La Fondazione Friedrich-Ebert ha organizzato a Berlino due
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La Fondazione Friedrich-Ebert ha organizzato a Berlino due
La Fondazione Friedrich-Ebert ha organizzato a Berlino due giorni di approfondimento tecnico sull’accordo commerciale TiSA (Trade in Services Agreement). Il seminario ha avuto come scopo principale quello di approfondire la conoscenza di alcuni specifici argomenti e settori (c.d. annessi) legati al TiSA e stabilire un gruppo di contatto tra vari attori sindacali e della società civile interessati alle tematiche del commercio internazionale. Le organizzazioni partecipanti provenivano da Europa, Stati Uniti e Asia. Oltre che dal mondo sindacale (ITUC, ETUC, PSI, EPSU, ETUCE, ITF, ETF, UIL, OGB, FGTB, TUC, DGB, AFL-CIO, Ver.Di); i colleghi che hanno animato il dibattito rappresentavano il settore dei consumatori, degli ambientalisti, delle ONG, alcuni esperti legali e un rappresentante del gruppo S&D. Il dibattito sul TiSA è partito da un quadro generale di approccio e politico. La CSI ha presentato al dibattito un proprio documento appena redatto e ancora non definitivo. Il documento rappresenta, a mio avviso, un ottimo punto di partenza per un’analisi accurata dell’accordo seppur in assenza di documenti ufficiali. Sebbene la struttura del lungo documento sia stata criticata per il suo elevato approccio tecnico a discapito di quello politico, il documento rappresenta al momento l’unica mappatura sindacale sull’accordo. In esso sono analizzati alcuni aspetti chiave, come il possibile impatto sull’autonomia degli Stati di legiferare, sui servizi pubblici, sulla mobilità dei lavoratori, sull’agricoltura e altro ancora. Il TiSA certamente rappresenta uno dei trattati più complessi e preoccupanti al momento in fase di negoziazione. La sua complessità non è solo rappresentata dalla molteplicità dei paesi aderenti, ma soprattutto dalle possibili implicazioni dirette e/o indirette sui regolamenti e sulle normative UE e nazionali. Il suo impatto è di difficile misurazione, sia in senso positivo che negativo. Di certo l’approccio plurilaterale, la segretezza pressoché assoluta dei negoziati e dei documenti, l’eterogeneità dei paesi al tavolo negoziale e la vastità degli interessi toccati non rassicura rispetto ai possibili effetti. Il seminario intendeva valutare con la maggiore approssimazione possibile e sulla base dei documenti disponibili, proprio l’aspetto dell’impatto analizzandolo in base a settori e argomenti ben selezionati: la capacità normativa degli Stati, il settore finanziario, quello delle telecomunicazioni, l’impatto sui consumatori, il settore dei trasporti, quello dei servizi pubblici e non per ultimo in grado di importanza quello del public procurement. La complessità del TiSA e le implicazioni legali ad esso connaturate sono in larga parte di difficile comprensione. Sono tre, a mio avviso, gli aspetti di maggiore preoccupazione: L’impatto dell’accordo sulle normative UE e nazionali. La liberalizzazione dei servizi e l’apertura del mercato ad aziende di Paesi con evidenti diversità normative rispetto agli standard europei può potenzialmente diminuire la qualità dei nostri regolamenti e forzare le amministrazioni centrali e locali a legiferare nel senso di una minore tutela sociale. Public procurement: per lo stesso meccanismo evidenziato riguardo il punto precedente, gli Stati saranno forzati ad aprire totalmente (per ogni settore e per ogni tipologia di acquisto) il proprio canale di approvvigionamento di servizi e materiali. ISDS (Investor-state dispute settlement; traducibile in italiano come la Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato): sebbene il TiSA si riferisca ai servizi e non agli investimenti, il c.d. Mode 3 che prevede l’installazione di aziende sussidiarie all’estero, potrebbe portare all’inserimento della clausola ISDS nel trattato. Massimo Di Pietro
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