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CINEfilo Notiziario del Cinecircolo A. Bazìn Auditorium don Bosco - Cinema Corsica ANNO V n° 2 - Maggio 2004 http://www.cinebazin.it e-mail: [email protected] Vogliamo ridere! di Giulio Martini Si comincia a ridere prima ancora di parlare. E appena un bambino sorride ai genitori, si dice che dà un chiaro segno d’intelligenza. Eppure ci si applica poco nei cineforum a capire il perché e il per come scoppi o non scoppi una risata. Ma senza il senso dell’umorismo la specie umana avrebbe ancor meno possibilità di sopravvivenza sul pianeta, data la situazione complessiva del creato. I soliti scienziati americani, anche di recente, hanno ribadito - test alla mano - che l’impulso a divertirsi scarica energie nascoste. Dunque la comicità è altamente salutare e necessaria, segno di equilibrio mentale ritrovato (se non eccessiva e scomposta). Ma al cinema come funziona ? E’ vero poi che la risata è legata alla cultura ? Che cambia con i tempi e gli ambienti sociali ? E cosa hanno scoperto a riguardo filosofi e psicologi: Bergson e Freud in testa? E dove sta mai la differenza autentica tra la battuta grossolana, che pur fa ridere, e quella super-raffinata ? Chi vuole scoprire il confine che separa Chaplin da Totò - o quello che al contrario li accomuna - o chi vuol tentate di costruire da sé un raccontino divertente non può perder l’appuntamento di quest’estate di SELVINO. Il Convegno di Studi - uscirà tra breve il foglio di adesione non è solo l’occasione per entrare a far parte della nostra combriccola, vivendo assieme alcuni giorni di full-immersion cinematografica, ma un’opportunità rara per capire da vicino e con relatori appositamente attivati cosa succede nella cosiddetta “area motoria supplementare” della zona dell’emisfero sinistro del nostro cervello, visto che l’abbiamo in funzione fin da lattanti. I film a sorpresa................................ Good bye Lenin Regia: Wolfgang Becker Interpreti: Daniel Brühl (Alexander), Katrin Sass (Christiane Kerner), Chulpan Khamatova (Lara), Florian Lukas (Denis) Sceneggiatura: Wolfgang Becker, Bernd Lichtenberg Germania, 2003 di Daniela Amoroso Film campione di incassi in Germania Good bye Lenin di Wolfgang Becker, 49enne ex documentarista, è una commedia che affronta il problema del comunismo che, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, non si rassegna a scomparire. Non è però un film storico ma tenta di rileggere l’avvenimento che ha cambiato per sempre il corso della storia con humour e leggerezza nel vissuto delle persone che ne sono state coinvolte e, talora, travolte. Il tentativo è, per Fausto Bona (Brescia Oggi, 13/05/03), ben riuscito: Good bye Lenin è esilarante e paradossale ma, nello stesso tempo, ricco di tenerezza nei confronti di coloro che hanno sacrificato la vita a un ideale senza rinunciare alla propria umanità. Viene così messo in scena una sorta di affettuoso inganno storico, scrive Adriano De Carlo (Il Giornale, 09/05/03), non in nome della nostalgia ma del bisogno di rimanere se stessi di fronte allo sgomento del tradimento di un mondo. In pratica, sottolinea Roberto Nepoti (La repubblica, 10/05/03), Becker cortocircuita sia la Storia sia le storie della gente comune per confezionare una parabola paradossale e intelligente ma dal retrogusto un po’ amaro. Di opinione simile è anche Valerio Caprara (Il mattino, 10/05/03), per cui la commedia non aspira a revisionare alcunché ma piuttosto, sfruttando un espediente un po’ fragile ma abilmente costruito, a immergere lo spettatore negli specchi deformati del ventesimo secolo. Lo stile, aggiunge Caprara, è senza pretese e un po’ sbrigativo, che sarebbe decisamente kitsch se non fosse banalmente tragico. Pur non avendo nulla di speciale, secondo Lietta Tornabuoni (La Stampa, 10/05/03), il film è ben scritto e risulta irresistibile, mescolando divertimento e pathos nelle giuste proporzioni. Non è tuttavia, fa notare Fabio Ferzetti (Il messaggero, 09/05/03), una commedia a lieto fine: la verità conviene nasconderla o fingere di non vederla per una ferita ancora aperta in un film che ha il merito di divertire e far pensare senza offendere i sentimenti e i ricordi degli ex cittadini della Repubblica Democratica Tedesca. Anche se la narrazione non è sempre all’altezza e le gag si ripetono, per Claudio Carabba (Sette, 22/05/03) Good bye Lenin è riuscito in modo brillante a fare i conti con il passato prossimo e a rimettere insieme i cocci di una Germania che, come allude ironicamente il titolo, ha dato per sempre addio al regime comunista di stampo sovietico. 2 CINE filo I film a sorpresa... Caterina va in città Regia: Paolo Virzì Interpreti: Margherita Buy, Paola Tiziana Cruciani, Claudio Amendola, Sergio Castellitto, AliceTeghil. Italia, 2003 di Marina Conti La tredicenne Caterina affronta con la famiglia il trasferimento dalla campagna a Roma. Sesto lungometraggio di Virzì, quarantenne livornese, Caterina va in città tratta due temi cari al regista: il difficile passaggio dell’adolescenza e cosa vuol dire, nel quotidiano, essere di destra o di sinistra. Lo fa coi toni della commedia all’italiana, o meglio, come scrive Mereghetti su Io donna: “Più che commedia all’italiana sarebbe preferibile chiamarla commedia italiana. Perché questa sembra l’ambizione di Virzì: restituire lo spirito di un paese più che raccontarne i personaggi. L’anima più che i volti. (…) Se c’è una cosa che colpisce in questa Roma interclassista, dove le certezze di una volta sembrano essersi ribaltate in nuove verità (i fascisti sono i poveri, i proletari, mentre i comunisti sono i ricchi, gli intellettuali), è un più diffuso pessimismo esistenziale. (…) La capitale, la città finisce sempre per deludere, per ingannare, per contaminare, mentre la provincia non ha più neppure il fascino dell’ingenuità. E si resta senza capire per chi vale la pena tifare.” Bernardo Pesci su www.scanner.it la definisce invece: “…commedia drammatica di taglio sociale: il microcosmo della classe nella sua riproduzione in miniatura dell’Italia intriga a sprazzi e spesso si rivela criticamente disturbante, risultando nel complesso un po’ troppo schematico”. Tullio Kezich, su Il Corriere della Sera, a sua volta dice: “Mi aspettavo di fare quattro risate assistendo a una commedia e invece sono stato sulle spine tutto il tempo… anche se alla fine il film ti manda via rassicurato. (…) Il cinema italiano attraversa un momento bellissimo, forte d’ispirati miniaturismi della recitazione come Sergio Castellitto e Margherita Buy, o come il sorprendente Claudio Amendola, che per mettere allo spiedo il suo uomo politico deve essersi preparato su ‘Porta a porta’.” Dario Zonta, L’Unità, scrive: “Virzì ha ben presente la commedia all’italiana e rifà Gassman e Satta Flores e Giovanna Ralli in un C’eravamo tanto amati trent’anni dopo. (…) Ecco, forse, quest’Italia non può più essere raccontata dalla commedia all’italiana, che un tempo fu un ottimo strumento d’analisi sociale, ma che oggi rischia di diventare la sua barzelletta, anche quando è dura, arrabbiata e delusa come questa, che non risparmia nessuno, destra o sinistra, casalinghe e professori, adolescenti e genitori.” Un po’ duro anche Fabio Ferzetti su Il Messaggero: “Zecche e pariole in classe echeggiano ‘Porta a porta’, il ministro di An e gli intellettuali radical-chic sfiorano la caricatura, la protagonista e il suo piccolo mondo restano un mistero.” Di tutt’altro avviso Michele Anselmi, Il Giornale: “Il bozzetto colorito si stempera nello sguardo pietoso, l’acutezza del ritratto sociologico si ispessisce nel ritmo sostenuto, e l’affresco romano che ne scaturisce si anima di personaggi – ora ridicoli, ora arroganti: tutti infelici – dotati di una qualità a tratti romanzesca.” Concludiamo citando Gian Luigi Rondi, Il Tempo: Forse i molti temi non sempre sono veramente ordinati, le ambizioni di rappresentarci, oltre alle tredicenni di oggi, i diversi spaccati di società che le esprimono, non sono risolte fino in fondo, ma questa nuova commedia di Virzì, con il suo basso continuo di amarezza, può convincere.” Master and Commander Regia: Peter Weir Interpreti: Russell Crowe, Paul Bettany, Richard Stroh, Billy Boyd, James D’Arcy Usa, 2003 di Riccardo Moretti Terzo film di pirati della stagione, accanto a Cantando dietro i paraventi e al cartoonesco La maledizione della prima luna, Master and Commander – Sfida ai confini del mare si pone sulla scia dei tradizionali film di avventure marinaresche, dove i valori che contano sono l’onore, il coraggio e la capacità di comandare, qui incarnati dal capitano di vascello Jack Aubrey-Russell Crowe, ma anche l’intelligenza e l’amicizia virile, tratti distintivi del medico di bordo Stephen Maturin-Paul Bettany. Il film, tratto dal decimo del ciclo di romanzi storici dell’irlandese Patrick O’Brian e diretto dal regista australiano Peter Weir, ormai celebre per Truman Show e Pic-nic ad Hanging Rock, riprendendo l’ispirato simbolismo di (Moby Dick e il cupo leitmovit conradiano del duello (Valerio Caprara - Il Mattino - 22/12/03) racconta cose sicuramente già viste molte volte, ma riesce pure a essere ³etico e romantico, una evocazione di valori desueti, un’esaltazione del gusto del comando e del piacere di obbedire a un capo ammirato, rispettato (Lietta Tornabuoni – La Stampa- 19/12/03). Pur deludendo alcuni fans di Weir, che hanno trovato nel film solo una grande maestria registica attutita da una sceneggiatura mai del tutto trascinante, dove “la forma sembra spesso prevalere sui contenuti” (Daniela Bisogni - La Libertà - 21/ 12/03), Master and Commander è comunque “un ragguardevole kolossal, un racconto avventuroso e realistico dalle stupefacenti sequenze d’azione e dalle non meno vivide pagine dedicate alla vita di bordo” (Achille Frezzato – L’ Eco di Bergamo - 20/12/03). CINE I film a sorpresa... Nòi Albinòi filo 3 Prima di sposo poi ti rovino Intolerable Cruelty Regia: Dagur Kàri Interpreti : Tòmas Lemarquis, Anna Fridriksdòttir, Elin Hansdòttir Islanda/Germ./G.B./Dan., 2003 di Riccardo Moretti “Ballata triste di un giovane r i b e l l e ambientata nell’inquietante, g l a c i a l e scenario della costa Nordoccidentale dell’ Islanda” (Lietta Tornabuoni – La Stampa). Così si presenta al pubblico internazionale l’opera prima del promettente regista islandese Dagur Kàri, che, pur vivendo in Danimarca, non ha esitato a scegliere come ambientazione del proprio film il villaggio islandese di Bolungarvik, comprendente solo 957 abitanti, “comunità cristallizzata all’interno di una prospettiva paesaggistica oppressa dalla vastità del mare e dalla possenza della montagna” (Tiziana Morganti - Reflections.it). E’ infatti il paesaggio a fungere da co-protagonista/ antagonista accanto al giovane albino Nòi (da qui il titolo della pellicola), diciassettenne disadattato con alle spalle una famiglia sgangherata e un desiderio irrefrenabile di fuggire verso una meta tropicale. In questo microcosmo si combatte la battaglia surreale tra la voglia di vivere dell’enigmatico protagonista e un ambiente impietoso, ovunque oppresso dalla neve. Dramma dalle venature di commedia, Nòi Albinòi è “un film di raggelante bellezza, dal respiro antirealistco e lo sguardo alienato”(Luca Barnabè - Ciak), paragonato sul piano della storia ad opere di formazione borderline come My name is Tanino e Buon compleanno Mr. Grape , e per questo anche criticato come povero di originalità . Il regista, curatore anche della sceneggiatura, ha dichiarato a proposito del suo curioso personaggio: “Vive dentro di me da diversi anni. Nasce ancora prima del mio interesse per il cinema, ed ad un certo punto ho anche preso in considerazione l’idea di realizzarne dei cartoni animati o dei fumetti.” Regia: Joel Coen Soggetto: Robert Ramsey & Matthew Stone, John Romano Sceneggiatura: Robert Ramsey & Matthew Stone, Ethan & Joel Coen Fotografia: Roger Deakins Montaggio: Roderick Janes Musica: Carter Burwell Produzione: Ethan Coen, Brian Grazer Distribuzione: United International Pictures Origine: U.S.A. 2003 Durata: 95 min. Interpreti: George Clooney (Miles Massey), Catherine Zeta Jones (Marylin Rexroth), Geoffrey Rush (Donovan Donaly), Richard Jenkins (Freddy Bender), Billy Bob Thorton (Howard Doyle), Paul Adelstein (Wrigley) di Silvia Aresi Ethan e Joel, o Joel ed Ethan: chi è chi? Dai titoli di testa sappiamo che Joel dirige e che Ethan produce, ma è quasi impossibile più svitato dell’altro: tra gli altri Steve Buscemi, John Turturro, Nicolas Cage, George Clooney e naturalmente Frances attribuire singoli meriti. I due fratellini infatti sono in simbiosi totale, dalle sceneggiature McDormand, moglie di Joel che, commentando l’interpretazione da Oscar in Fargo, scritte a quattro mani al montaggio. Di sicuro c’è che insieme, i Coen, sono i maestri del disse, in pieno stile Coen: “Da dodici anni vado a letto col regista ed è la prima volta che mi dà una c i n e m a indipendente americano e i più irriverenti cineasti bella parte”. Nella pellicola con George Clooney e Catherine Zeta- di Hollywood. Ogni volta hanno cavalcato i diversi g e n e r i cinematografici, Jones, i due fratelli terribili prendono di mira uno dei generi classici di Hollywood, la p o r t a n d o l i all’esasperazione: i sanguinolenti Blood Simple e c o m m e d i a romantica, e lo rivoltano come un calzino. Clooney e Crocevia della morte, il gelido Fargo, o il divertentissimo Il grande Lebowski, fino ai più recenti Fratello, dove sei? e L’uomo che non c’era, con un apatico Billy Bob Thornton barbiere nell’America degli Jones si conoscono a Los Angeles in occasione di una causa in cui lui, famoso avvocato divorzista, sconfigge lei, divorziata professionista, ma se ne innamora….Lo spettatore è condotto anni ’50 in bianco e nero. Film diversissimi tra loro, ma uniti dallo stesso humour macabro e da un’irresistibile vena dissacratoria. Il segreto del loro successo? attraverso questa commedia nervosa e brillante “un po’ alla maniera dei film di Leo Mc Carey con Cary Grant e Irene Dunnenel” (Michele Anselmi, Il giornale, 04/09/03) nel Divertirsi da morire per ogni film girato a conduzione familiare, sempre insieme agli stessi tecnici e a una banda di amici l’uno paradiso hi.tech delle ville e dei locali a dieci stelle, in una lotta all’ultimo codicillo in cui si ride a crepapelle. 4 CINE filo TEST di Roberta Braccio Come vi avevo promesso...ecco le risposte al test dello scorso numero! 1) 2) 3) 4) 5) 6) Che cos’è il dolly? Un carrello su cui è montato un braccio che sorregge una piattaforma per la macchina da presa e l’operatore, consentendo di spostarsi facendo coincidere gli spostamenti con il movimento del carrello. Perchè è necessario, durante le riprese di un film, l’utilizzo del Ciak, la tavoletta in legno su cui si scrive il nome del film, del regista il numero della scena e delle inquadrature girate? Perchè il rumore prodotto dal listello inferiore contro la tavoletta di legno è un segnale sul nastro magnetico, che permette di sincronizzare alla moviola il video e il sonoro. Che cos’è un piano americano? Il personaggio viene ripreso in piedi, l’inquadratura è tagliata al ginocchio. Che cos’è l’adattamento? E’ un’operazione che consiste nel far coincidere la traduzione dei dialoghi tradotti con i movimenti labiali dei personaggi, per esempio tagliando o allungando le frasi o cambiando le parole. (Deve essere quindi eseguita prima di procedere al doppiaggio dei dialoghi). Che cos’è un lungometraggio? Un film della durata non inferiore ai 90 min. Che cos’è la Skycam? Un sistema di ripresa aerea senza l’utilizzo di aerei o elicotteri. (Si tratta di un cavo d’acciaio sostenuto da due pali, lungo il quale la macchina da presa scorre senza variazioni, comandata a distanza da impulsi elettronici e controllata da un monitor.) di Marina Conti Il 19 e 20 marzo ha avuto luogo la consueta presentazione dei corti di wHp, giunti alla 7a edizione… ma tutt’altro che in crisi! Il programma è stato vario come non mai: documentari, fiction, thriller, cartoni animati e persino uno spot di 120 secondi che concorrerà alla finale di un concorso indetto da una nota multinazionale. Insomma, la casa di produzione del nostro cineforum continua a crescere per tecnica, qualità, originalità. Il pubblico presente ha molto gradito i corti di quest’anno, la cui tendenza è stata… un corto sempre più corto. Per concludere, wHp continua ad essere una bella realtà, dovrebbe essere considerata il fiore all’occhiello del nostro cineforum ma… nessun conduttore del Bazin è stato avvistato nel corso delle due serate, nemmeno il mitico presidente. Che peccato! Perché si sono persi un’occasione di vedere un cinema indipendente, non omologato, frutto di passione e fantasia, creatività ed originalità… qualità che spesso scarseggiano nelle miliardarie produzioni, hollywoodiane e non, che sono abituati a presentarci. VOGLIAMO RIDERE Viaggio alla scoperta di come e perchè ridiamo al cinema Parte primaverile c/o parrocchia Sacro Volto, viaSebenico, ore 20.45 Come da volantino Parte estiva (2-6 luglio) c/o Cinema Parrocchiale di Selvino (Bg) Ore 21, proiezione e commento dei seguenti film: Venerdì 2 luglio: Il grande dittatore di Charlie Chaplin (Usa, 1940) Sabato 3 luglio: Giorno di festa di Jacques Tati (Fra, 1949) Domenica 4 luglio: Harry a pezzi di Woody Allen (Usa, 1997) Lunedì 5 luglio: American Pie – Il matrimonio, di Jesse Dylan (Usa, 2002) Ingresso: 3,50 euro. c/o Auditorium Comunale di Selvino (Bg) Aggiungere indirizzo Ore 14.45, pomeriggi a tema: Sabato 3 luglio: Il comico Interviene Giorgio Cremonini, storico e critico del cinema. Con l’analisi del film: La palla n.13 di Buster Keaton (Usa, 1924) Domenica 4 luglio: La commedia e la commedia all’italiana Interviene Enrico Giacovelli, saggista e critico cinematografico. Con l’analisi del film: Divorzio all’italiana di Pietro Germi (Ita, 1962) Lunedì 5 luglio: La comicità dei fratelli Marx Con l’analisi del film: La guerra lampo dei fratelli Marx, di Leo McCarey (1933). Ingresso libero RITIRATE IL VOLANTINO PER LE ISCRIZIONI!
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