La riscoperta del Monte Sinai
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La riscoperta del Monte Sinai
La riscoperta del Monte Sinai n 30/2 - 2010 Ritrovamenti archeologici alla luce del racconto dell'Esodo Anno 6 - N°2 giugno 2010 Pubbl. cartacea e su supporti magnetici in tempo reale, edita dall’Associazione “Luci nel mondo onlus”- via Duomo 18/A 37121 Verona - Poste italiane s.p.a.- Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 com 2 DBC Verona N. 30/2-2010 Luci nel Mondo Direttore Giuseppe Pizzoli Responsabile Paolo Annechini In redazione Andrea Sperotti Ha nno collaborato Martino Signoretto Francesca Mauli Sede via Duomo 18/A 37121 Verona Tel. e fax 045/8903846 [email protected] www.lucinelmondo.it Stampa Novastampa di Verona srl Autorizzazione del Tribunale di Verona n° 1525 del 11/01/2003 Caro Amico... [email protected] Per il secondo numero di questo 2010 abbiamo scelto di uscire un po’ dalla consuetudine. Ci siamo imbattuti in una voce indirizzata ad ambiti diversi da quelli che siamo soliti frequentare, che sono quelli degli “ultimi”. Una voce che da trent’anni si rivolge all’ambito accademico senza trovare ascolto. È la voce di un archeologo, il prof. Emmanuel Anati, che da più di cinquant’anni studia il deserto del Neghev, in Israele, e che è convinto di aver individuato il luogo dove il Signore incontrò il suo Popolo e gli diede le tavole della legge: il Monte Sinai. Non siamo archeologi, non siamo biblisti, né professori, mai e poi mai ci sogneremmo di avvallare una tesi piuttosto che un’altra, non ne abbiamo i mezzi né l’aspirazione. Ma far conoscere sì, questo ci sentiamo di poterlo fare, rientra nelle nostre prerogative anche se questa volta, ripeto, la missione è diversa da quella che normalmente cerca di interessarti con i nostri DVD. Lo facciamo forti dell’accompagnamento di don Martino Signoretto, docente di teologia biblica presso lo Studio Teologico “San Zeno” e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Verona. Guidati da don Martino, ti proponiamo un percorso di conoscenza e di approfondimento che riteniamo meriti di essere fatto. Il pellegrinaggio ha un valore che supera i riscontri archeologici, è un’esperienza di Fede che ricava il suo significato dai luoghi biblici e non da quelli geografici. In definitiva, se ripercorrere i passi della Bibbia immersi in determinate atmosfere può dare un impulso straordinariamente forte alla nostra spiritualità, poco invece può darci l’esatto riferimento geografico di un determinato evento biblico. Ma tutto ciò non significa che la ricerca non abbia valore, che l’apertura di nuovi scenari archeologici non possa regalarci ulteriori (non alternativi!) spunti di riflessione, che la storiografia biblica non meriti di essere indagata nell’ambito che le appartiene. A prescindere dall’esattezza o meno dell’impianto generale della teoria di Anati, le sue scoperte sono interessanti; inoltre le teorie tradizionali sull’ubicazione del Monte Sinai incontrano ostacoli che la comunità scientifica riconosce come difficili da superare. Ecco perché abbiamo scelto di dare voce al prof. Anati, perché la sua voce è stata per anni inascoltata, e non respinta, cosa che potrebbe e dovrebbe legittimamente risultare in seguito ad un dibattito. Questo è l’obbiettivo, aiutare il dibattito che il prof. Anati auspica. Convinto del proprio operato, egli cerca obiezioni che aiutino il confronto e l’approfondimento a suo e nostro beneficio. Don Giuseppe Pizzoli e editoriale editoriale Don Giuseppe Pizzoli, presidente di Luci nel Mondo onlus v 4 video La cima del Sinai Pellegrini sul Monte Sinai La riscoperta del Monte Sinai Un monte sacro da decine di millenni Quando una montagna diventa sacra Almeno dagli inizi del IV secolo d.C., prima monaci e poi pellegrini frequentano una montagna considerandola sacra: il Monte Sinai, quello di Mosè, di Esodo 19-20, situato nell’entroterra sud della penisola che porta il medesimo nome, Sinai, in Egitto. Essa è chiamata con altri due nomi: la montagna di Dio o monte Oreb. Oggi è chiamata anche Gebel Musa, che significa “la montagna di Mosè”. La testimonianza più antica di questo luogo sacro ci è data dalle tracce dello sviluppo di un monachesimo molto fecondo: non mancano infatti grotte eremitiche a partire dal III secolo. Tale impulso si sviluppò fino alla costruzione del monastero di Santa Caterina, voluto dall’imperatore Giustiniano nel 527. L’opera La scala del paradiso, del monaco sinaita Giovanni Climaco, venne probabilmente ispirata dal “sentiero dei gradini” che dal monastero porta fino alla cappella di Elia, da cui inizia il sentiero che giunge sulla cima del monte. Difficile datare questo percorso a gradinate. È certo, invece, che esso tocca zone interessanti, segnate dalla presenza di celle anacoretiche di età giustinianea (cfr. Giovanni Climaco, La scala del paradiso. Introduzione, traduzione e note di Rosa Maria Parrinello, Ed. Paoline, Milano 2007). Forse più importante ai fini di una conoscenza storica della località è la testimonianza di una pellegrina, Egeria, che nella seconda metà del IV secolo intraprese un lungo pellegrinaggio diretto a Gerusalemme, di cui scrisse una meticolosa testimonianza sul suo diario, opera conosciuta con il nome di Itinerarium Egeriae (cfr. Egeria, Pellegrinaggio in Terra Santa a cura di Nicoletta Natalucci, Biblioteca Patristica, EDB, Bologna1999). E prima del III secolo? A quanto pare non abbiamo testimonianze di sacralità precedenti all’arrivo del monachesimo anacoretico egiziano della fine del III secolo (per un approfondimento molto più accurato cfr. I. Finkelstein, «Byzantine Monastic Remanis in the Soutern Sinai», in Dumbarton Oaks Papers 39, 1985, pp. 39-79). Cosa significa questo dato? Che il monte è considerato sacro dal periodo in cui sono arrivati i monaci, per quello che sappiamo. Difficilmente lo possiamo considerare tale in un’epoca anteriore, con le attuali conoscenze. Tutt’oggi flotte di pellegrini si recano in questo luogo dell’entroterra sinaitico, alloggiano non lontano dall’antico e suggestivo monastero, per poi partire il mattino molto presto proprio da lì e salire sulla montagna, fino a 2285 metri di altezza. Per i primi che si sono avventurati nella ricerca di questo monte, così importante per il testo biblico, ma v video così ben nascosto nella sua precisa ubicazione, questa altezza poteva costituire un buon segno. Con il rigore odierno sappiamo che a circa cinque chilometri verso sud-ovest si trova un monte più alto, ben 2637 metri, chiamato Monte Caterina. Una cosa è certa: il monte è importante e sacro se non altro per la storia che ne è conseguita a partire dal III/IV secolo d.C. Tale storia ci viene segnalata dalla presenza di grotte eremitiche, dallo sviluppo del monachesimo e dal fluire ormai millenario di una moltitudine di pellegrini con l’intento di ricordare la montagna di Mosè, ovvero il luogo dell’alleanza tra Dio e il popolo di Israele attraverso la consegna della tavole della legge - i dieci comandamenti. Ciò non può che regalarci una storia di grande religiosità e sacralità, di cammini di conversione, di incontro con Dio attraverso quel luogo. È insomma l’incontro con la montagna sacra di Mosè ed è il suo significato, al di là della sua precisa ubicazione, che si ricorda e che importa ai fini di un percorso religioso. Che sia vero o meno dal punto di vista storico, il fatto che da più di mille anni l’intenzione religiosa spinga genti da tutto il mondo a recarvisi per pregare, lo rende un luogo santo. La presenza del monastero e quindi di una comunità orante ne sono la testimonianza più eloquente. La scoperta di una montagna sacra Detto questo, è importante dare voce ad un altro luogo significativo. Ma questo ci chiede un cambio di prospettiva che parte dalla seguente domanda: esiste una montagna con segni di sacralità precedenti all’era cristiana? Si intende nell’area sinaitica e in quella vasta zona che costituisce tutto il deserto del Negev, ovvero i territori importanti per la storia dell’Esodo secondo la recensione biblica. Quando il professor Emmanuel Anati (di origine ebraica, nato a Firenze nel 1930) iniziò le sue ricerche presso una zona recondita del deserto del Negev, nel sud dell’attuale Israele, al confine con l’Egitto, nell’area di Har Karkom, certo non immaginava il significato biblico che da lì a quattro anni avrebbe cominciato ad assumere quel sito. La presenza di incisioni rupestri, di luoghi di culto del periodo del Bronzo, alcuni dei quali databili addirittura al periodo Paleolitico, era la materia del suo interesse, ma questo non lo aveva mai fatto sospettare minimamente di un possibile legame con alcuni passi della Bibbia. La scoperta risale al 1954, ma le indagini archeologiche iniziarono negli anni ’80. Su un’area di 200 km2 si sono svolte campagne che fino ad oggi hanno messo in luce più di 1300 siti (cfr. E. Anati - F. Mailland, Map of Har Karkom - 229. Archeological Survey of Israel, CISPE, 5 Monaci sul Monte Sinai Il prof. Emmanuel Anati ad Har Karkom v 6 video Le dodici stele ai piedi di Har Karkom Il tempio madianita; sullo sfondo, la cima più alta di Har Karkom La nicchia sulla cima di Har Karkom Cemmo di Capodimonte 2009. Da anni si aspettava un’edizione dai caratteri più scientifici su una zona così studiata. Le monografie del professore, infatti, non offrivano molto di più di qualche dato archeologico per la verificabilità delle sue conclusioni). Dopo quattro anni circa di ricerche sulla montagna sacra, un pomeriggio il professore si accorse di una struttura particolare: dodici pietre innalzate su due file da sei, di fronte ad un altare per sacrifici ai piedi del monte. Davanti a questo luogo compì un gesto a lui non così usuale: prese in mano la Bibbia e cercò un passo biblico che gli ricordava qualcosa di simile. Lo trovò in Es 24,1-4: Il Signore disse a Mosè: «Sali verso il Signore, tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano, poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui». Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Subito non mancò una critica serrata rispetto a questa forma di «concordismo» o di «coincidenza» tra luogo e testo, ma da lì a pochi giorni gli indizi archeologici che presentavano queste concordanze con il testo aumentavano: sulla sommità della montagna sacra vi si trova una nicchia, quasi a ricordo di Es 33,20-23. [Disse il Signore a Mosè]: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere». Non solo. Sull’area sacra, un altopiano particolare dove sovrastano le cime (che non si caratterizzano per l’altezza, ma per i segni antropici lasciati dalla storia più remota), vi è segno di una planimetria di un’area sacra, un tempio. Anche qui sembrò subito nascere il sospetto di un’altra coincidenza biblica. In Es 25,40 (25,9), infatti, si dice «Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte». Ora questo modello che si trova sull’area sacra della montagna per Anati è un tempio madianita. A quanto pare, questo versetto potrebbe costituire una v video pura coincidenza, interpretando il v. 25,40, un’aggiunta molto tardiva, anche se non è così semplice la sua interpretazione letteraria (cfr. B.S. Childs, Il libro dell’Esodo. Commentario critico-teologico, Piemme, Casale di Monferrato 1995, pp. 540-541) È chiaro che queste coincidenze non sono state lasciate solo alla suggestione e alla fantasia di chi cerca nella Bibbia delle prove. Non ritengo corretto paragonare le ricerche del professore Anati alla linea del vecchio libro La Bibbia aveva ragione di Keller Werner (ancora in voga: Garzanti 2007). Questa sovrabbondanza di cultura materiale di natura sacrale è stata studiata e approfondita dal professore e dai suoi collaboratori (E. Anati, Har Karkom. Montagna sacra nel deserto dell’Esodo, Jaka Book, Milano 1984; Esodo tra mito e storia, Edizioni del Centro, Capo di Ponte - Brescia 1997; The Riddle of Mount Sinai: Archaeological Discoveries at Har Karkom, Edizioni del Centro, Capo di Ponte - Brescia 2001). Il suo metodo di ricerca è stato spesso criticato, le pubblicazioni non sono entrate nel circuito più allargato degli studi biblici. Questo e altri motivi non hanno permesso un serio dibattito sulla questione. Ora è possibile leggere molto di questo lungo percorso, aggiornato con ulteriori scoperte, nel suo ultimo libro: E. Anati, La riscoperta del monte Sinai. Ritrovamenti archeologici alla luce del racconto dell’Esodo, Bibbia e Terra Santa 3, Messaggero, Padova 2010. 7 Har Karkom è il Sinai biblico? Har Karkom è il nome attuale della montagna sacra e significa “Monte dello Zafferano”; prima della toponomastica sviluppata dagli israeliani, i beduini lo chiamavano “monte delle feste” oppure “monte della moltitudine”, eco, questo, di una tradizione antichissima. Tutta l’area è stata studiata per oltre 30 anni non solo dal punto di vista archeologico, ma anche per la sua ubicazione. Ad esempio non è molto lontana dalla località biblica di Kadesh-Barnea (Es). Il prof. Anati ha individuato undici pozzi che segnano un percorso tra Har Karkom e Kadesh-Barnea (Dt 1,2.19), un dato da non sottovalutare se collegato con l’espressione di Deuteronomio 1,2: «Vi sono undici giornate di cammino dall’Oreb, per la via del monte Seir, fino a KadeshBarnea». A giudizio dell’archeologo, infatti, questi pozzi corrispondono alle undici giornate di cammino nel deserto di un gruppo di persone che dovettero spostarsi dal’Oreb o Sinai fino a Kadesh-Barnea. Molti altri elementi sarebbero da citare, certamente discutibili, ma comunque importanti al fine dell’identificazione di questo monte sacro con il monte Piccolo santuario ad Har Karkom La piana ai piedi di Har Karkom v 8 video video Il santuario risalente al 35/40.000 a.C Alcuni particolari delle pietre del santuario Pietra con incisioni ritrovata nel sito di Dio, il Sinai, l’Oreb. Agli inizi di questa teoria non sono mancate le critiche. Degna di nota è la recensione del prof. G. Luigi Prato (cfr. Civiltà Cattolica 1986/I, pp. 298-300) al libro Har Karkom. Montagna sacra nel deserto dell’Esodo, Jaka Book, Milano 1984 (vedi anche P. Kaswalter – E. Bosetti, Sulle orme di Mosé. Egitto Sinai Giordania, EDB, Bologna 2000, p. 66). Le pubblicazioni del Prof. Anati seguono una metodologia di presentazione dei dati caratterizzata da uno stile che mira alla facilità di comprensione, preferendo quindi un genere divulgativo. Ciò comporta una certa difficoltà per lo studioso che si trova di fronte alle sue interpretazioni: senza la possibilità di rintracciare completamente il percorso che ha portato Anati alle sue conclusioni, chi segue un certo metodo di indagine non può rimanerne convinto con facilità. Eppure dai tempi della “critica di concordismo”, il sito non ha smesso di fornire scoperte importanti non solo dal punto di vista biblico. Poter accedere al sito attraverso le immagini di un DVD e le spiegazioni dirette del professore costituisce uno strumento utile per superare questa difficoltà logistica, anche se solo in parte. Si tratta infatti di poter rendere più accessibile al mondo accademico, ma non solo, queste informazioni, per aprire nuovi orizzonti e non per giungere a conclusioni. Quello che si spera è l’inizio di un dibattito franco e aperto su ciò che ha scoperto e su come lo interpreta, obiettivo che lo stesso Anati auspicherebbe a diversi livelli. L’uscita del suo ultimo libro in italiano (dell’editrice Messaggero di Padova), accanto alla traduzione dall’inglese della guida (E. Anati, Har Karkom. Guida ai siti principali del riscoperto Monte Sinai, Bibbia e Terra Santa 2, Messaggero, Padova 2010) che già propone almeno tre percorsi per visitare il sito, dovrebbe costituire un invito in questo senso. Il sito sacro più antico del mondo Un approccio alle sue scoperte da un diverso versante può aprire in modo più sereno le questioni poste. Il rischio di essere abbagliati dalle coincidenze bibliche che presenta il sito, o quello di essere prevenuti, potrebbero impedire di accogliere quanto Har Karkom offre al mondo della cultura al di là di eventuali legami con la storia biblica. Quello che lo studioso può constatare è la predominante dimensione sacra e religiosa dell’area. Gli studiosi di storia delle religioni, infatti, si potrebbero confrontare con un fenomeno di una portata tale da rendere impossibile restarne indifferenti. Non solo questo luogo non ha mai smesso di essere sacro da un’età approssimativa che parte dal v video 35/40.000 a.C., ma sembra altamente degno di studio e approfondimento antropologico e religioso. Secondo il prof. Anati siamo di fronte ad un particolare santuario della medesima era paleolitica. Se la sua scoperta risultasse vera, si tratterebbe del santuario più antico del mondo, in un luogo considerato sacro dai tempi più remoti, in un punto strategico di congiunzione tra l’Egitto e il deserto del Neghev. Questa dimensione religiosa e sacrale dell’area è importante e non dovrebbe essere sottovalutata dagli studiosi della storia delle religioni e da eventuali biblisti perché assorbiti dalla questione biblica. Il Sinai? La seconda questione è quella più specificamente biblica. Si tratta del Sinai di cui ci parla la Bibbia? Le scoperte sono solo coincidenze? Il metodo di indagine finora usato è da giudicare un puro e mero “concordismo”? Queste domande sono pacificamente risolte per il prof. Anati. Non lo sono per il mondo biblico accademico, il quale vede tra i punti più deboli della sua teoria il fatto di retrodatare Mosè e la vicenda dell’Esodo di almeno mille anni rispetto al computo più riconosciuto e riportato dai manuali classici. È necessario, però, prendere sul serio e ribadire almeno questo elemento di natura oggettiva: nell’area circonvicina, dalla penisola del Sinai fino alla località che confina a sud con la Giudea (Bersheva) e l’Arava, pare che non si trovino siti della medesima entità e antichità che offrano una così generosa cultura materiale di tipo religioso-sacrale. In altre parole: di un periodo significativamente antico come il Bronzo non abbiamo per ora una “montagna sacra”, un ritrovato cioè corrispondente; solo Har Karkom gode di queste peculiarità. Si tratta di un dato di prim’ordine, dunque, ed è lecito domandarsi se questo luogo non abbia dei collegamenti con il mondo della Bibbia o addirittura con la storia biblica. La sua antichità, la sua ubicazione e la cultura materiale sono a favore di questo orientamento. Incuriosisce una cosa: atlanti recenti — vedi G. Perego, Atlante biblico. La nuova Bibbia per la famiglia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, p. 28, oppure J. K. Hoffmeier, L’archeologia della Bibbia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, pp. 58-60 — riportano la questione con una critica. Anche Bibbia Via, Verità e Vita (ed. San Paolo, con la nuova traduzione della CEI 2008) riporta nella cartina in fondo alla pagina, tra i possibili itinerari dell’Esodo, anche l’ipotesi del prof. Anati. Queste citazioni erano impensabili qualche anno al di fuori del mondo specialistico accademico. Che sia il pallido inizio di un cambiamento di mentalità? L’altopiano di Har Karkom Pietra con raffigurazioni di serpenti, scorpioni e lucertole 9 v 10video L’altopiano di Har Karkom con la cima più alta Martino Signoretto ad Har Karkom Cosa sperare Anche “vedere il sito” è importante Innanzitutto sarebbe importante sperare che le conclusioni del prof. Anati possano diventare l’inizio di nuove prospettive di ricerca. Questo lavoro merita di trovare una comunità accademica disposta a discuterlo, a prenderlo a cuore. Il fronte della storia della religioni si troverebbe ad avere a che fare con un fenomeno complesso, antichissimo e unico; il fronte biblico, con un fenomeno di corrispondenza biblica che, al di là della tentazione di far concordare le cose trovate con le cose lette (il pericolo del “concordismo”), merita comunque attenzione. In secondo luogo questa scoperta non dovrebbe mettersi in antagonismo con il Sinai classico egiziano e i suoi santi pellegrinaggi, distinguendo, come capita a seguito di certe scoperte archeologiche, il luogo della tradizione con la sua storia e il suo profondo significato, dal luogo archeologico, il quale semplicemente dà inizio a una nuova storia nel momento in cui viene scoperto. Un nuovo strumento viene affidato sia al lettore interessato all’argomento che allo studioso: questo DVD, che propone molte immagini dei siti interessati, con il commento diretto del prof. Anati. È questo un modo per non fissare lo sguardo solo sulle parole. Se attualmente è difficile e complesso raggiungere il sito di Har Karkom (ma non impossibile), con questo strumento questo luogo sacro può raggiungere il lettore e lo studioso, che può scoprirsi anche spettatore. Martino Signoretto docente di teologia biblica presso lo Studio Teologico “San Zeno” e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Verona Stiamo lavorando a: Progetto di comunicazione in Brasile Da gennaio 2009 Luci nel Mondo è impegnata in un progetto di comunicazione in Brasile, sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Il progetto consiste nella formazione di giovani nella realtà del Maranhão per il loro inserimento nel mondo dei mezzi della comunicazione. Base del progetto è nella città di São Luis dove risiede il giornalista (Paolo Annechini) che attualmente si occupa di questo progetto, inviato assieme alla moglie e i figli come laici fidei donum dalla Diocesi di Verona attraverso il Centro Missionario Diocesano. Sul sito del Centro Missionario Diocesano di Verona (www.cmdverona.it) si trovano tutte le informazioni di questa esperienza missionaria. Sul sito di Luci nel Mondo (www.lucinelmondo.it) è presente una sezione dedicata a questo progetto con i video prodotti dai ragazzi brasiliani in formazione. Veneti nel Mondo/2 Di nuovo in viaggio per raccontare storie di gente veneta nel mondo: questa volta in Australia, America del Nord, Europa ed Europa dell’Est. a associazione Diventa anche tu sostenitore dell’attività di formazione e di informazione di Luci nel Mondo inviando un’offerta. Associazione Luci nel Mondo - Onlus C/c postale: 38305504 intestato a Associazione Luci nel Mondo onlus via Duomo 18/A 37121 Verona c/c bancario: iban IT 32 V 02008 11710 000008211276 Unicredit Banca - Agenzia 2106 Piazza Erbe abi 2008 cab 11710 c/c 8211276 Le offerte all’Associazione Luci nel Mondo Onlus, da singoli o da imprese, sono deducibili nella dichiarazione dei redditi, secondo la normativa vigente. 11 PUOI TROVARE I VIDEO DI LUCI NEL MONDO PRESSO: - la redazione di Luci nel Mondo in Via Bacilieri 1/A tel. 045/8903846 [email protected] - il Centro Missionario Diocesano di Verona in via Duomo 18/a tel. 045/8033519 - le librerie cattoliche di Verona OPPURE DIRETTAMENTE A CASA TUA CONTATTANDO LA REDAZIONE PER LA SPEDIZIONE POSTALE. Associazione Luci nel Mondo - Onlus Sede legale: via Duomo 18/a 37121 Verona Sede operativa: via Bacilieri 1/A 37139 Verona Tel. e fax 045/8903846 [email protected] www.lucinelmondo.it
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