizio formidabile dell’ascolto massivo e compulsivo, che finisce per plasmarti i sensi e il sentire, quindi la forma stessa dell’espressione. Questo il destino del nerd tecno tossico, con più mondo nella cameretta di quanto il mondo “reale” potrà mai o ff r i rg l i . Ecco quindi che in un errebì strinito come The New Pollution quel jingle sciroccato introduttivo, gli hook di chitarra, i sax, gli archi e l ’ o rg a n i n o l i s e rg i c o s e m b r a n o p i o m b a r e d a un’altra dimensione, proprio come il countr y b l u e s c h e g o rg o g l i a s o t t o l a p e l l i c o l a h i p hop di Hotwax o la fantasmagorica tromba a chiosare il fosco ciondolio di Readymade. Apparizioni sognanti, frammenti sonici di una realtà parallela ma omogenea, la cui dislocazione spaziale nel sound ed il pressoché sistematico contrasto timbrico sembrano studiati ad arte per provocare sconcerto, rendendo ogni pezzo una concrezione mnemonica coerente però quasi incredula di sé. Composizioni che pur essendo sostenute da una scrittura bella in senso canonico, acq u i s t a n o p i e n a m e n t e s e n s o s o l o n e l l ’ i n t e rpretazione dell’autore/assemblatore, di cui r i f l e t t o n o l ’ a c u m e b i s l a c c o , l ’ a z z a r d o s u rreale, l’irriverenza sradicata. Ma la postmodernità non riesce, pur con la pervadente schizofrenia ed il febbrile assedio, a strapparle tutte, quelle radici. Se ne stanno lì che covano provocando nutritivi indolenzimenti, palpitazioni autentiche, rannicchiate sotto perturbazioni clamorose ma non abbastanza invasive da impedir loro di venire a l l a l u c e . Ve d i J a c k - A s s c h e s i c o m p i e c o m e la più malinconica e dolciastra delle ballate, ma anche il country sgomento sotto il bailamme di watt ed il passo nevrastenico d i L o rd O n l y K n o w s . Va d a s é c h e l a f o r t u n a dell’uomo - e di questo disco in particola- re - si deve proprio alla flagranza di quello “ s b a l o r d i m e n t o o rg a n i z z a t o ” , c h e i n t i t o l i c o m e D e v i l ’s H a i rc u t , N o v o c a n e e W h e re I t ’s A t t r o v a l a n c i n a n t e c o m p i m e n t o : s e v i resta un senso come di Jon Spencer meets Band Of Gypsys in un sogno frenetico Beastie Boys strattonato Flaming Lips, beh, tranquilli, fa parte della sintomatologia. Insomma, come dicevamo, è passato più di u n d e c e n n i o . To c c a f a r e i c o n t i , s o p p e s a r e , celebrare. La deluxe edition in doppio CD e immagine di copertina - quella celebre col Komondor che salta, nient’altro che un cane eppure vai a sapere cosa ti viene in mente a r t a t a m e n t e r i t o c c a t a , c i o ff r e c o m e b o n u s del primo disco una intrigante Deadweight, bossa languida e scivolosa punteggiata di apparizioni trasognate, composta per la soundtrack di Una vita esagerata (film del ‘97 per la regia di Danny Boyle), più due i n e d i t i c o m e I n f e ro - f u r i b o n d o c a l d e r o n e d i tutto ciò che ritenete possibile attendervi da Beck - e una Gold Chains in bilico tra funk blues stoniano ed il Prince più hip hop. Il secondo volume fa mostra invece di remix e b-side, e se le prime non incantano particolarmente (il cupo incalzare degli UNKLE e l a t r a f e l a t a a s t r a z i o n e d i A p h e x Tw i n n o n sembrano ingranare granché col piglio agro d i W h e re I T ’s A t e l e a rg u z i e f i l a s t r o c c h e s c h e d i D e v i l ’s H a i rc u t , q u e s t ’ u l t i m a p i ù adatta agli strapazzi hardcore-punk in Amer i c a n Wa s t e l a n d a c u r a d i M i c k e y P. ) , c a p i t a altresì di pescare nel mucchio (sedici tracce i n s c a l e t t a ) a u t e n t i c i g i o i e l l i . C o m e i l B a rre t t f r u g a l e e s q u i n t e r n a t o v i a H i t c h c o c k d i S a - 5 , l a d o l c i s s i m a n a r c o s i f o l k d i B ro t h e r , una motoristica festa sixties tra Ramones e Lips (Electric Music And The Summer People), sguaiati minimi termini blues (Devil G o t M y Wo m e n ) e s o p r a t t u t t o q u e l l a d o p pietta finale che prima spedisce Jack-Ass tra paneggi d’archi mesmerici anticipando certe languide evanescenze Sea Changes (Strange Invitation), infine facendone festa tex-mex con trombe, violini, chitarrine in uno spagnolo caramelloso che non puoi fare a meno d’immaginarti i Calexico annui r e i n c a n t a t i ( B u r ro ) . S e m b r a v a i m p o s s i b i l e aumentare la stima per un originale già maestoso. Eppure è così. Diavolo d’un Beck. (8.5/10) S t e fa n o S o lv e n t i Eddie Bo – In The Pocket With (Vampisoul / Goodfellas, 4 marzo 2008) G e n e r e : v i n ta g e s o u l - f u n k C’ e r a u n p o s to s o lo d a l q u a l e u n p e rs o n a g g i o come Eddie Bo poteva provenire: un luogo che due secoli fa costituiva il primo vero e s e mp io d i - in c o n s a p ev o l e , m a n o n è q u e sto il punto - “melting pot” razziale. Là agli s c h ia v i e r a c o n s e n tito ri t ro v a rs i e s u o n a re i ta mb u r i c h e r ia lla c c iav a n o a l l ’A fri c a e l a città rappresentava un crocevia tra bianco e n e r o , a n g lo s a s s o n e e l a t i n o , fra n c e s i t à e c u l t u r a a u t o c t o n a i n u no s t i l e u n i c o . D i v i t a , per prima cosa. New Orleans era questo e mo lto d i p iù , e d a lì p r o v e n g o n o i v e n t o t t o b r a n i d i q u e s ta r a c c o lta (i l v i n i l e , d o p p i o e di qualità da audiofili, ne regala quattro in p iù … ) , me r ito r io r e c u p e ro d i u n g e n i o p o c o n o to a l d i f u o r i d e lle c e rc h i e d i s p e c i a l i s t i . Per far breve una storia (no: un romanzo) c h e il lib r e tto c u r a to d a B r y c e W h i te d o v e r o s a m e n t e a p p r o f o n d i s c e , s a p p i a t e c h e M r. Edw in J o s pe h Bo c a g e i n i z i ò l a c a r r ie r a d i p r o duttore/cantante/ arrangiatore già d a lla me tà d e i ’50, impastando s o u l e f u n k d i tir o robusto e groove serrato, infarcito d a ma d id i o tto ni e propenso a s tr u ttu r e b iz z a r r e , n e l q u a l e l a t a v o l o z z a d i s tili d e lla c ittà n a ta le h a m o d o d i d i s p i e g a r s i in tu tta la p r o p r i a s e n s u a l e m o l t e p l i c ità ( p a r tic o la r me n te e v i d e n t i l a t ra d i z i o n e p ia n is tic a d i P ro f e s s o r L o n g h a i r e H u e y “ P ia no ” Sm it h, le p e r c u s s i o n i d e l l e t ri b ù in d ia n e , le f a n f a r e c a r n e v a l e s c h e ). P ro i e t t ò poi questo approccio attraverso i Sessanta e i Se tta n ta f in o a o g g i fre q u e n t a n d o i l m e g lio d e lla s c e n a mu s ic al e c i t t a d i n a e p e rc h é ma i s tu p ir s i, v is to c h e g l i z i i s u o n a v a n o c o n King Oliv e r e Sidne y B e c h e t, c h e l e s e t t e note erano trangugiate col latte materno e c h e - d o p o le s u p e r io r i e i l s e rv i z i o m i l i t a r e - il r a g a z z o s i tr o v ò c o m e a m i c o L l o y d P r ic e . O t t i m a m e n t e a s s e m b l a t o e d i s p o s t o in o r d in e c r o n o lo g ic o , I n Th e Po c k e t Wi t h p e r me tte q u in d i d i s e g u i re l ’e v o l u z i o n e d e l la c a r r ie r a d i Bo e , p a ra l l e l a m e n t e , q u e l SA 101 REVIEW MIRRO l a d e l l a b l a c k music in toto, da un singolo d el 1 9 5 5 c h e g ià scartavetra il blues ( Baby ) al l e sa r a b a n d e tautologiche come We Like M a m b o ( c h i ssà che ne pensa D r. J ohn…) , d agl i o m a g g i a F ats D omino (I F oun d A Litt l e G i rl ) a u n soul costantemente peculiare (ci t a z i o n i st a i n H orse With A F reeze Pt.1; s bi l e n c o p e r Gotta H ave More; dalle tinte i s pa n i c h e c i r c a F allin’ In Love A gain e Soul i n g ) . A p p r o d erà poi a un funk minimale e i p n o t i c o , p r o ssim o a James B row n ma r ic c o d i s p i g o l i e c u ra del dettaglio (C an I Be Your M a i n S q u e e ze ; I’m A C arpenter P t 1; il c a p o l a v o r o G a rden O f O ur Trees), e non c ont ent o a m m i c c h erà ai P arliament ( R eborn, la s ecc a L i v e I t Up) giusto per sfidarli con pari el ast i c i t à ( W h e n T he F ingers O n T he Funk ), as s o l d e r à L o n g hair tra le fila dei Famous Fl a m e s ( Ca n You H andle It) e B ooke r T. in qu ell e d e i F u nkad elic (Mama Here Comes T he P re a c h e r) . Instancabile, tempra infine d a m a e s t r o g l i eccessi di saccarosio tipici di B a r r y W h i t e (C hained). S t en t i a c r e d e r e a quanto sopra e alla sc a le tt a t u t t a , i d e m p er il fatto che B o sia tuttor a at t i v o . Ti v i e ne da gridare vendetta a l c ie l o c h e l o c o n oscessero in quattro ga tti f ino a o r a , a c a u s a della scarsa reperibilità dei n u m e r o s i s s i m i dischi sui quali ha lavorato negl i a n n i , c o s a che rende ancora più e sse nzi ale q u e st o d isco. C he inoltre la sc a le tta s i a st a t a so v e n te prelevata da vinili d’ e poca - i n c e n d i e uragani hanno distrutto gr a n parte d e l p a t r i monio del N ostro - e la qua lit à s o n o r a si c onservi buona, accresc e indici b i l m e n t e u n a gioia dell’ascolto p a r i solo a q u e l l a d i v i vere che la stessa trasme tte . U n ’a u t e n t i c a r ivelazione, d’im patto e godim e n t o i m m e d iati e soddisfazione duratura. L i v e i t u p ! ( 8 . 0/10) Giancarlo Turra AA. VV. – The August Darnell Years 19741982 (Strut / Kizmiaz, 14 aprile 2008) G e n e r e : l at i n d i s c o s o u l Ecco cosa combinava il Ragazzo Creolo prima della fama. Prima che il suo stilosissimo completo “zoot” divenisse di casa nel mondo occidentale; prima che perfezionasse quell’ironico, geniale calderone di pop, funk, swing e latinità che lo ha consegnato agli annali. C’era dell’altro, uguale ma diverso ma uguale. Sempre sta- to un adepto della fusione, August Darnell, in ciò perfetto figlio di quella Big Apple dove ascoltava il pop beat bianco e il soul sul medesimo apparecchio radio, bastava spostare di qualche centimetro la rotella del sintonizzatore. Cominciò così, con la disco equatoriale e gustosamente ’50 di D r. B u z z a r d ’s S a v a n n a h B a n d e c o l o r i t i derivati, mettendosi poi a trafficare dietro l e q u i n t e d e l s u c c e s s o n e T h e re B u t F o r T h e Grace Of God dei Machine e approdando alla corte di Michael Zilkha, facendosi colà incoronare “house producer” della scintillante Ze Records. Contribuì non poco a forgiarne il suono, agendo ovviamente sul lato black della faccenda nel rispetto dei compagni di cordata James W h i t e e Ly d i a Lunch. Cose splendide che potevano accadere allora, sull’onda di un’apertura mentale elargita dal dopo punk in amplesso col funk, sudaticci genitori di un magnifico mezzosangue cui si attinge tuttora in cerca d’ispirazione. Andateveli a sentire gli Aural Exciters e la Cristina da lui supervisionati e qui puntualmente inclusi, scatenatevi con quella che al tempo si etichettò come “mutant disco” e sbizzarritevi a ritrovarne gli infiniti rimandi sparsi nell’oggi. Il resto è storia nota che si riallaccia a quanto detto poco sopra: nel 1980 Darnell cambia nome ispirandosi a un pessimo film con Elvis Presley, rinasce Kid Creole e raduna le tre coriste Coconuts, ne sposa una e n e l f r a t t e m p o c h i a m a d a l l a D r. B u z z a r d i l percussionista schizzato Coati Mundi (al secolo Andy Hernandez). Da lì in poi, il G a n g s t e r Tr o p i c a l e p i ù f i c o d e l l ’ u n i v e r s o inizierà la scalata al successo: quest’ora e un quarto abbondante - generosa di chicche alla loro “prima volta” su CD - rappresenta ben più di un mero apprendistato. E’ l’irresistibile gettare le fondamenta di una sorridente ma acutissima Leggenda pop. (7.5/10) Marie Queenie Lyons – Soul Fever (1970 Vampisoul / Goodfellas, 4 marzo 2008) Genere: avanguardia musicale L a s e r ie An Antho lo g y O f N o i s e & E l e c t r o nic M us ic r a p p r e s e n ta l a v e ra p u n t a d i d i a mante del già lussurioso catalogo Sub Rosa, i n g r a d o d i a n t o l o g i z za r e e r i p r o p o r r e c o n piglio creativo e non banale piccoli e grandi n o mi c h e h a n n o c a r a tteri z z a t o l a ri c e rc a s o nora d’avanguardia, di stampo accademico e non, indistintamente. Se gli altri episodi s o n o s ta ti c a r a tte r iz z a t i d a u n b i l a n c i a m e n to tr a n o mi n o ti e me n o n o t i , i n q u e s t ’u l t i m o a b b ia mo u n a n e tta p r e v a l e n z a d i m u s i c i s t i e compositori meno conosciuti ma non meno me r ite v o li. L a c o s a r i s u l t a p a r t i c o l a r m e n t e gradita perché ci permette un approccio il più possibile scevro di pregiudizi. Capita così di scoprire le cupezze concretiste di F r a nç o is - Be r na r d M â c h e o i s i b i l i e g o rg h e g g i s to c k a u s e n ia n i d e l t e d e s c o Wo l f Vo s t e ll. P i c c o l e m e r a v i g l i e c o m e i m o d e r n i e pungenti drones squarciati da percussioni me ta llic h e d e l b u lg a r o A n d r é B o u c o u re c hlie v . C ’ è s p a z i o a n c h e p e r l a p r e z i o s a e c u r io s a r ie s u ma z io n e d i u n o d e i p ri m i e s p e r ime n ti s o n o r i d i C ha r l e ma g n e Pa l e s ti n e . E questo per quanto riguarda il primo CD, perché il secondo è tutto incentrato su un a v v e n tu r o s o c o n c e p t c h e ri c o n s i d e ra d a v i c in o l’ u s o d e lla v o c e e d e l c a n t o n e l l a s p e ri me n ta z io n e mu s ic a le e s o n o ra . S i p a s s a d a l n e o d a d a is mo d i M a uri c i o K a g e l a l l ’a v a n g u a r d ia a r tis tic a v e r a e p ro p ri a d e i v a ri V l a dim ir M a y a ko v s ky e R a o u l H a u s ma n n . In mezzo una volgare e grezza registrazione liv e d e l C a pt a in Be e f h e a r t d e i n o s t ri t e m p i , o v v e r o D a v id Tho m a s e i s u o i Pe re U b u . E poi una devastante parentesi japanoise con Gro und Ze ro e Ya ma ts u k a Ey e a l m i c ro fo n o , e l’ in d is p e n s a b ile d e m e n z a d i M a s o n n a c h e in to n a u n a d e lle s u e d e fl a g ra z i o n i w h i te n o is e . Si to r n a p o i i n Eu ro p a p e r p e s c a r e u n r e c e n te Sut c lif f e J ü g e n d c o n i s u o i storici e storicizzati power electronic e il d u o b e lg a d i p e r f o r me r s C l u b M o r a l c h e c i ricordano come il germe industrial avesse a tte c c h ito b e n e a n c h e n e l c u o re d e l Ve c c h i o Co n tin e n te . D iff ic ile d a re v o t i o s t a b i l i re d e lle d is tin z io n i d i v a lo re t ra i v o l u m i , t u t t i s o p r a il ( 7 . 5 /1 0 ) n e s s u n o e s c l u s o . Giancarlo Turra G e n e r e : s o u l d i v a c u lt P o c o o n u l l a s i s a s u l l a s i g n o r i n a Ly o n s , a parte che il suo disco restò episodio isolato e lei un mistero venuto salito su dal sud, Louisiana per la precisione. Sparì infatti dopo aver dato alle stampe questo Soul Fev e r, n o n o s t a n t e l ’ i n t e r e s s e d i J a m e s B r o w n che - per tramite della più piccola Deluxe l e o ff r ì u n a c h a n c e p r e s s o l a K i n g . S c h i a c ciato dai rivolgimenti di un memorabile 1970, l’album passò pressoché inosservato e per questo motivo i collezionisti se lo combattevano fino a ieri l’altro a prezzi m i c a m a l e . P r i m a d i t a g l i a r e t a l e t r a g u a rdo, Marie fece apprendistato nella band di King Curtis e, lungo tutti i Sessanta, pres t ò l a v o c e a J a c k i e Wi l s o n , C o a s t e r s e a nientemeno che Jerry Lee Lewis. Questo prima di approdare alla corte del Godfather Of Soul, pubblicare questo trentatre giri e far perdere a tutt’oggi le proprie tracce. Eppure: malgrado il culto, Marie Queenie era lungi dal poter entrare nel novero delle “ f u n k y d i v a s ” a l l a c o r t e d i B r o w n ( Vi c k i A n d e r s o n , M a r v a W h i t n e y, Ly n C o l l i n s : grandi e mai abbastanza lodate). A madam a Ly o n s m a n c a v a n o d u t t i l i t à i n t e r p r e t a t i va e fraseggio eclettico, sopperiti in parte d a l l a g r i n t a e d a l d i n a m i s m o c h e s g o rg a n o c o p i o s i d a Yo u r K e y D o n ’t F i t N o M o r e , I Wa n t M y F r e e d o m e d a l l ’ a c c o r a t a Tr y Me. Sapeva padroneggiare i fondamentali, come altrove chiariscono il sensuoso f l u t t u a r e d i S e e A n d D o n ’t S e e e u n a s t r a classica Fever rutilante d’ottoni e ammiccamenti, ma non era in grado di piazzare la zampata per via dell’eccessiva fedeltà alla linea; ci voleva ben altra personalità per dare lustro a una scaletta invero non esattamente memorabile al di là del già descritto, ondivaga e in alcuni frangenti gravata da arrangiamenti che rispediscono un s a p o r e d i c a r t o l i n a ( l a s a l t e l l a n t e D a d d y ’s H o u s e ; i v e l l u t i d i Yo u U s e d M e ) . D a t r o varsi qui, allora, le ragioni dell’immediata caduta nel dimenticatoio, e chi può dire dove sarebbe potuta arrivare la ragazza se avesse deciso di tener duro. Così non fu, t u t t a v i a , e n e l g i u d i c a r l a d o b b i a m o t e n e rne conto. (6.7/10) Giancarlo Turra Nicol a s Campa gnari AA. VV. - An Anthology Of Noise & Electronic Music Vol. 5, Fifth A-Chronology 1920-2007 (Sub Rosa / Audioglobe, 2008) SA 103 rearview mi (GI)Ant Steps #16 classic album rev Charlie Haden Microphones Liberation Music Orchestra (Impulse!, 1969) “The Glow” Pt.2 (2001 - K Records, marzo 2008) U n a l t ro d i s c o figlio del Sessantotto. Un al t ro u rl o d i r ivolta in m usica contro ogni e g e m o n i a p o l i tica e culturale. Un esempio di co m e l ’ a p p a rtenenza, il pacifism o, la pass i o n e p o l i t i c a p ossano opporsi alla v iole nza e d e b b a n o e s s ere ricercati in ogni epoca e co n o g n i m e zzo. C esellando una m ir iade di s p i g o l i so n o ri . Il tema centrale di molti grandi album degli ultimi anni, pensate ad esempio a Ok Computer, a The Sophtware Slump o a The Soft Bulletin, è il rapporto dell’uomo con la natura, la morte e la tecnologia. In “The Glow” Pt.2, uscito nel 2001 e ora ristampato dalla K Records con un CD supplementare, Phil Elverum/Elvrum esplora tale relazione in un modo assolutamente unico, sia per il punto di vista impiegato, sia per le modalità di realizzazione. La natura domina su tutto. In essa l’uomo si perde e si fonde. La morte, reale e metaforica, è parte di un processo di annullamento della propria identità, accettata con serenità, in quanto punto di partenza per un processo di rinascita (c’è tra i pezzi del secondo CD addirittura un brano intitolato I Hope You Wish You’d Die). Non stupisce che nelle note autobiografiche del suo sito Elverum affermi di essere morto in Norvegia nel 2002, prima di poter ritornare alla sua Anacortes (sul Pacifico, poco a sud del Canada) e ricominciare a fare musica con un nuovo nome - come impone ogni rito di passaggio - non più The Microphones ma Mount Eerie. Tale sottomissione alla forza e all’incanto della natura segna naturalmente anche il rapporto amoroso. Elverum canta l’ambizione di percepire il corpo della donna amata con la stessa estasi con la quale sente il vento e il mare. In I Felt Your Shape la presenza della Vita arriva come un’epifania: “Ho sentito la tua forma e ti ho sentito respirare/il su e giù del tuo torace/ho sentito la tua primavera/le tue nevi invernali”. C’è un’eco delle curiose esplorazioni sessuali del Jeff Magnum di In The Aeroplane Over The Sea, con la differenza che Elverum pare non avere reticenze né paure nell’arrendersi al mistero. La caratteristica più spiazzante dell’album è il modo in cui viene trattata la tecnologia. Persino indossare una maglietta sembra innaturale, e abbiamo un commovente climax nel momento in cui il protagonista della title L a sc u sa q u e sta volta è la Spagna d i Fr a nc o , i l m o m e n to la guerra civile del 1936, qu an d o d a u n a parte della barricata si sc hie ran o l ’ e se r c i t o fascista del C om anda nte , le t rup p e d i Mu s solini e i soldati di Hitle r e d a l l ’ a l t r a i r i belli spagnoli uniti a militari s t ra n i e r i g i u n t i volontariam ente al f r onte . I pri m i v o g l i o n o instaurare una viole nta ditt at u r a m i l i t a r e , i secondi combatton o ne lla s p er a n z a d i d ifendere il governo repubblic a n o r e g o l a r m ente eletto. Uno scontro che darà g l i e si t i c he tutti conosciamo, ma c he n e l l ’ i m m a g i n a rio di Charlie Haden – e non s o l o n e l su o – rim arrà una pagina de lla stor i a t r a g i c a e gloriosa. Un esempio di come l ’ a p p a r t e n e n z a, il pacifismo, la passione p o l i t i c a , l a g i ustizia sociale, la solidarietà po s s a n o o p p o r s i alla violenza e debb a no e ss ere r i c e r c a t i c on ogni m ezzo e in og ni e poca. A n c o r p i ù n egli anni sessanta de lla c ont roc u l t u r a i n c ui opera il contrabba ssista , m o m e n t o s t o r ico che diventa il principale ri fer i m e n t o p e r brani contenuti in Libe rat i on Mu si c O rc h estra. Il fu l c r o d e l l ’ opera sono i venti m in uti c he l e g a n o i t r e e pisodi ripresi dalla tradizione m usi c a l e sp a g nola, E l Q uinto R egimie nto, L os C u a t ro G e nerales e Viva L a Q uinc e Briga d a , u n a su i te che raccoglie cors ivi free j az z m a h a i n testa anche le m alincon ie tipich e d e l f o l k a n daluso. Tra chitarre c he mim a n o a c c e n t i di flamenco e ottoni dispersi s u s t r a d e b o l l enti e polverose, ci si ritrova a fa r e i c o n t i con sovrastrutture di pia no, c o n t r a b b a s s o , percussioni, lasciate libere di allungare il te ma , pla sma r lo in le nte z z e ma r z ia li, lib e r a r lo d a l l e regole armoniche tradizionali. F i n o a u n a c onc lusione c he r ipr e nde un po’ le n o te p o ste in apertura. Cur ioso il pr ose guime nto di p r o g r a mma , quasi un collage che poco ha a c h e v e d e r e c on i br a ni di c ui si dic e va – pr o f o n d a me n te legati al periodo storico di ri f e r i m e n t o - , se non pe r a lc une te ma tic he . S o n g O f T h e Unite d Front è una wor ke r s’ so n g mu s ic a ta da Ha ns Eisle r c he ne l disc o p e r d e il te sto originale di Bertold Brecht i n f a v o r e d i un arrangiamento al pianoforte p i e n o d e l l a forza e dell’orgoglio tipici del m o v i m e n t o ope r a io; Song For Chè è una d i g r e s s i o n e di nove minuti al contrabbasso c h e H a d e n inve nta c on in te sta la f a mosis s ima H a s t a Sie mpre di Car los Pue bla (p r e s e n t e , t r a l’altro, in un piccolo estratto s o v r a i n c i s o ) ; War Orphans è un pezzo scritto d a O r n e t t e Coleman per piano, contrabbass o , b a t t e r i a , ottoni, c he si f a a ma r e ne lle pr ime b a ttu te e dive nta un a lte r c o str ume nta le f u r io s o v e rso la c onc lusione ; Circ us ‘ 68 ‘ 6 9 è u n a ltr a impr ovvisa z ione di Ha de n, c he n e lle in te n z ioni de ll’ a utor e a vr e bbe dovuto r e n d e r e in music a la situa z ione pa r a dossa l e v e n u ta s i a c r e a r e a d una c onve ntion de moc r a tic a in s e guito a d a lc une pr ote ste c ontr o la g u e r r a in Vie tna m. A c e se lla r e la mir ia de di spigoli d i L ib e r a tion Music Orc he stra, a unif or ma r n e i c o n tenuti, a rendere omogeneo il f l u i r e d e l l a musica, pensano alcune mini-c o m p o s i z i o n i di Car la Ble y – The I ntroduc tio n , Th e E n ding To The First Side , The I nter lu d e ( D r in k ing M usic ) –, c he poste str a te gi c a me n te n e i punti di minor te nsione , r ipr e nd o n o lo s tile ge ne r a le de l disc o. Con una We S h a ll O v e rc ome che sancisce definitivame n t e l a f i n e de lle ostilità . Fabrizio Zampighi track si spoglia per lasciare splendere la segreta lucentezza della propria pelle. Del resto già nel brano di apertura aveva implorato il vento di soffiargli via i vestiti. L’artefatto umano del quale Elverum si libera con più convinzione è però la stessa musica rock. La forma dei pezzi e la loro disposizione nell’album, negano ogni aspettativa del consumatore di canzoni. I brani di “The Glow” Pt.2, galleggiano in un mare fatto di silenzio e di impalpabile rumore, decidendo da soli quando iniziare, quando confondersi l’uno nell’altro, quando prediligere il frastuono del feedback o quando lasciarsi accarezzare da un chitarrina leggera e storta.In questo disco gli strumenti non suonano, succedono. Il risultato è un album unico, che richiede continui ascolti e che mai si lascia completamente decifrare. Nel 2001 molti sottolinearono il paradosso che un lavoro tanto lo-fi potesse essere apprezzato pienamente solo in cuffia, in modo di poter prestare attenzione a tutti i piccoli movimenti sismici di questa terra viva. L’ascolto in solitaria è però limitante: proprio per il fatto di essere tanto inafferrabile “The Glow” Pt.2 è destinato a essere qualcosa di nuovo ogni volta che viene vissuto, in ogni diversa condizione. Le tracce del disco supplementare, versioni alternative e outtakes, funzionano come note a margine e non come appendice. Sono brevi schizzi, aperture a ipotesi possibili (molto interessante è The Moon, il capolavoro dell’album, proposta in una versione che pone in primo piano il sax). Spingono a ritornare all’album originale, alla sua perfetta sequenza, che si apre con nubi temporalesche e si chiude con la consapevolezza, dolce e inquietante, che, anche nella più profonda solitudine, ci saranno gli insetti a sentire il calore del nostro sangue. (9.0/10) Pa olo Ba s s otti SA 105 LA SERA DELLA PRIMA Il petroliere ( d i Pa u l T h o m a s A n d e r s o n - U s a , 2 0 0 7 ) Vi e n e f u o r i d a l l a t e r r a , i l n u o v o f i l m d i P a u l T h o m a s A n d e r s o n . Vi e n e f u o r i f l u i d o e denso come il petrolio, e allaga il nostro immaginario con la figura di Daniel Plainv i e w. I l p e t r o l i e r e è l a s t o r i a d i u n u o m o c h e b u c a l a t e r r a , t r o v a i l p e t r o l i o , f a f o rtuna, e inesorabilmente si distanzia dagli u o m i n i . N o n c i s o n o a ff e t t i d e c i s i v i n e l l a sua vita, né donne, niente che porti il nodo di un legame. Rifiuta qualsiasi cosa che si avvicini all’umano: la famiglia, il figlio, il fratello. Nelle sue mani tutto diventa strumento per bucare ed estrarre. Conta solo il piacere della competizione e l’annientamento totale dell’avversario. È la storia di un uomo felice di vivere nel deserto, dopo che il deserto l’ha sistemato lui intorno, radendo al suolo tutti ed ogni cosa. Il pet ro l i e re è u n f i l m p r o f o n d a m e n t e d i v e r s o da quelli a cui ci aveva abituato Anderson. Alle storie corali e multidimensionali, con infiniti intrecci e mille personaggi – un cinema alla Altman, uno dei suoi grandi ispir a t o r i e m a e s t r i – P. T. A n d e r s o n s o s t i t u i s c e il racconto di un personaggio, seguendo la sua evoluzione, senza staccare mai la macchina da presa dal suo volto, dal suo corpo. N o n f i n i s c e m a i d i e s s e r e c i rc o n d a t o d a l l o s c h e r m o D a n i e l P l a i n v i e w, c o m e s e u n a lente d’ingrandimento si fosse posata sulla sua vita e lo tenesse costantemente a fuoco. Così che tutto diventa la triplice storia di un’ossessione: quella di Plainview per il successo, quella del regista per la potenza mimetica di Daniel Day-Lewis, quella dello spettatore per il volto, gli sguardi, i g e s t i d i u n p re d a t o re c h e s b u c a f u o r i d a l l a viscere della terra poco prima che il Nov e c e n t o c r e p i t a s s e . L’ i n c i p i t è u n a f e s t a d i idee: Daniel Plainview è sepolto nelle viscere della terra, con il piccone in mano scava, fa breccia, rompe l’architettura min e r a l e d e l l a t e r r a , g l i s o t t r a e l ’ a rg e n t o , e i l p i c c o n e s i f a s c i n t i l l a a c o n t a t t o c o n l a t e rra, diventa scintilla mentre le terra cede, e Plainview sa il fatto suo, e infila la dinamite in una cavità, poi risale alla luce, il deserto corre arido per chilometri intorno, e in cima al pozzo scavato tira su gli attrezzi, ma sono davvero pesanti, e sta ancora tirando su quando la dinamite esplo- de, e la polvere si alza, una nube spessa di polvere che cova una sorpresa, il petrolio esploso e impresso sulla bocca del pozzo, nero sul deserto dorato, l’epifania del petrolio che esplode ed inverte il destino di P l a i n v i e w, c h e m a l g r a d o t u t t o , n o n o s t a n t e una gamba che si spezzerà, e una fatica da pionieri, scova un giacimento di petrolio, escogita la tecnologia della trivellazione, scava il suo primo pozzo, e scardina la sua posizione sociale diventando signore indiscusso di una piccola comunità, muscolose squadre di uomini che lavorano per lui, che si muovono con lui, città intere che si spostano nello sconfinato paesaggio americano quando Daniel Plainview scopre altro petrolio ancora, e compra terreno per chilometri interi, a prezzi stracciati. Dura quattordici minuti almeno, l’incipit. Un quarto d’ora di cinema puro, dove la storia cola dalle immagini, e la figura di Daniel Plainview è sbozzata nella luce, sgrossata nei controluce, intagliata nell’ombra. Potrebbe scorrere in perfetta autonomia, l’incipit: per tutta la sua durata, le parole sono bandite, non esiste personaggio che si pronunci, solo la c o l o n n a s o n o r a d i J o n n y G re e n w o o d , i l chitarrista dei Radiohead, vibra ed evoca. E ti sale in testa una domanda, allora: cosa ci fa un pezzo di cinema muto all’inizio di un film girato nel 2007? Cosa ci sta mos t r a n d o P. T. A n d e r s o n a d e s s o ? A b b a s t a n z a semplice: che il cinema nasce nello stesso m o m e n t o d e l l ’ e s p a n s i o n e v i r a l e d e l l e f o rme industriali, che cinema e industria sono i n d i s s o l u b i l m e n t e l e g a t i , e i n s i e m e c o n c o rrono a mettere in forma non solo dei modelli sociali – come quello della fabbrica, con le sue gerarchie – ma anche un immaginario specifico, un preciso modo di vedere le cose. Al pari dell’industria, il cinema esplora il mondo, lo setaccia in lungo e d i n l a rg o , l o t r a s f o r m a i n u n s e r b a t o i o d i immagini ed in una miniera di storie. Due valori mettono sullo stesso piano il cinema ed il sistema industriale: la possibilità di r e n d e r e v i c i n o c i ò c h e e r a l o n t a n o , e l a c i rcostanza di disporre delle cose come delle loro immagini. Ovviamente, ciò comporta una rottura epocale rispetto al passato. E Anderson è attentissimo nella regia a rivelare il modo in cui il cinema conquista e sfrutta il mondo: attraverso piani sequen- za, lunghe carrellate, dolly che dall’alto s’inabissano nelle profondità della terra, o che s’impennano a rincorrere il getto di petrolio, la macchina da presa sottolinea l ’ o c c u p a z i o n e , l a c o l o n i z z a z i o n e d i p o rzioni di mondo dimenticate per secoli, ed ora rese improvvisamente produttive. Ma il g i o c o è a n c o r a p i ù r a ff i n a t o . I l m o t o r e d e l film non è solo l’istinto predatore di Plainv i e w, m a a n c h e i l l u n g h i s s i m o c o n f l i t t o c h e lega il destino del petroliere a quello di E l i S u n d a y, u n g i o v a n e p r e d i c a t o r e – c o n il faccino liscio e le espressioni ai limiti d e l l ’ e p i l e s s i a d i P a u l D a n o . S o n o d u e p e rsonaggi antitetici. Ma agiscono nello stesso modo, spudoratamente. Mentre Plainview si assicura il potere economico, Eli Sunday piazza in cassaforte il potere religioso, collezionando sostenitori e fedeli. Entramb i s o n o d u e t r u ff a t o r i . P l a i n v i e w c o m p r a l e terre a prezzi stracciati, senza dichiarare il petrolio sottostante. Sunday parla, bened i c e e a g i s c e i n n o m e d i d i o , s e n z a p i e g a rsi a nessun ordine precedente, ma fondando una propria setta. Ed il mondo sembra farsi e disfarsi secondo la trama del loro rapporto. Alla vicinanza iniziale si sosti- tuirà il conflitto aperto. La lotta diventerà addirittura fisica, e non mancheranno gli s c h i a ff o n i m i c i d i a l i i n d u e s c e n e s p e c u l a r i e bellissime. Ed il film sembra raccontare l’inizio del Novecento, ed invece ci rivela il nostro tempo armato, dove sulla scacchiera della storia sono ancora i poteri religiosi e quelli economici a fronteggiarsi. È dalla loro trama, dal loro intreccio, dal modo in cui si evitano o si sovrappongono, che la storia continua a prodursi. Così, se I n t o T h e Wi l d m o s t r a v a a t t r a v e r s o u n a b i o grafia il lato solare dell’America moderna, qui, in un perfetto controcampo, ritroviamo l’oscurità che pervade la storia. E viene d a p e n s a r e c h e D a n i e l P l a i n v i e w, i n m e z z o alle piste da bowling, dopo il dialogo in cui si autoproclama dio, mentre finisce a colp i d i b i r i l l o E l i S u n d a y, s i a l ’ u l t i m o e r e d e degli scimmioni spietati di 2001: Odissea nello spazio. Solo che l’arma che impugna non diventa più un’astronave che volteggia nello spazio astrale, non è più il simbolo di un progresso lontano, ma continua a uccidere, e far sprizzare sangue nero, dagli uomini come dalla terra. Giuseppe Zucco SA 107 LA SERA DELLA PRIMA Il futuro non è scritto Sweeney Todd (di Julien Temple - Irl anda/GB, 2007) ( d i T i m B u r t o n – USA / G B , 2 0 0 7 ) Le s t r a d e d i Julien Temple e di Joe Str umm e r s i e r a n o divise (a causa di una rivalità d i q u e st ’ u l t i mo con Johnny R otten) qua nd o il r e g i st a a v eva com inciato a colla bor a r e con i S e x P i stols (The Great Rock’n’Roll S win d l e , 1 9 8 0), per poi riavvicinarsi solo d o p o l o s c i o g limento del gruppo, anche se g i à f i n d a l 1 9 7 6 aveva iniziato a filma r e i Cl ash . Il f u t u ro n on è scritto è un do c ume nt ari o - o m a g g i o dedicato all’amico (scompa rs o i m p r o v v i sa mente nel dicembre del 2002) , u n r i t r a t t o a ff ettuoso dell’uomo Strummer i n n a n z i t u t t o , che ne m ette in eviden z a luc i e d o m b r e . N on esattamente un’agiografia q u i n d i . Av v a l endosi degli archivi de l musici s t a i n g l e se e di num erose testim on ia nz e e r i c o r d i ( d i a m ici, di musicisti, di fan quali Bon o , Jo h n n y D epp, John C usack tra gli a lt ri ), i l f i l m r a ccoglie intorno a un fa lò num er o se p e r so n e che chiacchierano sull’ a rg o m e n t o , c o n in background la voce di Joe che m a n d a m u sica – dalle trasmissioni r a dio che c o n d u c e v a negli ultimi anni - . Sono pe r l a m a g g i o r p a rte gli old friends de l pe r iod o a n t e c e d e n t e all’incontro con Mic k Jon es e s o c i , q u ando uno Strummer pre-punk o c c u p a v a c a s e e cercava di farsi largo con g l i 1 0 1 e r s . E mergono ideali, aspirazioni e s co n f i t t e d i u na generazione per buona pa rt e p o i d e l u sa dal corso degli eventi, da lla com m e r c i a l i z z azione della musica che ne ha d e v i a t o l o s p i rito originario; chi non ne ha s eg u i t o i l “ c a r r ozzone m ediatico” è sta to di f a t t o e m a rg i n a to, come per molti di quelli lì p res e n t i . I n si e m e al m otivo conviviale de gli a m i c i r i u n i t i , e in parallelo con immagini d i r e p e r t o r i o d ell’epoca (fra le quali si r icon o sc o n o f r a mmenti di If… di Anderson) i l do c u m e n t a r io segue cronologicamente la v i t a d e l m u si c ista, dai prim i anni a se guito d e l l a f a m i g l i a in viaggio per il mondo (il p adr e e r a u n d iplom atico sui generis di sinis t ra) a l l ’ e m e rgere di una personalità f or te e com p o si t a , a l l ’ affermazione m usicale e a lla cri s i i n t e r i o r e profonda che seguì al suc c e ss o m o n d i a l e c o n i C lash, agli ideali e a lla v e i c o l a z i o n e di contenuti anche politici, al l e t e n si o n i e al ruolo del manager Be r nie R h o d e s , a l l o sfaldamento del gruppo e al rapp o r t o a m b i valente con Mick Jone s. Fino al rit i r o e a l r i torno con i P ogues e inf ine la r ina sc ita c on i M e sc ale ros. E a l r ic o n g iu n gimento con Jones durante un c o n c e r t o d i beneficenza. Non mancano i co m m e n t i d e i pr ota gonisti ( Pa ul Simonon e sc lu s o , in d e c iso f ino a ll’ ultimo sul r ila sc iar e c o mme n ti sull’amico, come ha rivelato p o i Te m p l e alla stampa), che ne tracciano u n r i t r a t t o piuttosto completo. Con tono cr e p u s c o l a r e , il doc ume nta r io dive nta ma n m a n o u n d isc or so sul pe so de lla c e le br ità e s u l s e n s o di responsabilità che Strummer s e n t i v a n e i c onf r onti di c hi lo se guiva , de l d is a g io in te r ior e pe r la f a ma c onquista ta e la r a b b ia pe r c ome si e r a e voluta la stor ia d e l g r u p p o e il mondo intorno a sé. Negli u l t i m i a n n i i l musicista aveva finalmente fat t o p a c e c o n se ste sso e il suo pa ssa to, da i M e s c a le r o s in poi, a ppa r e ndo piuttosto pa c if ic a to . I l f uturo non è sc ritto è perciò un r i t r a t t o n o n c ompia c e nte , da pa r te di c hi ha v is s u to d a l di dentro l’epopea punk e post-p u n k ( s u c u i è r itor na to ne l 2000 c on The Filth And T he Fury ancora sui Pistols, quest a v o l t a d a l lor o punto di vista e non da que l lo d i M c L a r e n) . Teresa Greco Tim Bu r to n me s c o la a lla s u a ma n ie r a g o th ic e mu s ic a l c r e a n d o u n ib r id o , u n h o r r o r c a n ta to n e l q u a le p a r o le e mu s ic a s o n o a s s o lu ta me n te in s c in d ib ili e q u in d i n o n d o p p ia b ili. I l f ilm è s ta to in f a tti s o tto tito la to . I s p ir a to a u n f a tto d i c r o n a c a r o ma n z a to d a un gruppo anonimo di scrittori (Salisbury Sq u a r e Sc h o o l O f Fic tio n ) e p o i tr a d o tto in mu s ic a l d a Ste p h e n So n d h e im e H u g h W h e e le r a Br o a d w a y n e g li a n n i ’ 7 0 , è a q u e s t’ u ltimo c h e il r e g is ta a me r ic a n o s i è is p ir a to rielaborandolo. Un barbiere (chi se non il s o lito J o hnny D e pp? ) c h e p e r v e n d e t t a s i tr a s f o r ma in s e r ia l k ille r a r ma to d i r a s o io nella Londra di metà Ottocento, cercando l’ u o mo c h e l’ h a a llo n ta n a to d a lla s u a f a mig lia . I n q u e s ta c a c c ia c o in v o lg e l’ in n a morata Miss Lovett, una singolare ostessa He le na Bo nha m C a r t e r ( e a n c h e q u i: c h i a ltr i s e n o n le i, mu s a b u r to n ia n a ? ) . I l r e g istro è farsesco, iperrealistico, molto sopra le righe, e il tutto si svolge in uno spazio te tr o e s p o g lio i c u i c o n to r n i s e mb r a n o p e r ò ingigantiti impressionisticamente (con le c o n s u e te o mb r e ) a lla Bu r to n . Co me g li u ltimi suoi film visti, dalle tetre ambientazioni d ic k e n s ia n e d e L a f a b b r ic a d i c io c c o la to a q u e lle d e L a s p o s a c a d a v e r e . N e l tr a s p o r r e d a mu s ic a l te a tr a le a f ilm mu sicato, è comunque rimasto l’impianto da p a lc o s c e n ic o , c o me la lu n g h e z z a d e lle s c e n e , c h e ma l a d a tta n o in f a tti a i r itmi c in e ma to g r a f ic i e il p r e d o min io d e lle p a r ti c a n ta te s u lla r e c ita z io n e ( è lo s te s s o c a s t a c a n ta r e ) , r e n d e n d o il tu tto n o n p e r f e tta me n te f lu id o . I l f ilm p r o c e d e c o s ì p e r q u a s i tu tta la s u a d u r a ta , tr a s c e n e d ila ta te e g r a n d g u ig n o le s c h e c h e p iù c h e in q u ie ta r e s e mb r a n o d a s o g n o ( o me g lio d a in c u b o ) , in u n r itmo s o n n o le n to e to r b id o c h e s o lo n e ll’ u ltima p a r te s i s o v v e rte, verso un rapido e rocambolesco epilogo. Co n tu tta l’ ir o n ia n e i c o n f r o n ti d e lla s o c ie tà londinese dell’epoca, ignara consumatrice d i p a s ti s a n g u in o le n ti d u r a n te u n c o n s o lid a to e v itto r ia n o r ito p o me r id ia n o . Te c n i c a m e n t e i n e c c e p i b i l e , c o m e a l s o l i t o ( g li ita lia n i D a n te Fe r r e tti e Fr a n c e s c a L o Schiavo sono stati meritatamente premiati a g li u ltimi O s c a r p e r le s c e n o g r a f ie ) , Swe e ne y To d d s o lo r a r a me n te e s c e d a l p r e v e d ib ile c lic h é d i g h o tic mu s ic a l h o r r o r, r iu s c e n d o a tratti ad essere coinvolgente e credibile, come se fosse quasi sempre schiacciato da u n a me s s a in s c e n a tr o p p o p e s a n t e . N o n t ra spare se non a tratti l’ironia e il sarcasmo n e i c o n f r o n ti d e lla s o c i e t à d e l t e m p o e d e i s u o i r iti s a c r a liz z a ti. Pe c c a t o , u n a m a g g i o re le g g e r e z z a in s e d e d i s c e n e g g i a t u ra e n e l l a c o s tr u z io n e d e lle c a r a t t e ri z z a z i o n i a v re b b e parecchio giovato al progetto, che è stato f o r te me n te v o lu to d a l re g i s t a c h e h a t i ra t o d e n tr o il s o lito D e p p i n u n g i o c o d i s e d u zione. Non perfettamente riuscito a questo g ir o . Teresa Greco SA 109 I cosiddetti COntemporane ANTON WEBERN Un uomo in cammino verso la nuova musica E’ s ta t o l ’ a l l i e vo più radicale di Schoe nbe rg e il mae stro di tutte le av anguardie d e lla s e c o n d a m e t à del Novecento. Teorico del serialismo integrale e, soprattutto, di u n a n u o v a c o n c e z i one della composizione musicale, Anton Webern non è solo il pad re d e l l o s t r u t t u r a l i s m o della scuola di Darmstadt, ma anche il capostipite di una genera z i o n e d i comp o si t o ri c h e ha m esso in discussione l’ asc olto music ale .Testo: Daniele Follero “D e s t i n a t o a l fallimento totale in un sordo mon d o d i i g n oranza e indifferenza, We be rn i n es o ra b i l m e n te continuò a intagliare i suoi d i a m a n t i , i su oi abbaglianti diam anti, de lle cui m i n i e re a v e va una conoscenza p e rfe tta” (Ig o r S t r a v i n sk ij) Qua n d o P i e r re B oulez progettò la prima r e g i s tr a z i o n e i n t egrale dell’opera del Maestro, c o m p r e s e l e c omposizioni fuori catalogo, il ri s u l t a t o o c c u p ò appena sei cd. Tutta la c a rr i e r a c o m p o s i tiva di Anton Webern, infatti, è ri a ssu m i b i l e in meno tem po di quello c he o ccu p e r e b b e r o le sole sinfonie di B ee thove n (che n o n e r a u n o assai prolifico). E p pur e , in u n a m a n c i a t a d i ore, il com positore vie nne s e , l ’ a l l i e v o p iù intransigente e radicale di Arn o l d S c h o e n b erg, è riuscito a da r e una s pi n t a c o sì n uova alla m usica conte mpor a n ea, d a d i v e n t a re un vero e proprio simbolo d el le a v a n g u a rdie musicali del N ove c e nto. Nel su o l i b r o In C am m ino Verso L a Nuov a M u s i c a , r a c c o lta postuma di scritti relativi a d a l c u n e s u e conferenze sui nuovi metodi com p o si t i v i d el serialismo, la sua f ilosof i a m u s i c a l e è esplicitata con una linearità e u n a s i n t e t i c i tà così schiette, che lasciano i n t e n d e r e b e n issimo le caratteristiche del p e r s o n a g g i o e della sua musica. Dalle sue p aro l e si c a p i sce quanto il cam m ino ve r so la d i s s o l u z i o n e c o m pleta della tonalità r a ppr e s en t i p e r l u i u n percorso evolutivo obbliga to p er a r r i v a r e a lla “nuova m usica”. Una mus i c a c h e s i l i beri totalmente della funzione d i s c o r si v a d e l tem a, che vada verso la spa z i a l i t à d e l s u ono più che verso la linearità d el lo sv i l u p p o tematico. S olo così, s e c ondo l u i , sa r e b b e stato possibile il supera me nto d el R o m a n t i c i sm o e dei suoi consolida ti ste reot i p i . I n q u esti suoi sem plici pensie r i è r a c c h i u s o i l p rima e dopo della mu sica del Novecento, ma forse neanche i l s u o a c u t o inge gno a vr e bbe imma gina to c h e la s u a in f lue nz a a ve sse potuto giunge r e a ta n to . A llie vo di Sc hoe nbe rg, studiò c on lu i f in o a l 1908 e ne assimilò tutti i princ i p i t e o r i c i e le c onvinz ioni r igua r do a l “ pr og r e s s o ” d e lla music a . Ma que lla di un a llie v o c o mp le ta me nte in sintonia a c r itic a c on il ma e s tr o è un’ imma gine d’ e ff e tto, a nc he s e p o c o r e a listic a , c hé di c ontr a sti tr a i du e c e n e f u rono, eccome. Non c’è dubbio , p e r ò , c h e , pur seguendo il suo intuito, We b e r n f o rg i ò il suo pe nsie r o r a dic a le pa r te ndo p r o p r io d a Sc hoe nbe rg e da lla sua ide a di c o mp o s iz io ne dodecafonica, basata sulla se r i e d i d o d i c i suoni in r e la z ione tr a lor o gli u n i c o n g li a ltr i. A volte la stor ia r ie sc e a f o r n ir e d e lle imma gini f or te me nte simboli c h e r is p e tto agli eventi e significativamente r e a l i . E i n que sto se nso, il dua lismo insito in Sc h o e n be rg, tr a tr a diz ione e mode r nità , s i è e s p r e s so alla perfezione proprio attra v e r s o i s u o i più impor ta nti e f e de li a llie vi: A lba n Be r g e lo ste sso We be r n. Me ntr e il pr imo , in c o n tinuità c on il pa ssa to, ha e voluto il s u o s tile ma nte ne ndo f or ti r a ppor ti c on il s is te ma to na le e c on i ge ne r i “ c la ssic i” , su b lima n d o lo in una sor ta di “ giusto me z z o” tr a p a s s a to e f utur o, il se c ondo c on que l pa ss a to h a r o tto completamente, appena dopo un p e r i o d o d i tr a nsiz ione c he lui ste sso ha de c is o d i c a n c e lla r e da lla sua pr oduz ione . L’ e s t r e m i s m o d e l n o b i l e d e c a d u t o Eppur e , diff ic ilme nte le sue or ig in i a v r e b be r o f a tto suppor r e pr e se di po s iz io n e c o s ì e str e me . Ma f or se è pr opr io la c o n tr a d d izione tra la vita e il pensiero c h e s p e s s o genera le rivoluzioni (interiori e d e s t e r i o r i c he sia no) . Figlio di un inge gn e r e min e r a - rio, proveniente da una famiglia elevata a rango nobiliare nel 1754, il giovane Anton Fie d r ic h Wilh le m v o n We b e r n r ic e v e tte g li studi musicali senza particolari problemi, v iv e n d o u n a v ita a b b a s ta n z a a g ia ta , a lme no fino alla decadenza del titolo nobiliare, d o p o la Pr ima G u e r r a M o n d ia le . A lla q u a le f u c h ia ma to a p a r te c ip a r e , ma , p e r s u a f o rtu n a , f u c o n g e d a to p r e s tis s imo p e r in s u ff ic ie n z a d i v is ta . Ch e il s u o f u tu r o f o s s e n e lla musica lo si intuì già dai suoi studi: lezioni d i te o r ia d e lla c o mp o s iz io n e c o n Edw in Ko m a ue r , la u r e a in mu s ic o lo g ia a ll’ u n iv e r s ità d i Vie n n a c o n Guido A dle r e , in f in e , il v e r o e p r o p r io s o d a liz io c o n A r n o ld Sc h o e n b e rg , col quale studiò fino al 1908, anno della c o mp o s iz io n e d e lla s u a p r ima o p e r a in c a ta lo g o , la P a s s a c a g lia o p . 1 , s a g g io d i c o n clusione dei suoi studi musicali. Divenuta in s e g u ito u n a d e lle o p e re p i ù n o t e d i We bern, la Passacaglia non può, però, definirsi u n ’ o p e r a id e n tif ic a tiv a d e l s u o s t i l e , ri s e n te n d o a n c o r a d i in f lu e n z e p o s t -ro m a n t i c h e e b e n lo n ta n a d a lle e s p e ri e n z e d o d e c a fo n i c h e . Per molto tempo, sulla scia del Maestro e d e l s u o s e mp r e p iù c a r o a m i c o B e rg , We b e rn s e g u ì, a ttr a v e r s o l’ a to n a l i t à , i l p e rc o rs o c h e lo p o r tò a d a p p r o d a r e a l s e ri a l i s m o . C o m p o s iz io n i s ia v o c a li ch e s t ru m e n t a l i (Li e d e r, Ba g a te lle , Q u a r te t t i d ’a rc h i e c c … ) c h e n o n s i d is c o s ta n o mo lt o d a l l e c o n t e m p o ra n e e c o mp o s iz io n i s c h o e n b e rg h i a n e . Il p ri m o esperimento dodecafonico è datato 1925: i Tr e Ca ntic i Sp ir itua li s e g n a n o l ’ i n i z i o d e l nuovo corso, per lui e per tutta la musica del N o v e c e n to , a d u e a n n i d a l l a s u a t e o ri z z a z i o n e d a p a r te d i Sc h o e n b e rg n e l fa m o s o a rt i c o lo ( p u b b lic a to , a p p u n to , n e l 1 9 2 3 ) i n t i t o l a t o SA 111 I cosiddetti COntemporane Kom p o si t i o n m it 12 Tonen. L a prima ope r a com p l e t a m e n t e strumentale, scritta c on que s t a t e c n i c a è invece il Trio d’A rchi op. 20 (1 9 2 7 ) , n e l q u ale è già evidente l’in te r pr e t azi o n e a l q u a nto personale del serialismo da p arte d i We b e r n. L e serie da lui ideate , sono s p e s s o i n t r i c a te e le altezze raggruppate in cel l u l e c h e so no variazioni l’una dell’ a ltr a . U n a t e c n i c a c omplessa, ma che in sostanza è v o l t a a l l a e conomizzazione del materiale com p o si t i v o , u na caratteristica che d ive nte rà s e m p r e p i ù evidente nel catalogo we be rn i a n o . M a l a rivoluzione del compositore v i en n e se n o n s i ferma certo qui. A ttr a ve r so u n a r a d i c a l i z zazione delle tecniche se r ia l i , n e l l e s u e ultime opere, Webern applica a t u t t i i p a r a metri musicali (altezza , inte ns i t à e , so p r a t t u tto, tim bro) l’organiz z a z ione c h e S c h o e n b e rg aveva inteso invece per le s ol e d i m e n si o n i verticale e orizzonta le de ll e al t e z z e . G l i strumenti vengono anch’essi i n c l u s i n e l p r ocesso di serializzazione che, n el f r a t t e m p o , prevede una riduzione se mp re m a g g i o r e del m ateriale melodic o, a nn u l l a n d o q u a l siasi relazione discor siva tr a i s uo n i . Serialismo i n t e g r a l e e s pa z i a l i t à s o n o r a : l a m u s i c a c a mb i a d i r e z i o n e . Anzi l a perde Il ri su l t a t o d i questi esperimenti è f onda m en t a l m e n t e duplice: da un lato, il se r ia lis m o i n t e g r a l e (così viene definita l’ a pplicazio n e d e l l e tecniche com positive se r ia li a t u t t i i p a r a m e tri della com posizione ) por ta a d u n a d i ff u s ione spaziale del suono mai s per i m e n t a t a prim a; dall’altro, la riduz ione d el m a t e r i a l e fino a quella che, solo in se g u i t o v e r r à d efinita tecnica “puntillistica” ( t e r m i n e m u t uato dalla pittura), tende ad i s o la r e s e m p r e di più i singoli suoni fino a rend e r l i i n d i p e ndenti gli uni dagli altr i e a d es alt a r n e i l c o lore. L a musica, con i suoni c h e v i a g g i a n o tra uno strumento a ll’altro, abb a n d o n a t u t ti i suoi riferim enti d isc or siv i e l a s u a l i n earità e i rapporti tra le note d i v e n g o n o r a p porti tra suono e silenz io, tr id i m e n s i o n a l i t à: la cosiddetta “melodia di t i m b r i ” è i l r i sultato di questa riduzione ai m i n i m i t e r m i ni, di questa sintesi estrema. E ciò v a l e si a per le pagine per or c he str a , s i a p e r q u e l l e dedicate ai singoli strumenti (s t ra o r d i n a r i o e sem pio ne sono le Variazioni p er P i a n o f o rt e op. 27). L’abbellime nto, c a - • • • • • • • • • • r a tte r istic a ir r inunc ia bile de lla mu s ic a f in o a poc o te mpo pr ima , pe r de tutto il s u o s ig n if ic a to, dive nta inutile di f r onte a ll’ e s s e n zialità spaziale e concettuale del l e r e l a z i o n i tr a i suoni. Sc e lte stilistic he c he g li c r e a r o no non poc hi pr oble mi dur a nte il r e g ime n a z ista , c he de f inì la sua music a “b o ls c e v is m o c ulturale ”, bolla ndola c ome “deg e n e r a ta ” e impe de ndogli di f a tto qua lsia si a ttiv ità p r o f e ssiona le , c ostr inge ndolo a viv e r e f a c e n d o il correttore di bozze e a com p o r r e s e n z a ne ssuna a mbiz ione di pote r e se g u ir e le p r o prie partiture. Ma non fu solo i l r e g i m e a non c ompr e nde r e e a snobba r e il s u o g e n io . Le sue ide e f a tic a r ono molto a d e s s e r e me tabolizzate, tanto erano avangua r d i s t e . Diff ic ile c a pir e f ino a dove sa r e b b e a r r iva ta que sta r ivoluz ione , que sto p e r c o r s o d i capovolgimento del senso della m u s i c a , s e uno stupido milita r e a me r ic a no u b r ia c o , d u r a nte l’ oc c upa z ione a lle a ta in Au s tr ia , n o n l’avesse ucciso. Eppure, nonos t a n t e i l s u o lavoro sia stato interrotto così b r u s c a m e n t e , gli e ff e tti si sono f a tti se ntir e mo lto p r e sto. La sua e r e dità è sta ta r a c c o lta s u b ito dopo la sua morte da un gruppo d i g i o v a n i c ompositor i c he lo ha nno e le vato a s imb o lo de lla Nuova Music a , que lla c h e a p a r tir e da gli a nni ’ 50 si ide ntif ic he r à c o n u n a s c u o la, quella di Darmstadt, non a ca s o d e f i n i t a , a ppunto, “ post- we be r nia na ” . Ma n o n è c e r to n e lla mitiz z a z io n e d e i v a r i St o c kha us e n e Boulez che si esaurirà l’insegnamento del M a e s tr o . Co n u n p o ’ d i e la s tic ità e d i p r o s p e ttiv a s to r ic a è f a c ile in tu ir e q u a n to le tr a s f o r ma z io n i r a d ic a li w e b e r n ia n e a b b ia n o in f lu ito , s p e s s o in d ir e tta me n te , s u lla mu s ic a del secondo dopoguerra. A rigor di logica, s e We b e r n n o n a v e s s e a p e r to la p r o s p e ttiva “spaziale” del suono, probabilmente oggi non potremmo riflettere sull’ambient music, s u l min ima lis mo , n é s u lle te c n ic h e d i r e g is tr a z io n e q u a d r if o n ic a . Stia mo e s a g e r a n d o ? Può darsi. Ma spesso la storia, per essere c o mp r e s a , n o n d is d e g n a l’ e s tr o imma g in a tiv o . Opera Omnia • Passacaglia per grande orchestra, op. 1 (1908) • “Entflieht auf Leichten Kähnen” per coro a cappella su testo di Stefan George, op. 2 (1908) • Cinque Lieder su Der Siebente Ring per voce e pianoforte, op. 3 (1907-08) • Cinque Lieder da Stefan George per voce e pianoforte, op. 4 (1908-09) • Cinque pezzi per quartetto d’archi, op. 5 (1909) • Sei pezzi per grande orchestra, op. 6 (190910, revisione 1928) • Quattro pezzi per violino and piano, op. 7 • • • • • • • • • • • • • • (1910) Due Lieder su testi di Rainer Maria Rilke per voce e pianoforte, op. 8 (1910) Sei bagatelle per quartetto d’archi, op. 9 (1913) Cinque pezzi per orchestra, op. 10 (1911-13) Tre piccoli pezzi per violoncello e pianoforte, op. 11, (1914) Quattro Lieder per voce e pianoforte, op. 12 (1915-17) Quattro Lieder per voce e orchestra, op. 13 (1914-18) Sei Lieder su testi di Georg Trakl per voce, clarinetto, clarinetto basso, violino e violoncello, op. 14 (1917-21) Quattro canti sacri, per voce e strumenti, op. 15 (1917-22) Cinque canoni su testi latini, per soprano acuto, clarinetto e clarinetto basso, op. 16 (1923-24) Tre canti popolari sacri per voce, violino (anche viola), clarinetto e clarinetto basso, op. 17 (1924) Tre Lieder per voce clarinetto in mi bem. e chitarra, op. 18 (1925) Due Lieder per coro misto, celesta, chitarra, violino, clarinetto e clarinetto basso, op. 19 (1926) Trio per archi, op. 20 (1927) Sinfonia per orchestra da camera, op. 21 (1928) Quartetto per violino, clarinetto, sassofono tenore e pianoforte, op. 22 (1930) Tre Lieder su Viae inviae di Hildegard Jone, per voce e pianoforte, op. 23 (1934) Concerto per flauto, oboe, clarinetto, corno, tromba, violino, viola e pianoforte, op. 24 (1934) Tre Lieder su testi di Hildegard Jone per voce e pianoforte, op. 25 (1934-35) Das Augenlicht, per coro misto e orchestra, su testo di Hildegard Jone, op. 26 (1935) Variazioni per pianoforte, op. 27 (1936) Quartetto per archi, op. 28 (1937-38) I Cantata per soprano, coro misto e orchestra, op. 29 (1938-39) Variazioni per orchestra, op. 30 (1940) II Cantata per soprano, basso, coro e orchestra, op. 31 (1941-43) SA 113 BENGA “Diary Odf An Afro Warrior” (Tempa) CD/3LP Diary Of An Afro Warrior è uno degli album più attesi di questo 2008. Se Burial ha guadagnato i vertici delle charts nel 2007, con l’ esordio lungo per Tempa (dopo i devastanti mix per Planet Mu ) Benga è destinato a medesima sorte nel 2008. Per lui si sono espressi favorevolmente produttori quali Gilles Peterson, Ricardo Villalobos, Pete Tong, Zane Lowe, Annie Mac, Herve e Shy FX. Il nuovo affondo del dubstep! MIKE PATTON “A Perfect Place” (Ipecac) CD+DVD A Perfect Place è un corto diretto da Derrick Scocchera, le musiche curate da Mike Patton accompagano questo atipico noir con protagonisti Mark Boone Junior (Batman Begins) e Bill Moseley (The Devil’s Rejects). L’estro di Patton è a lavoro a pieno regime: ci sono tutti i luoghi (non comuni) della musica popular: l’alter ego operistico di Mike – nella traccia in italiano Il Cupo Dolore – i calienti ritmi sudamericani – Batucada – lo swing del migliore jazz d’antan, assieme ai tribalismi e a quel pop genuinamente trasversale che Mike Patton ci ha fatto spesso assaggiare coi Mr. Bungle. Il DVD contiene il film. PETE MOLINARI “A Virtual Landside” (Damage Goods) CD/LP Nuova scommessa in casa Damaged Goods: la voce in falsetto di Pete ha già conquistato la stampa d’oltremanica, solleticando paragoni con alcuni leggendari folk-singer americani. Alchimie blues, riscritture in clima pre-war, un timbro vocale essenziale e la bontà di arrangiamenti essenziali ma vincenti. Associato a Woody Guthrie, Jimmy Scott e Bob Dylan il nostro è un poeta moderno coi piedi ben saldi nella tradizione. EXCEPTER “Dept Dept” (Paw Tracks) CD Grandissima rentrèe per il collettivo di Brooklyn già sotto l’ala protettrice di 5 Rue Christine. Un suono che cresce in intensità, raccogliendo maggiori contributi vocali ed una favolosa stringatezza strumentale. Elettronica analogica figlia dei più tortuosi percorsi new-wave, con canzoni propriamente definite ed uno spirito ancora iconoclasta. File under: Mark Stewart & The Mafia, Suicide e Throbbing Gristle. TICKLEY FEATHER “S/T” (Paw Tracks/SRD) CD Tickley Feather, al secolo Annie Sachs, si è fatta conoscere accompagnando in tour gli Animal Collective nell’ultima serie di date internazionali. Un pop notturno e stralunato il suo: homerecordings spesso realizzate con strumenti di fortuna e spirito assolutamente minimale. Nonostante ciò una sensibilità che ha suscitato paragoni con Kate Bush e addirittura Syd Barrett. VALET “Naked Acid” (Kranky) CD Honey Owens (già coi Jackie-o Motherfucker ed i Nudge) giunge come Valet al suo secondo album , confenzionando brani dalla struttura apertissima , in un coacervo di acid rock, music ambient e tecniche d’incisione figlie della scuola dub. Contenuti molto eterogenei ed un’ispirazione ampliata dalle presenze di Mark Evan Burden (Silentist) e Adrain Orange (K Records). EDDIE BO “In The Pocket With...” (Vampisoul) CD/2LP Una delle più attenibili raccolte in grado di mettere in luce il genio del grande artista originario di New Orleans. Nome di punta della scena funk internazionale a cavallo tra anni ‘60 e ‘70. Liner notes a cura del giornalista Bryce White. 28 tracce nel cd, 32 nella versione doppio vinile. Un must da posizionare a fianco di Meters e Dr. John! ESSIE JAIN “We Made This Ourselves” (Leaf) CD Debutto per la 29enne vocalist inglese assistita dal chitarrista Patrick Glynn e dal batterista Jim White (Dirty Three, Will Oldham, Nina Nastasia).Delizioso e minimale freak-folk con spunti quasi cameristici per una voce che piacerà tanto agli estimatori di Joanna Newsom quanto a quelli di Cat Power. Impedibile. Roma 9-10 MAGGIO 2008 Ara Pacis/Auditorium Parco Della Musica/ Palazzo Dei Congressi BORIS “Smile” (Southern Lord) CD/LP Il nuovo album dei Boris presenta un approccio spiazzante al genere hard, incamerando influenze esterne che vanno dal pop giapponese alla musica per cartoni animati, senza in questo trascurare oscuri tributi all’hair-metal degli anni ’80. Un gruppo che puntualmente batte la strada del rinnovamento, Smile in questo non è eccezione, ampliando ulteriormente lo spettro sonoro del gruppo, che spesso è riuscito a far convivere in un contesto unico elementi di rock anni ’70, drone music e rumorismo. DIMENSION X “S/T” (Sonic Invaders) CD Una spaziale immersione nel mondo della più selvaggia musica improvvisata, con retaggio e attitudine ‘punk’. I tre marziani dietro a Dimension X sono Massimo Pupillo (basso, Zu), Chris Corsano (batteria, nella touring band di Bjork e sul disco Volta) ed il francese David Chalmin (chitarra ed elettroniche). Dimension X rivisita archetipi impro-jazz, grazie alla manipolazione elettronica e al vigore delle musiche più estreme: siano esse hardcore, noise o industrial. Attingendo ad un’abnorme libreria sonora – HYPERLINK “http://www. archive.org” www.archive.org – che costituisce il fulcro del progetto stesso. Atwork curato da Scarful. I nostri artisti a Brasilintime feat.Madlib & J Rocc (Stones Throws/Mochilla) Murcof (Leaf ) • Nico Vascellari + John Weise + Stephen O’Malley (Conspiracy) Pinch (Tectonic) • Yacht (Err) •Zu (Atavistic) IN TOUR: A HAWK AND A HACKSAW: 01/04 Milano, Biko Club - 04/04 Genova, Milk Club (w/ Joe Lally) - 05/04 Ravenna, Bronson - 06/04 Anghiari (Ar), Sala Audiovisivi Charalambides: 02/04 Padova, Carichi Sospesi - 04/04 Ravenna, Bronson 05/04 Pavia, Ortosonico - 06/04 Foligno (PG), Feedback - 08/04 Roma, Init COLLEEN: 23/04 Padova, ex Chiesetta delle Zitelle - 25/04 Catania, Bonajuto 26/04 BAZZANO (BO), Rocca dei Bentivoglio 27/04 San Mauro Pascoli (Rn), Villa Torlonia Holly Golightly & The Brokeoffs: 11/04 Ravenna, Bronson 12/04 Torino, Spazio 211 KODE9 & SPACEAPES: 04/04 Roma, Auditorium SHAPE OF BROAD MINDS (Jneiro Jarel): 20/04 Bologna, Locomotiv SLEEPING PEOPLE: 09/04 Forli’, Diagonal - 10/04 Brindisi, Goldoni 11/04 Roma, Sinister Noise - 12/04 Pescara, Mono THIS WILL DESTROY YOU: 17/04 Milano, Leoncavallo - 18/04 Roma, Traffic Witch: 23/04 Torino, Spazio 211 www.GOODFELLAS.it distribuzione / vendita per corrispondenza via Fortebraccio 20/A - 00176 Roma (Pigneto) Tel. 06 21700139 Fax: 06 2148346 - e-mail: [email protected] http://goodfellaspromo.blogspot.com/ www.myspace.com/goodfellasdistribution I NOSTRI NEGOZI: ROMA Radiation Records - Circ.ne Casilina 44 (Pigneto) • FIRENZE Music Center - Via Martelli 33/R
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