Numero 4 - Liceo Classico V. Gioberti
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Numero 4 - Liceo Classico V. Gioberti
Liceo Classico e Linguistico V. Gioberti Via Sant’Ottavio 9/11 10124 Torino Anno 3 - Numero 4 Aprile 2008 Don Ciotti al Gioberti Iniziamo dalla più importante ed evidentissima novità, già preannunciata, con cui si presenta il Joe Berti: la nuova veste grafica. Infatti, un po’ per una semplice esigenza di rinnovamento e un po’ per volontà di una parte della redazione, siamo finalmente riusciti a elaborare questa nuova grafica, che dovrebbe rendere più facile e scorrevole la lettura, non più tre ma due colonne, e la stampa, non più i numeri di pagina e l’intestazione a lato ma in alto, e dovrebbe, non (CONTINUA A PAGINA 3) “Parlare di don Luigi Ciotti significa parlare di quarant’anni di attività e impegno per tutto ciò che riguarda la persona in difficoltà... A PAGINA 16 Che cos’è la CENSURA Sono mesi - be’, in realtà è tutto quest’anno - che il tema di cui si parla di più riguardo a questo nostro Joe Berti è... A PAGINA 6 La persistenza della memoria Sì signora, il mio nome è Yasmin; nella tua lingua significa “gelsomino”. Sì,g elsomino. G-e-l-s-o-m-i-n-o: possono queste nove lettere così sgraziate trasmettere il profumo... A PAGINA 26 J O E B E R t i 2 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Contenuti In questo numero: Tutto non funziona Eliana Vitolo pag. 4-5 Che cos’è la CENSURA Francesco Delù pag. 6-7 pag. 8-9 Tutti al cesso a vedere Toy Story Simone Cattaneo Ne va dei nostri neuroni? Fosca Vercelli pag. 10-11 Che c’entriamo noi con l’istruzione? Renato Leoni pag. 12-13 In una vita di speranze Giulia Voghera pag. 14-15 Compagno di scuola, compagno Francesca Voci di niente... pag. 14-15 Don Ciotti al Gioberti Adriano Bollani pag. 16-18 Liberi di scegliere per il Tibet Alberto Leone pag. 18 CPT Giulia Trivero pag. 19-20 Il dramma olimpico Tommaso Pirfo pag. 21 Martin Eden Tommaso Pirfo pag. 22 “Gioberti Bella lì” Giada Aloi pag. 23 Il calcio Giulia Ferrero pag. 24-25 Flusso di coscienza: la persisten- Jun Rail za della memoria pag. 26-27 La Mezzana del Gioberti pag. 28 pag. 29 A tua immagine e somiglianza Giulia Trivero Editoriale Salve a tutti! (CONTINUA DALLA COPERTINA) da ultimo, consentire a tutti noi di dire: “Oh, che bello!”. Speriamo che i più condividano questo giudizio. Pur non avendo nuovamente così tanti articoli da ripetere l’esperienza delle trentasei pagine del numero precedente, siamo tuttavia riusciti a mantenerci sopra le vecchie ventiquattro, trovando una buona mediazione. Per quanto riguarda, invece, i contenuti, su richiesta di molti, abbiamo “spezzato” gli articoli con parti più leggere, inserendo un fumetto che, pagina per pagina, si distribuisce su tutto il giornale. Parlando, poi, delle varie iniziative che hanno interessato e interessano il nostro giornale in questi mesi, in primo luogo c’è il convegno che si è svolto a Piacenza il 14 Marzo scorso, in cui abbiamo incontrato i redattori di circa sessanta scuole, distribuite nelle province del Piemonte, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna: abbiamo avuto modo di confrontarci, parlare dei ri- spettivi giornali, scambiarceli (siamo tornati con una borsa piena), insomma, capire un po’ come funziona nelle altre scuole. È stato davvero interessante, e pensiamo di aver ricevuto stimoli positivi e informazioni molto utili; non abbiamo ancora ricevuto alcuna notizia, invece, dagli organizzatori del concorso bandito dalla provincia di Avellino, cui abbiamo deciso di partecipare con il numero scorso. Aspetteremo. Un’altra cosa di cui vorremmo dirvi, infine, è il coordinamento dei giornali scolastici che stiamo cercando di realizzare tra le scuole di Torino, e per il quale ci siamo messi finora in contatto con le redazioni dei giornali dei licei Alfieri, D’Azeglio, Cavour, Gobetti e Segré. L’idea è stata accolta favorevolmente da tutti, ma ci sono ancora opinioni diverse su quali potrebbero essere le funzioni del coordinamento, se solo di scambio di idee, se di richiesta di finanziamenti, se di creazione di uno spazio comune (qualche pagina) su tutti i Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 3 giornali, in modo tale da estendere il confronto tra studenti oltre la singola scuola. Comunque dovremmo a breve programmare un incontro tra tutti proprio per discutere di queste cose. Infine, si tratta di pensare all’ultimo numero di quest’anno; visto che quest’anno siamo riusciti a crescere tanto, vorremmo cercare, come si dice, di “concludere in bellezza”. Il fondo a disposizione del giornalino consentirebbe infatti - ed è una proposta emersa in redazione - di realizzare la copertina del prossimo ed ultimo numero a colori. Detto questo, bisogna anche pensare a che cosa mettere su di queste due pagine a disposizione: ogni vostro suggerimento o materiale (a colori, finalmente!) sarà graditissimo. Non ci resta null’altro da dire, dunque, se non augurarvi buona lettura. 4 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero Tutto non funziona Eliana Vitolo Il 31 marzo e l'1 aprile nel nostro liceo si è tenuta l'ormai celebre “assemblea d'Istituto” e lo specifico perché molti credevano invece che fossero due giorni di totale anarchia. Certo non si può dire che fino ad ora queste assemblee abbiano goduto di chissà quale partecipazione: sono solo due gli anni che ho trascorso qui al Gioberti e ho già potuto notare come le cosiddette “aule studio” facciano molti più proseliti dei gruppi di discussione, di qualsivoglia genere essi siano. Questi gruppi sono come la pizza margherita, aspettate lasciatemi spiegare. Quando si va in pizzeria, ci si siede, se si è indecisi si apre il menù e si cominciano a scorrere i nomi delle pizze a partire dalla seconda che c'è scritta. Sapete perché? Pensateci un nanosecondo: qual è la pizza scritta in cima a tutte le altre, quella il cui nome nessuno mai legge e che nessuno mai sceglie, se non in circostanze disperate, ovvero obbligo di scelta oppure pizzerie pessime oppure giornate nelle quali lo stato di apatia supera ogni limite? Ebbene, vi lascio ancora un po' per pensare, ma i più svegli hanno già capito: è la Margherita, la pizza più banale, scontata e comune che esista. Ricolleghiamoci quindi alla nostra scuola e ragioniamo un attimo sull'assemblea, perché in fondo è di questo che vi voglio parlare. Nella mia piccola esperienza giobertina ho sempre considerato le assemblee un elemento importantissimo, uno spazio fondamentale per poterci confrontare ed esprimere. Perciò il 31 marzo sono arrivata a scuola e, piena di aspettative per la giornata che mi si presentava davanti, sono subito andata a leggere il tabellone dei gruppi appeso nell'atrio. Così cominciava la mia delusione. Mafia, neofascismo, laicismo e religione, cineforum, femminismo e aborto. Mi si è acceso un flash nella mente, fatto di ragazzi degli ultimi due anni che, additati per non partecipare alle assemblee, ripetevano stanchi di aver discusso decine di volte degli stessi argomenti. Non ero mai riuscita ad accettare questa spiegazione. Ora finalmente potevo capirli! Ma c'è un' enorme differenza: loro erano stufi all'ultimo anno... io che sono delusa in una misera 5^ ginnasio, cosa devo aspettarmi per i tre duri e lunghi anni che ho di fronte? Ed ecco quindi che si torna alla pizza Margherita: soliti gruppi, solite discussioni, e alla fine si sceglie perché si è obbligati a scegliere (circostanza disperata, vedi sopra), a meno che non si voglia finire in un'aula studio dove tutto si fa tranne studiare e dove è assicurata un'emicrania lancinante in meno di cinque minuti. A questo punto tutto è affidato alla sorte: se il gruppo in cui si sceglie di andare è, per puro caso, gestito da persone competenti, e seguito da studenti la cui voglia di partecipare non è ancora precipitata ad un livello non definito nelle viscere del globo, allora potrebbe addirittura capitare che nasca una discussione interessante. Ma se per enorme disgrazia si sceglie un gruppo che non ha quelle caratteristiche, è la fine: può comunque venirvi un'emicrania lancinante perché siete finiti in un gruppo dove si URLA e non si DISCUTE, oppure, se la vostra scatola cranica non è ancora esplosa, può balenarvi la folle, nonché disperata, idea di scappare (poiché è una vera e propria fuga) verso un altro gruppo meno straziante. Ebbene, è comunque la vostra fine. Non appena la punta delle vostre Converse sporche e consumate avrà assaggiato il sapore della libertà, un centimetro al di là della porta dell'aula in cui siete rinchiusi, ecco che piomba su di voi il (rullo di tamburi...) SERVIZIO D'ORDINE! Studenti che hanno capito come imbrogliare il sistema, come fuggire dalle grinfie dei gruppi di discussione e sopravvivere ancora un po' in questa realtà. Venite braccati da ogni parte, vi viene chiusa ogni via di fuga e vi viene detto con tono (CONTINUA A FIANCO) Liberopensiero (CONTINUA) minaccioso: “Devi scegliere un gruppo. Non puoi stare in giro nei corridoi.” Voi vorreste gridare: “Non è il mio intento girare per i corridoi!”, ma è troppo tardi: il SERVIZIO D'ORDINE agisce quando meno ve lo aspettate e senza che voi abbiate il tempo di reagire vi avranno già cacciato da qualche parte, generalmente il gruppo più vicino al punto in cui siete stati fermati. Questo significa che magari potreste essere trasferiti in un'aula che VOLUTAMENTE avevate evitato perché si teneva l'ultima discussione che avreste mai voluto sentire, oppure potreste essere portati in un'aula studio, i cui effetti sono già stati analizzati, oppure potreste essere spostati in un gruppo interessante, e se ciò accade, consideratevi miracolati. Pensando alla già scarsa partecipazione, tutto questo non può far altro che peggiorare le cose. Ma torniamo un attimo alla frase incoraggiante che vi viene gentilmente pronunciata dal SERVIZIO D'ORDINE, ovvero “Devi scegliere un gruppo”, appunto, devo scegliere quale potrebbe essere la discussione che più mi ispira. Magari così verrebbe raggiunto il vero scopo di Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 5 queste assemblee, cioè confrontarsi ed esprimersi. Ma se vengo cacciata dentro la prima aula dei dintorni, tanto per non farmi girare tra i corridoi, come potrà mai venirmi voglia di discutere? Insomma, tutto non funziona. Gruppi ormai soliti, SERVIZIO D'ORDINE opprimente, spazi mal gestiti (un'intera palestra per l'AIZO, a cui assistevano si e no 20 persone, mentre una misera aula per neofascismo e neonazismo che, si sa, è un gruppo scelto da molti in circostanze disperate). Ma non mi sono limitata a criticare e basta: tempo fa, quando quest'assemblea era ancora in fase di elaborazione e nulla era certo, mi ero rivolta ad una delle rappresentanti di Istituto insieme ad una mia compagna, per proporre un gruppo che prevedeva un possibile invito di Stefano Benni. La proposta era stata bocciata perché era in preparazione una “grande cosa per il quarantennio del '68” (testuali parole). Ero più che contenta, sarei stata interessatissima ad un'assemblea con questo tema: ma qualcuno di voi l'ha vista? La delusione continua. 6 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero Che cos’è la CENSURA Francesco Delù Sono mesi - be’, in realtà è tutto quest’anno che il tema di cui si parla di più riguardo a questo nostro Joe Berti è quello della censura. Ci si accusa (su su fino alle alte sfere) di esercitare un controllo sull’espressione delle opinioni di noi costudenti, ciò che risponde alla più elementare definizione di censura. Ebbene, come già più volte ho avuto modo di dire, allo stato attuale la censura non esiste , con ciò non negando che in passato qualche spiacevole incidente si sia verificato. Non bisogna tuttavia ritenere che ogni articolo venga pubblicato per il solo fatto di essere stato inoltrato alla redazione: è necessario innanzitutto precisare che semplicemente lo spazio a disposizione non lo permette; poi, nell’opinione di me che leggo e ogni contenuto che arriva alla mail, ogni articolo deve soddisfare una serie di requisiti. In primo luogo il contenuto deve essere sostanziale, ovvero il pezzo deve trasmettere qualche cosa che vada al di là della semplice voce di (CONTINUA A FIANCO) La Generazione Technofolle Chi oggi non è mai andato in discoteca e non ha mai ballato secondo i ritmi allucinanti della musica techno?Chi non ha mai ascoltato un brano techno?Penso quasi nessuno. Techno, nasce negli anni ’80 a Detroit, era un fenomeno underground poi si evolve in molte forme per poi diventare la musica delle “giovine Italia” e non solo. Techno, musica che manda in delirio milioni di ragazzi e li diverte ad ondate, a volte può raggiungere livelli impensabili:fa amare, sognare, fa vivere trasmettendo la sua dinamicità. Techno, musica che ha rivoluzionato anche i modi di ballare, oggi siamo tutti “elettronici” la tecnologia si impadronisce di noi ed i movimenti diventano sempre più robotici seguendo i ritmi frenetici della nuova rivoluzione musicale. Nonostante la sua diffusione la techno non ha il suo spazio di alto livello perché le stazioni radiofoniche non la trasmettono a maggioranza preferendo ancora la veterana musica house da dove deriva forse anche la techno. Al di là della punteggiatura… rispondi alle interrogative retoriche? Dunque le “giovine Italia” sono due o una? Ma poi che c’entra Mazzini?!? Esiste il punto e virgola. Mio Dio! Permettimi… “La tecnologia si impadronisce di noi”? E poi risparmiamoci i “gerundi da versione”. Neanche una virgola. Neanche un due punti. La musica house è un luogo? Perché usi dove? La musica è veterana nel senso che ha fatto la guerra di Corea? Se no in che senso? Liberopensiero (CONTINUA) dizionario. In secondo luogo il contenuto deve essere originale: è capitato più volte, e sicuramente capiterà in futuro, che siano state inoltrate catene o articoli copiati direttamente da internet o da Wikipedia... Chiaramente questo genere di scritti non viene pubblicato; ancor più chiaramente, di ogni articolo vengono controllate un paio di frasi online: di solito basta. Infine, è necessario che il contenuto sia comprensibile; è necessario, in altre parole, che l’articolo mi sia chiaro in ogni sua parte, dal punto di vista strettamente sintattico. Capita a volte che ci siano delle sviste, degli errori di battitura: una correzione più o meno automati- Techno La techno è un genere di musica appartenente alla Elettronic-dance-music. La techno si divide in molti sotto generi in base al ritmo, e ai suoni inseriti. È un genere ritmico spesso poco melodico ma accompagnato da suoni elettronici più tosto originali che non la rendono monotona. La techno la si può trovare ovunque, soprattutto nelle discoteche, dove il Dj improvvisa sul momento. Torino ospita due grandi Dj: Gabri Ponte e Gigi d’Agostino. Quest’ultimo è il più famoso Dj d’Italia inizia a lavorare sul finire degli anni 80 per poi stabilirsi alla discoteca “ultimo impero”. Nel 1998 compone The Riddle, un singolo che vende più di un milione di coppie all’estero. Il suo stile si definiva Mediterrean progressive, ma oggi come molto artisti esperti nel loro campo raggiungono uno stile proprio per la musica di Gigi d’Agostino è accompagnata da ramificazioni di ogni genere. Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 7 ca da parte mia è generalmente possibile. Altre volte ci sono dei punti in cui sembra che manchi una parola o che per errore una parte della frase sia stata tagliata via: generalmente mi consulto con l’autore e mi viene fornita una correzione. Capita a volte, invece, che tutto o parte di un articolo sia incomprensibile: non posso che chiedere di rivederlo ampiamente. Solitamente un articolo non pubblicato non soddisfa un paio di questi requisiti. Vi propongo ora un paio di articoli degli ultimi tempi, con le mie note a margine, affinché sia chiaro ciò che intendo coi requisiti di cui sopra. I miei venticinque lettori non me ne abbiano troppo. Le citazioni sono tratte dalle voci “Techno” e “Gigi d’Agostino” di Wikipedia. “La techno è un genere musicale appartenente alla Electronic Dance Music (EDM) ed a sua volta è diviso in innumerevoli sottogeneri” Pardon, “sotto generi” “più tosto”? Anacoluto per dire un’ovvietà, anzi due. Si può improvvisare non sul momento? “inizia a lavorare come dj alla fine degli anni '80 [...] per poi passare [...] alla discoteca ‘Ultimo Impero’“ Ci sarebbe da citare… Ma se sono un milione di coppie, allora sono due milioni? “Lo si definiva inizialmente Mediterranean progressive ma oggi si definisce ‘Gigi D'Agostino’ come uno stile a sè, pieno di ramificazioni ed esperimenti d'ogni genere.” 8 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero Tutti al cesso a v e d e r e Toy Story Simone Cattaneo Chi era presente a scuola il 1 IV 2008 avrà sicuramente notato, anche distrattamente, che il programma relativo agli stands dell'assemblea d'istituto si era magicamente sdoppiato: da una parte, in una forma del tutto "didattica", con tanto di righe e colonne fatte grazie ad un prezioso e rigoroso righello, colori soavi ma sobri per le scritte ed un verde rilassante che costituiva lo sfondo, riportava fedelmente tutti i temi di ogni stand con relativa locazione e relatore. Subito a fianco, ecco che spunta un foglio di medesime dimensioni, strutturato apparentemente nello stesso modo (se si esclude l'acceso e fresco colore arancio di sfondo) ma con molte differenze di contenuto: da Alberta (che vince sempre), al torneo di Scala 40 in aula professori, dall'albero di natale addobbato in due mosse, alle indimenticabili due ore dedicate al Sumo (storia, regole e anche qualche dimostrazione), serpeggia da subito nell'aria un senso di straniamento nei cuori degli studenti, ravvisabile dagli sguardi e, soprattutto, dai dubbi espressi a voce alta come "Ma come fanno a giocare a scala 40 in aula prof?" "Eh ma se c'è scritto cosi...", oppure "Io faccio Alberta, Tacheles e poi Sumo, deciso", o ancora "Bom, vado a Toy Story", senza accorgersi che il cartone sarebbe stato trasmesso nell'aula "CESSO" (anche se la scelta può essere ricondotta proprio a ciò). Altri invece, integerrimi, non ci cascano: "È chiaro che il verde è per il mattino e l'arancione per il pomeriggio", estendendo l'assemblea d'istituto a loro piacimento e mettendo in crisi tutti quelli che, oltre a crederci, sono costretti a spostare i loro impegni pomeridiani per non perdersi lo scontro me- morabile tra pandoro o panettone, tra cioccolato al latte o fondente oppure, e qui ci sarebbe stato sovraffollamento assicurato, il dibattito tra gay e omosessuali e/o homersessuali contro ettoresessuali. Sfide che si debbono necessariamente affrontare a pancia piena, cioè dopo pranzo, cioè al pomeriggio, quando a scuola girano le balle di fieno (al cui interno si trovano i prof di sorveglianza). Dopo circa mezzora di marasma causato dalla fuorviante doppia cartellonistica, si inizia anche a teorizzare su cosa si cela dietro ai magici titoli degli stand offerti dal foglio arancio, permettendo di dubitare non solo delle capacità dei singoli giobertini (che, fatti alla mano, incautamente vengono considerate "persone intelligenti"), ma anche del loro livello di cultura generale: ad esempio, si stampa più volte un buco nero sui volti di chi legge il nome Renzo Piano, altri, ancora meno perdonabili, rimangono attoniti nel leggere P.G.K., ma, tra questi, molti fanno furbescamente finta di aver capito e cercano persino di convincere i loro amichetti che si tratta della scelta giusta... Il successo del cartoncione mandarino spopola in tutta la scuola, molti corrono a chiamare la gente perchè convinti che leggerlo sia in realtà uno stand a sè stante, tanto cattura l'attenzione delle persone, neanche Zamburru con supporto fonico degli U2 avrebbe raccolto più consensi. È uno dei pochi casi in cui il pesce d'aprile non solo funziona alla grande, ma ci si sgaggia di esserne vittima: non poche le persone a fissare l'opera per minuti, con tanto di occhi lucidi e sorriso perenne (forse stavano pensando, invano, a come addobbare l'albero in due mosse, nessun sussulto invece per la relatrice Galla, in sintonia col Natale e con tutto ciò che luccica, grida, colora, canta, balla, recita e via agitando). L'unica a non essersi divertita, forse per paura che il gruppo sulla degustazione delle droghe schiacciasse gli altri, è stata la simpaticissima rappr. d'ist. di cui non (CONTINUA A FIANCO) Liberopensiero (CONTINUA) faccio il nome (Emma Prosdocimo 1C), alla quale non andava giù che il colore arancio sgargiante, di certo molto più strategico del verde islam (si dice cosi oh), avesse conquistato tutto il pubblico non pagante ma ridente, tanto da sottrarlo più volte (e chi la biasima: tutti lo vorrebbero come souvenir) dalla vista degli impazienti spettatori: fare uno scherzo il 1 Aprile non è solo moralmente inaccettabile, ma DEVE necessariamente essere seguito da punizioni severe agli artefici del misfatto, che, per non lasciare le loro tracce e per far vedere che Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 9 sono un gruppo compatto, utilizzano l'acronimo che mai prima d'ora aveva ricordato l'anarco-insurrezionalismo subdolo e meschino impregnato nelle scuole di brigatisti come la nostra, un nomignolo che ci ricorda gli attentati più crudi della storia dell'uomo...Gli ALONZI UNITI! Il pugno di ferro va usato da subito per moralizzare queste bestie: non possiamo permetterci un nuovo triste 1 Aprile macchiato da una burla... rista Batte i s a lità Cerc siona s e f o pr ne zero tivazio o m molta teria 9, e bat 3498 3 7 6 681 3 , 34 1856 6845 7 3 9 3 7 3 34 3, 15028 3463 10 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero Ne va dei nostri neuroni? Fosca Vercelli Devo davvero ringraziarti Stefano (Ugliano) per il tuo articolo uscito sull’ultimo giornalino scolastico. Come avrei fatto se no ad aprire gli occhi su questi gran cattivoni che agli angoli delle strade cercano di rifilarmi giornali che ledono la mia povera mente, incapace di reagire a cotanta distruzione di neuroni?? È forse una fortuna che il tuo articolo sia uscito sul Joe Berti e non su una testata con un raggio di distribuzione più ampio, o il numero di quelli che si sarebbero sentiti schifati e offesi dal tuo utilizzo come insulto di professioni come casalinghe o sciampiste sarebbe stato almeno 10 volte superiore. Ti credi forse più intelligente e dotato di persone che, magari nemmeno per loro volontà, eseguono questi lavori? Beh certo, tu sei uscito dal Gioberti… Sono sicura anche io che questi giornali gratuiti siano dannosi, eh si… potrebbero invadere il mondo! Potrebbero sommergerci e ridurci a Metro/Leggo/City-dipendenti! È una minaccia reale questa signori, non come quella aliena… qui ne va dei nostri neuroni! Noi adolescenti infatti non saremmo mai in grado di distinguere un articolo ben scritto da una pedestre copiatura di una notizia ANSA, no no… non siamo mica tutti come te, proprio un vero rivoluzionario! Ma io sì! Io al mattino entro a scuola con un mano quei penosi giornalacci, li leggo e attenzione, ho addirittura il coraggio di ridere sulle previsioni del giorno del mio oroscopo (proprio una cosa totalmente femminile caro il mio (CONTINUA A FIANCO) Liberopensiero (CONTINUA) misogino…) e fare anche il sudoku o il cruciverba… oddio… non sverrai mica eh?? Sono proprio un’imbecille, un pirla (esisterà il femminile?), anzi adesso vado ad aiutare quei contadini ed agricoltori che permettono alla tua santa bocca di ingurgitare i pomodori con il loro lavoro… e magari per strada mi butto anche sotto un 15 di passaggio… (cos’è… hai problemi anche con i tram di altri numeri?)… sono queste le tue maledizioni per chi osa commettere sacrilegi come il sudoku o il cruciverba no? Magari le estendiamo anche ai discendenti, che ne dici? In questo caso sei tu che mi fai pena, non quei poveri ragazzi sottopagati che cercano di guadagnare qualcosa passando le mattine sugli angoli delle strade a contatto con gente come te. Non ti piacciono quei giornali? Rispondi “No grazie” e vai avanti, senza staccare teste varie… Per quanto riguarda il link del video scabroso, ti Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 11 voglio solo fare una domanda: sono forse meglio le foto di un grave infortunio sportivo o di vari incidenti stradali stampate su OGNI giornale, dal più caro a quello gratis? È ormai tristemente noto che il trash e il dolore fanno notizia e attirano spettatori e lettori; ti saresti dovuto indignare per molte altre cose allora… Non sto difendendo questo tipo di giornali, anche se credo comunque che possano avvicinare il mondo giovanile a quello dei giornali. Pensi sia fantascienza il fatto che un ragazzo leggendo di un fatto (notizia ANSA o non ANSA, notizia è) voglia approfondirlo con altri mezzi quali giornali più quotati o internet? Concludo quindi dandoti ragione e ringraziandoti: ho davvero la materia cerebrale atrofizzata, non distinguo il bene dal male, sì insomma, non sono come te! (e questo sarà un insulto o no??) 12 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero Che c’entriamo noi con l’istruzione? Renato Leoni George Bernard Shaw disse “L'unico periodo in cui la mia educazione si è interrotta è stato quando andavo a scuola”. Io devo dire che nella scuola dove vado ora, che è una privata, l’educazione è addirittura più astratta di un quadro astrattista. Per educazione si intende cultura, avere una vaga idea delle materie, conoscere il congiuntivo, ma anche capire che cantare in coro “Jingle bells” durante un’ora di storia dell’arte (con tanto di docente che fa lezione) non è molto indicato. Ora vi chiederete “cosa ce lo dice a fare?”. Bene, lo faccio per informarvi del fatto che quelli che sono i miei attuali compagni di classe (perché l’anno scorso non andavo in una privata, ma al Gioberti) anche se non sanno distinguere un p. remoto da un futuro e quindi nella vita, con una cultura tale, non potrebbero concludere granché in un mondo che è molto selettivo, potranno benissimo occupare incarichi importanti (già appartenenti ai loro genitori) e comandare chi magari ha faticato più di loro sui libri (e magari gli ultimi citati siete proprio voi che state leggendo). Perché? Ma il motivo è che la meritocrazia in questo paese è un’utopia. Se ne parla molto, tutti sono d’accordo per metterla in pratica, ma poi quando si tratta di farlo tutti rimandano a data da definirsi. Non so come spiegarvi le prime impressioni che ho avuto venendo a contatto con i miei attuali compagni di scuola (non voglio citare la scuola per privacy, o meglio perché le querele sono una realtà dura). Io, che ero abituato ad anni di serie scuole statali, di colpo mi sono trovato in qualcosa paragonabile ad un carcere psichiatrico. I miei genitori erano sicuri che una scuola con così tanta fama (e così tanta retta mensile) potesse quanto meno istruirmi bene. Adesso passo le ore a cercare di deviare le palle di carta che piovono dall’alto mentre un docente ripete fra sé e sé la lezione, rassegnato, avvilito, triste. La situazione è questa: su 30 allievi 1 solo segue la lezione e non cede alle tentazioni di far casino. All’inizio la classe era di 22 allievi circa, ma ne sono arrivati mano a mano altri da altre scuole. Durante le ore di lezione gli sport più praticati sono: tennis con palle di carta, calcio con rotoli di scotch, prato fiorito sul cellulare e spettegolare del prossimo. Poi c’è anche l’optional di seguire la lezione. Volendo potrebbe essere una buona scuola perché i professori sono persone colte. Ma con una classe in costante subbuglio non possono fare molto altro che mettere note, rallentare inevitabilmente il programma, assegnare verifiche di rappresaglia e cercare di sospendere qualcuno non è facile perché si rischia di rendere una scuola privata seria quanto una statale (non sia mai!). Comunque ci hanno provato a fare sospensioni, qualcuno è stato anche espulso perché non se ne poteva proprio più, e c’è la leggenda metropolitana che una volta venne anche bocciato un allievo. Ma tanto anche quando un allievo viene sospeso, c’è subito pronta alle sue spalle la famiglia a proteggerlo e fargli credere che ha il pieno diritto di mandare a quel paese un insegnate. Ma no! Non l’ha neanche mandato a quel paese, è una menzogna inventata dal docente che è scemo perché sa il congiuntivo. Avete capito dove vado a scuola? I docenti mi adorano per la mia educazione e allo stesso tempo mi compatiscono perché, come mi hanno detto loro stessi, non sanno come faccio ad avere la forza per resistere con i mie compagni, che tra l’altro mi disprezzano per ragioni molto importanti (non ho capi firmati, un motorino truccato senza patentino, (CONTINUA A FIANCO) Liberopensiero (CONTINUA) casa a Sestriere e ad Alassio, presenza fissa settimanale al Lucignolo, e soprattutto perché ho un cervello in grado di mandarli a quel paese formulando frasi in italiano). Io mi sento davvero un laureando in psichiatria che fa il tirocinio in un manicomio che, mentre la corsia di malati fa baldoria, ripassa gli appunti per gli esami.Quella scuola, se non ci si sta attenti, può veramente fare male alla salute. Avevo un compagno di banco ad inizio anno, Gianmario, che veniva come me da una scuola statale. Io e lui ogni giorno contavamo quante ore di “assistenza per gli psicolabili” avevamo fatto. Era una bravissima persona. Ma non ne poteva più di dover sopportare gente infantile, saccente, ignorante, maleducata e talvolta violenta. Col passare del tempo diventava sempre più nervoso. Un giorno non ne poté più: esplose contro gli altri e se ne andò dalla scuola. Non è più tornato e non lo biasimo. Ma voglio farvi qualche esempio dell’ignoranza dei miei compagni: è gente che studia da due anni lingue straniere, tra di esse francese, ma non sa che nella lingua in questione la congiunzione è “et” ma si pronuncia “e”. Comunque è Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 13 gente che ama la perfezione: sono stati a studiare per 3 mesi come si fa una frase con la negazione “ne-pas”. Un giorno l’insegnante madrelingua d’inglese ha detto che era originaria del Kenya, ex colonia inglese: degli studenti sono rimasti sconvolti e sbalorditi hanno domandato “ma allora perché se lei è africana non è negra?” (notate la loro grande proprietà del linguaggio). L’insegnate di latino ha chiesto cosa vuol dire “lecturus sum”, uno studente ha risposto che forse era un pianeta vicino a Marte. Un’altra cosa che mi ha molto colpito per la differenza con il Gioberti è la totale ignoranza civico-politica o il grande disinteresse che gli studenti nutrono: sono dei qualunquisti militanti. Adesso, aspetto noiosamente la fine dell’anno scolastico e l’eventuale chiusura del mio manicomio, questa è una cosa che mi conforta. Non mi conforta tanto, però, il fatto che domani questi assurdi esseri potrebbero occupare i posti dei loro potenti genitori col preciso compito di dare il colpo di grazia al Belpaese, che poi non è tanto bello. Mah, magari avendo fortuna potrebbero venir stroncati il giorno in cui il ministero dell’istruzione approvasse la pena di morte. 14 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Liberopensiero In una vita di speranze Giulia Voghera La vita. Già, cos’è per noi? Attività degli esseri animali e vegetali dalla nascita alla morte; durata, esistenza. No grazie… La vita non è l’essere in grado di respirare, la vita è il fiato trattenuto prima di scoprire cosa nasconde uno dei tanti tornanti presenti sul cammino che abbiamo iniziato a percorrere la prima volta che abbiamo aperto gli occhi… Non lasciamo che diventi fragile e cupa! Quando ricorderemo a stento i tram affollati e le nuvole di fumo fra Compagno di scuola, compagno di niente... Francesca Voci La mattina, forse la parte più bella della giornata: ti svegli, ti prepari per andare a scuola. L’andare a scuola non deve essere visto per forza come qualcosa di negativo, anzi bisogna prendere gli aspetti più positivi ed andare avanti pensando solo a quelli. La bellezza di ritrovarsi davanti ai cancelli prima che suoni la campanella a fare due chiacchiere e fumarsi una sigaretta in mezzo a tutti quei ragazzi sia più grandi che più piccoli di te. Tutti li definiscono amici ma secondo me, tutte le persone incontrate a scuola, che si conosce per i corridoi o in cortile è da considerare solo un conoscente e non un amico. Gli amici sono persone libri stropicciati e risate, non rimaniamo a sbadigliare seduti su un divano vecchio e logoro davanti a un telecomando che non sapremo usare, con una rivista insignificante semiaperta su un comodino impolverato vicino a una scatola di pastiglie inutili! Ricordiamoci, vi dico, di questi momenti, in cui ci si butta a capofitto nella mischia correndo insieme verso un futuro incerto, non lasciamo scivolare via i ricordi, non facciamoli diventare un’abbronzatura sbiadita di fine Settembre! Manteniamoli vivi! Perché la nostra vita è come un sole nascosto dai rami contorti di un albero antico, è presente, ma non fa abbastanza luce, eppure disegna fantastiche ombre su un mondo nebbioso ma splendido. Noi balliamo come rosseggianti fiamme agli orizzonti del nostro cuore, tamburo di mille orchestre melodiose… A volte ci (CONTINUA A FIANCO) davvero importanti di cui quelli veri si contano sulla punta delle dita. Suono della campanella, i più piccoli che corrono nelle classi per paura della reazione del professore della prima ora nel caso arrivassero con un po’ di ritardo, i ragazzi degli ultimi anni ancora indecisi: taglio o non taglio oggi? Inizio delle lezioni, per la scuola praticamente nessuno, tutti sui banchi in un dormiveglia generale. Si risente il suono della campanella, che a tutte le ore è come una liberazione, per non parlare quando suona per segnalare l’inizio dell’intervallo: ore 10:05, in un secondo svanisce tutto il sonno e tutti sono belli arzilli per i 10 minuti di pausa concessici. In questi 10 minuti, che sembrano durare 10 secondi, quanti pettegolezzi, quante allegre chiacchierate, quante “sbolliture” per un brutto voto che secondo noi non ci meritavamo. Tutte queste situazioni, che raccontate ad un adulto fanno venire il sorriso sulle labbra perché ricollega tutto a quando lui andava a scuola e viveva, in modo diverso, le stesse circostanze, sono le cose positive che devono far venire la voglia di (CONTINUA A FIANCO) Liberopensiero (CONTINUA) capita di essere tristi, e arrabbiati, adirati con il mondo, e magari piangiamo, ci sfoghiamo in questo modo perché il nostro cuore galoppa senza redini portato da un vento insolente… è vero, ma ci siamo mai accorti di quanto sia dolce il sapore di un’ultima solitaria lacrima che viaggia ormai sconfitta sulle distese delle nostre guance salate? Ci siamo mai soffermati sulla bellezza dei colori che l’arcobaleno proietta nel cielo immenso dopo un furioso temporale? Impariamo a vivere di piccole cose… Viviamo in una corsa nel bosco, nella nebbia mattutina, viviamo in un fiore che sboccia e in un cielo di stelle luminose. E pensiamo sempre a chi vive di polvere e di pane secco, di chi lavora e lavora e lavora soltanto, ed è solo un bullone arrugginito che serve a far funzionare l’ingranaggio di una macchina crudele e spieta- (CONTINUA) andare a scuola e tenere duro per arrivare alla fine dei cinque anni a testa alta per dire: “ce l’ho fatta!”. Arrivano le 14:00, in branco giù per le scale di corsa per non perdere l’autobus, mentre tu sei ancora tranquillo in mezzo ai tuoi libri che devi ancora mettere nello zaino: questo “prendersela comoda” solo perché cerchi di allungare il più possibile l’ora di ritorno a casa. Certo che rimanere tutto il giorno chiusi in un appartamento sarebbe davvero triste: da soli, controllati 24 ore su 24 da due figure in certi momenti, per noi ragazzi, quasi estranee alla nostra vita, alla vita che in qualche modo ci scegliamo, di cui loro non fanno parte, di cui molto spesso loro non sanno nulla, la nostra vita fuori di casa, la vita che viviamo quando diciamo “mamma vado a farmi un giro in centro” oppure “mamma vado a prendermi un gelato” . È bello vedere il cambiamento, il più delle volte radicale, degli adolescenti, una volta varcato il portone di casa. Con i genitori siamo sempre tutti dolci e simpatici, intimiditi dal mondo esterno ma, una volta da soli, diventia- Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 15 ta manovrata da scheletri grigi e senza anima… Ci sono luoghi abbandonati dal sorriso di un bambino, ci sono luoghi in cui non si ha neanche più la forza di piangere, ci sono interi mondi dove occhi scuri e profondi esprimono muto dolore specchiandosi in un’acqua fangosa e dimenticata… Per questo non mi stancherò mai di ripetervi: viviamo di speranze, e di sogni, viviamo di ideali, e ricordiamoci che, se solo lo vogliamo con il cuore, tutto ci è possibile, perché siamo giovani e abbiamo il mondo nelle mani, spetta a noi cambiarlo, è come acqua e scivola, ma ce la possiamo fare, voliamo oltre i limiti dell’ignoranza e dell’odio, raggiungiamo verdeggianti terre di uguaglianza, e di pace, dimentichiamo l’uomo che, per la patria, uccide fra insanguinate nuvole di polvere su un terreno che ormai non sente più suo! Possiamo. mo sprezzanti del pericolo con una sigaretta in bocca e in alcuni casi una bottiglia di birra in mano. Questa fascia d’età è stata superata da tutti, gli ostacoli sono sempre gli stessi da generazione in generazione, però cambiando tutto quello che ci fa da scenario, inevitabilmente cambia anche il modo di affrontare questi ostacoli e secondo me più si va avanti e più vengono affrontati malamente, perché sempre più spesso tutte le “ragazzate” a volte molto, troppo pericolose vengono giustificate proprio perché considerate tali. Secondo il mio punto di vista se fin da subito non si inizia a far notare la differenza fra “giusto” e “sbagliato” sarà molto difficile capire il comportamento più opportuno da adottare a seconda delle diverse circostanze e sapersi controllare e darsi dei limiti. Questo non vuol dire togliere l’indipendenza e la possibilità di sbagliare per avere una crescita e una maturazione personale, ma dare un’inquadratura generale, come dice il proverbio: “uomo avvisato, mezzo salvato”. 16 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Incontri Don Ciotti al Gioberti Adriano Bollani “Parlare di don Luigi Ciotti significa parlare di quarant’anni di attività e impegno per tutto ciò che riguarda la persona in difficoltà, dagli anni sessanta ad oggi.” Questa la presentazione che fa il giornalista Maurizio Versaci, da anni amico del Gioberti, chiamato proprio qui a condurre l’incontro che ha visto la partecipazione di tutte le classi del quarto anno, di uno dei più importanti, senz’altro più impegnati personaggi della nostra società. Don Luigi Ciotti, sacerdote e giornalista dal 1988, ha scelto di mettere la sua attività e la sua esperienza a servizio della società, lottando contro la povertà e la corruzione, la delinquenza e il narcotraffico, e, soprattutto, le mafie. Dagli anni novanta si è dedicato a tempo pieno alla lotta contro le mafie, collaborando con lo Stato italiano e la Magistratura, dando vita a un’importantissima associazione di livello nazionale come Libera – di cui da quest’anno ospitiamo un presidio nella nostra scuola - , coinvolgendo e motivando molti giovani che oggi partecipano attivamente in tutta Italia al tentativo di sconfiggere il più grande flagello della nostra società. Costretto da anni a vivere sotto scorta armata – è stato accompagnato con un’auto blindata fin nel cortile della nostra scuola – non rifiuta mai di recarsi tra i giovani a raccontare le sue esperienze e, eventualmente, a trasmettere un po’ del suo impegno. Il suo intervento è un lungo racconto. Comincia raccogliendo provocazioni e suggestioni proprio dagli studenti, e poi inizia a raccontare. “Se noi andiamo a leggere un po’ di storia, la storia dei giochi criminali, scopriamo che il primo mafioso lo troviamo nel 1640, è un frate di Nola, che invece del breviario, per fare i suoi affari, scelse il coltello: aveva messo insieme dei picciotti, uomini in gran parte giovani che per fare i suoi affari facevano un po’ i gruppi di fuoco. Quindi c’è un pezzo di storia che parla di questo modo di essere mafia, anche se il termine mafia, quando Garibaldi arriva in Sicilia, non è ancora in uso; la prima volta che si parla di mafia è quando il prefetto di Palermo, nel 1865, scrive al ministro degli Interni di allora e dice: qui c’è un problema di mafia. Ora noi questo termine, che poi si è abbinato a Cosa Nostra di Sicilia, lo usiamo per parlare di tutte le mafie che interessano molto il nostro paese. Oggi la ‘ndrangheta calabrese ha in mano e gestisce tutto il mercato di cocaina del Nord Europa: è quella che ha fatto forse meno notizia, perché Cosa Nostra è quella più storica, abbiamo visto un sacco di film, ma è quella che ha attirato anche l’attenzione dei media con le grandi stragi. Le mafie hanno sempre ucciso in ultima analisi, perché vivono di compiacenze. (CONTINUA A FIANCO) Incontri (CONTINUA) Pensiamo alla Sacra Corona Unita, che è un’anomalia, perché è nata in carcere: si sono trovati in carcere, in Puglia, camorristi, uomini della ‘ndrangheta e delinquenti per reati comuni, e dopo anni di carcere insieme, è nata questa nuova organizzazione. La camorra, poi, ha una composizione variopinta, perché ognuno va per conto suo nella camorra. Ma l’obiettivo è uguale per tutti: fare affari, potere, denaro, e se per raggiungere quell’obiettivo ci sono ostacoli… Non dimenticate che le mafie hanno sempre ucciso solo in ultima analisi, perché le mafie vivono di compiacenze: le mafie riescono a realizzare tutto questo perché hanno delle strategie, hanno delle alleanze, con segmenti del mondo economico, con parti della società, con segmenti del mondo politico. La differenza tra mafia e crimine organizzato sta qui: che la mafia è un crimine organizzato che per raggiungere i suoi obiettivi fa queste alleanze, usa queste compiacenze, costruisce questi rapporti. Allora voi capite che il problema non è solo il contrasto ai grandi personaggi della mafia, ma anche al bacino in cui essa si alimenta: quella cultura mafiosa, quella mafiosità.”. Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 17 siamo molto cattolici, io sono cresciuta nell’Azione Cattolica -. Le ho risposto: - Anch’io, signora, ma abbiamo preso strade diverse-. – Noi preghiamo molto -. E mi ha colpito: lei si è presentata subito, la signora Bagarella, moglie di Riina, tra l’altro una maestra, una persona di un certo spessore culturale, come molto cattolica. – No mi scusi, signora, un solo particolare, mi permetto di dirglielo: la preghiera, non è l’elenco delle nostre parole a Dio, ma è tradurre la sua parola. La sua parola è una parola di pace, di non violenza, di speranza, di impegno, di giustizia-. E ti trovi davanti, e lì capisci la distorsione che c’è, come il mafioso tiene le radici: i simboli religiosi, i linguaggi religiosi, li trovi in tutte le mafie. Ma diventa un feticcio: tu troverai che, nelle grandi feste patronali, a gestire, i priori, sono i mafiosi, pagano per portare la Santa, ma è un feticcio, quello. Dio non vuole quello. Per il mafioso, però, fare il priore della festa è un modo di trovare una legittimazione sociale, fare vedere che lui è uno buono, che lui è con la Chiesa, che sta dalla parte di Dio. Ma Dio non sta dalla sua parte. Dio non può cogliere la violenza. Io l’ho spiegato un po’ alla signora, in un momento anche di sua fatica, ho rispettato non le sue idee ma la sua richiesta che mi faceva in quel momento rispetto a una situazione difficile. Allora io sono riuscito a cogliere in quei volti, quell’espressione, quel linguaggio, la struttura, il feticcio, l’inseguire queste forme di religiosità. Cito una frase dal diario di un magistrato, morto a trentasette anni perché faceva indagini serie, che è una mazzata per me: -Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili-. Non basta dire che il Signore è il Signore, capite? E io gliel’ho detto alla signora Cito dal diario di un PM: ‘Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili’. Ma non manca, nella sua analisi, il tema della religione. Il rapporto mafia-religione viene anch’esso trattato attraverso il racconto, in questo caso dell’incontro segreto avuto a nome dello Stato italiano e della Magistratura con la signora Riina, dopo l’arresto del marito, in occasione di una delicata trattativa che, se non fosse stata misteriosamente rivelata da alcuni giornali, avrebbe potuto portare ad una svolta nella guerra mafia-Stato. “Appena io la incontro lei mi dice: -Parrino, noi (CONTINUA NELLA PAGINA SUCCESSIVA) 18 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Mondo anche lui, che un giorno disse: -La lotta alla mafia è anche un movimento culturale, morale, etico e religioso-.” (CONTINUA DALLA PAGINA PRECEDENTE) Riina.”. Ma l’argomento centrale dell’intervento resta la storia della lotta alle mafie, nelle sue tappe fondamentali. “Solo nel 1982 esce la prima legge che parla di mafia in Italia. La firmano La Torre e Rognoni. La Torre, però, l’hanno ammazzato, e la legge esce quattro mesi dopo che è stato ucciso. Questa legge stabilisce per la prima volta cos’è la mafia, e parlo di quell’articolo, il quattrocentosedici-bis, che dice che ci sono dei reati di mafia. E per la prima volta parla anche della confisca dei beni, cosa che poi noi abbiamo ripreso dopo, fatta in un certo modo. Ma c’è un intervento stupendo di Paolo Borsellino, poi ucciso Liberi di scegliere per il Tibet Alberto Leone Se, da un punto di vista critico, le nazioni del mondo decidessero di non partecipare, sarebbe un gran gesto di umanità che scavalcherebbe qualsiasi interesse politico-economico, ma del resto non sarebbe del tutto corretto per quegli atleti che tanto si sono impegnati. Sto parlando, come avrete già capito, delle Olimpiadi di Pechino 2008, l’argomento più discusso e più controverso degli ultimi mesi. I giornali italiani e non solo prestano le loro pagine a notizie più o meno fondate sui prossimi giochi. Per chi non lo sapesse, questi contrasti nei confronti della Cina si sono accesi ulteriormente dopo la rivolta del Tibet contro il governo di Pechino, e dopo la pesante repressione che il più grande comunismo asiatico ha messo in atto negli ultimi mesi. Come può un paese, le cui imminenti Olimpiadi echeggiano beffarde lo E dopo quasi due ore di racconto, dopo aver narrato almeno dieci anni di lotta alle mafie, almeno un secolo di storia delle mafie, don Luigi Ciotti ci saluta così: “Io sono venuto qui a titolo di amicizia. Guardate, che si parli il meno possibile di don Ciotti! Vi sono grato. A me interessa parlare di problemi, di prendere coscienza di tutto quello che si fa insieme a tante realtà: io sono una piccola parte, che ha gestito in questi anni un piccolo ruolo di servizio per mettere insieme tante tante realtà.” slogan “One World, one Dream” (Un mondo, un sogno), ospitare le più grandi competizioni sportive sotto il motto della pace, della sana competizione, opprimere un popolo tanto numeroso qual è il Tibet? Questa domanda se la sono posti in molti, ma pochi hanno davvero provato a rispondere. Astenersi dal partecipare ai giochi olimpici di Pechino non è l’unica possibilità. Ci sono molti più modi per boicottare i giochi, modi indiretti ma comunque efficaci, che davvero intimidirebbero l’intera struttura cinese. Perché sfavorire a tal punto gli atleti da non farli gareggiare? Basterebbe non guardare le Olimpiadi per tutta la loro durata. Un metodo comunque drastico, una presa di posizione di consapevolezza nei confronti e nel rispetto dei monaci tibetani, perché no, di tutti i tibetani, che altro non vorrebbero che essere liberi, indipendenti, fuori da un governo così repressivo e oppressivo. Basterebbe far sapere alla Cina che l’opinione di due miliardi di persone che avranno accesso ad un televisore conta, conta per decidere le sorti di un popolo duramente colpito. Mondo CPT Giulia Trivero Spesso leggiamo sui muri “fuoco ai CPT”, ma sappiamo realmente di cosa si tratta? In questi mesi ho avuto il compito di svolgere una tesina sull’immigrazione in Italia, e per non cadere in argomenti sentiti e risentiti (che spesso possono scatenare dibattiti ideologici ben poco piacevoli…) ho scelto un aspetto dell’immigrazione che non conoscevo approfonditamente, anzi, devo ammettere con rammarico che le mie conoscenze si basavano su banali ed infondati luoghi comuni. La mia ricerca è iniziata con un’intervista al colonnello responsabile del CPTA (centri di permanenza temporanea “e accoglienza” è la corretta denominazione, ma come mi ha bonariamente spiegato il colonnello nel gergo quest’ultima parola è spesso omessa) di Torino, in Corso Brunelleschi. Partiamo da una breve descrizione dei luoghi comuni da me succitati, che ho riscontrato propri non soltanto in me, ma anche nelle persone che ho intervistato, tra ragazzi e professori, tutti Giobertini. Nonostante la disinformazione generale, molti si trovavano sicuri nell’affermare che la nascita dei Cpt sia stata l’equivalenza della costruzione di “simil-lager”, dove gli immigrati vengono picchiati e dormono stipati in container. Il fronte opposto arriva invece ad affermare che siano luoghi quasi idilliaci, per la loro funzione di tipo utilitario e, con mio rammarico, anche umanitario… Per trovare una soluzione al problema degli immigrati irregolari e clandestini sono nati i centri di permanenza temporanea (CPT), che sono strutture istituite dall’articolo 12 della legge Turco-Napolitano, (le cui regole sono state modificate e inasprite dalla Bossi-Fini) per tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immedia- Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 19 tamente eseguibile”. Ciò significa che gli stranieri che vengono trovati dalla polizia senza documenti, nel caso in cui non siano donne in gravidanza o minori, devono essere trattenuti all’interno del CPT più vicino per massimo sessanta giorni. In questo arco di tempo le autorità competenti si occupano di capire il luogo di provenienza del clandestino e di farlo tornare in patria. Nel caso in cui non si riesca a risalire al luogo natio dell’extracomunitario, quest’ultimo viene lasciato libero (la legge vieta infatti il trattenimento all’interno del centro per più di sessanta giorni…) con un documento che attesta che nel giro di cinque giorni deve trovare l’idoneo vettore per recarsi in patria. E questo, ovviamente, accade. Se vengono ripresi, per legge vi è una pena (che non viene scontata) di tre anni di galera. Vengono quindi tenuti altri sessanta giorni, e nuovamente rilasciati. Nel caso paradossale (ma purtroppo per niente sporadico) che vengano fermati una terza volta, la pena da scontare è invece di sei anni. Ci sono norme che per legge vanno rispettate all’interno dei centri: il diritto dei clandestini (o irregolari) di consumare pasti caldi, avere condizioni igieniche favorevoli. Inoltre mi è stato detto dal colonnello responsabile del “nostro” centro di permanenza temporanea che a breve sostituiranno i normali televisori all’interno dei Cpt con quelli al plasma “anche se già ci rompono questi…” . Ma ha anche aggiunto che ci sono persone che finiscono per terra a sniffare la polvere agli angoli delle stanze, e che tentano il suicidio cercando di strozzarsi con le loro magliette… Ho esitato a scrivere questo articolo, promettendomi di non esprimere giudizi, di essere più neutrale possibile. Quello che desideravo era essenzialmente far luce su un “problema”, poiché è un problema, che dir si voglia, attuale; lascio a voi il giudizio, con la speranza che questo articolo vi motivi a spingere i vostri orizzonti di conoscenza riguardo all’argomento più in là. (CONTINUA ANELLA PAGINA SUCCESSIVA) 20 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Mondo (CONTINUA DALLA PAGINA PRECEDENTE) Per mancanza di volontà lascio una sola riga per esprimere il mio disappunto, osservando che, almeno, abbiamo fatto un passo in più della Grecia, che per tenere lontani “i diversi” piazza dei cannoni pronti a sparare all’arrivo del primo gommone… si cuola s a riuniti che he si orres c V n a ? r re per u i lettu d a legge n o a e p ti c p settim tuden n gru Ti pia s u la e a s e d olt uis e? estito costit due v ssiem o RA g a U a e T n T r u I LE … sen alizza sca e e IO D r i t R u a O T d A ontrib LABOR iative varie ee, c id i iz d con in o bisogno m tti Abbia tiva. conta crea e à i it il n io il.it sib otma rmaz h o f @ in ly Per etta_e 93_b _ a t li e Mondo Il dramma Olimpico Tommaso Pirfo La fiaccola olimpica è ancora accesa, prosegue incessante il suo cammino nonostante le proteste e i numerosi tentavi di spegnerla. La fiaccola non è più quella di una volta, non porta gioia ed emozione, ma dimostranti e rivoltosi. La fiaccola non incanta più i luoghi che visita, li agita e li disturba. Da qualche mese migliaia di persone affollano le grandi città e chiedono di sospendere le Olimpiadi. Ciò che accade in Tibet è sotto gli occhi del Mondo e le più importanti nazioni si stanno ribellando ad un simile dramma. Pechino tuttavia non ha intenzione di cedere, i cinesi vogliono portare a termine la manifestazione sportiva più importante e vincere la loro scommessa, senza avere danni politici e di immagine. Non sembrano preoccupati della situazione, gestiscono i problemi, è il caso di dirlo, con calma “olimpica”. La sensazione è che la rivolta in Tibet non li riguardi troppo da vicino, in ogni caso andranno avanti e raggiungeranno il loro intento, forti della loro importanza economica e politica. Questa volta però qualcuno ha deciso di opporsi. Fatta eccezione per gli Stati Uniti, alcune tra le più importanti potenze hanno scelto di boicottare le Olimpiadi e mandare segnali di insofferenza al gigante cinese. Sicuramente molti torneranno sui propri passi, ma resta lo stesso Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 21 un’importante iniziativa: sappiamo tutti quale importanza abbia la Cina per l’economia europea. Una situazione quindi molto complicata, il popolo sta alzando la voce e, per una volta, anche i suoi rappresentanti gli danno ragione. Che ci siano le Olimpiadi di mezzo è puramente casuale, vi sarebbero state ugualmente proteste e manifestazioni anche con eventi di minore importanza, ma dare alla Cina il dispiacere di perderle certo alletta molto. Il Mondo Occidentale stavolta sembra davvero schierato, seppur con qualche preoccupazione, contro i Cinesi. E le pressioni cadono inevitabilmente sul Comitato Olimpico. Piovono richieste, c’è bisogno di fare chiarezza. La fiaccola deve continuare il suo percorso? Le Olimpiadi devono ancora essere disputate? Aumentano incessanti le proposte di boicottaggio, la crisi in Tibet peggiora, ma il Comitato ha deciso: la fiaccola andrà avanti. È la prima volta che un simbolo di pace viene disprezzato e odiato, per la prima volta al suo passaggio la gente fischia e protesta. Il tempo incalza, niente è come sarebbe dovuto essere, si prospettano disordini a livello mondiale. Il futuro delle Olimpiadi è più che mai incerto, e il mondo si chiede perché stia succedendo tutto ora. Forse dietro al dramma del Tibet c’è qualcosa di più grosso, qualche interesse non tanto celato: probabilmente il dio denaro ha colpito ancora, probabilmente gli affari ancora una volta si sono dimostrati più forti della dignità dell’uomo. Non potremo mai intuire a fondo la verità, ma abbiamo una sola certezza: la fiaccola, attraversando il mondo, si sta spegnendo, triste e sconsolata! 22 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Recensioni Martin Eden Tommaso Pirfo Quando Jack London scrisse Martin Eden, celebre romanzo di stampo americano, voleva certamente stupire il mondo, scuoterlo e dare segnali di ribellione. Il libro risultò essere una critica diretta alla società americana degli anni 90’, segnata da profonde differenze culturali e sociali. Ricchi e poveri, laureati e braccianti, filosofi e senza tetto. Jack London non risparmiò nessuno: le critiche erano rivolte all’intero sistema, ai borghesi troppo materiali e al popolo eccessivamente rassegnato ad una condizione di semi schiavitù. L’America di quegli anni era molto diversa da quella attuale: una terra che offriva grandi possibilità di ricchezze, attraeva genti disperate da tutto il mondo e si apprestava ad affacciarsi al grande scenario mondiale. Chi sapeva cogliere le occasioni faceva fortuna, chi invece si dimostrava poco intraprendente era inevitabilmente perduto. Abissali differenze culturali e sociali rendevano ancora più confusa la situazione. Vecchi bor- ghesi rivendicavano antichi privilegi tentando in ogni modo di non essere schiacciati da un popolo sempre più affamato, nascevano i primi veri pensatori americani. L’opportunismo e la possibilità di guadagno regnavano sovrani, gli uomini accantonavano i propri sentimenti e desideri pur di trovare nuove condizioni di vita. La società tesa nel massimo sforzo di diventare la più grande potenza al mondo non conosceva limiti e non arrestava la sua crescita. In questo scenario dominato da tante contraddizioni e difficoltà si fece spazio Jack London, intento a sbandierare al mondo quali conseguenze avesse un simile espansionismo. Il suo romanzo, definito “arrabbiato”, testimonia i contrasti dell’America e il suo personaggio, Martin Eden, è un uomo intenzionato a smascherarli. Il protagonista è il ritratto autobiografico di Jack London; Martin vive un’infanzia turbolenta e complicata, divorato dall’amore per una giovane ragazza borghese e convinto di poter cambiare il mondo con le sue idee e pensieri. Questo straordinario personaggio vivrà esperienze per lui indimenticabili e con la forza dell’umiltà raggiungerà traguardi straordinari. Un libro imprevedibile, vivace, piacevole e dal finale sorprendente. Buona lettura! Sport “Gioberti Bella lì” Giada Aloi “Gioberti bella lì!”. Così i bianchi sono scesi in campo. 21 febbraio 2008, Gioberti VS Peano. Classico-linguistico VS tecnico-informatico. Una partita di pallacanestro ben giocata da entrambe le squadre, svoltasi nella palestra della succursale del nostro istituto. Ho provato ad avvicinarmi ai nostri giocatori prima dell’inizio della partita, ma non è stato possibile. Erano piuttosto agitati (così ha confessato anche l’allenatore alla fine), si allenavano e non sbagliavano un tiro, provavano qualche azione, qualche difesa. Erano impegnati, caldi, fremevano. Qualcuno ancora non si conosceva, perché alcuni venivano dalla sede, hanno dovuto allenarsi e trovarsi in intesa con tutti gli altri. Non conoscevano ancora i loro avversari. Sono arrivati poco più tardi, in divisa blu, seri. Devo ammettere che sembravano più muscolosi dei nostri giocatori (senza offesa!). La partita è iniziata quasi subito. L’arbitro ha tirato la palla e il gioco si è fatto subito duro. Si avvertiva concentrazione da parte di tutti. Una rincorsa, un salto, una finta, un canestro, un cambio, un fischio, un punto. E via discorrendo. Alla fine del primo tempo il risultato era di 44 a 34 per il Gioberti. Sembrava una partita persa ancor prima di iniziare, vedendo i soggetti. Eppure, colpo di scena, si è andati avanti così. Intanto da dietro soprattutto nel secondo tempo, si sentivano le urla e il tifo delle ragazze compagne, amiche o sorelle dei giocatori. Ma Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 23 loro niente, sembravano non farci neanche caso. Continuavano a correre determinati, senza farsi spaventare né distrarre. Hanno dimostrato una concentrazione e un’intesa degna di una vera squadra. Tutto ciò ha determinato le sorti della partita. Ultimo fischio. Risultato finale: 75 a 57 per i nostri. Felici, soddisfatti, sorridenti hanno finalmente potuto tirare un sospiro di sollievo. Quasi saltellando sono andati a cambiarsi. Poi qualcuno è tornato in palestra, compreso il capitano. Chiacchierando abbiamo chiesto di commentare il tutto. È stata una bella partita, giocata correttamente da parte di entrambe le squadre; per quanto riguarda la nostra, si sentivano affiatati, uniti, in armonia. Anche il capitano è soddisfatto (nonostante abbia confessato che potevano fare di meglio). Sotto la sua guida sono comunque riusciti a vincere. A parte gli scherzi, giocatori lo considerano una figura di riferimento, un tipo simpatico e spigliato. Abbiamo chiesto anche ad alcune spettatrici di commentare la competizione. È piaciuta tantissimo (soprattutto perché ha vinto il Gioberti!); secondo loro hanno giocato tutti bene, ma i migliori erano in quattro o cinque. I momenti più emozionanti sono stati i primi punti. Comunque hanno ritenuto bravi tutti i giocatori e si sono divertite moltissimo. Che dire per concludere? Complimenti a tutti e… Gioberti bella lì! 24 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Sport Il Calcio Giulia Ferrero Ed eccoci di nuovo tutti qui riuniti per parlare di un argomento molto importante, che ormai coinvolge tutto il mondo, TUTTO: il grande calcio. Ovviamente, grande si fa per dire, giusto un epiteto per aumentare l'enfasi. Il calcio: uno sport che vanta una tradizione antichissima e primordiale, una fantastica storia. Perché ormai il calcio è storia. Un sport nobile e di alto rango, famoso e importante dappertutto. Fondamentalmente, il calcio è inutile. Undici persone che corrono dietro un pallone (anche brutto, direi) e tirano calci a destra e a manca, alzano le scarpe e sulla suola mostrano affilati tacchetti pronti ad uccidere chiunque. Che bello! Il calcio è uno sport pulito, dalle nobilissime e antichissime origini: volano insulti e parolacce per 90 minuti. Non vorrei mettere il dito nella piaga, da brava italiana dovrei stare zitta e buona, ma come possiamo vantarci di aver vinto i mondiali quando ognuno di noi dentro di sé sa perfettamente che praticamente abbiamo rubato? (Eresia). Se non fosse stato per quel demente di Materazzi noi saremmo secondi. Chissà cosa avrà detto a Zidane. Non oso immaginare. E il genio (Materazzi, ovviamente) è fiero di aver detto ciò, tanto che si vanta di esser finito in 'nomination' in quell'orribile classifica degli insulti migliori. Quindi proporrei un bell'applauso per Materazzi: tu sì che tieni alto l'onore della nostra nazione. Bisogna ammettere che tutti quei soldi che ogni giocatore guadagna sono pienamente meritati; eh sì, certo, perché fanno un lavoro a dir poco durissimo. Ma dove? Come? Corrono? Sudano? Oooh, mi dispiace, poverini. Effettivamente si stancano. NO COMMENT. Ormai la nostra società è coperta da questo inutile e frivolo divertimento. Non c'è più nulla da fare: calciopoli, calcio-mercato, schedine (CONTINUA A FIANCO) Sport (CONTINUA) varie, etc. In particolare, sono stati colpiti gli uomini. Se messi davanti ad una televisione con una partita e qualche pop-corn, non daranno alcun fastidio, assicurato. Garantisco io, e se il televisore è al plasma, ben venga. Diventano automaticamente delle larve in stato "zombie": persi. Probabilmente è una buona cosa. "Che squadra tifi?" "Mah,veramente non mi interesso di calcio" "Nuooo. Davvero? Dio, mio ma dove vivi?" Ed è così che nel giro di pochi secondi diventi uno scarto della società. Emarginato ed escluso: un perfetto alieno sul pianeta Terra. E per cosa? Perché non sai chi è quel cretino di Torres o sei all'oscuro del due goal di ieri a Sansiro di Luca Toni. "Guardalo, quello ieri non ha visto Juve-Milan". Sei out ormai, fratello. La scusa del disinteresse non finge più. Poco fa avevo la casa piena di gente. Il mio salotto si era trasformato nella stadio Delle Alpi: striscioni bianconeri, cappelli ridicoli e trombette. P A N I C O. Casa mia non era più Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 25 una casa, era il ritrovo degli ultras under 15 e over 40 che si ritrovavano a far casino. Esatto, proprio mentre io dovevo studiare. "Mamma che succede qui?" "Juve-Genoa tesoro. Non ti preoccupare, torna a studiare". Certo, come se fosse facile. Fischio d'inizio: da lì, urla e schiamazzi presero il sopravvento. Fino al goal del fantasmagorico Del Piero, che salva la partita. Fiu, meno male. Cioè, ma chissenefrega! La partita finisce con il seguente risultato: 1 Juve - Genoa 0. Dio sia lodato: Pace in terra e negli altissimi cieli. Del Piero santo subito e bla,bla,bla... ci risparmiamo una serie di rotture di scatole in famiglia "la Juve ha perso,gnè gnè". Ora so che Dio esiste. G R A Z I E. Olè olè, la Juve ha vinto, olè. La gioia si respira nell'aria, a casa mia. Finalmente l'ammasso di buzzurri bianconeri torna a casa, silenzio e pace tornano. Grazie al cielo. Nel nome di Alex, Ranieri, e di Lapo Santo. Amen. 26 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Ultimopensiero Flusso di coscienza: la persistenza della memoria Jun Rail Sì signora, il mio nome è Yasmin; nella tua lingua significa “gelsomino”. Sì, gelsomino. G-e-l-s -o-m-i-n-o: possono queste nove lettere così sgraziate trasmettere il profumo ed il candore di un fiore tanto bello nella sua delicatezza? Domanda retorica. Evanescente come il pensiero che si perde fra deserti di ceci e montagne d’ananas. “Due chili di patate”. Certo, signora che mi osservi sprezzante dal momento che la mia carnagione è più scura della tua (nonostante il vano tentativo di ravvivare il tuo smorto pallore con lampade, fard e simili amenità). Puoi lontanamente immaginare quale sia la mia storia, quale cielo abbiano scorto questi occhi che ti disgustano al punto da non poterli guardare? Ancora una volta lascio cadere il ragionamento e mi arrendo di fronte all’asprezza di una disparità non giustificata. Torino sarà pure multietnica, centro nevralgico di mille culture diverse, ma la varietà prevede anche un discreto numero di persone che usano il cervello solo per metà. Forse temono di sciuparlo, dice Iusef; ha ragione, ma mi dà fastidio il loro senso di superiorità (sorto da cosa poi?) e il loro atteggiamento disdegnoso. Eh già, si è esseri umani da Reggio Emilia in su, poi quello che rimane è un’indefinita mistura di esseri spregevoli, siano terroni o- massimo disonore! – maghrebini. La civiltà infatti non è nata in Mesopotamia, nossi- gnore, spuntò un bel dì a Torino (sempre terra tra due fiumi, neh). “Basta Yasmin, non rispondere all’ignoranza con l’odio.” Hai ragione papà,scusa... Ma è difficile, davvero difficile riuscire a sopportare tutto questo fiele, che il mio saggio genitore cerca di addolcire con il suo sorriso: “Quando sono arrivato a Torino dieci anni fa la popolazione straniera era un quarto di quella attuale. Era strano per i Torinesi vedere individui dai lineamenti orientali e africani, e pertanto li trattavano con la medesima asprezza che avevano riservato agli operai meridionali. Ti ricordi le loro espressioni quando cominciammo a lavorare al mercato?” E come potrei dimenticare quei visi curiosi e spaventati, quelle parole masticate fra i denti “Ora ci rubano anche il lavoro”. “‘Tralasci un particolare importante, raggio di sole”. Già, Francesca. Non posso astenermi dal sorridere quando penso a quella signora di cinquant’anni dai capelli rossi e la pelle chiara, tanto bianca da sembrare trasparente... Fu la nostra prima cliente. “Proprio lei. Dopo una settimana trascorsa senza vendere nemmeno una foglia di basilico mi sentivo terribilmente scoraggiato: mi ero trasferito con la mia famiglia per scampare alla miseria e mi ero imbattuto in nuova povertà! Stavo togliendo la merce dal banco, rimanevano solo una pesca e due zucchine quando arrivò, volando fra la folla. Aveva le mani piene di sacchetti della spesa - era ovvio che non le occorreva nulla - ma restò per un quarto d’ora ferma davanti al bancone. Quando le chiesi se aveva bisogno di aiuto mi rispose: ‘Vede quella pesca lì? Non ho mai visto un frutto tanto solo, è assolutamente necessario che allievi il suo dolore!’” Le sue parole seriamente ironiche impressionarono talmente la mia mente di bambina che le conservo gelosamente nell’abbraccio della memoria. Da quel momento non passò giorno senza che Francesca venisse a comprare qualcosa da noi, fosse anche solo un ramoscello di rosmarino (“È il migliore (CONTINUA A FIANCO) Ultimopensiero (CONTINUA) del mercato: profuma di serenità!”) e lentamente altri seguirono il suo esempio. “E con tanto lavoro ed infinita pazienza siamo giunti ad una buona posizione: tu e tuo fratello frequentate il liceo, siete studenti brillanti e saprete cogliere il meglio dei vostri due Paesi’~. Due paesi..? Io mi sento solo italiana papà,viviamo qui da quando avevo sette anni,non rammento nulla della Siria! “La tua anima però non riesce a dimenticare i colori della sua primavera, te lo leggo negli occhi.” Mio padre ama improvvisare metafore per impressionare il suo uditorio che, anche se avvezzo a simili uscite, non riesce ad evitare nuova meraviglia. Non posso negare di serbare il ricordo di tutti gli ibiscus che avevamo in giardino, che osservavo fiorire con un’attenzione quasi maniacale... Basta, il passato è passato, adesso guardiamo al futuro! “Attenta a non trascurare il presente!” aggiunge con tono divertito .Scuoto la testa, disperata. “Hai lo stesso sguardo di tua madre quando ti affliggi.” Chissà se anche bagnati dalle lacrime i miei occhi brilleranno della stessa luce che Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 27 emanava la mamma... È morta nove anni fa, un anno dopo il nostro arrivo in Italia; una diagnosi errata, un piccolo errore del medico che aveva confuso un peritonite con una banale colite. Succede. Però fa male: meglio evitare di addentrarsi in emozioni così dolorose. Esco, papà, vado a fare due passi... “Da sola?” Sì,ho bisogno di riflettere. “Va bene.” Eh, questi orientali retrogradi che negano ogni libertà alle donne! Cammino vicino alle rive della Dora; Francesca mi ha raccontato che una volta il fiume separava la zona in cui abitavano i torinesi DOC da quella in cui vivevano gli operai venuti dal sud. Ironia della sorte, adesso i calabresi desiderano epurare le loro città dagli extracomunitari... Un’ombra che avanza nella nebbia mi sottrae ai pensieri che scorrono più veloci della corrente. E tu, che procedi con meravigliosa noncuranza verso di me, chi sei, qual è la tua storia? (e soprattutto: cosa vuole il tuo cane dalle mie scarpe?) ...Fine. O meglio, attesa di un nuovo inizio. 28 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Ultimopensiero La Mezzana del Gioberti La tanto celebrata -e vituperata -posta del cuore de Joe Berti. X Alberto 1A Sn 1 tua ammiratrice… Dal 1° giorno che ti ho viusto mi 6 subito piaciuto ma non ho il coraggio di presentarmi… ti seguo sempre con lo sguardo e spero che tu possa capire chi sono... X Emanuele 3C Sn 1 tua ammiratrice segreta… Sn rimasta affascinata da te dal 1° giorno di scuola… Mi piacerebbe tanto parlarti ma purtroppo non ho il coraggio di presentarmi mi basta che tu legga qst lettera e mi risponda nel prossimo numero... Ad Alessia 1G Sei la mia stellina cicciottina! Ogni mattina vengo a scuola solo per vedere te…. Con il tuo sorriso illumini il mio cuore! Stabiliamo un luogo dove incontrarci... Il tuo più grande sognatore Al mio Romeo non credevo di poter, un giorno, provare qualcosa per te. Finalmente sono riuscita a leggere quella pagina del mio cuore che fino ad adesso è rimasta nascosta: “Mi piaci tantissimo” Ultimopensiero A tua immagine e somiglianza Giulia Trivero Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 29 GRAZIE A chi ha partecipato perché il miracolo neanche il sangue di San Gennaro è così puntuale! - si compisse un’altra volta. Ai A tua immagine e somiglianza, Ci hai creati. Non credevo che un dio avesse tante cicatrici Non credevo che un dio coltivasse tumori d’odio Tanto estesi da essere sporco grigiore Tanto sporchi da coprire il mai esistito colore A tua immagine e somiglianza Ci hai creati E mai avrei pensato che un dio potesse Recidere ciò che lui stesso ha creato E mai avrei creduto che un dio Lasciasse putrefare il cadavere Del vicino, Pugnalato alle spalle con un mero sorriso Che dietro a un dio nasconde la realtà Di un’umanità che mai è esistita Perché A tua immagine e somiglianza Ci hai creati E noi dal tuo vaso di pandora Abbiamo tirato fuori la bellezza Per far fede allo sporco gioco che Hai creato per noi A tua immagine e somiglianza soliti volti noti, che in fondo rendono sempre possibile questo: la professoressa Genta, la signora Raffaella De Chirico, le alte sfere. Agli ignoti, infine, che tramite la scatola ci hanno fatto sapere le loro opinioni, al solito lusinghiere (sic). LA REDAZIONE COLLABORATE CON NOI Compilate questo tagliando, staccatelo e deponetelo nella scatola posta nell’atrio. Grazie! Esprimi con un voto compreso tra 0 e 10 il tuo giudizio sul “Joe Berti”…………. Quali articoli trovi più interessanti? ………………………………………… ………………………………………… Quali argomenti, non trattati da questo numero, vorresti vedere sul “Joe Berti”? ……………………………………………… ……………………………………………… Per suggerimenti, proposte, critiche al Joe Berti, è a disposizione un’apposita scatola nell’atrio. Scriveteci, vi risponderemo! Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 30 Noi Le soluzioni dei giochi matematici dello scorso numero 1 I melisti e i peristi sono rispettivamente 5 e 7. 2 I mentecatti erano 15. Se ce ne fosse stato uno solo, questi l’avrebbe saputo non appena fatto il discorso, e quindi il giorno seguente si sarebbe presentato. Se ce ne fossero stati due, entrambi si sarebbero aspettati che l’altro si presentasse il girono dopo; non avendolo visto avrebbero capito di esserlo anche loro. Procedendo in questo modo, si dimostra per induzione che se i mentecatti sono n, si presenteranno tutti il giorno n. Editoriale a cura di Adriano Bollani Impaginazione a cura di Francesco Delù Giochi matematici a cura di Daniele Cretier Vignette a cura di Matteo Allasia e Delia San Martino Docente referente: Maria Luisa Genta 00 9, -1 9, 00 Potete inviare i vostri articoli o le vostre produzioni esempio artistiche, ad vignette, all’email del Joe Berti, oppure metterli nella scatola che c’è nell’atrio in sede e succursale o consegnarli direttamente ai redattori. Noi LA Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 31 REDAZIONE Coordinatori della Redazione Francesco Delù III C sede [email protected] Adriano Bollani II C sede [email protected] Redattori Emma Prosdocimo IC sede Dario Barbaro IC sede Delia San Martino VA sede Eliana Vitolo VA sede Giulia Trivero VD succursale Giada Aloi IV beta succursale Alberto Leone IE sede Lucrezia Mele IH sede e b . jo e .it o o h a y rti@ 32 Joe Berti Anno 3 n. 4 Aprile 2008 Il Kakuro Paragonabile alle parole crociate, questo gioco richiede che ogni casella venga riempita con un numero da 1 a 9 al fine di rispettare tutte le somme, banalmente. 1 Ad un Referendum hanno partecipato 10.000 elettori, i quali hanno dovuto pronunciarsi sulla legge elettorale in vigore nella repubblica dei matematti, un sistema ispano-francotedesco-bulgaro. Tutti hanno regolarmente votato o “Sì” o “No”. All’uscita dai seggi un’agenzia di sondaggi ha chiesto a tutti gli elettori di ripetere il proprio voto, in modo da preparare gli exit polls. Tuttavia, come regolarmente accade, il 90% di quelli che hanno votato “S`ı” ha dichiarato di aver votato “No”, ed il 90% di quelli che hanno votato “No” ha dichiarato di aver votato “S`ı”. Sapendo che 3600 elettori hanno dichiarato di aver votato “S`ı”, quanti effettivamente hanno votato “sì”? 2 Nella repubblica dei matematti si è eletta una commissione bicamerale per riformare la legge elettorale: di essa fanno parte 500 onorevoli. Nella prima riunione della commissione ognuno dei membri fa le seguenti affermazioni, progressivamente. 1 “Non ci sono sinceri tra noi” 2 “C’è al massimo un sincero tra noi” ... 499 “Ci sono al massimo 498 sinceri tra noi” 500 “Ci sono al massimo, tra noi, 499 persone sincere” Quanti sono gli onorevoli di nome e di fatto? Stampato presso la Copisteria di Devalle Thea Samantha I giochi Matematici
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