Un monumento ai caduti

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Un monumento ai caduti
ComoCronaca
Pietro Lingeri,
Giuseppe
Terragni,
Cesare
Cattaneo...
E
cco l’elenco dei
progetti analizzati ed
illustrati nel corso di
questo “viaggio” dentro
l’architettura comasca:
Pietro Lingeri
Monumento ai caduti di
Ossuccio, 1924
Tomba Surdo a Bolvedro,
1968.
Sabato, 10 dicembre 2011 17
Giuseppe Terragni
Cappella Funeraria per
Domenico Ortelli, Cimitero
di Cernobbio, 1929;
Edicola funeraria per
Leonardo Pirovano, Cimitero
Monumentale di Como,
1928-1930-1931;
Edicola funeraria per
Gianni Stecchini, Cimitero
Monumentale di Como,
1928-1930-1931;
Progetto di Cattedrale in
cemento armato, 1932;
Basamento e Cripta del
Monumento ai caduti di
Como, 1931-33;
Monumento a Roberto
Sarfatti, Col d’Echele,
1934-35.
Cesare Cattaneo
Progetto di Chiesa a settore
circolare, 1939-1943.
Architettura. I documenti di un concorso che prevedeva l’edificazione, tra il Broletto
e S. Giacomo, di un’opera a commemorazione dei contadini - soldato defunti
Un monumento ai caduti
N
egli anni
immediatamente
successivi alla Prima
Guerra Mondiale
verranno edificati diversi
monumenti celebrativi in
commemorazione dei milioni
di contadini - soldati morti per
la Patria. È del 1926 il Concorso
per il Monumento ai Caduti di
Como nella zona monumentale
tra il Broletto e San Giacomo.
La cartografia elaborata
da Gianfranco Caniggia
ricostruisce l’assetto della città
in quel luogo: davanti alla
basilica di San Giacomo un
Pronao allineato sul filo del
Broletto e del Duomo.
L’ipotesi ricostruttiva posta
alla base del concorso del 1926
è quella di Federico Frigerio,
architetto eclettico comasco
e responsabile della fabbrica
del Duomo di Como. Attorno
al destino e al disegno di
quest’area si sono condotte
cruente battaglie polemiche tra
cui quella di Giuseppe Terragni
nell’inedita veste del “Pepin”:
disegnatore della rivista Satirica
“ la Zanzara” incisivamente
presente in quel primo
dopoguerra. Quella ritratta dal
“Pepin” è l’umanità varia che
abita l’antica Como, una città
dove la residenza è più o meno
stratificata orizzontalmente
e dove tutte le funzioni
coesistono frontalmente: le
grandi fabbriche, le antiche
vie lacuali, le Ferrovie Nord,
le tramvie, l’antico WestwerkPronao della chiesa doppia di
San Giacomo, la Cortesella, il
macello, il portico della Casa
Vietti (non ancora ritrovato),
i bar e altri luoghi più o meno
segreti, lo stadio, il calcio, il
canottaggio e, non ultimo, il
lago. Le vicende del WestwerkPronao di San Giacomo e
della Cortesella qualche anno
dopo, testimoniano di come
i Razionalisti Comaschi e in
particolar modo Giuseppe
Terragni costruiscano i loro
progetti dentro il cuore della
città antica e come il confronto
con la struttura fisica e
monumentale sia naturalmente
obbligato come se la città antica
sia ancora artefice del moderno.
E’ una vicenda drammatica, ma
decisiva nella quale Giuseppe
Terragni, “Pepin” viene colto
prima nell’esercizio del furore
iconoclasta volto a richiedere
a gran voce l’intervento del
piccone demolitore attraverso
la rivista satirica, dopo a
riproporre insieme a Pietro
Lingeri, sullo stesso identico
luogo, essenzialmente un
nuovo Westwerk-Pronao.
Tale progetto sarà “moderno”
e contemporaneamente
Westwerk-Pronao. Moderno
scala interamente percorribile
dove sono collocate le lapidi
commemorative dei cadutimartiri. Il grande arco di
trionfo sarà collocato sul
prolungamento delle navate di
San Giacomo in corrispondenza
della campata posteriore del
Broletto. In questo modo
la piazza del Duomo verrà
chiusa e San Giacomo potrà
riaffacciarsi sulla piazza
principale della città. A fronte
Nel progetto
il confronto con
l’architettura
romanica
appare serrato
nell’essere interamente
percorribile anche se osservante
delle prescrizioni stilistiche
contenute nel bando di
concorso, Westwerk-Pronao
nell’essere figura architettonica
consapevole dell’antico lessico
urbano. In adesione a questo
binomio, Terragni realizzerà
numerosi progetti, forse quelli
meno celebrati: altri “motori
compositivi” avranno ben altra
fortuna mediatica. A pochi passi
dal Westwerk-Pronao, di fronte
e dietro i Portici Plinio (sede
fisica di diversi bar frequentati
anche dal Nostro) inizierà nei
fatti lo smantellamento della
città secondaria-produttiva,
mediante la demolizione
dell’antichissimo quartiere
popolare della Cortesella e
l’insediamento delle funzioni
terziarie-commerciali.
Inutili il progetto urbano
della Cortesella e quello
per la conservazione e il
mantenimento della Loggia
della Casa Vietti dove erano
previsti il restauro della Loggia
e la costruzione di una nuova
sala civica. Il loggiato della casa
Vietti restaurato tra il 1939 e il
1941 da Giuseppe Terragni sarà
purtroppo demolito dopo la
seconda guerra mondiale, e così
il nuovo quartiere potrà essere
interamente completato. Gli
architetti comaschi recano un
L’avvio del lungo
sodalizio con Pietro
Lingeri che fu
interrotto soltanto
dalla morte
proprio originale contributo nel
solco del Movimento Moderno.
A questo proposito così scrive
Enrico Mantero: “: (...) si può
leggere (...) la costruzione di una
linea moderna dell’architettura,
di una linea consapevole
che riprende i fondamenti
contestuali dell’architettura
romanica, barocca e neoclassica
superando, attraverso una
visione dinamica del ruolo
dell’architettura della città, sia
le convinzioni che gli apparati
stilistici dell’architettura tardoottocentesca e dell’eclettismo,
sia le astrazioni futuristiche e
anche, infine, la pura e semplice
risposta funzionalista ai temi
offerti dalla committenza sia
privata che pubblica”.
Nel progetto del monumento
ai caduti il confronto con
l’architettura romanica è
serrato: il gruppo arco di
trionfo–abside–cripta-scala
(caposaldo della basilica
romanica – ancora visibile in
tante chiese romaniche) è la
matrice dell’arco doppio con
di queste scelte “tradizionali”
il monumento diventerà
interamente percorribile: scelta
funzionale che prelude ad
una rinnovata interpretazione
del ruolo del monumento,
memore di certi monumenti del
nascente Movimento Moderno
mitteleuropeo.
Sarà così che, nel solco
della tradizione figurativa
architettonica, inizierà quel
lungo sodalizio con Pietro
Lingeri, interrotto solo dalla
morte, capace di costruire
quella particolare linea
architettonica ancora viva.
Alberto Novati
Luca Novati