pdf - Fondazione Internazionale Menarini
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n° 372 - ottobre 2015 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Balthus torna a Roma Un doppio appuntamento espositivo per un completo e suggestivo viaggio nell’opera di uno dei più enigmatici, originali e discussi maestri del Novecento Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus, nacque a Parigi da un aristocratico polacco - storico, pittore e critico d’arte - e da una pittrice russa, animatrice di importanti salotti culturali. Balthus si forma quindi in un ambiente colto e ricco di suggestioni artistiche che gli consente e anzi lo incoraggia a esprimere la propria creatività. Tuttavia, nonostante cresca in una casa frequentata da maestri come Cézanne, Matisse, Mirò, resta sostanzialmente un autodidatta, uno studente libero che rifiuta di seguire gli insegnamenti artistici tra- La patience (solitaire) - Chicago, The Art Institute dizionali. Trascorre l’infanzia respirando una cultura mitteleuropea, in continuo movimento tra Berlino, Berna e Ginevra, al seguito dei frenetici genitori, rientrando in Francia solo verso i sedici anni. Un soggiorno in Italia, nel’26, gli permette di studiare direttamente l’opera dei grandi maestri quattrocenteschi come Masaccio, Masolino e Piero della Francesca, che diventano i suoi modelli di riferimento. Nutro per l’Italia una tenerezza originaria, fondamentale, innocente. Ma al di là dell’Italia, ciò che amo in 2 essa è la sua capacità di conservare qualcosa dell’unità primitiva, della freschezza delle origini. È proprio verso quella cultura, quella logica limpidezza, infatti, che forma un personale pensiero figurativo ed elabora le sue composizioni. A quella tradizione, che integra con le esperienze del Realismo magico, della Metafisica e della Nuova Oggettività, si ispira per organizzare quella tipica enigmatica staticità che caratterizza la sua produzione pittorica, in particolare quella degli anni Trenta. Dopo la guerra, la pittura di Balthus si fa più densa, mentre le scelte iconografie, sempre più orientate verso il nudo, si concentrano su ragazze adolescenti rappresentate in momenti riservati o contemplativi. Molti suoi dipinti mostrano giovani fanciulle ritratte in un contesto che appare equivoco se non addirittura erotico. Balthus, però, sostiene ripetutamente che il suo lavoro non ha alcun intento di tipo pornografico, ma che mostra l’esistenza di una sessualità infantile, una realtà difficile da accettare e capace di mettere profondamente a disagio. Lo stile del pittore francese che, pur poggiando su riferimenti classici e accademici ispirati dai pittori rinascimentali, si avvicina in modo evidente alla pittura surrealista e metafisica, permette di rintracciare i segni di altre numerose influenze: gli scritti di Emily Brontë (illustra con disegni a penna su carta il romanzo Cime Tempestose) e gli scritti e le fotografie di Lewis Carroll. La sua arte, con le infinite contaminazioni si colloca tra un intimista e introspettivo naïf, e alcune sfumature del Surrealismo. Famosi sono i suoi “interni con figure” anche se la sua produzione si estende spesso al tema del paesaggio urbano o agreste. In un’epoca in cui l’arte figurativa è sostanzialmente ignorata e trascurata Balthus preferisce dipingere soprattutto figure, ina perticolare giovani fanciulle. Figure sospese in uno spazio dove il tempo è assente, bloccate in una fissità che sprofonda in una calma dove tutto può accadere e mai niente accade. Il legame con la cultura italiana si completa, a partire dal 1961, con l’im- sopra La Chambre - Collezione privata a lato Autoritratto Il re dei gatti Collezione privata portante soggiorno come Direttore dell’Accademia di Francia a Roma (Villa Medici) durato molti anni. Qui Balthus approfondisce la pratica del disegno e della pittura, stringe amicizie importanti, col regista Federico Fellini (dal quale era definito “un signore del Rinascimento o un principe della Transilvania”) e il pittore Renato Guttuso, e intraprende il grande progetto del restauro dell’edificio di Villa Medici e dei suoi giardini storici: Restituire a Villa Medici tutto il suo prestigio è stata per me una vera e propria ossessione. Era una questione che aveva a che fare con la vita spirituale, un modo di conservare la vita. Il mio amico Fellini, d’altronde, l’aveva capito bene: Ti vedo, diceva, come il custode del patrimonio in cui la storia ha deposto la cultura degli uomini. E proprio Roma, oggi, rende omaggio a questo artista con un doppio appuntamento espositivo che costituisce un suggestivo viaggio nell’opera di uno dei più enigmatici, originali e discussi maestri del Novecento. Circa duecento opere, tra quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più importanti musei europei e americani, oltre che da prestigiose collezioni private, accompagnano il cammino che è stato concepito in due parti distinte. Alle Scuderie del Quirinale si trova una completa retrospettiva organizzata intorno ai capolavori più noti, mentre a Villa Medici la visita si svolge attraverso le opere realizzate durante il soggiorno romano e mette in luce il metodo e il processo 3 creativo di Balthus: l’uso dei modelli, le tecniche, il ricorso alla fotografia, la pratica di lavoro nell’atelier. Uno spazio privilegiato quello dell’atelier che descrive come «il luogo del lavoro, e anche della fatica. Il luogo del mestiere. Nella mia attività è essenziale. È lì che mi raccolgo, come in un luogo di illuminazione. […] Bisognerebbe dire ai pittori di oggi che tutto si gioca nell’atelier. Nella lentezza del suo tempo. Amo le ore trascorse a guardare la tela, a meditare davanti a essa. A contemplarla. Ore incomparabili nel loro silenzio». Una mostra importante per onorare un pittore che, nonostante si sia definito un “atemporale”, è riconosciuto come uno dei maggiori artisti del XX secolo, un artista che, non ha mai amato le luci della ribalta e che nella storia dell’arte occupa uno spazio tutto suo. Una mostra per onorare un uomo che ha sentito di non appartenere al proprio tempo, «Io sono figlio di molti secoli. Non di questo. Non ho niente a che fare con questo secolo. Sono fuori. Sono di un altro mondo», un uomo che davvero ha vissuto come in un altro secolo, solitario e schivo come i gatti che tanto ha amato, cir- condato da lusso, calma, bellezza e donne: «Non appartengo a quest’epoca. Mi rifiuto di appartenerle. Credo che la mia visione del mondo sia quella del XII secolo». francesca bardi dall’alto a sinistra in senso orario Thérèse sur une banquette - Collezione privata La Chambre turque - Parigi, Centre Pompidou Le Passage du Commerce-Saint-André Collezione privata