religiositá popolare e mutamento culturale nell`arco 1965
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religiositá popolare e mutamento culturale nell`arco 1965
Gargano: religiositá popolare e mutamento culturale nell'arco 1965 - 1978 di Miriam Castiglione Presentazione di Nicola Pantaleo Undici anni orsono, nel giugno del 1982, si spegneva a soli 36 anni, vittima di una crudele, rara infermità, che aveva già stroncato la sua amatissima sorella Lilly, Miriam Castiglione, certamente una delle figure più significative della ricerca antropologico-religiosa in terra di Puglia. Ricercatrice presso l'Istituto di Storia Moderna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bari, autrice dei volumi I Testimoni di Geova: ideologia religiosa e consenso sociale (Torino, 1981) I professionisti dei sogni (Napoli, 1981) e di numerosi saggi apparsi su varie riviste e in lavori collettanei, la Castiglione ha elaborato una personale metodologia di ricerca alimentata ad un tempo da letture sistematiche di storia, sociologia, teologia, teoria della politica e da una rete fittissima di interviste, registrazioni, consultazioni condotte con scrupolosa professionalità ma anche con una forte partecipazione etica e spirituale. Formatasi alla scuola di Ambrogio Donini, collaboratrice dell'Istituto Gramsci, animatrice di iniziative politiche e culturali, i suoi molteplici interessi si sono presto indirizzati, sotto la guida ferma e stimolatrice di Vittorio Lanternari, verso l'analisi della religiosità popolare, di cui ha indagato con mente lucidamente critica, ma anche con profondo rispetto e umana simpatia, le espressioni più peculiari, esplorandone i meccanismi genetici e gli effetti sociali. Il presente studio, che pubblichiamo con alcuni ritocchi marginali resi necessari dalla occasionale lacunosità del dattiloscritto originario, è stato proposto alla fine del 1978 nella forma di una “Relazione tecnica” sulla religiosità popolare nel Gargano per una ricerca sociologica su “mutamento sociale e mezzi di comunicazione di massa nel Gargano”, condotta da Sabino Acquaviva, sociologo della Facoltà di Scienze politiche dell'Ateneo patavino*. La relazione è stata successivamente presentata nel corso di un ____________ * S. ACQUAVIVA- G. EISERMANN, La montagna del sole. Il Gargano: 14 anni di storia fra due inchieste (1965-1978). Torino, 1982, p. 275, nota 7. 157 convegno-seminario su “Istituzioni e cultura di base”, organizzato dalla Direzione della Biblioteca provinciale De Gemmis di Bari e dalla Regione Puglia nel gennaio del 1979. La ricerca che lo sostanzia s'inserisce in una più ampia indagine socio-antropologica dei culti extra-liturgici emergenti nell'ambito della cultura contadina meridionale. Come si legge nella breve presentazione de I professionisti dei sogni, “nella loro commistione di elementi arcaico-magici e di forme devozionali risalenti al cattolicesimo ufficiale, questi culti attestano la complessità della problematica legata alla nozione di “religiosità popolare”. Partendo da una considerazione privilegiata delle zone più marginalizzate delle classi subalterne costituite da giovani e donne, la Castiglione ne verifica la “specificità culturale”, sia pure all'interno di una “circolarità culturale” che le rapporta organicamente alle espressioni della cultura religiosa ufficiale verso la quale non si determinano forme di contestazione ideologica. I comuni garganici maggiormente interessati dall'indagine sono Sannicandro Garganico, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo. Una prima parte dello studio indaga la situazione socio-religiosa, evidenziandone alcune espressioni magico-esoteriche quali la credenza nelle presenze extra-umane, la fattura, il malocchio e la divinazione per lo più applicata alla salute, al matrimonio e alla predizione del futuro: emerge in questo ambito la figura di Michele di Sannicandro Garganico. Si fa altresì riferimento alla consistente presenza di forme di religiosità “dissidente”: le comunità evangeliche dei Fratelli pentecostali e i Testimoni di Geova. Nella seconda parte si analizzano i culti extra-liturgici, in particolare le apparizioni della Vergine con il corredo di santuari e pellegrinaggi di massa, come nel caso esemplare di Mamma Lucia, e le feste patronali. Ne emerge un quadro mosso e variegato nel quale agiscono slanci irrazionalistici ed esigenze profonde di liberazione dalle frustrazioni della condizione socio-economica, intrecciati dialetticamente alle pratiche devozionali della tradizione cattolica. Premessa teorico-metodologica I-I Questa relazione sulla religiosità (ufficiale e popolare) nel Gargano e sui cambiamenti culturali verificatisi negli ultimi 10-15 anni, rilevabili soprattutto nella condizione femminile e giovanile, è di carattere essenzialmente descrittivo. I motivi che ne hanno determinato questi limiti nella lettura di una situazione che è invece estremamente complessa e che richiederebbe una 158 analisi molto più articolata, vanno ricercati nella mancanza di documenti o di dati scritti o/e elaborati sulla realtà socio-religiosa locale, nella scarsa disponibilità del clero locale alle interviste e al dialogo, nella brevità del tempo avuto a disposizione, ecc. Comunque prima di entrare nello specifico del discorso, è necessario chiarire gli spunti teorico-metodologici su cui si è basata la presente indagine. Il punto di partenza di questa è, come ho sopra detto, la situazione socio-religiosa nel Gargano e in particolare le forme di religiosità espresse dalle classi subalterne. Tutto ciò deve, ovviamente, essere analizzato tenendo conto dei mutamenti e delle trasformazioni socio-economiche avvenute in questa zona nell'ultimo decennio e quindi del rapporto che, a livello culturale, viene ad articolarsi tra elementi arcaici, tradizionali e modelli di vita provenienti dall'esterno, dovuti a processi quali la scolarizzazione di massa, la emigrazione, lo sviluppo turistico, ecc. Protagonista di questo travagliato contrapporsi di vecchio e di nuovo non è quel “popolo” genericamente inteso su cui hanno speculato tanto le tradizionali correnti di studi demologici che un certo tipo di teologia e di pastorale, ma è l'insieme di più classi sociali, legate a ben precisi meccanismi economici, che nelle credenze e nei modelli di comportamento esprime il proprio essere sociale. In particolare, alcuni gruppi sociali - le donne e i giovani - all'interno della propria collocazione di classe, che è comunque subaltema rispetto alla situazione strutturale complessiva, vivono in prima persona le contraddizioni e i conflitti di questo processo trasformativo e, nonostante tutto, rappresentano una realtà sociale emergente e potenzialmente carica di innovazioni. Questo è dovuto da un lato alla importanza, non ancora sufficientemente studiata, del ruolo femminile nella cultura contadina o di origine contadina: l'essere preposta, in quanto donna, nella famiglia alla trasmissione dei valori, alla mediazione tra mondo esterno e realtà familiare, ecc. rende la figura femminile estrememente importante in questo contesto. Su di essa e sul suo ruolo il mutamento sociale incide in modo più drammatico, proprio in misura proporzionale alla importanza sociale che essa ha nel quotidiano: rapporti interpersonali nel vicinato e nella parentela, educazione dei figli, riproduzione del consenso, ecc. Analogamente, d'altro canto, le più giovani classi di età, per la loro ricettività dei modelli culturali di massa, per il loro protagonismo in fenomeni rilevanti quali la scolarizzazione, la ricerca di prima occupazione, i cui sbocchi sono per la maggior parte fuori del Gargano e del Sud Italia 159 in genere, l'impegno sociale e politico, ecc. rappresentano concretamente, nel proprio vissuto, le trasformazioni in atto. Ora, in questo contesto che è comunque toccato da profondi cambiamenti, il fatto religioso rappresenta ancora un aspetto importante, direi quasi totalizzante nella cultura locale. Appunto, la specificità culturale delle forme di religiosità popolare presenti nel Gargano rappresenta il primo dato significativo di questa indagine; questa specificità era stata già intravista e indicata, in modo peraltro abbastanza sommario, da Emesto De Martino in un suo articolo su alcuni fenomeni religiosi del Gargano 1. Il visionarismo e la preveggenza, egli diceva, sono caratteristici di questa zona ed hanno radici storiche molto antiche: nel culto di Podalirio e di Calcante2, affiorava quel legame con la religione della Magna Grecia, su cui si era poi innestato il cristianesimo, con forme devozionali di diverso tipo: dal culto di San Michele Arcangelo alle visionarie extra-liturgiche, alla operazione Padre Pio che di già presentava prospettive agiografiche. E la forza con cui il cattolicesimo ufficiale si era radicato in questa zona e la capacità dei processi di ideologizzazione ad esso collegati (tutto l'articolo, scritto alla fine degli anni '50 rispecchia, anche nei toni sbrigativamente anticlericali, la drammaticità di questo periodo: cattolicesimo e comunismo su due blocchi contrapposti ecc.) risalivano appunto a motivi storico-culturali che rendevano e rendono il Gargano molto diverso, nella sua realtà religiosa, da altre zone della stessa Puglia: penso in particolare al Salento ed alla terra di Bari. Nella presente indagine ho ritenuto opportuno tener conto di questa specificità che è comunque presente in ogni tipo di realtà che si va ad analizzare e che invece è solitamente trascurata da analisi di tipo sociografico 3. I-2 Non a caso, infatti, la importanza della variabile “cultura”, nel senso sopradetto, è sottolineata dai recenti sviluppi di alcune tra le più aperte correnti di storiografia religiosa, facenti capo alla storiografia francese delle Annales e alle problematiche di storia sociale a queste collegate. __________ 1 - E. DE MARTINO, Furore, simbolo, valore, Milano, 1962. 2 - F. PERNA, Il Gargano nella preistoria in “Gargano Studi” Rivista del Centro Studi Garganici, 1978, pp. 5-15. 3 - FORME del sacro in un'epoca di crisi, Napoli, 1978. 160 Penso alla definizione di “cultura folkloristica” presente negli studi di J. Somitt e C. Ginzburg, definizione che, nonostante gli attacchi fideistici a cui è sottoposta, rappresenta uno spunto di indagine fecondo sia nella ricerca storiografica che in quella socio-antropologica, da cui comunque mutua gli strumenti di approccio più utili al riguardo4. Sul piano metodologico infatti sono basilari l'importanza e la validità di questo concetto e il suo collegarsi agli aspetti storici di fenomeni religiosi, che se in apparenza sembrano non avere altra storia, se non quella della emarginazione e della subalternità, nella realtà hanno caratteri e dinamiche determinati da molteplici fattori culturali. Quindi, una analisi della religiosità popolare aperta agli stimoli di una lettura che sia antropologica oltre che storica può aiutare a superare il rischio ricorrente in questi ultimi anni nell'ambito degli studi post-demartiniani e cioè la tentazione di contrapporre in maniera dicotomica, oppositiva, la cultura delle classi subalterne a quella delle classi dominanti5. Questo tipo di interpretazione conduce ad una lettura tutta sovrastrutturale del fatto demologico e, nel caso in questione, della religiosità popolare. Questi limiti emergono, per esempio, nella impostazione del Convegno sulla religiosità popolare, promosso dal Movimento dei Cristiani per il Socialismo, (Messina, novembre 1976). In esso si tendeva, nel tentativo di dare valutazioni tutte in positivo del non egemone, a tacere sui mille nodi che legano le espressioni religiose subalterne alla religione dominante, le cui realtà istituzionali si contrappongono certo alle realtà di base, qualora esse divengano pericolose per l’establishment ecclesiastico, ma prevalentemente coartano, plasmano, incanalando queste negli sbocchi ideologici ad esso più idonei. Non si può meccanicamente contrapporre il subalterno all’egemonico, in quanto in tutti gli aspetti della cultura folklorica (dalla religione all'arte, alla musica, alle forme di vita materiale, ecc.) esiste una costante circolarità culturale, la cui incidenza va poi ricondotta alle dinamiche di classe che in prima istanza determinano i fatti culturali6. __________ 4 - “Ricerca di storia sociale e religiosa”, n. II, 1977. Numero monografico dedicato a Religione e religiosità popolare “Quaderni storici” 41 (1979), numero monografico dedicato a Religione delle classi popolari. 5 - L. LOMBARDI SATRIANI, Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna, Firenze 1974; Culture subalterne e dominio di classe, in “Classe”, n. 10 giugno 1975, pp. 3-26. 6 - C. GINZBURG, Il formaggio e i vermi: introduzione, Torino, 1976. 161 La analisi della situazione socio-religiosa del Gargano, i cui aspetti più significativi illustrerò tra breve, conferma tutto ciò. Infatti le forme di religiosità popolare qui riscontrate hanno una netta caratterizzazione di classe: esiste cioè la religione dei poveri (feste, riti, credenze) che non è quella dei ricchi, la cui partecipazione religiosa non va al di là dei significati di legittimazione sociale, soddisfatti appunto nella frequenza alle messe, alle ricorrenze liturgiche, ecc.; questa connotazione classista peraltro non esprime alcuna contestatività nei confronti dell'assetto sociale esistente, ma, passivamente, nel rapporto individuo-trascendenza elaborato dalla percezione religiosa collettiva, ripropone un messaggio universalmente metaclassista in cui vengono sanciti le divisioni di classe, il diffuso malessere sociale, le ingiustizie, ecc. Gli obiettivi di ideologizzazione perseguiti dalla Chiesa ufficiale e dalle classi egemoni si realizzano nella tenuta dei valori tradizionali, che viene ad attuarsi appunto nella saldatura tra valori propri alla cultura folklorica (il magismo, il simbolismo mitico-rituale, ecc.) e la cristianizzazione più o meno sincretica condotta su questi. In questa relazione la presenza del cristianesimo ufficiale a livello locale viene vista essenzialmente in rapporto a questa sua funzione. La Chiesa cattolica è infatti presente come strumento connettivo di una realtà estremamente composita, le cui espressioni socio-culturali solo formalmente sono altro-da quelle dominanti, in quanto, mancando a questa realtà sociale l'egemonia e il protagonismo nei processi di trasformazione socio-economica in atto, manca la fruizione di classe della propria storia culturale. I-3 La realtà socio-economica e culturale del Gargano conferma questa ipotesi di ricerca, secondo cui non esiste nella religiosità delle classi subalterne di questa zona alcuna forma contestativa o di opposizione alla religione ufficiale; la dimensione religiosa rappresenta ancora una volta la espressione sovrastrutturale di profonde contraddizioni economiche e da esse non parte alcuno di quei processi trasformativi che invece vengono generati da fattori quali la scuola, come forma primaria di socializzazione, l'associazionismo politico e sindacale, la emigrazione di ritorno. Avendo come base questa premessa, derivatami da una prima presa di contatto con la realtà locale (estate 1978), ho ritenuto opportuno scegliere per la sua verifica alcuni paesi interni del Gargano: in particolare Sannicandro Garganico, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte S. Angelo - poiché in essi i cambiamenti sociali sono molto più lenti che nei paesi 162 costieri, dove invece il potenziamento delle strutture turistiche e la differente situazione socio-economica accelerano il processo di deculturazione che sta investendo a più livelli, nel Sud Italia, la cultura folklorica. Questi paesi sono quindi molto più significativi ai fini di una lettura antropologica della realtà culturale locale. La metodologia seguita in questa indagine, le cui fasi successive si sono svolte nel settembre-novembre 1978, a più riprese, si è articolata in: - interviste ad informatori locali, operatori culturali, dirigenti di partiti ed associazioni, devoti dei culti extra-liturgici e delle feste religiose, clienti del mago-veggente, clero locale; - osservazione partecipante a rituali extra-liturgici e feste religiose; - ricerca bibliografica presso la Biblioteca provinciale di Foggia sulla pubblicistica religiosa locale; - raccolta, coordinata secondo una metodologia di cui riferisco a parte, di alcune storie di vita, scelte come appendice documentaria alla presente relazione. La situazione socio-religiosa 2-I La compattezza della cultura tradizionale e la sua incidenza nella mentalità collettiva e nei comportamenti emergenti si esprime nel Gargano in quasi tutti gli aspetti della religiosità delle classi subalterne. La persistenza, a più livelli di classe e di età, di una percezione di tipo magico nel rapporto uomo-natura si riversa infatti in gran parte nelle forme devozionali proprie del cattolicesimo locale, ma è presente anche in quei livelli di quotidianità che non hanno in sè alcunchè di religioso. Ancora oggi, quindi, a San Marco in L. e a Sannicandro G., si crede nella esistenza di esseri fantastici, gli gnomi; chiamati in dialetto “scazzamuredd” o “angeluzz”, questi esseri vivrebbero nelle case e la loro presenza, di natura positiva, non pericolosa per l'individuo, sarebbe rivelata da episodi strani e inspiegabili (rumori di mobili, oggetti spostati, ecc.). Questa credenza, presente anche in altre aree meridionali7, rivela la ____________ 7 - E. DE MARTINO, Sud e magia, Milano 1959; E. GUGGINO, La magia in Sicilia, Palermo, 1978; A. DE SPIRITO, Il paese delle streghe, una ricerca sulla magia nel Sannio campano, Roma, 1976. 163 diffusa concezione della dipendenza dell'individuo e del gruppo di appartenenza da forze extra-umane mai pienamente dominabili. Anche i rapporti tra gli individui sono improntati a questa precarietà, i cui risvolti potenzialmente negativi incidono potenzialmente sul possesso di alcuni beni fondamentali: la salute, la sicurezza, la casa, ecc. Il mezzo più idoneo per mantenere questi privilegi o comunque difenderli accanitamente era fino a poco tempo fa (non più di 20 anni addietro) la fattura, alla cui pratica erano preposte dalla tradizione locale in prevalenza donne che elaboravano filtri o compivano operazioni magiche, il cui scopo era quello di possedere la volontà dell'individuo, a cui la fattura era destinata, e piegarlo ai propri voleri. Amore, gelosia, invidia, vendetta, ecc. erano i moventi che spingevano i clienti del fattucchiere a rivolgerglisi per ottenere tanto beni come la salute, il matrimonio la sistemazione economica, ecc. che mali; da usare contro i nemici: la malattia e la morte. In generale, si chiedeva al fattuchiere la sicurezza psicologica che proveniva dalla sensazione di dominare il reale. La credenza nella fattura si è oggi molto rarefatta, tranne che in alcune realtà su cui mi soffermerò più avanti; tutte le testimonianze raccolte al riguardo parlano di questa pratica come di un fatto antico e superato, che però aveva una sua indubbia efficacia: gli intervistati anziani erano a conoscenza di casi di morte per fattura, i più giovani ne conoscevano indirettamente l'efficacia per i matrimoni. (Sannicandro Garganico, San Giovanni Rotondo). Si crede ancora, in maniera generalizzata, soltanto, nel malocchio o affascino. Secondo questa credenza, lo sguardo malevolo di una persona provocherebbe, anche senza reali e preordinate idee di danno, il mal di testa che, avuto con questa causa, può guarire facendo compiere ad una persona competente un rituale che è al contempo diagnostico e terapeutico. In un pò d'acqua posta in un piatto si mettono tre gocce di olio, tre grani di sale, tre di carbone; l'operatore si fa il segno della croce e recita formule magico-sincretiche; dalle dimensione che le gocce di olio assumono nel piatto, l'operatore può dire se vi è affascino e quindi garantire la guarigione, che comunque si ottiene soltanto se si crede veramente nel rito che si sta compiendo. Nell'affascino credono anche i giovani (S. Marco in L., Sannicandro, S. Giovanni R.), ma la sua pratica è diffusa soprattutto tra le donne dai 40 anni in su. È anche molto vivo il legame con il mondo dei defunti, la cui entità non 164 è mai percepita negativamente, proprio per il valore socializzante e positivo che assume l'ideologia della morte nella cultura folklorica. L'al di là è concepito come prolungamento della vita terrena e il rapporto vivi-morti, coltivato sia nei rituali religiosi che nelle credenze tradizionali, serve per esorcizzare i danni molto spesso economici, oltre che affettivi, che la morte di una persona cara procura. La persistenza di questo mondo di valori, che è veramente differente rispetto ad altre forme culturali presenti nel Sud, si va progressivamente svuotando delle funzioni di un tempo, proprio in rapporto alle modificazioni sociali che sono avvenute soprattutto nella famiglia, nella parentela e nel vicinato. Il fattore disgregante la realtà sociale di questi gruppi è stato determinato principalmente dalla emigrazione, ma anche altri aspetti interni della locale dinamica culturale, per esempio il passaggio dalla realtà contadina a quella terziario-impiegatizia, cambiando la situazione abitativa di molte fasce sociali, ha causato la disgregazione fisica di queste piccole realtà associative locali. Ma, sorprendentemente, il magico sussiste ancora ed è presente con caratteri che testimoniano il passaggio tra vecchio e nuovo nella figura del più antico veggente pugliese: Michele ‘nda la Terra, ottantenne, cieco, di Sannicandro Garganico. Ormai rivestito di un alone di leggenda e di mistero, l'esercizio di Michele si ricollega alle forme di divinazione presenti in questa zona da tempo immemorabile. È infatti il desiderio di conoscere il futuro, di “sapere qualche cosa” la causa principale che spinge i clienti di Michele a fare lunghe, interminabili attese nella sporca anticamera della sua abitazione nella Terra Vecchia, il più povero quartiere di Sannicandro. Ma Michele è anche bravo nella cura dei reumatismi e riesce a fare e a sciogliere fatture d'amore. La composizione sociale dei clienti di Michelee il rapporto di credibilità esistente tra lui ed i suoi compaesani danno la misura del mutamento che si sta verificando anche in questo aspetto arcaico-magico della cultura locale. I clienti di Michele provengono da diverse zone pugliesi, in prevalenza dal nord dalla Puglia (Subappennino dauno, Foggia e paesi del Tavoliere), dal Molise, dalla Campania e da diversi centri di emigrazione (prevalgono Torino e Milano). Giungono tutti in macchina, molto spesso sono interi gruppi familiari: molti di loro sono costretti a pernottare a Sannicandro, perchè la propensione di Michele a “vedere” è collegata alle condizioni climatiche; se c'è molto vento o se fa freddo Michele non vede e quindi le sue consultazioni, 165 il cui prezzo è molto basso e varia dalle due alle tremila lire, sono rimandate fino a che il tempo non migliora. Come in molti altri casi di fruizione e di consumo del magico, la prevalenza della partecipazione femminile su quella maschile è netta; prevale anche, rispetto alla matrice contadina, la partecipazione di fasce di ceto terziario e di piccola borghesia impiegatizia. Le letture delle clienti che attendono di essere ricevute da Michele vertono su fotoromanzi, Cronaca Vera, Novella 2000, le cui notizie più recenti e clamorose vengono discusse e commentate collettivamente. Da alcune interviste ho potuto rilevare come la ideologia della malattia sia in queste donne permeata di fatalismo e di rassegnazione; le strutture sanitarie sono viste come entità vagamente equivoche e pericolose. Alcune mie sollecitazioni sulla medicina preventiva e sulla possibilità di una diversa gestione sanitaria sono state accolte addirittura con la irrisione, se non col sospetto. Non diversa è la concezione dell'amore, del matrimonio, del rapporto uomo-donna: al fatalismo di fondo si abbina la volontà ostinata del pieno possesso e dominio sul partner. Questa volontà è comprensibile se pensiamo alla essenzialità economica del matrimonio per donne completamente escluse dal mercato del lavoro. La reclusione della donna tra le mure domestiche porta alla assolutizzazione del privato, le cui vicende sono cariche di drammaticità appunto per la importanza che certi valori vengono ad assumere: la appartenenza ad un uomo, la procreazione, la enfatizzazione del proprio ruolo. Tutto ciò è presente nelle clienti di Michele, in quanto figure sociali totalmente emarginate. Le uniche forme di lavoro dipendente per le donne provenienti dalle suddette zone risiedono nel lavoro a domicilio (maglieria, ricamo), nell'artigianato in proprio (sartoria, parrucchiere) o nella conduzione in proprio di piccoli commerci (mercerie, alimentari, ecc.); nel Gargano il lavoro a domicilio è pressoché inesistente, tranne che a Sannicandro, dove esistono forme di lavoro su fiori secchi e fiori di carta e sulla costa, dove sono frequenti conduzioni turistiche a gestione familiare. Tra tutte le interviste, la più traumatica è quella rivolta ad una donna di 49 anni, venditrice di oggetti sacri presso il Santuario dell'Incoronata (FG): costei si era recata da Michele con l'ex-fidanzato della figlia diciassettenne (la prima di sei figli) per far eseguire a Michele una fattura sulla fotografia di questa al fine di far rappacificare i due. La figlia, già violentata da questo, fruttivendolo ambulante, trentenne, rifiutava di sposarlo, essendo innamorata di un altro. Dal discorso con i due emergeva la pa166 cifica naturalezza di pratiche come quella che si accingevano a fare e la logica interna ad esse: il possesso della volontà altrui si può conseguire soltanto con il ricorso al magico. Motivi come la rispettabilità o l'onore da conquistare per riparare alla “fuga” erano del tutto secondari: su di essi prevaleva la necessità economica del matrimonio. Per quella ragazza il contesto sociale di appartenenza non concepiva altra possibilità di realizzazione e di riscatto dalla sua subalternità. Le richieste emergenti-la salute, la “sistemazione matrimoniale”, la predizione del futuro-appartengono ad un ben definito orizzonte culturale: i clienti di Michele sono partecipi, anche se soltanto in modo ricettivo, della cultura dei mass-media, ma questa non incide minimamente sulla trasformazione culturale dei valori di fondo, proprio perchè inalterate rimangono le contraddizioni sociali da cui il consumo del sacro scaturisce come prima ed unica possibilità di intervento sul piano del reale. Quindi i messaggi prevalenti nella cultura di massa - basti pensare alla ideologia dell'amore emergente da certa stampa femminile - non fanno che rafforzare in una ibrida commistione di vecchio e di nuovo una visione del mondo e della vita chiaramente regressiva. Il mutamento della cultura locale nei confronti dell'esercizio magico di Michele è visibile, oltre che nella suddetta partecipazione sociale, anche nel rapporto intercorrente tra questi ed suoi compaesani, i quali si recano da lui soltanto a tarda ora (dalle 21 in poi); dalle interviste fatte ho potuto verificare come nel paese si preferisca non parlare troppo di Michele e delle sue straordinarie capacità. Queste reticenze sono dovute al peso che qui ha ancora il controllo sociale, per cui si preferisce parlare il meno possibile dei guai che ha causato la consultazione da Michele, perché di qualunque tipo questi siano sono sempre considerati come demerito per tutta la famiglia; inoltre si vuole fare silenzio su qualcosa che, pur essendo radicato nella cultura locale, è percepito non essere in sintonia con il passaggio, sia pure contraddittorio, ad una cultura diversa da quella di origine. L'alone di mistero che circonda la figura di Michele risale in gran parte alla inspiegabilità della sua bravura, che è tanto grande da annullare la sua menomazione fisica, la cecità; e questa straordinarietà è causata da eventi prodigiosi che lo avrebbero reso capace da giovane di salire sulle finestre e di leggere, lui cieco, le stelle (testimonianza raccolta a Torre Mileto). Il legame con l'astrologia attesta l'esistenza di un filone culturale “colto”, presente nella cultura contadina di questa zona; purtroppo a causa 167 della intrattabilità di Michele, che mi ha accolto molto male, non ho potuto accertare l'esattezza di questa mia tesi. La presenza a Sannicandro G. di un sapere astrologico e divinatorio appartenente a livelli non propriamente contadini è testimoniata comunque nella biografia di Donato Manduzio, contadino, leader fondatore del movimento religioso neo-ebraico; la preparazione culturale di questo singolare personaggio era fatta di letture romanzesche ed astrologiche e rendeva la sua “figura ... abbastanza vicina, soprattutto nella stima paesana, a quel mago-indovino-guaritore che mai manca nelle campagne del Sud”8. Manduzio assolse questa funzione, nel paese, fino a quando in una visione gli fu rivelata che la Verità risiedeva nella Sacra Scrittura, che aveva letto grazie ad un protestante del luogo e che l'adempimento di questa verità si sarebbe avuto ricostituendosi “in popolo eletto”. Attualmente a Sannicandro non esiste più nemmeno il ricordo di questa esperienza religiosa, del tutto marginale rispetto al contesto culturale di appartenenza, ma grazie ad essa Manduzio ed i suoi seguaci avevano avuto la possibilità di rompere decisamente con la cultura d'origine: sortilegi, fatture, divinazioni erano ripudiati come forme di superstizione. Tutte le forme di dissidenza religiosa presenti nel meridione (dall'evangelismo popolare delle Chiese Battiste e dei Fratelli al pentecostalismo ai Testimoni di Geova) conoscono questo taglio netto con le superstizioni che si crede appartengano al “cattolicesimo romano”; certi elementi culturali, tuttavia, per esempio la visione, il sogno, il miracolismo, perrnangono nella percezione religiosa di queste nuove comunità, anche se carichi di significati e di contenuti dottrinalmente diversi9. La diffusione dei movimenti cattolici tra le classi subalterne meridionali ha conosciuto, dagli inizi del secolo in poi, alterne vicende; era indubbia la connotazione di classe presente in queste forme di dissidenza religiosa. Ma la ondata emigratoria degli anni '60, insieme ad altri fattori, ha frenato l'espansione di questi movimenti che attualmente si presentano con caratteri differenti da quelli storicamente noti. Sul piano strettamente teologico, è soprattutto la apertura ecumenica, di cui sono partecipi tanto il cattolicesimo che il movimento protestante, __________ 8 - M. N. PIERINI, Il movimento neo-ebraico di Donato Manduzio, in A. MOSCATO, M. N. PIERINI, Rivolta religiosa nelle campagne, Roma, 1965. 9 - M. CASTIGLIONE, Protestantesimo e religiosità delle classi subalterne, in H. MOTTU, M. CASTIGLIONE, Religione popolare in un'ottica protestante, Torino, 1978. 168 a determinare un atteggiamento non più settario, ma tipicamente “denominazionale” nelle comunità dei fratelli e dei pentecostali (come ho potuto rilevare da un'intervista al barbiere-maestro di musica di Sannicandro I. G., 64 anni, convertito da quattro al pentecostalismo e da osservazione partecipante ad una campagna di evangelizzazione condotta su iniziativa della comunità di Manfredonia a Monte S. Angelo, settembre 1978). Molto più incisiva è la diffusione dei Testimoni di Geova, in quanto il messaggio escatologico di questo movimento incontra nella realtà contadina locale precedenti filoni di utopismo millenarista, di cui lo stesso episodio di Donato Manduzio è un esempio. In tutto il Gargano è stata rilevante l'espansione della Chiesa dei Fratelli10; ma le attuali comunità non costituiscono a livello proselitistico una forza d'urto, come invece succede per i Testimoni di Geova, nei confronti del cattolicesimo locale. Nella capacità di espansione del protestantesimo e in genere della dissidenza religiosa in un contesto monoliticamente cattolico è stato visto solitamente l'aspetto oppositivo, contestativo che muoverebbe le classi popolari contro la religione ufficiale, percepita unicamente come espressione delle classi egemoni depositarie del potere sociale ed economico. La situazione esistenziale, di oppressione e di miseria e la mancata risposta che sul terreno politico avrebbe caratterizzato la storia delle organizzazioni di classe nel meridione italiano sarebbero stati i motivi determinanti il successo di una scelta religiosa “scomoda”, in quanto fonte di discriminazioni, persecuzioni, soprusi, soprattutto durante il fascismo e il regime democristiano degli anni '50. Questa analisi è però discutibile, alla luce degli sviluppi che i movimenti cattolici hanno avuto nel Sud e della diffusione di nuove comunità di derivazione statunitense (penso in particolare alla Chiesa Evangelica Internazionale), i cui contenuti dottrinali non costituiscono più alcuna rottura polemica con l'aspetto sociale esistente, ma anzi rafforzano il pieno allineamento ideologico dei convertiti, tutti appartenenti a quella subalternità di classe di cui si è detto, ai valori della cultura dominante. L'individualismo della salvezza e della grazia diviene il valore-guida di questi movimenti religiosi, la cui unica alterità rispetto alla religione ufficiale risiede nella autogestione della propria vita religiosa, nell'attivismo che vede la comunità, a più livelli, collettivamente protagonista di __________ 10 - H. CASSIN, San Nicandro, Paris, 1957. 169 alcuni importanti momenti di socializzazione: predicazione, raduni speciali, campagne di evangelizzazione e testimonianza, ecc. Ed è questo il valore emergente nel secondo rilevante aspetto riscontrato nella religiosità popolare di questa zona: la proliferazione dei culti extra-liturgici. 2-2 A Torre Mileto, sulla costa tra Rodi Garganico e Cagnano Varano, una donna che afferma di avere le stimmate e di “essere la sorella della Madonna” è la leader di uno dei più recenti culti extra-liturgici pugliesi. Presso “l’erigendo Santuario della Madonna d'Altomare” di Torre Mileto ritroviamo molte caratteristiche che confermano la lettura finora condotta sulle locali forme di collettiva percezione del sacro ed è pertanto opportuno soffermarci sulla descrizione di questo culto, premettendo però che molte delle notizie raccolte sono lacunose, a causa della forte diffidenza degli organizzatori del culto nei confronti di persone che si avvicinano ad esso dall'esterno, senza quei requisiti di “fede sincera” che sono, secondo loro, l'unica garanzia per la comprensione di fatti eccezionali come quelli di Torre Mileto Mamma Lucia è una donna di circa 55 anni, originaria di Sannicandro Garganico, era emigrata da molti anni al nord e viveva con la sua famiglia (marito netturbino e quattro figli) a Sesto San Giovanni; lavorava in una sartoria, era molto legata alle devozioni tradizionali e si prodigava in opere di beneficenza. Aveva così molte amiche che la aiutavano in queste sue attività assistenziali. Un giorno, l'11 marzo 1970, sei di queste sue amiche stavano aspettando nella cucina della sua abitazione il ritorno della donna, quando all'improvviso in una gran luce videro la Madonna d'Altomare (questa Madonna è molto venerata in Puglia ed il suo Santuario si trova ad Andria, in provincia di Bari) che parlò loro per 28 minuti: “dalle ore 10,20 alle 10,48”. In un forte odore di incenso, dopo aver recitato il rosario, la Madonna le esortò ad ubbedire a tutti i voleri “della sua sorella Lucia”; soltanto in questo modo esse avrebbero potuto salvarsi dal “mondo pieno di peccato” e salvare quella parte dell'umanità che avrebbe scelto di ravvedersi; erano infatti imminenti delle catastrofi che avrebbero sconvolto la terra intera: terremoti in Pakistan, Turchia, ecc. e servire la Madonna significava costruire nel Sud, vicino al paese natio di Lucia, una nuova “Terra Santa”, un Santuario in cui meglio che altrove la potenza redentrice della Madonna 170 si sarebbe manifestata e proprio nell'opera di mamma Lucia e delle sue devote seguaci. Sempre circondata da quella gran luce la Madonna scomparve, lasciando sconvolte e spaventate le sei donne; arrivata mamma Lucia e messa al corrente dell'avvenimento, fu costretta a confessare che già da tempo anch'ella aveva visioni della Madonna. Queste apparizioni rientravano in un più vasto disegno del volere divino: Lucia si macerava nelle carni, che sono tutte piagate, faceva segrete penitenze e già da molto, insomma, serviva la Madonna. Tre anni dopo questa visione, Lucia e le sua amiche si trasferirono, alcune temporaneamente, altre più stabilmente a Torre Mileto per porre le basi del Santuario. Nel racconto della “fondazione” di questo culto ritroviamo alcuni stereotipi, ricorrenti abitualmente in diversi altri culti extra-liturgici presenti in Puglia. La visione rivelatrice; i messaggi catastrofici in cui il mondo malvagio è contrapposto “ai pochi eletti”; le penitenze del leader prescelto quale servitore particolare della divinità; la richiesta di costruzione di qualcosa che concretamente manifesti la potenza del divino: tutti questi elementi creano le basi di differenti forme di agiografia popolare, connesse tra di loro e perfettamente in simbiosi con le pratiche del cattolicesimo ufficiale. Questi fenomeni extra-liturgici sono presenti in tutto il Sud - soltanto tra Gargano e Capitanata esistono circa dieci casi, più o meno noti ed estesi, simili a questo, ma zone ugualmente significative sono la Campania e la Calabria con una forte compattezza, sia per quanto riguarda la partecipazione che per la autonoma creatività che caratterizza ciascuno di questi culti, i cui aspetti più rilevanti sono: - commistione tra magismo e devozionalismo tradizionale e quindi saldatura tra cultura tradizionale e bagaglio dottrinale cattolico (a cui si è precedentemente accennato); - entro questa saldatura proliferano messaggi configurati secondo gli obiettivi ideologizzanti della Chiesa ufficiale; - l'atteggiamento di questa è fortemente ambiguo, perchè alla iniziale polemica con questi “operatori sacri” e con i loro seguaci, segue la progressiva accettazione della loro attività11. ____________ 11- Sui culti extra-liturgici cfr.: FORME del sacro cit. e G. SANGA: Il peso della carne. Il culto millenaristico del profeta D. Maselli di Stornarella, Brescia, 1978. 171 La osservazione partecipante compiuta presso l'erigendo Santuario di Torre Mileto conferma tutto ciò. Ogni mattina tre o quattro pulmann, pieni di devoti provenienti dalle più povere zone del Meridione - Campania, Calabria, Molise, - zone interne della Puglia; ogni viaggio, andata e ritorno, costa dalle 5000 alle 7000 lire a persona si fermano sulla spiaggia antistante la “zona sacra”; per questi uomini e donne vestiti poveramente, segnati da quella “cultura della miseria” delineata da A. Rossi ne “Le feste dei poveri” (molti di loro portano con sé i figli; l'età media complessiva è intorno ai 40 anni, con forte prevalenza della partecipazione femminile su quella maschile) inizia la lunga attesa, che culminerà nella comparsa di mamma Lucia. Durante l'attesa, in gruppi, i devoti cantano canti di lode in onore di mamma Lucia, il cui motivo musicale ricorre anche nei canti di lode di altri leaders extra-liturgici (è molto sfruttato il motivo di John Brown) oppure canti in onore della Vergine (p.es. “Mira il tuo popolo”) o ancora canti religiosi su musiche,di canzonette popolari. Nel frattempo, le collaboratrici di mamma Lucia, tutte intorno ai 50 anni, vestite tutte alla stessa maniera, cioè come suore laiche (vestito nero, grembiale e foulard blu) organizzano l'attesa dei devoti, preparando del cibo che sarà poi diviso tra tutti i presenti oppure raccontando in piccoli gruppi ai devoti venuti per la prima volta il modo in cui la Madonna manifestò il suo volere. L'attesa, un altro elemento sempre ricorrente, è sfibrante, ma viene premiato dalla apparizione di mamma Lucia; alta, imponente, con le mani tutte avvolte in garza bianca (per nascondere le stimmate), costei viene accolta da forti battimani e da grida di saluto: “Mamma, mamma!”. Lucia saluta tutti da lontano, poi inizia a distribuire il cibo: tè e biscotti, oppure minestra calda, dopo aver imposto la precedenza agli uomini delle comitive; il cibo è da lei benedetto con gesti che ripetono la sacralità propria di tutti gli operatori del sacro (dai maghi ai sacerdoti); dopo che tutti hanno consumato il cibo, Lucia si copre di un mantello nero e va presso l'altare della Madonna, posto all'ingresso dell'erigendo Santuario, che è composto di due-tre modesti prefabbricati circondati da un recinto; lì ella predica, dopo aver detto l'Ave Maria e il Padre Nostro. La sua predicazione è molto povera di contenuti: generiche esortazioni al bene operare, alla preghiera soprattutto per i malati, i soldati, gli emigrati, ecc. Alla fine di questa predicazione, Lucia si chiude in un piccolo vano, del tipo di una cabina balneare, e riceve privatamente e singolarmente i 172 devoti le cui richieste sono: guarigione da malattie, consultazione per guai familiari, semplice saluto con benedizione di mamma Lucia e acquisto dell'olio benedetto e figurine sacre o souvenirs con l'immagine di Lucia; mentre questa riceve i devoti, continuano canti di lode. Inoltre, ogni 11 del mese ha luogo una particolare manifestazione di culto in cui viene ricordata, da una predica di mamma Lucia, la apparizione miracolosa del 1970. Questo culto è ormai conosciuto in tutti i paesi del Gargano e gran parte dei fruitori del devozionalismo ufficiale si recano da mamma Lucia o hanno intenzione di recarvisi; alcune donne anziane, nelle interviste fatte al riguardo, ricollegano l'attività di mamma Lucia a quella di Marietta di Ortanova (Foggia), la più antica devota-veggente pugliese, morta nel febbraio 1977, che nell'esercizio dei suoi “doni” (la preveggenza e la guarigione) si riferiva appunto alla Madonna d'Altomare a cui, con le offerte dei fedeli, era riuscita a dedicare una Chiesa, successivamente divenuta parrocchia. Infatti dopo molti anni di attriti, le autorità ecclesiastiche locali avevano accettato Marietta, con notevoli vantaggi sul piano pastorale ed economico. Indirettamente quindi la base popolare crea la successione, quando questa non è, come in altri casi da me studiati, denunziata esplicitamente. Naturalmente i gestori del culto, la cui organizzazione è strutturata gerarchicamente tendono ad escludere ogni rapporto con precedenti casi di visionarismo e sottolineano la straordinaria bravura di mamma Lucia nel compiere miracoli di guarigione. Per concludere, ci interessa sottolineare alcune cose: - anzitutto, la vitalità di questi circuiti di pellegrinaggi e in genere di queste forme di agiografia popolare, che, come ho già detto, rappresentano uno degli aspetti rilevanti della religiosità delle classi subalteme meridionali; - la specificità culturale del visionarismo collegata a queste zone; non si dimentichi che mamma Lucia è nata a Sannicandro, che la sua infanzia e giovinezza è stata impregnata di un'atmosfera magico-moralistica; che, infine, l'emigrazione al nord non ha significato rottura con la cultura di appartenenza, ma anzi lo stato di emarginazione di mamma Lucia e delle sue amiche, non tutte meridionali, ma tutte donne, ne ha vivificato alcune espressioni, il cui culmine è stato raggiunto nella visione collettiva del 1970, che ha sancito l'inizio dell'esercizio del culto; - l'ostinato riferimento al modello religioso egemone - organizzazione gerarchica della comunità di mamma Lucia, strutturata giuridicamente in 173 Ente morale, “Opera mamma Lucia-Delegazione di Foggia, telefono 41722”; assetto del Santuario; gesti e comportamenti delle collaboratrici, ecc. - ha in sé la forte carica di ambiguità presente in tanti aspetti della cultura folklorica. La cultura dominante è sempre presente ed affiora nei messaggi delle prediche e dei canti di mamma Lucia, ma ad essa ci si oppone nella costante creazione di spazi di autonoma gestione del sacro. Il clero locale contrasta decisamente le attività di mamma Lucia e tre anni fa a Sannicandro vi è stata da parte dei devoti della donna una esplicita contestazione nei confronti del vescovo che aveva osteggiato l'ingresso in Chiesa di questa e della sua gente. Ma, nonostante tutto, il culto sussiste e probabilmente conoscerà anche un incremento numerico; - questo “erigendo Santuario”, situato tra due camping, recentemente creati a Torre Mileto, piccolo centro balneare in espansione turistica, è forse l'immagine più emblematica della situazione socio-culturale del Gargano. A prima vista, infatti, sembra che la transizione dal vecchio al nuovo non avvenga se non entro queste realtà socio-religiose pericolosamente ambigue, in quanto ancora una volta i simboli e i gesti in esse ritornanti sono carichi di una funzione destorificante per i creatori ed i destinatari del loro messaggio. C'è da chiedersi a questo punto in quale misura nel Gargano la religione ufficiale tenga conto di questa percezione religiosa collettiva, impregnata di valori e comportamenti di tipo magico-miracolistico, elemento di fondo della religiosità espressa dalle classi subalterne. Dalla lettura delle recenti prese di posizione della gerarchia ecclesiastica locale, si può notare - ed è cosa ricorrente anche nel resto della regione - come in questa parte della Puglia il Concilio Vaticano II abbia inciso soprattutto sul piano della riorganizzazione ecclesiastica. Il buon funzionamento della parrocchia fa sì che essa ridiventi primario centro di socializzazione soprattutto nei paesi più piccoli: si tratta di una socializzazione di tipo nuovo rispetto a quella assolta dal cattolicesimo degli anni preconciliari, in quanto sugli elementi difensivi prevale la apertura, voluta dal Concilio, sul terreno dell'impegno sociale. Ma questa apertura è vissuta secondo le caratteristiche locali, per cui ogni istanza di rinnovamento passa attraverso le associazioni cattoliche tradizionali che apparentemente si autonomizzano rispetto alla Democrazia Cristiana, la cui forza nella gestione della vita politica locale rimane peraltro inalterata fino alla metà degli anni '70. L'associazionismo cattolico locale rimane dunque, nella propria forza ideologica ed organizzativa, pressocché impermeabile alla incidenza del 174 movimento del dissenso cattolico, i cui più significativi episodi a livello regionale (le comunità di base del Carmine a Conversano, provincia di Bari, e del Sacro Cuore a Lavello, paese lucano confinante con la Puglia) rappresentano gli unici momenti di stimolo e di confronto della nuova realtà emergente su base nazionale. La Comunità di Conversano sorge nel 1970 in seguito al trasferimento dalla parrocchia del Carmine del parroco don Vincenzo D'Aprile, che aveva iniziato una attività ecclesiale improntata ai valori conciliari. Il collegamento con le comunità dell'Isolotto e di Oregina, la azione successiva del nuovo leader, don Peppino Coscione, la composizione sociale di questa comunità che numericamente diminuisce via via che più nette e radicali diventano le scelte sociali e politiche costituiscono tanti elementi di riflessione per chi volesse ricostuire le fasi del movirnento comunitario di base in Puglia. Analoga è per certi versi la storia della comunità di Lavello, dove la figura di don Marco Bisceglia gioca un ruolo maggiore, costituendo fino al 1973 il punto di coagulo del movimento di base e dei Cristiani per il Socialismo di Puglia, Campania, Calabria e Basilicata. E molto simili sono stati gli esiti finali che caratterizzano la storia delle due comunità: le scelte politiche dei loro leaders, benchè del tutto differenti (militanza politica attiva nel PCI per Coscione, scelta radicale-libertaria per Bisceglia) in certo senso segnano la sorte di un discorso e di una lotta le cui implicazioni profetiche vengono frustrate e rese sterili da una situazione storica e ambientale che rifiuta e rende di fatto impossibile la confluenza sul terreno dell'impegno politico di più componenti sociali, riferentisi a matrici ideologiche diverse. Su questa impossibilità incidono molteplici fattori, tra cui le particolari realtà politiche locali, per esempio il clientelismo che nel Sud assume caratteri macroscopici e che sovente emerge come prassi politica anche nei partiti di sinistra, ostacolando la crescita democratica delle istituzioni. La situazione ecclesiale dunque non conosce altre alternative se non l’azione di gruppi giovanili isolati, prevalentemente studenteschi, di provenienza piccolo-borghese, che a un certo punto rompono con la istituzione-Chiesa e fanno scelte politiche “individuali”, sancendo ancora una volta non soltanto la rottura con la gerarchia ecclesiastica, ma anche la impossibilità di dialogo e di impegno con la base, con quanti cioè sono i primi destinatari di un messaggio di tipo diverso. E questo il caso di Peppino Normanno, insegnante di filosofia, laico impegnato nelle associazioni tradizionali e organizzatore del movimento 175 dei Cristiani per il Socialismo in provincia di Foggia, il quale, presentatosi come indipendente nella lista del PCI nelle elezioni del 1975, viene completamente emarginato dalle attività diocesane e parrocchiali; analoga è l'esperienza di Grazia Galante, insegnante di San Marco in Lamis. I margini e le possibilità di incidenza nella realtà religiosa locale restano per queste persone molto ridotti, limitandosi alla partecipazione a dibattiti e a conferenze, spesso organizzati da forze laiche e marxiste, su problemi quale l'impengo sociale del credente, i rapporti tra cristianesimo e marxismo, ecc. un processo di crescita che potrebbe essere in un contesto ecclesiastico di altro tipo, molto più rapido e fecondo. Così ancora una volta prevale nel rapporto istituzione ecclesiasticalaicato un atteggiamento che vede trionfare il più vieto significato di popolo: non al popolo di dio nella eccezione del Vaticano II si rivolge la gerarchia cattolica locale, ma al popolo genericamente inteso come massa informe da colonizzare ideologicamente. Un popolo che ha ancora le sue superstizioni, il cui significato deve essere epurato e fatto proprio dalla Chiesa nelle valenze ad essa più idonee. E questo il senso espresso dai diversi parroci da me intervistati intorno al problema della religiosità delle classi subalteme, le cui più compiute espressioni nella vita religiosa istituzionale emergono in alcuni momenti - le feste religiose, i pellegrinaggi ai Santuari, il caso-miracolo Padre Pio - che evidenziano la saldatura, di fatto avvenuta, tra visione magico-miracolistica della realtà, che abbiamo visto avere antiche radici culturali, e messaggio religioso funzionale al cattolicesimo conciliare e post-conciliare. La festa, evento culturale che assolve una ben definita funzione sociale, cioè divenire lo spazio privilegiato per la creazione di una realtà altra dalla condizione esistenziale, i cui aspetti negativi vengono esorcizzati, momentaneamente allontanati, nella cultura folklorica meridionale, è segnata dalla storia e dalle esigenze di questo cattolicesimo dagli intenti evangelizzatori. Infatti, coincidendo con alcune grosse occasioni liturgiche - penso ai rituali della Settimana Santa, alle feste patronali, alle processioni, ecc. - le feste hanno costituito, dagli anni della Controriforma in poi, per la Chiesa lo strumento più utile per gli intenti didattici che essa si proponeva nella evangelizzazione delle masse rurali. Nel Gargano le feste religiose più importanti si polarizzano intorno ad alcuni Santuari la cui storia è appunto determinata dal processo di acculturazione a cui ho precedentemente accennato. Infatti il Gargano è attra176 versato dalla cosiddetta Via dei Santuari, chiamata anche la Via Sacra dei Longobardi, che da San Severo passa per San Marco in Lamis e arriva a Monte S. Angelo. I più importanti Santuari della zona, Santa Maria di Stignano, San Matteo di San Marco in Lamis, San Michele di Monte S. Angelo richiamano ogni anno migliaia di devoti, provenienti da altre regioni italiane e dai vicini paesi del Tavoliere. E soprattutto la festa di San Matteo, il 25 settembre, a richiamare un gran numero di devoti provenienti da Cerignola e Manfredonia; in questi ultimi anni però questo Santuario ha subito un certo declino, coincidente molto probabilmente con il declino della fiera del bestiame che insieme alla festa religiosa richiamava una grossa affluenza di piccoli proprietari terrieri, contadini, pastori. Tutti questi Santuari, dunque, rispecchiano le esigenze evangelizzatrici suddette; ma per la presente relazione che tende essenqialmente a registrare i mutamenti socio-culturali avvenuti anche in questo ambito negli ultimi decenni, è illuminante fare il punto sulla attività del più grosso Santuario mariano della zona, quello dell'Incoronata in provincia di Foggia, dove gran parte dei partecipanti alla festa e al pellegrinaggio proviene proprio dai paesi del Gargano. Le “compagnie” di Ischitella, Mattinata, Manfredonia, San Giovanni Rotondo intervengono alle celebrazioni in onore della Madonna, celebrazioni che durano l'ultima settimana di aprile; da San Giovanni Rotondo inoltre ben tre compagnie partecipano con i carri addobbati alla sfilata del venerdì pomeriggio. Nella gestione della festa e dei pellegrinaggi in onore di questa Madonna nera, che nella iconografia appare su di un albero, si possono cogliere alcuni elementi estremamente interessanti per quel che riguarda il rapporto tra Chiesa istituzionale e religiosità folklorica e relativi processi di ideologizzazione. Il Santuario dell'Incoronata fu affidata nel 1950 dal vescovo di Foggia, Monsignor Farina, all'ordine dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione) che costruirono sul luogo in cui aveva sede l'antica chiesa un nuovo Santuario, corredato da altre costruzioni che fanno di questo luogo un centro di culto del tutto funzionale all'antico costume del pellegrinaggio. La “miracolosa” apparizione della Vergine risale al 1001: non è un caso che essa sia apparsa nel bosco del Cervaro, centrale punto di passaggio delle mandrie dei pastori che dagli Appennini che circondano il Tavoliere portavano qui le loro greggi a svernare; in questo bosco - dicono alcune fonti anticamente si venerava Diana, dea della caccia. 177 La esistenza di una doppia versione della leggenda della apparizione secondo alcuni autori la Madonna sarebbe apparsa ad un feudatario locale, forse il conte di Ariano, che stava cacciando nel bosco, secondo altri ad un contadino - denunzia la ambivalenza di significati costantemente presente nei fatti culturali: l'esistenza di un privilegio del povero contrapposto a quello del nobile adombra la esistenza di una duplice, in quanto risalente a due diverse collocazioni di classe, fruizione del sacro. Ma questa contrapposizione viene superata e vinta nella narrazione attuale della leggenda, così come possiamo leggere dai foglietti devozionali distribuiti presso il Santuario. “La Vergine apparve nel bosco ad un signore, cui mostrò una statua chiedendo venisse posta in venerazione in apposita cappella, ed assicurando che sarebbe stata larga di grazie a chi l'avesse pregata dinanzi a quel simulacro. Sopraggiunge un contadino che appese ad un ramo della quercia dell'apparizione una calderella trasformata, con un pò di olio, in rustica lampada. Si costruì una prima cappella che l'affluenza del popolo e le grazie concesse fecero trasformare rapidamente in tempio, con connesso convento ed opere di carità”. Questa versione proclama il messaggio, reso dalla Chiesa universalmente valido, della inesistenza delle differenze sociali davanti al divino e su questa versione si innesta la più complessiva tradizione del pellegrinaggio, i cui aspetti più rilevanti si trovano anche in molti altri comportamenti devozionali. Le forme di comportamento più antiche, ma ancora presenti nel pellegrinaggio all'Incoronata, sono: “a) i tre giri, che i devoti compiono prima di entrare nel tempio: traccia della gran devozione trinitaria dei basiliani o preparazione all'entrata?; b) gli scalzatori: tre strade a raggiera puntano sul Santuario, ad un chilometro dalla meta la guida avverte, si fa sosta e chi ne ha fatto voto si scalza, indossa apposite calze di lana sul cui fondo è stata cucita un po' di pelle; indi, si raggiunge il Santuario. Tale uso è quasi scomparso e qualche raro caso lo si nota fra i pellegrini di paesi interni o di montagna; c) il radunarsi dinanzi alla porta della Chiesa, entrandovi insieme e portandosi ginocchioni, pregando, fino all'altare; ed alla partenza, retrocedere, senza volger le spalle alla Vergine e pregando, a piccoli passi al canto di litanie o di toccanti laudi. La scala che porta alla Vergine è detta “scala santa” e molti la salgono recitando una antichissirna triplice invocazione, di intonazione trinitaria”12. ____________ 12 - G. DE MEO, L'Incoronata di Foggia, Foggia, 1975, p. 58. 178 La consuetudine del pellegrinagio a piedi è diffusa in diversi paesi del Gargano. Per esempio, da San Marco in Lamis ogni anno a maggio parte una compagnia di devoti (circa 400 persone) per il Santuario di San Michele, a Monte S.Angelo. “Il viaggio a piedi dura tre giorni; nel primo giorno c'è il raduno all'alba nella Chiesa Madre, dove il Padre accompagnatore benedice i pellegrini che nel nome del Signore si avviano, zaini in spalla, verso S. Giovanni Rotondo. A mezzogiorno si fa una sosta di due ore in una località detta Compolata in cui vi è pure una “piscina” che raccoglie le acque di scolo e meteoriche della zona. Si consuma qui il pasto principale della giornata. Verso le 14 si riprende il viaggio fin sotto la costa della grotta. Qui, dopo una breve sosta per riprendere fiato, incomincerà la penitenza vera e propria; i “romei” (i pellegrini) si caricano di una pietra che oltre al bagaglio portano fino alla grotta lungo l'erta impervia del Monte Santo. Verso le 17 si arriva a Monte S. Angelo e, dopo una sommaria pulizia, i romei si dispongono in fila e, al canto di una appassionata canzone dedicata al Glorioso Santo, entrano o meglio discendono nella grotta per la prima visita. Si prende poi un alloggio di fortuna e l'indomani c'è la visita vera e propria con messa e comunione generale. Nel terzo giorno, dopo l'ultima visita al Santo, si riprende la via del ritorno, osservando lo stesso itinerario e le stesse soste dell'andata. Si arriva a San Marco verso le 21. Si fa la sfilata per le vie del paese e infine si va nella chiesa madre per ringraziare il Signore per il buon esito del pellegrinaggio”13. Tornando all'Incoronata, possiamo vedere come l'aspetto più tipico di questo pellegrinaggio risiede nella sfilata (che si svolge l'ultimo venerdì di aprile) di carri e trattori addobbati riccamente, su cui bambini vestiti da angeli, santi, e madonne, rappresentano la leggenda della apparizione della Vergine. La Cavalcata degli Angeli ha una origine storica incerta; incrementata in questi ultimi anni dal Santuario, in quanto fonte di richiamo per moltissime persone, soprattutto a causa degli aspetti pittoreschi che fanno di questa sfilata una sorta di carnevale sacro, questa usanza si ricollega all'antica abitudine di bardare i cavalli e i carri e di sfilare davanti al ____________ 13 - Testimonianza scritta resami dall'insegnante Antonio Scarano di San Marco in Lamis, organizzatore del citato pellegrinaggio. 179 Santuario per devozione o per esplicito voto. La prevalenza dell'atteggiamento votivo nella religiosità popolare pugliese denunzia l'esistenza di un rapporto in certo senso contrattuale tra individuo e divinità, percepita come un padre che elargisce beni ma esige favori. Questa visione religiosa corrisponde ad un orizzonte culturale ancora solidamente contadino. Sono infatti legati ad un'economia prevalentemente rurale i devoti dell'Incoronata. Provenienti dai paesi più interni della Puglia e della Basilicata essi vivono una situazione di estrema precarietà sul piano economico: la crisi dell'agricoltura, che ha colpito queste zone, li ha costretti dalla fine degli anni '50 in poi ad un progressivo esodo dalla terra; e questa precarietà si riflette sul piano culturale, incrementando la partecipazione a queste feste religiose in cui le motivazioni prevalenti - riconoscimento di una propria realtà locale, incremento della tradizione, ecc. - giocano un ruolo di primo piano. Significativamente in un carro, su un mappamondo di cartone che fa da sedile ai bambini che raffigurano la Trinità, rispettivamente vestiti da Figlio e da Eterno Padre, sono scritti soltanto i nomi dei due paesi più vicini alla compagnia che ha allestito il carro: Palazzo San Gervasio e Venosa: grezzo tentativo di affermazione della propria identità culturale, richiudendola in un orizzonte delimitato dai simboli e dai gesti appartenenti all'antico rituale di omaggio, reso a questa Madonna Nera. Sono anche altre le motivazioni sottese al comportamento votivo della Cavalcata degli Angeli in cui per numerosi paesi (Minervino, Palazzo San Gervasio, Castelluccio Val Maggiore, San Giovanni Rotondo, S. Agata di Puglia, Ordona, Carapelle, Ortanova, Tricarico, Stornara, Stornarella) partecipanti ad essa la sfilata diviene anche motivo di esibizione competitiva tra gruppi e compagnie appartenenti allo stesso paese o tra gruppi di paesi diversi. Abilmente, ogni anno, i padri del Santuario premiano il carro meglio addobbato, fomentando le valenze competitive presenti in questo e più in generale in tutte quelle forme devozionali che tendono a rendere visibile, in occasione di determinate manifestazioni di culto, tanto la richiesta religiosa emergente che l'intervento miracoloso ottenuto: penso alla festa dei SS. Medici a Bitondo (Bari) in cui i devoti si caricano di ceri enormi, sfilando in processione, oppure alle feste in cui si concorre per portare la statua del Santo (Adelfia, Altamura,ecc.). Inoltre, in questi ultimi anni in cui si registra da parte della Chiesa l'esigenza di una tenuta sul terreno del sacro per contrapporsi al fenomeno più generale della desacralizzazione in atto, la Calvalcata degli Angeli si 180 arricchisce dell'attivo contributo dei parroci locali che rendono le piccole Sacre rappresentazioni componenti la sfilata occasione per un nuovo pedagogismo. Così, vediamo in questi ultimi anni la processione dei carri arricchirsi di una simbologia esplicitamente legata alla dottrina cattolica: sui carri troneggiano i simboli sacramentali, viene rivissuta dai bambini la rappresentazione della trinità, dell'Ultima Cena o della Crocifissione e il motivo leggendario della Sacra Apparizione si intreccia alle sacre rappresentazioni della Via Crucis interpretate da giovani adulti. Ma la grande partecipazione alla festa ed al pellegrinaggio non illude i Padri di don Orione circa lo scarto esistente tra questa partecipazione e la frequenza ai Sacramenti: nell'ultimo mese di maggio secondo don Antonio Carboni, uno dei gestori del Santuario su 800.000 devoti visitatori del Santuario sono stati distribuiti soltanto 32.000 comunioni. Il divario tra religioni di chiesa e istanze partecipative di altro tipo attesta ancora una volta l'esistenza di una religiosità altra da quella dominante: in questo ambito, la Cavalcata degli Angeli sembra costituire per i devoti della Puglia settentrionale e della Basilicata il momento più favorevole per realizzare quel protagonismo mai pienamente conseguito nella subaltemità del loro vissuto. Concludendo, vediamo come la realtà religiosa del Gargano, al di là di alcune caratteristiche locali, non si discosti molto dalla situazione socio-religiosa presente in tutto il meridione. La fruizione del sacro qui non fornisce alcuna possibilità di una collettiva presa di coscienza critica nei confronti del reale: essa non è momento di riscatto dalla alienazione e dalle contraddizioni sociali esistenti, anzi, nelle devozioni popolari si verifica il costante rafforzarsi dei legami con una visione del mondo arcaica, regressiva, legittimante lo staus quo. Questo legarne con il magismo, lo ritroviamo , per esempio, nell'uso di alcuni elementi simbolici, quale l'unzione con l'olio benedetto, preso dalla calderella della sacra apparizione dell'Incoronata; la percezione magico-taumaturgica della realtà viene trasmessa, a livello di massa, entro i modelli devozionali e non aiuta l'individuo a porsi davanti al rapporto cosmo-natura in maniera diversa, responsabilizzata e responsabilizzante. Lo stesso caso Padre Pio non appare altro che la logica conseguenza di questo contesto culturale: il visionarismo e la preveggenza nel Gargano e nella Capitanata possono essere definite vere e proprie componenti strutturali dell'universo religioso, anche nel suo organico rapportarsi ad una gestione dei suoi “doni” diretta da certi settori del cattolicesimo istituzio181 nale. La creazione dell'ospedale (Casa Sollievo della Sofferenza) e di tutto il monumentale luogo di culto connesso al Convento dei Cappuccini, la organizzazione di un turismo religioso certo molto diverso per le forme della partecipazione dal turismo povero dei devoti dell'Incoronata, della Madonna dell'Altomare e dei vari visionari e guaritori, ma molto simile per la identica percezione religiosa, sono pienamente riconducibili al quadro culturale descritto finora. 182