96-99 Gandolfi - Recenti Progressi in Medicina

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96-99 Gandolfi - Recenti Progressi in Medicina
Casistica clinica
Vol. 95, N. 2, Febbraio 2004
Epatite acuta colestatica da ticlopidina
Alberto Gandolfi 1, Marco Mengoli, Edda Rota, Stefano Tolomelli, Gianni Zanghieri,
Maria Vilma Bernini, Luciano Lusetti 2
Riassunto. Viene riportato il caso di un’epatite acuta colestatica da ticlopidina. L’epatite si sviluppò tre settimane dopo l’inizio dell’assunzione del farmaco in un uomo di 72 anni sottoposto ad angioplastica coronarica con impianto di stent. La stretta relazione temporale fra l’inizio della terapia con ticlopidina e l’esordio del danno epatico, l’esclusione
di altre patologie epatobiliari e la progressiva normalizzazione dei parametri bioumorali alla sospensione del trattamento fanno ritenere la ticlopidina responsabile del danno
epatico.
Parole chiave. Angioplastica coronarica, epatite acuta colestatica, epatopatie da farmaci, ticlopidina.
Summary. Ticlopidine-induced acute cholestatic hepatitis. A case report.
A case of acute cholestatic hepatitis associated with use of antiplatelet agent ticlopidine is reported. Hepatitis developed 3 weeks after the beginning of the drug in a 72 year
old man submitted to coronary angioplasty and stent implantation for unstable angina.
The close time relationship between the administration of this antiplatelet drug and the
acute onset of liver damage, the exclusion of other hepatobiliary disease and the progressive normalisation of biochemical parameters following withdrawal of the drug
strongly suggest that ticlopidine was involved in the pathogenesis of this syndrome.
Key words. Acute cholestatic hepatitis, coronary angioplasty, drug-induced liver disease, ticlopidine.
Descrizione del caso
S. Enea, anni 72, di professione agricoltore. Nessun
precedente anamnestico di rilievo in ambito epatologico;
assunzione alcolica giornaliera inferiore ai 20 grammi,
periodici controlli esami ematochimici di routine e funzionalità epatica nei limiti di norma.
Per ipertensione arteriosa lieve ed angina da sforzo
il paziente era in trattamento, da circa cinque anni, con
metoprololo 50 mg/die, acido acetilsalicilico 100 mg/die
e nitroderivati t.d.
Per la comparsa di episodi subentranti di angina, il
paziente veniva inviato alla nostra Divisione di Medicina e Cardiologia; sottoposto a test da sforzo si documentava ischemia miocardica inducibile per carichi di lavoro medio-bassi e si procedeva quindi ad indagine
coronarografica che evidenziava malattia coronarica critica bivasale: stenosi severa della coronaria destra e stenosi critica della discendente anteriore (stenosi non critica della circonflessa).
Veniva quindi eseguita angioplastica coronarica con
impianto di duplice stent, sulla coronaria destra e discendente anteriore, con buon risultato angiografico fi-
1
nale. Il decorso successivo era privo di complicazioni, gli
esami bioumorali di routine e la funzionalità epatica si
mantenevano nella norma.
Il paziente veniva dimesso con la terapia farmacologica già in atto prima del ricovero alla quale venivano aggiunti diltiazem 300 mg/die, in corso dal momento del ricovero, e ticlopidina 500 mg/die, iniziata dopo l’esecuzione
di angioplastica con impianto di stent e prescritta per un
mese. Circa tre settimane dopo la dimissione, il paziente,
che si era sempre mantenuto in buone condizioni cliniche
cardiologiche e generali, tornava alla nostra osservazione
per comparsa di astenia, prurito ed ittero. Non era presente febbre e all’esame obiettivo non risultavano evidenti né epatomegalia né ecchimosi, rush o altre manifestazioni cutanee. Gli esami bioumorali evidenziavano un
quadro di danno epatico acuto a prevalente impronta colestatica: bilirubina totale 9,1 mg/dl, diretta 7,9 mg/dl,
AST/ALT 158/427 UI/l, fosfatasi alcalina 1558 UI/l, Gamma GT 746 UI/l (figura 1). Normali risultavano gli altri test di funzionalità epatica, in particolare gli indici di sintesi epatocitaria (PT, pChe, albuminemia), negativi i marker
virologici per epatite A, B, C e per EBV e CMV, e gli anticorpi anti-nucleo, anti-muscolo liscio e anti-mitocondriali.
Divisione di Medicina Interna e 2 Cardiologia, Ospedale San Sebastiano, Correggio, ASL di Reggio Emilia.
Pervenuto il 5 dicembre 2002.
A. Gandolfi et al.: Epatite acuta colestatica da ticlopidina
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Normale la crasi ematica,
in particolare non neutro né
piastrinopenia, né eosinofilia.
Ecografia e TC addominale
non dimostravano lesioni
espansive epatiche, le vie biliari non risultavano dilatate e
non si evidenziavano reperti
significativi a carico di colecisti, pancreas, milza e reni. Venivano immediatamente sospesi sia il diltiazem che la
ticlopidina mentre si manteneva il trattamento con metoprololo, aspirina e nitroderivati.
Alla dimissione, in terza giornata, non venivano prescritte
ulteriori terapie farmacologiche, ma solo l’indicazione ad
attento riposo domiciliare. Gli
esami ematochimici a due settimane mostravano un sensibile miglioramento degli indici
di citolisi, un lieve innalzamento della bilirubina con modesto decremento degli altri
indici di colestasi. I controlli a
quattro e sei settimane mostravano il progressivo miglio- Figura 1. Risultati degli esami ematochimici del paziente a due, quattro, sei ed otto settimane
ramento di tutti gli indici di dalla dimissione.
funzionalità epatica; a sei settimane si manteneva solo
un’alterazione dei valori della bilirubina, a due mesi
mocitometrico a tre-quattro settimane dall’inizio
tutti i parametri risultavano normalizzati (figura 1).
del trattamento 8. Un’alterazione asintomatica deCirca un mese dopo la normalizzazione degli esami
gli enzimi epatici si verifica in circa 1-2 % dei casi
ematochimici, è stata ripresa la terapia con diltiazem
trattati; nello studio canadese-americano (CATS)
300 mg/die; l’attento monitoraggio clinico-laboratoristipubblicato nel 1989 9 era segnalata un’incidenza
co non ha evidenziato nei mesi successivi alcun probledi alterazione dei test di funzionalità epatica pari
ma ascrivibile a tale farmaco, che è tuttora in corso.
al 4,4 % dei soggetti trattati con ticlopidina, ma nel
Circa undici mesi dopo la prima angioplastica, il pacontemporaneo studio clinico controllato Ticlopidiziente è stato sottoposto a nuovo controllo coronarografico per la ripresa della sintomatologia anginosa. Per
ne-Aspirine Stroke Study (TASS) 10 non erano ril’evidenza di restenosi critica intrastent sulla discenportati fenomeni di epatotossicità. Sia le forme cidente anteriore, il paziente è stato nuovamente sottotolitiche che quelle colestatiche gravi da
posto ad angioplastica con buon risultato angiografico
ticlopidina sono assai rare, con un’incidenza stifinale. Dopo la procedura è stato prescritto, in associamata inferiore allo 0,0015 %.
zione alla terapia farmacologica già in atto, clopidogrel
Non vanno però trascurate le segnalazioni prealla dose di 300 mg/die. Tale trattamento è tuttora in
senti in letteratura di sindrome da “vanishing bicorso ad oltre sei mesi dal secondo trattamento di angioplastica. Il paziente si mantiene in buone condizioni
le duct” causate da ticlopidina 11; sono ormai oltre
cliniche con normalità dei parametri laboratoristici.
trenta i farmaci che sono ritenuti potenzialmente
Discussione
I farmaci continuano ad essere una causa importante, comune anche se talora misconosciuta o
diagnosticata tardivamente, di danno epatico 1-6.
Il più completo ed aggiornato archivio informatico bibliografico sulla epatotossicità da farmaci,
pubblicato annualmente da Michel Biour e coll.,
comprende nella tredicesima messa a punto, al
15/09/2000, oltre 1100 principî attivi corrispondenti a quasi 14000 referenze bibliografiche 7.
La ticlopidina è un farmaco antiaggregante piastrinico di largo impiego dotato nel complesso di
discreto profilo di tollerabilità; il più importante
effetto collaterale è rappresentato da una neutropenia che si verifica in circa il 2% dei pazienti; per
tale motivo è raccomandato un controllo emocro-
responsabili di questa rara condizione di epatopatia colestatica a decorso protratto e progressivo,
che può simulare il quadro di una cirrosi biliare
primitiva 12.
Tra i farmaci di uso più comune che possono
provocare colestasi cronica e sindrome da “vanishing bile duct”, oltre alla ticlopidina, sono da ricordare alcuni antibiotici (amoxicillina-acido clavulanico, clindamicina, eritromicina, tetracicline,
trimethoprim-sulfametossazolo), agenti psicotropi
(amitriptilina, barbiturici, carbamazepina, clorpromazina, aloperidolo) e agenti vari come azatioprina, clorotiazidi, ibuprofene.
L’esatto meccanismo patogenetico attraverso il
quale la ticlopidina induce danno epatico non è
noto; sono stati suggeriti sia meccanismi tossici
diretti che immunoallergici. La diagnosi di epatopatia da farmaci si basa essenzialmente su crite-
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Recenti Progressi in Medicina, 95, 2, 2004
ri anamnestici che permettono di stabilire una solida relazione di causalità fondata su elementi
cronologici e semeiologici 1. A questi dati anamnestici aggiunge un apporto decisivo, quando disponibile, lo studio istopatologico; nel nostro paziente abbiamo deciso di non effettuare la biopsia
epatica, sia per l’età relativamente avanzata sia,
soprattutto, per il rapido miglioramento clinico e
bioumorale alla sospensione del farmaco.
Nel caso che abbiamo descritto, la diagnosi di
epatotossicità da farmaci risultava relativamente
agevole; oltre al rispetto dei criteri temporali precedentemente enunciati erano assenti dati anamnestici di epatopatie pregresse, segni di scompenso cardiaco, sepsi e abuso alcolico. La sierologia
per virus epatitici e gli anticorpi anti-nucleo, muscolo liscio e mitocondrio risultavano negativi.
Ecografia e TC addome escludevano inoltre con
sicurezza la presenza di ostruzione biliare. Come
succede sempre più spesso, però, in soggetti contemporaneamente affetti sia da più patologie che
da forme morbose che richiedono trattamenti farmacologici complessi, il nostro paziente aveva iniziato contemporaneamente due nuovi farmaci potenzialmente epatolesivi, ticlopidina e diltiazem.
Il diltiazem tuttavia determina fenomeni di epatotossicità ancora più sporadici rispetto alla ticlopidina e più rare sono le forme colestatiche rispetto a quelle citolitiche; sono descritti per
questo calcio-antagonista anche casi con caratteristico aspetto istopatologico di epatite granulomatosa 13. All’esordio della sintomatologia e alla
prima osservazione clinica sono stati immediatamente sospesi entrambe i farmaci. In base a criteri probabilistici di imputabilità del danno epatico e a considerazioni di carattere clinico, abbiamo
ritenuto possibile reintrodurre in terapia il diltiazem tre mesi dopo l'esordio dell'epatite colestatica
ed oltre un mese dopo la normalizzazione degli
esami di funzionalità epatica. Questa ripresa del
trattamento con diltiazem è stata attentamente
monitorata dal punto di vista clinico e bioumorale e non ha comportato alcun problema.
Viceversa, nonostante il paziente sia stato sottoposto con esito positivo ad un secondo intervento di angioplastica, è stato accuratamente evitato
un rechallenge con ticlopidina; la positività del test di reintroduzione è infatti un criterio che può
fornire evidenza definitiva della responsabilità di
un farmaco nella genesi di fenomeni di epatotossicità, ma è da evitarsi, salvo casi eccezionali, per
l’imprevedibilità e, più spesso, per la maggior gravità del danno indotto da una seconda esposizione.
La possibilità di evitare il “rechallange” con ticlopidina senza ridurre i vantaggi a lungo termine
per il paziente dopo angioplastica con impianto di
stent è stata favorita dalla recente introduzione in
commercio di un nuovo farmaco, il clopidogrel;
questo antiaggregante piastrinico ha dimostrato
negli studi fin qui condotti buona efficacia nel ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori e migliore tollerabilità della ticlopidina; in particolare non
sono stati riferiti fino ad ora significativi problemi
di tossicità epatica 14,15,16.
Conclusioni
Il caso descritto richiama l’attenzione sulla frequente incidenza di danno epatico da cause iatrogene, che sono andate costantemente aumentando
negli ultimi anni sia per l’immissione di nuovi farmaci sul mercato, sia, come nel nostro paziente,
per nuove segnalazioni di epatotossicità da agenti
farmacologici di consolidato impiego.
Pur essendo rara, la tossicità epatica da ticlopidina deve essere tenuta in considerazione quando si prescrive per la prima volta questo farmaco e,
accanto ad una valutazione dell’emocromo, deve
essere suggerito almeno un controllo dei test di
funzionalità epatica fra il primo ed il secondo mese di terapia. Questo perché l’insorgenza di epatotossicità da ticlopidina si verifica mediamente a
un mese di distanza dall’inizio di assunzione del
farmaco; non vanno però dimenticati casi con esordio dei sintomi di colestasi a quattro, sei mesi dall’inizio della terapia 17,18, ed anche la possibilità, riportata in letteratura, di insorgenza ritardata dei
fenomeni di epatotossicità dopo la sospensione del
trattamento con ticlopidina 19.
L’osservazione di un caso di epatite acuta colestatica da ticlopidina riconduce, ancora una volta,
ai cardini del procedimento clinico in Medicina Interna: la diagnosi finale può essere suggerita solo
da un’accurata indagine anamnestica e la terapia,
una volta posta correttamente la diagnosi, è “semplice”; nell’ambito delle epatopatie da farmaci essa si basa sulla sospensione, la più precoce possibile, del o dei medicamenti potenzialmente
responsabili del danno e sulla non reintroduzione
in terapia di questi ultimi.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Marco Mengoli
Corso Cavour, 15
42015 Correggio (Reggio Emilia)
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