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n° 372 - ottobre 2015
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Balthus torna a Roma
Un doppio appuntamento espositivo
per un completo e suggestivo viaggio
nell’opera di uno dei più enigmatici,
originali e discussi maestri del Novecento
Balthasar Klossowski de Rola, in arte
Balthus, nacque a Parigi da un aristocratico polacco - storico, pittore e critico d’arte - e da una pittrice russa,
animatrice di importanti salotti culturali. Balthus si forma quindi in
un ambiente colto e ricco di suggestioni artistiche che gli consente e anzi
lo incoraggia a esprimere la propria
creatività. Tuttavia, nonostante cresca in una casa frequentata da maestri come Cézanne, Matisse, Mirò,
resta sostanzialmente un autodidatta,
uno studente libero che rifiuta di
seguire gli insegnamenti artistici tra-
La patience (solitaire) - Chicago, The Art Institute
dizionali. Trascorre l’infanzia respirando una cultura mitteleuropea, in
continuo movimento tra Berlino,
Berna e Ginevra, al seguito dei frenetici genitori, rientrando in Francia
solo verso i sedici anni. Un soggiorno
in Italia, nel’26, gli permette di studiare direttamente l’opera dei grandi
maestri quattrocenteschi come Masaccio, Masolino e Piero della Francesca, che diventano i suoi modelli di
riferimento.
Nutro per l’Italia una tenerezza originaria, fondamentale, innocente.
Ma al di là dell’Italia, ciò che amo in
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essa è la sua capacità di conservare
qualcosa dell’unità primitiva, della
freschezza delle origini. È proprio
verso quella cultura, quella logica limpidezza, infatti, che forma un personale pensiero figurativo ed elabora le
sue composizioni. A quella tradizione,
che integra con le esperienze del Realismo magico, della Metafisica e della
Nuova Oggettività, si ispira per organizzare quella tipica enigmatica staticità che caratterizza la sua produzione pittorica, in particolare quella
degli anni Trenta. Dopo la guerra, la
pittura di Balthus si fa più densa, mentre le scelte iconografie, sempre più
orientate verso il nudo, si concentrano su ragazze adolescenti rappresentate in momenti riservati o contemplativi. Molti suoi dipinti mostrano giovani fanciulle ritratte in un
contesto che appare equivoco se non
addirittura erotico. Balthus, però, sostiene ripetutamente che il suo lavoro
non ha alcun intento di tipo pornografico, ma che mostra l’esistenza di
una sessualità infantile, una realtà
difficile da accettare e capace di mettere profondamente a disagio.
Lo stile del pittore francese che, pur
poggiando su riferimenti classici e accademici ispirati dai pittori rinascimentali, si avvicina in modo evidente
alla pittura surrealista e metafisica,
permette di rintracciare i segni di
altre numerose influenze: gli scritti
di Emily Brontë (illustra con disegni
a penna su carta il romanzo Cime
Tempestose) e gli scritti e le fotografie
di Lewis Carroll.
La sua arte, con le infinite contaminazioni si colloca tra un intimista e
introspettivo naïf, e alcune sfumature
del Surrealismo. Famosi sono i suoi
“interni con figure” anche se la sua
produzione si estende spesso al tema
del paesaggio urbano o agreste. In
un’epoca in cui l’arte figurativa è
sostanzialmente ignorata e trascurata
Balthus preferisce dipingere soprattutto figure, ina perticolare giovani
fanciulle. Figure sospese in uno spazio dove il tempo è assente, bloccate
in una fissità che sprofonda in una
calma dove tutto può accadere e mai
niente accade.
Il legame con la cultura italiana si
completa, a partire dal 1961, con l’im-
sopra La Chambre - Collezione privata
a lato Autoritratto Il re dei gatti
Collezione privata
portante soggiorno come Direttore
dell’Accademia di Francia a Roma
(Villa Medici) durato molti anni. Qui
Balthus approfondisce la pratica del
disegno e della pittura, stringe amicizie importanti, col regista Federico
Fellini (dal quale era definito “un
signore del Rinascimento o un principe della Transilvania”) e il pittore
Renato Guttuso, e intraprende il
grande progetto del restauro dell’edificio di Villa Medici e dei suoi giardini storici: Restituire a Villa Medici tutto il suo prestigio è stata per
me una vera e propria ossessione. Era
una questione che aveva a che fare
con la vita spirituale, un modo di conservare la vita. Il mio amico Fellini,
d’altronde, l’aveva capito bene: Ti
vedo, diceva, come il custode del patrimonio in cui la storia ha deposto
la cultura degli uomini.
E proprio Roma, oggi, rende omaggio a questo artista con un doppio appuntamento espositivo che costituisce un suggestivo viaggio nell’opera
di uno dei più enigmatici, originali e
discussi maestri del Novecento.
Circa duecento opere, tra quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più
importanti musei europei e americani, oltre che da prestigiose collezioni private, accompagnano il cammino che è stato concepito in due
parti distinte. Alle Scuderie del Quirinale si trova una completa retrospettiva organizzata intorno ai capolavori
più noti, mentre a Villa Medici la visita si svolge attraverso le opere realizzate durante il soggiorno romano
e mette in luce il metodo e il processo
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creativo di Balthus: l’uso dei modelli,
le tecniche, il ricorso alla fotografia,
la pratica di lavoro nell’atelier. Uno
spazio privilegiato quello dell’atelier che descrive come «il luogo del
lavoro, e anche della fatica. Il luogo
del mestiere. Nella mia attività è essenziale. È lì che mi raccolgo, come
in un luogo di illuminazione. […]
Bisognerebbe dire ai pittori di oggi
che tutto si gioca nell’atelier. Nella
lentezza del suo tempo. Amo le ore
trascorse a guardare la tela, a meditare davanti a essa. A contemplarla.
Ore incomparabili nel loro silenzio».
Una mostra importante per onorare un pittore che, nonostante si sia
definito un “atemporale”, è riconosciuto come uno dei maggiori artisti del XX secolo, un artista che, non
ha mai amato le luci della ribalta e
che nella storia dell’arte occupa uno
spazio tutto suo.
Una mostra per onorare un uomo che
ha sentito di non appartenere al proprio tempo, «Io sono figlio di molti
secoli. Non di questo. Non ho niente
a che fare con questo secolo. Sono
fuori. Sono di un altro mondo», un
uomo che davvero ha vissuto come
in un altro secolo, solitario e schivo
come i gatti che tanto ha amato, cir-
condato da lusso, calma, bellezza e
donne: «Non appartengo a quest’epoca.
Mi rifiuto di appartenerle. Credo che
la mia visione del mondo sia quella
del XII secolo».
francesca bardi
dall’alto a sinistra in senso orario
Thérèse sur une banquette - Collezione privata
La Chambre turque - Parigi, Centre Pompidou
Le Passage du Commerce-Saint-André
Collezione privata