Estratto - La Tribuna
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Libro I Dei reati in generale Titolo I Della legge penale 1. Reati e pene: disposizione espressa di legge. – Nessuno può essere punito (132) per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge (40, 42, 85), né con pene che non siano da essa stabilite (199; 25 Cost.) (1). (1) L'art. 1, primo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, in tema di depenalizzazione, stabilisce che nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. SOMMARIO: a) Principio di stretta legalità; b) Principio di legalità della pena; c) Principio di legalità e rato continuato; d) Principio di legalità e concorso formale; e) Principio di legalità e misure di prevenzione; f) Riserva di legge; f-1) Norme penali in bianco; f-2) Diritto civile; f-3) Normativa comunitaria; g) Principio di tassività; h) Interpretazione analogica; h-1) Interpretazione analogica in bona partem; h-2) Interpretazione analogica e diritto d'autore; i) Interpretazione estensiva; i-1) Nozione; i-2) Interpretazione estensiva e turbativa d'asta; i-3) Interpretazione estensiva e truffa militare; l) Applicazioni processuali; l-1) Poteri del giudice penale; l-2) Cognizione del giudice in appello; l-3) Cognizione del giudice di legittimità; l-4) Poteri del giudice dell'esecuzione; l-5) Giudice di pace. a) Principio di stretta legalità. l Il principio di stretta legalità vigente in diritto penale impone al giudice di attenersi alla precisa dizione della norma incriminatrice, senza indulgere a interpretazioni analogiche e, ove la norma del tutto chiara non sia, di attenersi all'interpretazione giurisprudenziale imperante, che la abbia esplicitata, ad evitare diverse interpretazioni che espongano il cittadino a responsabilità di maggior contenuto a quelle cui il cittadino medesimo, in base al principio di cui all'art. 1 c.p., era espressamente chiamato dalla norma incriminatrice e dalla giurisprudenza al riguardo. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio perché il fatto non costituisce reato di sentenza di condanna per avere l'imputato effettuato scarichi dai servizi civili, in un fosso adiacente alla propria fabbrica senza avere richiesto la prescritta autorizzazione, la S.C. ha osservato che la coincidenza dell'epoca dell'accertamento dello scarico con quella del mutamento della giurisprudenza imperante, che non richiedeva l'autorizzazione, avrebbe imposto come soluzione obbligata l'assoluzione dell'imputato, la quale, oltreché dettata dall'art. 5 c.p. nella lettura fattane dalla Corte costituzionale, è suggerita, prima ancora, dal principio di stretta legalità). * Cass. pen., EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 47 sez. III, 19 gennaio 1994, n. 435 (ud. 6 ottobre 1993), Garofoli. b) Principio di legalità della pena. l L'applicazione di una pena accessoria extra o contra legem dal parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione purché essa sia determinata per legge ovvero determinabile, senza alcuna discrezionalità, nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione. * Cass. pen., sez. un., 12 febbraio 2015, n. 6240 (c.c. 27 novembre 2014), Basile. [RV262327] l Il principio di legalità della pena è vincolante non solo quando venga applicata una pena non prevista o diversa da quella contemplata dalla legge, ma anche quando venga applicata una pena che esula dalle singole fattispecie legali penali perché pena legale è anche quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, tra le quali rientrano le norme sulle circostanze aggravanti. (Affermando tale principio la Cassazione ha eliminato la pena della multa inflitta per il reato di corruzione ai sensi dell'art. 24, comma 2, c.p. che consente l'aggiunta della pena della multa per i delitti determinati da motivi di lucro puniti con la sola reclusione: all'uopo ha considerato che il reato ascritto all'epoca dei fatti era punito con la pena congiunta della reclusione e della multa e che pertanto, per il principio di legalità della pena, esso rimaneva fuori della previsione aggravatoria di cui al suddetto articolo). * Cass. pen., sez. VI, 2 luglio 1994, n. 7505 (ud. 25 marzo 1994), Caputo. l Il principio di legalità della pena impone al giudice dell'impugnazione di sostituire la pena illegalmente applicata dal giudice a quo con quella prevista dalla legge, indipendentemente da ogni iniziativa delle parti, con il solo limite dell'ammissibilità dell'impugnazione, per l'assenza di cause originarie di inammissibilità, e del rispetto, nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta soltanto dall'imputato, del divieto della reformatio in peius, stabilita dall'art. 515 c.p.p. per il giudizio di appello, ma avente valore di principio generale in tema di impugnazione. * Cass. pen., sez. I, 7 febbraio 1987, n. 1450 (ud. 24 novembre 1986), Ricca. l Il principio di legalità non va individuato nelle pene stabilite con criterio generale per le singole fattispecie legali, ma anche in quelle risultanti dall'applicazione delle varie disposizioni che incidono sul regime sanzionatorio, sì da identificarsi in quello voluto dal legislatore, nella sua discrezionalità in corrispondenza delle sue statuizioni concernente le ipotesi considerate delle disposizioni penali. (Applicazione del principio in tema di legittimità della continuazione fra reati eterogenei). * Cass. pen., sez. II, 6 giugno 1986, n. 5169 (ud. 22 gennaio 1986), Desiderio. l Il principio della legalità della pena, sancito legislativamente dall'art. 1 c.p. e costituzionalmente garantito dagli artt. 13 e 25 secondo comma Cost., non significa l'intangibilità assoluta della pena edittale prevista per 17/08/16 11:05 Art. 1 LIBRO I – DEI REATI ogni singolo reato, ma soltanto che le pene, come i reati, debbono essere in via generale prefigurati dalla legge. Ne consegue che pena legale non è soltanto quella stabilita per la singola fattispecie incriminatrice, ma quella risultante dall'applicazione delle varie disposizioni di legge che attraverso meccanismi diversi (quali, aumento o diminuzione o trasformazione di pene per il concorso di circostanze aggravanti od attenuanti; giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto, cumulo giuridico di pene) incidono sul trattamento sanzionatorio. * Cass. pen., sez. I, 25 febbraio 1983, n. 1696 (ud. 3 dicembre 1982), Magni. l Il principio di legalità della pena è violato qualora venga applicata una misura non prevista o diversa da quella stabilita dalla legge per un determinato reato, con l'avvertenza, però, che per pena legale non deve intendersi soltanto quella comminata dalle singole fattispecie penali, sibbene anche quella risultante dall'applicazione delle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, tra le quali, oltre quelle relative alle circostanze attenuanti o aggravanti, va ricompresa la normativa concernente il trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 81 c.p. * Cass. pen., sez. I, 28 settembre 1982, n. 8328 (ud. 22 marzo 1982), Iannucci. l Il principio di legalità della pena (art. 1 c.p.) è violato qualora venga applicata una pena non prevista o diversa da quella prevista dalla legge per un determinato reato. Rientra, tuttavia, nel concetto di legalità anche la pena comminata dalle singole fattispecie penali, nonché quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, nelle quali disposizioni, oltre le norme sulle circostanze (aggravanti o attenuanti) va ricompresa la normativa concernente il trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 81 c.p. * Cass. pen., sez. un., 8 giugno 1981, n. 5690 (ud. 7 febbraio 1981), Viola. c) Principio di legalità e rato continuato. l Il principio della legalità non costituisce più il criterio ermeneutico per risolvere i problemi sorti in riferimento al reato continuato con la novella del 1974, in quanto la pena legale non è quella prevista per la singola fattispecie criminosa, sebbene quella stabilita dall'art. 81 c.p. che prevede un trattamento sanzionatorio ispirato al favor rei. Ne consegue che è ammissibile la continuazione tra il reato più grave e quello meno grave anche se il primo è punito soltanto con la reclusione e gli altri con duplice pena, e cioè reclusione e multa. * Cass. pen., sez. II, 9 febbraio 1985, n. 1344 (ud. 26 ottobre 1984), Tripli. d) Principio di legalità e concorso formale. l La pena legale non è solo quella comminata dalle singole fattispecie penali, bensì anche quella risultante dall'applicazione delle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio; tra tali disposizioni va ricompresa la normativa concernente il concorso formale di reati e il reato continuato. * Cass. pen., sez. III, 12 giugno 1984, n. 5503 (ud. 11 gennaio 1984), Paredi. e) Principio di legalità e misure di prevenzione. l Presupposto del sequestro probatorio ex art. 354 c.p.p., come del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., è la commissione di un reato, sia pure accertato in via incidentale nella sua astratta configurabilità, e non la mera intenzione di commetterlo. È quindi illegittimo il sequestro probatorio disposto e convalidato prima che il reato sia stato commesso, sul mero presupposto che l'agente avesse intenzione di commetterlo. In tal caso, infatti, sa- EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 48 48 rebbero violate sia le norme degli artt. 354 e 355 c.p.p., che prevedendo come oggetti sequestrabili un corpo di reato o cose pertinenti al reato, presuppongono necessariamente la commissione del reato, sia le norme dell'art. 1 c.p. e dell'art. 25, secondo comma, Cost., giacché il principio di legalità penale ivi statuito condiziona alla previsione tipica non solo la punibilità dell'agente, ma anche l'applicabilità delle misure processuali strumentali al giudizio penale. Prima della commissione del reato, l'ordinamento giuridico consente solo misure di prevenzione per soggetti pericolosi, non già l'acquisizione processuale di fonti di prova. (Nella specie, relativa ad annullamento di ordinanza di riesame che confermava il dato di convalida del sequestro probatorio, nessuna mutazione funzionale del locale era stata consumata, con o senza opere edili a ciò preordinate). * Cass. pen., sez. III, 15 luglio 1996, n. 2718 (ud. 20 giugno 1996), Terracina. [RV205724] f) Riserva di legge. f-1) Norme penali in bianco. l L'atto amministrativo rimane tale anche quando integra il precetto penale e, quindi, non è soggetto a giudizio di legittimità costituzionale. (Fattispecie in tema di norma penale in bianco). * Cass. pen., sez. III, 7 settembre 1987, n. 9781 (ud. 8 giugno 1987), Gamboso. l La norma o la prescrizione di rinvio, espressamente richiamata a completamento del precetto, viene a svolgere una funzione integratrice della norma penale in bianco e ad essere, quindi, in essa incorporata. Ne discende che la norma in bianco non è in contrasto con la riserva di legge di cui all'art. 25 Cost. poiché, attraverso il suddetto procedimento di integrazione, la fonte immediata della norma penale resta pur sempre la legge (in senso formale o sostanziale), mentre la norma regolamentare o l'atto della pubblica amministrazione riveste il ruolo di completamento ed integrazione del precetto nei limiti e con il contenuto indicati con sufficiente specificazione dalla norma primaria. (Nella specie tale rapporto di integrazione è stato individuato nell'art. 58 del regolamento di esecuzione del T.U. delle leggi di P.S. e l'art. 221 del T.U. medesimo, definita norma penale in bianco). * Cass. pen., sez. un., 30 giugno 1984, n. 6176 (ud. 24 marzo 1984), Romano. l È inefficace una norma penale in bianco che si richiami ad un atto ad essa esterno, di qualsiasi natura, non soggetto ad alcuna forma di pubblicazione, essendo la conoscenza delle norme penali, nella loro interezza, canone fondamentale per la loro applicabilità. * Cass. pen., sez. IV, 31 marzo 1969, n. 925, Bombana ed altro. f-2) Diritto civile. l Le norme di diritto civile, che disciplinano lo status di imprenditore e l'obbligo correlativo della tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, sono norme integratrici della disposizione che incrimina la bancarotta semplice e, pertanto, l'errore sulla qualità di imprenditore commerciale e sull'obbligo sopra indicato si risolve nell'ignoranza della legge penale e non discrimina. * Cass. pen., sez. V, 10 novembre 1980, n. 11796 (ud. 16 luglio 1980), Talamini. f-3) Normativa comunitaria. l L'obbligo del giudice di interpretare il diritto nazionale conformemente al contenuto delle decisioni quadro adottate nell'ambito del titolo VI del Trattato sull'Unione europea non può legittimare l'integrazione della norma penale interna quando una simile operazione si traduca in una interpretazione in "malam partem". (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che la disciplina 17/08/16 11:05 49 TITOLO I – LEGGE PENALE in tema di confisca contenuta nella decisione-quadro del Consiglio dell'Unione Europea 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 possa essere utilizzata per estendere la confisca per equivalente di cui all'art. 322 ter primo comma c.p. anche al profitto del reato). * Cass. pen., sez. un., 6 ottobre 2009, n. 38691 (c.c. 25 giugno 2009), Caruso. [RV244191] l In tema di attività organizzata per la accettazione e raccolta di scommesse, le disposizioni di cui all'art. 4 della legge 13 dicembre 1989 n. 401, ed in particolare quelle di cui al comma 4 bis del citato articolo che sanzionano lo svolgimento di attività organizzata per la accettazione e raccolta anche per via telefonica e telematica di scommesse o per favorire tali condotte in assenza di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell'art. 88 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, non sono in contrasto con i principi comunitari della libertà di stabilimento (art. 43 Trattato UE) e della libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione Europea (art. 49), atteso che la normativa nazionale persegue finalità di controllo per motivi di ordine pubblico idonee a giustificare, ai sensi dell'art. 46 del Trattato, le restrizioni nazionali ai citati principi comunitari. * Cass. pen., sez. un., 18 maggio 2004, n. 23271 (c.c. 26 aprile 2004), Corsi. [RV227725] g) Principio di tassività. l La norma intesa come imperativo o come giudizio ipotetico è sempre un unicum che proviene dal legislatore, il quale, anche quando collega il precetto alla sanzione, pur se attraverso un rinvio ad altre norme, è investito al riguardo di una competenza esclusiva, non esercitabile in funzione surrogatoria dall'interprete della legge. (Fattispecie in tema di reati militari). * Cass. pen., sez. un., 15 giugno 1984, n. 5655 (ud. 26 maggio 1984), Sommella. l Con l'espressione «legge penale in bianco» si suole indicare quella legge – o quell'atto avente forza di legge – la quale faccia riferimento ad un atto normativo di grado inferiore per indicare tutti i contrassegni di un fatto che la legge medesima (o l'atto avente tale forza) considera penalmente illecito. * Cass. pen., sez. I, 18 maggio 1983, n. 4431 (ud. 5 novembre 1982), Maran. h) Interpretazione analogica. h-1) Interpretazione analogica in bona partem. l In tema di interpretazione della norma penale il criterio della individuazione del bene giuridico protetto non può valere ad inficiare principi essenziali, come quelli di legalità e tassatività, che costituiscono la chiave di volta del sistema penale. Non è pertanto consentito all'interprete ridurre sia pure in bonam partem, il contenuto della previsione normativa, introducendo in essa un elemento estraneo, mutuato dall'identificazione, spesso problematica, del bene giuridico, del quale la medesima costituirebbe proiezione e protezione. È questa un'operazione interpretativa, che non è legata ad un metodo di logica assiomatica e rientra quindi nella semplice logica argomentativa. * Cass. pen., sez. III, 23 settembre 1983, n. 7576 . h-2) Interpretazione analogica e diritto d'autore. l La diffusione di sistemi di riproduzione di opere create per il circuito televisivo e per quello cinematografico, a mezzo di videocassette, ha imposto la necessità di proteggere pure sotto il profilo penale i diritti d'autore anche in tali campi e, così, è intervenuto il D.L.vo 16 novembre 1994, n. 685, che ha aggiunto alla L. 22 aprile 1941, n. 633 l'art. 171 ter, il quale, nel prevedere come reato le EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 49 Art. 1 indicate condotte, ha compreso, quali oggetto materiale di esse, le opere destinate al circuito cinematografico e a quello televisivo, estendendo la punibilità alla vendita ed al noleggio di videocassette, musicassette o altri supporti contenenti fono-grammi o video-grammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnate dalla Siae. Si è, così, rimasti nel campo delle riproduzioni magnetiche, ampliato alle opere visive, diverso da quello degli elaboratori elettronici e dei loro prodotti, la cui duplicazione avviene sulla base di programmi applicativi che siano stati inseriti nella memoria del computer, vale a dire con procedimento di tipo elettronico, assolutamente diverso da quello magnetico, sicché l'applicazione, alla riproduzione abusiva o duplicazione di tali programmi, della disciplina dettata dalle norme prima richiamate, potrebbe avvenire solo in via di interpretazione estensiva di tipo analogico, che, in materia penale, non è però consentita. * Cass. pen., sez. III, 8 settembre 1997, n. 8236 (ud. 4 luglio 1997), Lapeschi. [RV208956] i) Interpretazione estensiva. i-1) Nozione. l Con interpretazione estensiva, lecita anche con norme penali, è possibile ritenere che l'art. 374 c.p. (frode processuale) includa anche la previsione degli accertamenti ex art. 354 c.p.p. (accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone). (Nella specie la S.C. ha osservato che tali accertamenti, per la parte che interessa, hanno lo stesso scopo e contenuto del mezzo di ricerca della prova, disposto dall'autorità giudiziaria, che l'art. 246 c.p.p. classifica come ispezione). * Cass. pen., sez. III, 26 settembre 1996, n. 8699 (ud. 9 luglio 1996), Perotti ed altri. [RV206678] i-2) Interpretazione estensiva e turbativa d'asta. l Dalla fattispecie delineata dall'art. 353 c.p. sono escluse le ipotesi in cui non si svolge una gara in pubblici incanti o in licitazione privata, ma all'aggiudicazione dell'appalto o della fornitura a cui addivenga mediante trattativa privata, proprio in quanto manca la gara. Poiché questa significa competizione, deve invece ritenersi la sussistenza della gara anche in quelle procedure amministrative cosiddette «informali» o di «consultazione» nelle quali la pubblica amministrazione fa dipendere l'aggiudicazione di opere, forniture o servizi dall'esito dei contatti avuti con persone fisiche o rappresentanti di quelle giuridiche le quali, consapevoli delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla pubblica amministrazione. In tal caso non vi è trattativa privata perché la consapevolezza, per l'offerente, di non essere il solo, innesca quieta contesa che è essenziale in ogni gara. Ciò non integra una applicazione analogica della fattispecie criminosa di cui all'art. 353 c.p. vietata in materia penale in quanto non ne allarga l'ambito di applicazione, bensì concreta una interpretazione estensiva, sulla base dell'eadem ratio che la sorregge e che è unica, volta a garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private sia delle gare informali o di consultazione, le quali finiscono con il realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private allorquando del loro svolgimento in concorso ed in pratica competizione con più consultati gli interessati siano a conoscenza. * Cass. pen., sez. VI, 10 maggio 1996, n. 4741 (ud. 31 ottobre 1995), Cuoco ed altri. [RV204646] 17/08/16 11:05 Art. 2 LIBRO I – DEI REATI i-3) Interpretazione estensiva e truffa militare. l Gli elementi costitutivi del reato di truffa militare previsto dall'art. 234 c.p.m.p. sono gli stessi del reato di truffa previsto dall'art. 640 c.p., il termine di «amministrazione militare», pur essendo specifico rispetto alla espressione generale riportata dal capoverso dell'art. 640 c.p., è comunque ricompreso nel concetto di pubblica amministrazione, ne consegue che anche il reato di truffa militare aggravata, pur non essendo specificamente indicato tra i reati per i quali è stata concessa amnistia con il D.P.R. 12 aprile 1990 n. 75, è coperto da tale beneficio, trattandosi di reato che può essere sussunto in tutti i suoi elementi costitutivi in quello di truffa aggravata previsto dall'art. 640 cpv. c.p.; né tale interpretazione incontra il limite alla interpretazione analogica in materia penale stabilito dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, trattandosi non di interpretazione analogica, ma di interpretazione estensiva in bonam partem dettata da esigenze di ragionevolezza mentre l'interpretazione restrittiva comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento. * Cass. pen., sez. I, 24 settembre 1994, n. 10138 (ud. 18 luglio 1994), Baldassarre. l) Applicazioni processuali. l-1) Poteri del giudice penale. l È compito del giudice controllare l'osservanza del principio di legalità della pena sancito dall'art. 1 c.p. Conseguentemente, in analogia al disposto dell' art. 152 cod. proc. pen., in ogni stato e grado del procedimento deve procedersi anche d'ufficio a tale controllo, e rilevare la nullità della sentenza che in violazione del menzionato principio abbia applicato pene che la legge non stabiliva all'epoca del commesso reato, principali o accessorie che esse siano. * Cass. pen., sez. V, 24 giugno 1985, n. 6280 (ud. 21 marzo 1985), De Negri. l-2) Cognizione del giudice in appello. l In tema di determinazione di pena, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si realizza un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del P.M., non può porre riparo nè con le formalità di cui agli artt. 130 e 619 c.p.p., perché si versa in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena, nè in osservanza all'art. 1 c.p. ed in forza del compito istituzionale proprio della Corte di cassazione di correggere le deviazioni da tale disposizione, ciò in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità la illegalità della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno e non in vantaggio dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della "reformatio in peius". * Cass. pen., sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 49858 (ud. 20 novembre 2013), G. [RV257672] l In applicazione analogica dell'art. 152 [art. 129 nuovo c.p.p.], il giudice dell'impugnazione è tenuto a controllare, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento se sia stato attuato sul piano processuale il principio di legalità della pena di cui all'art. 1 c.p. (Fattispecie di pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici illegalmente inflitta). * Cass. pen., sez. II, 20 gennaio 1989, n. 595 (ud. 22 gennaio 1988), Gualano. l-3) Cognizione del giudice di legittimità. l In tema di determinazione di pena, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si realizza un EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 50 50 errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del P.M., non può porre riparo nè con le formalità di cui agli artt. 130 e 619 c.p.p., perché si versa in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena, nè in osservanza all'art. 1 c.p. ed in forza del compito istituzionale proprio della Corte di cassazione di correggere le deviazioni da tale disposizione, ciò in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità la illegalità della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno e non in vantaggio dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della "reformatio in peius". * Cass. pen., sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 49858 (ud. 20 novembre 2013), G. [RV257672] l-4) Poteri del giudice dell'esecuzione. l L'applicazione di una pena accessoria extra o contra legem dal parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione purché essa sia determinata per legge ovvero determinabile, senza alcuna discrezionalità, nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione. * Cass. pen., sez. un., 12 febbraio 2015, n. 6240 (c.c. 27 novembre 2014), Basile. [RV262327] l Non configura un caso di inesistenza giuridica o abnormità del provvedimento l'applicazione di pena illegale, per errore nella determinazione o nel calcolo di essa, e, ove la sua determinazione sia frutto non di argomentata valutazione, ma di palese errore giuridico o materiale, se ne impone la rettifica o la correzione da parte del giudice dell'esecuzione, nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 25, comma secondo, Cost. e nell'art. 7 CEDU, i quali escludono la possibilità d'infliggere una pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del condannato avverso l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, in relazione a decreto penale che aveva applicato la pena detentiva congiuntamente a quella pecuniaria, benchè l'ipotesi di reato contestata prevedesse l'applicazione delle due sanzioni solo alternativamente, si era limitato a rilevare l'ineseguibilità della prima e più afflittiva sanzione, escludendo l'inesistenza o l'abnormità dell'intero provvedimento). * Cass. pen., sez. I, 28 marzo 2014, n. 14677 (c.c. 20 gennaio 2014), Medulla. [RV259733] l-5) Giudice di pace. l L'interrogatorio dell'indagato, effettuato dalla polizia giudiziaria per delega del pubblico ministero ai sensi dell'art. 370 c.p.p., non è atto idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non rientrando nel novero degli atti, produttivi di tale effetto, indicati nell'art. 160, comma 2, c.p. e non essendo questi ultimi suscettibili di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia in malam partem in materia penale. * Cass. pen., sez. un., 11 settembre 2001, n. 33543 (ud. 11 luglio 2001), P.G. in proc. Brembati. [RV219222] 2. Successione di leggi penali (1). – Nessuno può es- sere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato (25 Cost.). Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; 17/08/16 11:05 51 TITOLO I – LEGGE PENALE e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali. Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135 (2). Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile (648 c.p.p.) (3). Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti (14 prel.). Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge e nei casi di un decreto legge convertito in legge con emendamenti (77 Cost.) (4). (1) Si vedano gli artt. 10, 12 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile. (2) Questo comma è stato inserito dall'art. 14 della L. 24 febbraio 2006, n. 85. L'art. 15 della medesima legge prevede inoltre che alle violazioni depenalizzate dalla stessa legge si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 101 e 102 del D.L.vo 30 dicembre 1999, n. 507. (3) L'art. 30, quarto comma, della L. 11 marzo 1953, n. 87, contenente norme sul funzionamento della Corte costituzionale, stabilisce che, qualora in applicazione di una norma dichiarata incostituzionale sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessino l'esecuzione e tutti gli effetti penali. (4) La Corte costituzionale con sentenza 19 febbraio 1985, n. 51 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste, le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma di questo articolo. SOMMARIO: a) Questioni di legittimità costituzionale; b) Principio di irretroattività e norme extrapenali; b-1) Presupposti applicativi; b-2) Sanzioni amministrative; b3) Sanzioni disciplinari; b-4) Norme civilistiche; b-5) Norme tecniche di edilizia; b-6) Convenzioni internazionali; b-7) Normativa comunitaria; b-8) Leggi regionali; c) Misure di sicurezza; d) Misure alternative alla detenzione; e) Concorso di persone nel reato; f) Ordinamento penitenziario; g) Abolitio criminis; g-1) Configurabilità e limiti; g-2) Norme penali in bianco; g-3) Effetti civili; g-4) Depenalizzazione; h) la norma penale più favorevole; h-1) Individuazione; h-2) Pena di specie diversa; h-3) Pene accessorie; h-4) Reato permanente; h-5) Prescrizione ed estinzione del reato; h-6) Reato continuato; h-7) Circostanze del reato; h-8) Limiti; i) Ripristino della legge più gravosa; l) Leggi eccezionali o temporanee; m) Decreti legge; m-1) Mancata conversione; m-2) Conversione con modificazioni; n) Casistica; n-1) Circolazione stradale; n-2) Caccia e furto venatorio; n-3) Oltraggio a pubblico ufficiale; n-4) Stupefacenti; n-5) Reati sessuali; n-6) Reati edilizi; n-7) Trasporto oli minerali; n-8) Inquinamento e smaltimento rifiuti; n-9) Abuso d'ufficio; n-10) Concussione; n-11) Reati fallimentari; n-12) Ricettazione; n-13) Reati tributari; n-14) Reati militari; n-15) Reati doganali; n-16) Immi- EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 51 Art. 2 grazione; n-17) Reati bancari e finanziari; n-18) Omessa denuncia di reato; n-19) Disciplina del lavoro; n-20) Favoreggiamento; n-21) Usura; n-22) Reati societari; n-23) Falsità in valori di bollo; n-24) Falsità ideologica; n-25) Reati in materia di sanità pubblica; n-26) Reato di mancato versamento della cauzione; n-27) Corruzione; n-28) Armi; n-29) Reati associativi; o) Reati di competenza del Giudice di pace; p) Applicazioni processuali; p-1) Tempus regit actum; p-2) Competenza; p-3) Misure cautelari; p-4) Patteggiamento; p-5) Giudizio abbraviato; p-6) Decreto penale di condanna; p-7) Sentenza assolutoria; p-8) Appello; p-9) Corte di cassazione; p-10) Revoca della sentenza di condanna; p-11) Deduzione in sede esecutiva; p-12) Giudicato penale; p-13) Corte EDU. a) Questioni di legittimità costituzionale. l Il giudice, chiamato ad applicare una legge di interpretazione autentica, non può qualificarla come innovativa e circoscriverne temporalmente, in contrasto con la sua "ratio" ispiratrice, l'area operativa, perchè finirebbe in tal modo per disapplicarla, mentre l'autorità imperativa e generale della legge gli impone di adeguarvisi, il che delinea il confine in presenza del quale ogni diversa operazione ermeneutica deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale. (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 7 e 8 del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4, in riferimento agli articoli 3 e 117, comma primo, della Costituzione - quest'ultimo in relazione all'articolo 7 della Convenzione EDU-, <<nella parte in cui le disposizioni interne operano retroattivamente, e, più specificamente, in relazione alla posizione di coloro che, pur avendo formulato richiesta di giudizio abbreviato nella vigenza della sola L. n. 479 del 1999, sono stati giudicati successivamente, quando cioè, a far data dal pomeriggio del 24 novembre 2000 - pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 2 R.D. n. 1252 del 7 giugno 1923 -, era entrato in vigore il citato D.L., con conseguente applicazione del più sfavorevole trattamento sanzionatorio previsto dal medesimo decreto>>, ritenendo impraticabile un'interpretazione della predetta normativa interna conforme all'articolo 7 Convenzione EDU, nell'interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo). * Cass. pen., sez. un., 10 settembre 2012, n. 34472 (c.c. 19 aprile 2012), Ercolano. [RV252934] b) Principio di irretroattività e norme extrapenali. b-1) Presupposti applicativi. l In tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che l'adesione della Romania all'Unione europea, con il conseguente acquisto da parte dei rumeni della condizione di cittadini europei, non ha determinato la non punibilità del reato di ingiustificata inosservanza dell'ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato commesso dagli stessi prima del 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, in quanto quest'ultimo e la relativa legge di ratifica si sono limitati a modificare la situazione di fatto, facendo solo perdere ai rumeni la condizione di stranieri, senza che tuttavia tale circostanza sia stata in grado di 17/08/16 11:05 Art. 2 LIBRO I – DEI REATI operare retroattivamente sul reato già commesso). * Cass. pen., sez. un., 16 gennaio 2008, n. 2451 (ud. 27 settembre 2007), P.G. in proc. Magera. Conformi: Cass. pen., sez. I, 8 febbraio 2008, n. 6392 (ud. 30 ottobre 2007), Giampaolo; Cass. pen., sez. I, 6 marzo 2008, n. 10265 (ud. 28 febbraio 2008), P.G. in proc. Cristofan. [RV238197] l In caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale, deve ritenersi inapplicabile il principio previsto dall'articolo 2, comma terzo, c.p. qualora si tratti di modifiche della disciplina integratrice della fattispecie penale che non incidano sulla struttura essenziale del reato, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto delineando la portata del comando; ciò si verifica, in particolare, allorquando la nuova disciplina non abbia inteso far venir meno il disvalore sociale della condotta, e quindi l'illiceità penale della stessa, ma si sia limitata a modificare i presupposti per l'applicazione della norma incriminatrice penale. (Il principio è stato affermato dalla S.C. in una vicenda relativa al trattamento da riservare alla sostanza «norefredina» o «fenilpropanolamina» che, successivamente alla commissione dei fatti sub iudice relativamente ai quali era stato contestato il reato di cui all'articolo 73 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, era stata ricompresa tra i «precursori» ossia tra le sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Secondo la difesa, da ciò sarebbe dovuto derivare, in ossequio al disposto dell'articolo 2, comma terzo, c.p., che la disciplina applicabile avrebbe dovuto essere quella, più favorevole, di cui all'articolo 70 dello stesso D.P.R.; la Corte ha invece rigettato la doglianza con le argomentazioni di cui sopra, evidenziando, peraltro, che del principio espresso dall'articolo 2, comma terzo, c.p. si sarebbe dovuto semmai fare applicazione solo nella diversa ipotesi in cui la nuova disciplina, anziché limitarsi a regolamentare diversamente i presupposti per l'applicazione della norma penale, avesse esclusa l'illiceità oggettiva della condotta: ad esempio, nel caso di una modifica tabellare che avesse portato ad escludere la natura stupefacente di una determinata sostanza). * Cass. pen., sez. IV, 18 maggio 2006, n. 17230 (c.c. 22 febbraio 2006), Sepe ed altri. [RV234029] l Nel novero delle norme integratrici della legge penale, cui è applicabile il principio di retroattività della legge più favorevole, ai sensi dell'art. 2, comma terzo, c.p., debbono ricomprendersi tutte quelle che intervengano nell'area di rilevanza penale di un fatto umano, escludendola, riducendola o comunque modificandola in senso migliorativo per l'agente; e ciò quand'anche la nuova norma non rechi testuale statuizione in tal senso ma, comunque, regoli significativamente il fatto in termini incompatibili con la precedente disciplina penalistica ovvero incidenti, per il nuovo caso regolato, nella struttura della norma incriminatrice o, quanto meno, sul giudizio di disvalore in essa espresso. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che potesse valere ad escludere la configurabilità del reato di violazione di domicilio – addebitato ad un esponente di un'associazione per la tutela degli animali per essersi egli introdotto e trattenuto, per dichiarate finalità ispettive, contro la volontà del proprietario, in un locale privato adibito a canile – la sopravvenuta emanazione di una norma regionale che imponeva ai gestori di strutture di ricovero per animali di consentire l'accesso, senza bisogno di speciali procedure o autorizzazioni, ai responsabili locali delle associazioni protezionistiche o animalistiche). * Cass. pen., sez. V, EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 52 52 2 marzo 2005, n. 8045 (ud. 4 febbraio 2005), Battaglia ed altri. [RV230567] l Qualora un fatto perda il carattere di illecito penale a seguito di una modifica legislativa intervenuta successivamente che concerna la disciplina normativa extra penale di riferimento per attribuire la qualità di soggetto attivo di un reato proprio si applica il principio di retroattività della legge più favorevole affermato dall'art. 2 c.p. perché per legge incriminatrice deve intendersi il complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto tra cui, nei reati propri è indubbiamente compresa la qualità del soggetto attivo. (Nella fattispecie è stata ritenuta non più ravvisabile l'ipotesi del reato di peculato nella condotta di un dipendente di una Cassa di risparmio perché è stata esclusa, a seguito di novatio legis, l'attribuibilità allo stesso della qualifica di pubblico ufficiale). * Cass. pen., sez. un., 16 luglio 1987, n. 8342 (ud. 23 maggio 1987), Tuzet. b-2) Sanzioni amministrative. l L'istituto della successione delle leggi penali nel tempo riguarda le norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato; pertanto, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2 c.p., si deve tenere conto anche di quelle fonti normative subprimarie che, pur non ricomprese nel precetto penale, ne integrano tuttavia il contenuto. (Nel caso di specie, relativo al reato di esercizio di attività venatoria nei parchi, la Corte ha ritenuto che la riperimetrazione della riserva naturale ad opera di un provvedimento amministrativo della Regione Sicilia avesse eliminato il disvalore penale del fatto commesso, in quanto era venuta successivamente a mancare la qualifica di parco dell'area di svolgimento dell'attività venatoria, elemento costitutivo della condotta punibile). * Cass. pen., sez. III, 10 marzo 2005, n. 09482 (ud. 1 febbraio 2005), Pitrella. [RV231228] l La disciplina relativa alla successione delle leggi penali (art. 2 c.p.) non si applica alla variazione nel tempo delle norme extra-penali e degli atti o fatti amministrativi che non incidono sulla struttura essenziale e circostanziata del reato, ma si limitano a precisare la fattispecie precettiva, delineando la portata del comando, che viene a modificarsi nei contenuti a far data dal provvedimento innovativo; in detta ipotesi, rimane fermo il disvalore ed il rilievo penale del fatto anteriormente commesso, sicché il relativo controllo sanzionatorio va effettuato sulla base dei divieti esistenti al momento del fatto (Principio affermato in tema di responsabilità per la gestione di centri trasfusionali con riguardo al reato di cui all'art. 17 della legge 4 marzo 1990 n. 107, configurato per inosservanza di norme regolamentari contenute nel D.M. 27 dicembre 1990, poi sostituito dal D.M. 25 gennaio 2001). * Cass. pen., sez. III, 14 maggio 2002, n. 18193 (ud. 12 marzo 2002), Pata V. [RV221943] l L'art. 2 c.p. che regola la successione nel tempo della legge penale, riguarda quelle norme che definiscono la natura sostanziale e circostanziale del reato, comprese quelle norme extrapenali richiamate espressamente ad integrazione della fattispecie incriminatrice nonché le leggi costituenti indispensabile presupposto o comunque concorrenti ad individuare il contenuto sostanziale del precetto. Esula da tale normativa la successione di atti o fatti amministrativi che, senza modificare la norma incriminatrice o comunque su di essa influire, agiscano sugli elementi di fatto – modificandoli – sì da non renderli più sussumibili sotto l'astratta fattispecie normativa. (Fattispecie in tema di rigetto di eccepita inapplicabilità 17/08/16 11:05 53 TITOLO I – LEGGE PENALE dell'art. 468 c.p., alla contraffazione dei sigilli posti sulla calotta del contatore elettrico per non essere più l'Enel, a seguito della legge n. 395 del 1992, ente pubblico economico). * Cass. pen., sez. V, 8 maggio 1997, n. 4114 (ud. 25 febbraio 1997), De Lisi. [RV207479] l Quando la legge punisce condotte contrarie a prescrizioni poste con atto amministrativo, che influisce su singoli casi, l'emanazione di nuovi atti, o il mutamento del loro contenuto, non costituiscono novazione legislativa rilevante ex art. 2 comma secondo c.p., in quanto non si prospetta alcuna modificazione di regole generali di condotta. Invero tale atto amministrativo (che, nel caso in esame, prevedeva i limiti di accettabilità degli scarichi valevoli per l'insediamento dell'imputato) integra il precetto penale in un elemento normativo della fattispecie; cioè l'atto amministrativo è il presupposto di fatto della legge penale incriminatrice, la quale ne sanziona la trasgressione. Ne deriva che il mutamento dell'atto amministrativo non comporta una differente valutazione della fattispecie legale astratta, bensì determina la modifica del precetto e l'instaurazione di una nuova fattispecie incriminatrice, sicché, regolando le due norme fatti storicamente diversi, non sorge problema di successione di leggi. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, era stata dedotta violazione dell'art. 2 c.p. per non avere la corte di merito ritenuto applicabile la regola della retroattività della legge più favorevole; ciò in quanto il valore dei solventi organici era conforme ai nuovi, e più permissivi, limiti fissati dal consorzio interprovinciale successivamente alla commissione del reato). * Cass. pen., sez. III, 18 ottobre 1996, n. 9163 (ud. 24 settembre 1996), Rizzi. [RV206419] l L'istituto della successione delle leggi penali riguarda la successione nel tempo delle norme incriminatrici, cioè di quelle norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato, comprese le norme extrapenali che integrano la fattispecie incriminatrice. Esula quindi dall'istituto la successione di atti o fatti amministrativi, che pure influendo sulla punibilità o meno di determinate condotte, non implica una modifica della norma incriminatrice. L'art. 15, primo comma, del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella L. 8 agosto 1992, n. 395 (misure urgenti per la finanza pubblica), che ha trasformato l'Enel da ente pubblico in società per azioni, è una tipica «leggeprovvedimento», cioè un atto sostanzialmente amministrativo sotto forma di legge, che non ha affatto modificato la norma incriminatrice della truffa. (Nella fattispecie è stato stabilito che la truffa commessa in danno dall'Enel, nel momento in cui era ente pubblico, resta aggravata e perseguibile d'ufficio, anche se dopo il fatto l'Enel ha perso la qualità di ente pubblico). * Cass. pen., sez. III, 21 luglio 1993, n. 1009 (c.c. 28 aprile 1993), P.M. in proc. Azzarito. l In tema di successione di leggi penali, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2 c.p. deve tenersi conto anche di quelle norme che, pur non ricomprese nel precetto penale, ne costituiscono tuttavia indispensabile presupposto o concorrono, comunque, a determinarne il contenuto. Diversa, peraltro, è l'ipotesi in cui la disposizione extrapenale costituisce solo mero, anche se necessario, presupposto per l'emanazione di un atto amministrativo la cui validità, ai fini penali, rimane integra fino a quando il venir meno di quel presupposto non ne possa determinare la revoca. Ne consegue che la soppressione, di cui alla L. n. 327 del 1988, dell'istituto della diffida da parte del questore, che costituiva uno dei presupposti per la sospensione della patente da parte del prefetto, se conferisce all'interessato il diritto di essere reintegrato nella licenza di guida, EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 53 Art. 2 non esclude l'immanente validità di quel provvedimento prefettizio, sino alla sua revoca, e, quindi, l'illiceità di ogni pregressa condotta antecedente che ad esso non si sia uniformata. * Cass. pen., sez. IV, 11 gennaio 1990, n. 96 (ud. 23 ottobre 1989), Esposito. b-3) Sanzioni disciplinari. l È nulla, per violazione degli artt. 25 Cost. e 2 cod. pen., la risoluzione del rapporto di lavoro disposta dall'amministrazione scolastica a seguito di sentenza penale di condanna ma in assenza di procedimento disciplinare, quale effetto automatico conseguente a pena accessoria interdittiva, allorché quest'ultima sia stata introdotta da legge successiva alla commissione dei fatti addebitati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità del licenziamento intimato ad un docente condannato per il reato di cui all'art. 609 quater cod. pen., in quanto la pena accessoria dell'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole, di cui all'art. 609 nonies cod. pen., era stata introdotta dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, in epoca posteriore alla condotta ascritta). * Cass. civ., sez. lav., 5 gennaio 2015, n. 8, Ministero Istruzione Università Ricerca c. Paoletti. [RV633850] l In materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, che hanno natura amministrativa, non vige, salvo diversa espressa previsione di legge, il canone penalistico dell'applicazione retroattiva della norma più favorevole, onde al fatto si applica la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso. (Nel caso di specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza con cui il Consiglio Nazionale Forense aveva comminato - ad un avvocato che aveva richiesto, in sede penale, l'applicazione della sanzione di un anno e dieci mesi di reclusione e di euro centoquaranta di multa per i delitti di cui agli artt. 476, 479 e 482 c.p. - la sanzione disciplinare della cancellazione dall'albo vigente al momento del fatto, sebbene la stessa sia stata sostituita da quella della radiazione per effetto della legge 31 dicembre 2012, n. 247). * Cass. civ., sez. un., 17 giugno 2013, n. 15120, Ceriello c. Cons. Ord. Avv. Nola. [RV626758] l In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, in caso di modifica della norma che individua la condotta disciplinarmente rilevante, per accertare se ricorra una ipotesi di "abolitio criminis" è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l'intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di illecito, ovvero, non incidendo sulla struttura dello stesso, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie. (Nella specie, la S.C. ha rilevato che l'originaria contestazione ex art. 18 r.d.l.vo n. 511 del 1946, costituita dalla violazione del dovere di riserbo, correttezza e rispetto per un collega, ricadeva anche nella previsione di cui all'art. 2, primo comma, lett. d), del d.l.vo n. 109 del 2006 che prevede, quale autonoma e separata ipotesi, quella dei comportamenti gravemente scorretti nei confronti di altri magistrati). * Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2011, n. 8806, Di Giovanni c. Min. Giustizia ed altro. [RV617074] b-4) Norme civilistiche. l In tema di successione di leggi penali nel tempo, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2, comma 2, c.p., sono nor- 17/08/16 11:05 Art. 2 LIBRO I – DEI REATI me extrapenali integratrici solo quelle che determinano, o concorrono a determinare, il contenuto del precetto penale. Tali non sono, con riguardo ai reati fallimentari, le norme civilistiche (artt. 10 e 11 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 - Disciplina del fallimento, applicabili anche al socio illimitatamente responsabile di società fallita, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 66 del 1999), che disciplinano i limiti temporali entro cui deve intervenire la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, elemento costitutivo del reato, con la conseguenza che le vicende relative alle predette norme restano ininfluenti rispetto al fatto di reato anteriormente commesso. * Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2002, n. 41499 (c.c. 26 settembre 2002), Crescenzo. [RV222978] b-5) Norme tecniche di edilizia. l Le norme tecniche per costruzioni in zone sismiche, stabilite nei decreti interministeriali di cui agli artt. 1 e 3 L. 2 febbraio 1974, n. 64, integrano la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 20 della stessa legge. Pertanto la modifica di tali norme tecniche configura una successione temporale di leggi, che è disciplinata dall'art. 2 c.p. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza con la quale il Pretore aveva escluso l'applicabilità delle nuove norme tecniche in materia antisismica stabilite con D.M. 16 gennaio 1996 – che ha espressamente modificato quelle stabilite col precedente D.M. 24 gennaio 1986 – nella considerazione che le modificazioni delle norme integratrici di una norma penale in bianco – com'è quella dell'art. 20 L. 64 del 1974 – non configurano un'ipotesi di successione di leggi nel tempo disciplinata dall'art. 2 c.p., la S.C. ha ritenuto che, in applicazione del principio sopra enunciato, il Pretore doveva verificare se la condotta contestata all'imputato era (ancora) in contrasto con le norme tecniche stabilite con il D.M. 16 gennaio 1996 e se, quindi, configurava il reato di cui all'art. 20 citata legge n. 64 del 1974). * Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 1997, n. 9131 (ud. 27 maggio 1997), Marcelletti. [RV209361] b-6) Convenzioni internazionali. l La legge con cui viene data esecuzione in Italia ad una convenzione internazionale in tema di deroga alla giurisdizione (nella specie la L. 15 ottobre 1977, n. 980 con la quale è stata data esecuzione alla Convenzione di Bruxelles sugli abbordaggi in mare del 10 maggio 1962) non può essere considerata una legge penale e non consente, quindi, il giudizio di comparazione del maggior favore previsto fra leggi penali dall'art. 2 c.p. * Cass. pen., sez. IV, 5 maggio 1988, n. 5426 (ud. 6 ottobre 1987), Laudato. b-7) Normativa comunitaria. l In tema di successione di leggi penali, la configurabilità del reato di cui all'art. 292 del d.p.r. n. 43 del 1973 non è esclusa dalla sopravvenienza di regolamenti comunitari che, modificando il regime doganale vigente all'epoca della condotta, sottraggano determinate attività economiche all'obbligo di corresponsione dei diritti di confine, in quanto le fonti normative sovranazionali non contribuiscono a definire il precetto penale, attraverso il meccanismo della "norma penale in bianco", alla stregua degli atti sottordinati nella gerarchia delle fonti, ma costituiscono solo un requisito del fatto descritto nel precetto penale, che non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2 c.p.. (Fattispecie relativa ad importazione di banane, per la quale il regolamento comunitario n. 1964/2005 ha introdotto un sistema tariffario fisso eliminando i diritti di EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 54 54 confine). * Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 2014, n. 40551 (ud. 25 giugno 2014), Venuti. [RV260757] l Il regolamento CE n. 3274/93 del 29 novembre 1993, istitutivo del divieto di fornitura di taluni beni e servizi alla Libia, norma extrapenale integratrice del precetto penale, costituisce un complesso di norme eccezionali, in quanto derogatrici al principio della libertà di commercio tra gli Stati e temporanee, cioè destinate ad operare per un tempo determinato, e pertanto rientra nella disciplina dettata dal quarto comma dell'art. 2 c.p. Costituisce pertanto reato, indipendentemente dalla vigenza nel tempo del suddetto embargo, sospeso con il regolamento CE n. 863/99, l'esportazione in Libia, in violazione del divieto comunitario, di merce di cui era vietata l'esportazione verso detto Stato, sanzionata a norma dell'art. 11 R.D.L. 14 novembre 1926 n. 1923. * Cass. pen., sez. III, 27 marzo 2000, n. 3905 (ud. 22 febbraio 2000), Asaad Nagy Nawar. [RV215952] b-8) Leggi regionali. l Ai fini dell'integrazione del reato previsto dall'art. 181 del D.Lvo 22 gennaio 2004, n. 42, l'individuazione delle zone assoggettate a vincolo paesaggistico e classificate "bosco", ai sensi dell'art. 3 della legge reg. Friuli Venezia Giulia 8 aprile 1982, n. 22, in seguito abrogato e sostituito dall'art. 6 della legge reg. 23 aprile 2007, n. 9, concorre a determinare il contenuto del precetto penale, sicché l'avvenuta abrogazione rileva sotto il profilo della successione di leggi nel tempo. * Cass. pen., sez. III, 13 luglio 2012, n. 28135 (ud. 11 gennaio 2012), Galluccio. [RV253260] c) Misure di sicurezza. l La confisca per equivalente, introdotta per i reati tributari dall'art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall'art. 200 c.p., non si applica ai reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge citata. * Cass. pen., sez. un., 23 aprile 2013, n. 18374 (c.c. 31 gennaio 2013), Adami e altro. [RV255037] l Il principio di irretroattività della legge penale, sancito dagli artt. 2 c.p. e 25, comma secondo, Cost., è operante nei riguardi delle norme incriminatrici e non anche rispetto alle misure di sicurezza, sicché la confisca può essere disposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata. (Fattispecie nella quale, in sede di patteggiamento, il giudice aveva rigettato la richiesta del P.M. di confisca delle autovetture usate per commettere il reato di agevolazione dell'ingresso clandestino in Italia di cittadini extracomunitari e la S.C., investita di ricorso sul punto, ha ritenuto legittima la statuizione sulla base del diritto vigente all'epoca del fatto, pur disponendo, poi, direttamente essa stessa la misura di sicurezza, in forza del sopravvenuto art. 2 del decreto legislativo n. 113 del 1999, contemplante espressamente la confisca del mezzo di trasporto «anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti». * Cass. pen., sez. I, 7 luglio 1999, n. 3717 (c.c. 19 maggio 1999), P.G. in proc. Musliu. [RV213941] l In virtù del combinato disposto degli artt. 199 e 200 c.p. e dei principi affermati dall'art. 25 Cost., deve escludersi che in tema di applicazione delle misure di sicurezza operi il principio di irretroattività della legge di cui all'art. 2 c.p., sicché le misure predette sono applicabili anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previste ovvero erano diversamente discipli- 17/08/16 11:05 55 TITOLO I – LEGGE PENALE nate quanto a tipo, qualità e durata. (Fattispecie relativa all'applicazione della confisca prevista dall'art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992 n. 306 come introdotto all'art. 2 D.L. 20 giugno 1994 n. 399 ad un reato di usura commesso precedentemente all'entrata in vigore delle predette disposizioni). * Cass. pen., sez. II, 6 marzo 1997, n. 3651 (c.c. 3 ottobre 1996), Sibilia. [RV207140] l Il disposto dell'art. 200, comma 1, c.p. secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione va interpretato nel senso che non potrà mai applicarsi una misura di sicurezza per un fatto che, al momento della sua commissione non costituiva reato, mentre è possibile, fermo quanto sopra in ordine al presupposto, la suddetta applicazione per un fatto di reato per il quale originariamente non era prevista la misura; deve invero considerarsi che il principio di irretroattività della legge penale, di cui agli artt. 25, comma 2 della Costituzione e 2 comma 1, c.p., riguarda le norme incriminatrici, ossia le disposizioni in forza delle quali un fatto è previsto come reato e non invece le misure di sicurezza. * Cass. pen., sez. VI, 6 novembre 1995, n. 3391 (c.c. 29 settembre 1995), Trischitta ed altri. [RV203314] d) Misure alternative alla detenzione. l In tema di guida in stato di ebbrezza qualora il reato sia stato commesso sotto il vigore della precedente disciplina e la sentenza di primo grado sia emessa nella vigenza della legge n. 120 del 2010 ed infligga una pena determinandola con riferimento alla cornice edittale previgente, meno severa rispetto a quella attuale, la sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità può essere disposta soltanto se, con l'appello, l'imputato abbia devoluto anche la questione relativa all'illegalità della pena principale e ciò in quanto il "novum" normativo, ove ritenuto più favorevole in concreto, va applicato nella sua integralità, non essendo consentita la combinazione di frammenti normativi delle due leggi succedutesi nel tempo. (Nella specie la Corte ha ritenuto che la mera richiesta di sostituzione della pena principale con il lavoro sostitutivo, formulata dall'imputato con motivo aggiunto, non equivaleva ad impugnazione del punto concernente la determinazione della pena base). * Cass. pen., sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 47906 (ud. 19 novembre 2013), Petrocchi. [RV258098] l Integra il reato di cui all'art. 186, comma settimo, C.d.S. (rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici), la condotta di colui che, pur essendosi sottoposto alla prima prova del relativo test, rifiuti di eseguire la seconda, in quanto, ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa in questione, è sufficiente che il soggetto rifiuti di completare l'iter degli accertamenti previsti, i quali constano di due prove da effettuarsi a breve distanza l'una dall'altra. * Cass. pen., sez. IV, 15 novembre 2013, n. 45919 (ud. 3 aprile 2013), Hochrainer, in Arch. giur. circ. n. 5/2014 [RV257540] l L'imputato, condannato in primo grado a pena detentiva e pecuniaria, con sostituzione di quella detentiva con la corrispondente sanzione pecuniaria senza la concessione della sospensione condizionale della pena, in sede di appello può, con esplicita manifestazione di volontà in tal senso, rinunciare alla sostituzione operata dal giudice di primo grado, al fine di accedere al regime, da lui stimato più vantaggioso, del lavoro di pubblica utilità, introdotto con legge entrata in vigore in epoca successiva alla pronuncia di primo grado. (Fattispecie relativa a condanna per guida in stato di ebbrezza). * Cass. pen., EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 55 Art. 2 sez. IV, 13 settembre 2013, n. 37742 (ud. 28 maggio 2013), Silvestri. [RV256208] l In tema di reato di guida sotto l'influenza dell'alcool, la sostituzione della pena detentiva o pecuniaria - irrogata per il predetto reato - con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 186, comma 9 bis, C.d.S., - introdotto dall'art. 33, comma primo, lett. a), punto 1 della L. n. 120 del 2010 - è applicabile anche ai fatti commessi anteriormente alla predetta novella, in virtù dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., trattandosi di disposizione oggettivamente ed in concreto più favorevole rispetto a quella previgente. * Cass. pen., sez. IV, 22 marzo 2012, n. 11198 (ud. 17 gennaio 2012), Ghibaudo, in Arch. giur. circ. n. 10/2012 [RV252170] l In caso di successione di disposizioni diverse concernenti misure alternative alla detenzione, che non attengono né alla cognizione del reato, né all'irrogazione della pena, ma alle modalità esecutive di questa, non operano le regole dettate dall'art. 2 c.p., né il principio costituzionale di irretroattività delle disposizioni "in peius", ma quelle vigenti al momento della loro applicazione. (Nella specie si è ritenuta corretta la dichiarazione di inammissibilità, nella vigenza del D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, quando esso era in corso di conversione, di un'istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da condannato per delitto di cui all'art. 609-quater c.p., commesso prima dell'entrata in vigore del predetto decretolegge; ed è stata tuttavia annullata con rinvio la decisione impugnata, sul rilievo di una modificazione "in melius" introdotta dalla successiva legge di conversione n. 38 del 2009 in ordine ai presupposti di concessione della misura). * Cass. pen., sez. I, 3 settembre 2009, n. 33890 (c.c. 26 giugno 2009), Miglioranza. [RV244831] l Le norme che disciplinano le misure alternative alla detenzione, e quindi anche quelle relative alla detenzione domiciliare, non attengono alla cognizione del reato e all'irrogazione della pena, ma riguardano invece le modalità esecutive della pena stessa. Esse, pertanto, non sono norme penali sostanziali e ad esse non si riferisce il dettato dell'art. 2 del codice penale, né il principio costituzionale di cui all'art. 25 Cost. Conseguentemente, la detenzione domiciliare è disposta dalla magistratura di sorveglianza, secondo la legge vigente al momento della sua applicazione. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto corretto l'operato del giudice di merito che, a fronte di richiesta di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, aveva applicato la misura della detenzione domiciliare, in forza dell'ius superveniens, osservando che, in base a quest'ultimo, non si pone più un'alternativa tra detenzione domiciliare e carcere, bensì tra la prima e la libertà conseguente all'eventuale differimento, da concedere solo quando non si debba o non si possa, in concreto, disporre la misura alternativa). * Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 2000, n. 6297 (c.c. 17 novembre 1999), Brunello. [RV215217] e) Concorso di persone nel reato. l In tema di successione di leggi penali nel tempo, il concorrente che abbia realizzato un contributo causale interamente esauritosi prima della introduzione di una nuova norma incriminatrice o meramente sanzionatoria è soggetto alla disciplina sopravvenuta, anche se più sfavorevole, quando il reato è pervenuto a consumazione dopo l'entrata in vigore di quest'ultima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203, in relazione ai reati di importazione e conseguente detenzione di armi da guerra, nei confronti di imputato che aveva intrapreso trattative 17/08/16 11:05 Art. 2 LIBRO I – DEI REATI con il venditore prima della introduzione della aggravante, e la condotta illecita si era però perfezionata dopo il suo arresto e dopo l'entrata in vigore della nuova norma per effetto dell'apporto di altri concorrenti). * Cass. pen., sez. V, 8 maggio 2014, n. 19008 (ud. 13 marzo 2014), Calamita e altri. [RV260003] f) Ordinamento penitenziario. l In tema di benefici penitenziari, la disposizione del decreto-legge non recepita dalla legge di conversione non può ritenersi suscettibile di avere efficacia ultrattiva per i comportamenti pregressi ai quali la stessa collegava effetti favorevoli, in quanto le norme contenute in un D.L. non convertito non hanno attitudine ad inserirsi in un fenomeno successorio quali quelli regolati dall'art. 2 c.p. o dall'art. 11, secondo comma, disp. prel. c.c.. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l'applicabilità della maggiore detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata speciale di condannato per delitti di cui all'art. 4 bis legge 26 luglio 1975, n. 354, avanzata a norma dell'art. 4, comma quarto, D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, non convertito dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 10, nella parte relativa all'estensione di tale disciplina di favore anche ai condannati per tali reati). * Cass. pen., sez. I, 22 gennaio 2015, n. 3130 (c.c. 19 dicembre 2014), Moretti. [RV262060] l In tema di benefici penitenziari, la disposizione del decreto-legge non recepita dalla legge di conversione non può ritenersi suscettibile di avere efficacia ultrattiva per i comportamenti pregressi ai quali detta disposizione collegava effetti favorevoli sia perché alla materia in questione, in quanto estranea al diritto penale sostanziale non è applicabile il principio di irretroattività della legge più sfavorevole, sia perché, in generale, le regole attinenti al fenomeno della successione di leggi nel tempo non si attagliano alla vicenda relativa alla sorte delle disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di conversione. (Fattispecie relativa alla richiesta di maggiore detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata di condannato per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p. ai sensi dell'art. 4, comma quarto, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, disposizione poi eliminata dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 10, con riferimento a condannati per tale reato). * Cass. pen., sez. I, 31 luglio 2014, n. 34073 (c.c. 27 giugno 2014), Panno. [RV260848] l In materia di ordinamento penitenziario, le disposizioni legislative che individuano i delitti ostativi ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione, in quanto attinenti alle sole modalità di esecuzione della pena, sono di immediata applicazione anche ai fatti e alle condanne pregresse. (Nell'enunciare il principio, la Corte ha precisato che è conforme ai principi di logica e razionalità che il legislatore disponga, "re melius perpensa", la non applicabilità di benefici penitenziari a persone già condannate che non abbiano intrapreso ben precisi percorsi di risocializzazione). * Cass. pen., sez. V, 10 luglio 2014, n. 30558 (c.c. 1 luglio 2014), Ficara. [RV262489] l Le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e, pertanto, (in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al principio "tempus regit actum" e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo. (Principio affermato in relazione alla modifica dell'art. 4 bis della legge n. 354 del 1975, relativo alla previ- EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 56 56 sione della concedibilità dei permessi premio ai detenuti per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione solo in caso di collaborazione con la giustizia). * Cass. pen., sez. I, 12 marzo 2013, n. 11580 (5 febbraio 2013), Schirato. [RV255310] l È immediatamente applicabile ai procedimenti in corso, perché ha natura processuale e attiene all'esecuzione della pena, la novella dell'ordinamento penitenziario, introdotta con il D.L. n. 11 del 2009, conv. in L. n. 38 del 2009, per la quale la concessione delle misure alternative in favore dei condannati per reati di violenza sessuale e atti sessuali con minorenni è condizionata al riscontro di risultati positivi nell'osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per un anno. * Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2009, n. 46924 (c.c. 12 novembre 2009), Di Milo. [RV245689] l La norma dell'art. 30 ter, terzo comma, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (c.d. ordinamento penitenziario), introdotta dall'art. 1 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito con modificazioni in legge 12 luglio 1991 n. 203 (in base alla quale, fra l'altro, nel caso di condanna per taluno dei delitti previsti dall'art. 4 bis del medesimo ordinamento, la concessione dei permessi è ammessa solo dopo l'espiazione di metà della pena inflitta, e non solo di un quarto, come in precedenza), trova applicazione anche con riferimento a condanne precedenti all'entrata in vigore del citato D.L. n. 152 del 1991, non dando ciò luogo alla violazione del principio di irretroattività della legge penale, stabilito dall'art. 25 Cost. e dall'art. 2 c.p., atteso che tale principio si riferisce unicamente alle norme penali sostanziali e non anche a quelle inerenti alle modalità di esecuzione della pena e all'applicazione di misure alternative o altri benefici in favore del condannato, la cui disciplina resta affidata ai poteri discrezionali del legislatore ordinario. Tuttavia, poiché la concessione dei permessi-premio, che costituisce parte integrante del trattamento, è pur sempre legata alla regolare condotta e all'assenza di pericolosità sociale del condannato, deve ritenersi che, con la previsione di un più ampio limite temporale per la loro fruizione, il legislatore abbia posto una presunzione legale di pericolosità sociale riferita ai condannati per uno dei gravi delitti previsti dal primo comma dell'art. 4 bis. Conseguentemente, se tale presunzione è stata già superata con la concessione, sotto il vigore della precedente normativa, di uno o più permessipremio, è evidente che l'applicazione della più grave restrizione prevista dalla nuova norma non ha alcun senso e può rivelarsi addirittura deleteria, perché potrebbe interrompere quel programma di trattamento che, in conformità dei principi costituzionali, deve pur sempre tendere alla rieducazione del condannato. * Cass. pen., sez. I, 19 aprile 1997, n. 433 (c.c. 21 gennaio 1997), Cerra. [RV207344] l L'art. 50, comma secondo, dell'ordinamento penitenziario, nella formulazione introdotta dall'art. 1, comma quarto, del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazione in legge 12 luglio 1991, n. 203 (in base alla quale, fra l'altro, nel caso di condanna per taluno dei delitti previsti dall'art. 4 bis del medesimo ordinamento, l'ammissione della semilibertà non può aver luogo se non dopo l'espiazione di due terzi della pena inflitta), trova applicazione anche con riferimento a condanne precedenti all'entrata in vigore del citato D.L. n. 152/1991, non dando ciò luogo a violazione del principio di irretroattività della legge penale, stabilito dall'art. 25 della Costituzione e dall'art. 2 c.p., atteso che tale principio si riferisce unicamente alle norme penali sostanziali e non anche a quelle inerenti alle modalità di esecuzione della pena e 17/08/16 11:05 57 TITOLO I – LEGGE PENALE alla applicazione di misure alternative o altri benefici in favore del condannato, la cui disciplina resta affidata ai poteri discrezionali del legislatore ordinario. * Cass. pen., sez. I, 7 dicembre 1996, n. 4944 (c.c. 4 ottobre 1996), Parisi. [RV206072] l L'art. 58 quater dell'ordinamento penitenziario, che prevede, tra l'altro, il divieto di concessione di benefici nei confronti di condannati per determinati delitti quando costoro abbiano posto in essere una condotta punibile ai sensi dell'art. 385 c.p. (evasione), non è qualificabile come norma che preveda effetti penali della condanna per il reato di evasione, disciplinando esso soltanto il rapporto esecutivo ed applicandosi, perciò, a tutte le esecuzioni in corso. Non costituisce, pertanto, applicazione retroattiva di norma penale più sfavorevole, vietata dall'art. 2, comma 3, c.p., quella che si sostanzi nel diniego dei suddetti benefici per il più lungo termine di cinque anni, previsto dall'attuale ultimo comma del citato art. 58 quater, introdotto dall'art. 14 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, nei confronti di soggetto che abbia posto in essere la condotta prevista dalla norma in epoca antecedente all'entrata in vigore del suddetto decreto-legge. * Cass. pen., sez. I, 14 settembre 1994, n. 3308 . l Le norme che disciplinano l'esecuzione della pena e delle misure a queste alternative e le condizioni per la concessione di queste ultime non possono essere ritenute di natura penale sostanziale, perché non prevedono una nuova ipotesi di reato, né modificano ipotesi di reato già previste da altre disposizioni di legge penale. Esse, invece, tendono ad assicurare il miglior conseguimento del fine rieducativo della pena, anche mediante misure a queste alternative. Ne consegue che le norme che disciplinano l'esecuzione della pena, le misure a queste alternative e le condizioni per la loro concessione, non essendo leggi penali sostanziali, non sono soggette al principio della irretroattività previsto dagli artt. 2 c.p. e 25 Cost. * Cass. pen., sez. I, 19 gennaio 1994, n. 4013 . l Le norme che disciplinano l'esecuzione della pena e le misure alternative alla detenzione (ivi comprese le condizioni richieste per la concessione di queste ultime), non possono essere ritenute di natura penale sostanziale, non prevedendo esse nuove ipotesi di reato nè modificando ipotesi di reato già esistenti. Dette norme, pertanto, non sono soggette al principio di irretroattività previsto dall'art. 25 della Costituzione e dall'art. 2 del codice penale. (Principio formulato in relazione alle modifiche, in senso restrittivo, alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative all'applicabilità di misure alternative, introdotte dal D.L. 8 giugno 1992 n. 306, conv. con modif., in L. 7 agosto 1992 n. 356). * Cass. pen., sez. I, 17 marzo 1993, n. 108 g) Abolitio criminis. g-1) Configurabilità e limiti. l I fenomeni dell'abrogazione e della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle leggi vanno nettamente distinti, perché si pongono su piani diversi, discendono da competenze diverse e producono effetti diversi, integrando il primo un fenomeno fisiologico dell'ordinamento giuridico, ed il secondo, invece, un evento di patologia normativa; in particolare, gli effetti della declaratoria di incostituzionalità, a differenza di quelli derivanti dallo "ius superveniens", inficiano fin dall'origine, o, per le disposizioni anteriori alla Costituzione, fin dalla emanazione di questa, la disposizione impugnata. * Cass. pen., sez. EVO_912_CodicePenale_2016_1.indb 57 Art. 2 sez. un., 14 ottobre 2014, n. 42858 (c.c. 29 maggio 2014), P.M. in proc. Gatto. [RV260695] l Ai fini del riconoscimento della recidiva è irrilevante che il reato pregiudicante sia stato oggetto di "abolitio criminis". * Cass. pen., sez. V, 21 agosto 2013, n. 35260 (ud. 24 aprile 2013), Romano. [RV255768] l In materia di successione di leggi penali, in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno "abolitio criminis" è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l'intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie. * Cass. pen., sez. un., 12 giugno 2009, n. 24468 (c.c. 26 febbraio 2009), Rizzoli. [RV243585] l In caso di abrogazione di una norma incriminatrice, per accertare se le tipologie di fatti in essa comprese siano riconducibili ad altra disposizione generale preesistente, è necessario procedere al confronto strutturale tra le due fattispecie astratte, integrando all'occorrenza tale criterio attraverso una valutazione dei beni giuridici rispettivamente tutelati, al fine di verificare l'eventuale intenzione dell'intervento abrogativo di non attribuire più rilievo al disvalore insito nella fattispecie incriminatrice soppressa. * Cass. pen., sez. un., 12 giugno 2009, n. 24468 (c.c. 26 febbraio 2009), Rizzoli. [RV243587] l La questione concernente la «abolitio criminis» è pregiudiziale rispetto alla questione – esaminabile in assenza di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione – relativa all'estinzione del reato per prescrizione. * Cass. pen., sez. un., 15 maggio 2008, n. 19601 (ud. 28 febbraio 2008), Niccoli. [RV239400] l In tema di successione di leggi penali nel tempo, la punibilità di un fatto commesso nel vigore di una norma generale, che sia stata sostituita da una norma speciale, non costituisce applicazione retroattiva di questa, ma piuttosto ne esclude l'efficacia abolitrice per la porzione della fattispecie prevista dalla norma generale che coincide con quella della norma successiva, salvo che il legislatore con la medesima legge speciale stabilisca, in deroga alla disposizione dell'art.2, terzo comma, c.p., la non punibilità dei reati in precedenza commessi. * Cass. pen., sez. un., 16 giugno 2003, n. 25887 (ud. 26 marzo 2003), Giordano ed altri. [RV224608] l Sussiste continuità normativa tra l'art. 644 bis c.p., formalmente abrogato dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 (art. 1, comma 2) e la fattispecie criminosa inserita nel terzo comma del precedente art. 644, come modificato dall'art. 1 della stessa legge n. 108 del 1996, in quanto quest'ultima disposizione ha inglobato in sè gli elementi costitutivi del reato di usura impropria, qualificandone alcuni come circostanze aggravanti del reato di usura, ora previsto e punito dall'art. 644. Ne consegue che l'indicata successione normativa non dà luogo a un fenomeno di abolitio criminis, ma si risolve solo nella diversità di trattamento punitivo del medesimo fatto, soggetto alla disciplina di cui all'art. 2, terzo comma, c.p. * Cass. pen., sez. V, 24 agosto 2001, n. 31683 (ud. 30 maggio 2001), Penasso. [RV219850] 17/08/16 11:05