Il Conte RAIMONDO MONTECUCCOLI
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Il Conte RAIMONDO MONTECUCCOLI
Raimondo conte di Montecuccoli (o Montecuculi), Conte dell'Impero, Luogotenente generale e Feldmaresciallo; nacque nel castello di Montecuccolo in Pavullo nel Frignano ( Modena) il 21 Febbraio 1609 , dal feudatario del borgo, il conte Galeotto, e da Anna Bigi, di buona famiglia ferrarese, dama d'onore della duchessa presso la corte estense. Nel 1616 il conte Galeotto venne nominato governatore di Brescello, vicino al Po, nel territorio attuale della provincia di Reggio Emilia, e la famiglia vi si trasferì. Deceduto il padre nel 1619, Raimondo fu accolto alla corte del cardinale Alessandro d'Este, vescovo di Reggio e fratello di Cesare, duca di Modena. Il cardinale sognava di avviare il promettente ragazzino alla carriera ecclesiastica e finanziò i suoi studi, con un lascito, anche dopo la propria morte nel 1624. Oltre che un condottiero, il conte modenese fu anche un notevole scrittore, nonché uomo politico e diplomatico di primo piano, sulla scena europea del XVII secolo. Ebbe grande influenza sulla conversione al cattolicesimo della regina Cristina di Svezia, essendo allo stesso tempo diretto interlocutore della regina, del papa e dell'imperatore. Montecuccoli ha come scrittore un posto di spicco nella letteratura italiana del Seicento. Negli scritti, per la maggior parte di argomento militare, si può ritrovare tutta la sua cultura: matematica, architettura, botanica, ed anche storia antica. E vari sono i suoi stili: la poesia, la diaristica, le preghiere, la corrispondenza. Le sue principali opere, scritte fra il 1640 e il 1670 sono: Delle battaglie, Trattato della guerra, Dell'arte della guerra e Aforismi dell'arte bellica. Ugo Foscolo pose alla base dell'incisione che apre la sua edizione degli Aforismi l'epigrafe: «Raimondo Montecuccoli. Con gli scritti rese eterno quanto aveva compiuto con le sue gesta». Raimondo Montecuccoli viene citato dal Manzoni nel capitolo XXX (220-225) de I promessi sposi: « Sopra tutto si cercava d'aver informazione, e si teneva il conto de' reggimenti che passavan di mano in mano il ponte di Lecco, perché quelli si potevano considerar come andati, e fuori veramente del paese. Passano i cavalli di Wallenstein, passano i fanti di Merode, passano i cavalli di Anhalt, passano i fanti di Brandeburgo, e poi i cavalli di Montecuccoli, e poi quelli di Ferrari; passa Altringer, passa Furstenberg, passa Colloredo ]; passano i Croati, passa Torquato Conti, passano altri e altri; quando piacque al cielo, passò anche Galasso, che fu l'ultimo. Lo squadron volante de' veneziani finì d'allontanarsi anche lui; e tutto il paese, a destra e a sinistra, si trovò libero. » (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. XXX, 220-225)
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