religiositá popolare e mutamento culturale nell`arco 1965

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religiositá popolare e mutamento culturale nell`arco 1965
Gargano: religiositá popolare e mutamento
culturale nell'arco 1965 - 1978
di
Miriam Castiglione
Presentazione di Nicola Pantaleo
Undici anni orsono, nel giugno del 1982, si spegneva a soli 36 anni, vittima di una
crudele, rara infermità, che aveva già stroncato la sua amatissima sorella Lilly, Miriam
Castiglione, certamente una delle figure più significative della ricerca antropologico-religiosa in
terra di Puglia.
Ricercatrice presso l'Istituto di Storia Moderna della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Università di Bari, autrice dei volumi I Testimoni di Geova: ideologia religiosa e
consenso sociale (Torino, 1981) I professionisti dei sogni (Napoli, 1981) e di
numerosi saggi apparsi su varie riviste e in lavori collettanei, la Castiglione ha elaborato una
personale metodologia di ricerca alimentata ad un tempo da letture sistematiche di storia,
sociologia, teologia, teoria della politica e da una rete fittissima di interviste, registrazioni,
consultazioni condotte con scrupolosa professionalità ma anche con una forte partecipazione
etica e spirituale. Formatasi alla scuola di Ambrogio Donini, collaboratrice dell'Istituto
Gramsci, animatrice di iniziative politiche e culturali, i suoi molteplici interessi si sono presto
indirizzati, sotto la guida ferma e stimolatrice di Vittorio Lanternari, verso l'analisi della
religiosità popolare, di cui ha indagato con mente lucidamente critica, ma anche con profondo
rispetto e umana simpatia, le espressioni più peculiari, esplorandone i meccanismi genetici e gli
effetti sociali.
Il presente studio, che pubblichiamo con alcuni ritocchi marginali resi necessari dalla
occasionale lacunosità del dattiloscritto originario, è stato proposto alla fine del 1978 nella
forma di una “Relazione tecnica” sulla religiosità popolare nel Gargano per una ricerca
sociologica su “mutamento sociale e mezzi di comunicazione di massa nel Gargano”, condotta
da Sabino Acquaviva, sociologo della Facoltà di Scienze politiche dell'Ateneo patavino*. La
relazione è stata successivamente presentata nel corso di un
____________
* S. ACQUAVIVA- G. EISERMANN, La montagna del sole. Il Gargano: 14 anni di
storia fra due inchieste (1965-1978). Torino, 1982, p. 275, nota 7.
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convegno-seminario su “Istituzioni e cultura di base”, organizzato dalla Direzione della
Biblioteca provinciale De Gemmis di Bari e dalla Regione Puglia nel gennaio del 1979. La
ricerca che lo sostanzia s'inserisce in una più ampia indagine socio-antropologica dei culti
extra-liturgici emergenti nell'ambito della cultura contadina meridionale. Come si legge nella
breve presentazione de I professionisti dei sogni, “nella loro commistione di elementi
arcaico-magici e di forme devozionali risalenti al cattolicesimo ufficiale, questi culti attestano la
complessità della problematica legata alla nozione di “religiosità popolare”.
Partendo da una considerazione privilegiata delle zone più marginalizzate delle classi
subalterne costituite da giovani e donne, la Castiglione ne verifica la “specificità culturale”, sia
pure all'interno di una “circolarità culturale” che le rapporta organicamente alle espressioni
della cultura religiosa ufficiale verso la quale non si determinano forme di contestazione
ideologica. I comuni garganici maggiormente interessati dall'indagine sono Sannicandro
Garganico, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo.
Una prima parte dello studio indaga la situazione socio-religiosa, evidenziandone
alcune espressioni magico-esoteriche quali la credenza nelle presenze extra-umane, la fattura, il
malocchio e la divinazione per lo più applicata alla salute, al matrimonio e alla predizione del
futuro: emerge in questo ambito la figura di Michele di Sannicandro Garganico. Si fa altresì
riferimento alla consistente presenza di forme di religiosità “dissidente”: le comunità evangeliche
dei Fratelli pentecostali e i Testimoni di Geova.
Nella seconda parte si analizzano i culti extra-liturgici, in particolare le apparizioni
della Vergine con il corredo di santuari e pellegrinaggi di massa, come nel caso esemplare di
Mamma Lucia, e le feste patronali.
Ne emerge un quadro mosso e variegato nel quale agiscono slanci irrazionalistici ed
esigenze profonde di liberazione dalle frustrazioni della condizione socio-economica, intrecciati
dialetticamente alle pratiche devozionali della tradizione cattolica.
Premessa teorico-metodologica
I-I
Questa relazione sulla religiosità (ufficiale e popolare) nel Gargano e sui
cambiamenti culturali verificatisi negli ultimi 10-15 anni, rilevabili soprattutto
nella condizione femminile e giovanile, è di carattere essenzialmente descrittivo.
I motivi che ne hanno determinato questi limiti nella lettura di una
situazione che è invece estremamente complessa e che richiederebbe una
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analisi molto più articolata, vanno ricercati nella mancanza di documenti o di
dati scritti o/e elaborati sulla realtà socio-religiosa locale, nella scarsa
disponibilità del clero locale alle interviste e al dialogo, nella brevità del tempo
avuto a disposizione, ecc. Comunque prima di entrare nello specifico del
discorso, è necessario chiarire gli spunti teorico-metodologici su cui si è basata la
presente indagine.
Il punto di partenza di questa è, come ho sopra detto, la situazione
socio-religiosa nel Gargano e in particolare le forme di religiosità espresse dalle
classi subalterne. Tutto ciò deve, ovviamente, essere analizzato tenendo conto
dei mutamenti e delle trasformazioni socio-economiche avvenute in questa
zona nell'ultimo decennio e quindi del rapporto che, a livello culturale, viene ad
articolarsi tra elementi arcaici, tradizionali e modelli di vita provenienti
dall'esterno, dovuti a processi quali la scolarizzazione di massa, la emigrazione,
lo sviluppo turistico, ecc.
Protagonista di questo travagliato contrapporsi di vecchio e di nuovo
non è quel “popolo” genericamente inteso su cui hanno speculato tanto le
tradizionali correnti di studi demologici che un certo tipo di teologia e di
pastorale, ma è l'insieme di più classi sociali, legate a ben precisi meccanismi
economici, che nelle credenze e nei modelli di comportamento esprime il
proprio essere sociale.
In particolare, alcuni gruppi sociali - le donne e i giovani - all'interno
della propria collocazione di classe, che è comunque subaltema rispetto alla
situazione strutturale complessiva, vivono in prima persona le contraddizioni e i
conflitti di questo processo trasformativo e, nonostante tutto, rappresentano
una realtà sociale emergente e potenzialmente carica di innovazioni.
Questo è dovuto da un lato alla importanza, non ancora
sufficientemente studiata, del ruolo femminile nella cultura contadina o di
origine contadina: l'essere preposta, in quanto donna, nella famiglia alla
trasmissione dei valori, alla mediazione tra mondo esterno e realtà familiare,
ecc. rende la figura femminile estrememente importante in questo contesto. Su
di essa e sul suo ruolo il mutamento sociale incide in modo più drammatico,
proprio in misura proporzionale alla importanza sociale che essa ha nel
quotidiano: rapporti interpersonali nel vicinato e nella parentela, educazione dei
figli, riproduzione del consenso, ecc.
Analogamente, d'altro canto, le più giovani classi di età, per la loro
ricettività dei modelli culturali di massa, per il loro protagonismo in fenomeni
rilevanti quali la scolarizzazione, la ricerca di prima occupazione, i cui sbocchi
sono per la maggior parte fuori del Gargano e del Sud Italia
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in genere, l'impegno sociale e politico, ecc. rappresentano concretamente, nel
proprio vissuto, le trasformazioni in atto.
Ora, in questo contesto che è comunque toccato da profondi
cambiamenti, il fatto religioso rappresenta ancora un aspetto importante, direi
quasi totalizzante nella cultura locale. Appunto, la specificità culturale delle forme
di religiosità popolare presenti nel Gargano rappresenta il primo dato
significativo di questa indagine; questa specificità era stata già intravista e
indicata, in modo peraltro abbastanza sommario, da Emesto De Martino in un
suo articolo su alcuni fenomeni religiosi del Gargano 1.
Il visionarismo e la preveggenza, egli diceva, sono caratteristici di questa
zona ed hanno radici storiche molto antiche: nel culto di Podalirio e di
Calcante2, affiorava quel legame con la religione della Magna Grecia, su cui si
era poi innestato il cristianesimo, con forme devozionali di diverso tipo: dal
culto di San Michele Arcangelo alle visionarie extra-liturgiche, alla operazione
Padre Pio che di già presentava prospettive agiografiche. E la forza con cui il
cattolicesimo ufficiale si era radicato in questa zona e la capacità dei processi di
ideologizzazione ad esso collegati (tutto l'articolo, scritto alla fine degli anni '50
rispecchia, anche nei toni sbrigativamente anticlericali, la drammaticità di questo
periodo: cattolicesimo e comunismo su due blocchi contrapposti ecc.)
risalivano appunto a motivi storico-culturali che rendevano e rendono il
Gargano molto diverso, nella sua realtà religiosa, da altre zone della stessa
Puglia: penso in particolare al Salento ed alla terra di Bari.
Nella presente indagine ho ritenuto opportuno tener conto di questa
specificità che è comunque presente in ogni tipo di realtà che si va ad analizzare
e che invece è solitamente trascurata da analisi di tipo sociografico 3.
I-2
Non a caso, infatti, la importanza della variabile “cultura”, nel senso
sopradetto, è sottolineata dai recenti sviluppi di alcune tra le più aperte correnti
di storiografia religiosa, facenti capo alla storiografia francese delle Annales e alle
problematiche di storia sociale a queste collegate.
__________
1 - E. DE MARTINO, Furore, simbolo, valore, Milano, 1962.
2 - F. PERNA, Il Gargano nella preistoria in “Gargano Studi” Rivista del Centro
Studi Garganici, 1978, pp. 5-15.
3 - FORME del sacro in un'epoca di crisi, Napoli, 1978.
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Penso alla definizione di “cultura folkloristica” presente negli studi di J.
Somitt e C. Ginzburg, definizione che, nonostante gli attacchi fideistici a cui è
sottoposta, rappresenta uno spunto di indagine fecondo sia nella ricerca
storiografica che in quella socio-antropologica, da cui comunque mutua gli
strumenti di approccio più utili al riguardo4.
Sul piano metodologico infatti sono basilari l'importanza e la validità di
questo concetto e il suo collegarsi agli aspetti storici di fenomeni religiosi, che se
in apparenza sembrano non avere altra storia, se non quella della emarginazione
e della subalternità, nella realtà hanno caratteri e dinamiche determinati da
molteplici fattori culturali.
Quindi, una analisi della religiosità popolare aperta agli stimoli di una
lettura che sia antropologica oltre che storica può aiutare a superare il rischio
ricorrente in questi ultimi anni nell'ambito degli studi post-demartiniani e cioè la
tentazione di contrapporre in maniera dicotomica, oppositiva, la cultura delle
classi subalterne a quella delle classi dominanti5.
Questo tipo di interpretazione conduce ad una lettura tutta
sovrastrutturale del fatto demologico e, nel caso in questione, della religiosità
popolare. Questi limiti emergono, per esempio, nella impostazione del
Convegno sulla religiosità popolare, promosso dal Movimento dei Cristiani per
il Socialismo, (Messina, novembre 1976). In esso si tendeva, nel tentativo di
dare valutazioni tutte in positivo del non egemone, a tacere sui mille nodi che
legano le espressioni religiose subalterne alla religione dominante, le cui realtà
istituzionali si contrappongono certo alle realtà di base, qualora esse divengano
pericolose per l’establishment ecclesiastico, ma prevalentemente coartano,
plasmano, incanalando queste negli sbocchi ideologici ad esso più idonei. Non
si può meccanicamente contrapporre il subalterno all’egemonico, in quanto in
tutti gli aspetti della cultura folklorica (dalla religione all'arte, alla musica, alle
forme di vita materiale, ecc.) esiste una costante circolarità culturale, la cui
incidenza va poi ricondotta alle dinamiche di classe che in prima istanza
determinano i fatti culturali6.
__________
4 - “Ricerca di storia sociale e religiosa”, n. II, 1977. Numero monografico dedicato
a Religione e religiosità popolare “Quaderni storici” 41 (1979), numero monografico dedicato
a Religione delle classi popolari.
5 - L. LOMBARDI SATRIANI, Antropologia culturale e analisi della cultura
subalterna, Firenze 1974; Culture subalterne e dominio di classe, in “Classe”, n. 10 giugno 1975,
pp. 3-26.
6 - C. GINZBURG, Il formaggio e i vermi: introduzione, Torino, 1976.
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La analisi della situazione socio-religiosa del Gargano, i cui aspetti più
significativi illustrerò tra breve, conferma tutto ciò.
Infatti le forme di religiosità popolare qui riscontrate hanno una netta
caratterizzazione di classe: esiste cioè la religione dei poveri (feste, riti, credenze)
che non è quella dei ricchi, la cui partecipazione religiosa non va al di là dei
significati di legittimazione sociale, soddisfatti appunto nella frequenza alle
messe, alle ricorrenze liturgiche, ecc.; questa connotazione classista peraltro non
esprime alcuna contestatività nei confronti dell'assetto sociale esistente, ma,
passivamente, nel rapporto individuo-trascendenza elaborato dalla percezione
religiosa collettiva, ripropone un messaggio universalmente metaclassista in cui
vengono sanciti le divisioni di classe, il diffuso malessere sociale, le ingiustizie,
ecc. Gli obiettivi di ideologizzazione perseguiti dalla Chiesa ufficiale e dalle
classi egemoni si realizzano nella tenuta dei valori tradizionali, che viene ad
attuarsi appunto nella saldatura tra valori propri alla cultura folklorica (il
magismo, il simbolismo mitico-rituale, ecc.) e la cristianizzazione più o meno
sincretica condotta su questi. In questa relazione la presenza del cristianesimo
ufficiale a livello locale viene vista essenzialmente in rapporto a questa sua
funzione. La Chiesa cattolica è infatti presente come strumento connettivo di
una realtà estremamente composita, le cui espressioni socio-culturali solo
formalmente sono altro-da quelle dominanti, in quanto, mancando a questa
realtà sociale l'egemonia e il protagonismo nei processi di trasformazione
socio-economica in atto, manca la fruizione di classe della propria storia
culturale.
I-3
La realtà socio-economica e culturale del Gargano conferma questa
ipotesi di ricerca, secondo cui non esiste nella religiosità delle classi subalterne di
questa zona alcuna forma contestativa o di opposizione alla religione ufficiale; la
dimensione religiosa rappresenta ancora una volta la espressione
sovrastrutturale di profonde contraddizioni economiche e da esse non parte
alcuno di quei processi trasformativi che invece vengono generati da fattori
quali la scuola, come forma primaria di socializzazione, l'associazionismo
politico e sindacale, la emigrazione di ritorno. Avendo come base questa
premessa, derivatami da una prima presa di contatto con la realtà locale (estate
1978), ho ritenuto opportuno scegliere per la sua verifica alcuni paesi interni del
Gargano: in particolare Sannicandro Garganico, San Marco in Lamis, San
Giovanni Rotondo, Monte S. Angelo - poiché in essi i cambiamenti sociali
sono molto più lenti che nei paesi
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costieri, dove invece il potenziamento delle strutture turistiche e la differente
situazione socio-economica accelerano il processo di deculturazione che sta
investendo a più livelli, nel Sud Italia, la cultura folklorica. Questi paesi sono
quindi molto più significativi ai fini di una lettura antropologica della realtà
culturale locale.
La metodologia seguita in questa indagine, le cui fasi successive si sono
svolte nel settembre-novembre 1978, a più riprese, si è articolata in:
- interviste ad informatori locali, operatori culturali, dirigenti di partiti ed
associazioni, devoti dei culti extra-liturgici e delle feste religiose, clienti del
mago-veggente, clero locale;
- osservazione partecipante a rituali extra-liturgici e feste religiose;
- ricerca bibliografica presso la Biblioteca provinciale di Foggia sulla
pubblicistica religiosa locale;
- raccolta, coordinata secondo una metodologia di cui riferisco a parte,
di alcune storie di vita, scelte come appendice documentaria alla presente
relazione.
La situazione socio-religiosa
2-I
La compattezza della cultura tradizionale e la sua incidenza nella
mentalità collettiva e nei comportamenti emergenti si esprime nel Gargano in
quasi tutti gli aspetti della religiosità delle classi subalterne.
La persistenza, a più livelli di classe e di età, di una percezione di tipo
magico nel rapporto uomo-natura si riversa infatti in gran parte nelle forme
devozionali proprie del cattolicesimo locale, ma è presente anche in quei livelli
di quotidianità che non hanno in sè alcunchè di religioso.
Ancora oggi, quindi, a San Marco in L. e a Sannicandro G., si crede nella
esistenza di esseri fantastici, gli gnomi; chiamati in dialetto “scazzamuredd” o
“angeluzz”, questi esseri vivrebbero nelle case e la loro presenza, di natura
positiva, non pericolosa per l'individuo, sarebbe rivelata da episodi strani e
inspiegabili (rumori di mobili, oggetti spostati, ecc.). Questa credenza, presente
anche in altre aree meridionali7, rivela la
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7 - E. DE MARTINO, Sud e magia, Milano 1959; E. GUGGINO, La magia in
Sicilia, Palermo, 1978; A. DE SPIRITO, Il paese delle streghe, una ricerca sulla magia nel Sannio
campano, Roma, 1976.
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diffusa concezione della dipendenza dell'individuo e del gruppo di
appartenenza da forze extra-umane mai pienamente dominabili.
Anche i rapporti tra gli individui sono improntati a questa precarietà, i
cui risvolti potenzialmente negativi incidono potenzialmente sul possesso di
alcuni beni fondamentali: la salute, la sicurezza, la casa, ecc. Il mezzo più idoneo
per mantenere questi privilegi o comunque difenderli accanitamente era fino a
poco tempo fa (non più di 20 anni addietro) la fattura, alla cui pratica erano
preposte dalla tradizione locale in prevalenza donne che elaboravano filtri o
compivano operazioni magiche, il cui scopo era quello di possedere la volontà
dell'individuo, a cui la fattura era destinata, e piegarlo ai propri voleri.
Amore, gelosia, invidia, vendetta, ecc. erano i moventi che spingevano i
clienti del fattucchiere a rivolgerglisi per ottenere tanto beni come la salute, il
matrimonio la sistemazione economica, ecc. che mali; da usare contro i nemici:
la malattia e la morte. In generale, si chiedeva al fattuchiere la sicurezza
psicologica che proveniva dalla sensazione di dominare il reale.
La credenza nella fattura si è oggi molto rarefatta, tranne che in alcune
realtà su cui mi soffermerò più avanti; tutte le testimonianze raccolte al riguardo
parlano di questa pratica come di un fatto antico e superato, che però aveva
una sua indubbia efficacia: gli intervistati anziani erano a conoscenza di casi di
morte per fattura, i più giovani ne conoscevano indirettamente l'efficacia per i
matrimoni. (Sannicandro Garganico, San Giovanni Rotondo).
Si crede ancora, in maniera generalizzata, soltanto, nel malocchio o affascino.
Secondo questa credenza, lo sguardo malevolo di una persona provocherebbe,
anche senza reali e preordinate idee di danno, il mal di testa che, avuto con
questa causa, può guarire facendo compiere ad una persona competente un
rituale che è al contempo diagnostico e terapeutico. In un pò d'acqua posta in
un piatto si mettono tre gocce di olio, tre grani di sale, tre di carbone;
l'operatore si fa il segno della croce e recita formule magico-sincretiche; dalle
dimensione che le gocce di olio assumono nel piatto, l'operatore può dire se vi
è affascino e quindi garantire la guarigione, che comunque si ottiene soltanto se si
crede veramente nel rito che si sta compiendo.
Nell'affascino credono anche i giovani (S. Marco in L., Sannicandro, S.
Giovanni R.), ma la sua pratica è diffusa soprattutto tra le donne dai 40 anni in
su.
È anche molto vivo il legame con il mondo dei defunti, la cui entità non
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è mai percepita negativamente, proprio per il valore socializzante e positivo che
assume l'ideologia della morte nella cultura folklorica. L'al di là è concepito
come prolungamento della vita terrena e il rapporto vivi-morti, coltivato sia nei
rituali religiosi che nelle credenze tradizionali, serve per esorcizzare i danni
molto spesso economici, oltre che affettivi, che la morte di una persona cara
procura.
La persistenza di questo mondo di valori, che è veramente differente
rispetto ad altre forme culturali presenti nel Sud, si va progressivamente
svuotando delle funzioni di un tempo, proprio in rapporto alle modificazioni
sociali che sono avvenute soprattutto nella famiglia, nella parentela e nel
vicinato. Il fattore disgregante la realtà sociale di questi gruppi è stato
determinato principalmente dalla emigrazione, ma anche altri aspetti interni
della locale dinamica culturale, per esempio il passaggio dalla realtà contadina a
quella terziario-impiegatizia, cambiando la situazione abitativa di molte fasce
sociali, ha causato la disgregazione fisica di queste piccole realtà associative
locali.
Ma, sorprendentemente, il magico sussiste ancora ed è presente con
caratteri che testimoniano il passaggio tra vecchio e nuovo nella figura del più
antico veggente pugliese: Michele ‘nda la Terra, ottantenne, cieco, di
Sannicandro Garganico.
Ormai rivestito di un alone di leggenda e di mistero, l'esercizio di
Michele si ricollega alle forme di divinazione presenti in questa zona da tempo
immemorabile.
È infatti il desiderio di conoscere il futuro, di “sapere qualche cosa” la
causa principale che spinge i clienti di Michele a fare lunghe, interminabili attese
nella sporca anticamera della sua abitazione nella Terra Vecchia, il più povero
quartiere di Sannicandro. Ma Michele è anche bravo nella cura dei reumatismi e
riesce a fare e a sciogliere fatture d'amore.
La composizione sociale dei clienti di Michelee il rapporto di credibilità
esistente tra lui ed i suoi compaesani danno la misura del mutamento che si sta
verificando anche in questo aspetto arcaico-magico della cultura locale. I clienti
di Michele provengono da diverse zone pugliesi, in prevalenza dal nord dalla
Puglia (Subappennino dauno, Foggia e paesi del Tavoliere), dal Molise, dalla
Campania e da diversi centri di emigrazione (prevalgono Torino e Milano).
Giungono tutti in macchina, molto spesso sono interi gruppi familiari:
molti di loro sono costretti a pernottare a Sannicandro, perchè la propensione
di Michele a “vedere” è collegata alle condizioni climatiche; se c'è molto vento
o se fa freddo Michele non vede e quindi le sue consultazioni,
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il cui prezzo è molto basso e varia dalle due alle tremila lire, sono rimandate
fino a che il tempo non migliora.
Come in molti altri casi di fruizione e di consumo del magico, la
prevalenza della partecipazione femminile su quella maschile è netta; prevale
anche, rispetto alla matrice contadina, la partecipazione di fasce di ceto terziario
e di piccola borghesia impiegatizia.
Le letture delle clienti che attendono di essere ricevute da Michele
vertono su fotoromanzi, Cronaca Vera, Novella 2000, le cui notizie più recenti e
clamorose vengono discusse e commentate collettivamente.
Da alcune interviste ho potuto rilevare come la ideologia della malattia
sia in queste donne permeata di fatalismo e di rassegnazione; le strutture
sanitarie sono viste come entità vagamente equivoche e pericolose. Alcune mie
sollecitazioni sulla medicina preventiva e sulla possibilità di una diversa gestione
sanitaria sono state accolte addirittura con la irrisione, se non col sospetto.
Non diversa è la concezione dell'amore, del matrimonio, del rapporto
uomo-donna: al fatalismo di fondo si abbina la volontà ostinata del pieno
possesso e dominio sul partner.
Questa volontà è comprensibile se pensiamo alla essenzialità economica
del matrimonio per donne completamente escluse dal mercato del lavoro. La
reclusione della donna tra le mure domestiche porta alla assolutizzazione del
privato, le cui vicende sono cariche di drammaticità appunto per la importanza
che certi valori vengono ad assumere: la appartenenza ad un uomo, la
procreazione, la enfatizzazione del proprio ruolo. Tutto ciò è presente nelle
clienti di Michele, in quanto figure sociali totalmente emarginate. Le uniche
forme di lavoro dipendente per le donne provenienti dalle suddette zone
risiedono nel lavoro a domicilio (maglieria, ricamo), nell'artigianato in proprio
(sartoria, parrucchiere) o nella conduzione in proprio di piccoli commerci
(mercerie, alimentari, ecc.); nel Gargano il lavoro a domicilio è pressoché
inesistente, tranne che a Sannicandro, dove esistono forme di lavoro su fiori
secchi e fiori di carta e sulla costa, dove sono frequenti conduzioni turistiche a
gestione familiare.
Tra tutte le interviste, la più traumatica è quella rivolta ad una donna di
49 anni, venditrice di oggetti sacri presso il Santuario dell'Incoronata (FG):
costei si era recata da Michele con l'ex-fidanzato della figlia diciassettenne (la
prima di sei figli) per far eseguire a Michele una fattura sulla fotografia di questa
al fine di far rappacificare i due. La figlia, già violentata da questo, fruttivendolo
ambulante, trentenne, rifiutava di sposarlo, essendo innamorata di un altro. Dal
discorso con i due emergeva la pa166
cifica naturalezza di pratiche come quella che si accingevano a fare e la logica
interna ad esse: il possesso della volontà altrui si può conseguire soltanto con il
ricorso al magico.
Motivi come la rispettabilità o l'onore da conquistare per riparare alla
“fuga” erano del tutto secondari: su di essi prevaleva la necessità economica del
matrimonio. Per quella ragazza il contesto sociale di appartenenza non
concepiva altra possibilità di realizzazione e di riscatto dalla sua subalternità.
Le richieste emergenti-la salute, la “sistemazione matrimoniale”, la
predizione del futuro-appartengono ad un ben definito orizzonte culturale: i
clienti di Michele sono partecipi, anche se soltanto in modo ricettivo, della
cultura dei mass-media, ma questa non incide minimamente sulla
trasformazione culturale dei valori di fondo, proprio perchè inalterate
rimangono le contraddizioni sociali da cui il consumo del sacro scaturisce come
prima ed unica possibilità di intervento sul piano del reale. Quindi i messaggi
prevalenti nella cultura di massa - basti pensare alla ideologia dell'amore
emergente da certa stampa femminile - non fanno che rafforzare in una ibrida
commistione di vecchio e di nuovo una visione del mondo e della vita
chiaramente regressiva.
Il mutamento della cultura locale nei confronti dell'esercizio magico di
Michele è visibile, oltre che nella suddetta partecipazione sociale, anche nel
rapporto intercorrente tra questi ed suoi compaesani, i quali si recano da lui
soltanto a tarda ora (dalle 21 in poi); dalle interviste fatte ho potuto verificare
come nel paese si preferisca non parlare troppo di Michele e delle sue
straordinarie capacità. Queste reticenze sono dovute al peso che qui ha ancora il
controllo sociale, per cui si preferisce parlare il meno possibile dei guai che ha
causato la consultazione da Michele, perché di qualunque tipo questi siano sono
sempre considerati come demerito per tutta la famiglia; inoltre si vuole fare
silenzio su qualcosa che, pur essendo radicato nella cultura locale, è percepito
non essere in sintonia con il passaggio, sia pure contraddittorio, ad una cultura
diversa da quella di origine.
L'alone di mistero che circonda la figura di Michele risale in gran parte
alla inspiegabilità della sua bravura, che è tanto grande da annullare la sua
menomazione fisica, la cecità; e questa straordinarietà è causata da eventi
prodigiosi che lo avrebbero reso capace da giovane di salire sulle finestre e di
leggere, lui cieco, le stelle (testimonianza raccolta a Torre Mileto).
Il legame con l'astrologia attesta l'esistenza di un filone culturale “colto”,
presente nella cultura contadina di questa zona; purtroppo a causa
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della intrattabilità di Michele, che mi ha accolto molto male, non ho potuto
accertare l'esattezza di questa mia tesi.
La presenza a Sannicandro G. di un sapere astrologico e divinatorio
appartenente a livelli non propriamente contadini è testimoniata comunque nella
biografia di Donato Manduzio, contadino, leader fondatore del movimento
religioso neo-ebraico; la preparazione culturale di questo singolare personaggio
era fatta di letture romanzesche ed astrologiche e rendeva la sua “figura ...
abbastanza
vicina,
soprattutto
nella
stima
paesana,
a
quel
mago-indovino-guaritore che mai manca nelle campagne del Sud”8.
Manduzio assolse questa funzione, nel paese, fino a quando in una
visione gli fu rivelata che la Verità risiedeva nella Sacra Scrittura, che aveva letto
grazie ad un protestante del luogo e che l'adempimento di questa verità si
sarebbe avuto ricostituendosi “in popolo eletto”.
Attualmente a Sannicandro non esiste più nemmeno il ricordo di questa
esperienza religiosa, del tutto marginale rispetto al contesto culturale di
appartenenza, ma grazie ad essa Manduzio ed i suoi seguaci avevano avuto la
possibilità di rompere decisamente con la cultura d'origine: sortilegi, fatture,
divinazioni erano ripudiati come forme di superstizione.
Tutte le forme di dissidenza religiosa presenti nel meridione
(dall'evangelismo popolare delle Chiese Battiste e dei Fratelli al pentecostalismo
ai Testimoni di Geova) conoscono questo taglio netto con le superstizioni che
si crede appartengano al “cattolicesimo romano”; certi elementi culturali,
tuttavia, per esempio la visione, il sogno, il miracolismo, perrnangono nella
percezione religiosa di queste nuove comunità, anche se carichi di significati e di
contenuti dottrinalmente diversi9.
La diffusione dei movimenti cattolici tra le classi subalterne meridionali
ha conosciuto, dagli inizi del secolo in poi, alterne vicende; era indubbia la
connotazione di classe presente in queste forme di dissidenza religiosa. Ma la
ondata emigratoria degli anni '60, insieme ad altri fattori, ha frenato l'espansione
di questi movimenti che attualmente si presentano con caratteri differenti da
quelli storicamente noti.
Sul piano strettamente teologico, è soprattutto la apertura ecumenica, di
cui sono partecipi tanto il cattolicesimo che il movimento protestante,
__________
8 - M. N. PIERINI, Il movimento neo-ebraico di Donato Manduzio, in A. MOSCATO,
M. N. PIERINI, Rivolta religiosa nelle campagne, Roma, 1965.
9 - M. CASTIGLIONE, Protestantesimo e religiosità delle classi subalterne, in H.
MOTTU, M. CASTIGLIONE, Religione popolare in un'ottica protestante, Torino, 1978.
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a determinare un atteggiamento non più settario, ma tipicamente
“denominazionale” nelle comunità dei fratelli e dei pentecostali (come ho
potuto rilevare da un'intervista al barbiere-maestro di musica di Sannicandro I.
G., 64 anni, convertito da quattro al pentecostalismo e da osservazione
partecipante ad una campagna di evangelizzazione condotta su iniziativa della
comunità di Manfredonia a Monte S. Angelo, settembre 1978).
Molto più incisiva è la diffusione dei Testimoni di Geova, in quanto il
messaggio escatologico di questo movimento incontra nella realtà contadina
locale precedenti filoni di utopismo millenarista, di cui lo stesso episodio di
Donato Manduzio è un esempio.
In tutto il Gargano è stata rilevante l'espansione della Chiesa dei Fratelli10;
ma le attuali comunità non costituiscono a livello proselitistico una forza d'urto,
come invece succede per i Testimoni di Geova, nei confronti del cattolicesimo
locale.
Nella capacità di espansione del protestantesimo e in genere della
dissidenza religiosa in un contesto monoliticamente cattolico è stato visto
solitamente l'aspetto oppositivo, contestativo che muoverebbe le classi popolari
contro la religione ufficiale, percepita unicamente come espressione delle classi
egemoni depositarie del potere sociale ed economico.
La situazione esistenziale, di oppressione e di miseria e la mancata
risposta che sul terreno politico avrebbe caratterizzato la storia delle
organizzazioni di classe nel meridione italiano sarebbero stati i motivi
determinanti il successo di una scelta religiosa “scomoda”, in quanto fonte di
discriminazioni, persecuzioni, soprusi, soprattutto durante il fascismo e il regime
democristiano degli anni '50.
Questa analisi è però discutibile, alla luce degli sviluppi che i movimenti
cattolici hanno avuto nel Sud e della diffusione di nuove comunità di
derivazione statunitense (penso in particolare alla Chiesa Evangelica
Internazionale), i cui contenuti dottrinali non costituiscono più alcuna rottura
polemica con l'aspetto sociale esistente, ma anzi rafforzano il pieno
allineamento ideologico dei convertiti, tutti appartenenti a quella subalternità di
classe di cui si è detto, ai valori della cultura dominante.
L'individualismo della salvezza e della grazia diviene il valore-guida di
questi movimenti religiosi, la cui unica alterità rispetto alla religione ufficiale
risiede nella autogestione della propria vita religiosa, nell'attivismo che vede la
comunità, a più livelli, collettivamente protagonista di
__________
10 - H. CASSIN, San Nicandro, Paris, 1957.
169
alcuni importanti momenti di socializzazione: predicazione, raduni speciali,
campagne di evangelizzazione e testimonianza, ecc.
Ed è questo il valore emergente nel secondo rilevante aspetto riscontrato
nella religiosità popolare di questa zona: la proliferazione dei culti extra-liturgici.
2-2
A Torre Mileto, sulla costa tra Rodi Garganico e Cagnano Varano, una
donna che afferma di avere le stimmate e di “essere la sorella della Madonna” è
la leader di uno dei più recenti culti extra-liturgici pugliesi.
Presso “l’erigendo Santuario della Madonna d'Altomare” di Torre
Mileto ritroviamo molte caratteristiche che confermano la lettura finora
condotta sulle locali forme di collettiva percezione del sacro ed è pertanto
opportuno soffermarci sulla descrizione di questo culto, premettendo però che
molte delle notizie raccolte sono lacunose, a causa della forte diffidenza degli
organizzatori del culto nei confronti di persone che si avvicinano ad esso
dall'esterno, senza quei requisiti di “fede sincera” che sono, secondo loro,
l'unica garanzia per la comprensione di fatti eccezionali come quelli di Torre
Mileto
Mamma Lucia è una donna di circa 55 anni, originaria di Sannicandro
Garganico, era emigrata da molti anni al nord e viveva con la sua famiglia
(marito netturbino e quattro figli) a Sesto San Giovanni; lavorava in una
sartoria, era molto legata alle devozioni tradizionali e si prodigava in opere di
beneficenza. Aveva così molte amiche che la aiutavano in queste sue attività
assistenziali.
Un giorno, l'11 marzo 1970, sei di queste sue amiche stavano aspettando
nella cucina della sua abitazione il ritorno della donna, quando all'improvviso in
una gran luce videro la Madonna d'Altomare (questa Madonna è molto
venerata in Puglia ed il suo Santuario si trova ad Andria, in provincia di Bari)
che parlò loro per 28 minuti: “dalle ore 10,20 alle 10,48”.
In un forte odore di incenso, dopo aver recitato il rosario, la Madonna
le esortò ad ubbedire a tutti i voleri “della sua sorella Lucia”; soltanto in questo
modo esse avrebbero potuto salvarsi dal “mondo pieno di peccato” e salvare
quella parte dell'umanità che avrebbe scelto di ravvedersi; erano infatti
imminenti delle catastrofi che avrebbero sconvolto la terra intera: terremoti in
Pakistan, Turchia, ecc. e servire la Madonna significava costruire nel Sud, vicino
al paese natio di Lucia, una nuova “Terra Santa”, un Santuario in cui meglio che
altrove la potenza redentrice della Madonna
170
si sarebbe manifestata e proprio nell'opera di mamma Lucia e delle sue devote
seguaci.
Sempre circondata da quella gran luce la Madonna scomparve, lasciando
sconvolte e spaventate le sei donne; arrivata mamma Lucia e messa al corrente
dell'avvenimento, fu costretta a confessare che già da tempo anch'ella aveva
visioni della Madonna. Queste apparizioni rientravano in un più vasto disegno
del volere divino: Lucia si macerava nelle carni, che sono tutte piagate, faceva
segrete penitenze e già da molto, insomma, serviva la Madonna.
Tre anni dopo questa visione, Lucia e le sua amiche si trasferirono,
alcune temporaneamente, altre più stabilmente a Torre Mileto per porre le basi
del Santuario.
Nel racconto della “fondazione” di questo culto ritroviamo alcuni
stereotipi, ricorrenti abitualmente in diversi altri culti extra-liturgici presenti in
Puglia. La visione rivelatrice; i messaggi catastrofici in cui il mondo malvagio è
contrapposto “ai pochi eletti”; le penitenze del leader prescelto quale servitore
particolare della divinità; la richiesta di costruzione di qualcosa che
concretamente manifesti la potenza del divino: tutti questi elementi creano le
basi di differenti forme di agiografia popolare, connesse tra di loro e
perfettamente in simbiosi con le pratiche del cattolicesimo ufficiale. Questi
fenomeni extra-liturgici sono presenti in tutto il Sud - soltanto tra Gargano e
Capitanata esistono circa dieci casi, più o meno noti ed estesi, simili a questo,
ma zone ugualmente significative sono la Campania e la Calabria con una forte
compattezza, sia per quanto riguarda la partecipazione che per la autonoma
creatività che caratterizza ciascuno di questi culti, i cui aspetti più rilevanti sono:
- commistione tra magismo e devozionalismo tradizionale e quindi
saldatura tra cultura tradizionale e bagaglio dottrinale cattolico (a cui si è
precedentemente accennato);
- entro questa saldatura proliferano messaggi configurati secondo gli
obiettivi ideologizzanti della Chiesa ufficiale;
- l'atteggiamento di questa è fortemente ambiguo, perchè alla iniziale
polemica con questi “operatori sacri” e con i loro seguaci, segue la progressiva
accettazione della loro attività11.
____________
11- Sui culti extra-liturgici cfr.: FORME del sacro cit. e G. SANGA: Il peso della carne.
Il culto millenaristico del profeta D. Maselli di Stornarella, Brescia, 1978.
171
La osservazione partecipante compiuta presso l'erigendo Santuario di
Torre Mileto conferma tutto ciò.
Ogni mattina tre o quattro pulmann, pieni di devoti provenienti dalle più
povere zone del Meridione - Campania, Calabria, Molise, - zone interne della
Puglia; ogni viaggio, andata e ritorno, costa dalle 5000 alle 7000 lire a persona si fermano sulla spiaggia antistante la “zona sacra”; per questi uomini e donne
vestiti poveramente, segnati da quella “cultura della miseria” delineata da A.
Rossi ne “Le feste dei poveri” (molti di loro portano con sé i figli; l'età media
complessiva è intorno ai 40 anni, con forte prevalenza della partecipazione
femminile su quella maschile) inizia la lunga attesa, che culminerà nella comparsa
di mamma Lucia.
Durante l'attesa, in gruppi, i devoti cantano canti di lode in onore di
mamma Lucia, il cui motivo musicale ricorre anche nei canti di lode di altri
leaders extra-liturgici (è molto sfruttato il motivo di John Brown) oppure canti
in onore della Vergine (p.es. “Mira il tuo popolo”) o ancora canti religiosi su
musiche,di canzonette popolari.
Nel frattempo, le collaboratrici di mamma Lucia, tutte intorno ai 50
anni, vestite tutte alla stessa maniera, cioè come suore laiche (vestito nero,
grembiale e foulard blu) organizzano l'attesa dei devoti, preparando del cibo
che sarà poi diviso tra tutti i presenti oppure raccontando in piccoli gruppi ai
devoti venuti per la prima volta il modo in cui la Madonna manifestò il suo
volere.
L'attesa, un altro elemento sempre ricorrente, è sfibrante, ma viene
premiato dalla apparizione di mamma Lucia; alta, imponente, con le mani tutte
avvolte in garza bianca (per nascondere le stimmate), costei viene accolta da
forti battimani e da grida di saluto: “Mamma, mamma!”.
Lucia saluta tutti da lontano, poi inizia a distribuire il cibo: tè e biscotti,
oppure minestra calda, dopo aver imposto la precedenza agli uomini delle
comitive; il cibo è da lei benedetto con gesti che ripetono la sacralità propria di
tutti gli operatori del sacro (dai maghi ai sacerdoti); dopo che tutti hanno
consumato il cibo, Lucia si copre di un mantello nero e va presso l'altare della
Madonna, posto all'ingresso dell'erigendo Santuario, che è composto di due-tre
modesti prefabbricati circondati da un recinto; lì ella predica, dopo aver detto
l'Ave Maria e il Padre Nostro.
La sua predicazione è molto povera di contenuti: generiche esortazioni al
bene operare, alla preghiera soprattutto per i malati, i soldati, gli emigrati, ecc.
Alla fine di questa predicazione, Lucia si chiude in un piccolo vano, del
tipo di una cabina balneare, e riceve privatamente e singolarmente i
172
devoti le cui richieste sono: guarigione da malattie, consultazione per guai
familiari, semplice saluto con benedizione di mamma Lucia e acquisto dell'olio
benedetto e figurine sacre o souvenirs con l'immagine di Lucia; mentre questa
riceve i devoti, continuano canti di lode.
Inoltre, ogni 11 del mese ha luogo una particolare manifestazione di
culto in cui viene ricordata, da una predica di mamma Lucia, la apparizione
miracolosa del 1970.
Questo culto è ormai conosciuto in tutti i paesi del Gargano e gran parte
dei fruitori del devozionalismo ufficiale si recano da mamma Lucia o hanno
intenzione di recarvisi; alcune donne anziane, nelle interviste fatte al riguardo,
ricollegano l'attività di mamma Lucia a quella di Marietta di Ortanova (Foggia),
la più antica devota-veggente pugliese, morta nel febbraio 1977, che
nell'esercizio dei suoi “doni” (la preveggenza e la guarigione) si riferiva appunto
alla Madonna d'Altomare a cui, con le offerte dei fedeli, era riuscita a dedicare
una Chiesa, successivamente divenuta parrocchia. Infatti dopo molti anni di
attriti, le autorità ecclesiastiche locali avevano accettato Marietta, con notevoli
vantaggi sul piano pastorale ed economico.
Indirettamente quindi la base popolare crea la successione, quando
questa non è, come in altri casi da me studiati, denunziata esplicitamente.
Naturalmente i gestori del culto, la cui organizzazione è strutturata
gerarchicamente tendono ad escludere ogni rapporto con precedenti casi di
visionarismo e sottolineano la straordinaria bravura di mamma Lucia nel
compiere miracoli di guarigione.
Per concludere, ci interessa sottolineare alcune cose:
- anzitutto, la vitalità di questi circuiti di pellegrinaggi e in genere di queste
forme di agiografia popolare, che, come ho già detto, rappresentano uno degli
aspetti rilevanti della religiosità delle classi subalteme meridionali;
- la specificità culturale del visionarismo collegata a queste zone; non si
dimentichi che mamma Lucia è nata a Sannicandro, che la sua infanzia e
giovinezza è stata impregnata di un'atmosfera magico-moralistica; che, infine,
l'emigrazione al nord non ha significato rottura con la cultura di appartenenza,
ma anzi lo stato di emarginazione di mamma Lucia e delle sue amiche, non
tutte meridionali, ma tutte donne, ne ha vivificato alcune espressioni, il cui
culmine è stato raggiunto nella visione collettiva del 1970, che ha sancito l'inizio
dell'esercizio del culto;
- l'ostinato riferimento al modello religioso egemone - organizzazione
gerarchica della comunità di mamma Lucia, strutturata giuridicamente in
173
Ente morale, “Opera mamma Lucia-Delegazione di Foggia, telefono 41722”;
assetto del Santuario; gesti e comportamenti delle collaboratrici, ecc. - ha in sé
la forte carica di ambiguità presente in tanti aspetti della cultura folklorica.
La cultura dominante è sempre presente ed affiora nei messaggi delle
prediche e dei canti di mamma Lucia, ma ad essa ci si oppone nella costante
creazione di spazi di autonoma gestione del sacro.
Il clero locale contrasta decisamente le attività di mamma Lucia e tre anni
fa a Sannicandro vi è stata da parte dei devoti della donna una esplicita
contestazione nei confronti del vescovo che aveva osteggiato l'ingresso in
Chiesa di questa e della sua gente. Ma, nonostante tutto, il culto sussiste e
probabilmente conoscerà anche un incremento numerico; - questo “erigendo
Santuario”, situato tra due camping, recentemente creati a Torre Mileto, piccolo
centro balneare in espansione turistica, è forse l'immagine più emblematica della
situazione socio-culturale del Gargano. A prima vista, infatti, sembra che la
transizione dal vecchio al nuovo non avvenga se non entro queste realtà
socio-religiose pericolosamente ambigue, in quanto ancora una volta i simboli e
i gesti in esse ritornanti sono carichi di una funzione destorificante per i creatori
ed i destinatari del loro messaggio. C'è da chiedersi a questo punto in quale
misura nel Gargano la religione ufficiale tenga conto di questa percezione
religiosa collettiva, impregnata di valori e comportamenti di tipo
magico-miracolistico, elemento di fondo della religiosità espressa dalle classi
subalterne.
Dalla lettura delle recenti prese di posizione della gerarchia ecclesiastica
locale, si può notare - ed è cosa ricorrente anche nel resto della regione - come
in questa parte della Puglia il Concilio Vaticano II abbia inciso soprattutto sul
piano della riorganizzazione ecclesiastica.
Il buon funzionamento della parrocchia fa sì che essa ridiventi primario
centro di socializzazione soprattutto nei paesi più piccoli: si tratta di una
socializzazione di tipo nuovo rispetto a quella assolta dal cattolicesimo degli
anni preconciliari, in quanto sugli elementi difensivi prevale la apertura, voluta
dal Concilio, sul terreno dell'impegno sociale. Ma questa apertura è vissuta
secondo le caratteristiche locali, per cui ogni istanza di rinnovamento passa
attraverso le associazioni cattoliche tradizionali che apparentemente si
autonomizzano rispetto alla Democrazia Cristiana, la cui forza nella gestione
della vita politica locale rimane peraltro inalterata fino alla metà degli anni '70.
L'associazionismo cattolico locale rimane dunque, nella propria forza
ideologica ed organizzativa, pressocché impermeabile alla incidenza del
174
movimento del dissenso cattolico, i cui più significativi episodi a livello
regionale (le comunità di base del Carmine a Conversano, provincia di Bari, e
del Sacro Cuore a Lavello, paese lucano confinante con la Puglia)
rappresentano gli unici momenti di stimolo e di confronto della nuova realtà
emergente su base nazionale.
La Comunità di Conversano sorge nel 1970 in seguito al trasferimento
dalla parrocchia del Carmine del parroco don Vincenzo D'Aprile, che aveva
iniziato una attività ecclesiale improntata ai valori conciliari.
Il collegamento con le comunità dell'Isolotto e di Oregina, la azione
successiva del nuovo leader, don Peppino Coscione, la composizione sociale di
questa comunità che numericamente diminuisce via via che più nette e radicali
diventano le scelte sociali e politiche costituiscono tanti elementi di riflessione
per chi volesse ricostuire le fasi del movirnento comunitario di base in Puglia.
Analoga è per certi versi la storia della comunità di Lavello, dove la
figura di don Marco Bisceglia gioca un ruolo maggiore, costituendo fino al
1973 il punto di coagulo del movimento di base e dei Cristiani per il
Socialismo di Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.
E molto simili sono stati gli esiti finali che caratterizzano la storia delle
due comunità: le scelte politiche dei loro leaders, benchè del tutto differenti
(militanza politica attiva nel PCI per Coscione, scelta radicale-libertaria per
Bisceglia) in certo senso segnano la sorte di un discorso e di una lotta le cui
implicazioni profetiche vengono frustrate e rese sterili da una situazione storica
e ambientale che rifiuta e rende di fatto impossibile la confluenza sul terreno
dell'impegno politico di più componenti sociali, riferentisi a matrici ideologiche
diverse.
Su questa impossibilità incidono molteplici fattori, tra cui le particolari
realtà politiche locali, per esempio il clientelismo che nel Sud assume caratteri
macroscopici e che sovente emerge come prassi politica anche nei partiti di
sinistra, ostacolando la crescita democratica delle istituzioni.
La situazione ecclesiale dunque non conosce altre alternative se non
l’azione di gruppi giovanili isolati, prevalentemente studenteschi, di provenienza
piccolo-borghese, che a un certo punto rompono con la istituzione-Chiesa e
fanno scelte politiche “individuali”, sancendo ancora una volta non soltanto la
rottura con la gerarchia ecclesiastica, ma anche la impossibilità di dialogo e di
impegno con la base, con quanti cioè sono i primi destinatari di un messaggio
di tipo diverso.
E questo il caso di Peppino Normanno, insegnante di filosofia, laico
impegnato nelle associazioni tradizionali e organizzatore del movimento
175
dei Cristiani per il Socialismo in provincia di Foggia, il quale, presentatosi come
indipendente nella lista del PCI nelle elezioni del 1975, viene completamente
emarginato dalle attività diocesane e parrocchiali; analoga è l'esperienza di
Grazia Galante, insegnante di San Marco in Lamis.
I margini e le possibilità di incidenza nella realtà religiosa locale restano
per queste persone molto ridotti, limitandosi alla partecipazione a dibattiti e a
conferenze, spesso organizzati da forze laiche e marxiste, su problemi quale
l'impengo sociale del credente, i rapporti tra cristianesimo e marxismo, ecc. un
processo di crescita che potrebbe essere in un contesto ecclesiastico di altro
tipo, molto più rapido e fecondo.
Così ancora una volta prevale nel rapporto istituzione ecclesiasticalaicato un atteggiamento che vede trionfare il più vieto significato di popolo:
non al popolo di dio nella eccezione del Vaticano II si rivolge la gerarchia
cattolica locale, ma al popolo genericamente inteso come massa informe da
colonizzare ideologicamente.
Un popolo che ha ancora le sue superstizioni, il cui significato deve
essere epurato e fatto proprio dalla Chiesa nelle valenze ad essa più idonee.
E questo il senso espresso dai diversi parroci da me intervistati intorno al
problema della religiosità delle classi subalteme, le cui più compiute espressioni
nella vita religiosa istituzionale emergono in alcuni momenti - le feste religiose, i
pellegrinaggi ai Santuari, il caso-miracolo Padre Pio - che evidenziano la
saldatura, di fatto avvenuta, tra visione magico-miracolistica della realtà, che
abbiamo visto avere antiche radici culturali, e messaggio religioso funzionale al
cattolicesimo conciliare e post-conciliare.
La festa, evento culturale che assolve una ben definita funzione sociale,
cioè divenire lo spazio privilegiato per la creazione di una realtà altra dalla
condizione esistenziale, i cui aspetti negativi vengono esorcizzati,
momentaneamente allontanati, nella cultura folklorica meridionale, è segnata
dalla storia e dalle esigenze di questo cattolicesimo dagli intenti evangelizzatori.
Infatti, coincidendo con alcune grosse occasioni liturgiche - penso ai rituali della
Settimana Santa, alle feste patronali, alle processioni, ecc. - le feste hanno
costituito, dagli anni della Controriforma in poi, per la Chiesa lo strumento più
utile per gli intenti didattici che essa si proponeva nella evangelizzazione delle
masse rurali.
Nel Gargano le feste religiose più importanti si polarizzano intorno ad
alcuni Santuari la cui storia è appunto determinata dal processo di
acculturazione a cui ho precedentemente accennato. Infatti il Gargano è attra176
versato dalla cosiddetta Via dei Santuari, chiamata anche la Via Sacra dei
Longobardi, che da San Severo passa per San Marco in Lamis e arriva a Monte
S. Angelo.
I più importanti Santuari della zona, Santa Maria di Stignano, San Matteo
di San Marco in Lamis, San Michele di Monte S. Angelo richiamano ogni anno
migliaia di devoti, provenienti da altre regioni italiane e dai vicini paesi del
Tavoliere. E soprattutto la festa di San Matteo, il 25 settembre, a richiamare un
gran numero di devoti provenienti da Cerignola e Manfredonia; in questi ultimi
anni però questo Santuario ha subito un certo declino, coincidente molto
probabilmente con il declino della fiera del bestiame che insieme alla festa
religiosa richiamava una grossa affluenza di piccoli proprietari terrieri, contadini,
pastori.
Tutti questi Santuari, dunque, rispecchiano le esigenze evangelizzatrici
suddette; ma per la presente relazione che tende essenqialmente a registrare i
mutamenti socio-culturali avvenuti anche in questo ambito negli ultimi decenni,
è illuminante fare il punto sulla attività del più grosso Santuario mariano della
zona, quello dell'Incoronata in provincia di Foggia, dove gran parte dei
partecipanti alla festa e al pellegrinaggio proviene proprio dai paesi del
Gargano. Le “compagnie” di Ischitella, Mattinata, Manfredonia, San Giovanni
Rotondo intervengono alle celebrazioni in onore della Madonna, celebrazioni
che durano l'ultima settimana di aprile; da San Giovanni Rotondo inoltre ben
tre compagnie partecipano con i carri addobbati alla sfilata del venerdì
pomeriggio.
Nella gestione della festa e dei pellegrinaggi in onore di questa Madonna
nera, che nella iconografia appare su di un albero, si possono cogliere alcuni
elementi estremamente interessanti per quel che riguarda il rapporto tra Chiesa
istituzionale e religiosità folklorica e relativi processi di ideologizzazione.
Il Santuario dell'Incoronata fu affidata nel 1950 dal vescovo di Foggia,
Monsignor Farina, all'ordine dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione)
che costruirono sul luogo in cui aveva sede l'antica chiesa un nuovo Santuario,
corredato da altre costruzioni che fanno di questo luogo un centro di culto del
tutto funzionale all'antico costume del pellegrinaggio.
La “miracolosa” apparizione della Vergine risale al 1001: non è un caso
che essa sia apparsa nel bosco del Cervaro, centrale punto di passaggio delle
mandrie dei pastori che dagli Appennini che circondano il Tavoliere portavano
qui le loro greggi a svernare; in questo bosco - dicono alcune fonti anticamente si venerava Diana, dea della caccia.
177
La esistenza di una doppia versione della leggenda della apparizione secondo alcuni autori la Madonna sarebbe apparsa ad un feudatario locale,
forse il conte di Ariano, che stava cacciando nel bosco, secondo altri ad un
contadino - denunzia la ambivalenza di significati costantemente presente nei
fatti culturali: l'esistenza di un privilegio del povero contrapposto a quello del
nobile adombra la esistenza di una duplice, in quanto risalente a due diverse
collocazioni di classe, fruizione del sacro. Ma questa contrapposizione viene
superata e vinta nella narrazione attuale della leggenda, così come possiamo
leggere dai foglietti devozionali distribuiti presso il Santuario.
“La Vergine apparve nel bosco ad un signore, cui mostrò una statua
chiedendo venisse posta in venerazione in apposita cappella, ed assicurando che
sarebbe stata larga di grazie a chi l'avesse pregata dinanzi a quel simulacro.
Sopraggiunge un contadino che appese ad un ramo della quercia dell'apparizione una calderella trasformata, con un pò di olio, in rustica lampada. Si
costruì una prima cappella che l'affluenza del popolo e le grazie concesse
fecero trasformare rapidamente in tempio, con connesso convento ed opere di
carità”.
Questa versione proclama il messaggio, reso dalla Chiesa universalmente
valido, della inesistenza delle differenze sociali davanti al divino e su questa
versione si innesta la più complessiva tradizione del pellegrinaggio, i cui aspetti
più rilevanti si trovano anche in molti altri comportamenti devozionali. Le
forme di comportamento più antiche, ma ancora presenti nel pellegrinaggio
all'Incoronata, sono: “a) i tre giri, che i devoti compiono prima di entrare nel
tempio: traccia della gran devozione trinitaria dei basiliani o preparazione
all'entrata?; b) gli scalzatori: tre strade a raggiera puntano sul Santuario, ad un
chilometro dalla meta la guida avverte, si fa sosta e chi ne ha fatto voto si
scalza, indossa apposite calze di lana sul cui fondo è stata cucita un po' di pelle;
indi, si raggiunge il Santuario. Tale uso è quasi scomparso e qualche raro caso lo
si nota fra i pellegrini di paesi interni o di montagna; c) il radunarsi dinanzi alla
porta della Chiesa, entrandovi insieme e portandosi ginocchioni, pregando, fino
all'altare; ed alla partenza, retrocedere, senza volger le spalle alla Vergine e
pregando, a piccoli passi al canto di litanie o di toccanti laudi. La scala che
porta alla Vergine è detta “scala santa” e molti la salgono recitando una
antichissirna triplice invocazione, di intonazione trinitaria”12.
____________
12 - G. DE MEO, L'Incoronata di Foggia, Foggia, 1975, p. 58.
178
La consuetudine del pellegrinagio a piedi è diffusa in diversi paesi del
Gargano. Per esempio, da San Marco in Lamis ogni anno a maggio parte una
compagnia di devoti (circa 400 persone) per il Santuario di San Michele, a
Monte S.Angelo.
“Il viaggio a piedi dura tre giorni; nel primo giorno c'è il raduno all'alba
nella Chiesa Madre, dove il Padre accompagnatore benedice i pellegrini che nel
nome del Signore si avviano, zaini in spalla, verso S. Giovanni Rotondo.
A mezzogiorno si fa una sosta di due ore in una località detta
Compolata in cui vi è pure una “piscina” che raccoglie le acque di scolo e
meteoriche della zona. Si consuma qui il pasto principale della giornata. Verso
le 14 si riprende il viaggio fin sotto la costa della grotta. Qui, dopo una breve
sosta per riprendere fiato, incomincerà la penitenza vera e propria; i “romei” (i
pellegrini) si caricano di una pietra che oltre al bagaglio portano fino alla grotta
lungo l'erta impervia del Monte Santo. Verso le 17 si arriva a Monte S. Angelo
e, dopo una sommaria pulizia, i romei si dispongono in fila e, al canto di una
appassionata canzone dedicata al Glorioso Santo, entrano o meglio discendono
nella grotta per la prima visita.
Si prende poi un alloggio di fortuna e l'indomani c'è la visita vera e
propria con messa e comunione generale. Nel terzo giorno, dopo l'ultima visita
al Santo, si riprende la via del ritorno, osservando lo stesso itinerario e le stesse
soste dell'andata. Si arriva a San Marco verso le 21. Si fa la sfilata per le vie del
paese e infine si va nella chiesa madre per ringraziare il Signore per il buon esito
del pellegrinaggio”13.
Tornando all'Incoronata, possiamo vedere come l'aspetto più tipico di
questo pellegrinaggio risiede nella sfilata (che si svolge l'ultimo venerdì di aprile)
di carri e trattori addobbati riccamente, su cui bambini vestiti da angeli, santi, e
madonne, rappresentano la leggenda della apparizione della Vergine.
La Cavalcata degli Angeli ha una origine storica incerta; incrementata in
questi ultimi anni dal Santuario, in quanto fonte di richiamo per moltissime
persone, soprattutto a causa degli aspetti pittoreschi che fanno di questa sfilata
una sorta di carnevale sacro, questa usanza si ricollega all'antica abitudine di
bardare i cavalli e i carri e di sfilare davanti al
____________
13 - Testimonianza scritta resami dall'insegnante Antonio Scarano di San Marco in
Lamis, organizzatore del citato pellegrinaggio.
179
Santuario per devozione o per esplicito voto. La prevalenza dell'atteggiamento
votivo nella religiosità popolare pugliese denunzia l'esistenza di un rapporto in
certo senso contrattuale tra individuo e divinità, percepita come un padre che
elargisce beni ma esige favori. Questa visione religiosa corrisponde ad un
orizzonte culturale ancora solidamente contadino.
Sono infatti legati ad un'economia prevalentemente rurale i devoti
dell'Incoronata. Provenienti dai paesi più interni della Puglia e della Basilicata
essi vivono una situazione di estrema precarietà sul piano economico: la crisi
dell'agricoltura, che ha colpito queste zone, li ha costretti dalla fine degli anni '50
in poi ad un progressivo esodo dalla terra; e questa precarietà si riflette sul
piano culturale, incrementando la partecipazione a queste feste religiose in cui le
motivazioni prevalenti - riconoscimento di una propria realtà locale, incremento
della tradizione, ecc. - giocano un ruolo di primo piano. Significativamente in
un carro, su un mappamondo di cartone che fa da sedile ai bambini che
raffigurano la Trinità, rispettivamente vestiti da Figlio e da Eterno Padre, sono
scritti soltanto i nomi dei due paesi più vicini alla compagnia che ha allestito il
carro: Palazzo San Gervasio e Venosa: grezzo tentativo di affermazione della
propria identità culturale, richiudendola in un orizzonte delimitato dai simboli e
dai gesti appartenenti all'antico rituale di omaggio, reso a questa Madonna
Nera.
Sono anche altre le motivazioni sottese al comportamento votivo della
Cavalcata degli Angeli in cui per numerosi paesi (Minervino, Palazzo San
Gervasio, Castelluccio Val Maggiore, San Giovanni Rotondo, S. Agata di
Puglia, Ordona, Carapelle, Ortanova, Tricarico, Stornara, Stornarella)
partecipanti ad essa la sfilata diviene anche motivo di esibizione competitiva tra
gruppi e compagnie appartenenti allo stesso paese o tra gruppi di paesi diversi.
Abilmente, ogni anno, i padri del Santuario premiano il carro meglio
addobbato, fomentando le valenze competitive presenti in questo e più in
generale in tutte quelle forme devozionali che tendono a rendere visibile, in
occasione di determinate manifestazioni di culto, tanto la richiesta religiosa
emergente che l'intervento miracoloso ottenuto: penso alla festa dei SS. Medici
a Bitondo (Bari) in cui i devoti si caricano di ceri enormi, sfilando in
processione, oppure alle feste in cui si concorre per portare la statua del Santo
(Adelfia, Altamura,ecc.).
Inoltre, in questi ultimi anni in cui si registra da parte della Chiesa
l'esigenza di una tenuta sul terreno del sacro per contrapporsi al fenomeno più
generale della desacralizzazione in atto, la Calvalcata degli Angeli si
180
arricchisce dell'attivo contributo dei parroci locali che rendono le piccole Sacre
rappresentazioni componenti la sfilata occasione per un nuovo pedagogismo.
Così, vediamo in questi ultimi anni la processione dei carri arricchirsi di una
simbologia esplicitamente legata alla dottrina cattolica: sui carri troneggiano i
simboli sacramentali, viene rivissuta dai bambini la rappresentazione della trinità,
dell'Ultima Cena o della Crocifissione e il motivo leggendario della Sacra
Apparizione si intreccia alle sacre rappresentazioni della Via Crucis interpretate
da giovani adulti.
Ma la grande partecipazione alla festa ed al pellegrinaggio non illude i
Padri di don Orione circa lo scarto esistente tra questa partecipazione e la
frequenza ai Sacramenti: nell'ultimo mese di maggio secondo don Antonio
Carboni, uno dei gestori del Santuario su 800.000 devoti visitatori del Santuario
sono stati distribuiti soltanto 32.000 comunioni.
Il divario tra religioni di chiesa e istanze partecipative di altro tipo attesta
ancora una volta l'esistenza di una religiosità altra da quella dominante: in questo
ambito, la Cavalcata degli Angeli sembra costituire per i devoti della Puglia
settentrionale e della Basilicata il momento più favorevole per realizzare quel
protagonismo mai pienamente conseguito nella subaltemità del loro vissuto.
Concludendo, vediamo come la realtà religiosa del Gargano, al di là di
alcune caratteristiche locali, non si discosti molto dalla situazione socio-religiosa
presente in tutto il meridione.
La fruizione del sacro qui non fornisce alcuna possibilità di una collettiva
presa di coscienza critica nei confronti del reale: essa non è momento di riscatto
dalla alienazione e dalle contraddizioni sociali esistenti, anzi, nelle devozioni
popolari si verifica il costante rafforzarsi dei legami con una visione del mondo
arcaica, regressiva, legittimante lo staus quo.
Questo legarne con il magismo, lo ritroviamo , per esempio, nell'uso di
alcuni elementi simbolici, quale l'unzione con l'olio benedetto, preso dalla
calderella della sacra apparizione dell'Incoronata; la percezione
magico-taumaturgica della realtà viene trasmessa, a livello di massa, entro i
modelli devozionali e non aiuta l'individuo a porsi davanti al rapporto
cosmo-natura in maniera diversa, responsabilizzata e responsabilizzante.
Lo stesso caso Padre Pio non appare altro che la logica conseguenza di
questo contesto culturale: il visionarismo e la preveggenza nel Gargano e nella
Capitanata possono essere definite vere e proprie componenti strutturali
dell'universo religioso, anche nel suo organico rapportarsi ad una gestione dei
suoi “doni” diretta da certi settori del cattolicesimo istituzio181
nale. La creazione dell'ospedale (Casa Sollievo della Sofferenza) e di tutto il
monumentale luogo di culto connesso al Convento dei Cappuccini, la
organizzazione di un turismo religioso certo molto diverso per le forme della
partecipazione dal turismo povero dei devoti dell'Incoronata, della Madonna
dell'Altomare e dei vari visionari e guaritori, ma molto simile per la identica
percezione religiosa, sono pienamente riconducibili al quadro culturale descritto
finora.
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