le sezioni unite riportano le valutazioninel falso in bilancio

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le sezioni unite riportano le valutazioninel falso in bilancio
FI S CO
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Le Sezioni Unite riportano le valutazioni
nel falso in bilancio
L’incertezza interpretativa della legge è preoccupante in ambito penale,
poiché in discussione non vi sono rapporti economici ma la libertà delle persone
Marco Fiorentino
Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group
[email protected]
L’
articolo 2621 del codice civile
- come riscritto dall’articolo
9 della Legge n. 27 maggio
2015 n.69 - stabilisce che sono puniti
con la reclusione da uno a cinque anni
gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti i sindaci e i
liquidatori, che, per far conseguire a sé
o ad altri un ingiusto profitto, espongono fatti materiali rilevanti non
rispondenti al vero ovvero omettono
fatti materiali rilevanti sullo stato
della società, in grado nel concreto di
indurre altri in errore.
Questa norma - che riguarda le società non quotate - ha provocato sin
dalle prime letture, una discussione
molto accesa in Dottrina, in quanto,
rispetto alla precedente versione non
presenta, con riferimento ai fatti non
corrispondenti al vero, l’inciso “ancorché oggetto di valutazione” e tale
espunzione è stata interpretata da
alcuni autori - sulla base del principio
della specialità della norma penale come espressa volontà del Legislatore
di escludere dalla rilevanza penale la
falsità delle valutazioni. Altri invece
hanno ritenuto la suddetta eliminazione del tutto ininfluente per lo
spirito della norma. In questo filone dicotomico si è inserita anche la
Giurisprudenza di legittimità, che, in
alcune sentenze (Cass. 33774/2015 la famosa sentenza Crespi) ha cancellato il rilievo penale alle valutazioni e
con altre (Cass. 890/2016) invece lo
ha confermato. In buona sostanza, per
alcune sezioni il reato c’era ancora, per
altre non più.
Il tutto con dovizia di motivazioni e
analisi esegetiche. Ora l’incertezza
interpretativa della legge è questione
ben nota in Italia ed è sempre problematica da risolvere, ma diventa
agghiacciante quando si è in ambito
penale, poiché in discussione non vi
sono rapporti economici ma la libertà
o meno delle persone.
Per tali ragioni, da più parti, a prescindere dalle posizioni sul tema, si è
con forza richiesta una chiarificazione
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«Secondo la Suprema Corte ogni atto valutativo comporta
necessariamente un apprezzamento discrezionale
del valutatore per sua natura sindacabile, ma tale discrezionalità
è prettamente tecnica, in quanto nell’ambito delle scienze
cosiddette “contabilistiche”, gran parte dei parametri di stima
sono fissati dalla legge o dai principi e dalle prassi contabili e valutative»
giurisprudenziale da parte delle
Sezioni Unite e l’Assonime, con
la nota 1/2016, è arrivata persino a sollevare la questione del
conflitto tra potere legislativo e
potere giudiziario. Finalmente è
arrivata la sentenza n.22474/2016
depositata il 27 maggio, che ha
definitivamente dipanato la matassa, stabilendo che il falso valutativo in bilancio permane anche
dopo la riforma dell’art.2621
codice civile. L’esito era onestamente prevedibile, il bilancio è
un documento valutativo in “re
ipsa” e mandare fuori dal penale
le valutazioni significava di fatto
eliminare di nuovo il falso in bilancio. Sono invece molto interessanti le motivazioni addotte dalla
Corte, perché questa, partendo
dall’assunto che ogni valutazione
per sua natura è soggetta ad una
serie di condizioni e non ha come
obiettivo quello di provare la
verità, cerca di stabilire il confine
tra giudizio opinabile e giudizio
falso, tra fattispecie fisiologica
e ipotesi di reato. Secondo la
Suprema Corte, quindi, ogni atto
valutativo comporta necessariamente un apprezzamento discrezionale del valutatore per sua
natura sindacabile, ma tale discrezionalità è prettamente tecnica, in
quanto nell’ambito delle scienze
cosiddette “contabilistiche”, gran
parte dei parametri di stima sono
fissati dalla legge o dai principi e
dalle prassi contabili e valutative.
Volendo sintetizzare al massimo,
le “regole tecniche” determinano
i binari entro i quali il valutatore
deve muoversi nelle sue stime:
se l’opinabilità del suo giudizio
rimanere rinchiusa al loro interno,
siamo nell’ambito della discrezionalità soggettiva; diversamente, si
corre il rischio di falsa rappresentazione. È evidente che la Cassazione nel fissare i paletti interpretativi, dà anche la “via d’uscita”
alle imprese, per ridurre il rischio
di contestazioni in sede penale.
Facciamo un esempio: se la
valutazione del valore recuperabile di una partecipazione è fatta
attraverso un metodo valutativo
palesemente sbagliato per il tipo
di realtà da valutare, oppure utilizzando parametri finanziari del
tutto inverosimili, siamo dinanzi ad una stima oggettivamente
errata e quindi in grado di esporre
fatti non corrispondenti al vero.
Occorre che le imprese prendano
coscienza di questa “opportunità”
offerta dal Giudice e si organizzino adeguatamente in sede
di chiusura dei bilanci, tenendo
presente che giustificare il valore
di asset senza il supporto di dati
adeguati, potrebbe determinare
falso. Con riferimento alle poste
di bilancio più soggette ad opinabilità (quali avviamento, partecipazioni, rimanenze, immobilizzazioni immateriali, e così via),
è opportuno che il processo di
stima avvenga: (i) secondo regole
tecniche riconosciute; (ii) facendo
ricorso per valori particolarmente
significativi, all’ausilio di esperti
indipendenti; (iii) dandone esteso
riscontro in nota integrativa. È
consigliabile poi che le analisi
tecnicamente più complesse (impairment su avviamenti o impianti
industriali) vengano effettuate,
utilizzando procedure aziendali organizzate, documentabili e
controllabili a posteriori. Così
operando si ritiene che la valutazione sia pienamente in linea coi
parametri fissati dalla Cassazione
e quindi, pur rimanendo per sua
natura opinabile, non potrà mai
far configurare reato di falsa rappresentazione.