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Doc. No. 04-582-H3
Rev. 0 – Gennaio 2006
INDICE
Pagina
1
INTRODUZIONE
1
2
VEGETAZIONE
2.1 INQUADRAMENTO GENERALE
2
2
2.2
3
3
3
4
5
7
7
3
4
5
FLORA
3.1 INQUADRAMENTO GENERALE
10
10
3.2
10
10
11
12
12
13
14
ANALISI DI DETTAGLIO
3.2.1
Flora dei Boschi Planiziali
3.2.2
Flora Fluviale
3.2.3
Flora delle Zone Umide d’Acqua Dolce
3.2.4
Flora Lagunare
3.2.5
Flora Vascolare Spontanea di Udine
3.2.6
Flora della Zona Costiera presso Belvedere e Bosco Leoni
FAUNA
4.1 INQUADRAMENTO GENERALE
16
16
4.2
16
16
17
17
18
ANALISI DI DETTAGLIO
4.2.1
Ambiente Fluviale ed Acquatico
4.2.2
Formazioni Boschive
4.2.3
Coltivazioni
4.2.4
Ambienti Urbani
SITI DI PARTICOLARE INTERESSE SOTTO IL PROFILO NATURALISTICO
5.1 RISERVA NATURALE REGIONALE DELLA FOCE DELL’ISONZO – SIC “FOCE
DELL’ISONZO, ISOLA DELLA CONA”
5.2
5.3
6
ANALISI DI DETTAGLIO
2.2.1
Aree Urbane e Industriali
2.2.2
Aree Agricole
2.2.3
Boschi Planiziali
2.2.4
Vegetazione Fluviale
2.2.5
Popolamenti delle Aree Umide d’Acqua Dolce
2.2.6
Vegetazione Lagunare
19
19
RISERVA NATURALE REGIONALE DI VALLE CANAVATA – SIC “VALLE
CANAVATA E BANCO MULA DI MUGGIA”
21
SIC “LAGUNA DI MARANO E GRADO”
23
ECOSISTEMI
6.1 AGROECOSISTEMA PLANIZIALE
27
27
6.2
ECOSISTEMA MARINO
28
6.3
ECOSISTEMA FLUVIALE E ZONE UMIDE D’ACQUA DOLCE
37
6.4
ECOSISTEMA URBANO
38
RIFERIMENTI
Terminal Alpi Adriatico S.r.l.
Studio di Impatto Ambientale, Quadro di Riferimento Ambientale – Appendice A
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RAPPORTO
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE (SEZIONE C)
TERMINALE DI RIGASSIFICAZIONE DI GNL ALPI ADRIATICO
METANODOTTO DI COLLEGAMENTO CON LA RETE NAZIONALE
ANALISI DEGLI ECOSISTEMI, DELLA VEGETAZIONE,
DELLA FLORA E DELLA FAUNA DELL’AREA VASTA
1
INTRODUZIONE
Il territorio oggetto di indagini è rappresentato, relativamente all’ambiente terrestre e
litoraneo interessato dal progetto, da una fascia di 10 km in asse al tracciato del
metanodotto; tale territorio è compreso in Provincia di Gorizia e, in misura minore,
in Provincia di Udine. Relativamente all’ambiente marino, verranno analizzati dati
bibliografici inerenti il Golfo di Trieste, al fine di inquadrarlo dal punto di vista
naturalistico.
Viene presentata l’analisi della flora, della fauna, della vegetazione e degli
ecosistemi dell’area di studio in esame; tale analisi è stata effettuata a partire
dall’acquisizione di dati di base a carattere bibliografico.
Nel seguito sono riassunti gli aspetti principali relativi a:
•
vegetazione (Capitolo 2);
•
flora (Capitolo 3);
•
fauna (Capitolo 4);
•
ambienti di particolare interesse sotto il profilo naturalistico (Capitolo 5);
•
ecosistemi (Capitolo 6).
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2
VEGETAZIONE
2.1
INQUADRAMENTO GENERALE
I dati inerenti il paesaggio vegetale sono stati desunti dai seguenti testi:
AUDISIO, MUSCIO, 2002; BRACCO, MARCHIORI, 2002; BRACCO,
SBURLINO, 2002; CANIGLIA, 2004; LAPINI et al., 1999; MERLUZZI, 1999;
PIGNATTI S., 2002; POLDINI L., 1987, 1991, 1996; Provincia di Gorizia, 2002.
L’Isontino (provincia di Gorizia) è caratterizzato da una notevole varietà di substrati
geologici (calcari, flysch con facies marnoso-arenacea, conglomerati, ecc, depositi
alluvionali da grossolani a molto fini), differentemente permeabili ed erodibili, che
originano una notevole varietà di morfologie territoriali.
Tra gli elementi caratteristici del paesaggio si rileva la presenza del Fiume Isonzo e
dei suoi affluenti.
Dal punto di vista climatico l’area presenta tendenze contrastanti in quanto è
sottoposta ad influenze mediterranee, atlantiche ed est-europee, che interagiscono e
prevalgono di volta in volta le une sulle altre. Nelle zone costiere si rileva una
piovosità inferiore ai 1000 mm annui e una temperatura media annua di circa 14°C.
Tali dati sono ben differenti rispetto alla situazione dell’entroterra in cui si ha una
piovosità superiore ai 1500 mm annui e una temperatura media annua di circa 12°C.
L’insieme di queste differenze climatiche, geologiche e geomorfologiche determina
nel territorio provinciale, peraltro non molto esteso (466 km2), un mosaico di
ambienti, anche molto differenti tra loro, che esprimono nel complesso una elevata
ricchezza biotica. Tale ricchezza è anche dovuta alla particolare posizione del
territorio collocato in un’area di grande importanza biogeografia perché di contatto
tra diversi distretti: centroeuropeo, alpino, illirico e mediterraneo. Pertanto, pur
essendo massiccia la presenza di attività antropiche in tutto il territorio, si possono
rilevare ambiti interessanti dal punto di vista naturalistico. Il territorio è suddiviso in
quattro settori morfologico-ambientali: le Zone Collinari (Collio e Carso); la Pianura
Isontina (Alta e Bassa Pianura); il Fiume Isonzo e i suoi affluenti; la Laguna di
Grado. L’area in esame rientra nel settore della Bassa Pianura e più precisamente
nella pianura monfalconese e comprende una piccola porzione del settore della
Laguna di Grado.
Le ricorrenti azioni di bonifica per scopi agricoli hanno attualmente portato la
maggior parte del territorio planiziale a costituire una sorta di “deserto colturale”;
tuttavia rimangono ancora residui lembi di bosco igrofilo ad ontano nero e rari
habitat palustri e acquatici, comunque rimaneggiati, in corrispondenza di canali e
fossi, e, meglio conservate, piccole zone umide e alcune ristrette superfici boscate di
grande pregio naturalistico.
Questi biotopi costituiscono una testimonianza
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dell’antico paesaggio della zona, caratterizzato da foreste planiziali, paludi e corsi
d’acqua di risorgiva.
Nel seguito sono descritti i caratteri vegetazionali dell’area in oggetto:
2.2
•
aree urbane e industriali;
•
aree agricole;
•
boschi planiziali;
•
vegetazione fluviale;
•
popolamenti delle aree umide d’acqua dolce;
•
vegetazione lagunare.
ANALISI DI DETTAGLIO
2.2.1
Aree Urbane e Industriali
Comprendono aree occupate da insediamenti urbani e impianti industriali in cui la
copertura vegetale é scarsa o del tutto assente. Si inserisce in tale tipologia anche la
vegetazione, fortemente condizionata dalle attività antropiche, dei parchi verdi urbani
che costituiscono aree di rifugio per la fauna cittadina.
In un lavoro di POLDINI (1996) vengono riportate alcune cenosi nuove per la
regione o per l’Italia e comunque rare: la cenosi denominata Lappulo heterocanthaeOnopordetum acanthii, segnalata in due stazioni a Monfalcone, di cui una nella zona
industriale, è dominata da Onopordon acanthium, accompagnata da Carthamus
lanatus, Centaurea calcitrapa, Carduus picnocephalus, Artemisia annua, Avena
barbata, Cirsium vulgare, Dipsacus fullunum, Conyza albida, Centaurea maculosa,
Artemisia verlotorum, Elymus repens, Helianthum tuberosus, Agrostis stolonifera e
Artemisia absinthium. L’associazione è presente lungo i margini delle strade, dei
campi da gioco da lungo abbandonati alla periferia delle città, su suoli arricchiti di
nitrati.
2.2.2
Aree Agricole
Si tratta di aree vocate ad attività agricole di vario tipo, come seminativi e colture
specializzate, in cui la vegetazione è caratterizzata dalle essenze coltivate e dalle
specie infestanti; comprendono anche le siepi interpoderali e le aree con vegetazione
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più o meno spontanea che si inseriscono, come appezzamenti di limitata estensione,
in condizioni di marginalità.
Secondo i dati relativi al 1996 dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura di
Gorizia, la superficie agricola è ripartita come segue: i seminativi a mais, cereali a
paglia, soia, foraggere avvicendate e bietola occupano il 63.2 % delle aree agricole;
le colture legnose rappresentate da vigneto e, in subordine, da pioppeto e frutteto
sono il 22.4 %; infine le foraggere permanenti coprono la superficie agricola per il
7.3 %.
2.2.3
Boschi Planiziali
I boschi friulani sono i relitti della copertura forestale della pianura e si possono
rinvenire soprattutto nella bassa pianura ove si spingono quasi a ridosso dei sistemi
costieri.
Si tratta di boschi planiziali umidi che, secondo POLDINI (1987), possono essere
fatti rientrare in un unico tipo esteso dalla Slovenia, attraverso l’Istria, al basso Friuli
e al Veneto orientale. Per l’Italia Nordorientale è stato descritto da PIGNATTI
(1953) il Querco-Carpinetum boreoitalicum, ma POLDINI (1987) suggerisce di
sostituirlo con la denominazione di Carpino-Quercetum robori. LAPINI et al. (1999)
riferiscono che i residui boschi planiziali della Bassa Pianura friulana sono
denominati Asparago tenuifolia-Quercetum robori MARINČEK, 1994 e sono quindi
imparentati con i boschi della Slavonia. Il querceto ad asparago selvatico è
caratterizzato da una dominanza di farnia (Quercus robur) accompagnata da frassino
meridionale (Fraxinus oxycarpa), olmo campestre (Ulmus minor), ciavardello
(Sorbus torminalis) e ciliegio selvatico (Prunus avium). Il carpino bianco in molti
casi è stato favorito dalla ceduazione, per cui è presente sia nello strato arbustivo sia
anche con esemplari a portamento arboreo e ruolo di dominanza. Gli arbusti sono,
come per gli altri boschi padani, nocciolo (Corylus avellana), sanguinello (Cornus
sanguinea), fusaggine (Euonymus europaeus), ligustro (Ligustrum vulgare),
prugnolo selvatico (Prunus spinosa), a cui si associano pollon di maggio (Viburnum
opulus), biancospino comune (Crataegus monogyna) e biancospino selvatico
(Crataegus oxyacantha), spino cervino (Rhamnus catharticus) e rosa cavallina (Rosa
arvensis). Nella Bassa Pianura friulana il sistema di affioramenti di falda, sorgenti,
polle e fontanai determina la formazione di un sistema idrografico superficiale
alimentato da acque con una temperatura costante di circa 13.5 °C: la presenza di
tali acque fresche determina un infrigidimento delle aree circostanti gli affioramenti e
ha consentito la locale sopravvivenza di numerose specie microterme che altrimenti
avrebbero seguito l’arretramento dei ghiacci würmiani spostandosi più a nord.
Anche nei boschi si rinvengono specie erbacee a carattere microtermo, diffuse di
norma in boschi montani o ai loro margini, da interpretare come relitti glaciali. Si
segnalano tra le altre: aglio orsino (Allium ursinum), bucaneve (Galanthus nivalis),
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colchico (Colchicum autumnale), fior di stecco (Daphne mezereum) e carice ombrosa
(Carex ombrosa). Alcune di queste, come il giglio di S. Giovanni (Lilium martagon)
e il veratro bianco (Veratrum album ssp. lobelianum) presentano un’asimmetria di
comportamento: in ambiente montano vivono essenzialmente all’interno di
formazioni erbacee, mentre in pianura si rifugiano all’interno di popolamenti
forestali. Specie presenti in questi boschi ricorrenti in ambito nemorale sono: il palèo
silvestre (Brachipodium sylvaticum), l’anemone bianca (Anemone nemorosa), la
melica delle faggete (Melica nutans), la carice delle selve (Carex selvatica) e la
pervinca (Vinca minor). A queste specie si aggiungono entità più termofile a
gravitazione mediterranea o sud-orientale come il tamaro (Tamus communis), il
pungitopo (Ruscus aculeatus), la cicerchia veneta (Lathyrus venetus) e l’asparago
selvatico (Asparagus tenuifolium), tutti elementi che fanno ricadere i querceticarpineti planiziali friulano-veneti nell’associazione Asparago tenuifolii-Quercetum
roboris, imparentandoli strettamente con i boschi della Slavonia.
2.2.4
Vegetazione Fluviale
Comprende aspetti di vegetazione erbaceo-arbustiva del greto fluviale,
aggruppamenti di alte erbe igrofile (canneti) e aggruppamenti legnosi arbustivoarborei igrofili rinvenibili lungo i corsi d’acqua principali. Nell’area in esame si
rinvengono un tratto del Fiume Isonzo e il Torrente Torre.
Il tratto del Fiume Isonzo che scorre nella Bassa Pianura è caratterizzato da un alveo
sempre inondato, in quanto riceve gli apporti d’acqua di risorgiva; le portate di
magra non si azzerano mai ed è evidente l’influenza delle maree e i depositi di greto
ghiaiosi sono rari. Le golene sono in prevalenza occupate dalle monocolture,
soprattutto di mais, soia e pioppo da cellulosa; le aree boscate sono limitate e
generalmente in condizione di degrado a causa dell’abbondanza di specie esotiche
avventizie. Tra le erbacee si citano Helianthus tuberosus, Reynoutria japonica,
Solidago gigantea; tra le legnose Acer negundo, Ailanthus altissima, Amorpha
fruticosa, Lonicera japonica, Robinia pseudoacacia e Ulmus pumila; queste si
sviluppano soprattutto a scapito della vegetazione boschiva e prativa autoctona.
Poco più a valle del ponte della strada provinciale Monfalcone-Grado si entra
nell’ambito di Foce, ancora caratterizzato da zone umide d’acqua dolce, salmastra e
salata in cui si sviluppano popolamenti di vegetazione palustre. Le zone golenali
poste più a Nord, sono caratterizzate da lembi di bosco golenale, anche se con
presenza localizzata di robinia. I boschi golenali si distinguono per composizione
secondo una igrofilia decrescente man mano che ci si allontana dall’asta fluviale. Da
consorzi arbustivi di salici (Salix eleagnos, Salix purpurea, Salix triandra) e pioppo
nero (Populus nigra), dei greti ghiaiosi e delle sponde frequentemente soggette alle
piene, si passa a fasce di bosco igrofilo con salice bianco (Salix alba) e pioppo nero
(Populus nigra) e successivamente ad aspetti meso-igrofili con nocciolo (Corylus
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avellana), Fraxinus angustifolia, Fraxinus excelsior, tiglio (Tilia cordata) e altre
specie, attualmente dominate da robinia (Robinia pseudoacacia). Sulle scoscese
sponde conglomeratiche e flyschioidi gli aspetti più igrofili, man mano che ci si
allontana dall’acqua, vengono sostituiti prevalentemente da una fascia di bosco misto
con Carpinus betulus e successivamente, nelle posizioni di sponda più elevate ed
aride, da boscaglia termofila con orniello (Fraxinus ornus), carpino nero (Ostrya
carpinifolia) e roverella (Quercus pubescens).
In alcuni tratti si rilevano anche arbusteti a prugnolo, biancospino e altre essenze
indicatrici di un processo di rigenerazione forestale, estesi roveti a Rubus ulmifolius e
popolamenti di ailanto.
L’ambito di foce comprende la zona della Boschetta, l’isola della Cona sulla sponda
sinistra e l’isolotto del Caneo sulla sponda destra. In particolare nella zona della
Boschetta si rinvengono prati umidi, con risorgenze d’acqua dolce, che ospitano un
peculiare corteggio floristico. Nell’isolotto del Caneo si rinvengono estesi canneti a
Phragmites australis e Scirpus maritimus con presenza di specie più spiccatamente
alofile. In tale situazione si ha una variazione del contenuto salino delle acque a
seconda dell’alta marea, degli eventi metereologici locali e delle portate fluviali.
L’Isola della Cona riveste una notevole importanza sia per l’avifauna presente sia per
la grande ricchezza vegetazionale, dovuta alla commistione tra acque marine e acque
dolci che determinano la comparsa, su superfici contigue, di ambienti d’acqua dolce,
salmastra e salata. Sulle superfici marine sempre sommerse si rinvengono praterie a
Zostera marina, di acque meno salate, e praterie di Cymodocea nodosa delle acque
con più elevata concentrazione salina. Procedendo verso il mare si incontrano gli
ambiti di velma, periodicamente asciutti durante la bassa marea che presentano una
prateria a Zostera noltii, sviluppata soprattutto sulle superfici emerse più o meno
impaludate. Qui, accanto a numerosi aspetti alofili di barena, come quelli a Spartina
stricta, a Juncus maritimus, a Limonium vulgare, Artemisia coerulescens, Puccinellia
palustris, Inula crithmoides e Arthrocnemum fruticosum, si rinvengono all’interno
dell’argine, su terreni intrisi d’acqua più o meno salmastra, popolamenti a Limonium
vulgare, a Juncus gerardi e Plantago cornuti, canneti a Scirpus maritimus, a
Phragmites australis e nelle acque dolci, comprese quelle delle superfici
rinaturalizzate, altri tipi di vegetazione palustre come i canneti a Typha latifolia, a
Typha angustifolia, a Schoenoplectus lacustris, a Phalaris arundinacea e popolazioni
sommerse a Potamogeton sp. pl.
Il Fiume Torre è costantemente privo d’acqua ad esclusione dei periodi di piovosità;
presenta golene quasi completamente coltivate o, se abbandonate, estesi fenomeni di
degrado vegetazionale.
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Popolamenti delle Aree Umide d’Acqua Dolce
Le operazioni di bonifica effettuate nella Bassa Pianura friulana hanno lasciato solo
poche aree umide in forma di superfici emerse, polle di risorgiva, stagni e corsi
d’acqua che ospitano tipici popolamenti di specie sommerse, vari tipi di canneto
come quelli a Phragmites australis, a Typha latifolia e a Cladium mariscus, siepi e
boschetti igrofili. Interessanti sotto il profilo naturalistico sono i prati umidi su
substrato torboso a Molinia cerulea e Schoenus nigricans in cui si rinvengono
numerose orchidee, come Anacamptis pyramidalis, Dactylorhiza incarnata,
Epipactis palustris, Gymnadenia conopsea, Listera ovata, Orchis laxiflora, Orchis
palustris, e altre specie rare come Allium suaveolens, Gentiana pneumonanthe,
Gladiolus palustris, Hemerocallis lilio-asphodelus, Iris sibirica, Leucojum aestivum;
nei corsi d’acqua e negli stagni si rinvengono Cyperus longus, Nymphaea alba,
Nuphar luteum, Utricularia vulgaris, Lemna trisulca, Lemna minor, Potamogeton sp.
pl. e specie tipiche di acque correnti come Sium erectum f. submersum, Veronica gr.
anagallis-aquatica, Veronica beccabunga, Alisma lanceolatum e Myosotis
scorpioides.
POLDINI (1996) segnala alcune cenosi nuove per la regione o per l’Italia e
comunque rare: la cenosi Leucojo aestivi-Fraxinetum oxycarpae è segnalata a
Monfalcone presso la palude Salici. L’associazione è dominata da Fraxinus
angustifolia ssp. oxycarpa, Alnus glutinosa, Quercus robur, Ulmus minor, Salix alba,
Populus nigra, Viburnum opulus, Prunus padus, Acer campestre, Corylus avellana,
Ligustrum vulgare, Cornus sanguinea, Hedera helix, Frangula alnus, Rhamnus
cathartica, Leucojum aestivum, Iris pseudacorus, Galium palustre, Valeriana dioica,
Caltha palustris, Carex remota e Carex pendula.
2.2.6
Vegetazione Lagunare
La Laguna di Grado iniziò probabilmente a formarsi 1200 anni fa circa e si stabilizzò
in concomitanza con la zona di foce del Fiume Isonzo. Si ipotizza che in precedenza
le aree lagunari isontine fossero territori planiziali in parte caratterizzati da antiche
paludi d’acqua dolce di origine fluviale, probabilmente protette sul lato fronte mare
da cordoni di dune sabbiose. L’ingressione di acque marine ed il conseguente
cambiamento delle caratteristiche saline delle acque di palude, determinarono la
comparsa degli habitat tipici dei luoghi salsi. In generale la laguna si presenta
attualmente fortemente antropizzata per le bonifiche, le canalizzazioni artificiali,
l’artificializzazione delle bocche lagunari, la presenza di estese aree riservate alla
vallicoltura, quasi mai intensiva, arginate ed artificialmente interdette al flusso di
marea. Nonostante questi interventi permangono parecchi ambienti interessanti sotto
il profilo naturalistico. Si ricordano: le“barene”, aree lagunari solo eccezionalmente
inondate dall’alta marea, coperte da “praterie” di erbe o arbusti estremamente
specializzate; le “velme” o piane di marea, regolarmente emerse e sommerse durante
le fasi giornaliere di marea e occupate a volte da praterie di fanerogame marine e
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popolamenti algali; le “paludi”, bassifondi lagunari perennemente sommersi e
colonizzati da fanerogame marine, ma poco presenti nella Laguna di Grado; la rete di
canali naturali, detti “ghebbi”, attraverso i quali si diffondono e si ritirano le acque
marine nel corso delle fasi di marea, e nei quali si possono sviluppare popolamenti di
fanerogame marine; il cordone dunoso litoraneo che separa la laguna dal mare
aperto. I fattori che condizionano la composizione dei popolamenti vegetali di tali
ambienti sono: la salinità; le condizioni di umidità, infatti gli ambienti possono
presentare stati che vanno da un’inondazione perenne o prolungata, a quello di
alternanza di aridità e umidità, fino a situazioni di aridità permanente; la fortissima
insolazione. Le specie presenti sono tipicamente alofile ossia in grado di tollerare
forti concentrazioni saline; inoltre in genere tutti i tipi di vegetazione degli ambienti
lagunari presentano una densa copertura ma hanno una ricchezza di specie non
elevata. Sul bordo delle barene, dove il suolo regolarmente sommerso dalle alte
maree è inzuppato permanentemente di acqua salata, si sviluppa una fascia di
vegetazione a Spartina stricta, specie atlantica che ha un effetto anti erosivo. Le
barene possono ospitare diversi tipi di vegetazione che variano in base alla topografia
delle superfici e in base alla salinità del suolo. Dalle cenosi più basse e umide
dominate da Limonium vulgare accompagnato da Puccinellia palustris, Juncus
maritimus e Salicornia veneta, si passa a quelle più alte e più alofile con Limonium
sp. ma anche con piccoli arbusti succulenti di Inula crithmoides, Arthrocnemum
fruticosum, Artemisia coerulescens e Aster tripolium. Nei terreni soggetti a erosione
si rinviene la chenopodiacea Salicornia erbacea. Tra i popolamenti meno estesi si
ricordano quelli legati ad accumuli di sostanza organica, caratterizzati da Salsola
soda, Suaeda maritima e altre essenze. Sulle velme si rinviene la fanerogama marina
Zostera nana insieme a diverse alghe. Sul fondo dei ghebbi e delle valli da pesca,
nelle acque stagnanti o debolmente fluenti si rinvengono popolamenti di Ruppia
maritima, mentre sui fondi delle paludi troviamo praterie a Cymodocea nodosa,
Zostera nana e in subordine di Zostera marina in zone di acqua decisamente
salmastra. Lungo la strada Monfalcone-Grado, nella zona dei campeggi Punta SpinPrimero, esistono ancora limitatissimi lembi residuali di ambiti infradunali interni,
tendenzialmente umidi, su suoli sabbiosi, con Erianthus ravennae, varie Juncacee e
Cyperacee come Schoenus nigricans. In alcune aree lagunari immediatamente
retrodunali, dove, a causa dell’evaporazione delle acque di alta marea, si hanno forti
concentrazioni di sale, si possono trovare specie tipiche delle saline naturali come il
raro Limonium bellidifolium. Nelle zone periferiche della laguna interna, in
corrispondenza delle acque salmastre degli estuari dei corsi d’acqua si rinvengono
canneti salso-resistenti a Phragmites australis e a Scirpus maritimus. Le zone
litoranee e le dune interne possono ospitare ristrettissime fasce boscate molto
antropizzate, come presso Punta Barbacale e Primero; tali boscaglie sono costituite
da conifere, di sicuro impianto artificiale, come il pino d’Aleppo (Pinus halepensis),
e da specie autoctone igrofile come ontano nero (Alnus glutinosa), frassino ossifillo
(Fraxinus angustifolia) e pioppo bianco (Populus alba).
Si rileva anche
l’interessante presenza di specie xerofile come il leccio (Quercus ilex). In particolare
sulle dune interne si rinvengono il pino domestico (Pinus pinea) forse autoctono o
forse introdotto in epoca romana. Le valli da pesca possono presentare acque
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superficiali dolcificate che hanno consentito l’insediamento, a volte artificiale, di
limitati boschetti di pioppo nero, pioppo bianco, gelso (Morus sp.pl.), robinia e olmi
(Ulmus sp. pl.). Si ricordano poi gli arbusteti di impianto artificiale a tamerici, in
particolare Tamarix gallica, che si insediano soprattutto sugli argini. Sulle scogliere
artificiali si trovano altre specie: nella fascia alternativamente sommersa ed emersa
durante le maree si rinviene Fucus virsoides, alga bruna munita di vescicole piene di
gas tipica di questo ambiente; mentre al di sopra del livello dell’alta marea
l’ombrellifera finocchio marino (Crithmum maritimum), tipica delle rupi a mare
investite dagli spruzzi d’acqua salata.
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3
FLORA
3.1
INQUADRAMENTO GENERALE
Le informazioni sulla flora si basano sui seguenti testi:
A.A.V.V., 2003; AUDISIO et al.,
2002; BRACCO, MARCHIORI, 2002;
BRACCO, SBURLINO, 2002; CANIGLIA, 2004; LAPINI et al., 1999; MARTINI,
1987; MARTINI, 2004; MERLUZZI, 1999; MERLUZZI et al. , 2003; PIGNATTI
S., 2002; POLDINI, 1987 e 1991; Provincia di Gorizia, 2002.
Quanto riportato per la vegetazione vale anche per la flora: infatti le differenze
climatiche, geologiche e geomorfologiche del territorio in esame, che ricade in
un’area di contatto di diversi distretti biogeografici (centroeuropeo, alpino, illirico e
mediterraneo), generano una grande varietà di ambienti, anche molto differenti tra
loro, che esprimono nel complesso una elevata ricchezza floristica. Nonostante sia
presente nell’area un elevato grado di antropizzazione, si conservano alcuni habitat
palustri e acquatici, che rimangono una testimonianza dell’antico paesaggio della
zona caratterizzato da foreste planiziali, paludi e corsi d’acqua di risorgiva.
Nel seguito vengono riportati dati relativi alle tipologie floristiche prevalenti (Flora
dei boschi planiziali, Flora fluviale, Flora delle zone umide d’acqua dolce, Flora
lagunare); vengono inoltre riportati i risultati di indagini floristiche della provincia di
Udine (MARTINI, 2004) e quelli di ricerche effettuate nella zona costiera della
Laguna di Grado presso Belvedere e Bosco Leoni (POLDINI, 1991).
La flora dei siti di particolare interesse naturalistico è trattata nel Capitolo 5.
3.2
ANALISI DI DETTAGLIO
3.2.1
Flora dei Boschi Planiziali
I relitti boschi umidi friulani, secondo quanto riferito da LAPINI et al. (1999) sono
denominati Asparago tenuifolia-Quercetum robori MARINČEK, 1994 e sono
caratterizzati da una dominanza di farnia (Quercus robur) accompagnata da frassino
meridionale (Fraxinus oxycarpa), olmo campestre (Ulmus minor), ciavardello
(Sorbus torminalis) e ciliegio selvatico (Prunus avium). Lo strato arbustivo è
rappresentato da: nocciolo (Corylus avellana), sanguinello (Cornus sanguinea),
fusaggine (Euonymus europaeus), ligustro (Ligustrum vulgare), prugnolo selvatico
(Prunus spinosa), pollon di maggio (Viburnum opulus), biancospino comune
(Crataegus monogyna) e biancospino selvatico (Crataegus oxyacantha), spino
cervino (Rhamnus catharticus) e rosa cavallina (Rosa arvensis). Lo strato erbaceo è
costituito da specie microterme che sono da interpretare come relitti glaciali. Tra
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queste si segnalano: aglio orsino (Allium ursinum), bucaneve (Galanthus nivalis),
colchico (Colchicum autumnale), fior di stecco (Daphne mezereum) e carice ombrosa
(Carex ombrosa), giglio di S. Giovanni (Lilium martagon), veratro bianco (Veratrum
album ssp. lobelianum). Specie presenti in questi boschi, ricorrenti in ambito
nemorale sono: palèo silvestre (Brachipodium sylvaticum), anemone bianca
(Anemone nemorosa), melica delle faggete (Melica nutans), carice delle selve (Carex
selvatica) e pervinca (Vinca minor). A queste specie si aggiungono entità più
termofile a gravitazione mediterranea o sud-orentale come tamaro (Tamus
communis), pungitopo (Ruscus aculeatus), cicerchia veneta (Lathyrus venetus) e
asparago selvatico (Asparagus tenuifolium).
3.2.2
Flora Fluviale
Le golene sono in prevalenza occupate dalle monocolture, soprattutto di mais, soia e
pioppo da cellulosa; le aree boscate sono limitate e generalmente in condizione di
degrado a causa dell’abbondanza di specie esotiche avventizie. Tra le erbacee si
citano Helianthus tuberosus, Reynoutria japonica, Solidago gigantea; tra le legnose
Acer negundo, Ailanthus altissima, Amorpha fruticosa, Lonicera japonica, Robinia
pseudoacacia e Ulmus pumila.
I boschi golenali si distinguono per composizione secondo una igrofilia decrescente
man mano che ci si allontana dall’asta fluviale. Lungo i greti ghiaiosi e le sponde
frequentemente soggette alle piene si rinvengono esemplari di Salix eleagnos, Salix
purpurea, Salix triandra e pioppo nero (Populus nigra) a portamento arbustivo; il
bosco igrofilo è costituito da salice bianco (Salix alba) e pioppo nero (Populus nigra)
mentre nocciolo (Corylus avellana), Fraxinus angustifolia, Fraxinus excelsior, tiglio
(Tilia cordata) e la dominante robinia (Robinia pseudoacacia) caratterizzano aspetti
meno igrofili. Sulle sponde si rinvengono un bosco misto con Carpinus betulus e,
nelle posizioni di sponda più elevate ed aride, una boscaglia termofila con orniello
(Fraxinus ornus), carpino nero (Ostrya carpinifolia) e roverella (Quercus
pubescens). In alcune zone si rinviene Rubus ulmifolius e ailanto (Ailanthus
altissima).
Nell’isolotto del Caneo si rinvengono estesi canneti a Phragmites australis e Scirpus
maritimus con presenza di specie più spiccatamente alofile. L’Isola della Cona
ospita, a seguito della varietà di ambienti che presenta, varie specie, tra cui: Zostera
marina, Cymodocea nodosa, Zostera noltii; specie alofile come: Spartina stricta,
Juncus maritimus, Limonium vulgare, Artemisia coerulescens, Puccinellia palustris,
Inula crithmoides e Arthrocnemum fruticosum; specie tipiche di ambienti salmastri
come: Limonium vulgare, Juncus gerardi, Plantago cornuti, Scirpus maritimus,
Phragmites australis; specie di zone palustri con acque dolci: Typha latifolia, Typha
angustifolia, Schoenoplectus lacustris, Phalaris arundinacea e Potamogeton sp. pl.
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3.2.3
Flora delle Zone Umide d’Acqua Dolce
Le operazioni di bonifica effettuate nella Bassa Pianura friulana hanno lasciato solo
poche aree umide in forma di superfici emerse, polle di risorgiva, stagni e corsi
d’acqua che ospitano una flora rappresentata da: Phragmites australis, Typha
latifolia, Cladium mariscus, Molinia cerulea, Schoenus nigricans, Anacamptis
pyramidalis, Dactylorhiza incarnata, Epipactis palustris, Gymnadenia conopsea,
Listera ovata, Orchis laxiflora, Orchis palustris, Allium suaveolens, Gentiana
pneumonanthe, Gladiolus palustris, Hemerocallis lilio-asphodelus, Iris sibirica,
Leucojum aestivum; nei corsi d’acqua e negli stagni si rinvengono: Cyperus longus,
Nymphaea alba, Nuphar luteum, Utricularia vulgaris, Lemna trisulca, Lemna minor,
Potamogeton sp. pl. e specie tipiche di acque correnti come Sium erectum f.
submersum, Veronica gr. anagallis-aquatica, Veronica beccabunga, Alisma
lanceolatum e Myosotis scorpioides.
Tra le specie appartenenti al genere Potamogeton, MERLUZZI et al. (2003)
segnalano Potamogeton polygonifolius Porr. presso Grado, specie nuova per la
regione e rarissima per l’Italia, e la specie nuova per l’Italia Potamogeton x cooperi
(Fryer) Fryer (ibrido Potamogeton crispus L. x Potamogeton perfoliatus L.), lungo la
strada verso Lido di Staranzano e in un canale di scolo verso l’Isola della Cona.
3.2.4
Flora Lagunare
Nonostante la massiccia presenza antropica, la Laguna di Grado ospita ancora
parecchi ambienti interessanti sotto il profilo naturalistico. Il corteggio floristico di
tali biotopi è costituito da specie tipicamente alofile; tra queste si ricordano: Spartina
stricta, Limonium vulgare, Puccinellia palustris, Juncus maritimus, Salicornia
veneta, Inula crithmoides, Arthrocnemum fruticosum, Artemisia coerulescens e Aster
trifolium, Salicornia erbacea. Sulle velme si rinviene Zostera nana insieme a diverse
alghe. Sul fondo dei ghebbi e delle valli da pesca, nelle acque stagnanti o debolmente
fluenti si rinviene Ruppia maritima, mentre sui fondi delle paludi troviamo
Cymodocea nodosa, Zostera nana e in subordine Zostera marina in zone di acqua
decisamente salmastra. In alcune aree lagunari immediatamente retrodunali, in
presenza di terreni particolarmente ricchi di sali, si possono trovare specie tipiche
delle saline naturali come il raro Limonium bellidifolium. Nelle zone periferiche
della laguna interna, in corrispondenza delle acque salmastre degli estuari dei corsi
d’acqua si rinvengono canneti salso-resistenti a Phragmites australis e a Scirpus
maritimus.
Le zone litoranee e le dune interne possono ospitare conifere, di sicuro impianto
artificiale, come il pino d’Aleppo (Pinus halepensis), e specie autoctone igrofile
come ontano nero (Alnus glutinosa), frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia),
pioppo bianco (Populus alba). Si rileva anche l’interessante presenza di specie
xerofile come il leccio (Quercus ilex).
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Sulle dune interne si incontra il pino domestico (Pinus pinea) forse autoctono o forse
introdotto in epoca romana.
Le valli da pesca possono ospitare pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco
(Populus alba), gelso (Morus sp.pl.), robinia (Robinia pseudoacacia) e olmi (Ulmus
sp. pl.).
Specie di impianto artificale sono le tamerici come Tamarix gallica, che si insediano
soprattutto sugli argini.
Sulle scogliere artificiali si trovano specie come Fucus virsoides, unico
rappresentante mediterraneo delle fucacee (alghe brune, con numerose specie sulla
costa atlantica) e il finocchio marino (Crithmum maritimum), tipica pianta delle rupi
a mare investite dagli spruzzi d’acqua salata.
3.2.5
Flora Vascolare Spontanea di Udine
L’indagine di MARTINI (2004) sulla flora vascolare spontanea di Udine, effettuata
in un’area di 19.4 km2, comprende 819 specie suddivise in 109 famiglie fra le quali
prevalgono le Asteracee (12.3%) e le Poaceae (11.8%); meno rilevanti sono
Fabaceae, Brassicaceae, Lamiaceae, Rosaceae, Scrophulariaceae e Caryophyllaceae,
comprese fra 3.2 e 5.1 %. Lo spettro biologico, comprende tutte le forme biologiche
della flora italiana (Fig. 1), appare dominato dalle emicriptofite (42.8%) e dalle
terofite (29.0%) che insieme superano i 2/3 del totale. La presenza delle idrofite e
delle elofite, sebbene limitata, è dovuta allo sviluppo della rete idrica, costituita da
rogge e canali.
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Fig. 1. Spettro Biologico della Flora Vascolare Spontanea
di Udine (MARTINI, 2004)
3.2.6
Flora della Zona Costiera presso Belvedere e Bosco Leoni
POLDINI (1991), nel suo lavoro “Itinerari botanici nel Friuli Venezia Giulia, prende
in esame il paesaggio della zona costiera della Laguna di Grado, presso Belvedere,
della quale riporta un elenco di entità floristiche suddivise in base alle loro esigenze
ecologiche. Il paesaggio si presenta dominato dalle colture e fortemente alterato
dalle attività umane; tra le specie introdotte dall’uomo spicca Arundo donax. Un
altro elemento che caratterizza l’area è rappresentato dalle pinete costiere, costituite
da pino d’Aleppo (Pinus halepensis), pino nero (Pinus nigra) e pino domestico
(Pinus pinea). Gli elementi della flora possono essere suddivisi nelle seguenti
categorie: 1. Flora alofila; 2. Flora idrofitica; 3. Flora igrofila; 4. Flora nemorale; 5.
Flora xerofitica.
3.2.6.1
Flora Alofila
Riguarda zone costiere (sabbie e dune) e comprende entità come: sparto pungente
(Ammophila littoralis), Artemisia coerulescens, Arthrocnemum fruticosum, A.
glaucum, Beta vulgaris ssp. maritima, ravastrello marittimo (Cakile maritima ssp.
aegyptiaca), Crithmum maritimum, Cymodocea nodosa, Halimione portulacoides,
Inula chrithmoides, salsola erba-cali (Salsola kali), Salsola soda, Triglochin
maritimum.
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3.2.6.2
Flora Idrofitica
E’ ospitata da rogge e canali ed è rappresentata da Hottonia palustris, Hydrocharis
morus-ranae, Myriophyllum verticillatum, Nymphaea alba, Potamogeton nodosus, P.
acutifolius.
3.2.6.3
Flora Igrofila
tra le entità rappresentative di questa categoria primeggiano quelle appartenenti al
genere Carex con 12 specie di cui solo alcune rientrano nella definizione di specie
igrofila: C. acutiformis, C. distans, C. elata, C. panacea, C. pendula, C. vesicaria. A
queste si aggiungono C. caryophyllea, C. flacca, C. hirta, C. liparocarpos, C. pairae
e C. ombrosa. Altre specie igrofile sono quelle appartenenti al genere Salix. Sugli
argini dell’Isonzo si rinvengono: S. cinerea, S. eleagnos, S. purpurea, e più raro, S.
triandra ssp. discolor. Raramente si incontrano esemplari di Ulmus glabra, che
solitamente si trova in boschi di forra montani e che qui è stato probabilmente
portato da alluvioni dell’Isonzo. POLDINI riporta altre presenze di specie montane
su zone costiere, come Petasites paradoxus nell’Isola Morosini. Altre specie igrofile
sono: Caltha palustris, Cyperus longus (anche infestante mais), Epipactis palustris,
Holoschoenus romanus, Iris pseudacorus, Leucojum aestivum (presso il Lago di
Doberdò), Mentha aquatica, Mentha longifolia, Mentha x verticillata,
Schoenoplectus lacustris e S. mucronatus.
3.2.6.4
Flora Nemorale
Di interesse è il Bosco planiziale dei Leoni, sito entro il comune di Aquileia che si
riconnette con gli altri boschi superstiti della Bassa friulana. E’ da mettere in risalto
la funzione protettiva e microclimatica esercitata dalla chioma arborea, per cui in
questo bosco, anche se di ridotta superficie, si sono potute conservare specie
microterme, solitamente diffuse in boschi montani o ai margini di essi. Si tratta di
specie come: Allium ursinum, Arum maculatum, Carex umbrosa, Galanthus nivalis,
Lathyrus vernum, Lilium martagon, Ranunculus auricomus, Veratrum album ssp.
lobelianum e Vinca minor. Nelle siepi spiccano Clematis viticella e Viburnum
opulus.
3.2.6.5
Flora Xerofitica
E’una categoria di specie meno diffuse, rinvenibili solo nelle pinete litorali; tra
queste si ricordano: Ajuga chamaepitys, Carex liparocarpon, Cerastium
semidecandrum, Fumana procumbens, Ophrys sphecodes (rara) e Sherardia
arvensis.
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4
FAUNA
4.1
INQUADRAMENTO GENERALE
L’intero territorio dell’area in esame, appartenente alle unità geologiche della
Regione Friuli denominate “Bassa Pianura”, “Laguna di Grado” e “Golfo di Trieste”,
si localizza in pianura, in un’area con forte grado di antropizzazione, dovuto
all’agricoltura intensiva ed all’estensione delle monocolture. La vegetazione
naturale risulta così ampiamente sostituita dalle colture agrarie.
A questa regola sfuggono alcuni ambienti ripariali, presenti lungo i corsi d’acqua
maggiori (il Fiume Isonzo) e minori (Torrente Torre), alcuni residui lembi boscati e
varie zone umide, in particolare quelle relative agli ambienti palustri costieri dei tre
sistemi: Laguna di Grado, Valle Canavata-Bocca di Primero e Foce dell’Isonzo. Tali
ambienti conservano caratteristiche floristiche e vegetazionali vicine a quelle
originarie e quindi tali da offrire rifugio e protezione ad un certo numero di specie
interessanti, appartenenti soprattutto all’ornitofauna ed alla cosiddetta fauna minore
(invertebrati, anfibi, rettili, micromammiferi).
Le informazioni relative alla fauna contenute nella presente indagine si basano sulle
seguenti fonti: ARGANO et al., 1992; CAGNOLARO, NOTARBARTOLO DI
SCIARA, 1992; DOLCE, LAPINI, 1987; JESU, 1991; LAPINI et al., 1991; LAPINI
et al., 1994; LAPINI et al., 1995; LAPINI et al., 1999; NOTARBARTOLO DI
SCIARA, DEMMA, 1997; PARODI, 1999; PAVAN, MAZZOLDI, 1983;
PEDROTTI, DUPRE’, 2001; PERCO, UTMAR, 1987; SPOTO, 1997.
4.2
ANALISI DI DETTAGLIO
Le informazioni trovate, si riferiscono in gran parte agli Uccelli; del resto, l’avifauna
è sicuramente la comunità vertebrata maggiormente rappresentata (ben 175 specie
presenti nell’area in esame) e di maggior pregio naturalistico. Per le specie
nidificanti, al fine di valutare eventuali situazioni con particolari emergenze
naturalistiche, è possibile una schematizzazione delle diverse esigenze di habitat.
4.2.1
Ambiente Fluviale ed Acquatico
La vegetazione ripariale di fiumi, canali e scoli offre riparo al Cuculo, al Torcicollo,
all’Usignolo, al Pigliamosche, alla Cinciarella, alla Capinera, al Lodolaio, al Falco
Pecchiaiolo, al Verzellino, alla Cannaiola verdognola, al Canapino, al Pendolino e al
Gufo comune. Nel greto dei torrenti e dei fiumi nidificano il Corriere piccolo, la
Ballerina bianca, la Ballerina gialla, la Cutrettola, il Fagiano, l’Allodola e la
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Marzaiola (nidificazione molto rara e solo possibile, ad es. nel letto ghiaioso di Torre
e Isonzo). Nei fragmiteti (anche delle zone palustri) nidificano Cannaiole,
Cannareccioni, Salciaiole e Migliarini di palude. Nei banchi di sabbia delle sponde,
nelle ripide scarpate prive di vegetazione e nelle cave abbandonate, scavano il nido il
Martin pescatore ed il Gruccione.
Gli ambienti palustri costieri (isole, barene, cordoni litorali, con dune e spiagge
emerse, piane di marea, o velme, e paludi) meglio conservati, ospitano una ricca e
diversificata ornitofauna nidificante, che annovera varie specie: su isolotti ricoperti di
vegetazione delle valli da pesca salmastre può nidificare il Cigno reale; su isolotti
con vegetazione alofila e rovi di valli da pesca e zone palustri può nidificare l’Oca
selvatica; in fragmiteti di zone umide salmastre nidifica il Falco di palude; in diversi
ambienti delle zone umide salmastre costiere possono nidificare il Cavaliere d’Italia,
il Fratino, il Gabbiano reale, il Fraticello, la Pettegola. Si segnala infine la
nidificazione, tra gli altri possibili ambienti, del Fagiano anche nelle valli da pesca e
nelle zone litoranee, e la predilezione per la nidificazione di tali ambienti del
Beccamoschino.
In tutte le zone umide nidificano il Tarabusino ed il Porciglione (in presenza di
fragmiteti), il Germano reale, la Gallinella d’acqua, la Folaga ed il Tuffetto.
4.2.2
Formazioni Boschive
Nell’area in esame le formazioni boschive naturali sono generalmente di estensione
ridotta, essendo limitate per lo più a piccoli lembi che si allineano ai bordi delle
strade o dividono appezzamenti di terreno. La situazione migliora per quanto
riguarda la vegetazione ripariale, di cui si è parlato prima, più estesa e ricca.
Nei rari e sempre meno estesi boschi planiziali, nidificano Poiane, Gheppi, Falchi
pecchiaioli, Sparvieri, Fagiani, Cuculi, Barbagianni, Civette, Usignoli, Picchi
muratori, Merli, Capinere, Codibugnoli, Cinciarelle, Cinciallegre, Storni, Fringuelli,
Verdoni, Frosoni, Ghiandaie, Cardellini e Gazze. Nelle radure dei boschi, con
ambienti cespugliati aperti e soleggiati, possono nidificare il Succiacapre,
l’Occhiocotto e la Sterpazzola.
4.2.3
Coltivazioni
I seminativi rappresentano un ambiente la cui ricchezza in specie è funzione della
varietà della fisionomia vegetale; la presenza di filari e siepi accresce così la diversità
ornitica creando nuove nicchie riproduttive; l’alternanza di appezzamenti non molto
estesi con siepi e filari dà luogo infatti a ecotoni, in cui per “effetto margine” si
possono trovare più specie degli ambienti componenti.
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Frequenti nei coltivi come nidificanti sono solo la Pavoncella, la Calandrella, la
Cutrettola, il Saltimpalo, l’Allodola e la Cappellaccia (queste ultime due specie
nidificano nelle aree prative inframmezzate a colture cerealicole); specie più
tipicamente legate a coltivi con siepi, filari ed alberature sono: il Fagiano, l’Usignolo,
il Merlo, la Capinera, la Cinciallegra, il Fringuello, lo Strillozzo, l’Averla piccola, il
Lodolaio, lo Sparviere, la Quaglia, la Tortora, il Cuculo, l’Upupa, il Picchio verde, il
Picchio rosso maggiore, il Luì piccolo, il Codibugnolo, il Rigogolo, la Cornacchia
grigia, la Gazza, lo Storno, la Passera mattugia, il Verdone ed il Cardellino. In
particolare prediligono i pioppeti coltivati rispetto ad altri ambienti il Colombaccio, il
Picchio rosso maggiore, il Pigliamosche, il Rigogolo, il Fringuello ed il Gufo
comune.
Negli ambienti rurali, le cascine e gli edifici ospitano: Rondini, Rondoni, Balestrucci,
Passere d’Italia, Passere mattugie, Storni, Civette, Barbagianni e Tortore dal collare
orientali.
4.2.4
Ambienti Urbani
Le aree urbane o periurbane dei centri abitati possono offrire rifugio e ambienti
idonei alla nidificazione per diverse specie sinantropiche dell’ornitofauna. Nelle aree
verdi urbane possono nidificare Tortore dal collare orientali, Tortore, Merli,
Barbagianni e Cinciallegre. In pieno centro abitato possono nidificare Rondoni,
Rondini, Balestrucci e Passere d’Italia e, nei maggiori agglomerati urbani (ad es.
Monfalcone), lo Sparviere; in alcuni palazzi dei centri storici può nidificare la
Civetta. Nei parchi, specialmente con alberi maturi, si possono rinvenire Usignoli,
Frosoni, Tortore, Tortore dal collare orientale, Assioli, Gufi comuni, Picchi muratori,
Strillozzi e Pigliamosche.
Viene presentato in allegato un elenco della fauna potenzialmente presente nel
territorio in esame, suddivisa per gruppi sistematici (pesci, anfibi, rettili, uccelli e
mammiferi).
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SITI DI PARTICOLARE INTERESSE SOTTO IL PROFILO
NATURALISTICO
Nel territorio considerato i siti di rilevante interesse naturalistico sottoposti a
particolare tutela sono la Riserva naturale Regionale della Foce dell’Isonzo, la
Riserva Naturale Regionale di Valle Canavata e i tre SIC “Foce dell’Isonzo, Isola
della Cona” (cod. IT3330005), “Valle Canavata e Banco Mula di Muggia” ( cod.
IT3330006) e “Laguna di Marano e Grado” (cod. IT3320037), tutti coincidenti con le
ZPS omonime. Essi conservano apprezzabili caratteri di naturalità che permettono
loro di offrire rifugio e protezione ad un certo numero di specie interessanti, sia dal
punto di vista floristico che faunistico, ed in particolare a specie appartenenti
all’ornitofauna ed alla fauna minore (invertebrati, anfibi, rettili, micromammiferi).
5.1
RISERVA NATURALE REGIONALE DELLA FOCE DELL’ISONZO – SIC
“FOCE DELL’ISONZO, ISOLA DELLA CONA”
Le informazioni riportate sono tratte dalle seguenti fonti:
•
www.minambiente .it
•
www.regione.fvg.it/asp/ambiente/menu.asp?num=56&nodo=15l
•
www.isoladellacona.it
•
www.parks.it
•
www.riservanaturalefoceisonzo.it
La Riserva Naturale Regionale, inclusa nei comuni di Staranzano, San Canzian
d’Isonzo, Grado e Fiumicello, è in gran parte inclusa nel territorio del SIC, pertanto
le due aree protette verranno accorpate in un’unica trattazione. La Riserva, di 2,338
ha (di cui 1,154 a mare), è stata istituita con LR No. 42 del 30 Settembre 1996. Il
SIC occupa un’area di 2,653 ha.
Le aree protette comprendono la parte terminale del corso del fiume Isonzo (gli
ultimi 15 km) e la sua foce; questa, deltizia in origine, presenta ora due rami
principali separati da un’area di terre emerse, l’Isola della Cona, connessa alla
terraferma da un breve argine. Nel recente passato l’isola è stata sottoposta a parziali
opere di prosciugamento e bonifica, ed è stata adibita dapprima a pascolo, quindi alla
coltivazione. Solo la parte marina, periodicamente sommersa dalle maree e molto
paludosa, è stata risparmiata dalle trasformazioni.
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Il sito è caratterizzato da ampie zone a palude di acqua dolce e terreni sommersi dalle
maree e comprende habitat golenali, alofili e psammofili. Sono presenti ampie
superfici a canneto (Puccinellio palustris-Scirpetum compacti con facies alofila a
Phragmites australis), zone golenali a carici, boschi igrofili ad ontano nero, tratti di
bosco planiziale su duna fossile a pioppo bianco dominante, vaste piane di marea con
praterie di Zoostera nolti e Cymodocea nodosa e numerosi isolotti ghiaiosi-sabbiosi
nella barra di foce. Nelle zone golenali sono spesso presenti colture agricole. Fra le
cenosi alofile, da ricordare estesi popolamenti di Puccinellio festuciformis-Juncetum
maritimi, con Aster tripolium pannonicus, Suaeda maritima, Juncus maritimus,
Arthrocnemum fruticosum, Limonium serotinum.
Dal punto di vista floristico, fra le specie più rare e rilevanti sono da segnalare
Cirsium canum, Sium latifolium, Bassia hirsuta, Limonium densissimum, Orchis
palustris, plantago altissima, P. cornuti, Carex extensa, Allium suaveolens,
Hydrocharis morsus-ranae, Althaea officinalis, Juncus gerardii, Schoenus nigricans
e Euphrasia marchesettii. Quest’ultima specie è interpretata come endemita
progressiva della pianura veneto-friulana dal Monfalconese, dove si trova il locus
classicus, al Padovano (MARTINI, 1987).
Relativamente alla fauna, il sito riveste importanza internazionale come habitat per
gli uccelli acquatici, basti pensare che gli anatidi svernanti arrivano
complessivamente a 14,000 unità. Di rilievo anche la presenza di popolazioni
piuttosto floride di Puzzola, mustelide in costante rarefazione in Italia e, nelle acque
costiere, della Tartaruga comune e del Tursiope, specie relativamente frequenti ma
solo in relazione ad episodi di natura trofica.
Il sito del Ministero dell’Ambiente, riporta diverse informazioni sul SIC. Gli habitat
di interesse comunitario presenti sono: “Estuari”, “Distese fangose o sabbiose
emergenti durante la bassa marea”, “Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie
annuali delle zone fangose e sabbiose”, Prati di Spartina (Spartinion maritimae)”,
“Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)”, “Praterie e fruticeti alofili
mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornetea fruticosa)”, “Steppe salate
mediterranee” (habitat prioritario), “Bordure planiziali, montane e alpine di
megaforbie igrofile”, “Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba.
Relativamente alla fauna diverse sono le specie di interesse comunitario, soprattutto
per quanto riguarda l’ornitofauna. La Rete Natura 2000 riporta la presenza nel sito
dei seguenti uccelli di interesse comunitario: Strolaga minore, Strolaga mezzana,
Strolaga maggiore, Svasso cornuto, Marangone minore, Marangone dal ciuffo,
Tarabuso, Tarabusino, Nitticora, Garzetta, Sgarza ciuffetto, Airone bianco maggiore,
Airone rosso, Cicogna nera, Cicogna, Fenicottero, Mignattaio, Spatola, Oca
collorosso, Cigno minore, Cigno selvatico, Moretta tabaccata, Pesciaiola, Falco
pecchiaiolo, Nibbio bruno, Nibbio reale, Aquila di mare, Biancone, Falco di palude,
Albanella reale, Albanella minore, Aquila anatraia maggiore, Falco pescatore,
Smeriglio, Pellegrino, Voltolino, Schiribilla, Schiribilla grigiata, Re di quaglie, Gru,
Cavaliere d’Italia, Avocetta, Pernice di mare, Piviere dorato, Combattente,
Terminal Alpi Adriatico S.r.l.
Studio di Impatto Ambientale, Quadro di Riferimento Ambientale – Appendice A
Terminale di Rigassificazione di GNL Alpi Adriatico e Condotta a Mare – Golfo di Trieste
Pag. A-20
Doc. No. 04-582-H3
Rev. 0 – Gennaio 2006
Croccolone, Piro piro boschereccio, Piro-piro terek, Pittima minore, Falaropo
beccosottile, Gabbiano corallino, Gabbiano roseo, Sterna zampenere, Sterna
maggiore, Beccapesci, Sterna comune, Fraticello, Mignattino piombato, mignattino,
Gufo di palude, Succiacapre, Martin pescatore, Ghiandaia marina, Picchio nero,
Calandrella, Tottavilla, Calandro, Pettazzurro, Forapaglie castagnolo, Cannaiola
verdognola, Averla piccola, Averla cenerina, Ortolano. Uccelli non di interesse
comunitario presenti nel sito sono: Cormorano,Oca granaiola, Oca lombardella, Oca
grigia, Fischione, Canapiglia, Alzavola, Germano reale, Codone, Marzaiola,
Mestolone, Moriglione, Moretta, Edredone, Moretta codona, Orchetto marino, Orco
marino, Folaga, Beccaccia di mare, Fratino, Beccaccino, Chiurlo piccolo, Chiurlo
maggiore, Usignolo di fiume, Beccamoschino e Occhiocotto.
La teriofauna di interesse comunitario consiste unicamente nel cetaceo Tursiope, di
cui si è già parlato prima.
L’erpetofauna di interesse comunitario è rappresentata da: Testuggine palustre
europea, Rana di Lataste, Tritone crestato meridionale e Tartaruga comune.
Pesci di interesse comunitario segnalati sono la Cheppia o Agone ed il Nono.
Unica pianta di interesse comunitario segnalata è Euphrasia marchesettii.
Altre specie importanti segnalate sono: per la flora: Bassia hirsuta, Cirsium canum,
Limonium densissimum, Orchis palustris, Plantago altissima e P. cornuti; per gli
invertebrati: Branchiostoma lanceolatum, Carabus italicus e Pinna nobilis; per i
pesci alcune specie dulcacquicole: il Luccio, lo Spinarello, il Triotto, la Scardola e la
Tinca; per gli anfibi la Raganella italiana. Per i rettili il Colubro di Esculapio o
Saettone, la Biscia Tassellata e la Lucertola campestre. Infine tra i mammiferi, la
Puzzola, l’Arvicola terrestre ed il Toporagno acquatico di Miller.
Nella Riserva Naturale Regionale vengono anche segnalati la Passera e varie specie
di Cefali (Liza saliens, Liza aurata, L. ramata, Mugil cephalus, Chelon labrosus),
pesci marini che possono risalire la foce dell’Isonzo, l’Anguilla, la Carpa, il
Cavedano, vari rettili, tra cui Lucertola muraiola, Ramarro, Biacco e anfibi (Rospo
smeraldino, Ululone ventre giallo, Rana verde). Ulteriori mammiferi presenti sono
l’Arvicola campestre, il Pipistrello di Nathusius, chirottero migratore che sverna
sulle coste dell’alto Adriatico, il Tasso, il Capriolo e, sporadicamente, il Cinghiale.
5.2
RISERVA NATURALE REGIONALE DI VALLE CANAVATA – SIC “VALLE
CANAVATA E BANCO MULA DI MUGGIA”
Le informazioni riportate sono tratte dalle seguenti fonti:
•
www.minambiente .it
Terminal Alpi Adriatico S.r.l.
Studio di Impatto Ambientale, Quadro di Riferimento Ambientale – Appendice A
Terminale di Rigassificazione di GNL Alpi Adriatico e Condotta a Mare – Golfo di Trieste
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Doc. No. 04-582-H3
Rev. 0 – Gennaio 2006
•
www.regione.fvg.it/asp/ambiente/menu.asp?num=56&nodo=302
•
www.parks.it
La Riserva Naturale Regionale, inclusa nel comune di Grado, coincide ampiamente
con il territorio del SIC, pertanto le due aree protette verranno accorpate in un’unica
trattazione. Si rileva unicamente che il SIC include anche il tratto a mare costiero
definito “Banco Mula di Muggia”, antistante il tratto di costa tra lo sbocco di Canale
Primero e la parte più orientale dell’agglomerato urbano di Grado. La Riserva, di
341 ha (di cui 67 a mare), è stata istituita con LR No. 42 del 30 Settembre 1996. Il
SIC occupa un’area di 856 ha.
Le aree protette comprendono una ex “valle da pesca e da caccia”, residuo della
porzione orientale della laguna di Grado, che in seguito alle bonifiche agricole è stata
completamente arginata e dotata di chiuse regolabili comunicanti con il mare aperto.
Numerosi sono gli ambienti presenti: le vasche e i canali della valle da pesca; le
barene della valle con vegetazione alofila; le isole artificiali cespugliose; la zona
litoranea con il bosco umido; la spiaggia ed il tratto di mare dove durante la bassa
marea emergono le velme o i banchi sabbiosi periodicamente emergenti nel tratto a
mare detto della “Mula di Muggia”; il canale Averto con il bosco ripariale; il prato
Luseo; alcune zone palustri d’acqua dolce. La gran varietà di ambienti fra il mare e
la terraferma ed il buon grado di conservazione di essi, rende l’area ideale per la
sosta, la nidificazione e lo svernamento di numerose specie di uccelli. Il sito, nella
sua porzione valliva, è stato infatti riconosciuto di valore internazionale ai sensi della
Convenzione di Ramsar, per la sua importanza come habitat per gli uccelli acquatici.
Dal punto di vista vegetazionale, le aree di barena presentano una tipica vegetazione
alofila ascrivibile a tre diverse classi: Thero-Salicornietea, Arthrocnemetea
fruticosae e Juncetea maritimi. Nell’area valliva esistono poi praterie sommerse a
Ruppia maritima, alcune zone palustri d’acqua dolce e limitate porzioni a pascolo o
boscate.
La spiaggia, sabbiosa, è interessata da vegetazione psammofila,
riconducibile alle tre classi: Cakiletea maritimae, Ammophiletea - comprendente la
vegetazione perenne pioniera di sabbie dunali mobili o fisse (Echinophoro spinosaeAmmophiletum arenariae) - ed infine Molinio-Juncetea. Da segnalare inoltre la
presenza di cannetri a Phragmites australis e giuncheti frammisti ad Amorpha
fruticosa e Tamarix sp..
Dal punto di vista floristico, fra le specie rare sono da segnalare Limonium
densissimum, Limonium serotinum, Trachomitum venetum, Erianthus ravennae e
Cyperus kalli.
Il sito del Ministero dell’Ambiente, riporta diverse informazioni sul SIC. Gli habitat
di interesse comunitario presenti sono: “Banchi di sabbia a debole copertura
permanente di acqua marina”, “Distese fangose o sabbiose emergenti durante la
bassa marea”, “Lagune costiere” (habitat prioritario), “Prati di Spartina (Spartinion
Terminal Alpi Adriatico S.r.l.
Studio di Impatto Ambientale, Quadro di Riferimento Ambientale – Appendice A
Terminale di Rigassificazione di GNL Alpi Adriatico e Condotta a Mare – Golfo di Trieste
Pag. A-22
Doc. No. 04-582-H3
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maritimae)”, “Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)”, “Dune mobili del
cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria”.
Relativamente alla fauna diverse sono le specie di interesse comunitario, soprattutto
per quanto riguarda l’ornitofauna. La Rete Natura 2000 riporta la presenza dei
seguenti uccelli di interesse comunitario: Strolaga minore, Strolaga mezzana, Svasso
cornuto, Tarabuso, Tarabusino, Nitticora, Garzetta, Sgarza ciuffetto, Airone bianco
maggiore, Airone rosso, Cicogna nera, Cicogna, Fenicottero, Mignattaio, Spatola,
Cigno minore, Cigno selvatico, Moretta tabaccata, Falco pecchiaiolo, Nibbio bruno,
Nibbio reale, Aquila di mare, Biancone, Falco di palude, Albanella reale, Albanella
minore, Aquila anatraia maggiore, Falco pescatore, Smeriglio, Pellegrino, Voltolino,
Schiribilla, Schiribilla grigiata, Re di quaglie, Gru, Cavaliere d’Italia, Avocetta,
Pernice di mare, Piviere dorato, Combattente, Croccolone, Piro–piro boschereccio,
Gabbiano corallino, Sterna zampenere, Sterna maggiore, Beccapesci, Sterna comune,
Fraticello, Mignattino piombato, Mignattino, Gufo di palude, Succiacapre, Martin
pescatore, Ghiandaia marina, Picchio nero, Pettazzurro, Forapaglie castagnolo,
Averla piccola e Averla cenerina.
Uccelli non di interesse comunitario presenti nel sito sono: Cormorano, Oca
granaiola, Oca lombardella, Oca grigia, Canapiglia, Alzavola, Codone, Marzaiola,
Mestolone, Moretta, Beccaccia di mare, Fratino, Chiurlo piccolo, Chiurlo maggiore,
Usignolo di fiume, Beccamoschino e Occhiocotto.
L’erpetofauna di interesse comunitario è rappresentata dalla Testuggine palustre
europea.
Pesci di interesse comunitario segnalati sono il Ghiozzetto lagunare ed il Nono.
Altre specie importanti segnalate sono: per gli invertebrati, Pinna nobilis; per i pesci,
lo Spinarello; per gli anfibi, la Raganella italiana. Per i rettili il Colubro di Esculapio
o Saettone, la Biscia Tassellata e la Lucertola campestre. Infine tra i mammiferi la
Puzzola.
Nella Riserva Naturale Regionale vengono anche segnalati Branchiostoma
lanceolatum, unica specie vivente nel Mediterraneo appartenente al subphylum dei
cefalocordati, il pesce Ghiozzetto punteggiato, vari rappresentanti dell’erpetofauna,
tra cui, Lucertola muraiola, Ramarro, Biacco, Rospo smeraldino, Ululone ventre
giallo, Rana verde, Rana di Lataste, Rana agile, Ululone dal ventre giallo e Tritone
crestato meridionale.
5.3
SIC “LAGUNA DI MARANO E GRADO”
Le informazioni riportate sono tratte dalle seguenti fonti:
Terminal Alpi Adriatico S.r.l.
Studio di Impatto Ambientale, Quadro di Riferimento Ambientale – Appendice A
Terminale di Rigassificazione di GNL Alpi Adriatico e Condotta a Mare – Golfo di Trieste
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Doc. No. 04-582-H3
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•
www.minambiente.it
•
PAVAN, MAZZOLDI, 1983
•
LAPINI et al., 1995
Il SIC, di 16,288 ha, ricade nell’area in esame unicamente con la porzione più
orientale della Laguna di Grado. In pratica la Laguna di Grado e quella di Marano
costituiscono un’unica zona umida, formatasi a seguito della diversa velocità di
deposito dei fiumi alpini Isonzo e Tagliamento rispetto a quelli di risorgiva. Le
correnti marine hanno in seguito formato dei cordoni di limi e sabbie. Le acque
interne, caratterizzate da notevoli variazioni di salinità e temperatura, interessano
vaste aree di velme e barene.
Molteplici sono i motivi di interesse e di pregio del SIC, che rappresenta uno dei
maggiori sistemi lagunari d’Italia, contenente habitat rari ed in pericolo di
scomparsa, nonché specie caratteristiche di ambienti salmastri e di spiaggia
endemiche dell’Adriatico settentrionale (ad es. Salicornia veneta, presente qui al
limite orientale di distribuzione). Il sito riveste anche primaria importanza
internazionale dal punto di vista faunistico, soprattutto per la sosta e lo svernamento
di ampi contingenti di uccelli acquatici. Rappresenta l’unità ecologica costiero
lagunare più settentrionale del Mar Mediterraneo, che si relaziona ad Est con i siti di
Valle Canavata e foce dell’Isonzo, ad Ovest col sito foce del Timavo.
Dal punto di vista vegetazionale, le zone emerse e sub-emerse che separano la
Laguna dal mare sono caratterizzate da due distinte serie di vegetazione: psammofila
verso il mare aperto, alofila verso l’interno della laguna.
Dal punto di vista floristico, numerose sono le specie interessanti; da segnalare:
Limonium densissimum, Limonium serotinum, Limonium bellidifolium, Limonium
virgatum, Trachomitum venetum, Centaurea tommasinii, Spartina juncea, Centarium
littorale, Clypeola jonthlaspi, Schoenoplectus littoralis, Parapholis strigosa,
Ammophila littoralis, Eryngium maritimum, Echinophora spinosa, Glaucium flavum,
Calystegia soldanella, Vulpia membranacea, Bassia hirsuta, Plantago cornuti,
Erianthus ravennae e Cyperus kalli.
Il sito del Ministero dell’Ambiente, riporta diverse informazioni sul SIC. Gli habitat
di interesse comunitario presenti sono: “Banchi di sabbia a debole copertura
permanente di acqua marina”, “Distese fangose o sabbiose emergenti durante la
bassa marea”, “Lagune costiere” (habitat prioritario)”, “Vegetazione annua delle
linee di deposito marine” “Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali
delle zone fangose e sabbiose”, “Prati di Spartina (Spartinion maritimae)”, “Pascoli
inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)”, “Praterie e fruticeti alofili mediterranei
e termo-atlantici (Sarcocornetea fruticosa)”, “Steppe salate mediterranee
(Limonietalia)” (habitat prioritario), “Dune costiere fisse a vegetazione erbacea
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(“dune grigie”)”, “Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila
arenaria (“dune bianche”)”(habitat prioritario).
Relativamente alla fauna diverse sono le specie di interesse comunitario, soprattutto
per quanto riguarda l’ornitofauna. La Rete Natura 2000 riporta la presenza nel sito
dei seguenti uccelli di interesse comunitario: Strolaga minore, Strolaga mezzana,
Svasso cornuto, Marangone minore, Tarabuso, Tarabusino, Nitticora, Garzetta,
Sgarza ciuffetto, Airone bianco maggiore, Airone rosso, Cicogna nera, Cicogna,
Fenicottero, Mignattaio, Spatola, Oca collorosso, Casarca, Cigno minore, Cigno
selvatico, Moretta tabaccata, Falco pecchiaiolo, Nibbio bruno, Nibbio reale, Aquila
di mare, Biancone, Falco di palude, Albanella reale, Albanella minore, Aquila
anatraia maggiore, Falco pescatore, Smeriglio, Pellegrino, Voltolino, Schiribilla,
Schiribilla grigiata, Re di quaglie, Gru, Otarda, Cavaliere d’Italia, Avocetta, Pernice
di mare, Piviere tortolino, Piviere dorato, Pavoncella armata, Combattente,
Croccolone, Chiurlottello, Piro–piro boschereccio, Falaropo beccosottile, Gabbiano
corallino, Gabbiano roseo, Sterna zampenere, Sterna maggiore, Beccapesci, Sterna
comune, Fraticello, Mignattino, Gufo di palude, Succiacapre, Martin pescatore,
Ghiandaia marina, Picchio nero, Calandrella, Tottavilla, Pettazzurro, Pagliarolo,
Averla piccola, Averla cenerina, Ortolano. Uccelli non di interesse comunitario
presenti nel sito sono: Cormorano, Marangone dal ciuffo, Oca granaiola, Oca
lombardella, Oca grigia, Fischione, Canapiglia, Alzavola, Germano reale, Codone,
Marzaiola, Mestolone, Moriglione, Moretta, Quattrocchi, Smergo minore, Folaga,
Piovanello pancianera, Pettegola, Pivieressa, Beccaccia di mare, Fratino, Cuculo dal
ciuffo, Usignolo di fiume, Beccamoschino e Occhiocotto.
La teriofauna di interesse comunitario consiste unicamente nel cetaceo Tursiope, che,
assieme a Stenella e Grampo, compare frequentemente ma irregolarmente nella
laguna unicamente per motivi trofici.
L’erpetofauna di interesse comunitario è rappresentata da Testuggine palustre
europea, Ululone dal ventre giallo e Tartaruga comune; quest’ultima frequenta la
laguna esclusivamente come zona di pascolo.
Pesci di interesse comunitario segnalati sono il Ghiozzetto lagunare, il Ghiozzetto
punteggiato, la Cheppia, il Nono e lo Storione cobice.
Unica pianta di interesse comunitario segnalata è Salicornia veneta.
Altre specie importanti segnalate sono: per gli invertebrati: Carabus italicus e Pinna
nobilis; per i pesci lo Spinarello e lo Storione attilo o Ladano; per gli anfibi la
Raganella italiana. Per i rettili il Colubro di Esculapio o Saettone, l’Aspide, con
popolazioni importanti a causa del loro isolamento, e la Lucertola campestre (di
questa specie, lungo la linea di costa vivono le più importanti popolazioni a livello
regionale). Infine tra i mammiferi si segnala anche in ambiente di barena lagunare il
Toporagno acquatico di Miller.
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Relativamente alle zone costiere, si segnala la presenza nella Laguna di Grado di
ulteriori mammiferi non riportati dal Ministero dell’Ambiente: Riccio europeo
occidentale, Pipistrello di Nathusius, Lepre, Minilepre, Topolino delle risaie, Ghiro e
Puzzola.
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6
ECOSISTEMI
Il concetto di ecosistema individua un determinato spazio fisico nel quale le
componenti biotiche ed abiotiche interagiscono e si relazionano; per componenti
biotiche si intendono tutti gli organismi viventi, per componenti abiotiche le
caratteristiche fisiche e chimiche del sito (biotopo).
Il concetto di ecosistema si basa sulla considerazione che una determinata specie ha
bisogno di ben precise caratteristiche fisiche e/o chimiche e biologiche (ad es.
presenza di prede idonee per gli animali carnivori), per poter vivere in un dato
ambiente.
Nell’area di studio, sulla base delle caratteristiche vegetazionali e faunistiche
delineate nei paragrafi precedenti, è possibile individuare essenzialmente gli
ecosistemi descritti in seguito.
6.1
AGROECOSISTEMA PLANIZIALE
Il territorio in esame è caratterizzato da aree agricole di vario tipo, come seminativi e
colture specializzate, in cui la vegetazione è caratterizzata dalle essenze coltivate e
dalle specie infestanti; comprendono anche le siepi interpoderali e le aree con
vegetazione più o meno spontanea che si inseriscono, come appezzamenti di limitata
estensione, in condizioni di marginalità. Le monocolture, soprattutto di mais, soia e
pioppo da cellulosa occupano anche in parte le golene del Fiume Isonzo.
Dal punto di vista faunistico i seminativi rappresentano un ambiente la cui ricchezza
in specie è funzione della varietà della fisionomia vegetale. La presenza di filari e
siepi accresce così la diversità ornitica creando nuove nicchie riproduttive;
l’alternanza di appezzamenti non molto estesi con siepi e filari dà luogo infatti a
ecotoni, in cui per «effetto margine» si possono trovare più specie degli ambienti
componenti.
Negli ultimi anni, nelle zone coltivate di pianura, la fauna ha subito una drastica
riduzione. Le cause sono da ricercarsi nelle alterazioni ambientali succedutesi
nell’ultimo quarantennio, vale a dire disboscamento delle originarie foreste
planiziali, sradicamento di siepi e arbusti, uso di fitofarmaci nelle colture agricole,
espansione di specie opportuniste a scapito di quelle tipiche degli ambienti originari,
con riduzione significativa della biodiversità.
Frequenti nei coltivi come nidificanti sono solo la Pavoncella, la Calandrella, la
Cutrettola, il Saltimpalo, l’Allodola e la Cappellaccia (queste ultime due specie
nidificano nelle aree prative inframmezzate a colture cerealicole); specie più
tipicamente legate a coltivi con siepi, filari ed alberature sono: il Fagiano, l’Usignolo,
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il Merlo, la Capinera, la Cinciallegra, il Fringuello, lo Strillozzo, l’Averla piccola, il
Lodolaio, lo Sparviere, la Quaglia, la Tortora, il Cuculo, l’Upupa, il Picchio verde, il
Picchio rosso maggiore, il Luì piccolo, il Codibugnolo, il Rigogolo, la Cornacchia
grigia, la Gazza, lo Storno, la Passera mattugia, il Verdone ed il Cardellino. In
particolare prediligono i pioppeti coltivati rispetto ad altri ambienti il Colombaccio, il
Picchio rosso maggiore, il Pigliamosche, il Rigogolo, il Fringuello ed il Gufo
comune.
Nei residui lembi di boschi planiziali prossimi ai coltivi nidificano Poiane, Gheppi,
Falchi pecchiaioli, Sparvieri, Fagiani, Cuculi, Barbagianni, Civette, Usignoli, Picchi
muratori, Merli, Capinere, Codibugnoli, Cinciarelle, Cinciallegre, Storni, Fringuelli,
Verdoni, Frosoni, Ghiandaie, Cardellini e Gazze. Nelle radure dei boschi, con
ambienti cespugliati aperti e soleggiati, possono nidificare il Succiacapre,
l’Occhiocotto e la Sterpazzola.
Negli ambienti rurali, le cascine e gli edifici ospitano: Rondini, Rondoni, Balestrucci,
Passere d’Italia, Passere mattugie, Storni, Civette, Barbagianni e Tortore dal collare
orientali.
Tra i mammiferi sono comuni: il Riccio europeo occidentale, la Talpa europea, la
Lepre, la Donnola, la Faina, l’Arvicola di Savi, l’Arvicola campestre, il Topo
selvatico a dorso striato, il Topo selvatico, il Topolino delle case ed il Surmolotto.
Più localizzati appaiono l’Arvicola di Liechtenstein, frequentatrice di ambienti
prativi e boschi aperti, e la Puzzola.
Nell’area in esame sono presenti anche vari chirotteri: comune risulta essere solo il
Pipistrello albolimbato, mentre localizzati sono il Rinolofo maggiore, il Vespertilio
mustacchino, il Pipistrello di Nathusius, il Pipistrello di Savi e l’Orecchione
meridionale.
Per gli anfibi si segnalano il Rospo, il Rospo smeraldino, la Rana verde e la Rana
agile.
Tra i rettili: la Lucertola muraiola, il Ramarro, l’Orbettino, il Biacco ed il Colubro di
Esculapio.
6.2
ECOSISTEMA MARINO
Il tracciato a mare del metanodotto si localizza nel Golfo di Trieste, parte più
settentrionale ed orientale dell’Alto Adriatico, descritta da FONDA UMANI et al.
(2000) e MAROCCO (1989). Il Golfo si estende dalla foce del fiume Tagliamento a
Punta Salvatore, con una profondità massima di 25 m raggiunta solo nella parte
centrale. Nella parte occidentale il fondale è costituito principalmente da sedimenti
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sabbiosi grazie agli apporti isontini, mentre nella restante parte prevalgono i
sedimenti pelitici.
Le coste sono densamente abitate e fortemente rimaneggiate, soprattutto in
corrispondenza delle aree abitate e portuali (ad es. nell’area in esame, la Baia di
Panzano); nell’area in esame la spiaggia è in massima parte artificiale.
Gli apporti fluviali sono numerosi (Isonzo, Tagliamento, Timavo, ecc.), ma soltanto
quello dell’Isonzo è considerato rilevante, in particolare per le concentrazioni di
nitrati, mentre l’ortofosfato, le cui concentrazioni sono estremamente basse, sembra
essere maggiormente influenzato dagli scarichi urbani.
L’andamento della salinità, correlato con quello degli apporti fluviali, presenta due
tipici periodi di minima (primavera ed autunno) ai quali, in alcuni anni, si
aggiungono brevi periodi estivi. La temperatura mostra un andamento molto
regolare, con minimi invernali prossimi a 6° C e massimi estivi superficiali anche
superiori ai 25° C. La stratificazione termica si instaura in genere in aprile e perdura
fino ad ottobre, quando si ripristina l’omeotermia.
Notevole è l’oscillazione del livello marino determinata da maree di tipo semidiurno
(tra le maggiori del Mediterraneo) con un’escursione media a Trieste di 86 cm in
sizigie e di 22 cm in quadratura. In casi eccezionali (acque alte) si verificano maree
con altezze anche di 2 m sopra il livello medio del mare.
BRESSAN et al. (1991), riportano varie caratteristiche che contribuiscono al grande
interesse scientifico del Golfo, tra le quali:
•
la presenza di endemismi vegetali (ad es. Fucus virsoides, Catenella repens) ed
animali;
•
un idrodinamismo complesso, per la presenza di varie tipologie di correnti: a)
costanti, dovute fondamentalmente al movimento geostrofisico (effetto
Coriolis); b) periodiche o di marea, innescate dall’escursione di marea; c-1)
occasionali di gradiente, dovute ad una diversa salinità del bacino condizionata
dagli apporti fluviali; c-2) occasionali di gradiente, dovute ad una differenza di
temperatura dell’acqua di mare, che si manifesta tra inverno-primavera (6-8°
C) ed estate (24-26° C); c-3) occasionali di deriva, legate al regime ventoso,
con prevalenza di bora e maestrale.
•
trasparenza delle acque ridotta, per apporti terrigeni in sospensione (prodotti
dal dilavamento di acque meteoriche, nelle stagioni più piovose, o da
scioglimento di nevi) e per presenza di particellato organico di origine cloacale,
effetto della pressione antropica degli insediamenti urbani. Talvolta la ridotta
trasparenza dell’acqua si manifesta solo in estate e localmente, per aumento
della produttività planctonica (“mare sporco”, descritto più avanti) o a causa
del flusso turistico.
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La produzione primaria, che mediamente si attesta su valori annuali di 50 g/cm2, è
principalmente a carico della frazione >10 micron in primavera e in misura minore in
autunno, mentre risulta associata alla frazione <10 micron negli altri periodi
dell’anno. La produzione primaria raggiunge i massimi in maggio-giugno, mentre i
massimi fitoplanctonici si osservano generalmente in marzo-aprile. I popolamenti
fitoplanctonici, microzoo-planctonici e mesozoo-planctonici evidenziano un ciclo
annuale tipico di acque temperate, anche se con ampie oscillazioni interannuali.
CABRINI et al. (2000), descrivono dinamica e struttura del fitoplancton in diverse
stazioni del Golfo di Trieste, nel periodo aprile 1995 - marzo 1996; relativamente
all’area in esame, risultano interessanti i dati relativi alle stazioni del transetto
localizzato nella parte Sud-Est del Golfo, a sud dello sbocco a mare dell’Isonzo, e i
dati relativi alle stazioni della Baia di Panzano. Nel primo caso si osservano, in
accordo a quanto già riportato per l’intero Golfo, massimi primaverili, dovuti qui
alla specie Pseudo-nitzschia delicatissima e P. cfr. seriata, con andamento
decrescente costa-largo. Relativamente alle stazioni della Baia di Panzano, si
registrano le più alte concentrazioni della componente biologica, in quanto tali
stazioni non risentono dell’influsso delle correnti di provenienza orientale. Nella
parte centrale della Baia, si arrivano ad avere nel mese di giugno forti concentrazioni
fitoplanctoniche (quasi 8 milioni di cellule/l), sostenute soprattutto dall’abbondanza
di una piccola specie indeterminata del genere Chaetoceros (diatomea bentonica).
Fioriture primaverili ed autunnali tipiche del Golfo vengono comunque registrate
anche nella Baia.
CABRINI et al. (1989), riportano con precisione l’andamento annuale (da marzo
1986 a marzo 1987) del fitoplancton e del microzooplancton in una stazione del
Golfo di Trieste posta al largo del promontorio di Miramare, su un fondale di 17 m,
evidenziando l’importanza della frazione microzooplanctonica (protozoi) nei
primissimi gradini della scala trofica e ricostruendo le relazioni trofiche tra essa ed il
fitoplancton.
Relativamente al fitoplancton si rileva una prevalenza, per tutto il periodo esaminato
dagli autori, di diatomee e microflagellati, mentre i dinoflagellati sono presenti con
una frazione trascurabile. Le diatomee e i microflagellati comprendono microalghe
flagellate con diametro compreso tra i 3 e i 10 µm, appartenenti a Cryptophyceae,
Prasinophyceae, Chlorophyceae, Prymnesiophyceae, ad esclusione dei
Coccolitoforoidei, Chrysophyceae, esclusi i Silicoflagellati.
L’andamento del fitoplancton rivela, a tutti i livelli, un picco primaverile, quando
inizia l’incremento termico superficiale, particolarmente elevato in superficie
(massimo assoluto del periodo pari a 3.826×106 cell/l). Durante l’estate si segnalano
fluttuazioni con picchi limitati alle quote superficiali. Nel corso dell’autunno,
particolarmente nel primo periodo, i valori più bassi si rinvengono in genere alle
quote intermedie, mentre i valori aumentano nelle acque di fondo, isolate da un netto
picnoclino situato a circa 10 m, caratteristico di questo periodo in tutto l’Alto
Adriatico. Qui si rileva un’attiva rimineralizzazione della sostanza organica prodotta
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negli strati superficiali durante tutto il periodo precedente, mentre la fotolimitazione
è piuttosto scarsa per la grande trasparenza dell’acqua sovrastante: tali condizioni
determinano un aumento della densità del popolamento fitoplanctonico profondo,
che in settembre arriva a 3.160×106 cell/l.
In dicembre e febbraio a tutte le quote, il numero delle cellule si mantiene su valori
relativamente alti.
I microflagellati costituiscono la frazione dominante del fitoplancton durante tutto
l’anno, mentre solo in alcuni periodi le diatomee raggiungono valori considerevoli.
Le densità cellulari dei microflagellati sono sempre elevate e sono comprese, in
superficie, tra 2.1×105 cell/l e 2.8×106 cell/l. Il loro andamento non segue un chiaro
ciclo stagionale ed è caratterizzato da una serie di fluttuazioni. Per quanto riguarda
la loro distribuzione nella colonna d’acqua, essi occupano prevalentemente le quote
superficiali nei mesi invernali e primaverili e quelle profonde durante i mesi
autunnali.
Le diatomee presentano un evidente ciclo stagionale, con una fioritura primaverile e
autunnale; nei mesi estivi si osservano valori elevati solo in superficie; i minimi
vengono registrati in dicembre e febbraio. Nella fioritura primaverile dell’86 le
diatomee raggiunsero il massimo annuale (2.04×106 cell/l) nel mese di aprile:
inizialmente le specie dominanti sono Skeletonema costatum, Thalassiosira sp. pl. e
Chaetoceros decipiens, successivamente assume un ruolo sempre più importante
Nitzschia delicatissima (inteso come complesso Nitzschia delicatissima (HASLE,
1965) che, da sola, costituisce in aprile il 77% di tutte le diatomee. Durante l’estate
questo gruppo presenta alcuni picchi limitati alle quote superficiali. In questi casi le
specie dominanti sono Thalassionema nitzschioides, Leptocylindrus danicus,
Rhizosolenia alata f. gracillima, Nitzschia delicatissima, Thalassiosira sp. pl.;
durante la fioritura autunnale si trovano prevalentemente alle quote inferiori; specie
dominanti sono Nitzschia delicatissima e Leptocylindrus danicus.
Durante i mesi invernali le diatomee presentano valori decisamente bassi. In
febbraio ricompaiono Skeletonema costatum e Thalassiosira sp. pl., che danno
origine alla fioritura di marzo in cui costituiscono rispettivamente il 22% e il 74%
delle diatomee totali. Per quanto riguarda i dinoflagellati, i valori più elevati
vengono registrati in estate (44×103 cell/l in Luglio) e quelli più bassi d’inverno.
Specie dominanti nel periodo di maggiore abbondanza sono Scrippsiella trochoidea,
Prorocentrum triestinum, Gymnodinium sp. pl. e Gyrodium sp. pl.
Relativamente al microzooplancton si rilevano i valori massimi in maggio, con un
massimo assoluto di 4676 ind./l, che seguono quelli fitoplanctonici di circa 15 giorni.
Durante l’estate e l’autunno mantengono valori relativamente stabili e ancora
piuttosto alti, mentre per tutto l’inverno e l’inizio della primavera si attestano sui
minimi annuali (minimo assoluto 52 ind./l al fondo il 16 Dicembre 1986).
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In generale, per quanto riguarda la distribuzione batimetria, i valori più alti si
rilevano in superficie o a 5 m.
La composizione tassonomica varia notevolmente nel corso del periodo di
osservazione: in primavera ed in estate dominano i ciliati diversi dai tintinnidi, i quali
prevalgono solo in novembre e dicembre a tutte le quote, al fondo anche in maggio e
giugno, anche se sono sempre presenti e abbondanti. Sono rappresentati soprattutto
dalle specie Tintinnopsis beroidea, Tintinnopsis nucula, Tintinnopsis compressa,
Tintinnopsis fracta, Tintinnopsis nana, Stenosemella nivalis, Stenosemella
ventricosa, Eutintinnus lusus-undae, Eutintinnus apertus, Eutintinnus fraknoi, e da
Salpingella rotundata, Helicostomella subulata e Metacylis jörgenseni. Nonostante
la difficoltà nella determinazione degli altri ciliati, sono stati rilevati i generi Laboea,
Lacrymaria e, presente significativamente soprattutto in primavera, il genere
Strombidium.
Gli altri protozoi, presenti sempre in quantità piuttosto ridotte, sono costituiti da
foraminiferi, acantari, radiolari e dinoflagellati, con la specie Noctiluca miliaris, ed
hanno una certa consistenza soltanto in superficie in luglio.
Tra le fasi larvali di dimensioni inferiori ai 200 µm delle specie planctoniche e
bentoniche presenti nell’area, prevalgono i nauplius di copepodi, ma sono numerose
anche le uova e le larve di altri invertebrati; uova e larve sono particolarmente
abbondanti da giugno a tutto agosto, con picchi in giugno e luglio che superano tutto
il popolamento microzooplanctonico.
In conclusione si osserva che il fitoplancton del Golfo di Trieste è costituito in
prevalenza, in termini di abbondanza cellulare, dal nanoplancton per tutto l’anno e a
tutte le quote, ma il contributo come biovolume dato da questa frazione sul volume
totale dei popolamenti algali è estremamente ridotto, variando da un minimo di
0.25% ad un massimo di 13.62%.
Inoltre si nota che la frazione di dimensioni inferiori ai 30 µm è meno consistente nel
primo periodo dell’anno, quando è invece più abbondante il popolamento
microzooplanctonico e di conseguenza è più alto anche il tasso di ingestione
calcolato per tintinnidi e ciliati diversi dai tintinnidi.
FONDA UMANI et al. (1994) riportano una distribuzione stagionale del
mesozooplancton nell’Adriatico settentrionale e centrale. Nell’Adriatico in cui
ricade l’area in esame, viene individuata una comunità definita “costiera”
settentrionale, caratterizzata da una bassa diversità specifica e dominata da specie
strettamente neritiche, con netta dominanza estiva del cladocero filtratore fine
Penilia avirostris e nelle altre stagioni del mistivoro Acartia clausi, specie molto
tolleranti dal punto di vista ecologico e in grado di utilizzare tutte le risorse trofiche
disponibili. Questi organismi raggiungono generalmente abbondanze molto rilevanti
e sono loro a determinare gli alti valori di biomassa, infatti Acartia clausi può
contribuire anche per più dell’80% al peso secco totale del popolamento
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mesozooplanctonico e Penilia avirostris per il 30%. Infine risulta abbondante in
quest’area, in alcuni anni, anche Noctiluca miliaris, dinoflagellato prevalentemente o
esclusivamente eterotrofo. La comunità costiera settentrionale è compresa entro la
batimetrica dei 20 m e risente direttamente e immediatamente degli apporti terrigeni
immessi lungo la costa. La fascia costiera presenta una propria individualità a tutti i
livelli e in tutti i periodi, con strutture dei popolamenti fitoplanctonici caratterizzati
dalla prevalenza delle classi dimensionali minori (nanoplancton <20 micron) e
abbondanza di popolamenti microzooplanctonici prevalentemente dominati in larga
misura da ciliati diversi dai tintinnidi.
Il Golfo di Trieste, come l’intero Adriatico settentrionale, è stato interessato in alcuni
anni (1988, 1989, 1991, 1997) dalla comparsa di microaggregati gelatinosi, rivelatisi
strettamente correlati alla disponibilità di carbonio organico disciolto e
particolarmente alla componente refrattaria.
HONSELL e CABRINI (1991), analizzano la situazione relativa al 1988 e 1989 di
tali aggregati microscopici amorfi di materiale organico, inorganico ed organismi,
indicati con il nome di “marine snow” e costituenti un microhabitat per ricche
comunità di batteri, microalghe, protozoi e flagellati eterotrofi, presenti a
concentrazioni notevolmente più elevate che nelle acque circostanti. In questi
aggregati si ritrovano generalmente alte concentrazioni di nutrienti ed una maggiore
attività fotosintetica: ciò suggerisce un loro importante ruolo quali siti di produzione
primaria. Essi costituiscono una componente comune dell’ecosistema pelagico, con
composizione complessa e origine variabile. Processi di aggregazione di grandi
quantità di marine snow, potrebbero essere la causa di produzioni estremamente
abbondanti di materiale gelatinoso, indicate genericamente con il nome di “mare
sporco”. Gli organismi coinvolti sarebbero microalghe, prevalentemente diatomee di
specie variabili a seconda dell’episodio.
GORDINI et al. (2003) in un’analisi dei fondali del Golfo di Trieste comprensiva di
una carta morfo-sedimentologica, offrono informazioni interessanti sull’ambiente
costiero dell’area in esame e sui fondali attraversati dal metanodotto, anche in merito
alla presenza di fanerogame marine; i dati sono compendiati da MAROCCO (1989).
A partire dal tratto della Laguna di Grado compreso nel sito in esame fin oltre la foce
dell’Isonzo, i fondali costieri sono esclusivamente di tipo sabbioso-pelitico, e
degradano dolcemente con isobate sub-parallele alla costa. Ad eccezione dell’area
contraddistinta dalla presenza del Banco sabbioso della Mula di Muggia, che si
estende dalle estreme pendici orientali urbanizzate di Grado fino a Bocca di Primero,
con profondità massima di 15 m, le pendenze sono di circa 3 m/km fino alla
profondità di 11-12 m. Nell’ambito di questa fascia, e precisamente alla profondità
di 2-5 m, si sviluppano sistemi di barre molto irregolari sia per estensione che per
numero (2-4 ordini di barre). Oltre la profondità di 11-12 m il fondo marino assume
caratteri morfologici molto articolati su lievissima pendenza con rare elevazioni e più
frequenti depressioni dell’ordine di 1-2 m dal fondo (ad es. depressioni di fronte al
delta dell’Isonzo, di deboli forme circolari).
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Nel tratto di mare interessato dal progetto, gli affioramenti rocciosi sono rarissimi,
isolati e di estensione molto limitata. Il tracciato a mare del metanodotto, di circa 11
km, attraversa il fondale marino, fino ad arrivare ad una profondità di 23-24 m,
anch’esso esclusivamente sabbioso-pelitico. In particolare i fondali dove è prevista
l’installazione del terminale sono rappresentati da una pelite molto sabbiosa.
Dal punto di vista naturalistico, l’elemento di maggior interesse dei fondali marini
del Golfo prossimi al progetto è rappresentato da praterie di fanerogame marine,
presenti a partire da profondità esigue fino alla isobata dei 6 metri circa; tali praterie
si sviluppano dal limite occidentale dell’area in esame fino a poco oltre l’abitato di
Golometto, con fasce di estensione variabile da circa 1 km a circa 3 km dalla linea di
costa. Si tratta di consorzi di Cymodocetum ben sviluppati, che occupano il prisma
sedimentario costiero a partire dalla linea di riva. Circa un chilometro e mezzo del
tracciato a mare del metanodotto, attraversa tale prateria prima dello spiaggiamento.
La fanerogama Posidonia oceanica risulta assente nell’area prossima al tracciato,
limitandosi a due uniche zolle vitali circoscritte da un substrato roccioso (resti
archeologici), posto nelle immediate vicinanze della diga di Grado. Si segnalano
anche estensioni non vitali di Posidonia, denominate “mattes”, sul dosso dell’alto
morfologico della Trezza piccola, rilievo sito a profondità tra 9 e 12 m, a Sud-Est di
Grado. Queste “mattes”, assieme ad altre rinvenute in diversi siti nei fondali del
Golfo di Trieste, testimoniano una regressione di questa fanerogama nelle acque del
Golfo. ODERICO e BRESSAN (1992) mettono in evidenza questa tendenza,
riportando come nel 1992 la Posidonia fosse relegata nel Golfo di Trieste solo ad
alcune zone costiere della Slovenia e, come già riportato, ai dintorni di Grado.
Secondo gli autori questa continua rarefazione potrebbe precedere una graduale
scomparsa anche delle altre fanerogame marine, quali Zoostera noltii, Z. marina, e
Cymodocea nodosa, che ad oggi formano comunque praterie sommerse più o meno
estese.
Le coste appaiono in tutta l’area indagata basse e sabbiose, con buon sviluppo, da
Bocca di Primero fin quasi alla foce dell’Isonzo, di spiagge artificiali. In particolare
lo spiaggiamento del metanodotto avviene in una spiaggia sabbiosa artificiale.
Il delta dell’Isonzo presenta una forma digitata con un unico canale distributore; la
piana deltizia subaerea è definita da paludi erbacee e fragmiteti, quella inferiore da
piane di marea a sedimentazione sabbioso-pelitica, che si estendono per circa 700 m
attorno alla linea di riva. Il fronte deltizio è caratterizzato da una serie di barre che a
volte confluiscono a formare banchi sabbiosi emergenti alla sinistra della foce.
Nell’area in esame è compreso anche un ristretto lembo della porzione più orientale
della Laguna di Grado (bacino di Primero); essa, di superficie complessiva pari a 76
kmq, è caratterizzata per gran parte da fondali di esigua batimetria (minore di un
metro) emergenti in bassa marea (GATTO, MAROCCO, 1992). MAROCCO (1989)
riporta le morfologie riscontrabili nella Laguna in funzione del livello marino:
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•
morfologie ubicate al di sopra del livello medio delle alte maree, comprendenti
forme naturali e artificiali/antropiche. Tra le prime le principali sono:
- isole: sono costituite da sabbie continentali di origine fluviale, talvolta
cementate, presenti nella Laguna di Grado. Rappresentano la continuazione
verso il mare a Sud Ovest e Sud-Sud Ovest dei dossi che si trovano alle
spalle della Laguna (dune di Belvedere, S. Marco, Centenera, ecc.),
- barene: si tratta di aree topograficamente elevate di circa 35 cm al di sopra
del livello del mare, ricoperte da una fitta vegetazione di popolamenti
vegetali alofili come il Salicornietum, lo Spartinetum e, in subordine, lo
Zosteretum. Specie presenti sono Spartina maritima, ai margini, Limonium
vulgare e Salicornia veneta. Si possono distinguere due tipologie di barene:
le barene di piana di alta marea, caratterizzate da una classica depressione al
centro e a volte interessate da piccoli canali meandriformi (ghebbi) con
livello di base coincidente con il livello medio delle alte maree, e da barene
di canale che costituiscono veri e propri argini naturali dei canali lagunari.
Le barene si trovano anche alle spalle dei cordoni litorali intorno alle isole e
ai piedi delle dighe; raramente si trovano in coincidenza di spartiacque dei
bacini lagunari,
- cordoni litorali: verso mare l’ambiente lagunare è delimitato da un cordone
litorale, più o meno continuo, con profilo tipico, costituito da una spiaggia
intertidale ed emersa, spesso irrobustita da una duna ed alle spalle di questa,
da un ambiente di barena;
•
morfologie comprese tra i livelli medi delle alte e delle basse maree,
comprendenti:
- piane di marea: la piana di marea contraddistingue l’area intertidale
pianeggiante e a debolissima pendenza che si raccorda alle barene a volte
con un gradino di erosione caratteristico con alla base ciottoli di fango. Tale
area è caratterizzata dai sedimenti pelitici e colonizzata da fanerogame
marine come Ruppia marittima, angiosperme come Zostera marina in
prossimità delle acque dolci e Zoosterella noltii, e, soprattutto verso terra,
da alghe tra cui Gracilaria, Ulva e Chaetomorpha. Le piane prive di
vegetazione sono colonizzate da un’associazione macrobentonica tipica
rappresentata da forme euriterme ed eurialine (Cerastoderma glaucum,
Abra ovata e Venerupis aurea),
- canali secondari: hanno spesso forma meandriforme e si immettono nei
canali di ordine superiore con angolo di circa 90°. La linea di base coincide
con il livello medio delle basse maree;
•
elementi morfologici rappresentati dai canali principali (naturali e artificiali) e
dalle paludi:
- canali principali: possono distinguersi tre ordini di canali: i canali che
congiungono una bocca lagunare con la foce di un fiume immissario in
laguna; i canali che si esauriscono nei bacini lagunari o paludi; le loro
diramazioni principali. I primi hanno quasi sempre forma rettilinea,
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soprattutto se di origine artificiale, e sono per lo più perpendicolari alla
direzione del cordone litorale. Gli altri canali sono meandriformi nel loro
tratto iniziale e tendono a diventare rettilinei in quello terminale; la loro
direzione è quasi sempre Nord Ovest-Sud Est o Est-Sud Ovest,
- paludi: rappresentano le aree di depressione con profondità di 1-2 m sotto il
livello marino, quindi le zone di laguna che, canali esclusi, rimangono
sommerse anche durante le minime maree. Generalmente le paludi si
rinvengono nella parte settentrionale delle lagune, a ridosso del margine
lagunare interno.
Gli ambienti palustri costieri (isole, barene, cordoni litorali, con dune e spiagge
emerse, piane di marea, o velme, e paludi) meglio conservati, ospitano una ricca e
diversificata ornitofauna nidificante, che annovera varie specie: su isolotti ricoperti di
vegetazione di valli da pesca salmastre può nidificare il Cigno reale; su isolotti con
vegetazione alofila e rovi di valli da pesca e zone palustri può nidificare l’Oca
selvatica; in fragmiteti di zone umide salmastre nidifica il Falco di palude; in diversi
ambienti delle zone umide salmastre costiere possono nidificare il Cavaliere d’Italia,
il Fratino, il Gabbiano reale, il Fraticello, la Pettegola; nelle valli da pesca della
laguna di Grado, compresa solo marginalmente nell’area in esame, nidifica la Sterna
comune. Si segnala infine la nidificazione, tra gli altri possibili ambienti, del Fagiano
anche nelle valli da pesca e nelle zone litoranee, e la predilezione per la nidificazione
di tali ambienti del Beccamoschino.
Nelle zone umide costiere nidificano anche il Tarabusino ed il Porciglione, (in
presenza di fragmiteti), il Germano reale, la Gallinella d’acqua, la Folaga ed il
Tuffetto.
Particolarmente apprezzabile per la sua ricchezza e varietà è l’ornitofauna delle
Riserve naturali Regionali Valle Canavata e Foce dell’Isonzo e del SIC “Laguna di
Marano e Grado”, aree protette e particolarmente ben conservate, già
opportunamente descritte al Capitolo 5, dedicato alle aree protette di pregio
naturalistico.
Degna di nota nel Golfo di Trieste è la presenza dei Cetacei Tursiope, presente
abbastanza regolarmente nell’alto Adriatico, e Delfino comune, specie in fortissimo
declino nel Mediterraneo e ormai rara, che frequentano l’ambiente costiero. In
particolare il Delfino comune era un tempo il cetaceo più comune nel Mediterraneo
ed il più frequente nell’alto Adriatico. La Stenella striata è specie solo di passaggio
nelle acque alto adriatiche, mentre solo accidentali sono da considerare Balenottera
comune, Grampo e Capodoglio.
Una specie degna di nota presente nelle zone costiere del Golfo di Trieste è il rettile
Tartaruga marina comune, specie prioritaria della Dir. CEE 92/43 (All. II). Si tratta
di un animale che, pur essendo ancora abbastanza comune nel Mediterraneo, presenta
una certa fragilità, legata prevalentemente all’abbandono di molte spiagge per la
riproduzione a causa del disturbo antropico, all’uso di reti derivanti per la pesca e
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alla crescita della nautica da diporto; molti esemplari vengono disturbati dalle
imbarcazioni o feriti dalle eliche dei loro motori. La nidificazione della specie in
Italia pare essere un fenomeno molto raro, e comunque limitato a ristrette località del
meridione e delle isole.
L’Adriatico settentrionale, si configura come un’importante area trofica per la specie,
che la frequenta alla ricerca di risorse alimentari. In particolare SPOTO (1997) indica
come tra il 1983 ed il 1993 siano stati rinvenuti poco meno di 50 esemplari (media di
poco superiore ai 4 individui all’anno) nelle acque costiere del Friuli, anche in questo
caso per motivi trofici. In definitiva si può parlare dell’Adriatico settentrionale come
di una zona di pascolo per questa specie.
6.3
ECOSISTEMA FLUVIALE E ZONE UMIDE D’ACQUA DOLCE
A seguito della bonifica delle aree acquitrinose e della loro trasformazione in terreno
agricolo produttivo, sono state create fitte reti di canali artificiali per la raccolta delle
acque reflue provenienti dai coltivi. Questi particolari siti hanno accolto specie
vegetali particolarmente competitive e resistenti a condizioni eutrofiche spinte,
dovute all’arricchimento delle acque di scolo di prodotti fertilizzanti. Lungo molti
canali si rinviene una fascia di canneto a Phragmites australis a livello dell’acqua,
ripide scarpate a prato sfalciato e, talvolta, nuclei arbustivi. Nell’area in esame,
rientrano anche alcuni tratti fluviali (Fiume Isonzo e Torrente Torre) in cui
s’incontrano varie tipologie vegetali in rapporto all’intensità del disturbo antropico o
del rimaneggiamento fluviale. In particolare le golene del Fiume Isonzo sono in
prevalenza occupate dalle monocolture; le aree boscate sono limitate e generalmente
in condizione di degrado a causa dell’abbondanza di specie esotiche avventizie che si
sviluppano a scapito della vegetazione boschiva e prativa autoctona. I boschi
golenali si distinguono per composizione secondo una igrofilia decrescente man
mano che ci si allontana dall’asta fluviale. In alcuni tratti fluviali si rilevano anche
arbusteti a prugnolo, biancospino e altre essenze indicatrici di un processo di
rigenerazione forestale, estesi roveti a Rubus ulmifolius e popolamenti di ailanto.
La vegetazione ripariale di fiumi, canali e scoli offre riparo al Cuculo, al Torcicollo,
all’Usignolo, al Pigliamosche, alla Cinciarella, alla Capinera, al Lodolaio, al Falco
Pecchiaiolo, a Verzellino, a Cannaiola verdognola, Canapino, Pendolino e Gufo
comune. Nel greto dei torrenti e dei fiumi nidificano il Corriere piccolo, la Ballerina
bianca, la Ballerina gialla, la Cutrettola, il Fagiano, l’Allodola e la Marzaiola
(nidificazione molto rara e solo possibile, ad es. nel letto ghiaioso di Torre e Isonzo).
Nei fragmiteti (anche delle zone palustri) nidificano Cannaiole, Cannareccioni,
Salciaiole e Migliarini di palude. Nei banchi di sabbia delle sponde, nelle ripide
scarpate prive di vegetazione e nelle cave abbandonate, scavano il nido il Martin
pescatore ed il Gruccione.
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In tutte le zone umide dulcacquicole nidificano il Tarabusino ed il Porciglione (in
presenza di fragmiteti), il Germano reale, la Gallinella d’acqua, la Folaga ed il
Tuffetto.
Mammiferi che comunemente possono trovare rifugio lungo la vegetazione dei fiumi
sono: il Riccio europeo occidentale, il Toporagno comune, la Crocidura ventre
bianco, la Crocidura minore, la Lepre, la Donnola, la Faina, il Topolino delle risaie,
l’Arvicola di Savi, il Surmolotto, il Topo selvatico, il Topolino delle case. Più
localizzati sono il Toporagno acquatico di Miller, il Coniglio selvatico, lo Scoiattolo,
il Moscardino, l’Arvicola terrestre, la Puzzola, l’alloctono Visone americano, il
Tasso, la Volpe, il Cinghiale ed il Capriolo.
Per gli anfibi si segnalano in canali, scoli, stagni e pozze il Tritone crestato
meridionale, il Tritone punteggiato, l’Ululone dal ventre giallo ed il raro Pelobate
padano; per i rettili (presenti anche in fiumi e torrenti) la Testuggine palustre
europea, la Testuggine americana dalle orecchie rosse, la Natrice dal collare o Biscia
d’acqua e la Natrice tassellata o Biscia tassellata. In prossimità di ambienti umidi
dulcacquicoli o in boschetti umidi sono rinvenibili varie specie dell’erpetofauna: il
Rospo, il Rospo smeraldino, la Raganella italiana, la Rana verde, la Rana agile, la
Rana di Lataste, la Biscia d’acqua e la Biscia tassellata.
6.4
ECOSISTEMA URBANO
Le aree urbane o periurbane dei centri abitati possono offrire rifugio e ambienti
idonei alla nidificazione per diverse specie sinantropiche dell’ornitofauna. Nelle aree
verdi urbane possono nidificare Tortore dal collare orientali, Tortore, Merli,
Barbagianni e Cinciallegre. In pieno centro abitato possono nidificare Rondoni,
Rondini, Balestrucci e Passere d’Italia, e, nei maggiori agglomerati urbani (ad es.
Monfalcone), lo Sparviere; in alcuni palazzi dei centri storici può nidificare la
Civetta. Nei parchi, specialmente con alberi maturi, si possono rinvenire Usignoli,
Frosoni, Tortore, Tortore dal collare orientale, Assioli, Gufi comuni, Picchi muratori,
Strillozzi e Pigliamosche.
Mammiferi comuni negli ambienti periurbani sono il Riccio europeo, la Faina, il
Topo selvatico e il Topolino delle case, mentre ancor più sinantropici sono il Ratto
comune o Ratto nero ed il Ratto delle chiaviche o Surmolotto.
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