amici dell`uomo
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C amici dell’uomo Lagotto l’infallibile fiuto che stana i tartufi Foto Francesco Sgherri Federica Farini In alto Angelica Nardi titolare dell’allevamento insieme a uno dei suoi cani Allevamento LA CIVETTA di Angelica Nardi Loc. Moriolo – San Miniato (Pisa) - Tel 347 188 4691 C ome riuscire ad appropriarsi di un gioiello che da sempre solletica interesse e fantasia, che può essere bianco oppure nero, amato dai greci, “diamante” dei banchetti romani e rinascimentali? Chiedetelo al cane Lagotto, fidandovi del suo fiuto per il… tartufo! Le origini di questa razza vanno ricercate nel Barbet e molto prima nel Canis Aquaticus, già presente nella classificazione redatta da Linneo, frutto dell’incrocio di segugi con cani da pastore. L’antico ceppo del Lagotto Romagnolo, il cui nome deriva dall’espressione romagnola “can lagòtt” – cani da caccia di palude o d’acqua dal pelo riccio e ispido – affonda le sue radici nel 1600, tra le pianure di Comacchio e le zone acquitrinose di Ravenna: il suo compito era di cercare la selvaggina abbattuta tuffandosi in acqua e, ovviamente, riportarla al padrone. La bonifica del territorio obbligò i cacciatori a trovare un’attività alternativa ai loro fidi compagni di avventure. Fu così che la dedizione e l’addestrabilità di cui solo un cane estroverso e disponibile come il Lagotto può disporre, hanno portato questa stupefacente razza all’eccellenza nella ricerca del prezioso fungo ipogeo. L’addestramento è condotto spesso impregnando oggetti come una pallina dell’odore del tartufo: fingendo il lancio il Lagotto sarà costretto a scavare al fine di trovare l’oggetto. Quando il compito è svolto in maniera corretta, il cane viene premiato per rafforzare la sua passione alla mansione. Alcune scuole di pensiero ritengono che il Lagotto debba assaggiare i tartufi per riconoscerne meglio odore e sapore, altre preferiscono evitare, per non abituare l’animale a danneggiare il tartufo nel riporto o addirittura fare in modo che il cane lo divori anziché restituirlo. Il Lagotto tuttavia, a differenza dei cani da caccia, viene difficilmente distratto dal proprio lavoro, perché gli istinti venatori sono stati soppressi nel tempo, eliminando in questo modo anche la tendenza a marcare il territorio e aggredire, tutti aspetti che non possono intervenire nell’indebolimento dell’addestramento alla caccia al tartufo. Storicamente l’abitudine era di incrociare soggetti geneticamente consanguinei anche con setter, pointer, spinoni, al fine di ottenere esemplari sempre migliori: quest’attività rischiò di disperdere e danneggiare il prototipo di Lagotto iniziale. Alla fine degli anni Settanta un gruppo di cinofili iniziò un lungo e faticoso lavoro di ricerca e selezione, fino ad arrivare nel 1993 all’approvazione della razza da parte dell’ENCI e nel 1998 alla fondazione a Imola del CIL “Club Italiano Lagotto”: la razza è oggi ufficialmente la tredicesima in Italia e inserita nella categoria dei cani da riporto, nella sezione dedicata ai cani d’acqua. Il carattere del Lagotto è giocherellone, simpatico, intelligente e dolce proprio come il popolo romagnolo stesso, da cui questo cane ha ereditato l’aspetto e l’atteggiamento rustico, frugale e semplice, fattori che lo portano per indole a vivere la cerca 98 ai tartufi come una sorta di gioco, nel quale applicare però sempre efficienza e competenza. La razza risulta vincente anche per l’attitudine sportiva e l’ottimismo contagioso, quest’ultimo perfetto per la vicinanza di bambini. Non è un cane con cui litigare perché non è conflittuale e il suo istinto lo porta sempre a compiacere gli altri. È fondamentale impartire regole precise sugli spazi e i doveri e non lasciarlo mai da solo, perché potrebbe intristirsi: coinvolgendolo sempre il Lagotto saprà amare incondizionatamente. La taglia è medio-piccola e i colori ammessi dallo standard sono il roano, il marrone fegato uniforme, l’arancio unicolor, il bianco sporco uniforme e il bianco con macchie marroni. Da ex-lagunare ama l’acqua ma si adatta perfettamente anche in montagna e in climi freddi: il suo mantello riccio e finissimo lo protegge perfettamente evitando che la pelle si bagni. Il Lagotto è praticamente esente da muta, ma il pelo tende tuttavia a infeltrirsi, è necessaria pertanto una tosatura completa ogni anno e spazzolature periodiche. L’arte è conta- Foto Marco Leonardi giata dalla presenza di Lagotti: questo cane non manca di comparire accanto al marchese Ludovico Gonzaga, riprodotto dalla sublime mano del Mantegna nel 1456, nello splendore della sua arte rinascimentale. Il pittore olandese del 1600 Jan Asselijn, che visse in Italia per alcuni anni, si ispirò a tal punto da ritrarre nell’opera Il cigno minacciato un cane sorpreso a spaventare un cigno: l’espressione e i tratti rendono inconfondibile l’identificazione con la razza del Lagotto. Anche il pittore romagnolo Guercino (Giovanni Francesco Barbieri), di scuola Bolognese del ‘600 – che sviluppò l’af- fermazione della pittura italiana barocca – ritrae una scena domestica dove il cane gioca il ruolo del protagonista assoluto: un uomo, una donna e un Lagotto, nell’affetto di un cammeo di vita famigliare felice in compagnia del proprio animale preferito. Gli affezionati amanti della razza sono pronti a scommettere che anche in un lontano futuro il Lagotto sarà parte integrante e fondamentale di una cultura che lo amerà sempre, non potendo né volendo in alcun modo affievolire il bene che istintivamente si è portati a nutrire per un irresistibile “batuffolo dal pelo arricciato”… semplicemente Lagotto. www.allevamentolagottoromagnolo.com
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